New architectural spaces. Technologies and materials for pop up installation

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Introduzione

Di Federico Cinquepalmi1 La costante necessità di definire e caratterizzare gli spazi pubblici si intreccia da sempre con i limiti e le opportunità offerte da differenti materiali, sistemi costruttivi e tecnologie. Il linguaggio architettonico riflette i cambiamenti economici e sociali evolvendosi in risposta alle mutevoli esigenze, secondo i principi dell’efficienza energetica e nel rispetto degli equilibri ambientali. Tale evoluzione si evince dall’emergere di nuove tecniche costruttive e progettuali e di innovativi materiali ecologici. Il risultato è un’architettura effimera, leggera, dal design rivoluzionario, funzionale e sostenibile, che si configura come campo di sperimentazione e verifica di nuovi rapporti tra lo spazio e le attività umane, in dialogo con il paesaggio urbano che lo accoglie. L'architettura contemporanea appare e scompare sempre di più negli spazi pubblici urbani. Molte di queste strutture sono state etichettate come "pop-up", costruzioni temporanee destinate a movimentare i “nonluoghi2” di Marc Augè3, dove miriadi di individualità si incontrano senza spesso relazionarsi tra loro. Sono per lo più le creazioni di giovani architetti che, con il loro talento e la loro energia, superano le opportunità di lavoro, avviano, progettano e costruiscono scorci per una città migliore, più aperta, più

Professore presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza, Dirigente dell’Ufficio per l’Internazionalizzazione della Formazione superiore del MIUR 2 Espressione introdotta dal sociologo francese Marc Augè nel 1992 nel suo libro «Nonluoghi» 3 Marc Augè (Poitiers, Francia, 2 settembre 1935) antropologo ed etnologo, famoso per le sue ricerche inerenti i sistemi religiosi, la malattia e la morte in Africa occidentale e per la sua analisi degli spazi moderni 1

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sociale, più piacevole, più sorprendente. Spesso i pop-up sfidano le difficoltà economiche, facendo affidamento su quantità inesplicabilmente grandi di entusiasmo non retribuito e persistenza nell'ottenere risultati a buon mercato. In pochi metri quadrati si concentra un grande potenziale: nuovi luoghi di interesse efficaci dal punto di vista economico, sociale ed ecologico. I pop up store si configurano quindi come un mezzo per raggiungere uno degli obiettivi della smart city, ovvero lo sviluppo sostenibile, creando un equilibrio tra la crescita economica, la tutela dell’ambiente e l’equità sociale. L'economia pop-up può essere riassunta con una sola parola: temporanea. Il concetto di pop-up è una tendenza a livello internazionale, che ha guadagnato slancio negli ultimi anni. Che si tratti di un brand noto a livello mondiale o di un prodotto locale, di un parco pubblico o di un festival delle arti o di un’esposizione museale, l'economia pop-up ha dimostrato di essere una strategia di successo per tutti i soggetti coinvolti. Essa si manifesta tipicamente in una delle tre forme: Pop-Up Shop, Pop-Up Event e/o Pop-Up Planning. La variabile comune che porta al successo dell'economia pop-up, a prescindere dalla manifestazione, è quella della riduzione del rischio. La capacità di compensare quest’ultimo attraverso la temporaneità, ha reso l'economia pop-up attraente per i comuni, gli imprenditori, le organizzazioni non profit, i ristoratori e i privati cittadini. In una prospettiva di smart community, una città in cui le informazioni sono elementi chiave per un miglioramento concreto della qualità della vita dei cittadini, è fondamentale la progettazione di manufatti interattivi capaci di creare nuove strategie comunicative da implementare a “rete”, per attivare processi di rigenerazione urbana. Nella prima parte del presente volume viene illustrato l’argomento dal punto di vista storico, architettonico, tecnologico e di marketing. La seconda parte è dedicata a schede progettuali riguardanti micro-architetture rimovibili, dal design innovativo, in grado di costituire un landmark per quattro principali tipologie in cui viene declinata la tecnologia dei pop-up: food, museum, shop e ticketing.

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L’architettura effimera

Le città riflettono il volto della popolazione sempre più dinamica e veloce nel cambiamento. La strategia di adattamento ai processi di trasformazione sociale ed economica e la pianificazione urbanistica spesso non riescono a mantenere il passo per la mancanza di risorse o per l’inadeguatezza dei masterplan di rispondere nei tempi stabiliti alle esigenze per i quali sono stati elaborati4. Negli ultimi anni sono emerse esperienze progettuali a livello internazionale in linea con la diffusa filosofia del tempo determinato, capaci di offrire soluzioni per uno specifico bisogno e per un particolare periodo di tempo. A questo si aggiunge l’attenzione da parte degli amministratori del territorio e non solo sul tema del consumo del suolo, con l’obiettivo di disincentivarlo a favore di pratiche legate principalmente alla rigenerazione urbana e alla riqualificazione delle aree dismesse. Tali esperienze si basano su una pratica già storicamente consolidata fondata sul concetto di effimero. L'etimologia dell’attributo effimero è di origine greca: la parola è costituita dal prefisso epì=per e dal sostantivo emèra=giorno, designando letteralmente qualcosa che dura un solo giorno, più in generale qualcosa di temporaneo. La poetica dell’effimero si può riscontrare con forme diverse in vari periodi storici, in molteplici ambiti ludici, politici, istituzionali, religiosi, culturali, artistici, commerciali e sociali.

Vrolijk, D., New ideals in Urban design, in Urhahn Urban Design, The Spontaneous city, Amsterdam, Bis Publisher, 2010, p. 43. 4

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Dal barocco all’età moderna Le prime rappresentazioni effimere emergono dalle testimonianze narrative ed iconografiche del periodo Barocco, e avevano luogo in particolari occasioni civili e religiose5. Tra il XVI e il XVIII sec. sono state commissionate ai più importanti artisti dell’epoca numerose macchine scenografiche usate come strumenti di propaganda politica ed ideologica della chiesa cattolica, che venivano bruciate nella parte conclusiva dello spettacolo pirotecnico. Dal Rinascimento al Barocco fino ai Bibiena6, la città si trasforma costantemente con la costruzione di finte architetture, assumendo una prospettiva teatrale7. L’architettura effimera costituiva un laboratorio sperimentale per quella duratura; un esempio è offerto dalla Porta del Popolo prospiciente sull’omonima piazza di Roma, che prima di diventare un’opera duratura, era stata creata dal Bernini8 come struttura temporanea per la visita di Cristina di Svezia9 nella prima metà del ‘600. È da qui che è nata l’idea di conferire a questa piazza il ruolo d’ingresso principale della città per le visite ufficiali. Si sviluppa in questo periodo il cosiddetto “Effimero di Stato”, in relazione alle cerimonie del Possesso di Roma10 e alle onoranze funebri del papa. Durante tutto l’anno si svolgevano processioni di numerose confraternite presenti a Roma e in concomitanza sfilavano con le immagini dei santi protettori e i loro stendardi. Alla fine del ‘500 lo scrittore Michel Montaigne11 parlava della città in questo modo: «Vi sono cento confraternite e più […] ognuna con un colore proprio […] ma la cosa più stupefacente era l’incredibile quantità di gente che partecipava alla C. Palestini, La rappresentazione tra progetto e rilievo, Gangemi Editore, Roma, 2008 Famiglia di scenografi, architetti, quadraturisti, pittori, originari di Bibbiena nel Casentino, attivi anche nel contesto europeo tra il XVII e il XVIII secolo 7 F. Di Stefano, L’effimero e l’illusorio in età barocca, Associazione Culturale Finestre sull’Arte, 2011 8 Bernini Gian Lorenzo (Napoli, 7 dicembre 1598 – Roma, 28 novembre 1680), architetto, pittore, scultore, protagonista della cultura figurativa barocca 9 Cristina regina di Svezia (Stoccolma, 1626 - Roma, 1689), figlia di Gustavo Adolfo e di Maria Eleonora di Brandeburgo, salita al trono di Svezia a 6 anni, è un’illuminata sovrana che si circonda dei migliori artisti e delle menti più brillanti dell’epoca come Cartesio e Grozio. Nel 1652 si converte al cristianesimo, abdica a favore del cugino Carlo Gustavo e si trasferisce a Roma in palazzo Farnese 10 Il Possesso di Roma prevedeva una cavalcata da San Pietro in Vaticano fino a San Giovanni in Laterano, dove venivano offerte al nuovo papa le chiavi d’oro e d’argento della basilica. Successivamente il percorso è stato abbreviato e la cerimonia semplificata assumendo caratteri meno sfarzosi e solenni 11 M. Montaigne (Bordeaux, 28 febbraio 1533 – Saint-Michel-de-Montaigne, 13 settembre 1592) aforista, filosofo, scrittore e politico francese. La sua opera principale “i Saggi”, che scrive a partire dal 1571, ha come oggetto di studio l'uomo, e sé stesso in particolare, e analizza la condizione umana e la quotidianità, con una rara capacità d'introspezione libera da pregiudizi 5 6

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cerimonia […] e non appena si fece buio tutti quei fratelli si avviavano verso San Pietro ognuno tenendo una torcia accesa in mano. Credo di aver visto sfilare davanti a me almeno dodicimila torce, visto che dalle otto di sera sino a mezzanotte la strada rimase sempre piena […] per cui non vidi mai un vuoto, né un’interruzione12». Un altro esempio di architettura effimera divenuta successivamente stabile è costituito dagli apparati predisposti per la devozione delle “Quarantore13”; la forma della struttura dell’ancona collocata sull’altare deriva dai cosiddetti teatri che venivano realizzati nel Seicento per esporre il sacramento durante i giorni del carnevale. Nel 1610 l’architetto Girolamo Rainaldi14, in occasione della canonizzazione di san Carlo Borromeo, ha progettato la facciata effimera di San Pietro sovrapposta a quella della basilica: raggiungeva un’altezza di 30 metri, era realizzata in legno e tela, ed esponeva i ritratti di 35 santi vescovi di Milano. È nelle feste e nelle cerimonie barocche che l’effimero ha raggiunto la sua massima espressione; ciò richiedeva una progettazione minuziosa di favolose macchine sceniche per l’esaltazione dell’apparizione e del trionfo, che avevano il compito di far divertire e stupire. Esse erano formate da trompe l'œil, dipinti giganteschi su tela sostenuti da imponenti impalcature, con statue e stucchi in carta pesta, come fossero di vero marmo e poi dipinti. Tali apparati così sfarzosi non venivano completamente distrutti in quanto alcuni elementi decorativi potevano essere riutilizzati per altre occasioni. Inoltre, la temporaneità di questi eventi e la breve durata di queste macchine è stata resa duratura grazie alle testimonianze di disegnatori, scrittori, diaristi che con i lori schizzi e parole ne hanno conservato il ricordo. Dai carri pirotecnici che sfilavano per la città accolti con entusiasmo dalla popolazione, deriva la Fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona e l’Elefante della Minerva, entrambi frutto della maestria del Bernini. Anche Pietro da Cortona15 ha mostrato il suo talento di scenografo dell’effimero per la famiglia Barberini, per i quali ha progettato numerosi apparati e macchine sceniche per diversi spettacoli tra cui il dramma Sant’Alessio di Stefano Lando16 nel 1632, in occasione dell’inaugurazione del teatro di palazzo.

M. FAGIOLO, La Festa a Roma dal Rinascimento al 1870, ed Allemandi, Torino, p. 9,1997 Nel Cristianesimo è una pratica devozionale di adorazione del Santissimo Sacramento per quaranta ore consecutive durante la settimana santa, in ricordo del tempo trascorso da Cristo nel sepolcro 14 Rainaldi Girolamo (Roma, 4 maggio 1570 – 15 luglio 1655) – architetto formato presso Domenico Fontana e nominato architetto papale nel 1650 15 Pietro da Cortona, (Cortona, 1596 - Roma,1669), architetto e pittore tra i massimi protagonisti del Barocco a Roma insieme a Bernini e Borromini 16 S. Landi, (Roma 26/02/1587 – Roma 28/10/1639) cantore e compositore di melodramma, appartenente alla scuola romana del primo barocco. 12 13

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La Roma barocca, definita dalle cronache dell'epoca “Gran Teatro del Mondo”, era dunque lo scenario dove prendeva vita la festa effimera e per via di essa assumeva continuamente nuove forme divenendo essa stessa temporanea. Al Lido di Venezia il Palladio17 realizza nel 1574 due architetture temporanee, un arco di trionfo e una loggia, in occasione dell’arrivo di Enrico III di Francia18. Nel 1775 Carlo Vanvitelli ha progettato l’apparato effimero per la festa organizzata in onore della nascita del Principe Ereditario delle Due Sicilie, all’interno del cortile del Palazzo del Real Battaglione Ferdinando19. Nella seconda metà del XIX secolo, la città in cartapesta che fino a quel momento si era contrapposta da un punto di vista concettuale alla città in pietra, si fondono insieme facendo emergere come avvenuto già in passato, la necessità di costruzioni non ancora esistenti se non in forma temporanea. Le esposizioni universali offrono infatti esempi di un’evoluzione della sperimentazione di architetture temporanee, dove l’obiettivo era colpire e stupire un vasto pubblico attraverso l’introduzione di novità scientifiche o culturali. In alcuni casi significativi l’effimero è stato superato dall’eterno come l’emblema di Parigi, la Tour Eiffel, realizzata nel 1889, o il padiglione della Germania progettato per l’Expo di Barcellona del 1929 da Ludwig Mies van der Rohe, tra i maestri del Movimento Moderno, che è stato demolito lasciando però un tale segno nella memoria da diventare anch’esso eterno20. In Italia a Genova, nel 1992 la soluzione di Renzo Piano che prevedeva un nuovo assetto della città è rimasta fino ad oggi21. Nell’ambito architettonico tale poetica permea il pensiero moderno ed è riscontrabile già nel Manifesto dell’architettura futurista pubblicato nel 1914, in cui Antonio Sant’Elia affermava: “Abbiamo perduto il senso del monumentale, del pesante, dello statico, ed abbiamo arricchita la nostra sensibilità del gusto del leggero, del pratico, dell’effimero e del veloce. Sentiamo di non essere più gli uomini delle cattedrali, dei palazzi, degli arengarî; ma dei grandi alberghi, delle stazioni ferroviarie, delle strade immense, dei porti colossali, dei mercati coperti, delle gallerie luminose, dei rettifili, degli sventramenti salutari. Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile ad un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile a una macchina gigantesca22”.

Andrea di Pietro della Gondola, (Padova, 30 novembre 1508 – Maser, 19 agosto 1580), G. Romanelli, Palladio, Editore Giunti, 1998 19 O. Cirillo, Carlo Vanvitelli: architettura e città nella seconda metà del Settecento, Alinea Editrice, Firenze, 2008 20 A. Visconti, Da Londra 1851 a Milano 2015 Industria cultura ambiente nella storia delle expo internazionali, Archivio di Stato di Milano 21 L’obiettivo di Piano è stato quello di recuperare l’area del porto antico di Genova che, nel secondo dopoguerra, con la crescita dei traffici portuali, era diventata inadeguata e per questo le navi si erano spostate verso l’area di ponente del porto abbandonando in uno stato di degrado l’area precedente. Alla fine dell’Expo le strutture realizzate per l’occasione sono state convertite in centro culturale e zona commerciale per il Porto Antico. 22 La famosa machine à habiter di Le Corbusier 17 18

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Nella poetica marinettiana il concetto di effimero è legato al rifiuto dell’idea di eternità ed assolutezza di un’opera d’arte; egli afferma infatti che “il futurismo è un continuo sforzo per sorpassare tutte le leggi dell’arte e l’arte stessa mediante qualcosa di impreciso che si può chiamare vita-arte-effimero”23. La prima architettura multimediale temporanea è stata commissionata a Le Corbusier nel 1956 dalla Philips Corporation con fini pubblicitari; si trattava di un Padiglione per l’Esposizione Internazionale del 1958 a Bruxelles, costituito da gusci sottili autoportanti incurvati e formati da lastre precompresse in cemento armato, a cui è stato attribuito il nome “Poème électronique” in quanto frutto della fusione dell’idea progettuale con quella della composizione visiva e musicale24. In questo progetto si riscontrano tutti gli elementi che caratterizzano gli attuali temporary store poiché il padiglione è stato in grado di offrire ai visitatori un’esperienza totalizzante con l’ascolto e la visione, come un vero e proprio ambiente immersivo capace di trasmettere emozioni. Uno dei più grandi allestitori di mostre d’arte, Aldo Rossi, sosteneva che l'architettura effimera è la premessa del monumento: "al pari del teatro il portale recupera le costruzioni delle città che nascevano per precise occasioni della vita urbana e poi venivano distrutte o trasformate in architettura di pietra". In Giappone Rossi realizza lo Yatai di Pinocchio, un tipico chiosco di cibo giapponese influenzato dalla cultura italiana per il Japan Design Expo 1989 di Nagoya, semovente in modo da sovrapporsi visivamente all’ambiente costruito della città, che percorre divenendo una “permanenza effimera” che unisce luoghi a sapori dimenticati. Il critico d’arte Gillo Dorfles affermava che “la coscienza dell’effimero” equivale alla “consapevolezza da parte del creatore di non realizzare un’opera duratura”, permettendo così all’architetto “di concepire delle strutture che mai avrebbe realizzato”. "Sempre effimera è l'opera dell'uomo, sia che venga distrutta per arbitrio e prepotenza dei politici, sia che ritorni natura attraverso il tempo" è l’interpretazione di Manfredo Tafuri, secondo il quale l'effimero ricopre il ruolo fondamentale di elemento progressivo rispetto al reale25.

