Nuova Proposta marzo aprile 2013

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

n. 3/4 - 2013 anno XXXIX Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC

lA CULTURA DEGLI AC…COLTi “Se il bambino si sente ascoltato, capito e accettato allora si sentirà anche amato e accetterà di comunicare”. G. A. Ferrari


Breve racconto da Catania U

n’oasi di pace, benessere, solidarietà. Ci piace pensare così del nostro Istituto, il CIRINO LA ROS A, che da oltre quarant’anni opera nel contesto difficile di San Giorgio a Catania: un quartiere periferico, con molti problemi legati alla disoccupazione, al disagio giovanile e non solo. Centinaia sono stati negli anni i ragazzi, sostenuti in un percorso di vita che, per via della carenza delle opportunità date dal contesto, di cui è spesso colpevole l’assenza delle istituzioni, ha delegato agli istituti educativo assistenziali il compito di educare generazioni di ragazzi. Un compito che negli ultimi anni è divenuto sempre più difficile. La Fondazione Cirino La Rosa O.N.L.U.S. nasce su iniziativa delle Suore di Gesù Redentore che pur di non chiudere l’Istituto costruito in un quartiere periferico e molto difficile della città di Catania hanno proposto a un gruppo di lavoratori dell’Istituto di assumerne la costituzione e la gestione, divenute realtà nel maggio 2004. La Fondazione attualmente ha al suo interno una sezione di scuola dell’infanzia paritaria e cinque classi di scuola primaria e offre un servizio di semiconvitto, con frequenza di scuola interna, a 58 minori assistiti dall’amministrazione comunale; a questi si debbono aggiungere 78 minori che frequentano le scuole pubbliche esterne supportati da un servizio di trasporto. Tali allievi fruiscono del pranzo e di servizi di attività extrascolastica. Ai minori già indicati ne vanno aggiunti una ventina che usufruiscono di voucher per le attività pomeridiane; quest’ultima modalità di servizio viene utilizzata da circa due anni con risultati per nulla confacenti alle esigenze dei nostri minori e delle loro famiglie, ma i tagli imposti dall’amministrazione ci hanno imposto di dare un servizio parziale e insufficiente a fronte del nulla, creando così ancora più disagi e sperpero di risorse pubbliche in favore di un “assistenzialismo” che da tempo lo Stato dice di voler combattere. Il personale impiegato a vario titolo presso la Fondazione è formato da 40 persone. Quest’anno, pur di mantenere ancora la scuola primaria, è stato sottoscritto un patto di solidarietà che vede ridotto lo stipendio e le ore lavorative a tutti i lavoratori pur di evitare il licenziamento di 14 unità appartenenti al settore scuola.

Nella Regione Sicilia attualmente è in vigore la legge 22/86 in materia di servizi sociali alla persona che, sebbene la maggior parte degli amministratori si ostinano a definire “vecchia”, di fatto stabilisce fin dal lontano 1986 ciò che la cosidetta Legge quadro 328/2000 ha partorito a distanza di 14 anni, dando centralità alla persona, al minore, al disabile, all’anziano ecc. Fin da allora i vari enti impegnati nel sociale hanno dovuto adeguarsi a degli standard strutturali e organizzativi che garantissero, quanto meno, un minimo di servizi stabiliti. Dani el a Maurel Fondazione Cirino La Rosa O.N.L.U.S. In copertina: Istituto Educativo Assistenziale La fondazione “ Cirino La istcirinolarosa@virgilio.it Rosa” svolge attività educative e assistenziali a favore di minori (fino a n. 250, come da decreto regionale) in età compresa tra i 3 e i 18 anni. Oltre ad accogliere i minori in regime semiresidenziale con retta a carico dell’ Amministrazione di Catania, ha al suo interno le scuole paritarie dell’infanzia e primaria e il centro socio- educativo “Cirino La Rosa”; inoltre espleta il servizio di assistenza domiciliare.

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I disegni all’interno di questo numero sono tratti da: Antonio Stasolla -” LA LEGGEREZZA DI ESSERE BAMBINI” AIFO - Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau

SOMMARIO 2 3 6 10 12 14 17 19 23 24

Breve racconto da Catania Futuro in do diesis Difficile vederli, difficile raggiungerli Allontanare è un mezzo... non un fine Azzardopoli SOS disabilità 2013: Anno europeo dei cittadini Norme giuridiche e Giurisprudenza Quote adesione UNEBA anno 2013 Colpo d’ala


MINORI

Futuro in do diesis a cura di G. Paolo Manganozzi

Il futuro di cui vogliamo parlare è quello dei bambini. Ecco perché più che di un simbolo di comunicazione sociale, quello adottato da Save the Children per la propria ricerca ci è sembrato un diesis, cioè un amplificatore dei toni delle note musicali, da assumere come simbolo per rafforzare il nostro dovere di allontanare dal futuro dei bambini “l’ombra dell’apocalisse”. Dal rapporto di Save the Children Italia (v. Volturno 58, 00185 Roma – www. savethechildren.it) estraiamo alcuni dati, tra i molti possibili, che gli educatori (nella famiglia, nella scuola, nelle associazioni…) possono cogliere come stimolo per solleciti interventi operativi.

L’Atlante dell’Infanzia a rischio

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ealizzato da S ave the C hildren, anche quest’anno ha il merito di porci di fronte ai rischi che comporta per il futuro del nostro P aese la negazione

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dei diritti, anche quelli più elementari, dei bambini e degli adolescenti. L’Atlante non si limita alla disamina dell’oggi, ma ci proietta nel futuro, indicandoci il declino sul quale rischiamo di scivolare nei prossimi decenni. Prendendo spunto dal Prequel dell’Atlante “I bambini e l’Apocalisse”, mi ritorna in mente un film della mia gioventù, “Terminator” di James Cameron. E’come se Save the Children ci chiedesse di diventare tutti come il padre di John Connor che ritorna dal futuro per impedire alla perfida macchina Terminator Schwarzenegger di uccidere il figlio che salverà il futuro dell’umanità. Certo, leggendo l’Atlante, non dovremmo neanche dare per scontato che John Connor verrà al mondo, visto che nel futuro si faranno sempre meno figli e le donne avranno sempre meno servizi a loro favore. Inoltre, visti, i tassi di natalità, se fosse figlio di immigrati nato in Italia ma non cittadino italiano potrebbe ricevere al massimo un plauso e un riconoscimento onorifico ma non la nazionalità, poiché la sua richiesta, qualora avesse soddisfatto i requisiti, sarà comunque sommersa sotto un cumulo di pratiche non evase.


MINORI

Cerchiamo però di essere ottimisti e pensare che John Connor (che saremmo noi) riuscirà a invertire la tendenza e salvare l’Italia! Certo, sarà un’impresa difficile, considerando che per ogni neonato che viene al mondo lo stato ha un debito di 3,5 milioni di Euro e che esso significa meno servizi per il bimbo e meno libertà di scelta per i genitori. Ma anche questo dato include una sperequazione: se sei nato in alcune regioni del Nord Italia puoi contare su un livello di spesa per l’area famiglia – minori otto volte più consistente rispetto ad alcune regioni del Sud. Inoltre, se sei uno dei 720.000 minori che vivono in condizioni di povertà assoluta, hai più probabilità di interrompere il tuo percorso scolastico e di ingrossare le file della disoccupazione. In altre parole, le tue condizioni di nascita determineranno la tua intera esistenza. Solo politiche mirate a favore dell’infanzia potranno invertire questo trend. Save the Children ci offre un valido strumento per riflettere e ci chiede di agire presto, prima che arrivi un futuro che speriamo rimanga solo fantascienza. Vi ncenzo S padafora Autorità Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza

Consumo di futuro

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’indice del consumo di futuro corre parallelo alla crisi economica, al debito pubblico, alla disoccupazione giovanile, alla scarsità di asili nido, alla miseria della spesa sociale per l’infanzia in alcune aree del paese, alla mancanza di una politica per l’infanzia nazionale e organica, alla pochezza del sostegno pubblico alle famiglie giovani, alla violenza domestica assistita dai bambini. Consumo di futuro sono le aule fatiscenti di tante scuole italiane, l’età media dei docenti, il ritardo con cui si cerca di porre rimedio alla dispersione scolastica. Consumo di futuro è il progredire inarrestabile della cementificazione, il veleno dei grandi impianti industriali edificati a ridosso dei centri

abitati, l’incapacità di costruire città a misura di bambino, la lentezza con cui le amministrazioni comunali realizzano piste ciclabili ne isole pedonali …Fra meno di vent’anni, la popolazione anziana passerà da 13 a 16 milioni, 10 in età da lavoro dovranno farsi carico di oltre 63 inattive, per oltre due terzi anziane, e nei decenni successivi i bambini e i ragazzi che crescono oggi dovranno sostenere una situazione di sempre maggior squilibrio generazionale. Val eri o Neri Direttore Generale di Save the Children Italia


MINORI

Un tentativo di sintesi in quattro asterischi * 720. 000 BAMBINI IN POVERTA’ AS S OLUTA Nel 2011 le rilevazioni Istat mostrano tra i minori un incremento della povertà assoluta (assenza di beni e servizi essenziali per uno standard di vita minimo), dovuto al peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie: tali minori, rispetto al 2010, risultano oltre 720.000 (7%). Le famiglie con bambini in questa situazione raggiungono le 440.000 unità (sempre nello stesso periodo) e il divario all’interno della povertà assoluta è in aumento tra le famiglie con bambini. * 1. 800. 000 BAMBINI VERTA’ RELATIVA

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I minori che vivono in famiglie con capacità di spesa per consumi inferiore alla media nazionale sono 1.800.000 (dato Istat): 17,6% di tutti i bambini e ragazzi italiani presenti nelle famiglie nazionali. Tali dati sono pressoché invariati, anche rispetto agli scarti molto elevati che si registrano nel Mezzogiorno; particolarmente in Puglia, Calabria e Sicilia. * EUROPA: MINORI A RIS CHIO DI POVERTA’ Nella maggioranza dei Paesi europei (le eccezioni riguardano soprattutto la Scandinavia e la Slovenia) i minori sono più esposti al “rischio di povertà” calcolato (elaborazione dati Eurostat Anno 2010) in base al reddito (non ai consumi) e rispetto al totale degli abitanti per Paese. Lo svantaggio risulta più sensibile in Romania, Slovacchia, Ungheria e Rep. Ceca; l’Italia si colloca ai primi posti della classifica negativa: 24,7% di bambini e ragazzi in famiglie a basso reddito (Danimarca 10,9%). * ABBANDONI S COLAS TICI

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Abbandoni, interruzioni, frequenze irregolari, ripetenze, ritardi, ritiri infettano il mondo dell’istruzione, e quindi dello sviluppo e della costruzione di futuro. Con il 18,2% di abbandono precoce degli studi, l’Italia resta lontana dall’obiettivo europeo del 10% fissato per il 2020.

Nel 2011 (dato Istat) solo il Trentino AA è riuscito a scendere sotto tale soglia; diverse Regioni vi sono comunque prossime. Inaspettati i ritardi di Lombardia e Toscana (superiori ai 7 punti) e preoccupanti quelli di altre Regioni –particolarmente Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Campania – con scarti dal target di 12-15 punti e – nelle tre del Sud- con 1 giovane su 4 senza diploma di scuola superiore e non più in formazione.

Niños de rua brasiliani Nigni de rua -se sa da li giornaliso’ rigazzini che nun hanno casa e vivono pe’ strada, sempre invasa da ‘na miseria che nun tie’ l’uguali. De giorno in giorno inventeno la vita strolicanno ogni sorta d’espediente capace d’opri’ er muro de la ggente. Ma c’è chi la vorrebbe fa’ funita co’ l’uso d’un fucile a cannocchiale che spari su ‘sto sciame de monelli; anzi, pe’ fa’ le cose ar naturale je metterebbe l’ali fatte a velo: così c’ha l’impressione che so’ ucelli o che ponno ariva’ più presto in cielo. G. Paol o Manganozzi

Nel 1994 i giornali insistettero sulla notizia dei “ragazzi di strada” brasiliani uccisi a colpi di fucile, come in un gioco allucinante, perché la loro vita randagia e chiassosa recava disturbo alla crassa quiete di persone (?) adagiate nelle oasi tranquille del benessere economico. La violenza sui ragazzi non è solo quella inconcepibile - sparata dai fucili. Si chiama anche furto lento di futuro.


