Riforma terzo settore - Le proposte di UNEBA

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UNEBA Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale Via Gioberti, 60 – Roma Tel. 06.5943091 – fax 06.59602303 info@uneba.it

CONSIDERAZIONI SULLE LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

1. In relazione all’invito rivolto a tutte le espressioni del Terzo settore di far conoscere le proprie valutazioni sul documento contenente le “Linee guida per una riforma del Terzo settore”, questa UNEBA, che dal 1950 costituisce la associazione nazionale maggiormente rappresentativa delle istituzioni ed iniziative senza fini di lucro operanti nei settori socioassistenziale, sociosanitario e socioeducativo, esprime il suo apprezzamento per l’iniziativa del Governo ed auspica che, dopo precedenti tentativi senza esito, si giunga finalmente ad un assetto giuridico e fiscale, a concrete semplificazioni ed a finalizzate agevolazioni per questo settore, snodo essenziale attraverso il quale passa ogni ipotesi di miglioramento della complessiva qualità di vita delle persone e della comunità. Dopo gli anni ’90 che videro le leggi sul volontariato, sulle ONLUS, sulle Fondazioni di origine bancaria, sulle cooperative sociali, sulle associazioni di promozione sociale e su aspetti del terzo settore impegnato nell’assistenza e nei servizi alla persona, Governi e Parlamento hanno trascurato questo settore. Anche alcuni tentativi di riforma del libro I del codice civile non ebbero alcun seguito: si ricordano la proposta della Commissione Pinza, la proposta Vietti, lo schema di disegno di legge del Ministro della giustizia dell’epoca Alfano (dopo un confronto con RETINOPERA, che, com’è noto, costituisce punto di incontro e riflessione per numerosi organismi operanti nel sociale, quali le ACLI, l’Azione cattolica, la FUCI, l’AGESCI, l’UNEBA, etc.). La volontà riformatrice che è alla base dell’azione dell’attuale Governo lascia sperare che l’obiettivo possa essere raggiunto ed a questo fine si assicura la massima disponibilità e collaborazione.

2. Si esprime innanzitutto un giudizio positivo sui criteri generali esposti nel documento contenente le linee guida dell’emananda legislazione in materia, che appaiono ispirati a condivisibili principi di sussidiarietà, pluralismo e partecipazione; si sottolinea l'affermazione del valore sociale dell'associazionismo, quale espressione dei diritti inviolabili della persona e strumento di promozione della partecipazione dei cittadini alla vita "politica e sociale" e - aggiungeremmo - "culturale" del Paese; è di grande rilievo l'affermazione di principio del riconoscimento di una ampia autonomia statutaria e l'opportunità di ridurre al minimo le prescrizioni amministrative e le disposizioni imperative ed inderogabili, ferma restando la necessità di garantire la trasparenza dell'azione degli enti, i diritti degli associati, la posizione dei terzi. Tuttavia considerazioni più puntuali potranno essere svolte solo sulla base della lettura dello schema di d.d.l. che il Governo predisporrà. Si chiede, pertanto, che prima della formale approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, lo schema di progetto di legge venga comunicato ai destinatari dell’attuale documento, naturalmente limitato alle linee direttrici e ad una serie di principi generali, per una più fondata valutazione.

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3. Preliminarmente si osserva che la riforma dovrebbe collocarsi su due piani: a) riforma del Libro I°, Titolo II°, del codice civile per la parte relativa alla generalità delle associazioni, fondazioni, comitati, altre istituzioni, a prescindere dalle finalità, in una logica di piena garanzia della libera autonomia privata; b) particolare ed omogenea disciplina (testo unico) dei soggetti di cui alla precedente lettera a) che si pongano fini di interesse generale (c.d. Terzo settore), ma con una forte attenzione (normativa, fiscale, rapporti con la pubblica amministrazione, etc) per quei soggetti che perseguano finalità di particolare interesse sociale in tal modo positivamente concorrendo con l’azione pubblica.

