Nuova Proposta maggio giugno 2012

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

n. 5/6 - 2013 anno XXXIX Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC

Proponiamo al nostro ricordo alcuni brev i stralci dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato lo scorso 19 marzo, giorno di inizio del proprio ministero e festa di S. Giuseppe patrono e custode della Chiesa univ ersale.

CUSTODIA, TENEREZZA, SERVIZIO e SPERANZA «... Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa». In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, CUSTODE. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa... Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale… Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate... In lui vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! … La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani… riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore… Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!…

E qui aggiungo un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con TENEREZZA. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Non dimentichiamo mai che il vero potere è il SERVIZIO e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli... Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza». Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della SPERANZA e di dare noi stessi speranza. Custodire il creato, custodire noi stessi, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!


CASE PER FERIE

Case per ferie: di Alessio Affanni

Il IV Convegno Nazionale Case per Ferie, svoltosi di recente e organizzato dall’Ufficio Nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI, ci offre l’occasione per fare il punto sui requisiti e le modalità per avviare e gestire una casa per ferie. (Sul sito www.chiesacattolica.it /turismo, nella sezione “Case per ferie” è possibile consultare gli atti del convegno e la normativa nazionale e regionale in materia)

SOMMARIO 2 Case per ferie: come e perchè 7 Vademecum per conoscere il Codice del turismo 8 Case per ferie: le regole del fisco 13 Donazioni in calo? Fidelizzare i donatori 15 L’imprenditore volontario 17 L’innamoramento e l’isola 19 Norme giuridiche e Giurisprudenza 23 Benefici fiscali per i lavoratori

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24 Colpo d’ala

LE ATTIVITA’ RICETTIVE Una premessa necessaria è distinguere le diverse atti v i tà ri cetti v e, che si possono realizzare mediante strutture al berg hi ere o no n al berg hi ere. Le prime, quelle al berg hi ere, sono organizzate per fornire al pubblico, con gestione unitaria, alloggio in almeno sette camere o appartamenti ed altri servizi accessori per il soggiorno, compresi eventuali servizi di bar e ristorante. Nelle atti v i tà ri cetti v e no n al berg hi ere rientrano invece le case per ferie, i bed & breakfast, gli ostelli per la gioventù, gli esercizi di affittacamere e le case e appartamenti per vacanze. Una categ o ri a a s e s tante s o no g l i ag ri turi s mi , con attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. Ognuna di queste strutture, con la relativa attività ricettiva, ha specifiche norme di riferimento. In particolare le cas e per feri e vengono normalmente definite s trutture ri cetti v e attrezzate per i l s o g g i o rno tempo raneo di pers o ne o g ruppi no n res i denti nel Co mune i n cui tal i s trutture s o no s i tuate, e g es ti te per i l co ns eg ui mento di fi nal i tà s o ci al i , cul tu-


come e perché ral i , as s i s tenzi al i , rel i g i o s e o s po rti v e. La disciplina delle case per ferie si applica altresì ai complessi ricettivi gestiti senza scopo di lucro per le medesime finalità e che, in relazione alla particolare funzione che svolgono, vengono denominati centri di vacanza per minori, colonie, pensionati universitari, case del giovane, foresterie, case per esercizi spirituali e simili. Nelle case per ferie deve essere garantita non solo la prestazione dei servizi ricettivi di base, ma anche la disponibilità di strutture e servizi che consentano di perseguire le finalità sopra citate. I complessi ricettivi possono inoltre essere dotati di particolari strutture che consentano il soggiorno di gruppi autogestiti secondo autonome modalità organizzative, compresa la disponibilità di cucina e punti cottura per uso autonomo, nell’ambito e sotto la responsabilità del titolare.

CASE PER FERIE: I REQUISITI RICHIESTI Come già accennato, le case per ferie sono strutture ricettive attrezzate per il soggiorno prevalentemente di gruppi di persone, gestite da soggetti pubblici o privati per il conseguimento di finalità sociali, culturali ed educative.

Le strutture adibite a case per ferie devono possedere i requisiti funzionali, tecnici ed igienico-sanitari, nonché gli standard obbligatori minimi previsti dalle norme vigenti in materia. Normativa di riferimento, a livello nazionale, è il Co di ce del turi s mo , approvato con Decreto Legislativo n. 79 del 23 maggio 2011, in cui vi sono le disposizioni per ogni attività ricettiva. Il Codice dà una definizione delle case per ferie e delle loro caratteristiche, stabilendo norme di carattere generale e princìpi cardine che sono stati ripresi nelle leggi regionali attuative. Pertanto coloro che siano interessati ad avviare un’attività di questo tipo dovranno necessariamente rifarsi anche alle normative locali, che, in osservanza delle norme statali, spiegano le modalità di apertura, gestione e organizzazione di tali strutture ricettive. Di qui, dunque, una serie di previsioni regionali che, sia pure con alcune inevitabili differenze, tendono a riproporre il modello definito dal legislatore statale, salvo che per alcuni aspetti volutamente lasciati alla regolamentazione sul piano locale: il Codice del turismo, ad esempio, consente al legislatore regionale di introdurre delle figure speciali di case per ferie all’interno di tale categoria generale. L’apertura, il trasferimento di sede e il subingresso delle attività ricettive non alberghiere sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (S . C. I. A. ): chiunque intenda gestire una casa per ferie dovrà, quindi, trasmettere la S.C.I.A. all’apposito Sportello Unico Attività Produttive (S . U. A. P. ) del Comune in cui sono situati gli immobili e le strutture da destinare all’attività. In ogni Comune sono pertanto specificate le modalità con cui effettuare queste comunicazioni e gli adempimenti connessi: la apposita modulistica da utilizzare, le modalità di trasmissione per via telematica e gli allegati integrativi da produrre (tra i quali la denuncia delle attrezzature, delle relative caratteristiche e dei prezzi praticati). Il S.U.A.P., ricevuta la segnalazione certificata di inizio attività, ne trasmette tempe-


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tetto ni che, ossia ogni unità immobiliare, qualsiasi sia la sua destinazione, deve essere visitabile ed il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se tutte le parti e servizi comuni ed un certo numero di stanze sono accessibili anche a persone con ridotta o impedita capacità motoria. Tali stanze devono avere arredi, servizi percorsi e spazi di manovra che consentano l’uso agevole anche da parte di persone su sedia a ruote.

stivamente copia, in via telematica, agli uffici comunali e all’ Azienda Sanitaria Locale che esercitano l’attività di vigilanza e, a fini informativi, può trasmetterne copia anche alla Provincia e all’Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale competenti per territorio. Ogni variazione relativa a stati, fatti, condizioni e titolarità, va comunicata al S.U.A.P. per gli opportuni aggiornamenti.

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I soggetti interessati all’esercizio dell’attività di case per ferie devono essere in possesso: a) dei requisiti previsti dal Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubbl i ca s i curezza), nonché l’assenza di pregiudiziali ai sensi della legge antimafia e l’assenza di condanne ai sensi della Legge 20 Febbraio 1958 n. 75 (Legge Merlin); b) dei requisiti previsti in materia di prev enzi o ne i ncendi ai sensi del decreto del Ministro dell’Interno 9 aprile 1994 (Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico - alberghiere), secondo le modalità richieste, in base al caso specifico; c) dei requi s i ti i g i eni co -s ani tari relativi alla struttura, previsti dalla normativa vigente (si dovrà fare riferimento anche ai regolamenti comunali in materia). Oltre all’ovvio requisito dell’abitabilità, la struttura adibita a casa per ferie deve essere anche in regola con le norme per l’abbatti mento del l e barri ere archi -

Mediamente i requisiti strutturali e funzionali minimi richiesti per le case per ferie dalle normative regionali (alle quali, lo ricordiamo, occorre sempre far riferimento) consistono in: a) una superficie minima delle camere di 8 mq., se dotate di un posto letto, e di 12/14 mq., se dotate di 2 posti letto, incrementata di un certo numero di metri quadrati per ogni ulteriore posto letto (con un limite massimo di posti letto per ciascuna camera); b) arredamento minimo per le camere da letto, composto da letto e almeno una sedia o sgabello, scomparto armadio per persona e cestino rifiuti per ogni camera; c) per le camere senza bagno ad uso esclusivo, installazione di dotazioni igienicosanitarie comuni nella misura di almeno un lavabo e uno specchio (di solito) ogni sei posti letto, nonché un vano wc e un vano doccia ogni 6 (fino a 10) posti letto, talvolta richiedendo almeno un servizio sanitario per ogni piano; d) una o più sale comuni, distinte dall’eventuale locale adibito a cucina, per una superficie complessiva di almeno 0,5 mq. per ognuno dei posti letto; e) fornitura costante di energia elettrica, acqua calda e fredda, nonché, qualora l’apertura comprenda i periodi dal 1° ottobre al 30 aprile, del servizio di riscaldamento; f) cambio della biancheria settimanale e pulizia giornaliera dei locali (richiesto nelle leggi di alcune Regioni); g ) impianti elettrici conformi alle normative e idonei dispositivi e mezzi antincendio; h) almeno un apparecchio telefonico ad uso comune solo per chiamate d’emergenza,


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nonché, una cassetta contenente materiale di primo soccorso. In alcune regioni, ad es. in Emilia Romagna, viene dato un marchio identificativo regionale per le strutture extralberghiere denominate case per ferie.

CASE PER FERIE: GESTIRNE L’ATTIVITA’ L’ente religioso che esercita un’attività commerciale, con partita IVA, sebbene sussidiaria e/o ausiliaria al perseguimento dell’oggetto principale, quale è la Casa per ferie, ha l ’o bbl i g o di iscrizione al Registro Economico Amministrativo (REA) presso la Camera di Commercio competente per provincia. Tanto ai fini IVA, quanto ai fini delle imposte dirette, l e atti v i tà ri cetti v e s o no co ns i derate, i n o g ni cas o , atti v i tà co mmerci al i , qualunque sia lo scopo per le quali vengono esercitate. Dal punto di vista fiscale, infatti, non ha importanza l’assenza del fine di lucro onde poter considerare una attività come “commerciale” o meno, ma unicamente la predisposizione e l’esistenza di un’organizzazione di mezzi e l’abitualità e la sistematicità delle attività poste in essere. La legge sull’IVA (D.P.R. 633/1972), infatti all’art. 4, comma 5, stabilisce che s o no co ns i derate i n o g ni cas o co mmerci al i l e pres tazi o ni al berg hi ere o di al l o g g i o e l a s o mmi ni s trazi o ne di pas ti , anche s e real i zzate da enti no n co mmerci al i (incluse quindi le associazioni religiose, culturali e assistenziali). Le prestazioni rese dai complessi ricettivi rientrano tra le operazioni per le quali c’è o bbl i g o di emissione di ricevuta fiscale. Quando l’attività comprende anche la s o mmi ni s trazi o ne di al i menti e bev ande, il titolare, in caso di ditta individuale, o il legale rappresentante o la persona adibita a tale attività, nel caso di società, associazioni o altri organismi collettivi, devono essere in possesso anche dei requisiti soggettivi previsti dall’articolo 71 del D.Lgs. n. 59/2010 (requisiti morali e professionali attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti). Occorre inoltre presentare all’ASL competente territorialmente una notifica sanitaria, mediante apposito modello, relativa alla sicurezza alimentare dei cibi messi a disposizione degli ospiti: attraverso tale dichiarazione il titolare/legale rappresentante attesta di ri-

spettare gli adempimenti previsti in tema di igiene dei prodotti alimentari, e di disporre, applicare e documentare le procedure di analisi dei pericoli e di controllo dei punti critici basate sui principi del s i s tema HACCP, anche con la predisposizione di un apposito “Manuale interno di autocontrollo per l’igiene degli alimenti”. In ogni caso, dice il Codice del turismo, nella licenza di esercizio di attività ricettiva è ricompresa anche la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le persone non alloggiate nella struttura nonché, nel rispetto dei relativi requisiti previsti dalla normativa vigente, per le attività legate al benessere della persona o all’organizzazione congressuale. La g es ti o ne di queste attività medi ante un o rg ani s mo as s o ci ati v o ha dei v antag g i fi s cal i , purché le attività siano rese in diretta attuazione delle finalità istituzionali dell’associazione e rivolte ai propri soci: ad es. è soggetta esclusivamente a S.C.I.A. (segnalazione certificata di inizio attività ) la somministrazione di alimenti e bevande effettuata nell’ambito di circoli privati o associazioni, nei confronti degli associati e loro familiari, così come quella effettuata da parte di associazioni religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche o di promozione sociale, che siano aderenti ad enti o organizzazioni nazionali le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno. Tali associazioni godono, infatti, di un’agevolazione fiscale: le entrate che derivano da tali attività non sono considerate redditi imponibili ai fini IRES - Imposta sul reddito delle società (se la somministrazione di alimenti e bevande è svolta nella sede o nei locali associativi e riservata ai soli soci e non al pubblico). Tuttavia i pasti offerti agli ospiti di una casa per ferie rientrano più nella ristorazione (attività sempre commerciale, in base al D.P.R. 633/72) e risultano difficilmente assimilabili alla somministrazione di alimen-