MINORI

Difficile vederli, difficile raggiungerli a cura di GP.M.

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’ il titolo del seminario sui diritti dei bambini e degli adolescenti, svoltosi a Padova nello scorso mese di dicembre. Promotrice dell’iniziativa è stata l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follerean (AIFO), con il patrocinio dello stesso comune di Padova e della AULSS 16 e con il parternariato di Fondazione Emanuela Zancan, Agenzia Tutela Minori, Comitato provinciale Unicef, tutti della stessa città. Il seminario ha fornito ai partecipanti l’occasione di affinare la sensibilita’ su bambini e adolescenti e di intravedere come essi vivono nel mondo e nella città, di comunicare esperienze e di conoscere diverse iniziative a tutela dei diritti dell’infanzia (si veda il ruolo del garante per l’infanzia), di sollecitare gli

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impegni, come quello proposto dall’Unicef ai Comuni, di dare la cittadinanza onoraria ai bambini stranieri nati e cresciuti in Italia . Il seminario è stato: • un momento importante per riavviare un processo di formazione allargata finalizzato a rafforzare la consapevolezza dei diritti negli stessi bambini, nelle famiglie, nelle scuole, nella comunita’ e nella citta’ affinche’ sia “madre” per i minori che in essa vivono e crescono, facilitando l’integrazione educativa e intergenerazionale; • un momento per rafforzare l’impegno di tutti i soggetti, istituzionali e non, per la promozione dei diritti, la previsione di contesti positivi per la crescita e lo sviluppo dell’ infanzia, la partecipazione at-


MINORI

tiva di bambini e adolescenti a tutte le questioni che li riguardano, in un clima di fiducia nelle loro possibilita’ e nelle capacita’ di sperimentare legami solidali in un sistema inclusivo di scambio e di reciprocita’ solidale; • una nuova opportunita’ per ricercare e sostenere la collaborazione tra persone, grup-

pi e agenzie (famiglia, scuola, istituzioni pubbliche e organizzazioni private) non solo per fare fronte alla carenza di risorse, ma per valorizzare le energie e le sinergie possibili a sostegno della crescita e dello sviluppo armonico dei bambini e degli adolescenti, principali protagonisti dello sviluppo umano complessivo.

Diseguaglianze Giuridiche

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lle evi denti di seguagl i anze deri vanti da si tuazi oni economi che se ne aggiungono altre, molte delle quali con recente legge sembrano superate (almeno in linea di principio). Solo un cenno: - figli legittimi e figli non ritenuti tali; - situazioni con tutela limitata, come quelle dei figli da coppie non sposate; - figli adottivi che non hanno il riconoscimento di parentela collaterale; - figli degli immigrati nati in Italia ai quali non è riconosciuta la cittadinanza italiana. Occorre precisare che lo scorso 27 novembre alcune di queste situazioni hanno trovato una

risposta con l’approvazione da parte del Parlamento della proposta di legge recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”. Tale normativa equi para i fi gl i natural i e quel l i adotti vi ai fi gl i l egi tti mi , ma non ri sol ve i l probl ema del l a ci ttadi nanza ai fi gl i degl i i mmi grati nati i n Ital i a. Inoltre, sono previsti in materia, entro un anno, decreti attuativi da parte del Governo e questo potrebbe portare a qualche “distinguo” o a interpretazioni limitative, a seconda di chi è chiamato ad applicare la legge. Gi ovanni S antone

“Pathos ed Ethos dell’infanzia”

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i sono domandato spesso che cosa si aspettano i bambini da noi adulti. Mi sono risposto che l’infanzia è un pathos e dunque i bambini ci chiedono innanzitutto di entrare nel loro modo di sentire e vivere il mondo. Mi son anche detto che l’infanzia è un ethos e i bambini ci chiamano ad assumere una prospettiva etica da cui guardare e concepire il mondo. I bambini ci chiedono di esserci, davanti ai loro bisogni di base, per poter costruire un fondamento fiducioso nella vita; ci chiedono di esserci in atteggiamento di ascolto e di testimonianza vitale; ci chiedono di esserci con costanza e continuità, consapevoli della nostra generatività. Il filosofo Roberto Mancini, riflettendo sugli esperimenti con la verità di Gandhi (nel testo “L’amore politico”), ha svolto profonde considerazioni sull’infanzia. “Bambina o bambino sono termini che alludono a chi, anzitutto nella sua infanzia biografica, ma poi anche oltre questa stagione, esiste in una tendenziale apertura emotiva e in una aperta confidenza con il mondo, compreso il mondo dell’invisibile, nella disponibilità, relativamente spontanea, a vivere d’amore. La bam-

bina e il bambino incarnano un modo d’essere leale con la vita, confidente, sognante, proiettato più alla creazione che alla distruzione. E se anche essi possono comportarsi in maniera crudele e distruttiva, ciò accade solo per reazione a ferite subite o per l’ignoranza del dolore altrui mantenuta dalla mancata prossimità educativa di adulti che avrebbero potuto affinare la sensibilità di chi muove i suoi primi passi nel mondo”. In Occidente, per millenni il bambino è stato una creatura senza dimora. Una creatura anonima, ignorata dagli adulti, sottoposta a severe punizioni corporali, all’abbandono o ad abusi di ogni genere. E’ stata la modernità a scoprire l’infanzia. La nuova società industriale le ha dato valore perché aveva bisogno di formare individui idonei alla produzione e al mercato. L’attuale dinamica demografica, però, ne sta ridimensionando molto la presenza e in parte anche il significato. Nel resto del mondo le popolazioni, specie le africane, sono giovani. Ma qui il tempo dell’infanzia è spesso amaro e derubato brutalmente da bisogni di mera sopravvivenza. I


MINORI

bambini non abitano davvero il luogo natale. Sono usati nelle guerre, in lavori disumani, in attività sessuali perverse. Muoiono di malaria, tubercolosi, AIDS. Malattie infettive per noi non più temibili, come il tetano, il morbillo e la pertosse, uccidono un milione di bambini l’anno. I rotavirus dell’enterite, attraverso la diarrea e il vomito, ne portano a morte per disidratazione un altro mezzo milione. I bambini vivono in un mondo fatto spesso di favole tristi, di orchi e di streghe in panni moderni. Ripenso alla foto di quell’ometto attonito, a mani alzate davanti ai nazisti nel ghetto di Varsavia. Ripenso alle scarpette dei bambini della Shoah, ammassate orribilmente, a Yad Vashem, il museo dell’olocausto di Gerusalemme. I bambini del mondo fuggono dalla guerra. Ho sempre in mente la foto della bambina nuda e urlante che scappa da un villaggio vietnamita bombardato dagli americani con il napalm. A volte la fanno, la guerra. Come gli ex bambini soldato che ho incrociato in Liberia nel 2005, ancora ebbri di violenza. O come altri bambini di guerra, curati per gli incubi del disturbo postraumatico da stress o le convulsioni nel progetto AIFO a Goma, nella Repubblica democratica del Congo. I bambini del mondo sono troppo spesso affamati, a mani protese, con gli occhi esorbitanti, gli addomi enfiati, oppure appesi al seno prosciugato delle madri, tragiche Madonne nere col bambino del mondo crocifisso. Vi sono bambini nel mondo vagolanti nelle strade, venduti, ridotti in schiavitù. Al lavoro troppo presto, ad impastar mattoni, a zappare campi, a fabbricare palloni con cui non giocheranno mai. Come il pakistano Iqbal Masih, ucciso a fucilate, a dodici anni, il giorno di Pasqua del 1995, dalla mafia dei tappeti che aveva paura delle parole di un ragazzino. Una ribellione, quella di Iqbal, in nome di 200 milioni di bambini sfruttati sul lavoro e di 120 milioni di bambini che non sono mai andati a scuola.

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Tantissimi sono nel mondo i bambini con disabilità, colpiti da ogni minorazione, difetto o mutilazione possibile. Si portano appresso sorridendo un dolore muto, un destino cieco, un numero sbagliato della lotteria della vita. Come i piccoli degli slum di Alessandria d’Egitto e di Bangalore in India, aiutati ad integrarsi nella comunità dai volontari locali sostenuti dall’AIFO.

Vi sono, anche, bambini nel mondo colpiti dalla lebbra. Non tanti, guaribili, ma indice di allarme nella situazione epidemiologica di un territorio o di uno Stato e annuncio di probabili storie di emarginazione ed esclusione sociale. Come indicato da alcuni degli otto Obiettivi del millennio proclamati dall’ONU nel 2000, e che peraltro nel 2015 non verranno pienamente raggiunti, un legame inscindibile unisce due gruppi vulnerabili: i bambini e le loro madri. In Cina e in India sono ancora frequenti pratiche come l’aborto selettivo e l’infanticidio, in genere delle bambine. Nell’Africa sub sahariana sono 12 milioni gli orfani per l’AIDS e una donna su sedici muore di parto (una su 4000 nei paesi occidentali). Il neonato orfano, a sua volta, ha un rischio di morte elevato. E ogni anno circa 14 milioni di adolescenti tra i 14 e i 19 anni partoriscono bambini in condizioni di alto rischio sanitario e sociale. Se le donne potessero avere più potere decisionale, crescerebbero con maggior probabilità figli in buona salute e offrirebbero loro un’istruzione di base. Ci vorrebbe un Consiglio Comunale dei Bambini in ogni città o villaggio del mondo, ad esempio come il vivace gruppo, riconosciuto dalla comunità locale, che ho incontrato anni fa nella pianura del Terai nel profondo Nepal, per difenderne i diritti e far risuonare le parole del poeta libanese Gibran: “I vostri figli non sono i vostri figli, sono i figli e le figlie della Vita che ha fame di se stessa, vengono attraverso di voi ma non da voi”. “Possiamo rendere il mondo abitabile dai bambini e dalla loro festosità. Far sì che in ogni parte del mondo i bambini si sentano a casa. I bambini del mondo, di questo mondo ancora profondamente ingiusto verso di loro, ridono, corrono, scherzano, cantano, ballano, creano scompiglio come Gian Burrasca o ironizzano come Mafalda. Sembra che aspettino il lieto fine dei racconti degli adulti. O, forse, grazie alla loro meravigliosa forza di resilienza, più semplicemente resistono agli orrori umani”. Dice ancora Mancini: “La bambina e il bambino sono vulnerabili alla violenza e all’incuria, eppure, nonostante il negativo che possono sperimentare, sono disposti a vedere il senso del viaggio della vita, come orizzonte direzione e valore della realtà, il senso vivente nelle persone, nelle creature, il loro valore incarnato. E, crescendo, possono smasche-


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rare le deformazioni, le menzogne e gli autoinganni di quanti si adattano ad una vita senza amore”. E allora, noi adulti? Continueremo a pensare solo ai “nostri” figli, o cercheremo di farci genitori globali, come Madeleine e Raoul Fol-

lereau? Impegnandoci a salvare i bambini del mondo forse salveremo anche il bambino che una volta siamo stati, come ci ricorda l’esergo del Piccolo Principe, e che è ancora dentro di noi. Franco Col i zzi Consigliere Nazionale AIFO