La cultura progettuale contemporanea L’architettura contemporanea secondo il sociologo francese Augé “non mira all’eternità ma al presente: un presente, tuttavia, insuperabile. Essa non anela all’eternità di un sogno di pietra, ma a un presente sostituibile all’infinito”. Con essa anche l’ambiente urbano diventa un “eterno presente” con “edifici

F. Purini, L. Malfona, M. Manicone, Antonio Sant’Elia. Manifesto dell’architettura futurista. Considerazioni sul centenario, Gangemi Editore, Roma, 2015 24 P. Gattuso, Il padiglione philips e il poème electronique, Bruxelles (1956-1958), Wordpress, 26/11/2005 25 R. Poletti, Gli archi di Aldo Rossi, Domus, 28 giugno 2012 23

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sostituibili gli uni con gli altri ed eventi architettonici, singolarità che sono anche avvenimenti artistici concepiti per attirare visitatori da tutto il mondo”26. Sono numerosi gli esempi di elementi effimeri presenti all’interno di progetti architettonici permanenti. Basti pensare alle facciate multimediali che si smaterializzano e diventano un mezzo per comunicare e interagire con i passanti e contribuiscono a ridisegnare continuamente l’estetica dell’edifico e del contesto urbano che lo accoglie. Lo storico dell’architettura Renato Fusco27 sosteneva già nella prima edizione del suo libro “L'architettura come mass media” a metà degli anni ’60, che l’architettura non costituisce soltanto uno strumento che risponde ad una funzione, ma qualcosa che permette anche di divulgare la cultura, gli usi e i costumi di un paese. Questo aspetto semantico è presente nelle costruzioni di ogni periodo storico ed è perfettamente rintracciabile nelle moderne costruzioni che si avvalgono di strumenti informativi; l'idea di De Fusco è quella di considerare l'architettura stessa un mass medium. La Maison de la Publicitè28 progettata nel 1934 da Oscar Nitzchke29, costituisce uno dei primissimi esempi di edificio “mediatico”; è caratterizzato da una doppia facciata, una interna e una esterna, unite da un ballatoio, su cui installare insegne di ogni genere (Fig. 1). Da New York, a Dubai, Tokyo, Pechino, sono numerosissimi gli esempi emblematici di involucri capaci di trasmettere messaggi audio, visivi, con immagini fisse o in movimento, per diffondere informazioni sociopolitiche o pubblicitarie. Nel cuore di Manhattan a Time Square si erge il Four Times Square, un grattacielo di 48 piani dove ha sede il Nasdaq, caratterizzato da un volume semicilindrico d’angolo e uno schermo alto 8 piani con tecnologia a led che trasmette senza interruzioni notizie sulle quotazioni dei mercati, finanziarie e pubblicità. A Pechino la facciata mediatica e fotovoltaica GreenPix di 2.200 m2 è stata progettata da Simone Giostra & Partners, per riqualificare un’intera parte della Pechino Olimpica nel 2008. La facciata è costituita da due strati funzionali: uno con moduli fotovoltaici vetro-vetro semitrasparenti e uno di LED30 (Fig. 2). Le pareti multimediali sono protagoniste anche dell’intervento di ampliamento della Kunsthaus del 2003, a Graz, progettato dallo studio berlinese realities:united. La creatività dei fratelli Jan e Tim Edler ha portato alla fusione di architettura e tecnologia mediale, il cui risultato si esplica con la facciata BIX; grazie a M. Augé, Le temps en ruines, Paris 2003 (trad. it. Rovine e macerie. Il senso del tempo, Torino 2004), pag 92. Renato De Fusco (Napoli 14/07/1929) è uno storico dell'architettura e della progettazione, esponente della semiotica, architetto e professore emerito in storia dell'architettura presso l'omonima facoltà dell'Università Federico II di Napoli 28 E. Mandolesi, L. Cioeta, A. Russo, Configurazione verso l’esterno dell’organismo architettonico, Gangemi Editore, 2012 29 Oscar Nitzchke (Altona – Germania, 29 agosto 1900 – Parigi, 11 febbraio 1991), architetto noto per il progetto della sede delle Nazioni Unite a New York e la Los Angeles Opera House 30 M. L. Palumbo, Architettura produttiva: principi di progettazione ecologica, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2012 26 27

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quest’ultima gli artefici dell’opera sono stati insigniti del premio “Inspire Award“ della Deutschen Telekom, nel 2005, del valore di 50.000 €31. La BIX si configura come uno schermo urbano iperdimensionale di 900 m², in cui sono installate 930 lampade circolari al neon, del tipo standard da 40W, gestibili regolando la luminosità dallo 0 al 100%. La “bolla blu” costituisce uno strumento efficace di comunicazione artistica in grado di informare i passanti dei contenuti programmatici della Kunsthaus Graz e di trasmettere all’esterno dell’edificio le situazioni espositive racchiuse al suo interno. La progettazione di particolari volumi e superfici consente di cogliere in alcune architetture segni effimeri interessanti. Ne è un esempio il New Museum of Contemporary Art a New York, disegnato da SANAA, studio d'architettura fondato nel 1995 da Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa. I "cubi" impilati uno sull'altro a comporre l’edificio di sette piani (più due interrati), sono caratterizzati da varie dimensioni ed altezze. La disposizione sfalsata rispetto all’asse verticale di questi vari volumi conferisce una costante dinamicità, che riflette lo spirito dell’arte esposta al suo interno. Lo showroom Dior sulla Ayoama32 a Tokyo, sempre ad opera di SANAA, è circondato da pareti di vetro trasparente poste di fronte ad uno schermo acrilico ondulato traslucido, racchiuso tra fasce orizzontali bianche a differenti altezze, che consente di allestire la facciata con pannelli mobili in acrilico semitrasparente, che ridisegnano il volume rendendolo mutevole ed effimero. Di notte, i vari livelli dell’edificio alto 30 metri brillano con intensità diverse. È possibile conferire dinamicità ad un edificio e all’ambiente urbano in cui esso è collocato attraverso il movimento vero e proprio. Il grattacielo ruotante Torre Da Vinci o Dynamic Tower, progettato dall’architetto italiano David Fisher è una torre alta 420 m, per un totale di 80 piani ognuno dei quali capace di ruotare di 360° intorno ad un asse centrale, indipendentemente dagli altri livelli, attribuendo all’edificio una configurazione sempre diversa. Tale rotazione è prodotta dall’energia generata da 8 turbine eoliche posizionate tra un piano e l’altro, in grado di alimentare i 200 appartamenti previsti nell’edificio33. Il connubio perfetto tra effimero e sostenibilità si riscontra nell’edifico Nzeb34, progettato dall'architetto tedesco RolfDisch, noto con il nome Heliotrope. Si tratta di un’abitazione a basso impatto ambientale, caratterizzata dalla possibilità di ruotare di 360° intorno ad un asse centrale, secondo l’orientamento del sole e le condizioni atmosferiche; ciò consente di massimizzare i benefici derivanti dal calore e dalla luce del sole e ridurre conseguentemente i consumi legati principalmente al riscaldamento. Durante il periodo estivo invece l’edificio ruota per esporre al sole la facciata isolata e schermata. https://www.museum-joanneum.at/fileadmin//user_upload/Presse/Aktuelle_Projekte/Archiv/2009/bixmedienfassade/La_20facciata_20BIX_1_.pdf 32 la via che incrocia Omotesando 33 http://arclickdesign.com/il-grattacielo-rotante-dynamic-tower-di-david-fisher/ 34 Nearly zero energy building 31

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Il carattere effimero e transeunte dell’edificio viene conferito anche attraverso la scelta di materiali deperibili o modificabili dagli agenti atmosferici. L’aspetto superficiale delle lastre di rame che rivestono la facciata del Conservatorio municipale Claude Debussy di musica, danza e arti drammatiche, nel 17° arrondissement di Parigi, evolve gradualmente nel tempo integrandola nell’ambiente circostante.

Fig. 1- Maison de la Publicitè progettata nel 1934 da Oscar Nitzchke Fonte: https://www.moma.org/collection/works/608

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Fig. 2 - Facciata mediatica e fotovoltaica GreenPix di Simone Giostra & Partners Fonte: http://sgp-a.com/#/single/xicui-entertainment-center-and-media-wall/

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Fig. 4 – Segni effimeri della facciata dello showroom Dior sulla Ayoama a Tokyo Fonte: https://www.dezeen.com/2014/11/16/sanaadior-omotesando-store-peter-marino-interiorrefit/

Fig. 3 – I “cubi” impilati per comporre il New Museum Contemporary Art di New York Fonte: http://www.archiportale.com/news/2007/10/arc hitettura/ultimato-il-new-museumcontemporary-art-di-new-york_10638_3.html

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Fig. 5 – Heliotrope: connubio perfetto tra effimero e sostenibilità Fonte: https://inhabitat.com/heliotrope-theworlds-first-energy-positive-solar-home/

Fig. 6 - Conservatorio municipale Claude Debussy di musica, danza e arti drammatiche di Parigi Fonte: https://copperconcept.org/it/riferimenti/conserva torio-claude-debussy-parigifrancia#&gid=3&pid=4

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Nuove spazialità architettoniche

«Raccogliere per mostrare, mostrare per far conoscere, dunque raccogliere per conoscere e far conoscere: è questo il sillogismo che sta alla base di ogni struttura o eventi espositivi35». M. Malagugini La Grande Recessione iniziata nel 2007 negli Stati Uniti con lo scoppio della bolla immobiliare, seguita dall'instabilità finanziaria e dalla crisi economica, che ha assunto successivamente carattere globale, ha portato alla nascita di nuove strategie economiche e a differenti spazialità architettoniche36. La crisi economica ha provocato una diminuzione dell’erogazione monetaria a persone e imprese e ciò ha favorito una ricerca di strategie diverse di finanziamento da parte di tutte le aziende, da quelle locali a quelle transnazionali e globali. La logica economica occidentale prevede che da ogni investimento derivi un profitto e l'impiego dello spazio commerciale rientra in questa visione, ma con delle eccezioni costituite dai temporary store e i suoi affini, che non sempre rispondono alla logica dell'investimento. La crescente globalizzazione ha portato a un ambiente complesso in cui coesistono diverse strategie e canali di marketing37. Grazie alla M. Malagugini, Mostrare per far conoscere, cap. 2 in Allestire per comunicare. Spazi divulgativi e spazi persuasivi, Franco Angeli, pag 55, Milano, 2008 36 T. Barone, Controtendenza del retail nella crisi del nuovo millennio, in Ocula16, dicembre 2015 37 A. Holmgren, S. Olofsson, Pop-up Stores: The Attraction of Ephemeral Experiences - A phenomenological study on consumers’ experiences in pop-up stores, Department of Business Administration FEKN90, Business Administration Examensarbete på Civilekonomprogrammet, Spring 2015 35

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modernizzazione del settore retail e dei progressi tecnologici che consentono strutture organizzative più efficienti, i processi di innovazione nei canali di marketing sono in rapido sviluppo38. La vendita al dettaglio online di e-commerce, ad esempio, costituisce un nuovo canale di distribuzione rivoluzionario con un grande potenziale di innovazione. I vantaggi che ne derivano sono molti, come prezzi più bassi, maggiore selezione, disponibilità e consegna dei prodotti a domicilio; nonostante ciò però, molti consumatori evitano di acquistare prodotti online per l'impossibilità di ispezionare e testare i prodotti prima dell'acquisto, perché la spedizione può essere lenta e costosa e il processo di restituzione può risultare difficoltoso. Nonostante i vantaggi offerti dall'e-commerce, sembrano esserci limitazioni legate all’impossibilità di offrire un'opportunità "touch and feel", richiedendo pertanto canali di marketing complementari39. L'economia di oggi inoltre è stata descritta come “un'Economia dell'Economia”, dove il valore risiede nell'esperienza di acquisto e nel sorprendere il consumatore40. La domanda di coinvolgenti interazioni ed esperienze emotivamente stimolanti è in aumento e cresce sempre più tra i consumatori moderni il desiderio di unicità ed innovazione41. In risposta a questo, le aziende negli ultimi anni hanno intrapreso attività di marketing esperienziale, assegnando risorse più ampie per strategie più creative al fine di offrire esperienze ricche di sensazioni. Ciò richiede un ripensamento dei modelli di business da parte dei rivenditori per soddisfare le esigenze dei consumatori poiché quest’ultimi valutano non soltanto la qualità del prodotto tangibile, ma anche la comunicazione promossa dall’azienda. La situazione ha portato allo sviluppo di nuovi canali di marketing innovativi, soprattutto a livello di vendita al dettaglio. I negozi pop-up, indicati nei canali di marketing come "l'ultima espressione di soluzioni innovative", sono impiegati per rafforzare il rapporto di fiducia con il cliente finale. Per pop-up store si intende un manufatto edilizio caratterizzato da una condizione di non permanenza che fa sì che esso venga progettato e realizzato non per durare nel tempo ma solo per un determinato periodo. Questa soluzione è una evoluzione del flagship store, “negozio ammiraglia”, sviluppatosi negli Stati Uniti dagli anni ’80, frutto di strategie di vertical branding elaborate da note aziende industriali per comunicare più che vendere uno stile con dei valori, portando il branding concept al massimo sviluppo tramite lo spettacolo e l’intrattenimento, e trasformare così lo shopping in un’esperienza esclusiva42.

F. Musso, Innovation in marketing channels, Emerging Issues, in Management, 2010 M. Gonzales, The Pop Up Paradigm: How Brands Build Human Connections, in a Digital Age. Kindle Edition, 2014 40 B.J. Pine, J. H. Gilmore, The Experience Economy: Work Is Theater & Every Business a Stage. Boston, MA: Harvard Business Press, 1999 41 S. Hathaway, The point of purchase is wherever the consumer is, so what is the future for shopper marketing?, Journal of brand strategy. [Online] vol 3, (2) pp. 139-147, 2014 42 Cuomo G., Cecconi V., L’evoluzione del ruolo del punto vendita nel potenziamento delle politiche di branding delle imprese industriali: il caso Bulgari, in Atti del Convegno “Le tendenze del Marketing”, Ecole Superieure de Commerce de Paris, 21-22 gennaio 2005. 38 39

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I pop-up store nascono nel 2003 in Gran Bretagna e si diffondono successivamente negli Stati Uniti con l’obiettivo di consolidare l’identità di un brand in un limitato periodo di tempo, impiegando location particolarmente significative in grandi centri urbani43. Quindi, ciò che caratterizza questo nuovo format di vendita al dettaglio è la sua natura temporanea; si apre e scompare piuttosto rapidamente, come dice il nome stesso. Può essere descritto come un format di marketing esperienziale, progettato per coinvolgere i consumatori e offrire un'interazione esclusiva e unica con il marchio e i suoi rappresentanti. Un negozio pop-up di solito offre prodotti o marchi selezionati da promuovere per un breve periodo di tempo, ed è utilizzato sia da marchi noti a livello internazionale sia da quelli nuovi e più piccoli44. Questo fenomeno è rimasto dal 2008 un trend in crescita, e spesso guadagna attenzione attraverso tecniche di guerriglia marketing come il passaparola45. I negozi pop-up si adattano alla nostra società mutevole in cui le tendenze sono di breve durata, in linea con una cultura dell'effimero in via di sviluppo46.

Evoluzione del consumo e della società Per poter creare una comunicazione efficace occorre conoscere il destinatario del messaggio, i suoi valori, le sue esperienze, le sue aspettative e il contesto socio-culturale in cui vive. Uno dei maggiori interpreti della società attuale Bauman47, parla di modernità liquida48. Tale aggettivo costituisce la metafora più adatta per descrivere l’attuale contesto sociale incline costantemente al cambiamento, proprio come i liquidi che non mantengono mai a lungo la propria forma.