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ti e bevande di un bar interno ad un circolo associativo: come tale l’attività, pur in presenza di tutte le condizioni richieste, risulterebbe difficilmente ascrivibile a quelle fiscalmente decommercializzate. Un’altra disposizione da segnalare interessa le as s o ci azi o ni di pro mo zi o ne s o ci al e, che, ai sensi della Legge 383/2000, possono svolgere attività turistico-ricettive in favore dei propri associati e dei loro familiari conviventi, ma la legge non dispone, per queste attività, uno specifico regime fiscale di favore. Regime fiscale di favore, solo ai fini IRES, lo avrebbero sempre gli enti le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno: ma, anche in questo caso, deve trattarsi di attività rivolte ai destinatari delle attività istituzio-

nali dell’ente (soci) e con discontinuità nell’apertura, cioè osservando dei periodi di chiusura nel corso dell’anno e le attività esercitate devono essere previste nello statuto dell’ente e, di conseguenza, essere attività istituzionali. I corrispettivi derivanti da tali attività, in presenza dei requisiti statutari richiesti e se svolte in conformità alle finalità statutarie dell’associazione (cioè come attività istituzionali e non commerciali) non generano per l’associazione redditi imponibili ai fini IRES, anche se costituiranno comunque entrate rilevanti ai fini IVA (in base a quanto prevede il D.P.R. 633/1972 sopra citato).

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In conclusione, il ricorso alle menzionate forme associative per la gestione di una casa per ferie appare comunque non adeguata, vi-

sta la difficile riconducibilità dell’attività ricettiva-turistica con le finalità proprie di un’associazione (salvo casi specifici come ad es. le congregazioni di fedeli che si radunano per attività spirituali o associazioni che svolgono attività educative con raduni brevi ed occasionali), e soprattutto nel caso in cui si voglia svolgere tale attività in modo continuativo, con modalità professionali e anche a beneficio di utenti esterni all’associazione stessa (chiedendo un corrispettivo agli ospiti) poiché in questi casi non opererebbero le agevolazioni fiscali sopra descritte. Tornando agli adempi menti o perati v i , il titolare della struttura deve obbligatoriamente: • comunicare giornalmente all’autorità di pubblica sicurezza (Questura/Carabinieri di zona/Sindaco) l’arrivo delle persone alloggiate e le relative generalità su apposite “schede di notificazione”; • comunicare mensilmente in Provincia (Ufficio statistiche), gli arrivati, i partiti e i presenti italiani e stranieri su apposito modulo ai fini ISTAT; • comunicare entro il 1° ottobre di ogni anno all’A.T.L. locale e al Comune per conoscenza, le caratteristiche e i prezzi che si intendono applicare dal 1° gennaio dell’anno seguente su apposita modulistica predisposta dalla struttura regionale competente. La mancata comunicazione dei prezzi e delle caratteristiche delle strutture o la comunicazione mancante di informazioni essenziali o contenente informazioni errate comporta l’implicita conferma della precedente comunicazione. Il titolare ha inoltre la possibilità di modificare i prezzi per il secondo semestre dell’anno inviando una seconda comunicazione entro il 1° marzo di ogni anno. Ferme restando le competenze dell’autorità di pubblica sicurezza, l e funzi o ni di v i g i l anza e di co ntro l l o sull’osservanza delle disposizioni di legge s o no es erci tate dal Co mune. Chiunque gestisca un’attività di casa per ferie senza aver presentato la S.C.I.A. di cui si è detto sopra è soggetto al pagamento di s anzi o ni ammi ni s trati v e. In caso di sopravvenuta carenza rispetto a una o più condizioni che hanno legittimato l’esercizio dell’attività, il Comune o altra autorità competente assegna un termine per il ripristino delle medesime, decorso inutilmente il quale, ordina la s o s pens i o ne del l ’es erci zi o del l ’atti v i tà. Trascorso


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Vademecum per conoscere il Codice del turismo - Danno da vacanza rovi nata. Il Codice prevede il risarcimento del danno morale in caso di vacanza rovinata, un diritto fino ad oggi riconosciuto solo dalla giurisprudenza e da alcuni accordi internazionali. Nel caso in cui il turista non riesca, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, ad usufruire dei servizi pattuiti avrà diritto ad un indennizzo calcolato in base al tempo inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta. - Agenzi e di vi aggi o onl i ne responsabi l i dei danni . Le agenzie di viaggi che offrono i loro servizi su Internet vengono equiparate a quelle tradizionali: sono dunque soggette alle stesse regole e agli stessi controlli. La norma mira a ridurre le truffe online. - Nuove pol i zze assi curati ve. Accanto al “Fondo nazionale di garanzia”, previsto per i rischi di organizzazione dei viaggi all’estero, vengono istituite nuove polizze di assicurazione di cui i turisti potranno usufruire; le polizze garantiranno assistenza economica in caso di insolvenza o fallimento dell’organizzatore della vacanza, il rimborso del prezzo versato per l’acquisto del pacchetto turistico ed il rientro immediato qualora si dovessero verificare emergenze. Se insorgono controversie, si potrà ricorrere ad un mediatore anziché al tribunale, per accelerare i tempi della giustizia. - Buoni vacanza. I ticket, introdotti dal governo a gennaio 2010, offrono un contributo statale fino al 45% del costo delle ferie, da trascorrere in Italia durante la bassa stagione. Sono riservati alle famiglie a basso reddito che ne facciano richiesta on line (per informazioni www.buonivacanze.it). - Il cal l center e l a carta servi zi . Il decreto istituisce “Easy Italia”, un servizio di assistenza telefonico in diverse lingue. Il centralino, attivo 24 ore su 24 per tutta la settimana chiamando il numero 039.039.039 oppure 800.000.039, fornirà informazioni ai turisti in caso di emergenze o imprevisti, mettendoli in contatto con enti e istituzioni che possano aiutarli (per informazioni www.easy-italia.com). Sempre al fine di garantire una corretta informazione, tutte le Pubbliche Amministrazioni sono tenute a compilare una carta dei servizi turistici che illustri ai cittadini i servizi messi a disposizione. - Contrasto del l e di scri mi nazi oni . Lo Stato s’impegna a garantire alle persone con disabilità (motorie, sensoriali e intellettive) un’offerta turistica di pari livello rispetto a tutti gli altri turisti ed alle stesse condizioni di prezzo. Qualsiasi disparità di trattamento che impedisca ai turisti diversamente abili di fruire dei servizi della vacanza verrà considerato atto discriminatorio. Questa disposizione attua l’art. 30 della Convenzione Onu del 2006 sui diritti dei disabili. - Maggi ore trasparenza. Il sistema di classificazione in base alle stelle, previsto solo per gli alberghi, sarà applicato a tutte le strutture ricettive (bed & breakfast, case per ferie, ostelli della gioventù, motel, centri soggiorni studio, rifugi alpini, villaggi turistici, campeggi) per consentire ai clienti di valutare la qualità del servizio reso. - Ani mal i . Gli alberghi diventano animal-friendly: lo Stato s’impegna a promuovere l’ospitalità dei turisti con animali al seguito, attraverso la collaborazione di enti locali, operatori e associazioni animaliste affinché anche gli amici a quattro zampe possano viaggiare e soggiornare in hotel con i padroni. - Promozi one di s ettori s peci fi ci . Il Codice vuole incentivare la promozione di settori specifici: tra questi, il turismo della natura, che introduce, anche, una valorizzazione del nostro patrimonio faunistico come attrazione turistica; il turismo enogastronomico, per valorizzare a fini turistici una delle tipiche eccellenze del made in Italy; il turismo congressuale; il turismo culturale, che individua appositi strumenti di valorizzazione in chiave turistica del patrimonio artistico e culturale, anche assicurando la predisposizione di materiale informativo redatto obbligatoriamente nelle lingue francese, inglese, tedesco e, preferibilmente, in lingua cinese. In particolare, al turismo culturale è dedicato uno specifico capo che individua appositi strumenti di valorizzazione, in chiave turistica, del grande patrimonio del nostro Paese, da attuare, in sinergia con il Ministero per i Beni e le attività culturali e con gli enti territoriali.

il periodo di sospensione senza il ripristino delle condizioni, il Comune o rdi na l a ces s azi o ne dell’attività, informandone la Provincia e l’Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale competente per territorio. Il titolare di una casa per ferie che intenda procedere alla sospensione temporanea o al-

la cessazione dell’attività deve darne preventivo o, se ciò non è possibile, contestuale avviso al Comune. Il periodo di sospensione temporanea dell’attività non può essere (di solito) superiore a 6 sei mesi, prorogabili dal Comune per fondati motivi; decorso tale termine l’attività si intende definitivamente cessata.


FISCO

Case per ferie: le regole del fisco La gestione fiscale della Casa per Ferie da parte di un ente relogioso di Federico Rossi *

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anto ai fini IVA, quanto ai fini delle IMPOSTE DIRETTE, le attività ricettive, come quelle di Casa per Ferie, sono considerate in ogni caso, atti v i tà co mmerci al i , qualunque sia lo scopo per le quali vengono esercitate. Dal punto di vista fiscale, infatti, non ha importanza l’assenza del fine di lucro per considerare o meno una attività come “commerciale”, ma unicamente la predisposizione e l’esistenza di un’organizzazione di mezzi e l’abitualità e la sistematicità delle attività poste in essere. La legge IVA (DPR 633/72), infatti all’art. 4, comma 5, stabilisce che sono considerate i n o g ni cas o co mmerci al i le prestazioni alberghiere o di alloggio e la somministrazione di pasti. Ri chi es ta di attri buzi o ne del l a Parti ta IVA La richiesta deve essere fatta entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, in via telematica, all’Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale dell’Ente, utilizzando l’apposito modello. Nella richiesta devono essere menzionate le attività svolte ed i luoghi di svolgimento delle attività, nonché il luogo in cui sono tenuti i registri contabili e deve essere indicato il rappresentante legale. Ad ogni attività svolta corrisponde un particolare codice ISTAT: nel caso di specie il codice da attribuire è il 552040. Al riguardo si segnala che l’Ente Religioso potendo svolgere più attività, potrebbe essere già in possesso di Partita Iva – in questo caso anziché di apertura, si tratterà di variazione iva, aggiungendo appunto detta attività a quelle finora svolte. Si ribadisce infatti il principio che qualora l’Ente Religioso abbia una sola personalità giuridica, una soltanto sarà la Partita Iva, valida per tutte le Case filiali con attività presenti sull’intero territorio nazionale.