I bambini al primo posto

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gni giorno i mass media ci mettono al corrente, anche in forma spettacolare, di avvenimenti che richiamano le coscienze ad una riflessione profonda sui principi, valori e condizioni di rispetto della dignità e dei diritti delle persone. Quando ciò riguarda i bambini, le emozioni si associano all’indignazione e alla protesta più o meno urlata sui diritti violati dell’infanzia. Ci si interroga sui vissuti dei bambini maltrattati o abusati, perché viene infranto il sogno di un’infanzia felice e ancora di più sugli autori, che hanno messo in atto concretamente le azioni lesive della dignità del bambino come persona con pieni diritti. Si scopre così, che gli adulti, che hanno il compito e dovere di garantire la crescita e lo sviluppo armonioso del bambino operano per difenderlo con modalità che contrastano violentemente con il rispetto della sua dignità, identità e personalità in nome di un malinteso concetto della giustizia e di un bene ideale, che rischia di infrangere per sempre i sogni e il desiderio di ogni bambino di vivere libero e felice. La famiglia, la scuola, i servizi sociali e sanitari hanno chiaro il significato dell’interesse prioritario del bambino in tutte le questioni che lo riguardano? Sanno che i bambini oltre ad essere amati e rispettati hanno il diritto di essere sempre ascoltati e di essere sostenuti in modo adeguato per esprimere liberamente ciò che pensano e che desiderano? Quale ruolo assume la scuola per la protezione dei bambini oltre che sulla loro educazione? Quando la violazione dei diritti del bambino arriva, si resta profondamente disorientati e piuttosto che affrontare in modo serio e responsabile la questione si cerca un capro espiatorio nei genitori in situazione conflittuale, nei servizi sociali, nelle disposizioni dei giudici e nelle forze dell’ordine che cercano di applicare maldestramente tali disposizioni. Persino il Governo interviene per salvaguardare attraverso il bambino maltrattato il nome di un Paese che piuttosto che impegnarsi a promuovere efficaci politiche per l’infanzia e la famiglia, fa tanta retorica e visite dei parlamentari a chi ha subito il torto senza un con-

creto impegno a prevenirlo per altri. Si sa che i bambini più fragili e bisognosi sono quelli che subiscono la maggior violazione dei loro diritti, ma questo non fa spettacolo, non accende i riflettori e richiede un impegno quotidiano nei luoghi più intimi e nascosti della vita familiare e nei luoghi più significativi della comunità, dove vengono effettuate le scelte istituzionali rappresentative di una società che abbia nella mente e nel cuore i bambini e non aspetti le riprese televisive per rendersene conto. Francesca S uccu

Viaggio intorno alla “Convenzione sui diritti dell’infanzia”

Antonio Stasolla LA LEGGEREZZA DI ESSERE BAMBINI AIFO - Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, Sez. di Agna (PD) Consigliamo agli educatori la richiesta del testo


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Allontanare è un mezzo… non un fine di Cristina Picciolo

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i è svolta giovedì 22 novembre 2012, a Roma, la conferenza stampa di presentazione di due progetti promossi dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali legati all’Affido e all’Accoglienza in comunità di bambine, bambini, ragazze e ragazzi temporaneamente allontanati dalla famiglia di origine. Si tratta dell’indagine “Bam bi ne e Bam bi ni t em poraneam ent e fuori dal l a fam i gl i a di ori gi ne – A ffi dam ent i fam i l i ari e col l ocam ent i i n com uni t à” e delle “Li nee di Indi ri zzo per l ’affi dam ent o fam i l i are”. Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali ha tenuto a sottolineare che l’incontro è stato volutamente collocato a pochi giorni di distanza dalla Giornata Mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre) proprio perché quando si parla di affido familiare e di collocamento in comunità di un minore “il punto cruciale da prendere in considerazione è quello che viene definito il supremo interesse del bambino”.

ALCUNI DATI SULL’AFFIDAMENTO

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Ecco, in sintesi, i dati emersi dall’indagine. Al 31 dicembre 2010 i minori fuori dalla famiglia di origine accolti nelle famiglie affidatarie e nelle comunità sono 29.309. Si tratta di poco meno di 3 bambini e ragazzi di 0 -17 anni ogni 1.000 coetanei. L’obiettivo dell’indagine, ha dichiarato il sottosegretario “è favorire una conoscenza più ampia e puntuale del fenomeno, al fine di programmare politiche di settore sempre più appropriate”. Rispetto ai dati rilevati nel 1998 e nel 1999, il numero delle accoglienze in famiglia è cresciuto, a causa dell’aumento del ricorso all’affido. Rimane stabile, invece, il collocamento dei minori nelle comunità. Negli ultimi 11 anni il fenomeno è cresciuto del 24% ovvero da 23.636 soggetti si è passati a 29.309 e la parte di incremento è relativa esclusivamente al ricorso all’affidamento fa-

miliare: i collocamenti in comunità sono rimasti pressoché uguali, il numero di inserimenti in famiglia è aumentato del 42%. I bambini e i ragazzi temporaneamente fuori dalla loro famiglia d’origine, infatti, possono trovare accoglienza, secondo la normativa, in due grandi categorie di luoghi sociali: le famiglie affidatarie e le comunità residenziali familiari o a carattere familiare. Gli aspetti distintivi di questi luoghi sono definiti in ambito regionale da specifiche norme e tipologie.

MINORI STRANIERI La ricerca, realizzata, per conto del Ministero, dall’Istituto degli Innocenti di Firenze, traccia un quadro del fenomeno dei minori fuori famiglia che tocca diversi aspetti: le principali caratteristiche degli accolti, la presenza straniera e la specificità dei minori stranieri non accompagnati, le motivazioni alla base dell’accoglienza, i rapporti tra figli e genitori, le vie di accesso all’affido e alla comunità, i periodi di permanenza degli accolti, le principali differenze regionali. La presenza straniera sul totale dei bambini e dei ragazzi fuori dalla propria famiglia è cresciuta in maniera considerevole, passando da poco meno del 10% del 1998 al 22% del 2010 e in alcune regioni questo fenomeno risulta essere particolarmente rilevante: Emilia Romagna (38%), Toscana (35%), Provincia di Trento (31%), Veneto (31%) e Marche (31%). All’interno del numero di stranieri accolti, il 22% è rappresentato da minori non accompagnati, quasi tutti adolescenti, accolti prevalentemente (88%) in strutture residenziali. I minori non accompagnati rappresentano il 4% di tutti i minori “fuori” dalla famiglia. Complessivamente la percentuale degli stranieri presenti a fine 2010 nelle comunità di accoglienza è pari al 27%, mentre negli affidi è pari al 16%.

VERIFICHE SUI “PERCHE’” Rispetto alle motivazioni alla base dell’accoglienza: il 37% dei bambini viene


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allontanato per inadeguatezza genitoriale; il 9% per problemi di “dipendenza” di uno o entrambi i genitori; il 7% per maltrattamenti e incuria; il 6 per problemi sanitari di uno o entrambi i genitori. Un dato particolarmente significativo è che i minori accolti non sono orfani (lo è solo l’1%), né figli di genitori ignoti (1%) o figli in presunto stato di abbandono (4%) ma hanno tutti una loro famiglia o almeno un genitore; spesso, inoltre, l’accoglienza riguarda più fratelli e sorelle: il 53% dei bambini censiti dalla ricerca ha uno o più fratelli o sorelle accolti. “L’allontanamento è un mezzo e non un fine” – queste le parole del sottosegretario Guerra durante la Conferenza Stampa, e quindi essere fuori famiglia non implica e non deve implicare necessariamente la recisione dei rapporti e dei contatti tra figli e genitori. La ricerca, infatti, mette in luce «una trama abbastanza sostenuta di contatti e di visite tra genitori e figli», soprattutto per i minori in comunità: il 74 per cento dei bambini incontra periodicamente uno dei genitori (soprattutto la madre) tutte o quasi le settimane; il 42 per cento rientra a casa propria il fine settimana oppure secondo altre modalità concordate; e anche nel caso di affidamento ad altri nuclei familiari, il 60 per cento dei bambini in questa situazione incontra almeno uno dei genitori tutte o quasi tutte le settimane. Dalla ricerca emergono, inoltre, marcate differenze territoriali tra le diverse regioni nel ricorso all’affido e al collocamento in comunità. La Sardegna, la Toscana, la Liguria e il Piemonte le regioni in cui si ricorre in misura maggiore all’affido, mentre l’Abruzzo, il Molise e la Provincia autonoma di Trento sono le regioni in cui si ricorre principalmente al collocamento in comunità. Queste diversità territoriali, si spiega nel rapporto, «possono essere riconducibili all’effettiva offerta territoriale dei servizi di accoglienza, ma anche alle condizioni organizzative e operative del servizio sociale pubblico, delle culture dell’accoglienza esistenti in ciascun territorio». Due, infine, le principali motivazioni della conclusione dell’accoglienza: il rientro nella famiglia di origine (34%) e il passaggio a un’altra accoglienza (34%). Il 7 per cento trova sistemazione all’interno di una famiglia adottiva attraverso il collocamento in affidamento preadottivo, mentre l’8 per cento raggiunge la vita autonoma e

il restante 17 per cento è riconducibile a situazioni diversificate.

ANCORA SULL’AFFIDAMENTO L’altra iniziativa del Ministero illustrata nel corso della stessa conferenza stampa - l e Li nee-gui da per l ’affi damento fami l i are – è stata presentata come lo strumento nato con il fine di «indirizzare, sostenere e disciplinare l’affidamento come modalità, condivisa e omogenea a livello nazionale, di tutela, protezione e intervento in favore del minore» e destinato principalmente ai decisori e agli amministratori. In sostanza si tratta di una serie di raccomandazioni (realizzabili attraverso interventiazioni) che hanno l’obiettivo di guidare le amministrazioni locali nelle scelte operative in merito all’affido. Queste le raccomandazioni contenute nel documento: 1. considerare l’affidamento familiare, nelle sue diverse forme, uno strumento privilegiato per prevenire l’allontanamento di un bambino dalla propria famiglia; 2. assumere come politiche prioritarie per gli interventi di accoglienza quelle della promozione e sostegno delle diverse forme di affidamento familiare; 3. chiamare le associazioni e le reti di famiglie affidatarie a partecipare, in integrazione con le istituzioni pubbliche, alla realizzazione di progetti specifici in tema di accoglienza familiare e diritti dei bambini; 4. individuare a livello regionale, di concerto tra Regione e Ufficio Scolastico regionale e in collaborazione con le associazioni, percorsi condivisi sul tema dell’inserimento scolastico dei bambini che vivono percorsi di protezione e tutela; 5. valorizzare il ruolo e l’apporto della scuola per favorire l’inclusione sociale del bambino che vive l’esperienza dell’affidamento familiare; 6. attivare e mantenere contatti e collaborazioni fra l’équipe territoriale sociale e le competenti strutture scolastiche e favorire il rapporto tra queste e gli affidatari. Le Linee guida s’inseriscono nel progetto nazionale “Un percorso nell’affido”, avviato nel 2008 dal Ministero in collaborazione con il Coordinamento nazionale servizi affido, il Dipartimento per le politiche della famiglia, il Centro nazionale e altri soggetti. E’ interessante e al contempo incoraggiante notare come esse contengano vere e proprie raccomandazioni tecnico-politiche finalizzate a promuovere e sostenere l’affidamento come strumento unicamente rivolto alla tutela e protezione del bambino, considerando fondamentale per il suo benessere la collaborazione reale, costante e continuativa tra la scuola, le reti familiari, le associazioni e le istituzioni.


ATTUALITA’

Azzardopoli di Antonella Patete

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lot machine, poker on line, gratta e vinci: apparentemente un modo innocente per tentare la fortuna, in realtà una trappola insidiosa che in tempo di crisi miete sempre più vittime. Risulta chiaro dai dati dei Monopoli di Stato, che delineano un quadro allarmante: nei primi dieci mesi del 2012 gli italiani si sono giocati in media 1.457 euro a testa, più di uno stipendio medio, quasi tre volte una pensione minima. Che vuol dire una spesa totale per il gioco d’azzardo pari a 70,2 miliardi di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente del 13%. Un fenomeno di massa che secondo la campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo “Mettiamoci in gioco”, interessa una platea di giocatori sempre più ampia, ma fa l ev a s o prattutto tra l e pers o ne frag i l i o i n di ffi co l tà, invitate ad affidarsi alla fortuna per cambiare il corso della propria vita: secondo l’Eurispes il 47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso e il 66% dei disoccupati. Sempre secondo la campagna i giocatori patologici sarebbero intorno al 2% del totale di chi tenta la sorte. Con costi sociali e sanitari tutt’altro che trascurabili: tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro l’anno, se si mettono insieme le spese dirette come il ricorso al medico e le cure specialistiche per la dipendenza, e le spese indirette come la perdita di performance lavorativa e i problemi che ricadono sui familiari delle vittime del gioco. Per non parlare di costi difficilmente stimabili, che riguardano l’aggravarsi di fenomeni sociali rilevanti: il ricorso all’usura, il peggioramento delle condizioni delle persone più fragili e povere maggiormente esposte alla seduzione di slot e biglietti della lotteria, l’incremento delle separazioni e dei divorzi, un aumento impressionante di giocatori tra i minorenni.