L. M. De Cosmo, L’innovazione dei format distributivi attraverso gli spazi di consumo temporanei, in Esperienze d’impresa, n. 2, 2010 44 L. Niehm, A.M. Fiore, M. Jeong, H.J. Kim, Pop-up retail’s acceptability as an innovative business strategy and enhancer of the consumer shopping experience, Journal of Shopping Center Research [Online], vol. 13 (2), pp. 1-30, 2007 45 Surchi, M., The temporary store: a new marketing tool for fashion brands, Journal of Fashion Marketing and Management: An International Journal. [Online] vol. 15 (2) pp. 257 – 270, 2011 46 K. Picot-Coupey, The pop-up store as a foreign operation mode (FOM) for retailers, International Journal of Retail & Distribution Management. [Online] vol. 42 (7) pp. 643 – 670, 2014 47 Zygmunt Bauman (Poznan, Polonia, 19 novembre 1925 - Leeds, Inghilterra, 9 gennaio 2017), sociologo che ha esaminato gli ampi cambiamenti avvenuti nella società contemporanea e ha descritto i loro effetti sulle comunità e sugli individui in numerose opere, che lo hanno reso uno degli intellettuali più influenti in Europa 48 Z. Bauman, Liquid modernity, Cambridge Polity Press, 2000 43

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La solidità del passato è stata superata dalla liquidità del presente, ciò che era permanente è divenuto transitorio, ciò che era a lungo termine, immediato. Tali trasformazioni hanno avuto una forte influenza nel campo del consumo. I prodotti si sono dematerializzati e i desideri hanno di gran lunga superato i bisogni, così come la sfera emotiva ha primeggiato sulla razionalità. L'economia moderna si è progressivamente staccata dall'etica e dalle istanze morali, che sono sempre state considerate dalla tradizione classica il fondamento delle azioni umane. Nel pensiero classico e filosofico il comportamento politico ed economico era guidato dall'accettazione pubblica di norme morali rispettate da tutti i cittadini che condividevano lo stesso obiettivo, ovvero la ricerca di un bene sovrano49. Aristotele affermava nell’Etica nicomachea: «La fine di questa scienza (= politica) deve includere i fini di tutti gli altri. Pertanto, il Bene dell'uomo deve essere il fine della scienza della politica. [8] Infatti, anche se il Bene è lo stesso per l'individuo e per lo stato, tuttavia, il bene dello stato è palesemente un bene più grande e più perfetto, sia da raggiungere che da preservare. Il bene di una sola persona è meglio di niente; ma assicurare il bene di una nazione o di uno stato è una conquista più nobile e più divina» (Nicomachean Ethics, 1094b, 8) Etica e politica erano strettamente legate perché ogni essere umano era, innanzi tutto, un cittadino. Non si tratta di una visione idilliaca in quanto Aristotele comprendeva benissimo i limiti della volontà umana e già parlava di egocentrismo ed egoismo: «Ognuno pensa principalmente a sé stesso, quasi per nulla all'interesse comune» (Politica, libro II, capitolo III) Verso la fine del XVII secolo gli studi economici, che dall'antichità classica fino al mercantilismo erano frutto di precetti miranti al raggiungimento di finalità extraeconomiche e di osservazioni della realtà, hanno assunto carattere scientifico. Nel campo dell’economia tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, in un contesto sociale in forte espansione economica, nasce l'utilitarismo in concomitanza alla caduta delle questioni etiche: l’utilità diventa il criterio dell’azione morale. Secondo questa concezione il comportamento razionale umano è principalmente focalizzato sulla massimizzazione del piacere personale e degli interessi individuali, privo di qualsiasi giudizio morale. Questa nuova visione ha indubbiamente influenzato la dimensione del consumo. Gli economisti classici definivano quest’ultimo come il fine e lo scopo di ogni produzione. Adam Smith50 distingueva il consumo produttivo, cioè quello indispensabile per la sopravvivenza di chi assicura il perdurare

C. Riccia, N. Marinelli, L. Puliti, The consumer as citizen: the role of ethics for a sustainable consumption, Elsevier, Agriculture and Agricultural Science Procedia, 8, 395 – 401, 2016 50 Adam Smith (1723-1790) influente economista e filosofo scozzese, noto per il suo libro "The Wealth of Nations" 49

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del processo economico, dal consumo improduttivo, ovvero quello di coloro che non concorrono alla formazione di surplus. La teoria economica neoclassica ha introdotto una nuova concettualizzazione del sistema economico, visto come un insieme di scambi simultanei: è proprio nello scambio, infatti, che si individua l’elemento che accomuna tutti i soggetti economici. Karl Marx51 ha identificato il consumo come una forma di alienazione che allontana le persone tra loro e dalla loro umanità. Considera le merci dei feticci dotati di vita propria che provocano l’alienazione nei rapporti sociali, in quanto quest’ultimi assumono la forma di rapporti tra i beni prodotti dagli uomini, divenuti però indipendenti da essi. L’uomo diventa un mero strumento del lavoro alienante, e ciò lo rende incapace di sviluppare nuovi bisogni; questo, insieme al salario percepito, ha provocato un contenimento dei consumi52. Weber53 ha sostenuto che l’agire capitalistico è frutto della razionalità formale del calcolo economico. Nel suo saggio “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” cerca di dimostrare l’esistenza di una relazione tra il capitalismo e il calvinismo, un reciproco condizionamento tra economia e religione. Weber fa riferimento alla lettera di Benjamin Franklin54 rivolta a suo figlio, in cui emerge che l’attività economica non ha solo il fine di soddisfare i bisogni materiali, ma diventa lo scopo stesso della vita dell’uomo. Gli obblighi morali di Franklin hanno un senso utilitaristico in quanto la diligenza, l’onestà, la precisione e la moderazione sono utili poiché producono credito. Il protestantesimo introduce il concetto di Beruf che significa al tempo stesso vocazione e professione, sottolineando il carattere sacro del lavoro che diventa un modo per glorificare Dio. Tale dedizione corrisponde a quella dello “spirito capitalista” che richiede un lavoro sistematico e razionale per sviluppare la propria attività economica e la rinuncia del godimento dell’immediato guadagno che dovrà essere reinvestito. “La teoria della classe agiata” (1899) di Veblen55 individua nell’emulazione il meccanismo motivazionale del consumo nell’era industriale, contrariamente al principio fondamentale della teoria economica, che poneva il soddisfacimento di bisogni materiali alla base del processo della logica di mercato. Al vertice della

Karl Marx (Germania 5 maggio 1818 - 14 marzo 1883) economista, filosofo, giornalista, sociologo, storico, teorico politico, e socialista rivoluzionario. Le sue opere più note sono l'opuscolo del 1848 “The Communist Manifesto”, e il tre volumi “Das Kapital” 52 L. Minestroni, Comprendere il consumo. Società e cultura dai classici al postmoderno, Franco Angeli, Milano, 2006 53 Karl Emil Maximilian Weber (Erfurt, 21 aprile 1864 – Monaco di Baviera, 14 giugno 1920) è stato un economista, sociologo, filosofo, e storico tedesco 54 Benjamin Franklin (Boston, 17 gennaio 1706 – Philadelphia, 17 aprile 1790) politico e scienziato statunitense 55 Veblen, Thorstein Bunde (Walders, Wisconsin, 1857 - Menlo Park, California, 1929), Economista e sociologo statunitense di origine norvegese 51

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piramide sociale descrive una classe agiata che trova nell’ostentazione dei beni, i segni distintivi che dimostrano il proprio prestigio. Questo atteggiamento rientra nella definizione di consumo vistoso. Viene postulato un processo di diffusione del consumo di beni visti come indicatore di stato, decisamente gerarchizzato dall’alto verso il basso, che unisce ogni gruppo di individui a gruppi con uno status immediatamente superiore. Questo processo è stato definito dalla sociologia contemporanea come trickle down effect (effetto di gocciolamento)56, come qualcosa che scende dall’alto verso il basso, così beni e stili di vita discendono dalle classi sociali più agiate a quelle meno abbienti. Quando un bene diventa acquistabile da quest’ultimi, muta il suo valore simbolico e viene abbandonato dalle classi dominanti; è la leisure class infatti a dettare le regole del consumo e dell’innovazione. Veblen ha introdotto un altro concetto altrettanto attuale: lo status symbol57. I beni presentano un’elevata forza simbolica e comunicativa che svolge una funzione di differenziazione sociale. In questo modo però la teoria sottrae al consumatore una qualsiasi forma di comunicazione personale attraverso l’acquisto dei beni. Duesemberry58 propone cinquant’anni dopo lo studio di Veblen, la teoria del consumo basata sulla confutazione della “legge psicologica fondamentale” di Keynes59, secondo cui il livello del consumo è determinato dal livello di reddito. Molti beni vengono acquistati perché costituiscono un simbolo per la società. Il consumo non dipende dal reddito assoluto dell’individuo, bensì da quello relativo costituito dalla posizione che quest’ultimo occupa nella collettività. Diventa in questo modo l’”effetto d’imitazione” a guidare gli acquisti. Alberoni60 conia l’espressione “beni di cittadinanza”61 a cui attribuisce la capacità di gratificare il consumatore attraverso la consapevolezza di essere cittadino di una nuova società. La mancanza di tali beni diventa sinonimo di esclusione e marginalità sociale. Il valore e i significati che rappresentano il bene mutano velocemente e sono protagonisti di un mercato in continua evoluzione che propone costantemente nuovi messaggi. P. Parmiggiani, Consumo e identità nella società contemporanea, FrancoAngeli, Milano, 1999 T. Veblen, The Theory of the Leisure Class, MacMillan, London, 1899 (trad. it. La teoria della classe agiata, Einaudi, Torino, 1949). 58 J. S. Duesemberry, Reddito, risparmio e teoria del comportamento del consumatore, (1949), Etas Kompass, Milano, 1969 59 Keynes, John Maynard (Cambridge, Cambridgeshire, Inghilterra 5 giugno 1883 - Firle, Sussex, 21 aprile 1946), Economista e giornalista inglese, noto soprattutto per le sue teorie economiche (economia keynesiana) relative alle cause della disoccupazione prolungata. La sua opera più importante, The General Theory of Employment, Interest and Money (1935-36), proponeva una soluzione per la recessione economica basata su una politica di piena occupazione finanziata dal governo 60 Alberoni, Francesco (Borgonuovo di Piacenza, 31 dicembre 1929), sociologo, docente, giornalista, scrittore, noto per i suoi studi nel campo dei movimenti collettivi e dell’amore 61 F. Alberoni, Consumi e società, Il Mulino, Bologna, 1964 56 57

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Acquistare nuovi beni non è più legato alla sola esigenza di soddisfare i propri bisogni, ma al desiderio di affermazione della propria identità. Secondo l’antropologo e sociologo francese Bourdieu62, il consumatore sceglie i beni per distinguersi e verrà escluso o incluso in base al proprio gusto e a l’habitus che veicola. Per habitus intende il principio promotore e organizzatore “di pratiche e rappresentazioni che possono essere oggettivamente adattate al loro scopo senza supporre la visione cosciente dei fini e il dominio esplicito delle operazioni necessarie per ottenerli”63. L’antropologa britannica Mary Douglas64 definisce i beni come mezzi di costruzione cognitiva e di identificazione, dunque strumenti per comprendere la società. Il valore degli oggetti viene messo in primo piano dal passaggio dalla superiorità della produzione a quella del consumo. Baudrillard65 descrive una società con una disponibilità immediata di oggetti, basata contemporaneamente sui consumi reali e simbolici e ritiene che essa sia caratterizzata non tanto da un semplice cambiamento dei costumi, ma da un mutamento antropologico vero e proprio: “Ciò (la difficoltà di vivere nell’abbondanza) dovrebbe far presentire che vi è nel consumo qualcosa di completamente differente, forse qualcosa di addirittura opposto – qualcosa a cui bisogna educare, addestrare, addomesticare gli uomini – di fatto un nuovo sistema di costrizioni morali e psicologiche che non ha nulla a che vedere col regno della libertà. (…). La rivoluzione dell’abbondanza non inaugura la società ideale, semplicemente introduce a un altro tipo di società”66. Nel paradigma moderno gli studi sul consumo si concentrano sulle fasi che compongono i processi cognitivi di controllo svolti per effettuare una scelta, come la ricerca minuziosa delle informazioni e la valutazione delle alternative. Nel secolo e mezzo che separa Marx da Bauman si passa dalla società capitalistica a quella postindustriale, dall'etica del lavoro all'estetica del consumo, dalla modernità alla postmodernità. Il protagonista assoluto di questa nuova epoca è il consumatore. Il concetto di consumo secondo Fabris67 viene definito dal tipo di società che rappresenta. Negli ultimi anni i confini rigidi tra le classi sono diventati sempre più labili,

Bourdieu, Pierre (Denguin, Francia,1 agosto 1930 - Parigi, Francia, 23 gennaio 2002), antropologo, filosofo, sociologo e accademico noto per aver teorizzato il concetto di “campo” 63 P. Bourdieu, Le sens pratique, 1980, p. 88 64 Douglas, Mary (San Remo, 25 marzo 1921 – Londra, 16 maggio 2007), antropologa sociale inglese conosciuta per i suoi studi relativi alle culture e al simbolismo 65 Baudrillard, Jean (Reims, Francia, 27 luglio 1929 - Parigi, Francia, 6 marzo 2007) filosofo e sociologo noto a livello internazionale per la sua critica ai meccanismi della società dei consumi 66 J. Baudrillard, La società dei consumi, Il mulino, 2010, p. 213 67 Fabris, Giampaolo (Livorno, 6 gennaio 1938 – Milano, 20 maggio 2010), sociologo ed editorialista, pioniere nell’ambito della ricerca sull’opinione pubblica 62

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la gerarchia sociale con le sue stratificazioni sempre più deboli, e ciò si riflette sulla costruzione identitaria dell’individuo che non è più definita dal reddito economico e dal prestigio68. In questo nuovo contesto ogni legame risulta liquido, tutto è mutevole, il consumo diventa l'espressione di uno stile di vita infinito e l’individuo lotta per crearsi un’identità. La mancanza di autorità secondo Bauman spinge ogni individuo alla ricerca della propria identità personale. Fabris evidenzia l’aspetto positivo della liquidità vista come il contesto fecondo per la nascita di un nuovo consumatore consapevole e interprete delle proprie scelte, libero da restrizioni sociali, un consum-autore69. I confini tra produttore e consumatore nella postmodernità sono sempre più labili: da una parte le imprese studiano in modo approfondito i nuovi gusti del cliente e quest’ultimo dall’altra ha assunto un ruolo attivo grazie all’accresciuto bagaglio culturale. Il neologismo prosumer riassume al meglio questo concetto70. Si tratta di un termine anglicano che nasce dalla fusione tra producer e consumer. Le prime forme di prosumerismo si sono sviluppate in Italia negli anni settanta con il diffondersi del “do it yourself” ovvero il fai da te. Un’ulteriore evoluzione del profilo del consumer è dettata dalla crescente sensibilità ambientale che lo induce a diventare un cittadino più coscienzioso, capace di indirizzare le proprie scelte consumistiche nel rispetto della conservazione ambientale, della sicurezza sul lavoro e della responsabilità sociale. La postmodernità dimostra di essere in grado di affrontare le sfide legate alla globalizzazione, grazie alla diffusione delle informazioni attraverso le nuove tecnologie ICT71 e alla maggiore consapevolezza dei danni prodotti all’ecosistema e di conseguenza alla salute umana. Il Primo Rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani, frutto di una ricerca condotta nel 2010 da Censis e Coldiretti, ha sottolineato come il nuovo consumatore sia competente, selettivo, ed esigente per una migliore qualità del prodotto72. Gli obiettivi internazionali per la sostenibilità ambientale rievocano il fine ultimo dell’antico cittadino della polis, ovvero il perseguimento del bene comune sovrano in quanto appartenente ad una comunità. Il nuovo cittadino del mondo è chiamato ad essere un consumatore etico per sentirsi parte di una comunità virtuosa, capace di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri.

Bauman, Z., Does Ethics have a chance in a world of consumers?, Cambridge, MA, Harvard University, 2008 Fabris G., La società post crescita. Consumi e stili di vita, Egea, Milano, 2010 70 G. Fabris, Customer Knowledge Marketing, in Consumatori diritti e mercato, Argomenti, n. 1, pp. 91-98, 2008 71 Information and Communication Technology 72 Censis/Coldiretti, Primo Rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani, Sintesi dei principali risultati, Roma19, maggio 2010 68 69

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Dal marketing tradizionale a quello esperienziale Tre sono i fili conduttori che hanno portato alla nascita di nuove spazialità architettoniche: i cambiamenti nelle esigenze del consumatore, l’evoluzione del brand, e il dinamismo del marketing in funzione dei primi due fattori73. Il marketing è un ramo dell’economia il cui obiettivo è individuare e soddisfare i bisogni umani e sociali74. Il fine rende tale scienza dinamica e variabile come lo sono le esigenze della collettività, e l’adattabilità costituisce il suo principio cardine. Il concetto di marketing può essere sintetizzato alle scelte che si celano dietro le tecniche di comunicazione e di vendita di un prodotto/servizio. Nel corso degli anni sono state elaborate molteplici definizioni dell’idea di marketing che hanno evidenziato i differenti punti di vista dello stesso concetto e la sua evoluzione. Molte di queste descrivono il marketing come la strategia che consente di stabilire un legame tra azienda e consumatori, di identificare il target a cui rivolgersi ed il posizionamento nel mercato75. Il marketing tradizionale si è sviluppato agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, con lo scopo di promuovere la vendita dei prodotti delle prime grandi imprese americane, e successivamente anche europee, e consentire la costruzione di un’offerta di prodotti standardizzati a prezzi competitivi. Gli elementi chiave del marketing tradizionale sono quattro76: 1. I consumatori considerati decision maker completamente razionali. Il processo decisionale di acquisto del cliente si articola secondo cinque principali fasi: la percezione del bisogno e l’individuazione del problema, la ricerca di informazioni, la valutazione delle alternative, la decisione di acquisto ed infine il consumo; 2. L’attenzione che si concentra sulle caratteristiche funzionali del prodotto e sui benefici che ne derivano. I consumatori valutano l’offerta dei prodotti presenti nei vari mercati e scelgono l’alternativa che mostra il maggior livello di utilità; 3. Le categorie di prodotto e la concorrenza rigorosamente definite; 4. Gli strumenti impiegati dall’approccio tradizionale principalmente verbali, quantitativi ed analitici.

S. Giulianis, Il marketing esperienziale come connessione tra brand e consumatore: il caso UNOX Spa, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali “M. Fanno”, 2017 74 C. Grönroos, Defining marketing: a market-oriented approach, European journal of marketing, 23(1), 52-60, 1989 75 K. Khotimah, D. SUCHERLY, SARI, D., KALTUM, U., 2016. Event Marketing and Experiential Marketing towards the Formation of Net Marketing Contribution Margin (NMCM) (Study at PT. Garuda Indonesia, TBK). Procedia - Social and Behavioral Sciences, 219, pp.431-439. 76 B. Schmitt, Experiential marketing. Journal of marketing management, 15(1-3), pp. 53-67, 1989. 73

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Fig. 7-Peculiarità del marketing tradizionale Fonte: Schmitt, 2001

Dagli anni Ottanta il consumo ha assunto una nuova configurazione dettata da un’accresciuta consapevolezza da parte dei consumatori e da una conseguente modificazione delle modalità di interazione con i prodotti77. Il cliente infatti non cerca più nella merce né il possesso fine a sé stesso, né ciò che rappresenta a livello socio-culturale, ma piuttosto predilige un rapporto percettivo ed emotivo con gli articoli in vendita. Il consumo è soprattutto “weberianamente agire sociale dotato di senso e non soltanto, come lo è stato troppo a lungo, un ‘hortum clausum’ degli economisti. Un orto arido dove si confrontano quantità e prezzi, equivoci concetti di utilità e scelte atomistiche”78. Si sviluppa da queste premesse il settore in forte crescita di marketing esperienziale, che prende le distanze dalle precedenti concezioni di consumo, configurandosi come processo di auto-definizione identitaria, che diventa a tutti gli effetti un sistema di significazione79. Non è semplice trovare una definizione esauriente del termine “esperienza”, in quanto viene impiegata con una varietà di significati da diverse discipline. Nel campo della filosofia essa è considerata la base fondamentale per il processo conoscitivo dell’individuo e per le sue capacità d’interpretazione della realtà che lo circonda.

G. Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, FrancoAngeli, Milano, 2003 G. Fabris, Prefazione a Minestroni 2006 79 M. Boero, Sociosemiotica del consumo: esperienze, luoghi, pratiche, 2009 77 78

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In antropologia l’esperienza è collegata al vissuto; nell’ambito della sociologia essa viene interpretata come lo strumento attraverso cui l’uomo crea la propria identità; nel settore della psicologia essa è alla base dei processi di formazione della conoscenza di un individuo. Infine, nella sfera del marketing l’esperienza costituisce un nuovo fattore utile a comprendere la condotta del consumatore per poi poter individuare strategie comunicative efficaci. Alla fine degli anni ’90 la nozione di esperienza è entrata a far parte del campo del consumo e del marketing attraverso l'articolo pionieristico del 1982 di Holbrook80 e Hirschman81, “The experiential aspects of consumption: Consumer fantasies, feelings, and fun”82. Gli autori affermavano che: “Il consumo ha cominciato a essere visto come un flusso costante di fantasie, sentimenti e divertimento racchiusi in quella che chiamiamo la" visione dell'esperienza”. Venti anni dopo, questa nozione ha guadagnato terreno diventando il pilastro della cosiddetta esperienza economica e del marketing esperienziale83. Schmitt84 nel 1999 affermava che “Ciò che i consumatori vogliono ora sono prodotti, comunicazioni e campagne marketing capaci di attivare i sensi, toccare il cuore e stimolare la mente” e inoltre “le esperienze uniscono l’azienda e la marca allo stile di vita del cliente e collocano sia le azioni del singolo che l’occasione d’acquisto in un contesto sociale più ampio. In breve, le esperienze forniscono valori sensoriali, emotivi, cognitivi, comportamentali e relazionali che sostituiscono quelli funzionali”. Schmitt è stato il primo a separare completamente il marketing tradizionale da quello esperienziale, ed ha identificato cinque diversi tipi di esperienza o "moduli di esperienza strategica" (SEM- Strategic Experiential Module). Essi sono i seguenti:

Holbrook, Morris B. (Milwaukee, Wisconsin, Stati Uniti, 7 novembre 1943), professore di marketing presso la Columbia Business School di New York. Gran parte del suo lavoro si concentra sull'importanza delle emozioni nel consumo, nonché sulla promozione di approcci postmoderni, interpretativi ed eclettici nella ricerca dei consumatori 81 Hirschman, Elizabeth C. (), professoressa di marketing presso la Business School, Newark e New Brunswick, presso la Rutgers University, ha pubblicato oltre 200 articoli su riviste e articoli accademici sui temi di marketing, comportamento dei consumatori, sociologia, psicologia e semiotica 82 E.C. Hirschman, M.B. Holbrook, The Experiential Aspects of Consumption: Consumer Fantasies, Feelings and Fun, Journal of Consumer Research, n° 2, settembre 1982 83 D. Grundey, Experiental Marketing vs. Traditional Marketing: Creating Rational and Emotional Liaisons with Consumers, The Romanian Economic Journal, n. 29, pp. 133-151, 2008 84 Schmitt, Bernd (Heidelberg, Germania, 22 ottobre 1957), professore di business internazionale presso il dipartimento di marketing della Columbia Business School, Columbia University di New York. È noto per la sua ricerca e i suoi libri sull'esperienza e la felicità del cliente, sul marchio e l'innovazione e per il suo studio in Asia sui mercati e sui consumatori asiatici 80

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• •

SENSE: sono aspetti tangibili di un prodotto o di un'esperienza che coinvolgono i sensi di vista, udito, olfatto e tatto. Le esperienze sensoriali sono particolarmente utili per differenziare prodotti o servizi, motivare i potenziali clienti all’acquisto e creare un senso di valore nella mente del consumatore. FEEL: il feel marketing ha lo scopo di comunicare stati d'animo ed emozioni che aderiscono all'azienda e al marchio. Chiaramente, i sentimenti positivi o negativi nei confronti di un prodotto o servizio influenzeranno la misura in cui sono consumati. THINK: L'obiettivo del think marketing è quello di incoraggiare i clienti a impegnarsi in un pensiero elaborativo e creativo che può portare a una rivalutazione dell'azienda e dei prodotti. ACT: l’act marketing è orientato alla creazione di esperienze attraverso il comportamento da parte del cliente, da solo o in compagnia di altri. L'obiettivo è modificare i comportamenti e le abitudini a lungo termine a favore del particolare prodotto o servizio. RELATE: il marketing si espande oltre le sensazioni, i sentimenti, le cognizioni e le azioni individuali mettendo in rapporto il sé individuale con il più ampio contesto sociale e culturale che si riflette in un marchio. In altre parole, il mettere in relazione il marketing gioca sull'identificazione di sé con il contesto e le associazioni legate al prodotto/servizio utilizzato.

Queste cinque diverse tipologie di esperienze (SEM) sono trasmesse alle persone attraverso i “fornitori di esperienza” (ExPros): 1. Comunicazioni: pubblicità, comunicazioni interne ed esterne all'azienda, campagne di pubbliche relazioni, identità visiva, verbale e segnaletica, inclusi colori, nomi, loghi, ecc.; 2. Presenza del prodotto: design, packaging e il modo in cui viene esposto; 3. Co-branding: eventi di marketing, alleanze e partnership, licenze, sponsorizzazioni, inserimento di prodotti nei film, ecc.; 4. Ambienti: che comprendono la progettazione esterna e interna degli uffici aziendali, dei punti vendita, degli spazi fieristici, ecc.; 5. Persone: venditori, operatori di call center, fornitori di servizi ai clienti, rappresentanti di aziende; 6. Siti Web. L'interazione di SEM con ExPro genera ciò che Schmitt chiama la “Experiential Grid”, una griglia completa per considerare tutte le modalità in cui le esperienze possono essere indotte a un effettivo o potenziale cliente.

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Fig. 8 La griglia esperienziale di Schmitt

La griglia esperienziale, mettendo in relazione i diversi moduli e le diverse modalità di stimolazione, consente di analizzare quattro aspetti fondamentali nella gestione dell’esperienza85: • intensità: riguarda l’impiego di un determinato ExPro per stimolare uno specifico SEM. L’autore la rappresenta graficamente all’interno di ogni cella della griglia. L’azienda deve individuare l’adeguato livello di stimolazione, optando tra l’intensificazione o la moderazione della propria offerta; • legame: fa riferimento alle relazioni fra gli elementi della griglia. Viene rappresentato graficamente con una curva che attraversa diagonalmente le celle. L’azienda deve scegliere quale nesso creare tra i diversi SEM e i vari ExPro, valutando se connetterli o separarli. • portata: si intende l’utilizzo di più strumenti per stimolare uno stesso modulo di esperienza. Essa viene raffigurata attraverso una freccia orizzontale che indica la compartecipazione di più ExPro su uno stesso SEM. L’azienda può scegliere se aumentare o ridurre l’insieme di stimolazioni;

F. Forlani, Esperienze, Marketing e Territorio. Uno schema logico per l’analisi e la gestione dei sistemi d’offerta turistica territoriali, Università degli studi di Genova, 2004 85

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1.

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3.

4.

profondità: prevede l’uso di uno stesso mezzo per stimolare più esperienze. È raffigurabile con una freccia verticale che indica l’influenza di un ExPro sui diversi SEM. L’azienda deve decidere se utilizzare gli stimoli di uno specifico ExPro su uno o più SEM; Sono quattro gli aspetti che caratterizzano l’Experiential Marketing: Esperienza del consumatore. Il marketing esperienziale in forte contrasto con l’approccio tradizionale, si focalizza sull’esperienza del consumatore nel suo complesso, in quanto fornisce quei valori cognitivi, comportamentali, emotivi, relazionali, sensoriali, in grado di sostituire i valori funzionali; Consumatori come ‹‹pensatori irrazionali e animali emozionali››. I consumatori sono esseri guidati sia razionalmente che emotivamente nel compiere una scelta di consumo, ma negli ultimi anni è prevalsa l’emozione e le esperienze di consumo sono spesso “dirette verso il perseguimento di fantasie, sentimenti e divertimento”. Consumo come esperienza olistica. Nell’approccio esperienziale i prodotti sono inseriti in una determinata situazione di consumo e come questi anche l’imballaggio e la comunicazione, possono migliorare l’esperienza di consumo in sé. Ciò amplia il concetto di categoria di prodotto e richiede un’analisi della situazione di consumo nel suo più ampio contesto socio-culturale. Metodo eclettico. Nel marketing esperienziale c’è la possibilità di utilizzare molti metodi di ricerca, in quanto non esiste un modello metodologico. Le ricerche qualitative e quantitative permettono di capire l’atteggiamento dei consumatori. Nelle più recenti teorie è emerso il processo tra Stimolo e Reazione.

Fig. 9-Principali aspetti del marketing esperienziale

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Il compito delle informazioni è creare uno stimolo che coinvolge i sentimenti successivamente rielaborati dal cervello, dove sono tutti i punti di vista della realtà86, provocando la reazione del consumatore.

Fig. 10 – Dallo stimolo alle reazioni

L’approccio esperienziale emozionale non ha più come destinatario l’homo economicus razionale, bensì l’homo ludens in cerca del piacere, del benessere, del divertimento e del coinvolgimento emotivo. Ciò che è davvero importante nello studio di questo approccio emozionale secondo gli economisti americani Pine87 e Gilmore88, sono ‹‹i processi invece che gli scopi, le relazioni invece che le gerarchie, le percezioni invece che i dati, i sentimenti invece che il freddo raziocinio, le capacità innovative invece che le regolamentazioni ordinate e sistematiche››. Le imprese dunque devono progettare esperienze in grado di coinvolgere tutti i sensi del consumatore per promuovere e differenziare il proprio prodotto. Pine e Gilmore individuano quattro diverse categorie di esperienza89:

P. Postma, The New Marketing Era: Marketing to the Imagination in a Technology, Drive World. New York: McGrew – Hill, 1999 87 Pine, B. Joseph (22 ottobre 1958), acclamato scrittore, oratore e consulente internazionale per Fortune 500 companies e le start-up imprenditoriali. È cofondatore di Strategic Horizons LLP, uno studio di design con l’obiettivo di aiutare le aziende a concepire e progettare nuovi modi per aggiungere valore alle loro offerte economiche 88 Gilmore, James H., assistente presso il Dipartimento di innovazione e design della Weatherhead School of Management presso la Case Western Reserve University, autore, relatore e consulente per la gestione delle organizzazioni di tutto il mondo, per aiutarle ad individuare modi innovativi per creare valore e nuove entrate 89 Pine, B. Joseph, Gilmore, James H., The Experience Economy, HARVARD BUSINESS SCHOOL, Boston, MA, 1999 86

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1. di intrattenimento: si verifica quando gli individui vivono passivamente attraverso i sensi ciò che accade, come quando si ascolta la musica; 2. educativa: l’individuo vive l’evento con una partecipazione attiva attraverso il corpo e/o la mente, come avviene durante un corso di formazione; 3. di evasione: l’individuo è completamente coinvolto nell’esperienza in cui vi partecipa in maniera attiva, come nel gioco al casinò; 4. estetica: l’individuo è coinvolto fisicamente in un evento ma resta passivo, come accade durante la visita in un museo. Quello che accomuna Schmitt, Pine e Gilmore è l’esigenza di aumentare il valore dell’offerta mediante elementi esperienziali che coinvolgono il cliente e creano un legame stretto tra lui e il brand.

Fig. 11-Le quattro categorie di esperienza elaborate da Pine e Gilmore

Secondo Mathwick, Malhotra e Rigdon90 i rivenditori stanno iniziando a configurarsi come fornitori di memorie ed esperienze piuttosto che prodotti e servizi e convertono l'ambiente di vendita al dettaglio in un teatro interattivo piuttosto che in punti vendita.

C. Mathwick, N. Malhotra, E. Rigdon, Experiential value: Conceptualization, measurement and application in the catalog and Internet shopping environment, Journal of Retailing, 77(1), 39-56, 2001 90

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Essi affermano che il valore che il cliente attribuisce al prodotto/servizio è costruito sulla percezione esperienziale ed è il risultato del contatto indiretto o diretto durante il processo di consumo. Nella letteratura di marketing esperienziale, diversi studiosi hanno cercato di individuare il valore da cui i consumatori traggono beneficio vivendo un'offerta esperienziale. Secondo Holbrook91 i valori esperienziali possono essere divisi in quattro dimensioni: 1. valore intrinseco, riguardano l'ammirazione di un'esperienza di consumo legata ad un prodotto/servizio fine a se stessa; 2. valore estrinseco, si concentrano principalmente sui benefici utilitaristici dello shopping; 3. valore orientato verso di sé, si ha quando una persona sceglie un’esperienza di consumo per un proprio interesse e/o benessere grazie ai benefici che ne derivano; 4. valore orientato verso gli altri, si ha quando una persona sceglie un’esperienza di consumo per l’interesse e/o il benessere degli altri come amici, colleghi, famigliari; Incrociando le dimensioni valoriali esperienziali Holbrook individua quattro tipologie di valori: • Valore economico, si ha quando l’esperienza di consumo persegue gli obiettivi di efficacia o di efficienza; • Valore sociale, si verifica quando il comportamento di consumo di una persona viene impiegato per provocare delle reazioni negli altri. L’obiettivo è creare un’“impressione favorevole al miglioramento dello status”; • Valore edonistico, si riferisce al piacere personale provato durante un’esperienza di consumo fine a se stessa; • Valore altruistico, si sviluppa nel momento in cui il comportamento di consumo di un individuo interessa anche altre persone, come ad esempio avviene con la beneficenza in cui la ricompensa è la virtù stessa. Tab. 1-Le quattro categorie e i valori esperienziali individuati da Holbrook 92

ESTRINSECO ORIENTATO VERSO DI SE’ ORIENTATO VERSO GLI ALTRI

Valore economico Valore sociale

INTRINSECO Valore edonistico Valore altruistico

M.B. Holbrook, The Nature of Customer Value: An Axiology of Services in the Consumption Experience, in Service Quality. New Directions in Theory and Practice, Rust e Oliver, New Berry Park, Sage, 1994 92 M.B. Holbrook, Consumer experience, customer value, and subjective personal introspection: an illustrative photographic essay, Journal of Business Research, n° 59, pp. 714-725, gennaio 2006 91

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Mathwick, Malhotra e Rigdon sulla base dello studio di Holbrook hanno sviluppato una tipologia di valori esperienziali che includono i valori di estetica, giocosità, eccellenza del servizio e ritorno dell'investimento del cliente. L'estetica è il valore creato dalla dimensione congiunta tra valore intrinseco e valore reattivo. Veryzer93ha descritto il valore estetico come una reazione all'unità di un oggetto o di prestazione fisica. L'estetica è nota per l'attrazione visiva e l'intrattenimento. Mathwick, Malhotra e Rigdon hanno sostenuto che si possono distinguere due principali caratteristiche estetiche: • esperienza percepita attraverso i sensi principali come la vista, il gusto, l'udito, e il tatto; • esperienza percepita attraverso l'affetto o l'intrattenimento drammatico. Sia l'aspetto visivo che la dimensione di intrattenimento della risposta estetica offrono un piacere istantaneo fine a sé stesso, indipendentemente dal fatto che l'ambiente fisico sia in grado di svolgere le attività svolte dai consumatori94. La giocosità è il valore creato dalla dimensione congiunta tra valore intrinseco e valore attivo. Il valore della giocosità è generato dai clienti ed è un'esperienza completamente interiore. Il valore ludico rispecchia il valore emotivo e il potenziale divertimento del processo di acquisto. In altre parole, il comportamento di scambio ludico è riprodotto nel godimento interiore generato dall'impegno in attività stimolanti, come elemento di fuga dalle esigenze del mondo95. Chou96 ha definito la giocosità come un piacere o godimento che deriva dalla valutazione individuale di un prodotto o servizio. Il servizio eccellente è il valore creato dalla dimensione congiunta tra valore estrinseco e valore reattivo. Secondo Chou, esso è un'esperienza per il cliente che produce un valore reattivo, auto-orientato ed estrinseco. Tale valore si esprime in termini di gratitudine del consumatore nei confronti di un fornitore di servizi. Ritorno sull'investimento dei consumatori (CROI) è il valore creato dalla dimensione congiunta tra valore estrinseco e valore attivo. In generale, il CROI spiega ciò che il consumatore riceve in cambio nel processo di scambio. Il cliente potrebbe sperimentare questo ritorno sull'investimento in termini di beneficio economico che costituisce la percezione di qualità accessibile97, nonché utilità ottenuta dalla competenza di

R. W. Jr. Veryzer, Aesthetic response and the influence of design principles on product preferences, Advances in Consumer Research, 20, 224-228 94 J. Deighton, K. Grayson, Marketing and seduction: building exchange relationships by managing social consensus, Journal of Consumer Research, 21 (Marzo), 660-676, 1995 95 G. S. Day, The product life cycle: analysis and applications issues, Journal Marketing, 45 (4), 60-67, 1981 96 H. J. Chou, The effect of experiential and relationship marketing on customer value: a case study of international American casual dining chains in Taiwan, Social Behavior and Personality, 37 (7), 998, 2009 97 R. Thaler, Mental accounting and consumer choice, Marketing science, 4 (estate), 199-214, 1985 93