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Tenuta co ntabi l i tà e as s enza di v i di mazi o ne dei Reg i s tri co ntabi l i La tenuta della contabilità Ordinaria oppure Semplificata comporta tra l’altro la tenuta di

appositi registri contabili su cui annotare le operazioni della Casa Ferie. Già da molti anni è stato comunque soppresso l’obbligo di vidimazione presso il Tribunale, l’Ufficio del Registro delle Imprese, e/o l’Ufficio IVA territorialmente competente, dei registri contabili. Solo per il Libro Giornale e il libro degli Inventari, per coloro che sono in contabilità ordinaria, è presente l’obbligo di apporre n. 2 marche da bollo di € 14,62 cd, per ogni 100 fogli. Reg i s tri co ntabi l i , termi ni e mo dal i tà di reg i s trazi o ne I libri contabili che una casa per ferie deve tenere ai fini IVA sono i seguenti: 1 . Reg i s tro deg l i acqui s ti su cui annotare le fatture relative ai beni ed ai servizi acquistati, numerate progressivamente e suddividendo imponibile ed imposta, distinti secondo l’aliquota applicata. A tale riguardo, tenuto conto che l’attività di Casa Ferie, è un’attività imponibile, con applicazione del 10% di IVA sulle fatture/ricevute fiscali emesse, ciò consente all’Ente di detrarre l’IVA sui propri acquisti di beni e servizi inerenti specificatamente l’attività svolta. Nel caso in cui l’Ente Religioso, unitamente ad un’attività di Casa Ferie, svolga anche un’attività di Casa di Riposo, piuttosto che di Scuola, ovvero un’attività esente ex art. 10/633, al fine di non vedere pregiudicata la detraibilità degli acquisti della Casa Ferie, è necessario effettuare un’opzione, ex articolo 36 della legge iva 633/72, così appunto da separare la parte esente, da quella imponibile, in modo da consentire a quest’ultima la piena detraibilità. 2 . Reg i s tro del l e fatture emes s e su cui annotare in ordine progressivo e con riferimento alla data della loro emissione le fatture emesse per dette operazioni imponibili, distinguendo l’imponibile e l’ammontare dell’imposta (aliquota 10%). Può essere emessa Fattura normale, non essendovi più obbligo di Fattura Fiscale. Si sottolinea che l’ente religioso, per tale attività, non ha tuttavia l’obbligo di emissione della Fattura, se non nel caso in cui la stessa venga espressamente richiesta all’atto di effettuazione dell’operazione,


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ovvero all’atto del pagamento, e/o all’atto della presentazione del conto. In assenza di richiesta risulta sufficiente l’emissione di Ricevuta Fiscale. 3 . Reg i s tro dei co rri s petti v i g i o rnal i eri su cui annotare i co rri s petti v i derivanti da prestazioni ricettive di Casa Ferie, nonché la somministrazioni di alimenti e bevande mediante apparecchi di distribuzione automatica, per le quali si sono emesse ricevute fiscali distinguendo gli importi secondo l’aliquota Iva applicabile. Si precisa che nulla vieta di registrare le Fatture emesse nel presente Registro dei Corrispettivi. Se è stato istituito il registro delle fatture emesse, queste non vanno comprese nel registro dei corrispettivi. Se non è stato istituito, devono essere annotati anche i corrispettivi risultanti dalle fatture emesse (anche quelle relative ad immobili, beni strumentali e le autofatture), includendo nel corrispettivo anche l’imposta, ed indicando il numero iniziale e finale delle fatture ricomprese nei totali dei corrispettivi giornalieri. 4 . Reg i s tro di cari co s tampati fi s cal i (ri cev ute fi s cal i ) su cui, una volta, andavano indicati il numero degli stampati acquistati con l’indicazione della serie e dei numeri iniziale e finale, risulta essere stato soppresso. Luo g o di tenuta dei reg i s tri Il luogo ove sono tenuti i registri deve essere segnalato nella Comunicazione iniziale all’Agenzia delle Entrate e nelle successive Comunicazioni, qualora variata. Se la tenuta dei registri è presso un Consulente, all’Ente Religioso dovrà essere stata rilasciata un’apposita Attestazione, firmata dallo stesso Professionista, ove elencati tutti i registri contabili presenti presso lo Studio, con data e firma del professionista medesimo. Attestazione da esibire ai verificatori (Guardia di Finanza, Agenzia Entrate) all’atto di un eventuale accesso presso i luoghi ove si svolge l’attività di Casa Ferie.

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Al i quo te IVA da appl i care Le prestazioni di al l o g g i o , di s o mmi ni s trazi o ne di al i menti e bev ande s co ntano l ’al i quo ta del 1 0 % (n. 120 e n. 121 Tabella A – Parte III D.P.R. 633/72). Per le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante di s tri buto ri auto mati ci , in quanto può considerarsi prestazione accessoria alla prestazioni ricettiva, l’aliquota da utilizzare riteniamo debba essere comunque quella del 10%. Attenzi o ne - L’uso dei locali, impianti ed at-

trezzature della Casa Ferie per finalità diverse dall’alloggio come ad esempio l ’us o di s al e per co nv eg ni di s tudi o , mo s tre, co nferenze e s i mi l i , sconta l’IVA nella misura ordinaria del 2 1 % (Circolare Ministeriale 9/380640 del 14/02/1980). Ri cev uta fi s cal e Chi è s o g g etto al l ’o bbl i g o del ri l as ci o . Co ncetto di pres tazi o ne al berg hi era e pas to Le prestazioni rese dai complessi ricettivi rientrano tra le operazioni per le quali c’è obbligo, come detto, di emissione di ricevuta fiscale. • So no s o g g etti al l ’o bbl i g o del l a ri cev uta fi s cal e coloro che effettuano pres tazi o ni al berg hi ere, comprese quelle rese da co mpl es s i ri cetti v i co mpl ementare a carattere turi s ti co -s o ci al e, tra le quali rientrano le cas e per feri e. Sono soggetti al predetto obbligo tutti i co ntri buenti che effettuano prestazioni alberghiere di alloggio rilevanti ai fini dell’IVA, co mpres i , quindi, g l i enti no n co mmerci al i (Enti Religiosi) che effettuano prestazioni di alloggio, essendo tali attività considerate in ogni caso commerciali ai sensi del comma 5 dell’art. 4 D.P.R. 633/72. Di conseguenza sono soggetti all’obbligo del rilascio della ricevuta fiscale anche le as s o ci azi o ni rel i g i o s e, cul tural i , as s i s tenzi al i che effettuano le prestazioni in argomento (C.M. 9/380640 del 14/02/1980). Per pres tazi o ne al berg hi era deve intendersi compresa non soltanto la pres tazi o ne di al l o g g i o , ma anche tutta una serie di operazioni ad essa co nnes s e o d acces s o ri e (ad es . l av anderi a, g arag e, preno tazi o ni , ecc. ) Mo mento di ri l as ci o del l a ri cev uta fi s cal e La ricevuta fiscale deve essere emessa nei seguenti momenti: • Al l ’atto del pag amento del co rri s petti v o to tal e o parzi al e, antecedente o s ucces s i v o al l a ul ti mazi o ne del l a pres tazi o ne; ciò vuol dire che se viene dato un anticipo, diversamente da quanto accadeva in passato, deve essere rilasciata ricevuta fiscale per l’importo anticipato. • In o g ni cas o al l ’atto del l ’ul ti mazi o ne del l a pres tazi o ne. Se al momento della ultimazione della prestazione il co rri s petti v o no n v i ene pag ato , in tutto o in parte, deve esserne fatta menzione sul documento stesso e la ricevuta fiscale


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emessa al momento del pagamento dell’importo dovuto deve contenere gli estremi di quella precedentemente rilasciata. Se al momento della ultimazione della prestazione il co rri s petti v o è g i à s tato pag ato , in tutto o in parte, per effetto di un anticipo, la ricevuta fiscale deve contenere l’indicazione degli estremi di quella precedentemente emessa (D. M. 3 0 / 0 3 / 1 9 9 2 ). La prestazione si intende per ultimata normalmente al momento della presentazione del conto. La ricevuta fiscale dev e es s ere ri l as ci ata per ci as cuna pres tazi o ne e si considera uni ca quella fornita a due o più persone purché sia richiesto un unico conto. Mo dal i tà di ri l as ci o del l a ri cev uta fi s cal e La ricevuta fiscale può essere emessa da bollettino a ricalco “madre e figlia” dal soggetto che effettua la prestazione. La sezione figlia deve essere consegnata al cliente. Le Case Ferie possono ottenere i due esemplari anche mediante stampa di due copie anziché con il modello a ricalco (R.M. 30/7/1998 n. 96/E). La ricevuta fiscale deve contenere: • I dati di identificazione del prestatore del servizio; • La natura, la qualità e la quantità dei servizi oggetto della prestazione; per le prestazioni ricettive di mezza pensione o di pensione completa, la ricevuta fiscale può contenere l’indicazione “pensione completa” o mezza pensione” e quella del relativo corrispettivo, nonché la specificazione dei giorni di permanenza (C.M. 3/380101 citata). • L’ammontare del corrispettivo dovuto comprensivo dell’Iva. Fattura ri l as ci ata i n l uo g o del l a ri cev uta fi s cal e Se, come già anticipato, viene richiesta dal cliente la fattura, il gestore della casa per ferie è tenuto a rilasciarla e dovrà indicare separatamente nella stessa l’imponibile e l’imposta non in relazione ad ogni singola voce della prestazione, ma soltanto all’ammontare complessivo del corrispettivo addebitato al cliente.

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Cas i ti pi ci per una cas a per feri e: 1 . Pres tazi o ni acces s o ri e al l a pres tazi o ne al berg hi era (pri ma co l azi o ne, l av anderi a, g arag e, ecc. ) Le prestazioni accessorie (lavanderia, garage, prima colazione, ecc.), se pagate dal cliente

indipendentemente dalla prestazione principale (alloggio) sono escluse dall’obbligo della ricevuta fiscale. Questa dovrà essere emessa, pertanto, anche per le prestazioni accessorie solo se il cliente le paga unitamente all’alloggio ed in questo caso andranno distintamente annotate nel documento (C.M. 9/380640 citata). 2 . Pres tazi o ni acces s o ri e (ex tra, bev ande o pi etanze) nei pranzi a prezzo fi s s o o nel trattamento di pens i o ne Vanno indicate distintamente nella ricevuta fiscale o fattura (se richiesta dal cliente) unitamente all’indicazione di pranzo a prezzo fisso o pensione, anche se consistono in somministrazione di sole bevande (C.M. 9/380640 citata). 3 . Pres tazi o ni al berg hi ere e s o mmi ni s trazi o ni di pas ti i n di pendenza di co nv enzi o ni (ag enzi e di v i ag g i o , enti , ecc. ) anche a co mi ti v e La ricevuta fiscale per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande a favore di soggetti diversi dal committente (agenzie di viaggi, ecc.), in virtù di contratti o convenzioni, va rilasciata al momento della ultimazione della prestazione al committente del servizio o ad un suo incaricato, se presente o, in mancanza, ad uno dei soggetti nei confronti del quale la prestazione o la somministrazione è stata effettuata. Se la ricevuta viene rilasciata al committente presente che pagherà il conto, la ricevuta fiscale non presenta elementi particolari; se, invece, il committente presente pagherà, in base alla convenzione, ad esempio in maniera mensile, la ricevuta fiscale conterrà la dicitura di “corrispettivo non pagato”; se invece la ricevuta fiscale viene rilasciata al cliente, al posto dell’ammontare del corrispettivo, deve essere indicato il nominativo del committente che effettuerà il pagamento ed il riferimento alla convenzione, la cui prova deve essere data da atto scritto precedentemente stipulato od anche mediante la sola corrispondenza commerciale. Il rapporto con il committente ai fini del pagamento sarà regolato come segue: • Se il committente richiede fattura, questa sarà rilasciata indicando il numero e la data della ricevuta fiscale consegnata all’utilizzatore del servizio; • Se non richiede fattura, gli estremi della ricevuta fiscale andranno indicati nella quietanza. Qualora l’utilizzatore del servizio inviato da agenzie non debba conoscere il corrispettivo, nel caso venga utilizzato il conto albergo come ricevuta fiscale, si può indicare l’importo


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solo sulla sezione madre, o su una copia. Non esiste comunque l’obbligo di indicare il corrispettivo. Se il servizio viene reso nei confronti di co mi ti v e, come detto sopra, è sufficiente rilasciare la ricevuta fiscale ad un componente della comitiva, in genere al capogruppo (R.M.25/381077 del 13/16/1980). 4 . Pres tazi o ni al berg hi ere co n trattamento di pens i o ne co mpl eta o mezza pens i o ne Come detto precedentemente, nel caso di soggiorno continuato con pagamenti frazionati, ad esempio settimanali, deve essere rilasciata ricevuta fiscale per la parte di corrispettivo pagato. Alla ultimazione della prestazione, la ricevuta fiscale conterrà il riferimento alle precedenti ricevute fiscali già emesse. In caso in cui un cliente con trattamento di mezza pensione consumi, durante il soggiorno, pasti aggiuntivi, questi dovranno essere separatamente indicati nella ricevuta fiscale. Nel caso di passaggio dal trattamento di mezza pensione a quello di pensione completa, dovrà essere rilasciata una sola ricevuta fiscale con la precisa indicazione dei periodi di trattamento a mezza pensione e a pensione intera. Caparra co nfi rmato ri a (art. 1 3 8 5 C. C. ) E’ una forma di liquidazione del danno, pattuita dai contraenti prima dell’eventuale inadempimento, che lascia libera comunque la parte non inadempiente di pretendere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni, secondo i principi generali. Non costituisce pertanto un’anticipazione del prezzo, quanto i l ri s arci mento del danno in caso di ingiustificato inadempimento nella esecuzione del contratto (ad esempio mancato arrivo della comitiva nel giorno prestabilito nella casa per ferie). In quanto non si può configurare come anticipo, e quindi non costituisce corrispettivo per la prestazione dei servizi, è es cl us a dal campo di appl i cazi o ne del l ’IVA (art. 6 D.P.R. 633/72), pertanto no n ri chi ede l’emissione di Ricevuta/Fattura. Naturalmente, ove al momento dell’adempimento la caparra è imputata alla prestazione dovuta, essa diviene parte del corrispettivo pattuito e, come tale, concorre alla formazione della base imponibile.