METTIAMOCI IN GIOCO

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Per questo la campagna “Mettiamoci in gioco” – nata a giugno 2012 e formata da 21 organizzazioni diverse (Acli, Adusbef, Alea, Anci, Anteas, Ar-

ci, Auser, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Federconsumatori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fondazione Pime, Gruppo Abele, InterCeard, Libera, Uisp) – ha deciso di lanciare la sua offensiva contro una pratica vietata dal codice penale, ma nei fatti legalizzata dalla progressiva legislazione in deroga che, da metà degli anni Novanta a oggi, ha portato a una situazione a dir poco paradossale. Perché se nel nostro Paese viene punita una scommessa tra amici, risulta legale l’enorme fatturato ricavato da lotterie, slot machines, scommesse e giochi d’azzardo di varia natura che, negli ultimi anni, sono stati immessi sul mercato a un ritmo sempre piùfrenetico. «Le spese per il gioco continuano ad aumentare mentre, di contro, diminuiscono le entrate per l’erario – spiega Matteo Iori, presidente del Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo (Conagga) –. L’Italia è uno dei Paesi che ha il record mondiale di spesa rispetto al gioco». La campagna stima, infatti, che nel 2012 il business dell’azzardo abbia incassato tra gli 88 e i 94 miliardi di euro, posizionandosi come terza industria nazionale con il 4% del Pil prodotto. Ma se il giro d’affari cresce, in percentuale le entrate per lo Stato scendono incessantemente: si è passati dal 29,4% del 2004 all’8,4% del 2012 sul totale del fatturato. In altre parole, le entrate fiscali restano più o meno costanti a fronte di un fatturato cresciuto in sei anni di quasi il 400 per cento.

ASCOLTARE “LIBERA” Come se non bastasse, a rendere il quadro ancora più fosco ci sono le infiltrazioni mafiose nel settore dei giochi. Un dossier recentemente diffuso da Libera, l’associazione contro le mafie fondata quasi vent’anni fa da don Luigi Ciotti, stima a 15 miliardi di euro il fatturato del gioco illegale per il 2012. Il dossier che porta l’eloquente titolo di “Azzardopoli”, conta ben 49 clan che gestiscono i giochi delle mafie. Da Chivasso a Caltanissetta, passando per la via Emilia e la Capitale, le mafie sui giochi non vanno mai in tilt e di fatto si accreditano come «il quattordicesimo concessio-


ATTUALITA’ 13

nario “occulto” dei Monopoli di Stato» si legge nel dossier. «Al centro c’è la salute dei cittadini, ma ci sono anche forti connessioni con la malav ita organizzata – ha affermato Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) –. La politica dev e dare una risposta suquesti temi, altrimenti il Paese sarà in mano all’antipolitica». Proprio per questo la campagna “Mettiamoci in gioco” ha deciso non solo di aprire un dibattito all’interno dell’opinione pubblica, ma anche di presentare il conto al sistema politico. Partendo dal recente inserimento del gioco d’azzardo all’interno dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), che comporta la presa in carico dei giocatori patologici da parte del Servizio sanitario nazionale. «Una legge approvata a novembre 2012 dovrebbe far entrare finalmente il gioco d’azzardo nei Lea – commenta Iori –, ma questo dipenderà dal lavoro delle Commissioni ministeriali e dall’accordo della Conferenza Stato-Regioni. E non è affatto scontato che si possano rispettare i tempi previsti, anche in virtù del fatto che lo Stato non ha riconosciuto alcuna copertura economica per permettere ai servizi pubblici delle Ausl di garantire la cura da questo tipo di dipendenza». Tra le altre richieste avanzate dalla campagna “Mettiamoci in gioco” vi è poi l’urgenza di mettere un freno da parte dello Stato al modello di “liberalizzazione” controllata del gioco d’azzardo in Italia. Segue la richiesta di attuare misure efficaci di prevenzione, a cominciare dalla costituzione di un tavolo di confronto con le associazioni e i servizi impegnati nel settore, al fine, appunto, di mettere in campo una diversa campagna di sensibilizzazione rispetto ai rischi indotti dal gioco d’azzardo. Viene poi evidenziata la necessità di impedire la pubblicità del gioco con appositi divieti, così come avviene per il tabacco. E occorre, infine, restituire potere decisionale alle comunità locali attualmente espropriate di ogni funzione di governo del fenomeno: i sindaci dei Comuni, per esempio, non possono intervenire sulle licenze perché totalmente scavalcati dall’attuale legge dello Stato, fanno notare i promotori della campagna. Una situazione paradossale, quest’ultima, che il primo cittadino di Marsala (in provincia di Trapani), Giulia Adamo, ha recentemente denunciato in una lettera inviata direttamente al prefetto: accusando l’incremento di luoghi deputati al gioco nei pressi degli istituti scolastici. «Il continuo proliferare di sale giochi e scommesse è ormai diventata una vera e propria emergenza sociale» si legge nella nota del sindaco, che prosegue così: «Le sale giochi e scommesse hanno invaso la città, rilevando locali storici prima occupati da negozi di abbigliamento e alimentari o – cosa ancora più grave – ubicandosi in prossimità delle scuole del centro urbano, at-

tentando alla serenità degli studenti, in molti casi, attratti dal nuovo fenomeno nei confronti del quale non possiamo intervenire». E proprio sulla prevenzione punta il lavoro nelle scuole portato avanti dal Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo. Distribuite su tutto il territorio nazionale, da Trento a Salerno, dal 1996 ad oggi le 17 organizzazioni che fanno capo al Conagga hanno preso in carico quasi 3.750 giocatori patologici. «Inv itiamo i ragazzi a chiedere ai propri familiari di raccontare le loro esperienze in relazione al gioco e in questo modo coinv olgiamo anche i genitori», spiega Iori che, oltre ad essere presidente del Conagga, opera all’interno dell’associazione onlus “Centro sociale Papa Giovanni XXIII” di Reggio Emilia. «Spesso mostriamo degli spot e poi chiediamo ai ragazzi cosa ne pensano, inv itandoli a riflettere sui messaggi v eicolati. Ma ragioniamo anche sulle reali possibilità di v incere in termini percentuali, perché v ogliamo fare capire loro quanto le pubblicità possano essere fuorv ianti. L’importante è non assumere mai un atteggiamento giudicante – prosegue –, in modo che i ragazzi si sentano liberi di esplicitare il loro pensiero. Perché la maggior parte dei giov ani gioca senza sapere che il gioco rappresenta un rischio».

SOS BAMBINI (E NONNI) Il problema del gioco tra i giovanissimi è stato recentemente sollevato anche dall’Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (edizione 2012) di Eurispes e Telefono Azzurro. Secondo lo studio un bambino su quattro in Italia ha sperimentato il gioco d’azzardo: solo il 74,1% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni intervistati dichiara, infatti, di non aver mai giocato. Tra i piccoli giocatori spopola il Gratta e vinci, prediletto dal 33,7% del campione, mentre l’11,4% e l’11,1% ha giocato rispettivamente alle Lotterie ed al Bingo. Quanto alle motivazioni il 18,9% dei bambini riferisce di aver giocato per puro divertimento, l’11,1% per l’emozione che suscita il gioco o perché lo ha visto fare ad amici o parenti, mentre il 9% sostiene di averlo fatto per vincere soldi e premi. Gli adolescenti vanno invece pazzi per le scommesse. Sempre secondo l’Indagine, il gioco on line coinvolge il 12% degli adolescenti (il 2,5% gioca spesso). Mentre il 27% del campione pratica il gioco non on line. Ma la cosa più allarmante è il fatto che spesso ai ragazzi accada di perdere molti soldi: secondo Eurispes e Telefono Azzurro capita al 24,9% di quanti giocano. Infine, il 16,4% dei ragazzi tende a giocare tutti i soldi che ha a disposizione e il 15,1% ha l’abitudine di sottrarre soldi in casa o dove capita. E tutto pur di provare il brivido della scommessa.


DISABILITA’

Sos disabilità INCLUSIONE E COESIONE SOCIALE TRA FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI di Renato Frisanco (*)

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i discute oggi se le politiche sociali integrate del nuovo Welfare garantiscano l’inclusione dei soggetti più deboli e la coesione sociale. Questi temi sono stati recentemente affrontati da due enti pubblici nazionali con altrettanti rapporti di ricerca. Il Rapporto sull’inclusione dei soggetti deboli dell’ISTAT riguarda la popolazione che in una indagine sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” del 20042005 rivelava difficoltà nelle funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, mangiare…). All’epoca si trattava di poco più di 4,8 milioni di persone (da 6 a 80 anni) e a distanza di 6 anni solo il 9,1% di esse dichiara superate tali limitazioni. Al netto di deceduti e istituzionalizzati rimangono poco meno di 4 milioni di casi (oggi dagli 11 agli 87 anni) di cui l’ISTAT fornisce una serie di dati sull’integrazione sociale nel loro contesto di vita (scuola, lavoro, rete di relazioni, tempo libero) e sugli ostacoli di tale integrazione (barriere alla mobilità, mancanza di adeguati supporti, restrizioni alla partecipazione etc..).

I VECCHI SULLE PANCHINE... Il profilo prevalente è quello di una popolazione afflitta da limitazioni gravi

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dell’autonomia (52,7%), per più di un tipo tra funzioni motorie, sensoriali e relative alle attività della vita quotidiana (50,6%), con prevalenza di queste ultime (71,4%). S i tratta di ul tra75enni (61, 5%), di genere femminile, dipendenti da familiari o parenti, sia in termini assistenziali che di sostegno psicologico e relazionale (l’83,1% può contare in caso di necessità sull’aiuto dei parenti e il 55% riceve concretamente tali aiuti). Le persone disabili sono invece poco sostenute dall’assistenza sanitaria a domicilio - ne sono prive sette su dieci con limitazioni funzionali gravi, quattro quinti dei casi esaminati - fortemente ostacolate rispetto all’ingresso e alla permanenza nel mondo del lavoro e risultano spesso limitate nella possibilità di vivere il tempo libero, dalla socializzazione all’esterno delle mura domestiche (difficoltà molto elevata per il 38,4% dei casi), ai viaggi per vacanza (45,8%). Tale popolazione trova quasi sempre l’aiuto indispensabile nella famiglia che continua ad assolvere un compito protettivo verso i soggetti più deboli, pur a fronte dell’indebolimento della sua struttura e composizione. Tuttavia quattro persone su dieci ritengono di ricevere aiuti di carattere non sanitario in misura insufficiente rispetto alle esigenze, mentre 17 su 100 dichiarano di non


DISABILITA’ avere alcun sostegno da parte dei servizi sanitari. Emerge la maggiore problematicità della popolazione femminile disabile, dopo i 60 anni, in quanto più colpita della componente maschile da limitazioni funzionali. Ciò va a scapito delle loro condizioni di vita rischiando un destino di confinamento domestico, per minori opportunità di lavoro, di movimento, di vivere il tempo libero fuori casa e di usare Internet.

IL CENTRO PUBBLICO PER L’IMPIEGO

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Altra considerazione riguarda il fatto che le limitazioni funzionali nel nostro Paese non sono compatibili con il lavoro che è appannaggio del solo 16% dei “disabili” - scende al 7,8% per le donne - contro il 49,9% dei residenti in Italia ed è ancora in larga parte caratterizzato da assistenzialismo, dato il prevalente inserimento nel settore pubblico. L’esperienza per un quarto degli occupati, pur se con contratti stabilizzati, è connotata da problemi (orario di lavoro, tipo di lavoro svolto, difficoltà funzionali) che danno conto di una collocazione lavorativa scarsamente mirata e “accompagnata”. D’altra parte, il Centro Pubbl i co per l ’i mpi eg o non svolge al riguardo un ruolo decisivo e solo pochi di coloro che non lavorano lo cercano attivamente (2,9%).