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uno scambio/incontro98. Pertanto, il valore CROI riflette l'aspetto effettivo dell'impegno delle attività e spiega l'investimento attivo in risorse economiche, psicologiche, comportamentali ed emozionali che generano benefici. Dubé e LeBel99 hanno distinto quattro simili "dimensioni del piacere": emotiva, intellettuale, fisica e sociale. Tali dimensioni mappano minuziosamente quattro dei cinque moduli di esperienza di Schmitt, ovvero rispettivamente sentire, pensare, agire e relazionarsi100. Gentile101, Spiller e Noci hanno distinto le seguenti sei componenti esperienziali: • sensoriale, derivante da esperienze gustative, olfattive, tattili, uditive, visive, che suscitano piacere estetico, soddisfazione e senso della bellezza; • emotiva, riguardante sentimenti e stati d'animo che creano una relazione affettiva con l'azienda, i suoi marchi e i suoi prodotti; • cognitiva, relativa a esperienze legate al pensiero e ai processi mentali per convincere i clienti a scegliere il prodotto; • stile di vita, inerente alle esperienze derivanti dall'affermazione di valori e credenze personali; • relazionale, emerge da contesti e relazioni sociali che si verificano durante il consumo comune come parte di una comunità reale o immaginata, per affermare l'identità sociale; • pragmatica, riguarda esperienze derivanti dall'atto pratico di fare qualcosa e usabilità. La nuova dimensione aggiunta è la componente pragmatica, basata sulla progettazione dell'esperienza dell’utente e sulle interazioni uomo-oggetto. Le "esperienze complesse", che coinvolgono più di un singolo componente, emergono per molti marchi. Un'analisi interpretativa ha rivelato che numerosi prodotti utilizzano più di un componente esperienziale e la particolare combinazione dipende dalle caratteristiche del prodotto stesso. I componenti infatti non si attivano in modo indipendente, ma hanno aree di sovrapposizione e interrelazioni e ciò evidenzia la natura altamente interattiva di esperienze complesse o “olistiche”. Brakus, Schmitt e Zarantonello hanno basato il loro studio sulle esperienze dei brand partendo dai cinque moduli esperienziali individuati da Schmitt. Essi consideravano questi moduli, tuttavia, non solo come strumenti strategici di marketing, ma come risultati comportamentali definendoli “risposte soggettive, V. A. Zeithaml, Consumer perceptions of price, quality and value: a means-end model and synthesis of evidence, Journal of Marketing, 52 (Giugno), 2-22, 1988 99 L. Dubé, J. L. LeBel, The content and structure of laypeople’s concept of pleasure, Cognition and Emotion 17(3), 263– 296, 2003 100 B. Schimtt, Experience Marketing: Concepts, Frameworks and Consumer Insights, Foundations and Trends, in Marketing Vol. 5, No. 2, pp. 55–112, 2010 101 C. Gentile, N. Spiller, G. Noci, How to sustain the customer experience: An overview of experience components that cocreate value with the customer, European Management Journal 25(5), 395–410, 2007 98

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interne al consumatore (sensazioni, sentimenti e cognizioni) e risposte comportamentali evocate da stimoli legati alla marca che fanno parte del design e dell'identità, del packaging, delle comunicazioni e degli ambienti di un marchio” 102. Hanno costruito una scala per misurare le esperienze ed esplorare la loro dimensionalità. Quattro dimensioni esperienziali potrebbero essere convalidate nella ricerca qualitativa e quantitativa: esperienze sensoriali, affettive, intellettuali e comportamentali. La Scala dell'esperienza del marchio è relativamente breve e consiste in soli 12 elementi. Zarantonello e Schmitt103 hanno utilizzato la Brand Experience Scale per identificare le differenze individuali tra i consumatori e per tracciarne il profilo. Utilizzando l'analisi cluster, sono emersi cinque profili del consumatore: edonistico, orientato all'azione, olistico, diretto all’interiorità e utilitarista.

Fig. 12 – La Brand Experience Scale di Zarantonello e Schmitt

Cheung e Vasquez basandosi sulle ricerche esistente in materia di shopping online, incentrano il loro studio sulle esperienze sul web per il settore della moda. Lo studio esplorativo indaga le risposte esperienziali dei consumatori online classificandole come segue: J. J. Brakus, B. H. Schmitt, L. Zarantonello, Brand experience: What is it? How is it measured? Does it affect loyalty?, Journal of Marketing 73, 52–68, 2009 103 L. Zarantonello, B. H. Schmitt, Using the brand experience scale to profile consumers and predict consumer behavior, Journal of Brand Management 17, 532–540, 2010 102

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• emozionale • flusso esperienziale e cognitivo • interattività e relazionale • sensoriale Il concetto di flusso è stato ampiamente utilizzato per misurare le esperienze cognitive degli utenti online. Il flusso si verifica nelle interazioni uomo-computer ed è uno stato in cui gli utenti sono totalmente immersi in un'attività online e dimenticano ciò che li circonda. Cheung e Vasquez104 collegano anche lo stato di Flusso a un'esperienza cognitiva, che implica le attività di pensiero, comprensione, apprendimento e ricordo. Essi identificano inoltre l'interattività come una nuova componente dell'esperienza online e aggiungono che nel web, l'esperienza relazionale riguarda la socializzazione con gli altri e la sensazione di senso di appartenenza a un gruppo sociale o l’affermazione di valori e stili di vita particolari.

Fig. 13 - I quattro campi dell'esperienza. Adattati da Pine e Gilmor, estesi con Brakus, Schmitt e Zarantonello, Mathwick, Malhotra e Rigdon, e Cheung e Vasquez

Cheung, J. and Vazques, D. (2015). An exploratory study to understand online consumers’ experiential responses towards fashion visual content. In: Academy of Marketing 2015: The Magic in Marketing. Limerick: University of Limerick. 104

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In conclusione, si può affermare che è fondamentale progettare un brand, un evento e un punto vendita in grado di coinvolgere in modo integrato le molteplici dimensioni emozionali, se si vuole colpire e sorprendere positivamente nuovi clienti.

Tactical urbanism I pop up shop o temporary store rientrano nell’approccio urbano e/o guidato dai cittadini alla costruzione del quartiere, con interventi a breve termine, a basso costo e scalabili, destinati a catalizzare il cambiamento a lungo termine. È il cosiddetto tactical urbanism, la risposta al lento processo di costruzione della città. Si tratta di interventi che non sono mai stati previsti da un master plan, ma forniscono la giusta dose di innovazione e creatività, che aiuta i cittadini non solo a immaginare un centro più dinamico, ma anche a sperimentarlo in prima persona. Consiste in azioni su piccola scala che servono a uno scopo più ampio, che possono coinvolgere chiunque e che è destinato a migliorare la vita di tutti. L’Urbanismo è tattico se è capace, come afferma Mike Lydon105, di agire attraverso «un salutare equilibrio tra il pianificare e il fare» («a healthy balance of planning and doing»)106. Il termine "urbanismo tattico" è ispirato a un post sul blog “Faslanyc” del giugno 2010, che parlava della pedonalizzazione di Times Square. Nell'introduzione l'autore descriveva le azioni del DOT107 come "interventi tattici". Tali termini applicati all'ambiente edificato sembravano descrivere perfettamente non solo il progetto Greenlight for Broadway, ma anche un’ondata di altri interventi a basso costo, semi e/o pienamente approvati. Nonostante lo Studio Urban Catalyst, con base a Berlino, abbia studiato per primo gli interventi tattici e temporanei realizzati nell'Europa postindustriale nei primi anni del 2000, il termine "urbanismo tattico" è entrato a far parte del linguaggio di uso comune tra il 2010 e il 2011, quando un gruppo di giovani urbanisti ha pubblicato il testo “Tactical Urbanism: Short-term Action, Long-term Change,” in cui ha presentato i progetti temporanei di miglioramento dello spazio pubblico compiuti in tutto il Nord America108. L'urbanismo tattico come approccio alla costruzione e valorizzazione della città presenta quattro caratteristiche principali:

Mike Lydon è un pianificatore riconosciuto a livello internazionale, coautore di “The Smart Growth Manual” e autore principale di “The Open Streets Project” 106 M. Lydon, Tactical Urbanism. Short-Term Action. Long-Term Change, Street Plans, 2012 107 Department of Transportation New York 108 L. Pfeifer, The Planner’s Guide to Tactical Urbanism, McGill School of Urban Planning, Canada, 2013 105

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un approccio deliberato e graduale per promuovere il cambiamento; un'offerta di idee provenienti dagli abitanti per affrontare le sfide della pianificazione locale; un impegno a breve termine e aspettative realistiche a basso rischio; uno sviluppo del capitale sociale tra i cittadini e la costruzione di capacità organizzative tra istituzioni pubbliche/private, organizzazioni non profit/ONG e loro costituenti. Gli obiettivi dei progetti sono diversi: alcuni mirano a rilanciare la rivitalizzazione economica, mentre altri mirano a migliorare la sicurezza dei pedoni e offrono ai cittadini l'opportunità di connettersi tra loro. Questo approccio si configura come una versione bottom-up della pianificazione urbana, in contrasto con un tradizionale approccio top-down. • • • •

Fig. 14 – Possibili promotori di interventi inerenti al tactical urbanism Fonte: Lydon, M., Garcia, A. (2015). Tactical Urbanism. Short-term Action for Long-term Change, Island Press

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Il tactical urbanism è stato nominato uno dei principali trend di pianificazione del 2011-12109 ed è stato al centro del padiglione ufficiale degli Stati Uniti, “Interventi spontanei: azioni di design per il bene comune”, alla tredicesima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia del 2012. All’interno di questo approccio rientrano diverse tipologie di interventi, alcune delle quali spesso iniziano come non sanzionate ma che nel tempo vengono approvate.

Fig. 15 – Tipologie di interventi che rientrano nell’ambito del tactical urbanism Fonte: Lydon, M., Garcia, A. (2015). Tactical Urbanism. Short-term Action for Long-term Change, Island Press

Gli interventi promossi hanno diverse scale fisiche e temporali, sebbene la maggior parte dei progetti sia pensata per essere di natura temporanea e possa essere implementata su scala locale, di quartiere, strada o edificio.

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J. Nettler, Top planning trends of 2011-12, Planetizen, 27 February 2012

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Fig. 16 – Ambiti di applicazione degli interventi Fonte: Tactical Urbanism4. Australia & New Zealand

In Italia sono presenti diversi esempi di progetti di riqualificazione urbana proposti e realizzati da gruppi di cittadini attivi e advocacy planner, come architetti, artisti, studenti, urbanisti e volontari. La maggior parte degli interventi descritti da Paola Bazzu e Valentina Talu nel testo “Tactical Urbanism 5 – Italia”, ha luogo principalmente in spazi pubblici residuali nelle aree cittadine più marginali. Nel centro storico dell’Aquila nel 2014 VIVIAMOLAq ha avviato Restart, un progetto di valorizzazione di un piccolo lotto di terra di 64 m², collocato all’ingresso del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila. Si trattava di un microspazio pubblico di risulta trasformato in una settimana in un luogo aggregativo e ricreativo, durante un workshop aperto di auto-costruzione che ha visto protagonisti progettisti, studenti e gli abitanti stessi. Tale risultato si è ottenuto grazie all’installazione di elementi di arredo come panchine, tavoli e contenitori per libri, realizzati principalmente con materiali di risulta provenienti dai cantieri di demolizione e ricostruzione post-sisma, inseriti in gabbioni di acciaio a maglia larga, sui quali sono state disposte tavole di legno adeguatamente trattate provenienti dai ponteggi dei cantieri. Questo progetto costituisce la dimostrazione tangibile della possibilità di riconsegnare alla cittadinanza spazi di qualità attraverso il suo stesso impegno, nel pieno rispetto dei principi cardine della sostenibilità ambientale, economica e sociale. A Torino la fusione dello strumento di auto-costruzione dello spazio pubblico di prossimità con la promozione dell’uso della strada come spazio pubblico, ha dato origine a giugno del 2010 al Parking day by IZMO. Il Parklet corrisponde all’area parcheggio collocata in continuità fisica con il marciapiede, soggetta a interventi di riqualificazione che consistono principalmente con l’inserimento di arredi urbani rimovibili realizzati mediante il riuso creativo di vari elementi di scarto come i pallet o materiali rinnovabili. Il microparco urbano realizzato in questo caso è caratterizzato dall’impiego di bancali per la realizzazione di sedute disposte su un manto erboso. Un ulteriore esempio di intervento tattico è costituito dal Guerrilla Gardening “attacchi verdi” promossi da gruppi di volontari e appassionati del giardinaggio, che combattono attivamente contro il degrado

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urbano e l'incuria delle aree verdi. Il movimento è nato a New York negli anni ’70 come forma di pacifica protesta per riportare il verde nelle aree urbane. Elizabeth Christy110 è stata la pioniera che ha usato per la prima volta il termine 'guerrilla gardening' per denominare il suo gruppo impegnato nella valorizzazione di un lotto in stato di abbandono per la creazione di un parco urbano. Christy ha fornito assistenza tecnica e formazione per riqualificare 700 giardini a New York City e ha contribuito a creare programmi simili in altre città. Ha inoltre sviluppato il corso Citizen Street Tree Pruners con il Dipartimento dei Parchi della Città e ha istituito programmi di educazione pubblica sulla cura degli alberi urbani. In Italia un gruppo di giovani milanesi ha dato avvio a questo movimento nel 2006 e svolge ancora un ruolo di coordinamento per i vari gruppi indipendenti diffusi in tutta la penisola. A Roma nel 2014 nel mese di maggio è stato organizzato il secondo raduno nazionale di giardinieri sovversivi, dopo quello del 2013 svoltosi a Bologna. Sempre a Roma nel quartiere Pigneto a via Fortebraccio, è stato realizzato in 6 mesi, tra il 2011 e il 2012, il progetto Open bricolage, grazie alla collaborazione di tre gruppi (Orizzontale, Studio Superfluo e Lab Falegnameria), che impiegano tecniche di riuso ed assemblaggio di materiali di scarto prodotti in ambito urbano, per intraprendere interventi di micro-trasformazione della città. Questa iniziativa faceva parte di un progetto di ricerca-azione del collettivo Orizzontale, KIUI – Kit di Interazione Urbana Istantanea, finanziato dall’Europa tramite il programma Youth in Action. L’intervento consisteva nell’allestimento di una parete cieca di un edificio che delimitava un lato dello spazio residuale di via Fortebraccio, con disegni ed elementi di arredo per creare un ambiente domestico, con l’obiettivo di conferire allo spazio collettivo un’atmosfera intima e protetta come quella di una casa. Si è delineata in questo modo un’area che favorisce le relazioni sociali e che rivitalizza il quartiere. A Sassari nel 2013 il progetto “il Giardino che non c’è(era)” ha coinvolto Tamalacà111, la scuola primaria e dell’infanzia di Via Gorizia (SS)con i suoi piccoli allievi, la struttura residenziale comunale per anziani “Casa Serena” e gli abitanti del quartiere. La collaborazione intergenerazionale ha portato al compimento di un progetto che prevedeva la riqualificazione del cortile della succitata scuola, attraverso la realizzazione di piccoli orti mobili in cassette di legno riusate e ridipinte, di alcune sedute anch’esse rimovibili e l’allestimento di una parete con lavagne di ardesia ormai dismesse. Christy, Elizabeth ha frequentato la Columbia University, la New York University e la New School; i suoi interessi spaziavano dall'arte e urbanistica, alla botanica, all'agronomia e all'architettura del paesaggio. Nel 1973, ha guidato la creazione del Bowery Houston Community Farm Garden, lavorando con i Green Guerillas, un gruppo di attivisti della comunità che ha migliorato gli spazi aperti abbandonati e ha lavorato per creare giardini comunitari a New York City 111 TaMaLaCà è un laboratorio di ricerca e Spin Off innovativa del Dipartimento di Architettura, Design ed Urbanistica dell'Università degli Studi di Sassari. 110

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Fig. 17 – Manifesto del raduno per il Guerrilla Gardening a Roma nel 2014 Fonte: http://www.guerrillagardening.it/images/manifesto%20guerrillagardeningA3%20G.jpg

Questo cantiere di auto-costruzione è un esempio molto interessante di urbanismo tattico per vari aspetti, primo fra tutti il coinvolgimento dei bambini per accrescere il loro senso di appartenenza alla comunità in cui vivono e la responsabilità verso la res publica e il senso civico. Un ulteriore fattore è la replicabilità grazie alla distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale dei cortili scolastici che, una volta riqualificati, possono offrire luoghi di aggregazione e di ricucitura spaziale dei tessuti urbani e sociali.