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Impo s te di rette In via generale, gli enti non commerciali (Enti Religiosi) sono obbligati, ai sensi dell’art. 20 D.P.R. 600/1973: alla tenuta del l a co ntabi l i tà, l i mi tatamente al l ’atti v i tà co mmerci al e s v o l ta;

In base alla predetta norma, gli enti religiosi che svolgono un’attività ricettiva devono pertanto tenere s cri tture co ntabi l i e per tale attività sono o bbl i g ati a tenere co ntabi l i tà s eparata dall’attività istituzionale (art. 109 T.U.I.R.). Reg i mi co ntabi l i e di determi nazi o ne del reddi to I regimi contabili utilizzabili principalmente dagli enti religiosi per la contabilità separata dell’attività commerciale sono: • regime ordinario; • regime semplificato. Reg i me o rdi nari o Deve essere utilizzato dagli enti religiosi che svolgono attività ricettiva, in quanto prestazione di servizi, con RICAVI s uperi o ri a 4 0 0 . 0 0 , 0 0 euro , salvo opzione in ogni caso. Attenzione – per l’Ente Religioso il volume dei ricavi, tenuto conto dell’uni ci tà dell’ente medesimo deve essere valutata ”complessivamente” , tenuto conto appunto dei ricavi di tutte le Case Filiali con attività presenti sull’intero territorio nazionale. Chi è in regime di contabilità ordinaria oltre alla tenuta dei registri prescritti ai fini IVA, è tenuto all’obbligo delle seguenti scritture contabili : • l i bro g i o rnal e e l i bro deg l i i nv entari ; • reg i s tro dei beni ammo rti zzabi l i . L’ente è tenuto alla redazione di un bi l anci o (Conto economico e Stato Patrimoniale), con tutte le regole previste per l’imprenditore civile (competenza, inerenza, criteri di valutazione delle singole poste, determinazione costi promiscui, ecc.). La tassazione avviene quindi in base al bilancio, la cui formazione è svincolata dalla forma scalare CEE, pur osservandone i criteri di formazione delle singole poste. Reg i me s empl i fi cato Può essere applicato dagli enti religiosi che no n hanno s uperato nell’anno precedente, salvo opzione per il regime ordinario, i l l i mi te di 4 0 0 . 0 0 0 , 0 0 euro di Ri cav i . La contabilità semplificata comporta l’obbligo di tenere i registri IVA anche ai fini delle imposte sui redditi e pertanto occorre annotare separatamente in tali registri anche gli elementi estranei alla normativa IVA, quali: • co mpo nenti po s i ti v i e neg ati v i no n IVA (es. interessi passivi) entro 60 giorni; • retti fi che ai ri cav i ed ai co s ti secondo il criterio di competenza, entro il termine di


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presentazione della dichiarazione dei redditi; • valore delle ri manenze, con indicazione distinte per categorie omogenee delle quantità, del valore, dei criteri di valutazione, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi. La tenuta del registro beni ammo rti zzabi l i è facoltativa; le relative annotazioni possono essere eseguite, anziché sull’apposito registro, nel reg i s tro deg l i acqui s ti , entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi (art. 2 D.P.R. 695/1996). Co n s e rv az i o n e s c ri t t ure c o n t ab i l i e do c ume n t az i o n e ( art . 2 2 D. P. R. 600/73) Le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate ai fini fiscali fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 C.C. (10 anni dalla data dell’ultima registrazione). Lo stesso si dica per gli originali delle lettere, dei telegrammi e fatture ricevute e le copie delle lettere, dei telegrammi spediti e delle fatture emesse. Di chi arazi o ne IRES – Mo del l o UNICO ENC Ai fini della tassazione IRES, l’Ente religioso dovrà presentare il Modello Unico per gli Enti Non Commerciali entro il 30 Settembre dell’anno successivo a quello a cui si riferisce il periodo di imposta, compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre, esclusivamente in via telematica. La misura dell’imposta dovuta risulta essere pari al 1 3 , 7 5 %, a condizione, ovviamente, che l’ente religioso sia in possesso di personalità giuridica. Al riguardo si segnalano talune iniziative degli Uffici fiscali mirate all’applicazione dell’aliquota piena IRES. L’Ente religioso pagherà l’IRES sull’imponibile derivante dal reddito d’impresa della casa per ferie, unitamente all’imponibile derivante dalle eventuali altre tipologie di reddito presenti (reddito dei fabbricati, terreni, capitale, diversi).

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Di chi arazi o ne IRAP (Impo s ta Reg i o nal e Atti v i tà Pro dutti v e) L’ente religioso è soggetto passivo dell’IRAP, da corrispondere in misura ordinaria pari al 4 , 2 5 %, salvo misura applicabile da ciascuna Regione. L’imposta risulta applicabile all’attività commerciale sulla base di un risultato, differente da quello relativo ai fini IRES definito “Valore della Produzione”, calcolato nel ri-

spetto delle norme di cui al D. LGS. 446/97, tenuto conto della indeducibilità ai fini IRAP del Costo del Lavoro, sebbene mitigata dall’applicazione del cd. Cuneo Fiscale. Si ribadisce peraltro come l’Ente religioso risulti altresì soggetto ad IRAP anche per quanto concerne la sfera istituzionale (privata). In presenza di retribuzioni o compensi erogati nella sfera istituzionale, infatti gli stessi costituiranno base imponibile per l’applicazione del 4,25%, salvo misura applicabile da ciascuna Regione. La dichiarazione IRAP è parte del Modello Unico - ENC. I. M. U. (Impo s ta Muni ci pal e Uni ca) – Es enzi o ne e ul ti mi i nterv enti l eg i s l ati v i A tale riguardo occorre fare riferimento, da ultimo, al D. M. 1 9 no v embre 2 0 1 2 , n. 200. Prima di tutto, così vengono ri-definite le attività ricettive di Casa Ferie, da svolgersi con “modalità non commerciali” : j) attiv ità ricettiv e: attiv ità che prev edono l’accessibilità limitata ai destinatari propri delle attiv ità istituzionali e la discontinuità nell’apertura nonché, relativ amente alla ricettiv ità sociale, quelle dirette a garantire l’esigenza di sistemazioni abitativ e anche temporanee per bisogni speciali, ov v ero sv olte nei confronti di persone sv antaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari, escluse in ogni caso le attiv ità sv olte in strutture alberghiere e paralberghiere di cui all’articolo 9 del decreto legislativ o 23 maggio 2011, n. 79; Ecco le condizioni poste dal decreto per godere di ESENZIONE IMU: Lo s v o l g i ment o di at t i v i t à ri cet t i v e s i ri t i ene effet t uat o co n mo dal i t à no n co mmerci al i s e l e s t es s e s o no s v o l t e a t i t o l o g rat ui t o o v v ero di et ro v ers ament o di co rri s p et t i v i di i mp o rt o s i mb o l i co e, co munque, no n s up eri o re al l a met à dei co rri s p et t i v i medi p rev i s t i p er anal o g he at t i v i t à s v o l t e co n mo dal i t à co nco rrenz i al i nel l o s t es s o amb i t o t erri t o ri al e, t enut o anche co nt o del l ’as s enz a di rel az i o ne co n i l co s t o effet t i v o del s erv i z i o . Condizioni, quelle poste, che dovranno necessariamente portare ad un attenta riflessione nei prossimi mesi in vista della scadenza di pagamento IMU, del 16 giugno 2013! *E-mail: studiorossicurina @consulenzaentireligiosi.it Website: www.consulenzaentireligiosi.it


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Donazioni in calo? Fidelizzare i donatori di Renato Frisanco*

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’istituto della donazione, dopo la normativa incentivante, costituisce oggi un’importante infrastruttura di valore idealesimbolico oltre che economico del Terzo settore. Nel nostro Paese pressoché il cittadino su 2 dona denaro, nell’anno, ad una qualche organizzazione, considerando anche la destinazione del 5 per mille della fiscalità generale. D’altra parte il Terzo settore può oggi concorrere all’evoluzione dello Stato sociale e a far crescere la spesa privata per servizi di interesse collettivo, solo se riesce ad aumentare risorse gratuite, come il lavoro volontario, e le donazioni. Promuovere un maggior numero di donazioni su base fiduciaria, garantite da regole e procedure di trasparenza, favorisce la realizzazione del “Welfare mix” nella dimensione della “community” e di cui il pilastro essenziale è rappresentato dalle forze del volontariato e delle imprese non profit. Qual e è l ’andamento del l e donazi oni i n epoca di un’economi a recessi va e del l a perdi ta del potere di acqui sto dei ci ttadi ni ? La risposta a tale quesito si trova nel IX Rapporto sul fund raising su «L’andamento delle raccolte fondi nel Terzo settore: stime 2012 e proiezioni 2013» presentato il 5 marzo di quest’anno. Si tratta dell’ultima rilevazione semestrale dell’Istituto Italiano della Donazione, organismo garante per i donatori del buon uso delle risorse degli enti associati. Il risultato della ricerca, condotta dall’Istituto in collaborazione dell’Associazione Italiana Fundraiser (Assif) su 200 organizzazioni non profit (ONP), segnala nel 2012 una contrazione delle donazioni rispetto al 2011, in quanto si dimezza il numero di quelle che stimano miglioramenti nelle proprie entrate (22% in totale), mentre aumentano di 8 punti percentuali quelle che peggiorano la situazione (il 34% registra un netto regresso); 44 ONP (Organizzazioni non profit) su 100 mantengono invece il patrimonio donativo dell’anno precedente. Il dato si inserisce nel trendgià negativo degli ultimi anni che ha avuto il suo picco più basso nel 2011, l’anno nero della raccolta fondi in quanto le organizzazioni non profit che miglioravano

la propria raccolta erano calate del 21%. In realtà il dato più recente è meno negativo solo perché è preceduto da un dato già abbondantemente connotato dal segno meno. Altre ricerche confermano la tendenza alla diminuzione della donorship, come quelle di AstraRicerche, che nel 2011 attesta un 9% di donatori rispetto al 2009. Questi sono pari al 23,5% degli adulti con le seguenti prevalenti caratteristiche socioanagrafiche: persone di genere femminile, di età matura (ultra 54enni, con l’età aumenta anche l’ammontare donato), istruite, dirigenti/quadri professionali, ma anche casalinghe, nonché stabilmente coniugate. L’indagine dell’Istituto della Donazione evidenzia che nonostante l’andamento negativo degli ultimi anni una parte consistente delle organizzazioni ripone tuttavia fiducia nel futuro. Le previsioni di raccolta fondi per l’intero 2013 prevedono per il 36% delle ONP un miglioramento in termini di risultati, contro il 20% che immagina di peggiorare. Questo relativo ottimismo appare in controtendenza con la situazione di una economia reale che si stima in fase recessiva per tutto quest’anno. Probabilmente le ONP con donatori stabilmente fedeli non vengono da queste abbandonati nemmeno in periodi di crisi economica, che peraltro influisce più duramente sullo spettro dei bisogni e sulla platea dei potenziali beneficiari delle ONP medesime. D’altra parte solo il 6% di queste indica come maggiore problematica la perdita dei donatori già acquisiti in passato, mentre nel Natale 2012 ben l’85% degli intervistati ha donato alle ONP già beneficiate nell’anno precedente (Indagine IPR Marketing per il Sole 24 Ore 25/2/2013). Vale a dire che anche in tempi di crisi i donatori fedeli non smettono di sostenere le organizzazioni di cui hanno fiducia. Che cosa favori sce l a fi del i zzazi one dei donatori ? Intanto è necessario saper comunicare in modo efficace, ovvero in modo chiaro, concreto e coinvolgente, ciò che le organizzazioni sono (i loro valori) e quello che fanno (obiettivi e attività), ovvero visione e missione. La lo-


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sione criticamente i risultati stessi della propria operatività.