Anche la loro partecipazione alla vita sociale e quindi la piena cittadinanza appare compromessa per le di ffi col tà a usci re di casa e a spostarsi . Così un quarto dei disabili dichiara di non farlo quanto vorrebbe per motivi di salute e riferisce tali difficoltà alla mancanza di assistenza o di supporti per la mobilità (ascensori, scivoli, segnali sensori…). Ad aggravare il quadro delle limitazioni vi sono quelle aggiuntive del livello di istruzione e del reddito disponibile. Soprattutto il primo, se medio-basso, condiziona negativamente le opportunità di utilizzare Internet, viaggiare, trascorrere un tempo libero creativo e vario. Il quadro delineato dal Rapporto ISTAT segnala una situazione problematica che andrebbe approfondita sul piano del rapporto con i servizi pubblici socio-sanitari di prevenzione della cronicità e non autosufficienza, oltre che con la risorsa del volontariato. Se l’intervento del Pubblico è deficitario, la principale responsabilità nella gestione dei bisogni di queste persone spetta alle famiglie che fanno il possibile nei limiti di fragilità e frammentazione che le riguardano.

IL SECONDO RAPPORTO Il Rapporto sul l a Coesi one soci al e (2011) del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in collaborazione con INPS e


DISABILITA’

ISTAT, fornisce ai responsabili delle politiche sociali conoscenze basilari circa le situazioni sociali ed economiche sulle quali intervenire per migliorare le condizioni di vita delle persone. Il rapporto, diviso in tre sezioni, (contesto socio-demografico-economico; famiglia e coesione sociale; spesa ed interventi per la coesione sociale) è qui preso in considerazione rispetto alla seconda. Un primo aspetto problematico che emerge è che il sostegno del ruolo della famiglia passa attraverso la conci l i azi one l avoro-fami gl i a incentiva con la L. 53/2000 e con il nuovo regolamento di attuazione del 2011 - in particolare per quanto concerne la divisione dei carichi del lavoro domestico tra uomini e donne. L’analisi, pur rilevando una relativa riduzione del gap di genere, conferma la sostanziale asimmetria nella divisione del lavoro familiare a scapi to del l a donna. A ridurre lo scarto nelle giovani famiglie non incide in misura significativa l’istituto dei congedi parentali di cui beneficiano, in quantità ancora non elevata, soprattutto le madri. Ciò ha delle ripercussioni evidenti nella più sfavorevole partecipazione al mercato del lavoro delle donne, di 27 punti percentuali in meno rispetto alla componente maschile e ancora crescente con l’aumentare del numero di figli della coppia. A determinare lo svantaggio femminile concorre la scarsa dotazione di strutture per la prima infanzia nel nostro Paese, in grado di coprire il fabbisogno dell’11,3% dei bambini da 0 a 3 anni (ISTAT 2009). Anche l’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici ha effetti sulla loro minor disponibilità come care giver nel proprio ambito di vita. Non a un caso è stata avanzata dal Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi una proposta di riconoscimento giuridico della figura del care giver e quindi delle prestazioni sanitarie e previdenziali del suo “lavoro”.

POVERTA’ ED ESCLUSIONE SOCIALE

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Un altro aspetto di problematicità toccato dal rapporto è quello della povertà che angustia il 15,6% delle famiglie residenti (3,4 milioni e di esse il 4,6% soffre di povertà estrema, oltre mezzo milione di persone in un quadriennio) , mentre circa 10 milioni di poveri sono “cronici” in quanto vittime di una “povertà persistente” (presente nei 3 anni precedenti). Questi dati vengono oggi integrati da una più globale valutazione delle condizioni di vita e da un indice di “depri vazi one materi al e” (EU SILC, su circa 21 mila fami-

glie in Italia). E’ la situazione della famiglia che è costretta a fare almeno 3 tipi di rinunce, su 9 considerate, rispetto ai beni necessari ad uno standard di vita accettabile. In Italia le famiglie in stato di deprivazione sono in crescita, passando dal 14,8% del 2007 al 15,3% del 2009. L’ultimo monitoraggio annuale della Caritas rileva, non a caso, una cospicua crescita di casalinghe che chiedono aiuto (+177) alla rete nazionale dei centri di ascolto. Il reddito, la grave deprivazione materiale e l’intensità occupazionale sono i tre indicatori combinati su cui l’ISTAT ha calcolato il “rischio di povertà ed esclusione sociale”: riguarda il 28,4% degli italiani, contro una media europea del 24,6%. Combattere la povertà significa promuovere inclusione e coesione sociale. Si sa che l’appartenenza ad una famiglia povera determina, in negativo, il destino sociale dei figli ed ha effetti negativi sul clima interno, esacerbando il conflitto tra i coniugi e tra questi e i figli che sono più facilmente vittime di violenza (con possibile ricorso ad affidamenti e limitazione della potestà genitoriale). Questi interiorizzeranno complessi di inferiorità sul piano culturale e sociale che li indurrà ad avere scarsa autostima di se stessi e quindi a chiudersi nella loro omologa e ristretta cerchia di amici. Il fatto di non poter utilizzare le migliori opportunità ricreative, sportive e culturali nel tempo libero ridurrà le loro potenzialità di socializzazione così come i mezzi e gli stimoli evolutivi necessari per una adeguata realizzazione in questa società. Ne seguirà l’uscita precoce dalla scuola e l’accesso a qualunque impiego immediatamente disponibile, sottoremunerato, in nero o dequalificato, con frequenti cambi di lavoro senza alcuna crescita reale di professionalità. Si può parlare così di un “ci cl o del l a povertà” in quanto tende a riprodursi ineluttabilmente dai genitori ai figli o da un evento iniziale ad una condizione pervasiva e cronica per la vita della persona, in mancanza di azioni di contrasto che ne spezzino la catena perversa e multipla di causa-effetto. In definitiva la povertà è una condizione che si correl a con vari e forme di escl usi one soci al e, produce effetti cumulativi di disagio sociale che la confermano e la sanzionano. Per contrastare le caratteristiche dinamiche e processuali della povertà è insufficiente l’intervento emergenziale o risarcitorio in termini materiali delle sue forme eclatanti o evidenti, serve un’azione di politica sociale a largo raggio, di tipo preventivo, promozionale e di comunità. (*) Fondazione Roma Terzo Settore


UNIONE EUROPEA

2013: Anno europeo dei cittadini di Alessio Affanni

Il 2013 è stato designato dalla Commissione europea su invito del Parlamento come l‘Anno europeo dei cittadini: si intende mettere l’accento sui diritti di cui godono i cittadini dell’UE, incoraggiare il dialogo a tutti i livelli di governo e permettere ai cittadini di determinare che tipo di Unione europea vorrebbero nel 2020, in termini di diritti, politica e governance. PERCHE’ UN ANNO EUROPEO DEI CITTADINI? I diritti dei cittadini dell’UE, che integrano i diritti nazionali, sono sanciti dal Trattato sull’Unione europea. Se i cittadini sono consapevoli di questi diritti e li esercitano, ne traggono vantaggio in quanto individui, ma ne beneficia anche l’UE nel suo complesso, in termini economici e di maggiore sostegno dei cittadini al progetto europeo. La relazione 2010 sulla cittadinanza dell’Unione, presentata dalla Commissione europea, giungeva alla conclusione che i cittadini dell’UE non esercitano pienamente i loro diritti perché non li conoscono abbastanza.

DIRITTI RELATIVI ALLA CITTADINANZA EUROPEA

Da questo tema possono trarre spunti didattici e operativi gli insegnanti, i formatori, gli organismi del terzo settore.

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I diritti dei cittadini dell’UE sono enunciati nella parte seconda del Trattato s ul funzi o namento del l ’Uni o ne euro pea. Sono inoltre sanciti nel Capo V della Carta dei di ri tti fo ndamental i dell’UE. Ribadiamo i più significativi: - di ri tto di ci rco l are e di s o g g i o rnare l i beramente al l ’i nterno del l ’UE e di ri tto di no n s ubi re di s cri mi nazi o ni s ul l a bas e del l a nazi o nal i tà; - di ri tto di v o to e di el eg g i bi l i tà (ogni cittadino dell’UE che risieda in un altro paese dell’Unione ha il diritto di votare e candidarsi alle elezioni comunali o del Parlamento europeo alle stesse condizioni dei cittadini di tale paese); - di ri tto di peti zi o ne (consente ai cittadini dell’UE di segnalare un problema o presentare un reclamo al Parlamento europeo, oppure chiedere di rispondere ad un problema personale o ad una questione di interesse pubblico: il problema deve rientrare nell’ambito di competenza dell’UE e avere un impatto diretto sul cittadino);

- di ri tto di pres entare denunci a al Medi ato re euro peo (per reclami riguardanti la cattiva amministrazione da parte di un’istituzione o un organo dell’UE); - di ri tto al l a pro tezi o ne co ns o l are per i ci ttadi ni del l ’UE che s i tro v ano i n un l uo g o do v e no n c’è una rappres entanza di pl o mati ca del l o ro paes e (l‘assistenza può essere fornita in caso di decesso, infortunio o malattia, arresto o detenzione, reato violento e rimpatrio); - di ri tto di chi edere al l a Co mmi s s i o ne di pres entare una pro po s ta l eg i s l ati v a (la petizione deve essere firmata da almeno un milione di cittadini di almeno un quarto dei paesi dell’UE); - acces s o al l a prev i denza s o ci al e (all’interno dell’UE i contributi previdenziali vanno pagati in un solo paese, anche se si lavora in paesi diversi: in genere le prestazioni previdenziali vanno poi chieste a quello stesso paese); - cure medi che al l ’es tero (è possibile farsi curare in un altro paese dell’UE e ottenere in alcuni casi il rimborso da parte del proprio sistema sanitario); - s tudi are al l ’es tero ; - acqui s ti o nl i ne (chi fa acquisti online in Europa è protetto dalla normativa UE); - di ri tti dei pas s eg g eri (in caso di problemi durante un viaggio internazionale in treno o aereo da o in arrivo nell’UE, i viaggiatori possono avere diritto a un rimborso ed eventualmente anche a un risarcimento). Per la risoluzione di problemi concernenti l’applicazione della normativa comunitaria da parte di un’amministrazione pubblica nazionale, inoltre, i cittadini e le imprese possono rivolgersi gratuitamente a SOLVIT (www.ec.europa.eu/ solvit/site/index_it.htm), una rete per la risoluzione di problemi on line senza necessità di intraprendere un’azione legale. Per avere informazioni in merito ai diritti dei cittadini e delle imprese nell’UE, si può visitare il sito www.europa.eu/youreurope/citizens/index_it.htm o contattare il numero verde 80067891011.

CONTESTO POLITICO E PROPOSITI L’Anno europeo dei cittadini 2013 cade in un momento importante: • un anno pri ma del l e el ezi o ni per i l


UNIONE EUROPEA

Parl amento euro peo , prev i s te nel 2 0 1 4 (si intende sottolineare l’importanza del diritto di voto alle elezioni europee ed incoraggiare i cittadini europei a votare); • i l 2 0 ° anni v ers ari o del co ncetto di ci ttadi nanza del l ’UE (compare nel Trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993); • l a pubbl i cazi o ne del l ’edi zi o ne 2 0 1 3 del l a rel azi o ne s ul l a ci ttadi nanza del l ’UE (la relazione esaminerà le situazioni che ostacolano l’esercizio dei diritti dei cittadini dell’UE e proporrà azioni per rimuovere tali ostacoli); • l ’Anno euro peo dei ci ttadi ni metterà l’accento sui vantaggi che la cittadinanza dell’UE offre ai cittadini, in quanto persone, consumatori, residenti, studenti, lavoratori o soggetti politici. La partecipazione dell’opinione pubblica è essenziale, come ribadito dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, nel suo discorso sullo stato dell’Unione 2012: “Sono finiti i tempi in cui l’integrazione europea poteva realizzarsi per implicito consenso dei cittadini. L’Europa non può essere tecnocratica o burocratica, e neanche diplomatica, ma dev’essere sempre più democratica.“ Le attività saranno organizzate per quanto possibile direttamente dai cittadini e dalle organizzazioni della società civile. Per l’Anno europeo, la Commissione europea è responsabile dei seguenti aspetti: • una campagna di comunicazione, con un sito multilingue, e strumenti per la stampa e materiale promozionale (il sito, da cui sono state tratte le informazioni riportate in questo articolo, è www.europa.eu/citizens2013/it/home), • conferenze di apertura e chiusura e una serie di occasioni di dialogo tra i commissari europei e cittadini di qualsiasi estrazione; • un sostegno agli eventi organizzati in tutta l’UE, a livello nazionale, regionale e locale.