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Fig. 18 - Progetti di tactical urbanism realizzati in Italia. Fonte: P. Bazzu, V. Talu, Tactical Urbanism 5 - Italia, TaMaLaCĂ Srl., Sassari, gennaio 2017

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Requisiti e vantaggi dei pop up store Il nuovo format di marketing esperienziale è basato sulla sorpresa e sull'esclusività dell’evento che mirano a coinvolgere i consumatori112 offrendo una piattaforma interattiva e relazionale113, sfidando le convenzionali vendite al dettaglio. I volumi che accolgono tale iniziativa presentano una natura teatrale e sono visti spesso come una forma d'arte114. La soluzione ottimale per l’attuale vendita al dettaglio è offerta da una comunicazione integrata tra canali online e offline. I mercati online sono in crescita ma la maggior parte dei consumatori ha il desiderio di “toccare con mano” il prodotto prima di acquistarlo online. È qui che entra in gioco il temporary shop, fondamentale strumento di promozione e soprattutto di arricchimento di un valore intangibile, ovvero il rapporto fiduciario tra venditore e cliente. Tali negozi hanno un’elevata rilevanza nella comunicazione per lo sviluppo di relazioni a lungo termine che vanno oltre il solo scopo di generare profitto diretto115. I pop up store mirano a produrre domanda piuttosto che entrate116, costituendo una sorta di sintesi tra comunicazione e vendita117. Ciò risulta particolarmente fondamentale per i rivenditori relativamente nuovi che vendono tramite web poiché permetterà loro di raccontare la storia del marchio in modo tangibile. Lo scopo promozionale dei temporary store viene raggiunto attraverso alcuni requisiti fondamentali. La novità è un elemento chiave per attirare l’attenzione dei nuovi consumatori proprio come la temporaneità dell’evento, che crea un senso di urgenza che porta all’acquisto del bene che viene a configurarsi come qualcosa di unico e quindi imperdibile. La breve durata dell’installazione si allinea alla produzione flessibile, che consente di mantenere vivi l’interesse e l’attenzione dell’utente finale sull’offerta assortimentale. L’impegno a breve termine consente inoltre di adattarsi ai cambiamenti nei piani di marketing e business. Niehm, L., Fiore, A.M., Jeong, M. and Kim, H.J., Pop-up retail’s acceptability as an innovative business strategy and enhancer of the consumer shopping experience, Journal of Shopping Center Research, Vol. 13 No. 2, pp. 1-30, 2007 113 Russo Spena, T., Carida `, A., Colurcio, M. and Melia, M., Store experience and co-creation: the case of temporary shop, International Journal of Retail & Distribution Management, Vol. 40 No. 1, pp. 21-40, 2012 114 Marchetti, L. and Quinz, E., Dysfahsional, Bom Publishers, Luxemburg, 2007 115 Doyle, S.A. and Moore, C., Methods of international market development: the Guerilla Store of Comme des Garc¸ons, British Academy of Management Conference Proceedings, CD Proceedings, St Andrews, September, 2004 116 Ryu, J.S., Consumer attitudes and shopping intentions toward pop-up fashion stores, Journal of Global Fashion Marketing, Vol. 2 No. 3, pp. 139-147, 2011 117 Surchi, M., The temporary store: a new marketing tool for fashion brands, Journal of Fashion Marketing and Management, Vol. 15 No. 2, pp. 257-270, 2011 112

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Aprire un temporary shop consente di raggiungere nuovi clienti, testare nuovi prodotti per conoscere la reazione del destinatario prima della produzione di massa, valutare nuove aree, provare una nuova idea imprenditoriale, sperimentare nuove strategie di prezzo, senza l'investimento economico richiesto per aprire un negozio permanente. L’essere itinerante permette di collocare il marchio in quelle zone dove si trova il proprio target di clientela in un particolare periodo dell’anno, come ad esempio in una stazione sciistica in inverno o sulla spiaggia in estate. Questi aspetti rendono i pop up store più efficaci delle campagne pubblicitarie tradizionali, in quanto promuovere prodotti in una forma fisica costituisce un’esperienza più intensa e duratura. Se il concept è ben costruito, i temporary store possono beneficiare del passaparola e una raccomandazione fatta dai clienti stessi è sicuramente più efficace. Il pop-up store costituisce principalmente un esercizio di esperienza di marketing ed è per questo che l’interior design e il visual merchandising giocano un ruolo molto importante per creare stupore, così come le forme architettoniche e i materiali da costruzione, che devono essere scelti per riuscire a comunicare e a fare cogliere i valori del marchio, per spettacolarizzare e teatralizzare il mondo del brand e suscitare sensazioni fisiche ed emotive che inducano il cliente a prolungare la permanenza e a ritornare.

Fig. 19 - Principali caratteristiche dei pop up store

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I nuovi luoghi del consumo La location è uno dei fattori chiave del successo. Parchi, stazioni, piazze, corti, gallerie sono i nonluoghi, spazi architettonici ed urbani impersonali, transitori, pubblici, costruiti con un fine ben specifico, di commercio, svago, trasporto, transito, dove prendono vita i temporary store. Augé, il padre di questo neologismo definisce gli spazi pubblici come privi d’identità, in quanto la civitas è stata plasmata secondo canoni standardizzati, omologando in questo modo l’ambiente costruito che risulta ormai incapace di suscitare forti emozioni. I temporary store possono contribuire a rinnovare l’immagine degli spazi urbani anonimi e monotoni, aumentandone l’attrattività. Negli ultimi anni la crescita del fenomeno del pendolarismo ha portato a una trasformazione degli spazi dedicati alla mobilità, divenuti nuove vetrine dove massimizzare la visibilità di un marchio a centinaia di migliaia di persone contemporaneamente. Le stazioni più moderne tendono a configurarsi come elementi di cucitura e nuovi catalizzatori dello sviluppo urbano. La posizione del pop up store costituisce un indicatore di tendenza per un marchio di moda; Hollander118 nel 1970 identifica questa strategia di localizzazione per il flaghship store come la "sindrome di New York, Parigi, Londra"119. Tali città sono prese di mira dalle più importanti aziende al fine di aumentare l'appeal di un brand. Inoltre, anche i quartieri selezionati per la posizione dei negozi pop-up sono fondamentali a tale scopo; tra questi rientrano da tempo la Brick Lane di Londra o la zona di Soho di New York. Oggi si aggiungono nuove aree geografiche come Mosca, Shanghay, Hong Kong e il Medio Oriente. Ogni città racchiude zone molto diverse tra loro; dal centro alla periferia cambiano volti, abitudini, gusti, valori in cui gli abitanti si identificano. Un esempio emblematico è costituito da Manhattan dove si susseguono zone residenziali di lusso come l’Upper East e l’Upper West Side, zone commerciali della 5th Avenue alla Broadway con negozi di livello più basso rispetto ai precedenti fino alle zone più turistiche e caratteristiche come Little Italy e Chinatown120. La scelta è anche dettata dal cliente a cui il brand si rivolge. L’accessibilità è un altro fattore determinante, in quanto l’area dovrà essere ben collegata con un adeguato sistema di trasporto pubblico e/o in prossimità di parcheggi. Hollander, Samuel (Londra, 6 aprile 1937), economista e professore inglese/canadese/israeliano, è uno degli autori viventi più influenti e controversi sulla storia del pensiero economico, in particolare sull'economia classica. I suoi studi monumentali su Adam Smith, David Ricardo, Thomas Malthus e John Stuart Mill hanno suscitato reazioni dure 119 Hollander, S. (1970). Multinational Retailing, East Lancing, MI: Michigan State University 120 M. Pegoraro, Retail design e marketing. Progettare per il ritorno dell'investimento 118

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I temporary store sono dunque elementi attrattivi per luoghi apparentemente anonimi, che al tempo stesso godono indirettamente di quelli presenti nel contesto urbano dove si collocano.

Fig. 20 - I principali luoghi dove inserire un temporary store

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L’architettura come mezzo di comunicazione

"Lo spazio sta al luogo, come la parola sta al discorso parlato, e quindi lo spazio è la parola quando non è parlata... " M. de Certeau121 Il termine “comunicare” deriva dal latino comunis agere che significa condividere, mettere in comune. La comunicazione consiste infatti nella condivisione e nello scambio di idee e/o informazioni tra diversi soggetti, tramite immagini, segni, parola scritta o parlata e suoni. Il significato semantico di “comunicazione” è “far conoscere”, “render noto”122; essa svolge un ruolo di fondamentale importanza in ogni ambito della società contemporanea. Così come nel segno linguistico si può distinguere il significato, ovvero il pensiero, dal significante, cioè il mezzo usato per esprimerlo, nel segno architettonico è possibile individuare l’idea progettuale nel materiale e nella forma in cui si è espressa. La società è in costante relazione con gli spazi urbani la cui progettazione assume una rilevante responsabilità nei confronti delle persone che fruiscono tali luoghi, in quanto l’architettura ha insite capacità di migliorare la loro qualità estetica e funzionale e indirettamente quella della vita dei fruitori.

Michel de Certeau (Chambéry, 17 maggio 1925 – Parigi, 9 gennaio 1986) è stato un antropologo, linguista e storico francese, gesuita. Le sue opere riguardano numerosi ambiti diversi come la filosofia, la psicoanalisi e le scienze sociali. 122 M. P Tagliaferri, Tecniche di comunicazione e di PNL per la mediazione, Key Editore, Frosinone, marzo 2017 121

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Le tecnologie, i colori, i materiali, la luce sono gli strumenti attraverso cui il linguaggio dell’artefice plasma spazi di cui le persone diventano parte integrante. L’architettura e il design costituiscono contemporaneamente un mezzo attraverso cui comunicare e comunicazione stessa. Il linguista danese Louis Hjelmslev123 afferma che lo spazio è un linguaggio a tutti gli effetti che parla della società che accoglie e che diventa serbatoio di significati, valori, programmi d'azione. Chi progetta deve saper entrare in contatto con i destinatari della sua opera e ciò richiede uno studio approfondito delle loro mutevoli esigenze e abitudini. L’individuo contemporaneo risulta essere in costante ricerca di emozioni, di qualcosa che attragga la propria attenzione. Le nuove architetture superano le loro funzionalità tradizionali e si convertono in spazi capaci di trasmettere messaggi, di far vivere emozioni e dove reinventare la propria identità. Esse si trasformano in strumenti capaci di creare esperienze, strategici per il mutamento socioculturale e per il settore economico. Per esperienza si intende la somma di tutte le interazioni che un cliente ha con un marchio, finalizzate a influenzare le scelte e a guidare il comportamento del consumatore. Negli ultimi anni la progettazione di alcuni edifici e luoghi è stata parte integrante di un processo di marketing; è stato ormai ampiamente riconosciuto il ruolo significativo del design e dell’architettura nella creazione e/o nel rafforzamento dell’identità di un marchio. Anna Klingmann124 nel suo libro “Brandscapes: Architecture in the experience economy”, ha coniato il neologismo “brandism”, affermando che: “il valore economico deriva dalla connessione emotiva con un marchio e quando un marchio crea un'esperienza, parla alle persone”. Il settore commerciale basa il proprio successo sull’immagine che viene comunicata al cliente ed è fondamentale il processo di creazione dell’identità. Christopher Schutte, Direttore di “Spazi Esperienziali” della Design Group Italia, afferma che: “il rapporto tra spazio e persone è cruciale, non è più importante lo spazio in sé, ma la relazione che ne può scaturire”. Il marketing sensoriale è definito da Marc Filser125 “l’insieme delle variabili d’azioni controllate dal produttore e/o dal distributore per creare, attorno ad un prodotto o un servizio, un’atmosfera multisensoriale specifica, o tramite le caratteristiche del prodotto sé stesso, o tramite la comunicazione in suo favore, o tramite l’ambiente del prodotto presso il punto di vendita” 126; egli sottolinea l’importanza degli stimoli sensoriali per incitare la propensione all’acquisto. Louis Trolle Hjelmslev, (Copenaghen, 3 ottobre 1899 – Copenaghen, 30 maggio 1965), filosofo e linguista danese. La sua opera più importante è "I fondamenti della teoria del linguaggio" del 1943 124 Anna Klingmann (Germania 30 aprile 1965) architetto, autore e accademico specializzato in brand. È la fondatrice e l'architetto principale di Klingmann Architects and Brand Consultants 125 Filser, Marc, professore in marketing, ha creato e gestisce il Centro di Ricerca in Marketing in Borgogna (Cermab) 126 M. Filser, Le marketing sensoriel: la quête de l'intégration théorique et managériale, Revue Française du Marketing, 194, 4/5, Septembre 2003, pp.5-11. 123

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L’obiettivo di quest’ultimo non è più soltanto l’oggetto di marca, bensì l’invisibile ovvero le suggestioni, le emozioni, la sinestesia prodotte dall’ambiente che lo espone127. Le domande da porsi quindi per progettare un temporary store sono le seguenti: • Quale messaggio e quali emozioni si vogliono trasmettere ai futuri clienti? • Come ci si può distinguere dai concorrenti? • Quali valori e colori si desidera associare all’azienda? Una volta chiari questi punti si può iniziare a determinare l’identità del pop up, a scegliere la tipologia di modulo, i materiali, il sistema di illuminazione, gli apparecchi da installare, i ripiani e i display da impiegare per rendere unica e memorabile l'esperienza del cliente. Il volume da progettare deve comunicare il proprio senso di differenziazione già prima che inizino il processo di acquisto e l’esperienza di consumo veri e propri128.

L’architettura sensoriale e sensorialistica ‘’Instead of mere vision, or the five classical senses, architecture involves several realms of sensory experience which interact and fuse into each other.’’129 I sensi costituiscono gli strumenti cognitivi, veicoli attivi e/o passivi di quelle percezioni sensoriali che consentono la comprensione di ciò che ci circonda. Aristotele nel terzo libro del “De anima” è stato il primo filosofo a descrivere in questo modo la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto e il gusto. Nell’architettura i sensi possono costituire lo strumento attraverso cui ideare l’opera e progettarla e/o il fine ultimo della progettazione130. Nel primo caso si parla di architettura sensoriale e nel secondo di architettura sensorialistica. Nel 1949, l'architetto Richard Neutra131 sottolineava dell'importanza dei sensi che gli architetti generalmente attribuiscono alla percezione visiva secondaria affermando che: "dobbiamo evitare l'idea che le uniche percezioni sensoriali che contano davvero siano quelle percepite in modo facile e consapevole. [...] Lucibello S., Verso un’architettura sensoriale, Humer l’espace, Faces collana, vol. 67, p. 32-42, 2010 F. Fommei, L’evoluzione del Marketing non convenzionale, Dipartimento di scienze economiche ed aziendali “M. Fanno”, Università degli studi di Padova, 2017 129 “Invece della semplice visione, o dei cinque sensi classici, l'architettura coinvolge diversi regni di esperienza sensoriale che interagiscono e si fondono l'uno nell'altro”. Pallasmaa, J. (1996). The eyes of the skin: Architecture and the senses, London: Academy Editions 130 A. Barbara, Storie di architettura attraverso i sensi, Postmedia Books, Milano, 2011 131 Richard Josef Neutra (Vienna, 8 aprile 1892 – Wuppertal, 16 aprile 1970) architetto naturalizzato statunitense, è stato studente di O. Wagner, ha avuto contatti con A. Loos ed è stato seguace di F. L. Wright 127 128

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Dovremmo quindi prestare la massima [...] attenzione a tutti gli aspetti non visuali dell'ambiente architettonico progettato”132. La crescente consapevolezza dell’importanza del coinvolgimento dei sensi per accrescere l’appeal di un prodotto, richiede di creare un’atmosfera ricca di stimoli percettivi per un ambiente più avvolgente e coinvolgente.

La vista “The sight separates us from the world, while the rest of the senses joins him.”133 Tra i cinque sensi, la vista è stata considerata la più influente134. Esaltata da Platone, è sicuramente il senso più sollecitato, ma anche quello che può essere talvolta sviante. Gli occhi registrano il campo visivo e il cervello elabora le immagini per un giudizio quasi sempre soggettivo. La vista coglie le trasformazioni di forme e di materiali che avvengono nel o per azione del tempo, del trascorrere delle stagioni e delle variabili condizioni atmosferiche. È ampiamente riconosciuto che il colore costituisce l'elemento visivo più influente grazie agli effetti psicologici ad esso connessi. Il Comitato sulla Colorimetria della Optical Society of America ha fornito la seguente definizione: "il colore consiste nelle caratteristiche della luce diverse dalle inomogeneità spaziali e temporali; la luce è quell'aspetto dell'energia raggiante di cui l'osservatore umano ha conoscenza attraverso la sensazione visiva che nasce dalla stimolazione della retina dell'occhio". La luce può essere scomposta in uno spettro di sei colori distinti caratterizzati da diverse lunghezze d’onda: rosso (da 620 a 700 nm), arancione (da 581 a 620 nm), giallo (da 561 a 580 nm), verde (da 491 a 560 nm), blu (da 430 a 490 nm) e viola (400 a 430 nm) (Fig. 21). I colori contengono specifici significati e comunicano a chi li osserva informazioni che stimolano ricordi e pensieri, creano emozioni e svolgono il ruolo di catalizzatore della vista dei passanti135. Gli studiosi del marketing hanno riscontrato che le prime impressioni su un prodotto derivano dal colore e che circa il 65-90% delle valutazioni è basata solo su di esso136.