4. In relazione ai punti specifici esposti nel documento, e con riserva di ulteriori e più puntuali considerazioni e proposte una volta conosciuto lo schema di d.d.l. che sarà predisposto per il Consiglio dei Ministri, si espongono le seguenti considerazioni. Punto 1 Rispetto alla riforma del libro I°, Titolo II°, del codice civile, il primo elemento considerato è costituito dalla riforma delle regole sulla “costituzione degli enti”. Si tratta di un problema fondamentale, posto che l’attuale normativa sulla costituzione delle persone giuridiche private è radicalmente superata sotto il profilo sia della coerenza con fondamentali principi giuridici, sia in rapporto alle correnti concezioni sociali. Il legislatore del 1942 aveva fondamentalmente due problemi da considerare: da un lato esisteva la forte tendenza dello Stato autoritario ad atteggiamenti di sfavore verso la nascita e la vita di corpi sociali autonomi, concepiti come possibili fonti di alimentazione del dissenso ideologico e politico; d’altro lato esisteva anche la necessità di permettere la costituzione di persone giuridiche private in coerenza con un atteggiamento ormai comune a tutti i Paesi occidentali. Il legislatore dell’epoca combinò le diverse esigenze affermando che l’atto costitutivo delle Persone giuridiche private è il discrezionale provvedimento statale di riconoscimento e non l’atto di fondazione e di promozione da parte dei privati, e, ancora, fissando il principio, almeno per le Fondazioni (art. 25 C.C.) , della possibile ingerenza governativa sotto forma di vigilanza e controllo. In tal modo venivano salvaguardate le esigenze dello Stato autoritario, che per ogni altro aspetto (in quanto non coinvolgente interessi del sistema politico allora vigente) lasciava spazio alla autonomia privata, in particolare sugli aspetti organizzativi amministrativi e funzionali. L’impostazione del 1942 – per quanto ora unanimemente considerata superata – si è tuttavia perpetuata nel tempo. Una sola parziale modifica è stata introdotta con il DPR 361/2000 che ha soppresso la costituzione per riconoscimento, ma ha lasciato in capo alla autorità amministrativa (con modifica dell’ultimo momento rispetto alla iniziale impostazione volta ad attribuire tale competenza all’Autorità giurisdizionale ordinaria) la competenza ad ordinare l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche. Tale facoltà si è poi tradotta nell’esercizio da parte della autorità amministrativa secondo il medesimo tipo di ingerenza di merito precedentemente esistente. La soluzione auspicata parte dalle premesse che non può essere riservato alla persona giuridica privata di cui al Libro I un trattamento diverso rispetto al trattamento riservato alle persone giuridiche commerciali di cui al Libro V. Pertanto, e in coerenza al doveroso riconoscimento della autonomia privata (anche ex art. 2 e 3 Cost.) si chiede che l’attribuzione della personalità giuridica avvenga per effetto della iscrizione nel registro delle persone giuridiche da effettuarsi dal notaio che ha eretto l’atto costitutivo; e solo a quest’ultimo è attribuito il compito di accertare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge. Il tutto in esatta conformità a quanto già previsto per le società per azioni nonché per le società a responsabilità limitata (art.2330 C.C.).