UN’ALLEANZA CIVILE

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In occasione dell’Anno europeo, inoltre, le principali organizzazioni e associazioni della società civile presenti negli Stati dell’Unione hanno deciso di costituire una rete, l’EYCA (European Year Citizens Alliance). Solo in Italia sono oltre 40 le associazioni che hanno dato vita all’Alleanza Italiana per l’Anno Europeo del Cittadino. Obiettivi: elaborare proposte per facilitare il dialogo fra i cittadini e le istituzioni, scambiare buone pratiche e coordinare le attività che si svolgeranno durante il 2013, nonché sostenere il nuovo meccanismo di democra-

zia partecipativa introdotto dal Trattato di Lisbona. Le proposte arriveranno alla Commissione europea, anche al fine di poterne dibattere durante il semestre italiano di Presidenza dell’UE che si aprirà il 1°luglio 2014. Molti gli incontri e le iniziative che si terranno lungo il 2013: per maggiori informazioni sui prossimi lavori si può consultare il sito www.ey2013-italia.eu

CONTRIBUTI UE A SOSTEGNO DI INIZIATIVE PROGETTUALI L’UE, pur non avendo attribuito un budget per iniziative progettuali all’interno dell’Anno europeo dei cittadini, consente a enti privati europei di presentare progetti nell’ambito di una serie di programmi e iniziative comunque inerenti le tematiche dell’Anno europeo, e di ricevere finanziamenti per la realizzazione di tali iniziative. Alcuni programmi attivi sono particolarmente interessanti. Con un budget di circa €7 miliardi dal 2007 al 2013, vengono infatti finanziate una serie di azioni programmatiche, tra cui scambi, visite di studio e attività di networking, promosse e realizzate da enti privati. I progetti sono destinati non solo ai singoli studenti, ma anche agli insegnanti, ai formatori e a tutti gli altri soggetti coinvolti nell’istruzione e nella formazione. Si tratta del Lifelong Learning Programme, che presenta quattro sotto-programmi per finanziare progetti a diversi livelli di istruzione e formazione: • Co meni us per le scuole • Eras mus per l’istruzione superiore • Leo nardo da Vi nci per l’istruzione e la formazione professionale • Grundtv i g per l’istruzione degli adulti. Altri progetti sono realizzabili in quanto rilevanti in modo “trasversale” e per tutti i livelli di istruzione, si vedano, a titolo di esempio, l’apprendimento delle lingue, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la politica di cooperazione e la diffusione dei risultati dei progetti realizzati. Inoltre, il programma comprende le azi o ni Jean Mo nnet che sono state pensate per stimolare l’insegnamento, la riflessione e il dibattito sull’integrazione europea, che coinvolge istituti di istruzione superiore in tutto il mondo. Per conoscere ulteriori dettagli sui tipi di azioni previsti dal Programma di apprendimento permanente (Lifelong Learning Programme) e le modalità e i termini per partecipare, può essere utilmente visitato il sito: www.ec.europa.eu/education/llp/official-documents-on-the-llp_en.htm dove è consultabile la documentazione anche in italiano.


a cura di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

Norme giuridiche e Giurisprudenza n.151 STATO

· gli oneri contributivi per gli addetti ai servizi domestici e familiari; · i premi e contributi versati alle forme pensionistiche individuali; · le erogazioni liberali a favore del “non profit” e delle istituzioni religiose; Si applicherà, invece, la franchigia su: · gli assegni periodici corrisposti al coniuge; · i contributi per i fondi integrativi sanitari; · le spese sostenute per l’adozione di minori stranieri (deducibile il 50 % delle spese sostenute); · le erogazioni liberali a favore di università e fondazioni universitarie. · le spese mediche generiche e di assistenza specifica per i portatori di handicap. Per quanto riguarda le detrazioni (cioè le riduzioni delle imposte Irpef da pagare, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi) non si applica la franchigia e non entrano nel tetto dei 3.000,00 €: · le agevolazioni per le spese di ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica di edifici; · le detrazioni per i contratti di affitto (inquilini a basso reddito, contratti di locazione a canone convenzionato, trasferimento per motivi di lavoro, contratti di locazione per studenti universitari); · l’acquisto e le spese di riparazione dei veicoli per persone con disabilità. Non si applica la franchigia, ma entrano nel tetto dei 3.000,00 €: · le spese sostenute per i servizi di interpretariato dei sordomuti; · spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida. Si applica la franchigia: · in tutti gli altri casi, comprese le spese sanitarie. Si possono fare alcuni esempi di detrazioni d’imposta del 19%: - per le spese sanitarie la franchigia passa da 129,11 € a 250,00 €, con un aggravio di circa 23,00 € per contribuente: fortunatamente per questo tipo di spese non è prevista l’applicazione del limite massimo di 3.000,00 €; - per le erogazioni liberali le detrazioni sono possibili fino a 2.065,83 €: la franchigia determina un aggravio a carico del contribuente di 47,50 €. Rimane comunque per le liberalità alle Onlus e alle associazioni di promozione sociale, in alternativa alla detrazione, la possibilità della deducibilità. Confermata definitivamente, a partire dal 1° gennaio 2013, l’IMU per gli immobili ecclesiastici nei quali si svolgono attività commerciali. Previsti tagli alla sanità per 1 miliardo di euro derivanti da riduzione di spesa per l’acquisto di beni, servizi e dispositivi medici. Per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), è autorizzata la spesa di 275 milioni di euro per l’anno 2013. Viene introdotta la Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie relative a strumenti finanziari partecipativi (sono esclusi i titoli di Stato). L’aliquota è dello 0,2 % del valore della transazione; prevista un’ulteriore imposta dello 0,02 % per le operazioni prettamente speculative.

LEGGE DI STABILITA’ PER IL 2013 Supplemento ordinario n. 212 alla Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 302 del 29 dicembre 2012 Con Legge n. 228 del 24/12/2012 è stata pubblicata la manovra finanziaria (la cosiddetta “legge di stabilità”) per il 2013. La legge, composta da un articolo di 560 commi, prevede diversi provvedimenti, dei quali segnaliamo i più rilevanti. Nel Codice antimafia vengono inserite nuove norme riguardanti la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata e del ricavato della vendita di tali beni. Si stabiliscono, inoltre, ulteriori disposizioni a tutela di coloro che vantano crediti nei confronti dei beni confiscati. Nel dettaglio, si specifica che il provvedimento di sequestro dei beni perde efficacia se il tribunale non deposita il successivo decreto di confisca entro un anno e sei mesi (a partire dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario). Viene precisato che i beni sequestrati, anche iscritti in pubblici registri, possono essere affidati dal tribunale in custodia giudiziale, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego nelle attività istituzionali, ovvero possono essere affidati all’Agenzia nazionale per i beni confiscati, ad altri organi dello Stato, ad enti pubblici non economici e enti territoriali per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale oppure destinati ad associazioni di volontariato che operano nel sociale. Per le esigenze connesse alla vendita e alla liquidazione delle aziende e degli altri beni definitivamente confiscati, l’Agenzia nazionale per i beni confiscati può conferire apposito incarico, anche a titolo oneroso, a società a totale o prevalente capitale pubblico, nei limiti delle disponibilità finanziarie di bilancio. Per quanto riguarda il lavoro, viene istituito un fondo specifico per gli esodati con dotazione, per il 2013, pari a 100 milioni di euro mentre per quanto concerne le persone con disabilità, è stata opportunamente rimossa la disposizione (presente nella prima bozza del testo, non ancora approvato) che stabiliva la decurtazione del 50% della retribuzione per i 3 giorni di permesso previsti al mese. Per quanto concerne le disposizioni di natura fiscale, viene stabilito che i proventi derivanti dalle attività di contrasto all’evasione fiscale e le altre somme ricavate dalle attività di recupero fiscale effettuate dalle Regioni confluiranno in un fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale finalizzato al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese. Aumentano dal 2013 le detrazioni per i figli a carico di lavoratori e pensionati che passano da € 800,00 a € 950,00 per ciascun figlio e da € 900,00 a € 1.220,00 per i figli minori di 3 anni, aumentate di € 400,00 per ogni figlio portatore di handicap e di € 200,00 per ogni figlio a partire dal primo per chi ha più di 3 figli a carico. In merito alle detrazioni fiscali, a tutti i contribuenti con reddito superiore a 15.000,00 € si applicherà una franchigia (soglia di spesa sotto la quale non é ammessa la detrazione e rimane, pertanto, a carico del contribuente) di € 250,00 per le deduzioni e per le detrazioni, stabilendo inoltre un limite annuo di 3.000,00 € sulla detraibilità (massimo importo detraibile). Lo sconto d’imposta massimo ottenibile è pertanto di 570,00 € (il 19 % di 3.000,00 €). Per quanto riguarda le deduzioni (spese che possono essere sottratte dal reddito complessivo in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi), non si applicherà la franchigia su: · i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori e volontari; · i contributi per la previdenza complementare;

DECRETO CRESCITA 2.0: AGENDA DIGITALE E ASSICURAZIONI Supplemento ordinario n. 208 alla Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 294 del 18 dicembre 2012 Pubblicato e in vigore Decreto Legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito nella Legge n. 221 del 17 dicembre 2012: si tratta del cosiddetto “Decreto Crescita 2.0”, noto anche come “Decreto Sviluppo bis”. L’intento della nuova legge è definita nel primo articolo: lo Stato, nel rispetto del principio di leale collaborazione con le autonomie regionali, promuove lo sviluppo dell’economia e della cultura digitali, definisce le

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politiche di incentivo alla domanda dei servizi digitali e favorisce, tramite azioni concrete, l’alfabetizzazione e lo sviluppo delle competenze digitali con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, nonché la ricerca e l’innovazione tecnologica quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile. Viene istituita, presso il Ministero dell’interno, l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), che subentra all’Indice nazionale delle anagrafi (INA). A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi specifici che prevedono diverse modalità di comunicazione, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicheranno con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, senza oneri di spedizione a suo carico. In assenza del domicilio digitale, le amministrazioni possono predisporre le comunicazioni ai cittadini come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o firma elettronica avanzata, da conservare nei propri archivi, ed inviare ai cittadini stessi, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento. Dal 1° gennaio 2014, inoltre, le pubbliche amministrazioni, i commercianti e i professionisti avranno l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici. Il Decreto prevede inoltre l’applicazione dell’Agenda Digitale: i cittadini potranno avere un unico documento elettronico, valido come carta d’identità e tessera sanitaria, attraverso il quale rapportarsi con la pubblica amministrazione. Altre disposizioni riguardano invece la digitalizzazione delle ricette mediche, dei fascicoli universitari e le norme riguardanti la giustizia digitale. Ulteriori disposizioni del Decreto Legge mirano all’azzeramento del divario digitale, con interventi per la diffusione delle tecnologie digitali. Nel Decreto, inoltre, all’art. 22 si introduce una disposizione che entra in vigore dal 1° gennaio 2013 e che introduce misure a favore della concorrenza e della tutela del consumatore nel mercato assicurativo: il contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ha durata annuale o, su richiesta dell’assicurato, di anno più frazione, si risolve automaticamente alla sua scadenza naturale e non può essere tacitamente rinnovato. L’impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni e a mantenere operante, non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo fino all’effetto della nuova polizza.