Neutra, R. (1949 novembre). The Sound and Smell of Architecture. Progressive Architecture, 65. “La vista ci separa dal mondo, mentre il resto dei sensi si unisce a lui”. Pallasmaa, J. (1996). The eyes of the skin: Architecture and the senses, London: Academy Editions 134 Hultén B., Broweus N., Van Dijk M., Sensory marketing, Palgrave Macmillan, New York, 2009 135 Crowley A. E., The two dimensional impact of color on shopping, in Marketing letters, 4 (1), 59-69, 1993 136 Satyendra Singh, Impact of color on marketing, Emerald, marzo 2006 132 133

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Fig. 21 Lunghezze d'onda dei colori

Un uso appropriato dei colori risulta pertanto fondamentale non soltanto per differenziare i prodotti dalla concorrenza, ma anche per influenzare gli stati d'animo dei potenziali clienti positivamente o negativamente e di conseguenza le loro scelte. I colori trasmettono sensazioni diverse in base al contesto socio-culturale di appartenenza. Da uno studio antropologico svolto da Berlin137 e Kay138 su novantotto lingue è emerso che nelle società primitive vi erano nomi solo per indicare tre colori: il bianco con cui si identificava la luce, il nero con cui si indicava l’oscurità e il rosso che rappresentava il sangue delle prede e simboleggiava quindi il principio vitale139. In questo contesto i colori assumevano un significato e un valore superiore ai segni poiché si

Berlin, Brent (20 dicembre 1936) è un antropologo americano noto per il suo lavoro con il linguista Paul Kay sul colore e la sua ricerca etnobiologica sui Maya del Chiapas, in Messico. 138 Kay, Paul (New York, 13 novembre 1934), professore emerito di linguistica all'Università della California, a Berkeley, negli Stati Uniti. 139 Berlin, B., Kay, P. Basic Color Terms: Their Universality and Evolution, Berkeley & Los Angeles: University of California Press, 1969 137

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credeva che potessero avere poteri magici. In ogni parte del mondo essi venivano prodotti con le stesse materie prime ovvero argille, crete, gessi, marne, neri minerali140. L’impiego che ne veniva fatto era legato alla pittura corporale per particolari riti sacri e alla decorazione delle grotte così da trasformarle in spazi architettonici domestici. Nelle civiltà del Mediterraneo i colori davano vita sulle facciate interne ed esterne degli edifici di qualsiasi destinazione d’uso, a raffigurazioni floreali, zoomorfe, di stelle e di esseri umani, con valenza religiosa, artistica e documentaria. È con queste civiltà che inizia a prender vita la simbologia dei colori. Nell’antico Egitto il blu realizzato con l’azzurrite, era simbolo del cielo e delle divinità ad esso associate come Amon che veniva così raffigurato per indicare il suo ruolo nella creazione del mondo. Il verde, prodotto dalla malachite, veniva usato per Osiride in quanto divinità della vegetazione e della fertilità. Il nero, ricavato dal carbone e dall’ossido di manganese, era associato alla morte, al mondo sotterraneo e quindi alla resurrezione; inoltre era probabilmente anche simbolo di fecondità in quanto era il colore del limo lasciato dalle inondazioni del Nilo che rendeva maggiormente produttivo il terreno. Il bianco ricavato dal gesso e dal calcare, veniva utilizzato per decorare oggetti sacri per indicare la purezza e l’onnipotenza. Il giallo prodotto dall’ossido di ferro idratato, associato al sole e all’oro era simbolo di eternità e incorruttibilità. Il rosso realizzato con l’ossido di ferro, rievocava il sangue, la violenza, il caos e la vittoria. Empedocle associava i colori primari ai quattro elementi: all’aria il nero, all’acqua il bianco, alla terra il giallo, e al fuoco il rosso. Secondo Aristotele i colori di primaria importanza erano il bianco e il nero, che simboleggiavano rispettivamente la luce e il buio e dalla cui mescolanza si ottenevano tutti gli altri colori, che rappresentavano tutte le forze della natura. Il rosso, associato ad Ares il dio della guerra, usato per le divise dei soldati per nascondere il sangue delle ferite, rappresentava il potere, l’appartenenza a caste privilegiate, in quanto la lavorazione per produrlo era molto costosa. Al verde era associata la dea Afrodite, amante di Ares, simbolo di rinascita, di fertilità per tutte le civiltà. Il blu veniva impiegato per colorare gli occhi delle divinità perché il loro sguardo era considerato sovrumano e anche i capelli nel caso degli dei marini. Nel mondo romano al rosso veniva associato anche l’amore e la procreazione. Il porpora era utilizzato per indicare l’autorità imperiale quindi il potere e la levatura morale; successivamente ha simboleggiato il lusso e l’oro era diventato l’espressione di avidità e di superficiale esibizionismo. Il nero era l’emblema del lutto pertanto venivano indossati abiti scuri duranti i riti funebri, mentre il bianco della responsabilità pubblica ed era il colore delle vesti di chi senza macchia ricopriva tali ruoli. I. Romanello, Il colore: espressione e funzione. Guida ai significati e agli usi del colore in arredamento, architettura e design, Hoepli, Milano, 2002 140

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Nella cultura ebraica il bianco rappresentava la terra poiché attraverso essa germogliano i semi del lino, il blu l’aria per il colore del cielo, il porpora l’acqua poiché è prodotto dalla secrezione di alcuni molluschi e lo scarlatto il fuoco. Nel periodo medievale e in particolare nel periodo bizantino, l’oro era simbolo di luce e trascendenza divina. Nell’arte romanica si rifletteva la rinascita economica e la pittura era intensa nei colori e creativa nelle decorazioni e nelle forme. Il colore costituiva un elemento fondamentale nelle chiese romaniche, assumendo un ruolo teologico e liturgico. Il blu diventava un colore cristologico e mariano e successivamente principesco e regale, ed era emblema di spiritualità, fedeltà e giustizia. L’oro veniva impiegato per gerarchizzare il celeste ma essendo anche materia poteva anche indicare vanitas. Il periodo gotico era caratterizzato dall’uso di vetrate colorate nelle architetture religiose, dove dominavano il rosso e il blu che simboleggiavano rispettivamente la terra e il cielo. Da sempre il colore ha costituito un elemento sostanziale del codice visivo per la comprensione della realtà, evocando sensazioni più o meno soggettive influenzate dal background culturale e religioso, fornendo informazioni al sistema nervoso che condizionano giudizi e scelte. Da uno studio141 condotto da Wiegersma e Van der Elst è emerso che il blu è il colore preferito in generale da tutte le culture. L'arancione è il più sacro nella religione indù mentre per i musulmani è il verde. Anche per i celti il verde era un colore sacro impiegato durante le cerimonie nuziali, fino a quando la chiesa cristiana non introdusse il colore bianco. Il piccolo popolo dell’Artico Inuit considera quest’ultimo così importante da aver coniato diciassette parole per descriverlo, ognuna con un significato diverso. La combinazione di rosso e bianco viene usata per le decorazioni rituali in Melanesia e per rappresentare il Sacro Cuore della Chiesa Cattolica in Messico. Uno studio svolto sull’argomento da parte Joe Hallock142 intitolato "Color Assignment", mostra alcune chiare preferenze per determinate tonalità rispetto ad altre, diverse tra uomini e donne (la maggior parte dei suoi intervistati proveniva dalle società occidentali). Anche in questo studio è emersa la supremazia del blu in entrambi i sessi e la disparità tra i gruppi per il viola (Fig. 22).

Wiegersma S., Van der Elst G., Blue Phenomenon: Spontaneity or Preference, Perceptual and Motor Skills 66. 308310,1988 142 Joe Hallock è un design manager 141

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Fig. 22 – Preferenze di colore di uomini e donne

Numerosi studi hanno dimostrato gli effetti psicologici prodotti dalle varie nuance. I colori caldi come il rosso, il giallo e l’arancione, trasmettono generalmente entusiasmo, contentezza, positività e passione; i colori freddi come il blu, il verde e il viola, forniscono una sensazione di rilassatezza, sobrietà, riservatezza. Nel marketing i colori giocano un ruolo fondamentale al di là del semplice appeal estetico. La maggior parte dei brand adottano un determinato colore per il proprio punto vendita, per il prodotto e per il logo, in base al contesto socio-culturale in cui nasce e al target a cui si rivolge. Generalmente il blu è considerato un colore a cui si associa affidabilità, fiducia, sicurezza e viene usato principalmente da assicurazioni e social network. Esso infonde calma e viene impiegato in luoghi dove si vuole favorire una sosta più lunga. Il rosso evoca energia, ha un effetto stimolante per il metabolismo e la conversazione ed è per questo il più utilizzato da ristoranti e fast-food. Il verde è usato per sottolineare tematiche ecologiche e di sostenibilità ambientale; viene impiegato generalmente da associazioni nazionali ed internazionali impegnate nella conservazione e difesa dell’ambiente. Si associa a questa tinta anche il concetto di freschezza, benessere e si sfrutta per promuovere prodotti biologici e salutari. Esso è anche il colore della creatività e si usa ad esempio nel campo del fai da te. Il giallo è sinonimo di allegria, ottimismo, energia, giovinezza, ma viene usato con parsimonia in quanto, secondo alcuni studi, attiverebbe l’area del cervello legata all’ansia. Anche l’arancione che si contraddistingue per la gioiosità, l’entusiasmo, viene usato per suggerire un’urgenza in quanto è legato alla competizione sportiva; spesso viene associato a prodotti economici.

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Il viola è il colore della regalità, del lusso ed è impiegato principalmente per prodotti appartenenti alla sfera femminile. Anche il nero e l’oro rappresentano l’eleganza, la raffinatezza, il lusso, la sofisticatezza; può indicare l’elevato valore di un prodotto/servizio. Il bianco e l’argento sono simbolo di chiarezza, purezza, semplicità ma un eccesso può trasmettere asetticità e freddezza. Esistono diversi sistemi di classificazione della tonalità dei colori, sviluppati in modo che i ricercatori possano misurare e definire le qualità dei colori e che i progettisti e marketer possano comunicare messaggi ed idee attraverso essi a distanza. Un esempio di metodo di specificazione del colore è il Munsell, indicato dall’Uni per le rilevazioni nell’ambiente costruito in Italia (Norma Tecnica Uni 8813-1986). Tale sistema fu proposto dall’omonimo artista americano nel 1905 e rivisto in seguito nel 1943143. Questo metodo si basa sulla valutazione di 3 valori psico-sensoriali quali tinta, chiarezza e saturazione. La prima (hue) è determinata dalla lunghezza d’onda che primeggia rispetto alle altre dello spettro visibile, consentendo di distinguere i colori. La chiarezza (value) detta anche luminosità o brillantezza, indica la quantità di energia luminosa (luce) che viene riflessa da un colore, che consente di differenziare una tinta chiara da una scura. La saturazione o purezza (chroma) definisce l’intensità di un colore che deriva fisicamente dalla distribuzione spettrale. Un colore è saturo quando è definito da una sola lunghezza d’onda, risultando all’occhio umano puro e deciso.

Vecchiattini, R. (2006). Tra occhio e cervello: tinta, chiarezza e saturazione. Progetto colore. Materiali e tecnologie, 2, 22-23. 143

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Il sistema di specificazione Munsell è tridimensionale in quanto considera i tre valori psico-sensoriali come tre dimensioni del colore che, distribuite nello spazio, generano un solido ideale o albero del colore, che contiene le tonalità esistenti all’interno dello spettro visibile (Fig. 23). Un altro sistema tra i più usati al mondo è il Pantone messo a punto negli anni cinquanta negli Stati Uniti. L’omonima azienda ha realizzato un catalogo generalmente chiamato “mazzetta”, che semplifica e rende più sicura l’identificazione dei colori per la stampa in quadricromia (CMYK) tramite un singolo codice alfanumerico o numerico. Ad ogni colore è associato un identificativo costituito da due elementi: uno indica la sua famiglia di appartenenza e l’altro la specifica gradazione. Attualmente sono codificati quasi 2000 colori e l’elenco è in continua crescita. I colori Pantone costituiscono una fonte di ispirazione per architetti, designer e grafici; a Bruxelles ad esempio è stato costruito un hotel ispirato all’azienda, caratterizzato interamente dai suoi colori e i relativi codici di riferimento.

Fig. 23 – Albero del colore del metodo di specificazione Munsell

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L’illuminazione elettrica influisce molto sulla percezione dei colori, sia che si tratti di quello del packaging di un prodotto sia delle pareti di un negozio, di un pop-up store o di un ristorante. Risulta fondamentale la progettazione sapiente dello scenario luminoso valutando l’adeguata quantità, distribuzione, temperatura e colore della luce, considerando anche la tipologia di cliente a cui il prodotto si rivolge. Il tutto è finalizzato ad aumentare il tempo di sosta nel punto vendita con un incremento anche del 10-15% del fatturato, ad agevolare e rendere piacevole la ricerca dei prodotti all’interno del negozio, a valorizzare la qualità della merce esposta, creare un’atmosfera accogliente per il cliente, attirare la sua attenzione attraverso scenografie luminose anche dinamiche, limitare i costi di manutenzione e gestione e comunicare adeguatamente l’immagine aziendale. Sono due le principali forme di illuminazione: a incandescenza e fluorescenza. La prima tipologia migliora la qualità dei colori caldi e conferisce un aspetto mediocre ai colori freddi. Le lampade alogene rientrano in questa prima categoria; esse hanno un’efficienza luminosa (circa 15-25 lumen/watt) e una durata (la durata media è di circa 2.000 ore) pari al doppio di quelle tradizionali e sono preferibili in caso di illuminazione finalizzata a decorare l’ambiente con spegnimenti e accensioni frequenti. Solitamente per illuminare le aree di esposizione della merce si impiegano lampade con valori medi di circa 500 lux, mentre per le zone di passaggio e quelle per il servizio alla vendita valori mai inferiori ai 250 lux. La resa cromatica migliore in assoluto ha un valore pari a 100. Per quanto riguarda la temperatura di colore, la luce ha una tonalità più fredda quasi celeste a partire da 6000 K, mentre più calda se è compresa tra i 2700 e i 3000 K. Tra i 4000 K ai 5500K si indica la luce naturale, l’effetto che si ha in una giornata primaverile con cielo sereno a mezzogiorno (Fig. 24). La gradazione della luce deve essere scelta in base alle caratteristiche dell’ambiente che dovrà essere illuminato; per esempio in un locale con una dominanza di colori tendenti al rosso e al giallo è preferibile utilizzare un colore bianco caldo, mentre in un ambiente dal design moderno caratterizzato da colori come il verde e il blu è più adatta per esaltarli un'illuminazione con luce fredda o naturale. Le illuminazioni fluorescenti costituiscono circa il 67% delle illuminazioni utilizzate in tutto il mondo144, Inizialmente questo tipo di lampadine erano fredde e asettiche ma oramai si trovano con tonalità più calde da 3000 K. I sostenitori dell'uso dell'illuminazione fluorescente a spettro completo credono che contribuisca allo sviluppo delle capacità cognitive umane. Indipendentemente dall'effetto diretto delle illuminazioni su tali capacità, non sempre verificate, questo sistema contribuisce a determinare l'aspetto del colore.

Veitch, J. A., & Newsham, G. R. (1996, August). Determinants of lighting quality II: Research and recommendations. Paper presented at the 104th Annual Convention of the American Psychological Association, Toronto, Ontario, Canada. 144

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Fig. 24 - Temperatura di colore della luce

Fig. 25 – Qualità dell’illuminazione: l’integrazione del benessere individuale, dell’economia e dell’architettura

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L’olfatto “The nostrils awakes a forgotten image and fall into a vivid dream. The nose makes the eyes to remember.”145 Il sistema olfattivo è fondamentale non solo perché consente di percepire i messaggi chimici provenienti dall’ambiente che ci circonda, ma anche per la capacità di rievocare ricordi e suscitare emozioni, come il profumo delle madeleine di Proust descritto in À la recherche du temps perdu. Esso è infatti direttamente collegato sia all’ippocampo che all’amigdala e al sistema limbico, ovvero le parti del cervello che rispettivamente gestiscono la memoria e le emozioni; la percezione dell’odore si configura quindi come un’esperienza unica per ogni individuo. L’olfatto è il più primitivo ed emozionale dei sensi e per questo rientra tra i più efficaci canali comunicativi. L’essere umano è in grado di rilevare fino a 10.000 odori differenti. Da una ricerca svolta dallo Scent Marketing Institute si evince come alcuni aromi provochino particolari sensazioni che, come nel caso dei colori, possono variare a seconda del background culturale. Il profumo della lavanda, della camomilla e della vaniglia ad esempio suscita una sensazione di rilassamento e benessere, la menta e il limone aumentano l’attenzione e l’odore floreale e di agrumi stimola maggiori acquisti. Molto spesso si associano le essenze a particolari periodi dell’anno come nel caso della cannella e dell’arancia che ricordano l’inverno e il natale. La dimensione olfattiva rivela immediatamente la natura di un luogo spesso legata alla funzione che vi viene svolta, come l’odore di disinfettante che ricorda i corridoi di un ospedale mentre il profumo dell’incenso e della cera rimanda subito alla sacralità di una chiesa. I profumi hanno da sempre distinto luoghi, religioni, culture ed architetture. Nell’antichità gli edifici imperiali venivano costruiti in cedro il cui odore diventava balsamico con il passare del tempo, anche per le sue proprietà insettifughe. Molti edifici dedicati al culto come le moschee venivano edificati utilizzando la malta mescolata con essenze di rosa e muschio che, colpita dal sole, rilasciava una delicata profumazione nell’ambiente per favorire l’ascesi mistica dei fedeli. Gli antichi romani erano soliti impiegare l’acqua di rose anche come fragranza per l’ambiente domestico. Mentre nel cinquecento le riforme protestanti moderarono l’impiego dei profumi, con il barocco quest’ultimi tornano protagonisti per coprire gli odori legati alla scarsa igiene. Nell’ottocento i profumi erano l’espressione di salute e benessere. “Le narici risvegliano un'immagine dimenticata e cadono in un vivido sogno. Il naso permette agli occhi di ricordare”. Pallasmaa, J. (1996). The eyes of the skin: Architecture and the senses, London: Academy Editions 145

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Nei primi anni del novecento si era sviluppata l’idea che l’architettura potesse essere il risultato della sintesi di tutte le forme espressive, come l’opera d’arte in toto. Diversi architetti hanno scelto di lasciare a vista il legno delle proprie opere per diffondere nell’aria la sua essenza. È il caso delle costruzioni di Alvar Aalto146 in cui sembra immergersi nel bosco finlandese grazie all’impiego della betulla. Zumthor147 nel suo padiglione per l’Expo 2000 di Hannover, costituito da 45.000 assi di legno non stagionato assemblate a secco, voleva evocare l’odore e il rumore del legno in stagionatura, per offrire al fruitore un’esperienza sensoriale in cui l’olfatto e l’udito sono protagonisti148.