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In questa logica: a) Va riconosciuta alle Persone giuridiche private ampia autonomia nella identificazione di scopi ed attività col solo limite del divieto di attività illegittime e illecite. Non esistono giustificazioni oggettive – anche in rapporto agli artt. 2 e 3 Cost – per introdurre “limiti di attività” o per espandere le attività ammissibili a solo favore degli Enti non riconosciuti. Altrettanta autonomia va anche riconosciuta per quanto attiene alla definizione statutaria delle strutture organizzative, alla amministrazione, alle rappresentanze, ai procedimenti ed agli strumenti di tutela degli interessi degli associati e dei fondatori. Per quanto non demandabile alla sede statutaria, si ritiene che il riferimento normativo debba essere quello di cui alle regole portate dal Libro V, Titolo V, del Codice Civile, o con riferimento pieno o con adattamenti coerenti alla peculiarità delle persone giuridiche private. Tale riferimento pare giustificato dalla opportunità di una disciplina sostanziale analoga per ogni tipo di persona giuridica sia commerciale che privata, e la Cassazione – ormai abbondantemente – ha risolto problemi relativi alle persone giuridiche private invocando ed applicando le regole civilistiche sulle società considerate per buona parte come espressione di principi generali; nello stesso senso si sono espresse anche Commissioni di Studio costituite a livello governativo (vedasi Relazione Clarich, Torchia ed altri); infine il riferimento alle regole civilistiche è coerente alla circostanza che si verte in campo di diritti soggettivi pieni e non sottoposti alla discrezionalità amministrativa. b) Deve essere prevista una parziale distinta disciplina per le Associazioni e le Fondazioni, in particolare sotto il profilo delle peculiarità delle Associazioni in cui è presente l’organo assembleare. c) Deve essere fissato il vincolo di non distribuzione degli utili e del patrimonio. d) E’ opportuno tenere conto dell’esigenza di un patrimonio predeterminato ed uniforme (secondo quanto previsto per le S.r.l.) anche a garanzia dei diritti di terzi data anche l’assenza di responsabilità personali in caso di Enti riconosciuti. Per inciso si annota che è ormai generalmente superato l’antico orientamento del Consiglio di Stato secondo cui le Fondazioni, già all’atto della costituzione, dovrebbero possedere un capitale tale da fornire un reddito adeguato agli scopi da assolvere; ora si tende infatti a considerare la possibilità di apporti successivi, mentre l’esistenza di un certo capitale iniziale è concepita in funzione della tutela dei contraenti. e) Non si ritiene opportuna l’adozione di modelli organizzativi diversificati a seconda della attività svolta o l’utilizzazione di finanziamenti pubblici; lo stimolo (non l’obbligo) per l’assunzione della qualifica di impresa sociale può rispondere alle possibili particolari esigenze degli Enti che hanno significativi rapporti economici con la P.A.. f) L’esigenza di rispetto del principio democratico e partecipativo è certamente utile per quanto riguarda le Associazioni, data la presenza di un substrato collettivo (Assemblea; ma anche per queste non si può non tenere conto della loro estrema differenziazione quanto a numero di soci, attività etc.); non risulta invece applicabile alle Fondazioni in cui la composizione e le attività degli Organismi sociali è necessariamente riservata alla competenza degli atti di fondazione e costituzione. Specifica attenzione deve essere dedicata, a parere dell’UNEBA, al sistema dei controlli, particolarmente nell’ambito delle fondazioni, data la mancanza dell’Assemblea, rispetto ai quali si invocano disposizioni analoghe a quelle previste per le Persone giuridiche di cui al Titolo V del Codice Civile, in particolare: -

va previsto l’obbligo dell’’esistenza di un Organismo di controllo interno (collegio sindacale);

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va introdotta una disciplina per l’ impugnazione delle delibere degli Organismi sociali contrarie alla legge, allo Statuto e all’ordine pubblico, con riconoscimento a ciascun componente degli Organi collegiali e al Pubblico Ministero di promuovere iniziative, sia per l’annullamento che per la dichiarazione di nullità, sia per la promozione di provvedimenti urgenti;

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pare utile ammettere la possibilità di esperire l’assunzione di responsabilità nei confronti degli amministratori stabilendo l’entità della responsabilità (anche tenendo conto delle finalità e dimensioni dell’ente);

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va accentuata la gamma degli atti fondamentali da iscrivere nel registro delle persone giuridiche private sancendo la libera consultabilità del registro stesso da parte di chiunque ne abbia interesse;

Il sistema dei controlli può essere rafforzato dalla previsione che – per gli amministratori, per i membri degli organi di controllo e per i liquidatori di persone giuridiche private, esercenti anche attività commerciali – siano applicabili le disposizioni di cui agli artt. 2621-2622-2625-2630-2631-2634-2635-2636 D.Lvo 231/2001, con le sanzioni ivi previste. Va incentivata la applicazione del Decreto Legislativo 2 giugno 2001, n. 231.