gica di una corretta raccolta fondi deve partire necessariamente dall’assunto: ti dimostro chi sono e cosa faccio e quindi deciderai se sono meritevole di attenzione e sostegno. L’organizzazione deve guadagnarsi l’appeal del donatore. Lo può fare meglio se gli garantisce alcuni diritti che sono ben descritti nella “Carta della donazione”, primo codice per l’auto-regolamentazione della raccolta fondi nel Terzo settore. Si tratta di un documento emanato nel 1999 e poi aggiornato nel 2011 in cui si ribadisce sostanzialmente che la donazione non può essere solo un atto di fiducia o di adesione ideologica nei confronti dell’organizzazione destinataria o di filantropia pura, ma è soprattutto un atto di responsabi l i tà. Il donatore diviene così corresponsabile con l’organizzazione dell’utilizzo di tale risorsa finanziaria. Da qui l’attenzione nella Carta a salvaguardare i diritti di informazione, partecipazione e controllo sull’utilizzo della donazione e a inserire l’atto della donazione all’interno di un progetto che sia metodologicamente precisato perché possa essere più efficacemente realizzato. La Carta affronta anche i diritti dei destinatari finali delle liberalità, le caratteristiche delle cause sociali soggette a finanziamento, le responsabilità degli enti che effettuano campagne di raccolta fondi, nonché le regole di condotta etica e i principi di rendicontazione a cui debbono attenersi questi ultimi. Attualmente la strategia di raccolta fondi delle ONP, soprattutto, da parte della miriade di organizzazioni di volontariato, appare ancora piuttosto rudimentale, non sostenuta da una buona capacità di utilizzazione dei veicoli comunicazionali e tanto più da un bilancio di missione che dia conto di cosa esse realizzano, “come” e sulla base di quali “valori”, di quale visione della persona, del sociale, del welfare. Nei casi più virtuosi al donatore, soprattutto se sistematico e quindi vero e proprio stakeholder (portatore di interessi), l’ONP chiede addirittura di mettere in discus-

Non a caso si moltiplicano oggi i corsi di fund raising per operatori delle ONP alle prese con la povertà dei fondi pubblici e con i ritardi cronici degli enti locali nei pagamenti di corrispettivi per servizi resi e con la necessità di salvaguardare la propria libertà di azione smarcandosi da forme di controllo o dipendenza dei soggetti erogatori. Manca nel nostro Paese un dato, anche approssimativo, sul volume della raccolta fondi ed è abbastanza indicativo della scarsa attenzione a registrare questo fenomeno il fatto che l‘ultima stima al riguardo (2.000 miliardi di lire, IREF 1998) sia stata ricavata da un sondaggio di popolazione. Negli ultimi 15 anni vi è stato un aumento delle donazioni per una serie di fattori concorrenti: la crescita delle realtà di Terzo settore, a cominciare dalle organizzazioni di volontariato, che contano prevalentemente su entrate di fonte privata, con un ruolo importante delle donazioni individuali che secondo la non più recente rilevazione IREF il 55,4% dei cittadini è disponibile ad erogare; la crescita del “risparmio etico”, gestito da diverse banche e finanziarie, su cui sarebbero disposti a investire il proprio denaro tre cittadini su dieci; l’incentivazione delle erogazioni liberali in denaro in virtù dell’introduzione di una detraibilità d’imposta introdotta con le recenti normative, oltre all’introduzione del 5 per mille che, in occasione del pagamento delle imposte sul reddito 2010, ben il 43% degli italiani ha devoluto alle ONP (dato AstraRicerche); le forme di raccolta sempre più sofisticate e alla portata di tutti come quelle che avvengono tramite gli “sms solidali”; basti pensare ai 5 milioni di euro così raccolti a seguito del terremoto di L’Aquila. Vi è però una differenza sostanziale tra il donatore episodico edemotivo e quello consapevole e seriale, quindi fedele alle cause sociali che l’ONP persegue. Infatti il donatore fidelizzato sposa una causa ed è testimone di un’organizzazione efficiente nell’utilizzo delle risorse, efficace nei risultati ed eticamente orientata. Ciò significa che lo stesso donatore deve fare lo sforzo di diventare un sostenitore critico e consapevole dell’organizzazione beneficiaria fino, all’auspicata eventualità, di condizionarne con il suo consenso informato gli stessi obiettivi. E’ questo il raggiungimento di una posizione più matura di quella del filantropo che offre semplicemente del denaro. *Fondazione Roma Terzo Settore


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L’imprenditore volontario di Sergio Zanarella

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n una sua recente sentenza (n. 5882/2012 e n. 387/2013) il Consi gl i o di S tato ha ritenuto possibile che le organizzazioni di volontariato (L. 266/91) possano partecipare a gare di appalto. Il Consiglio di Stato ritiene che sia ormai orientamento giurisprudenziale consolidato consentire anche a soggetti senza scopo di lucro, quali le organizzazioni di volontariato, di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica, per l’affidamento di servizi in convenzione, a condizione che l’attività d’impresa sia funzionale ai loro scopi associativi e in linea con la relativa disciplina statutaria. La sentenza sottol i nea che l ’assenza di fi ni di l ucro non escl ude l a possi bi l i tà di eserci tare un’atti vi tà economi ca e che, dunque, anche le organizzazioni di volontariato debbano essere ritenute “operatori economici”, potendo soddisfare i necessari requisiti per essere qualificati come “imprenditori”, “fornitori” o “prestatori di servizi” ai sensi della normativa comunitaria. Dal punto di vista della giurisprudenza europea difatti, l’assenza di fini di lucro non esclude che il soggetto possa essere qualificato come imprenditore e quindi non giustifica l’esclusione dalla partecipazione alle gare, considerato che la normativa comunitaria (Direttiva 2004/18/CE) stabilisce che “i termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi » designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi”. Tale formulazione dei concorrenti all’aggiudicazione di appalti pubblici apre ovviamente a un’ampia categoria di soggetti che si muovono nella società con caratteristiche e obiettivi molto diversi tra loro mettendoli sullo stesso piano nell’ambito dei rapporti con gli enti pubblici. In poche parole l a normati va e l a gi uri sprudenza europea tendono ad equi parare l e organi zzazi oni di vol ontari ato agl i i mprendi tori , a soggetti qui ndi che si col l ocano nel l a soci età e

nel mercato con l o scopo di scambi are beni e servi zi i n attesa di una controprestazi one e qui ndi , i n quanto tal i , soggetti anche al l e regol e europee sul l a concorrenza. Gl i i nterventi normati vi e gi uri sprudenzi al i offrono sempre degli spunti di riflessione e, a prescindere dal fatto che siano più o meno condivisibili, mettono in evidenza i problemi delle organizzazioni di volontariato nello svolgimento delle proprie attività nei modelli culturali e sociali del paese. La prima cosa che appare evidente è che negli ultimi anni sempre di più si è posto il problema di come le organizzazioni di volontariato vogliono impostare il loro rapporto con gli enti pubblici e tale fenomeno va visto da una duplice prospettiva. Dalla parte dell’ente pubblico che, in molti casi, per totale assenza di cultura, volontà e capacità di calarsi in una realtà diversa da quella imprenditoriale, tende a equiparare il volontariato a tutto il mondo di appalti e convenzioni che ruotano intorno ai servizi pubblici, attratti soprattutto dalla economicità che tali soggetti possono avere nella gestione dei servizi. Questo spesso porta a far si che alle organizzazioni venga chiesta l’apertura di partita IVA per la gestione delle entrate con l’ente pubblico, appiattendosi del tutto al sistema delle fatturazione adottato con le imprese, senza considerare che tale modalità non è ammissibile dalla legge. Come dire che culturalmente l’ente pubblico è sempre stato più abituato a trattare con soggetti profit e che tale prassi viene in automatico estesa a tutti gli altri soggetti. Spostandoci dalla parte delle organizzazioni di volontariato, ci si aspetterebbe un approccio, quantomeno culturale, del tutto opposto a quello sopra descritto, e invece sempre maggiori sono le spinte che vanno verso un approccio imprenditoriale delle attività, soprattutto nei settori della protezione civile e della sanità: sempre più si vuol essere interlocutori forti dell’ente pubblico interloquendo con il mondo delle convenzioni senza alcun complesso di inferiorità economica rispetto agli altri


VOLONTARIATO soggetti privati. Come dire che per anni si è aspettato che il mondo valoriale del volontariato condizionasse il modo di fare impresa e non ci si è accorti che il passaggio è avvenuto sopratutto al contrario e quindi il modo di fare impresa si è esteso anche al volontariato.

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Lo spi ragl i o normati vo che permette di inquadrare le organizzazioni di volontariato come soggetti che possono scambiare beni e servizi conformi alle proprie finalità istituzionali dietro pagamento di corrispettivi specifici è il decreto ministeriale D.M. 25 maggio 1995 che fissa i “criteri per l’individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato”. La norma in particolare prevede che i corrispettivi specifici realizzati non devono superare del 50% i costi di diretta imputazione. Questo è il motivo per cui in tutta la legge-quadro sul volontariato (L. 266/91) nella triangolazione dei rapporti possibili fra beneficiario-associazione-volontario, l a gratui tà è previ sta nel bi nomi o associ azi one/ vol ontari o e i n quel l o benefi ci ari o/ vol ontari o, ma non si parl a mai di gratui tà a proposi to del bi nomi o benefi ci ari o/ associ azi one. Bisogna tener presente però che questo non può essere considerato come uno strumento che rende le organizzazioni di volontariato soggetti inquadrabili nel mercato come operatori di rilievo economico, ma come mezzo di finanziamento dell’Associazione strumentale alla realizzazione dei propri scopi, per cui come tutte le altre modalità di reperimento fondi, non devono essere confuso con le attività solidaristiche dell’ente: nessuno si sognerebbe mai di scrivere nel proprio statuto che l’Associazione ha come scopo quello di realizzare le attività commerciali e produttive

marginali. Va sottolineato inoltre che nello svolgimento di tali attività le organizzazioni di volontariato si avvalgano in modo prevalente e determinante delle prestazioni dei propri volontari; che le entrate derivanti da tali attività non necessariamente devono essere inferiori alle altre entrate in quanto la legge non le àncora a una determinata percentuale delle entrate dell’organizzazione; che ai fini della marginalità deve tenersi conto di alcuni parametri collegati a diverse situazioni di fatto quali la non concorrenzialità sul mercato, il rapporto tra risorse impiegate e ricavi, il rapporto tra i ricavi dell’attività e i servizi resi dall’organizzazione. Al l a l uce di quanto affermato il concetto di marginalità delle attività commerciali viene meno laddove le modalità di impiego delle risorse dell’ente, in particolare le prestazioni spontanee, volontarie e gratuite degli aderenti, siano dirette in maniera prevalente e determinante a realizzare le attività marginali piuttosto che quelle solidaristiche. In tale logica le attività di vendita di beni e servizi conformi alle proprie finalità istituzionali dovrebbero essere considerate, avuto riguardo anche alla filosofia che sta dietro la costituzione di una organizzazione di volontariato, attività che rimangono fuori dal campo di applicazione di tutte le regole che disciplinano il libero mercato e non attività che permettano di inserire l’ente fra gli operatori a rilevanza economica. Tuttavia le difficoltà di interpretazione normativa lasciano sicuramente spazio a linee di condotta abbastanza diverse fra loro, motivo per cui ogni singola organizzazione e ogni singolo volontario hanno la possibilità di scegliere come essere strumento e fine di solidarietà. Scelta che fortunatamente ancora fa la differenza.


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L’innamoramento e l’isola di G. Paolo Manganozzi

Lo scorso 12 dicembre la Camera dei Deputati ha commemorato - a un anno dalla morte - la figura e l’opera di Maria Eletta Martini. Le dedichiamo anche noi un ricordo.

“Ripartire dagli ultimi”: on. Martini, siamo di fronte a una impresa possibile? Il volontariato ha alleati? Viene segnalato da più parti il progredire della cultura dell’orticello con siepi invalicabili a difesa degli interessi di gruppo, a danno della cultura della frontiera, cara ai pionieri desiderosi di rendere fertile il deserto. On. Martini, non sarà che l’obiettiva carenza di risorse economiche e l’affermarsi del liberismo esasperato, predicato anche dagli esponenti della nuova maggioranza, convincano il Governo che lo slogan giusto per lo stato sociale sia un aforisma di Leo Longanesi: “E vissero infelici perché costava meno”?