5 PER MILLE 2009-2010: ELENCHI DEGLI AMMESSI E DEGLI ESCLUSI DOPO LE PROROGHE Elenchi pubblicati il 28 dicembre 2012 sul sito dell’Agenzia delle Entrate Disponibili sul sito www.agenziaentrate.gov.it, nella sezione dedicata al 5 per mille, gli elenchi aggiornati degli enti (comprese le Onlus e gli enti del volontariato) che sono stati ammessi al riparto delle somme per gli anni 2009 e 2010, dopo l’ampliamento dei termini per l’invio dell’integrazione documentale delle domande di iscrizione regolarmente presentate e la proroga accordata a quelle prodotte entro il 30 giugno 2010. Nel dettaglio, sono stati pubblicati: • gli elenchi aggiornati al 14 novembre 2012 degli ammessi e degli esclusi al beneficio del 5 per mille del 2009, comprensivi degli enti che hanno usufruito della proroga prevista dal D.P.C.M. 20/4/2012 (cioè termini protratti fino al 31 maggio 2012 per invio dell’integrazione documentale delle domande già presentate); • gli elenchi aggiornati al 9 novembre 2012 degli ammessi e degli esclusi al beneficio del 5 per mille del 2010, comprensivi degli enti che hanno usufruito delle proroghe previste dal D.P.C.M. 20/4/2012, relative, rispettivamente, al termine per l’invio dell’integrazione documentale delle

domande di iscrizione già presentate (protratti fino al 31 maggio 2012) e al termine per le domande di iscrizione, differito al 30 giugno 2010, per gli enti ritardatari in possesso dei requisiti per presentare domanda. Nel frattempo, il 9 gennaio 2013, sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sono stati pubblicati gli elenchi dei pagamenti‚ relativi al 5 per mille dell’anno 2009‚ effettuati nel corso del 2012 in favore delle associazioni di volontariato‚ di promozione sociale e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale. L’elenco dei beneficiari è suddiviso in tre distinti documenti: un elenco fornito dall’Agenzia delle entrate e due elenchi di beneficiari denominati noIBAN (coloro che non avevano fornito all’Agenzia delle entrate le coordinate bancarie/postali o non avevano un conto corrente‚ nonostante l’invito dell’Agenzia a comunicare i dati richiesti). Sono inoltre disponibili gli elenchi dei pagamenti effettuati a novembre 2012 per gli anni finanziari 2006‚ 2007 e 2008. Tali somme‚ non più disponibili sul bilancio dello Stato (perenzione) per errate/carenti coordinate bancarie‚ a seguito di specifica richiesta dei beneficiari che hanno fornito le coordinate bancarie‚ sono state reiscritte dal Ministero dell’Economia nel bilancio dello Stato. Per consultare gli elenchi basta visitare il sito www.lavoro.gov.it nella sezione dedicata al 5 per mille.

SANATORIA MODELLO EAS: CHIARIMENTI Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 110/E del 12 dicembre 2012 Giova premettere quali funzioni ha il Modello EAS: le quote e i contributi associativi nonché, per determinate attività, i corrispettivi percepiti dagli enti di tipo associativo (in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa tributaria) non sono considerati imponibili (ai fini IRES e IVA). Per usufruire di questa agevolazione è necessario che tali enti trasmettano in via telematica all’Agenzia delle entrate i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali, mediante il Modello EAS. L’Agenzia delle entrate, con Risoluzione n. 110/E del dicembre 2012, conformemente all’indirizzo interpretativo fornito con la precedente circolare n. 38, conferma che gli enti che non abbiano ancora provveduto all’invio del Modello EAS possano adempiere all’onere della trasmissione di detto modello entro il 31 dicembre 2012, versando contestualmente la sanzione pari a € 258,00 (ricordiamo che da questo adempimento sono esonerate le Odv iscritte al registro, purché non siano in possesso di una partita IVA e, in generale, le Onlus). Si vedano gli esempi riportati nella seguente tabella, in cui sono illustrate, con riferimento ad enti costituiti in epoche diverse, le scadenze per fruire della remissione in bonis (mediante la presentazione del Modello EAS e il contestuale versamento della sanzione prevista). Caso Data Scadenza Costituzione Modello Eas

Remissione Remissione In Bonis In Bonis Presentazione Pagamento Modello Eas Sanzione 1 15/02/2006 31/03/2011 31/12/2012 31/12/2012 2 04/03/2011 03/05/2011 31/12/2012 31/12/2012 3 08/06/2012 07/08/2012 31/12/2012 31/12/2012 4 01/08/2012 30/09/2012 30/09/2013 30/09/2013 L’Agenzia delle entrate fa inoltre presente che le associazioni che hanno inviato il Modello EAS oltre i termini previsti e vogliano sanare la propria posizione fruendo dell’istituto della remissione in bonis non sono tenuti a presentare nuovamente detto modello di comunicazione – fatti salvi i casi di variazione dei dati precedentemente comunicati – ma devono versare unicamente la sanzione di € 258,00 entro i termini e con i criteri precedentemente illustrati. Si vedano gli esempi riportati nella seguente tabella, in cui sono illustrate, in relazione ad enti costituiti in epoche diverse

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che hanno provveduto a presentare tardivamente il Modello EAS, i relativi termini per fruire della remissione in bonis. Caso Data Scadenza Costituzione Presentazione Modello Eas 1 15/02/2006 31/03/2011 2 04/03/2011 03/05/2011 3 08/06/2012 07/08/2012 4 01/08/2012 03/09/2012

Data Presentazione Modello Eas 10/05/2011 10/05/2011 28/08/2012 10/10/2012

SICILIA AUTORITA’ GARANTE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA E AUTORITA’ GARANTE DELLA PERSONA CON DISABILITA’

Pres. Pagamento Modello Sanzione Eas 31/12/2012 31/12/2012 31/12/2012 30/09/2013

Gazzetta Ufficiale Serie Regioni n. 44 del 10 novembre 2012 Con la Legge regionale n. 47 del 10 agosto 2012 si è provveduto all’istituzione dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza e dell’Autorità Garante della persona con disabilità (apportando modifiche alla Legge regionale 9 maggio 2012, n. 26). L’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza è istituita presso la Presidenza della Regione e persegue il fine di garantire e promuovere la piena attuazione dei diritti riconosciuti alle persone minori di età dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata a New York il 20 novembre 1989, ratificata dalla legge 27 maggio 1991, n. 176. Il Garante esercita le seguenti funzioni: a) vigila sull’applicazione nel territorio regionale della Convenzione sui diritti del fanciullo e delle altre convenzioni internazionali; b) vigila sui fenomeni di esclusione sociale, di discriminazione dei bambini e degli adolescenti; c) esprime pareri e formula proposte, su richiesta degli organi regionali, in ordine alla normativa esistente e ai provvedimenti da adottare riguardanti i diritti dei minori; d) collabora con altri soggetti istituzionali alla raccolta ed elaborazione di dati relativi all’infanzia ed all’adolescenza, in collegamento con l’Osservatorio permanente sulle famiglie; e) promuove e sostiene forme di partecipazione dei bambini e delle bambine alla vita delle comunità locali; f) contribuisce alla diffusione di una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza finalizzata al riconoscimento dei bambini e delle bambine come soggetti titolari di diritti, favorendo la conoscenza di tali diritti e dei relativi mezzi di tutela; g) vigila, in collaborazione con il Corecom, sulla programmazione radiotelevisiva, sulla comunicazione a mezzo stampa e su altre forme di comunicazione audiovisiva e telematica sotto i profili della percezione e della rappresentazione infantile; formula proposte innovative e segnala all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed agli organi competenti eventuali trasgressioni; h) promuove iniziative per la tutela del diritto dei bambini all’integrità fisica, in particolare per la prevenzione e la protezione dai rischi di espianto di organi, di mutilazione genitale femminile (MGF), di abuso sessuale e di sfruttamento pornografico; si adopera per estendere i trattamenti psicologici e sanitari per la riduzione dei danni subiti dai bambini vittime di qualsiasi tipo di violenza, avvenuta anche fuori dal territorio nazionale, coinvolgendo ad ogni livello le istituzioni pubbliche, le organizzazioni non governative e le organizzazioni del privato sociale; i) vigila sui fenomeni dei minori scomparsi, della presenza sul territorio di minori non accompagnati, dei minori abbandonati non segnalati ai servizi sociali e alla magistratura minorile; j) vigila sui fenomeni dell’evasione e dell’elusione dell’obbligo scolastico e del lavoro minorile, in collaborazione con gli enti competenti e con le organizzazioni del privato sociale; k) vigila sulle attività delle strutture sanitarie, sociali e socioassistenziali pubbliche o convenzionate e accreditate dalla Regione, per garantire il rispetto e la tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; l) vigila sul trattamento dei minori in tutti gli ambienti esterni alla famiglia, e in particolare nei luoghi in cui essi sono inseriti per disposizione dell’autorità giudiziaria e attraverso i servizi sociali, segnalando all’autorità amministrativa e all’autorità giudiziaria le situazioni che richiedono interventi immediati d’ordine assistenziale o giudiziario;

REGIONI FRIULI FINANZIAMENTI REGIONALI A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE PER ADOZIONI E AFFIDAMENTO FAMILIARE Gazzetta Ufficiale Serie Regioni n. 41 del 20 ottobre 2012 Con Decreto del Presidente della Regione del 7 settembre 2012, n. 181 è stato approvato il Regolamento per la determinazione delle modalità e dei criteri per la concessione dei benefici da destinare al sostegno delle famiglie per adozioni e affidamento familiare (ai sensi della legge regionale 7 luglio 2006, n. 11). I destinatari dei finanziamenti regionali sono gli enti gestori del Servizio sociale dei Comuni (SSC) i quali provvedono a rimborsare le famiglie che possiedono un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a € 50.000,00 annui. Gli enti gestori del Servizio sociale dei Comuni destinano queste risorse a favore di: - famiglie che hanno in corso una procedura di adozione internazionale; - famiglie che adottano uno o più minori italiani o stranieri di età superiore a 12 anni o con handicap; - famiglie che hanno uno o più minori in affido. Quali sono i benefici? I contributi concorrono a sostenere: a) spese di viaggio e di soggiorno derivanti dalle procedure di adozione internazionale, fino a un massimo di € 7.500,00; b) spese per interventi a sostegno dei minori adottati in età superiore a 12 anni ovvero con handicap accertato, nonché per presidi e prestazioni sanitarie a favore dei medesimi minori, qualora non fornite dal sistema sanitario regionale, per un periodo massimo di 12 mesi. In alternativa alla contribuzione delle spese sostenute dalla famiglia il Servizio sociale dei Comuni può optare per l’attivazione diretta di servizi a favore dei minori; c) spese per interventi di sostegno scolastico, educativo, di integrazione nel contesto sociale a favore di minori in affidamento familiare, nonché per presidi e prestazioni sanitarie a favore del minori stessi, qualora non fornite dal sistema sanitario regionale. In alternativa alla contribuzione delle spese sostenute dalla famiglia affidataria il Servizio sociale dei Comuni può optare per l’attivazione diretta di servizi a favore dei minori; d) integrazioni al sostegno delle famiglie affidatarie, concordate nell’ambito del progetto personalizzato. Requisiti per l’accesso ai benefici. Il contributo per le spese relative alle procedure di adozione internazionale o relative a interventi dedicati a minori adottati in età superiore a 12 anni o con handicap è ammissibile per le famiglie che possiedono un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) pari o inferiore a € 50.000,00 annui, aggiornati annualmente sulla base dell’indice ISTAT. Per ottenere i benefici occorre rivolgersi al Servizio sociale del Comune territorialmente competente.