Punto 2 La materia del volontariato riguarda indirettamente l’UNEBA, in quanto gli enti ad essa associati, come in generale tutti gli enti operanti nel settore sociale, si avvalgono spesso dell’opera del volontariato, per il valore aggiunto da questo apportato nelle relazioni interpersonali. Di norma il rapporto avviene attraverso la stipulazione di apposite convenzioni. L’impianto generale della legge n. 266/1991 (che per lo più regolamenta i rapporti tra O.d.V e pubblica amministrazione) appare tuttora valido. Precisazioni dovrebbero introdursi sul concetto di gratuità (soggetto ad elusione attraverso rimborsi forfettari), sui compiti dei Centri di servizio e dei Comitati di gestione, sui campi di attività del volontariato ampliandone la sfera. Punto 3 Rispetto al IV alinea si ritiene che il regime tributario debba essere unico per tutto il Terzo settore impegnato in attività aventi fini di interesse generale. Tuttavia nel suo ambito si dovrebbe identificare una ristretta base di finalità istituzionali (evitando discriminazioni soggettive tra i diversi organismi di Terzo settore) di forte impatto di utilità sociale, il cui perseguimento giustifica la totale esenzione da imposizione diretta e, comunque, agevolazioni di ordine tributario; questo vale particolarmente per gli organismi operanti nel settore dei servizi alla persona, che costituisce componente essenziale dello Stato sociale nella risposta personalizzata ai bisogni, presenza pressochè unica in situazioni di frontiera, fonte di risparmi per la finanza nazionale e locali, area di continuo sviluppo dell’occupazione. Punto 4 Si giudica favorevolmente la reintroduzione dell’Authority del Terzo settore, purchè le si attribuiscano compiti incisivi, che non introducano nuovi intralci burocratici, ma siano sostitutivi di attuali competenze statali o regionali; all’Authority dovrebbe essere attribuita anche la funzione di emanazione di pareri obbligatori e vincolanti in materia fiscale ad evitare le incertezze e contraddizioni degli uffici tributari. Punto 5 Si rinvia alle considerazioni generali (punto 3 del presente documento), ribadendo che: per la parte soggettiva (associazioni, fondazioni, etc) la sede adatta è la riforma del Libro I c.c.; per la parte relativa all’attività svolta (assistenza, formazione, sanità, ambiente, cultura, etc.) la sede non può che risiedere nella legislazione di settore. Il testo unico potrebbe contenere norme generali inerenti i rapporti con la pubblica amministrazione e una organica disciplina fiscale (ved. osservazioni al punto 3 delle linee guida). Si richiama in particolare l’attenzione sull’estrema diversità nelle legislazioni regionali dei termini di autorizzazione,