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Posi questa domanda a Maria Eletta Martini diciotto anni fa, durante una tavola rotonda prevista dal programma di un Convegno nazionale delle Misericordie d’Italia (Siena, maggio 1994). L’interrogativo - oggi tristemente attuale - fu giudicato impertinente, ma era suggerito dal “vento” in circolazione, già avvertito dagli anemometri più sensibili. La risposta, in realtà, Maria Eletta l’aveva data dieci anni prima (maggio 1984), concludendo a Lucca il “Terzo convegno nazionale di studi sul volontariato”, quando ci parlò di crescenti limiti ai poteri dello stato del benessere di fronte alla crisi economica-occupazionale e di insufficienza di leggi e di risorse finan-

ziarie da intendere come mezzi per farvi fronte; era la premessa per chiamare a raccolta le forze integrative della solidarietà a supporto di quelle insostituibili dello Stato. A quel tempo Maria Eletta Martini, oltre che dalla propria sensibilità e dalle proprie esperienze di parlamentare e di operatrice in ambito di assistenza sociale, traeva idee e stimoli dalla collaborazione particolarmente con Luciano Tavazza, Giovanni Nervo e Nicolò Lipari, principali ispiratori della “Legge-quadro sul volontariato”. La storia di quella legge viene da lontano e i suoi capitoli iniziali e determinanti sono stati scritti non a caso in Toscana: un segnale chiaro dell’incidenza che su tale normativa ha avuto la lucchese Maria Eletta Martini, partendo dai primi convegni nazionali sul volontariato organizzati a Viareggio e Lucca; a tali incontri va riconosciuto il merito di aver saputo provocare - attraverso la fusione di contributi tecnici di studiosi sensibili e degli apporti vivacissimi e intransigenti delle associazioni di base - il dibattito preliminare alla nascita del testo giuridico. Una prova concreta che i diritti delle persone e il dovere di solidarietà per garantirli sono stati assegnati dalla Costituzione alla comunità in maniera originaria, non quindi delegata dall’amministrazione pubblica, alla quale è invece giuridicamente affidato il modo per venir loro incontro. Dunque una scuola di formazione alla democrazia, quella dei convegni toscani, che favorì l’uscita del volontariato dalle “catacombe” per partecipare alla vita della società e inserirsi nel gioco della collaborazione con lo Stato e con gli Enti locali per intercettare e soccorrere i cittadini percossi dal bisogno. Uscita che Maria Eletta Martini sottolineava all’indomani dell’approvazione parlamentare della legge-quadro (intervista ad “Avvenire” dell’1 agosto 1991) rilevando che la cultura volontaristica era riuscita a contagiare partiti e sindacati e conquistarne il consenso, facendo loro superare un atteggiamento di accettazione dei volontari a patto che questi rimanessero nel proprio “privatissimo ambito”. E aggiungeva che ciò era equivalente a una legittimazione della presenza e del ruolo del vo-


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lontariato in posizione autonoma e di supporto tra Stato e mercato. Di tale evoluzione culturale-sociale-politica la parlamentare Martini era legittimamente soddisfatta, avendo contribuito a produrla. Nei convegni di Lucca, infatti, incominciò a sciogliersi il nodo della necessità-opportunità-negazione di una normativa sul volontariato, essendo evidenti da un lato il tema del riconoscimento della sua presenza come risorsa sussidiaria dello Stato, dall’altro il timore di un suo imbrigliamento tra i commi che ne avrebbe potuto snaturare la spontaneità e l’azione rapida e libera in ogni crocevia del bisogno. A Lucca (marzo 1982) il dibattito fu ampio e serrato e Maria Eletta ne fece la sintesi così: “L’ipotesi di lavoro -più idonea della ventilata legge-quadro- è quella di uno ‘statuto dei volontari’; è infatti una normativa più puntuale di una generica ‘carta dei volontari’ di cui pure si è parlato, e nello stesso tempo ha il vantaggio di evitare quello che una legge-quadro fa paventare a molti: istituzionalizzare, pur senza volerlo, l’azione volontaria. … Se ci si muove su questa strada … la decisione non può comunque che essere parlamentare… ”. Era il primo, significativo passo verso una serie di decennali approfondimenti che beneficiarono anche dell’immagine icastica con la quale (maggio 1986) la più alta Autorità dello Stato segnava il sentiero alla eventuale futura legge. Il Presidente Cossiga sottolineò infatti la necessità di non confondere le regole di riferimento con i lacci giuridici che avrebbero potuto comprimere la fantasia e lo slancio dei volontari “… atteso che se è giusto disciplinare con legge l’istituto del matrimonio, impensabile è ipotizzare una uguale soluzione per l’innamoramento”.

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A quell’epoca molte acque si erano già mosse: il desiderio e le spinte di cambiamento (echi dei moti del 1968?) all’interno della società civile; il progressivo crescere del rapporto delle associazioni di volontariato con i poteri pubblici, soprattutto locali; l’aumento del numero delle leggi-quadro regionali e delle normative di settore coinvolgenti il volontariato, avevano portato Maria Eletta Martini a concludere il terzo convegno di Lucca affermando: “La richiesta di uno statuto del volontariato, o di una legge quadro, nel convegno del 1982, fu la richiesta di un atto politico da parte del Parlamento… Non bisogna nasconderci dietro luoghi comuni. In Parlamento, nei Consigli regionali, comunali e

provinciali si va ordinariamente eletti nelle liste dei partiti. Ecco perchè bisognadiscutere con le forze politiche anche sui temi del volontariato … ”. Era la voce di chi, per lo stesso convincimento, aveva avuto un ruolo diretto nella formulazione e nella difesa a oltranza degli articoli 45 e 71della legge n. 833/1978 sulla “Istituzione del servizio sanitario nazionale”, articoli che verosimilmente hanno aperto al volontariato la strada della propria legittimazione come soggetto di rilevanza politica. Su questo tema è interessante ricordare anche le parole del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, Giuliano Amato, il quale (Sala della Lupa in Palazzo Montecitorio, 27.2.2001: incontro istituzionale sul Terzo Settore, dedicato alla memoria di Luciano Tavazza) sosteneva che il principio elettivo non può essere il solo pilastro del modello democratico, in quanto non è nel senso della storia affermare che chi non è eletto non ha legittimazione: di qui la forza degli organismi associativi - e tra essi quelli del volontariato - per essere attori nell’attuazione del principio di sussidiarietà intesa come loro capacità di interscambio con l’ente pubblico. Queste memorie, affidate agli atti ufficiali e ai ricordi di un gruppo di testimoni sempre più esiguo, sono il segno di quanto Maria Eletta ha seminato nel tempo, come parlamentare e come operatore sociale sul campo, per l’affermazione della cultura della solidarietà. Del pensiero sotteso a queste memorie è sintesi espressiva l’intervento - denso di calore umano pur nella sua ufficialità - dell’on. Martini alla Camera dei Deputati (31.7.1991) in sede di dichiarazioni di voto per l’approvazione della legge-quadro, intorno al cui testo aveva tessuto le premesse per il consenso - 382 si e 3 astensioni - di maggioranza e opposizione. Tessitura che al Senato aveva preso forma nella relazione del Presidente della Commissione Affari costituzionali, prof. Leopoldo Elia, il quale aveva invitato ad approvare il disegno di legge, peraltro raccomandando che la norma giuridica si limitasse a “lambire l’isola” del volontariato senza invaderne in maniera corsara le spiagge dello spontaneismo. …E sul filo di questi ricordi non posso non vedere, pur nel contesto di accesi dibattiti, Maria Eletta Martini costruire, con penne biro generalmente gialle e blu, mosaici degni di una cattedrale nordica. Quadratini simmetrici, ordinati che - forse - volevano inconsciamente tingere di colore i discorsi piuttosto grigi dei commi giuridici.


* a cura di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

Norme giuridiche e Giurisprudenza n.152 STATO

Il volontariato - si legge nel testo - è condivisione di valori legati alla comunità, alla famiglia, alla centralità della persona e alla responsabilità individuale ed è componente essenziale per promuovere un nuovo modello di sviluppo e coesione sociale. L’attività di volontariato è svolta nel territorio regionale, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, e si esprime nella cura delle relazioni umane e nella promozione di forme di sviluppo e coesione sociale ispirate alla responsabilità collettiva attraverso la realizzazione di azioni concrete a vantaggio di persone, famiglie, comunità e ambienti di vita volte a finalità di carattere sociale, civile, culturale, ambientale, educativo e formativo. Il Registro generale del volontariato organizzato è tenuto presso la struttura competente in materia di volontariato ed è articolato nei seguenti settori: a) sociale e sanitario; b) culturale; c) educativo; d) ambientale; e) diritti civili dei cittadini; f) solidarietà internazionale; g) educazione motoria e promozione delle attività sportive e ricreative; h) attività innovative. E’ ammessa l’iscrizione di una organizzazione di volontariato in più settori. Possono iscriversi al Registro le organizzazioni di volontariato aventi i requisiti previsti dall’ articolo 3 della legge 266/1991 con sede legale o operativa in regione e dotate di autonomia amministrativa e contabile. L’iscrizione ha validità di tre anni ed è soggetta a conferma, per la medesima durata, su domanda dell’organizzazione di volontariato, previa verifica della permanenza dei requisiti previsti per l’iscrizione al Registro. In caso di mancata presentazione nei termini della domanda di conferma, o in caso di perdita dei requisiti, viene disposta la cancellazione dal Registro. Viene disciplinato anche il Comitato regionale del volontariato, che esercita funzioni consultive con riguardo alla programmazione regionale, agli interventi nel settore del volontariato e su ogni altra questione diretta a promuovere il volontariato nel territorio regionale. Il Comitato esercita inoltre funzioni di impulso e proposta riguardo agli interventi regionali in materia di volontariato, allo svolgimento di studi e ricerche, alle iniziative di formazione, aggiornamento, educazione alla cultura della solidarietà e di orientamento al volontariato. Il Comitato è composto: a) dal Presidente della Regione, o suo delegato; b) da cinque rappresentanti delle organizzazioni di volontariato, iscritte nel Registro; c) dal dirigente della struttura regionale competente in materia di volontariato, o suo delegato; d) da due rappresentanti delle autonomie locali, di cui uno designato dall’ANCI e uno designato dall’UPI. Il Comitato ha sede presso la struttura regionale competente in materia di volontariato, dura in carica per tre anni e la sua ricostituzione avviene con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale. I rappresentanti delle organizzazioni di volontariato sono eletti

RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE AL TRATTAMENTO DATI PER ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 3 del 4 gennaio 2013 Con Autorizzazione n. 3/2012 del 13 dicembre 2012 il Garante per la privacy ha rinnovato l’autorizzazione al trattamento dei dati sensibili da parte di associazioni e fondazioni‚ relativamente ai dati acquisiti per lo svolgimento delle loro attività istituzionali (dati di soci‚ di utenti‚ ecc.). In linea generale la nuova autorizzazione non reca significative modifiche rispetto a quella precedentemente in vigore‚ apportando solo le necessarie integrazioni derivanti dalle modifiche normative di settore. L’autorizzazione è in vigore dal 1° gennaio 2013.

CINQUE PER MILLE: IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO Parere del Consiglio di Stato, Sez. II, n. 2627/2011 del 14 novembre 2012 Il Consiglio di Stato - Sezione II, in sede di ricorso straordinario, con parere decisorio n. 2627/2011 reso nell’adunanza del 14 novembre 2012 è intervenuto in merito alla natura del 5 per mille, affermando che il meccanismo non costituisce una liberalità del cittadino, ma deriva da una scelta dello Stato di consentire la destinazione di una parte delle sue spettanze ad enti che svolgono un ruolo sussidiario in materia di politiche sociali, mediante una possibile devoluzione in occasione della dichiarazione dei redditi, la cui materiale liquidazione viene subordinata a requisiti, modalità e controlli. Una novità che contraddice quanto affermato dalla Corte Costituzionale, nella Sentenza n. 202 del 18 giugno 2007, in cui si asseriva che le entrate derivanti dal 5 per mille non rientrano tra le entrate tributarie erariali. L’importo versato dal contribuente - sosteneva la Corte Costituzionale - viene trattenuto dallo Stato non a titolo di tributo erariale, ma come somma che lo Stato medesimo è obbligato, come mandatario necessario ex lege del cittadino, a corrispondere ai soggetti indicati dal contribuente stesso.

REGIONI FRIULI VENEZIA GIULIA DISCIPLINA ORGANICA SUL VOLONTARIATO E SULLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE Gazzetta Ufficiale Serie Regioni n. 3 del 19 gennaio 2013 Con la Legge regionale n. 23 del 9 novembre 2012, la Regione Friuli Venezia Giulia ha approvato norme per una disciplina organica sul volontariato e sulle associazioni di promozione sociale e sull’associazionismo. Il Capo I della Legge è dedicato alle organizzazioni di volontariato, che svolgono attività rivolte alla cura di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità.