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m) promuove, anche in collaborazione con gli enti territoriali competenti e le associazioni, iniziative a favore dei minori affetti da malattie di rilevante impatto sociale, sotto il profilo della prevenzione, della diagnosi precoce, dei trattamenti terapeutici, della riabilitazione, al fine di garantire loro un trattamento ottimale; n) fornisce sostegno tecnico e consulenza legale agli operatori dei servizi sociali, anche proponendo alla Giunta regionale lo svolgimento di attività di formazione di personale ed attività di consulenza ai tutori e/o ai curatori nell’esercizio delle loro funzioni; o) segnala, alle competenti amministrazioni pubbliche, fattori di rischio o di danno derivanti ai minori a causa di situazioni carenti o inadeguate dal punto di vista sociale, ambientale o igienico-sanitario, relative all’abitazione e al quartiere; p) verifica le condizioni e gli interventi dei servizi sociali per l’accoglienza e l’inserimento del minore straniero non accompagnato; q) riceve segnalazioni relative a casi di supposta violazione dei diritti dei minori, anche provenienti dai diretti interessati e ne dà comunicazione agli organi competenti affinché si attivino per le opportune verifiche ed interventi; r) segnala alla magistratura i casi di conflitto di interessi tra i minori e chi esercita la potestà genitoriale, con particolare riferimento ai casi di rischio per l’incolumità fisica; s) interviene presso le autorità competenti per garantire ai cittadini, nei procedimenti minorili civili, la conoscenza degli atti amministrativi e giudiziari; t) informa il cittadino ricorrente, l’ente interessato e gli organi regionali competenti delle iniziative intraprese e dei relativi risultati; u) collabora con l’Osservatorio permanente sulle famiglie, con il gruppo interistituzionale contro la pedofilia e pedopornografia minorile, anche al fine di promuovere un raccordo tra le strutture regionali e nazionali. Nell’esercizio delle funzioni, il Garante può: - chiedere l’accesso ai documenti amministrativi e la fissazione dei termini per la loro definizione; - verificare l’adempimento, nei termini previsti dai decreti dei tribunali per i minorenni, delle prescrizioni nei confronti dei comuni, dei servizi sociali comunali e provinciali, delle aziende sanitarie locali e, in caso di mancata indicazione dei termini, segnalare alle autorità competenti le relative inadempienze; - raccomandare alle amministrazioni competenti misure atte a migliorare la funzionalità dell’attività amministrativa e segnalare eventuali condotte omissive dei funzionari e degli operatori dei servizi pubblici o del privato sociale accreditato presso la Regione, per l’adozione di specifici provvedimenti sanzionatori. L’Autorità Garante della persona con disabilità è istituito presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, e svolge la propria attività in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione. Esso svolge le seguenti funzioni: a) persegue, in conformità alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ratificata dalla Legge n. 18/2009, ai principi costituzionali ed alle prescrizioni introdotte con la Legge 104/’92, la piena realizzazione dei diritti delle persone in situazione di handicap, nonché l’integrazione ed inclusione sociale delle persone con disabilità; b) comunica all’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità le violazioni della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e predispone una relazione biennale sullo stato di attuazione della predetta Convenzione nel territorio della Regione, avvalendosi anche dei rappresentanti del terzo settore; c) interviene, in ambito pubblico e privato, di propria iniziativa e/o sulla base di segnalazioni provenienti da una persona con disabilità e/o da un suo familiare, dal tutore, dal curatore, dall’amministratore di sostegno o da un’associazione avente per fine statutario la tutela dei diritti e/o la promozione sociale delle persone con disabilità, nei casi

in cui si lamentino disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento, anche omissivo o discriminatorio; d) sollecita e controlla che per ogni persona con disabilità sia redatto il progetto individuale; e) promuove, anche in collaborazione con gli enti territoriali competenti e le associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ogni altra attività diretta a sviluppare la conoscenza delle norme sull’handicap e dei relativi mezzi di tutela, attraverso le iniziative che ritiene più opportune per la maggiore diffusione e l’avanzamento della cultura in materia di integrazione ed inclusione sociale delle persone con disabilità; f) può costituirsi parte civile nei procedimenti penali a carico di chi abbia commesso reati avvalendosi impropriamente, con dolo o falsità, di strumenti giuridici e di tutti gli altri strumenti giuridici diretti a facilitare l’esistenza e l’autonomia delle persone con disabilità; g) esprime pareri e formula proposte, su richiesta degli organi regionali, in ordine alla normativa esistente e ai provvedimenti da adottarsi, legislativi e regolamentari, riguardanti i diritti delle persone con disabilità. Esprime, altresì, valutazioni sull’impatto delle azioni progettuali finanziate da organismi regionali ed aventi ad oggetto il miglioramento della qualità della vita delle persone con disabilità; h) collabora con altri soggetti istituzionali alla raccolta ed elaborazione di dati relativi alle persone con disabilità nella Regione; i) propone all’amministrazione regionale lo svolgimento di attività di formazione dirette a soggetti pubblici e privati preposti a svolgere compiti di tutela e salvaguardia dei diritti delle persone con disabilità; l) informa delle iniziative intraprese e dei risultati ottenuti i soggetti che hanno richiesto il suo intervento. Il Garante può: - accedere agli uffici pubblici o servizi aperti al pubblico e controllare la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione resi alle persone con disabilità, nonché l’agibilità degli spazi aperti al pubblico sotto il profilo dell’assenza di barriere architettoniche e della comunicazione indirizzata a persone portatrici di disabilità sensoriale nonché intellettivo - relazionale; - richiedere formalmente ai soggetti pubblici e privati il rispetto delle modalità e dei termini previsti dalle norme nazionali e regionali poste a salvaguardia dei diritti delle persone con disabilità, segnalando all’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali ed il lavoro ed alle altre competenti autorità eventuali violazioni delle predette norme; - segnalare al sindaco o all’amministrazione competente l’inosservanza delle disposizioni in materia di eliminazione delle barriere architettoniche; - segnalare alle direzioni provinciali del lavoro l’inosservanza delle disposizioni di cui alla Legge n. 68/1999 da parte dei datori di lavoro pubblici e privati o da parte di coloro che risultano essere aggiudicatari di appalti pubblici; - informare i soggetti che hanno subito discriminazioni determinate dalla loro condizione di disabilità, indirizzandoli verso i soggetti legittimati ad agire in giudizio; - richiedere agli enti legittimati ad agire anche per interessi collettivi di adire la competente autorità giudiziaria per ottenere apposito provvedimento di rimozione delle barriere architettoniche che determinano una oggettiva e comprovata inaccessibilità a luoghi pubblici o aperti al pubblico da parte delle persone con disabilità; - controllare le strutture ed i programmi destinati alle persone con disabilità allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza ed abuso, ai sensi di quanto dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

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UNEBA

Quote adesione uneba anno 2013 QUOTE NAZIONALI Val i de per: Val l e d’Ao s ta, Fri ul i Venezi a Gi ul i a, Trenti no Al to Adi g e, Emi l i a Ro mag na, Umbri a, Marche, Lazi o , Abruzzo , Mo l i s e, Campani a, Pug l i a, Bas i l i cata, Si ci l i a, Sardeg na • Scuole materne, euro 50 • Istituti fino a 50 assistiti, euro 130 • Istituti da 50 a 100 assistiti, euro 165 • Istituti da 100 a 200 assistiti, euro 270 • Istituti con oltre 200 assistiti, euro 320 • Sostenitori, euro 600 Le quote possono essere versate con una di queste modalità: • sul conto corrente postale 18680009 intestato a Uneba - Via Gioberti, 60 - 00185 Roma, utilizzando bollettini postali o con bonifico postale. Codice Iban: IT 45 Z 07601 03200 000018680009 • sul conto corrente bancario presso Credito Valtellinese, ag.14 di Roma, intestato a Uneba. Codice Iban: IT40D0521603214000000081783. Si racco manda, al mo ment o del p ag ament o , di s p eci fi care ci t t à e p ro v i nci a i n cui ha s ede i l v o s t ro ent e, o nde ev i t are di s g ui di do v ut i a cas i di ent i co n l o s t es s o no me. QUOTE REGIONE LIGURIA (comprensive della quota nazionale) • Scuole materne, euro 80 • Istituti fino a 50 assistiti, euro 230 • Istituti da 50 a 100 assistiti, euro 265 • Istituti da 100 a 200 assistiti, euro 470 • Istituti con oltre 200 assistiti, euro 540 • Sostenitori, euro 850 Le quote devono essere versate sul conto corrente postale 43151281 intestato a Uneba - Via Pisa, 9/1 - 16146 Genova. Per informazioni: info@unebaliguria.it QUOTE REGIONE CALABRIA La quo ta reg i o nal e annua è da s o mmare al l a quo ta nazi o nal e. • per enti che erogano servizi a carattere sociale: euro 5 a posto letto • per enti che erogano servizi a carattere sociosanitario: euro 10 a posto letto • per enti e associazioni di volontariato: 100 euro Le quote devono essere versate sul conto corrente bancario presso Banca Popolare del Mezzogiorno, agenzia di Santa Maria, interessato a Federazione regionale Uneba Calabria, Iban IT56B0525604401000000926170. E’ possibile versare assieme quota nazionale e quota regionale a Uneba Calabria, specificandolo nella causale. Per informazioni: Massimo Torregrossa, segreteria Uneba Calabria, mtorregrossa@betania. it, 0961 763169

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QUOTE REGIONE LOMBARDIA (comprensive della quota nazionale) • Scuole materne, euro 90 • Istituti per minori con meno di 50 assistiti, euro 200 • Istituti con meno di 50 assistiti, euro 430

• Istituti da 50 a 100 assistiti, euro 470 • Istituti da 101 a 200 assistiti, euro 750 • Istituti con oltre 200 assistiti, euro 950 • Sostenitori, euro 1400 Le quote possono essere versate con una di queste modalità: • sul conto corrente postale 17738204 intestato a Uneba - Piazza Fontana, 2 - 20122 Milano • sul conto corrente bancario intestato a Uneba Lombardia presso Credito Artigiano, agenzia di via Larga 7, Milano. Codice Iban: IT 45 X 0351201602000000088126 Per informazioni rivolgersi alla segreteria di Uneba Lombardia, aperta da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13. Tel. 02.7200.20.18 02.8556.361 fax 02.8556.361, uneba.milano@tin.it

QUOTE REGIONE PIEMONTE (comprensive della quota nazionale) • Scuole materne, euro 80 • Istituti con meno di 50 assistiti, euro 220 • Istituti da 50 a 100 assistiti, euro 280 • Istituti da 101 a 200 assistiti, euro 450 • Istituti con oltre 200 assistiti, euro 550 • Sostenitori, euro 1200 Le quote devono essere versate sul conto corrente postale 97389514 intestato a Uneba – Ass. Prov. TO – via San Giuseppe Benedetto Cottolengo 14 - 10152 Torino. Iban: IT55V0760101000000097389514 . Per informazioni contattare Uneba Piemonte: 011 5225560, info.piemonte@uneba.org QUOTE REGIONE TOSCANA (comprensive della quota nazionale) • Scuole materne, euro 55 • Istituti fino a 50 assistiti, euro 150 • Istituti da 50 a 100 assistiti, euro 185 • Istituti da 100 a 200 assistiti, euro 290 • Istituti con oltre 200 assistiti, euro 340 • Sostenitori, euro 650 Le quote devono essere versate sul conto corrente dell’UNEBA nazionale – Roma. QUOTE REGIONE VENETO (comprensive della quota nazionale) Per chi si iscrive per il primo anno a Uneba Veneto le quote sono ridotte del 50%. • Istituti con meno di 50 assistiti, euro 410. I° anno di iscrizione a Uneba Veneto: euro 205 • Istituti da 50 a 99 assistiti, euro 765. I° anno: euro 382,5 • Istituti da 100 a 199 assistiti, euro 1170. I° anno: euro 585 • Istituti oltre i 200 assistiti, euro 1520 . I° anno: euro 760 • Sostenitore, da euro 2500 Le quote di iscrizione vanno versate con bonifico bancario a favore di Uneba- Federazione Regionale Veneto, Codice IBAN: IT 28 E033 5901 6001 0000 0001 599 c/o Banca Prossima; causale: iscrizione Uneba 2013. Su www.uneba.org troverete la scheda di iscrizione, da inviare, assieme a copia dell’avvenuto bonifico, a info.veneto@uneba.org o al fax 049.6683013.


COLPO D’ALA

Questa pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

Pasqua di Risurrezione In cerca del Sole anteriore al sole, tramontato un tempo nel sepolcro, le mirrofore prevennero l’aurora, come chi brama il giorno e l’una all’altra esclamavano: O amiche, venite, ungiamo con aromi il Corpo vivificante e sepolto, la Carne, che fa risorgere l’Adamo caduto, deposta nel sepolcro. Andiamo, affrettiamoci come i Magi e adoriamo, e offriamo in dono i profumi a Lui avvolto non più nelle fasce, ma nella sindone. (Liturgia bizantina)

Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale Direttore Responsabile: MAURIZIO GIORDANO Redazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303 e - mail: info@uneba.it - sito internet: www.uneba.org Autorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991 Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.it Stampa: Consorzio AGE Arti Grafiche Europa - Roma

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Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBA Finito di stampare nel febbraio 2013


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