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convenzione, accreditamento, sul proliferare di registri, anagrafi ed albi, sulle modalità e procedure di affidamento o di acquisizione di beni e servizi, sulla titolarità della rappresentanza. Punto 6 Attualmente la partecipazione al momento della programmazione ha carattere episodico e solo genericamente consultivo. Il processo decisionale deve prevedere stringenti moduli partecipativi e cooperativi a partire dalla fase della individuazione dei bisogni e delle possibili risposte e introdurre elementi di corrispondenza tra quanto emerge in sede di condivisione di linee strategiche ed operative e le conseguenti decisioni della pubblica amministrazione e momenti di comune valutazione dei processi e degli esiti. Punto 7 Troppo generico per una informata valutazione. Punto 8 Da trattare nel capitolo che riguarda il regime fiscale e senza introdurre discriminazioni tra imprese sociali ed altri organismi di Terzo settore. Punti 9 – 15 Si concorda sull’esigenza di norme che possano agevolare l’adozione del modello di impresa sociale nei casi ritenuti utili ed opportuni dai soggetti interessati, ma si esprimono perplessità e riserve sulla introduzione generalizzata ed obbligatoria di questo modello che comporta anche condizioni ed oneri non estensibili alla generalità del terzo settore, la cui forza è l’estrema duttilità e varietà di forme che si possano adattare alla realtà quale di volta in volta si presenta. Saranno il tempo e l’esperienza a determinare il successo della impresa sociale e le scelte consapevoli e responsabili dell’autonomia privata. Il punto 14 è trattato anche in altri paragrafi del documento. Sul punto 15: il Fondo dovrebbe riguardare tutto il Terzo settore e non soltanto una sua componente e se ne dovrebbero indicare modalità di gestione e finalità: un sostegno alle start-up? Un aiuto nelle fasi di crisi? Altro? Punti 16 – 20 Le proposte sono condivisibili e già al momento della trasformazione del servizio militare obbligatorio in volontario il problema era stato posto. Si sottolinea l’esigenza del momento formativo, la valenza delle motivazioni (che non divenga una sorta di sottoimpiego di ingresso), le modalità di inserimento. L’UNEBA, firmataria del CCNL del settore socioassistenziale, sociosanitario e socioeducativo, può valutare positivamente eventuali proposte di pianificazioni d’intervento nazionale e regionale volte all’inserimento di volontari e tirocinanti nelle strutture dei propri associati - considerando le specificità del settore – ed alla relativa formazione in virtù di riconoscimenti a livello normativo che garantiscano al Terzo settore quanto meno la parità nell’accesso ai programmi e bandi . Punto 22 La materia fiscale è trattata in più punti (che andrebbero meglio coordinati) delle linee guida. L’UNEBA ribadisce l’esigenza di una normativa snella, chiara ed applicabile alle migliaia di enti, spesso di piccole dimensioni e di risorse finanziarie e professionali limitate e con il determinante concorso di operatori volontari. Si rinvia a quanto sopra affermato in relazione al punto 3, alinea IV, delle linee guida. Sulla accezione – infelice oltreché controversa – di “modalità non commerciale”, si sottolinea l’estraneità di questo concetto alle organizzazioni senza scopo di lucro: anche queste hanno una organizzazione imprenditoriale, producono beni e servizi, tendono ad avere bilanci con avanzi di gestione (per garanzia di continuità, per investimenti nel miglioramento del servizio, a tutela del personale occupato).

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Quello che le differenzia sono il perseguimento di finalità di utilità sociale, il divieto di distribuzione diretta o indiretta di utili, la destinazione del patrimonio in caso di estinzione, e solo questi elementi devono essere presi in considerazione ai fini del regime fiscale (imposte dirette, indirette, IVA, IMU nelle sue diverse e nuove articolazioni, etc.). Il problema deve essere esaminato anche in sede europea dove, invece, il concetto della difesa della libera concorrenza (anche tra profit e no-profit) prevale su quello dello svolgimento di attività (che per loro natura sono tutte “economiche” in senso lato) senza scopo di lucro e con finalità di interesse generale. Punto 26 L’affermazione della volontà di infrastrutturare il “secondo welfare”, quale elemento su cui basare la riforma dello Stato sociale, va nel senso della attuazione della sussidiarietà orizzontale, o sociale, di cui all’art. 118 Cost., ed è pienamente condivisibile, ma deve essere accompagnato da elementi che favoriscano la responsabile partecipazione delle persone in una logica di “welfare generativo” che veda i destinatari di prestazioni ed interventi contribuire alla vita della comunità con una propria attività, da svolgere nelle forme e modi a loro possibili, che abbia scopi di pubblica utilità.

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