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dall’Assemblea regionale delle organizzazioni di volontariato in modo da garantire la rappresentatività del territorio regionale e possono essere riconfermati per una sola volta nella medesima carica. L’Assemblea regionale delle organizzazioni di volontariato, presieduta dall’assessore competente, costituisce un momento di proposta, confronto e verifica sulle politiche regionali in materia di volontariato, sullo stato dei rapporti tra volontariato e istituzioni pubbliche e sulle questioni di particolare interesse per le organizzazioni. Partecipano all’Assemblea, con voto deliberativo, i legali rappresentanti, o loro delegati, delle organizzazioni di volontariato e loro forme di coordinamento regionale iscritte nel Registro. Possono partecipare, senza diritto di voto, le organizzazioni non iscritte e vi possono assistere liberamente tutti i cittadini interessati. La Regione sostiene le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro mediante la concessione di contributi per: a) l’assicurazione dei volontari; b) l’acquisto di attrezzature tecniche necessarie per l’attività di volontariato; c) la realizzazione di interventi progettuali di particolare rilevanza. La Giunta regionale determina di norma, entro il mese di dicembre, sentito il Comitato regionale del volontariato, gli ambiti prioritari degli interventi progettuali sopra citati alla lettera c), da sostenere nell’anno successivo. Le domande di contributo sono presentate dalle organizzazioni di volontariato entro il mese di febbraio di ogni anno. In attuazione del principio di sussidiarietà, le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro da almeno sei mesi possono stipulare convenzioni con la Regione, gli enti e aziende il cui ordinamento è disciplinato dalla Regione e gli enti locali per lo svolgimento di: a) attività e servizi assunti integralmente in proprio; b) attività innovative e sperimentali; c) attività integrative complementari o di supporto a servizi pubblici; d) attività frutto di co-progettazione tra organizzazioni ed enti pubblici. Nella Legge vengono definiti i contenuti necessari delle convenzioni. Il Capo III è dedicato alle associazioni di promozione sociale, che hanno il fine di: a) sostenere le attività di carattere culturale, educativo, di ricerca e formazione; b) favorire la tutela e lo sviluppo delle risorse ambientali e naturali del territorio; c) sviluppare il turismo sociale, le tradizioni e culture popolari e la pratica sportiva; d) promuovere la qualità della vita e il benessere sociale; e) garantire la tutela dei diritti dei consumatori; f) favorire le iniziative di carattere innovativo; g) sostenere le attività di carattere sociale e di tutela dei diritti civili secondo i principi di non discriminazione e pari opportunità; h) favorire iniziative di coinvolgimento di cittadini anziani per la promozione di interventi a favore dell’invecchiamento attivo. Il Registro delle associazioni di promozione sociale è tenuto presso la struttura competente in materia di promozione sociale. Possono iscriversi nel Registro le associazioni di promozione sociale e i loro coordinamenti aventi i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 della legge 383/2000 , con sede legale o operativa in regione. Le associazioni di promozione sociale possono presentare domanda di iscrizione al Registro alla struttura regionale competente in materia di promozione sociale, secondo le modalità specificate in un apposito

regolamento di prossima emanazione. L’iscrizione nel Registro è disposta entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda. L’iscrizione al Registro è condizione necessaria per le associazioni di promozione sociale e loro coordinamenti onde poter accedere ai contributi regionali e stipulare le convenzioni previsti dalla presente legge. Tuttavia i Comuni e le Province possono stabilire di prescindere dal requisito dell’iscrizione al Registro per la concessione di contributi. L’iscrizione ha validità di tre anni ed è soggetta a conferma per la medesima durata, su domanda dell’associazione di promozione sociale, qualora permangano i requisiti previsti per l’iscrizione al Registro. In caso di mancata presentazione nei termini della domanda di conferma, o in caso di perdita dei requisiti, viene disposta la cancellazione dal Registro. Previsto il Comitato regionale delle associazioni di promozione sociale e l’Assemblea regionale delle associazioni di promozione sociale, con funzioni analoghe al Comitato regionale e all’Assemblea regionale delle organizzazioni di volontariato. La Regione sostiene le associazioni iscritte nel Registro mediante contributi per l’attuazione di progetti di utilità sociale e fornisce altresì servizi informativi e di assistenza tecnica alle associazioni anche avvalendosi dei Centri di servizio per il volontariato di cui all’ articolo 15 della legge 266/1991. Anche le associazioni di promozione sociale iscritte nel Registro da almeno sei mesi possono stipulare convenzioni con la Regione, gli enti e aziende il cui ordinamento è disciplinato dalla Regione e gli enti locali. Nel Capo IV, intitolato Disposizioni comuni, viene istituito il Fondo regionale di anticipazione per il volontariato e la promozione sociale. Il Fondo è finalizzato a concedere alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale anticipazioni di cassa sui finanziamenti a esse assegnati da parte di enti pubblici, dello Stato e dell’Unione Europea a sostegno di attività progettuali, nonché di operazioni di investimento e di acquisto di attrezzature. La misura delle anticipazioni, i criteri e le modalità della loro concessione, nonché le modalità e i termini della loro restituzione alla Regione da parte dei beneficiari saranno definiti con apposito regolamento da adottarsi sentito il parere della Commissione consiliare competente. La Regione, riconoscendo il valore strategico della formazione e dell’aggiornamento dei volontari e degli aderenti alle associazioni di promozione sociale, sostiene con appositi contributi le iniziative a tal fine attuate in modo autonomo e diretto dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale iscritte nei rispettivi Registri. La Legge si chiude con disposizioni sull’associazionismo, riguardanti agli enti associativi che non rientrano nelle normative del volontariato e della promozione sociale. La Regione promuove il pluralismo del fenomeno associativo senza fini di lucro e ne sostiene le attività esercitate in modo gratuito che, rivolte agli associati e alla collettività, sono finalizzate alla realizzazione di scopi sociali, culturali, educativi, ricreativi, nel rispetto dei principi delle pari opportunità tra uomini e donne. E’ istituito il Registro regionale delle associazioni tenuto presso la struttura competente in materia di associazionismo. Possono iscriversi nel Registro (con modalità definite in un regolamento di prossima emanazione) le associazioni, riconosciute e non riconosciute, che realizzano gli scopi previsti dall’articolo 30 a condizione che: a) non abbiano fine di lucro; b) svolgano la loro attività da almeno un anno;

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c) assicurino, attraverso le norme statutarie e i regolamenti la partecipazione democratica degli associati alla vita delle stesse e alla formazione dei propri organi direttivi e in particolare assicurino la tutela dei diritti inviolabili della persona, la disciplina della organizzazione interna, l’elettività di almeno i due terzi delle cariche sociali, l’approvazione da parte degli associati, o di loro delegati, del programma e del bilancio, la pubblicità degli atti e dei registri, la garanzia del diritto di recesso, senza oneri per l’associato, la disciplina della procedura di esclusione dell’associato che preveda il contraddittorio di fronte a un organo interno di garanzia, la previsione statutaria che in caso di scioglimento dell’associazione il patrimonio sociale non possa essere ridistribuito tra gli associati; d) abbiano sede legale o operativa in regione. La Regione provvede a: a) la promozione e il sostegno di specifici progetti, attività e iniziative nell’ambito della normativa di settore; b) la razionalizzazione e il coordinamento dei servizi esistenti, la fornitura di informazioni e di assistenza tecnica da parte delle strutture competenti per materia; c) la messa a disposizione di spazi, attrezzature e servizi per iniziative promosse dalle associazioni. Viene istituito Comitato regionale dell’associazionismo e la Conferenza regionale dell’associazionismo, con funzioni analoghe a quelli corrispondenti per il volontariato e la promozione sociale. Le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le altre associazioni possono utilizzare strutture e attrezzature e usufruire di servizi da parte della Regione, degli enti e aziende da essa dipendenti e degli enti locali, nei limiti e con le modalità stabiliti dai rispettivi ordinamenti. Negli articoli conclusivi della Legge si precisa che le organizzazioni e associazioni iscritte nei registri per accedere ai contributi, convenzioni, agevolazioni e iniziative previste dalla presente legge, devono dichiarare nella domanda d’iscrizione al rispettivo registro, o sua integrazione, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Vengono abrogate le Leggi regionali precedentemente in vigore in materia.

d) le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali; e) le società di mutuo soccorso. Sono individuati quali soggetti del Terzo Settore, solo se caratterizzati da prevalenti finalità sociali di interesse generale, anche: a) le fondazioni; b) gli istituti di patronato; c) gli enti e gli organismi facenti capo alle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese. I soggetti indicati - si legge nel Testo - partecipano, sulla base del principio di sussidiarietà e secondo le modalità previste dalle norme sulle procedure della programmazione regionale e locale, all’esercizio delle funzioni sociali pubbliche di programmazione, progettazione e attuazione nonché di coordinamento di interventi nei settori in cui essi operano. All’art. 5, in cui si definiscono le organizzazioni di volontariato, secondo quanto stabilito dalla Legge 266/91, si prevede anche che la Regione riconosca il valore delle organizzazioni di volontariato a carattere regionale a rete presenti con proprie articolazioni territoriali autonome. L’iscrizione al Registro regionale delle organizzazioni di volontariato a carattere regionale può estendersi alle articolazioni territoriali autonome aventi i requisiti di cui alla L. 266/1991: a tal fine l’istanza di iscrizione sarà corredata dall’elenco delle rispettive articolazioni territoriali e sottoscritta anche dai legali rappresentanti delle singole articolazioni. Analoga disposizione è prevista per le associazioni di promozione sociale, disciplinate all’art. 6 del Testo Unico, e ricolcanti quanto previsto dalla Legge 383/2000. L’iscrizione al Registro regionale delle associazioni di promozione sociale a carattere regionale può quindi estendersi anche alle articolazioni territoriali autonome, con le modalità sopra descritte. E’ istituito presso la Regione il Registro regionale del Terzo Settore, suddiviso in specifiche sezioni, così denominate: a) sezione delle organizzazioni di volontariato; b) sezione delle associazioni di promozione sociale; c) sezione delle cooperative sociali con parte dedicata alle imprese sociali diverse dalle cooperative sociali; d) sezione delle società di mutuo soccorso; e) sezione delle fondazioni con prevalenti finalità sociali; f) sezione degli istituti di patronato con prevalenti finalità sociali; g) sezione degli enti e organismi facenti capo alle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese con prevalenti finalità sociali. La sezione delle cooperative sociali si articola nelle seguenti parti: a) parte “A”, nella quale sono iscritte le cooperative che gestiscono servizi sociosanitari ed educativi; b) parte “B”, nella quale sono iscritte le cooperative che svolgono attività diverse, agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate; c) parte “C”, nella quale sono iscritti i consorzi costituiti come società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore al 70 per cento da cooperative sociali; d) parte “D”, nella quale sono iscritte le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali. La sezione del Registro relativa alle associazioni di promozione sociale è suddivisa in due parti così distinte: a) parte “A”, nella quale sono iscritte le associazioni operanti a livello regionale o infraregionale in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 della Legge 383/2000; b) parte “B”, nella quale sono iscritte le articolazioni territoriali delle associazioni iscritte nel Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale e i circoli a esse affiliati. Ai fini dell’iscrizione,

LIGURIA TESTO UNICO DELLE NORME SUL TERZO SETTORE Bollettino Ufficiale della Regione Liguria n. 22 del 12 dicembre 2012 La Regione Liguria ha approvato la Legge regionale n. 42 del 6 dicembre 2012 “Testo Unico delle norme sul Terzo Settore”. Il presente Testo Unico ha ad oggetto: a) il riordino e la revisione delle norme regionali in materia di Terzo Settore; b) l’individuazione delle modalità di esercizio della rappresentatività dei soggetti del Terzo Settore; c) la definizione delle modalità per l’accreditamento dei servizi e dei presidi sociali; d) l’individuazione di modelli di relazione pubblico/privato senza finalità di profitto, in attuazione del principio di sussidiarietà. Sono individuati quali soggetti del Terzo Settore, a cui questo Testo Unico è rivolto: a) le organizzazioni di volontariato; b) le associazioni di promozione sociale; c) le cooperative sociali;

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tali articolazioni territoriali producono gli atti che hanno consentito l’iscrizione al Registro nazionale e idonea documentazione in cui siano indicate le attività svolte nel territorio ligure, le sedi operative, i responsabili delle cariche associative, le modalità di formazione e di approvazione del bilancio o rendiconto. Possono presentare istanza di iscrizione nella corrispondente sezione del Registro i soggetti del Terzo Settore aventi sede legale in Liguria, che risultino, ad esclusione delle cooperative sociali e delle imprese sociali diverse dalle cooperative sociali, costituiti ed effettivamente operanti da almeno un anno. La verifica delle dichiarazioni e delle autocertificazioni prodotte ai fini dell’iscrizione e della permanenza nel Registro avviene attraverso controlli a campione. L’iscrizione di un soggetto in una sezione del Registro regionale è incompatibile con l’iscrizione nelle altre sezioni dello stesso Registro. La Regione provvede alla pubblicazione annuale del Registro regionale nel sito web della Regione Liguria. Viene anche istituita la Banca dati del Terzo Settore, nella quale vengono conservati i dati relativi al Registro. L’istanza di iscrizione deve essere sottoscritta in originale dal legale rappresentante e va corredata: a) dall’atto costitutivo avente data certa, prodotto in originale o copia autenticata; b) dallo statuto, prodotto in originale o copia autenticata; c) dal bilancio o rendiconto relativo all’ultimo anno di attività, da cui risulti, in particolare, la distinzione delle diverse fonti di entrata; d) da un’autocertificazione redatta ai sensi dell’articolo 76 del D.P.R. 445/2000 e successive modificazioni ed integrazioni, contenente la dichiarazione della sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente, ivi compreso il rispetto della normativa vigente in materia di contratti di lavoro. L’iscrizione nel Registro, nella sezione di competenza, avviene entro novanta giorni dal ricevimento dell’istanza, previo parere della Commissione competente, da fornirsi entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende come positivamente espresso. Il termine è sospeso quando si renda necessaria la richiesta di chiarimenti o integrazioni. L’istanza non integrata verrà rigettata. L’iscrizione al Registro costituisce presupposto ai fini della stipula di accordi e convenzioni, diversi dagli affidamenti in appalto, concessione ed accreditamento, con la Regione, gli enti locali e gli enti del settore regionale allargato, nonché per poter accedere ai contributi previsti dal presente Testo Unico. Con deliberazione della Giunta regionale saranno approvati, ai fini di semplificazione, appositi schemi tipo per l’istanza di iscrizione, il bilancio o rendiconto, l’autocertificazione ed il formulario predisposto per contenere ulteriori informazioni. Per ciascuna sezione del Registro regionale è istituita, presso la Regione, una Commissione composta da: a) l’Assessore competente con funzioni di Presidente o suo delegato; b) il dirigente della struttura regionale competente o suo delegato; c) tre membri, indicati dall’Organismo associativo unitario di rappresentanza, esperti nello specifico settore della sezione del Registro. Ciascuna Commissione, per quanto di sua competenza: a) esprime il proprio parere in merito alle istanze di iscrizione, modifica e cancellazione nel Registro regionale; b) predispone convenzioni-tipo da sottoporre agli enti interessati; c) promuove iniziative di studio e di ricerca ai fini della promozione e dello sviluppo delle attività del Terzo Settore, anche tramite

raccolta e aggiornamento di dati e documenti; d) elabora proposte da sottoporre all’approvazione della Giunta regionale; e) promuove iniziative finalizzate alla diffusione di notizie e informazioni relative al Terzo Settore, avvalendosi di strumenti anche telematici. Viene istituito presso la Regione Liguria il Coordinamento regionale con i comuni e il Terzo Settore, quale strumento di confronto in merito alla programmazione che abbia ricadute sul Terzo Settore. Viene inoltre previsto l’Organismo associativo unitario regionale e gli Organismi associativi unitari territoriali, con funzioni di rappresentanza dei soggetti del Terzo Settore e che sono consultati dalla Regione ai fini della partecipazione alla programmazione regionale, anche in materia di servizi alla persona. Ulteriori disposizioni intendono favorire la partecipazione del Terzo Settore alla programmazione regionale e all’attuazione dei servizi. In particolare, ai sensi del Piano Sociale Integrato Regionale, i Comuni, gli Ambiti e i Distretti sociosanitari, nonché le Aziende sanitarie locali, riconoscono il Terzo Settore quale soggetto che concorre alla programmazione e alla progettazione dei Piani e Programmi, nonché alla realizzazione degli interventi indicati nei piani stessi. Inoltre si impegnano ad adottare strumenti funzionali e innovativi di regolazione del rapporto di affidamento dei servizi alla persona, privilegiando, nel rispetto della normativa e dei principi nazionali e comunitari, i soggetti del Terzo Settore. Le Aziende sanitarie locali, inoltre, nell’ambito delle proprie funzioni, favoriscono e sostengono le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo nel loro volontario impegno nella funzione sanitaria e sociosanitaria. All’art. 28 del Testo Unico sono definite le azioni ed i patti per la valorizzazione e il sostegno della sussidiarietà orizzontale, con i quali la Regione intende implementare un modello di raccordo sussidiario con le organizzazioni non profit ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, riconoscendo, valorizzando e sostenendo l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e delle loro formazioni sociali. Le suddette azioni istituzionali nei confronti degli organismi non lucrativi si realizzano principalmente attraverso “patti di sussidiarietà” che si sostanziano in accordi di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 11 della Legge n. 241/1990. Previste anche azioni e patti sia per la facilitazione che per il sostegno dell’impegno dei privati senza finalità di profitto nell’esercizio della funzione sociale. Le azioni di facilitazione da parte della P.A. consistono in messa a disposizione di informazioni, instaurazione di flussi di comunicazione, coordinamento dei servizi e degli interventi sociali pubblici con quelli privati e ogni altra forma di agevolazione alle autonome iniziative non profit. Le azioni di sostegno consistono nella messa a disposizione, da parte della Regione e degli altri enti locali, di risorse economiche, organizzative e/o finanziarie a fronte dell’impegno a partecipare ai processi di co-progettazione dei servizi e degli interventi e/o alla loro autonoma realizzazione, anche in collaborazione con le organizzazioni pubbliche, nell’ambito della programmazione sociale locale. Per accedere al sostegno istituzionale, l’impegno partecipativo deve prevedere la messa a disposizione da parte dei privati senza finalità di profitto di risorse economiche, organizzative e/o finanziarie proprie e/o autonomamente reperite, nella percentuale minima del 30 % delle risorse complessive previste per la realizzazione del progetto. Diversi articoli, infine, disciplinano le forme di affidamento e di accreditamento nell’ambito dei servizi sociali. Vengono abrogate le Leggi regionali precedentemente in vigore in materia.

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LAVORO

Benefici fiscali per i lavoratori Detassazione: nel 2013 sarà più difficile applicarla per gli enti UNEBA

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on il D.p.c.m. del 22.01.13 è stato dato il via libera anche per il 2013 (per euro 900 milioni) e per il 2014 (per euro 400 milioni) alla detassazione a favore dei lavoratori dipendenti con reddito non superiore ad euro 40.000 annui lordi (precedente 2012 euro 30.000, anni precedenti euro 40.000) di una “retribuzione di produttività” erogata in esecuzione di contratti di lavoro sottoscritti al livello aziendale o territoriale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le RsA presenti in azienda. Come in precedenza, il beneficio fiscale consiste in una aliquota fissa del 10% Irpef e addizionali sulle erogazioni soggette a detassazione nel limite massimo di euro 2500 annui pro-capite (precedente 2012 euro 2500, anni precedenti euro 6000). Le condizioni tuttavia, prescindendo dalla stretta sugli importi procapite e sulle risorse rese disponibili, sono notevolmente cambiate a danno dei lavoratori.

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LA DETASSAZIONE NELLA FASE PRECEDENTE Una sintetica ricostruzione storica di questo beneficio fiscale. La detassazione fu introdotta come misura sperimentale per sostenere il reddito delle famiglie dalla L.93 del 27.05.2008 convertita in L.126/2008 e venne prorogata negli anni successivi ad opera di ulteriori interventi legislativi fino a tutto il 2012. Durante questo quadriennio, i lavoratori degli Enti Uneba, entro i limiti vigenti, hanno potuto fruire dello sconto fiscale grazie ad accordi sottoscritti al livello regionale ovvero, in difetto, al livello aziendale; in ogni caso applicando schemi standard ove si indicavano specificamente le voci retributive da considerare legate alla “produttività, qualità, redditività, innovazione ed efficienza organizzativa” (così venivano allora definiti dalla legge i parametri di riferimento). Peraltro in questa fase vi furono provvedimenti ministeriali che autorizzavano significativi margini di elasticità nell’individuazione della “produttività”. In particolare, le circolari n. 49 dell’11.07.2008 emessa congiuntamente dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero del Lavoro, la n. 59/E dell’Agenzia delle Entrate del 22.10.08, ed infine la n.3E dell’Agenzia delle Entrate del 14.2.11 avevano in pratica ampliato la platea delle voci retributive detassabili e confermato che le voci assoggettate ad aliquota agevolata potevano benissimo essere già previste da un Contratto collettivo nazionale e che non era affatto necessario che esse fossero innovative. Coerentemente gli Enti associati ad Uneba, in forza degli accordi sottoscritti anno per anno, applicavano la tariffa agevolata sullo straordinario, compenso per lavoro supplementare e per clausole elastiche e/o flessibili del lavoratore a tempo parziale, lavoro notturno e festivo sia ordinario che straordinario, compensi per reperibilità, ferie qualora monetizzabili, RoL residue monetizzate, liquidazione della Banca-Ore, richiami in servizio, salario accessorio per funzioni di coordinamento, ed infine tutti quei premi variabili legati ai risultati di qualità e produttività del lavoro, attuati in forza dell’art.5 del CCNL Uneba mediante la contrattazione regionale e/o aziendale.

LA NUOVA PRODUTTIVITA’ “CONFINDUSTRIALE” L’attuale D.p.c.m. ridefinisce la produttività in modo assai più “tecnico” e con chiara impronta confindustriale. Esso infatti, all’art.2, stabilisce che le voci retributive detassabili debbono scaturire da contratti territoriali o aziendali con espresso riferimento ad indicatori quantitativi di produttività – redditività – qualità – efficienza – innovazione, o in alternativa i contratti decentrati debbono prevedere l’attivazione di almeno una misura in almeno tre delle seguenti aree di intervento: 1. Ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli flessibili, anche in rapporto agli investimenti, all’innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati finalizzati ad un più efficiente utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli obiettivi di produttività convenuti mediante una programmazione mensile della qualità e della collocazione oraria della prestazione ; 2. Introduzione di una distribuzione flessibile delle ferie mediante una programmazione aziendale anche non continuativa delle giornate di ferie eccedenti le due settimane; 3. Adozione di misure volte a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l’attivazione di strumenti informatici, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative; 4. Attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze anche funzionali a processi di innovazione tecnologica. I nuovi parametri indubbiamente si calano tutti perfettamente nelle problematiche industriali ma, per gli Enti socio-assistenziali, essi costituiscono un rebus. Di certo non sono più detassabili le precedenti voci retributive, cioè gli straordinari,le indennità notturne e festive ecc. in quanto queste sono derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale, e quindi risultano di fatto incompatibili con la nuova normativa che postula una derivazione esclusiva dalla contrattazione decentrata, territoriale o aziendale. Peraltro gli Enti dovrebbero depositare gli accordi presso le Direzioni Territoriali del Lavoro accompagnandoli con autocertificazioni di conformità, il che porrebbe non indifferenti problemi di responsabilità. Laddove si escluda la detassabilità delle voci già presenti in bustapaga, non resta che l’ipotesi di “salario fresco”, individuato aziendalmente con collegamento a parametri di produttività autonomi e non suscettibili di una standardizzazione. Tuttavia, in presenza dell’attuale crisi economica, è assai più probabile che gli Enti tendano piuttosto a revocare, se possibile, erogazioni extra-tabellari che non ad introdurne di nuove, ed in ogni caso l’individuazione della produttività resterebbe interamente nelle loro mani. Restano a nostro avviso ancora detassabili le eventuali voci salariali tuttora presenti in busta-paga derivanti dalla contrattazione territoriale in forza dell’art.5 del CCNL Uneba, nelle sole regioni in cui ciò ebbe luogo alcuni anni fà (Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto), ovvero da preesistenti contratti aziendali autonomi purché coerenti con i nuovi parametri dettati dal D.p.c.m. del 22.1.2013. L. C.


COLPO D’ALA

Questa pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

Stagioni Prima che la mia anima mi consigliasse, dubitavo del valore del mio lavoro. Ora ho capito che gli alberi fioriscono in Primavera e fruttificano d’Estate senza cercare lodi; e le loro foglie cadono in Autunno e i loro rami restano spogli d’Inverno senza timore di biasimo.

K. Gibran, Pensieri e Meditazioni

Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale Direttore Responsabile: MAURIZIO GIORDANO Redazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303 e - mail: info@uneba.it - sito internet: www.uneba.org Autorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991 Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.it Stampa: Consorzio AGE Arti Grafiche Europa - Roma

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Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBA Finito di stampare nel marzo 2013


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