L’udito “Sound is invisible but has the power to change the space characteristics we occupy”149 Friedrich Hegel150 all’inizio dell’Ottocento, definiva l’udito e la vista come i soli mezzi del piacere estetico, in grado di non alterare l’oggetto: «L’orecchio riceve anche in modo ideale, proprio come l’occhio [riceve] forma e colore, e quindi permette a ciò che è ideale o non esteriore nell’oggetto di suscitare ciò che è spirituale o non corporeo»151. I suoni sono onnipresenti e come gli odori possono caratterizzare profondamente un luogo e un oggetto, diventandone un tratto distintivo. Sono molteplici le possibilità offerte dall’impiego del suono per valorizzare e conferire una specifica identità a un’area urbana o a un’opera architettonica. Ci sono spazi creati per il suono, altri sono stati progettati ispirandosi ai suoni e altri ancora interagiscono e si integrano con l’ambiente che li circonda attraverso essi152.

Aalto Alvar Hugo Henrik (Kuortane, 1898 - Helsinki, 1976) accademico, architetto e designer finlandese tra i fondatori del moderno stile scandinavo 147 Zumthor, Peter (Basilea, 26 aprile 1943), accademico, architetto e restauratore svizzero, noto per le qualità sensoriali e le linee minimaliste dei suoi edifici 148 https://www.totaldesign.it/i-grandi-architetti-contemporanei-peter-zumthor/ 149 “Il suono è invisibile ma ha il potere di cambiare le caratteristiche dello spazio che occupiamo”. Schulz-Dornburg, J. (2000). Art and architecture: new affinities, Barcelona: Editorial Gustavo Gili 150 Georg Wilhelm Friedrich Hegel, (Stoccarda, 27 agosto 1770 - Berlino, 14 novembre 1831) filosofo tedesco, maggior esponente dell’idealismo tedesco e autore dell’opera “La fenomenologia dello spirito” (1807) 151 http://www.labiolca.it/rubriche/bioedilizia/percepire-larchitettura-1/ 152 Baudi, G. (febbraio 2018). SUONO e SPAZIO - strumenti progettuali per valorizzare il patrimonio sonoro locale, Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino 146

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La musica è strettamente connessa al processo creativo in architettura fin dall’antichità. Tra le prime testimonianze di questo legame vi è il De architectura scritto da Marco Vetruvio Pollione153 tra il 27 e il 23 a.C. in cui si evince l’adozione delle proporzioni musicali nella progettazione architettonica. Secondo Sant’Agostino l’architettura può raggiungere la perfezione estetica attraverso le proporzioni numeriche tratte dalla musica. Leon Battista Alberti154 nel 1452 elabora ed espone i rapporti armonici musicali nel suo De re aedificatoria e li applica con attenzione nello studio dell'accostamento tra il numero degli elementi del prospetto frontale e quelli del prospetto laterale e dell'abside del sepolcro per la famiglia Rucellai a Firenze155. Nel libro primo della sua opera affermava: “In ogni caso è mio costume raccomandare di non cadere in quel difetto per cui l’edificio sembra un corpo deforme con le spalle o i fianchi sproporzionati. Invero la varietà dà un sapore gradevole a tutte le cose, se poggia sull’unità e sulla corrispondenza reciproca tra elementi distanti tra loro; ma se tali elementi mancano affatto di legami e non trovano un accordo conveniente, questo genere di varietà costituisce una grave stonatura. Anche in musica, quando alle voci gravi rispondono le acute, e tra quelle e queste risuonano le medie con perfetta armonia, dalla varietà delle voci si crea come per incanto una condizione di felice equilibrio fra i suoni, che accresce il piacere nell’ascoltatore e ne conquista l’animo; e così avviene in ogni opera che sia rivolta appunto a commuovere l’animo e ad attrarlo.” Göethe156 affermava che “la musica è architettura svolta, mentre l’architettura è musica pietrificata”; esse sono entrambe forme espressive comunicate attraverso segni armonici e proporzioni, in grado di suscitare emozioni diverse nei vari fruitori. Soprattutto in epoca medievale e nel passaggio al Romanico si nota un’evoluzione parallela di musica e architettura religiosa; ad esempio la basilica paleocristiana di Santa Sabina a Roma sul colle Aventino del V sec., è caratterizzata da una serie dei sostegni aventi tutti la stessa dimensione ed equidistanti tra loro e da una copertura piana. Tale composizione architettonica si configura come uno spazio semplice, omogeneo, costante e dal ritmo monocorde. La composizione musicale dei primi secoli cristiani si contraddistingueva

Marco Vetruvio Pollione, (circa 80 a.C. – circa dopo il 15 a.C.), ingegnere ed architetto durante il periodo cesariano e augusteo. Noto principalmente per il trattato De architectura secondo il quale l’architettura deve soddisfare tre categorie: soliditas o firmitas ovvero la saldezza costruttiva e strutturale, utilitas in quanto deve rispondere a specifiche funzioni e venustas la bellezza. 154 Alberti, Leon Battista (Genova, 1404 – Roma, 1472), architetto e letterato noto principalmente per il trattato latino De re aedificatoria del 1452 155 Pintore, A. (autunno 2004). Il simbolismo musicale nell'opera di Leon Battista Alberti: dal De re aedificatoria al Sepolcro Rucellai, Nexus Network Journal, vol 6 no. 2, pp. 1-2 156 Goethe, Johann Wolfgang von, (1749, Francoforte sul Meno – 1832 Weimar), drammaturgo, narratore, poeta tedesco 153

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al tempo stesso per una melodia ad una sola voce accompagnata dalla nota con intervalli di piccola ampiezza. Con il Romanico la composizione architettonica e quella musicale diventano più complesse; nel primo caso si verifica l’impiego delle volte a crociera che estendono i ritmi interni e dell’arco a tutto sesto. Nel secondo caso si registra un arricchimento del canto liturgico con un’acquisizione di maggior autonomia da parte della musica rispetto al testo e iniziali tentativi di polifonia. Generalmente oggi gli architetti durante la progettazione pensano in termini visuali e non sonori poiché di norma lo spazio è considerato un vuoto in cui disporre oggetti che lo definiscono e lo rendono funzionale. Lo spazio viceversa può costituire un pieno che può essere attivato dalle onde sonore e riempito da tanti altri campi come quelli elettrici, magnetici e dalle onde wifi157. Sono numerosi gli esempi di edifici che “suonano”. Il suono incessante dell’acqua è ad esempio un tratto distintivo della Fallingwater, tra le colline della Pennsylvania, di Frank Lloyd Wright. Nel quartiere degli studenti di Neustadt Kunsthofpassage, nella provincia di Dresda, lungo la facciata del palazzo azzurro Fullen Wall sono stati installati una serie di tubi e imbuti che convogliano l’acqua meteorica offrendo agli abitanti e ai passanti melodie musicali che variano con l’intensità della pioggia. La sala concerti Le Métaphone progettata dello studio francese Hérault Arnod Architectes, non solo ospita la musica al suo interno, ma si configura anche come strumento musicale urbano grazie all’integrazione di pannelli vibranti ed elementi acustici in copertura e in facciata, capaci di produrre una molteplice varietà di suoni gestibili anche da una cabina di regia interna. Grazie a questo l’edificio prende vita e coinvolge i passanti con la sua musica effimera e fugace. Un concerto sempre vario viene offerto anche dal Sea Organ in Croazia a Zara, progettato dall’architetto Nikola Bašić con il sostegno tecnico di altri esperti. Si tratta di una scalinata che si estende per circa 70 metri lungo la costa e i gradoni sono divisi in sette sezioni ognuna di dieci metri. I gradini più bassi, disposti parallelamente alla riva e a livello della bassa marea, sono dotati di 35 canne in polietilene di lunghezze, diametro ed inclinazione diverse che permettono all'acqua e all'aria di fluire all’interno per essere poi incanalate in camere di risonanza disposte al di sotto di essi, e spinte attraverso i canali sulle scale superiori. Questo movimento consente la produzione di note attraverso i labium (fischietti). Poiché il mare cambia continuamente, l'organo marino non suona mai esattamente la stessa melodia due volte e ogni suono che si ascolta è completamente unico. Lo strumento è dotato di sette cluster e cinque toni, caratteristici della musica tradizionale della Dalmazia a cappella.

Saggio, A. (dicembre 2014). Musica e spazio un rapporto secolare. La mostra di Hou Hanru "Open Museum Open City" indaga il rapporto tra il suono e il vuoto-pieno che ci circonda e nel quale viviamo. 157

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Il tatto “(…)while the tactile space separates the observer from the objects, the visual space separates the objects from each other (…) the perceptual world is guided by the touch, being more immediate and welcoming than the world guided by sight”158 L'occhio è l'organo della distanza, mentre il tatto è il senso della vicinanza, dell'intimità e dell'affetto. L'occhio osserva e indaga, mentre il tatto si avvicina e percepisce una sensazione. La scelta dei materiali è fondamentale per stimolare il senso del tatto che consente di valutare la loro morbidezza o rugosità, il loro calore o la freddezza. Due diversi esempi di architettura capaci di coinvolgere in particolare questo senso, possono essere il memoriale dell'Olocausto a Berlino da Peter Eisenman159 o l'interno di iWeb di Kas Oosterhuis160. Nel primo caso il calcestruzzo estremamente liscio e nel secondo lo strato di schiuma spruzzata invitano ad essere toccati. Sebbene la vista conduca nel luogo, solo il tocco soddisfa effettivamente la curiosità del visitatore. Il progetto dell’architetto Eisenman costituito da 2.711 elementi rettangolari grigio scuro di varie altezze, è ispirato alle lapidi presenti nel cimitero ebraico di Praga. Questi freddi pilastri di pietra sono disposti in modo da creare un labirinto con stretti percorsi in cui il visitatore può rivivere la sensazione di angoscia, la paura e lo smarrimento di un popolo di fronte all’eliminazione di ogni segno d’umanità. Oosterhuis ha l’obiettivo di integrare la possibilità dell’informatica di creare modelli di informazioni interconnessi e riconfigurabili nell’ambito degli edifici, per consentire adattamenti in linea con il variare delle esigenze. Interattività è la keyword che meglio definisce l’architettura di Oosterhuis; questo tratto distintivo consente di porre al centro dell’attenzione l’individuo e i suoi bisogni anziché l’oggetto, personalizzando e non standardizzando. iWeb è il padiglione che l’architetto ha realizzato all’esterno della facoltà di Architettura di Delft nel 2006, frutto di questo nuovo approccio.

“mentre lo spazio tattile separa l'osservatore dagli oggetti, lo spazio visivo separa gli oggetti l'uno dall'altro (...) il mondo percettivo è guidato dal tatto, essendo più immediato e accogliente del mondo guidato dalla vista”. Zumthor, P. (2006). Thinking Architecture, Birkhauser, Basel 159 Peter David Eisenman (Newark, New Jersey, Stati Uniti, 12 agosto 1932), architetto americano esponente del decostruzionismo 160 Kas Oosterhuis (Amersfoort, Netherlands 1951), fondatore insieme alla moglie, artista visiva Ilona Lénárd, di ONL – The innovation studio 158

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Attraverso la tattilità otteniamo informazioni preziose che possono attivare delle associazioni, come ad esempio un sasso levigato dal mare non è solo piacevole al tatto, ma esprime anche il processo della sua formazione.

Il gusto Le papille gustative dell’uomo possono distinguere solo tra 7-8 diversi tipi di gusto, mentre il naso può distinguere tra centinaia di sostanze, anche in quantità minuscole. L'olfatto amplifica il senso del gusto. Questa regola è applicabile anche all’architettura che può stimolare tale percezione attraverso gli odori e la visione di alcuni colori e dettagli. L'uomo comprende e ricorda l'ambiente attraverso i sensi, in maniera conscia o inconscia. Il concetto di architettura sensoriale non è certamente nuovo ma, grazie all’introduzione di materiali e tecnologie innovativi, si possono raggiungere livelli di perfezionamento molto elevati per un coinvolgimento e un’esperienza sempre più totalizzante dell’individuo che fruisce la comunicazione negli spazi progettati. Come afferma l’architetto finlandese Juhani Uolevi Pallasmaa161 “L'architettura è l'arte della riconciliazione tra noi e il mondo, e questa mediazione avviene attraverso i sensi”.

Juhani Uolevi Pallasmaa (14/09/1936 Hämeenlinna, Finlandia) architetto ed ex professore di architettura e preside presso l'Università di Tecnologia di Helsinki. Tra i suoi numerosi libri The Eyes of the Skin - Architecture and the Senses è diventato un classico della teoria architettonica per le scuole di tutto il mondo 161

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Edilizia temporanea: caratteristiche, requisiti tecnologici e tecniche costruttive ed impianti

Di Fabrizio Cumo, Giuseppe Piras, Rossella Roversi Il pop up store, anche detto temporary shop, si inquadra quindi nella famiglia delle costruzioni temporanee che comprendono varie tipologie; esse si possono ricondurre essenzialmente alle costruzioni destinate a scopo abitativo, che vanno dalle sistemazioni che conseguono a eventi calamitosi o di emergenza, alle case vacanze che vengono allestite solo in determinati periodi dell’anno, alle case mobili, ai contenitori per eventi culturali, espositivi, commerciali e sportivi. Per quanto l’uso più frequente degli edifici pop up sia quello a fini commerciali, gli altri tipi di utilizzo si stanno sempre più diffondendo grazie alla versatilità ed alla facile attrezzabilità dei loro spazi. La temporaneità può essere declinata secondo il suo rapporto con lo spazio, con la funzione d’uso e la dimensione temporale stessa. Una costruzione può infatti essere temporanea perché la sua localizzazione può essere cambiata e quindi la costruzione può essere rimossa e spostata in altro luogo, oppure può esserne variato l‘utilizzo, ospitando eventi ed allestimenti mutevoli, oppure può rimanere in essere per un lasso di tempo determinato e venir poi smantellata. Sono possibili varie combinazioni delle tre componenti che determinano la temporaneità di un’opera ed anche la loro contemporanea compresenza. Oltre ad essere definite in relazione alle categorie di spazio-tempo-luogo, nonché in conseguenza di ciò, le costruzioni pop up possiedono alcune caratteristiche salienti che possono essere raggruppate come segue: - Velocità e semplicità di impianto e di rimozione - Leggerezza

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- Trasportabilità - Modificabilità/adattabilità - Flessibilità - Reversibilità - Economicità Le caratteristiche strutturali e tecnologiche delle architetture temporanee devono consentirne una rapida installazione ed una altrettanto rapida rimozione, per questo si ricorre a metodi costruttivi e materiali leggeri, solitamente da assemblare a secco. Queste caratteristiche agevolano anche la trasportabilità dei manufatti, sia che si tratti di elementi da assemblare che di unità in blocco unico; la collocazione delle architetture temporanee, ad esempio all’interno di centri commerciali o terminal di trasporto oppure in piazze urbane centrali, rende necessaria una movimentazione rapida e sicura e che non inibisca l’uso del luogo dove l’opera è ospitata, se non per un tempo molto breve. La smontabilità e ri-montabilità comporta una composizione per elementi standard, solitamente modulari e di produzione industriale, la cui giunzione deve avvenire in maniera rapida e semplice. La reversibilità rende possibile ad un processo costruttivo di tornare alla condizione di partenza senza che ne rimanga traccia in sito; ciò coinvolge le fasi di progettazione, realizzazione e gestione del manufatto, richiede particolari accorgimenti e comporta la messa a punto di strategie che vanno dalla semplice de-costruzione dell’opera, al riuso delle sue parti per comporre altre opere, fino al riciclo degli elementi sotto forma di componenti, semilavorati o materiali. Per essere reversibile, un processo costruttivo deve prevedere l’assemblaggio a secco, senza quindi fare uso di collanti o leganti, avere un attacco a terra che possa far tornare il sito nello stato di partenza, un sistema di montaggio regolato da un progetto finalizzato ad un facile smontaggio e preferibilmente utilizzare materiali e sistemi riciclabili. La flessibilità è la caratteristica che consente l’adattamento a più usi senza la necessità di opere complesse, lunghe o onerose. All’interno del medesimo spazio diventa possibile operare cambiamenti che permettono una variabilità necessaria per venire incontro alle mutate esigenze degli utenti. La flessibilità si consegue quindi operando modifiche e adattamenti La flessibilità d’uso consente anche di ammortizzare meglio i costi di realizzazione perché la capacità di adattamento del manufatto può prolungarne la vita grazie agli usi diversi a cui si può prestare. L’economicità è spesso un requisito importante per i manufatti temporanei, che solitamente si rapporta in maniera direttamente proporzionale alla durata del loro previsto ciclo di vita. Tuttavia, alcuni brand importanti hanno investito cifre considerevoli, soprattutto se rapportate alle piccole dimensioni delle costruzioni, pur di creare pop up store particolarmente accattivanti. Tuttavia, il costo si innalza molto soprattutto quando sono ospitate soluzioni tecnologiche e dispositivi multimediali con alti contenuti di tecnologia. I pop up store possiedono poi una serie di caratteristiche che li distinguono dalle generiche architetture temporanee e che dipendono dalla funzione promozionale che solitamente sono chiamati a svolgere. Essi devono innanzi tutto essere attraenti, cioè devono attirare l’attenzione ed invitare ad entrarvi all’interno.

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Devono inoltre esprimere in maniera riconoscibile l’identità del brand o dell’evento che vogliono far conoscere, quindi fanno ricorso a soluzioni estetiche, cromatiche, grafiche e talvolta anche formali, che richiamano in maniera diretta quelle del marchio, del packaging, del logo o del prodotto stesso da promuovere. Ad esempio, la Coca Cola ha creato dei pop up store utilizzando semplici container dipinti del caratteristico rosso e riproducendo in grandissimo formato la scritta che rappresenta il logo del prodotto e la sagoma caratteristica della bottiglia. Non è importante solo l’aspetto esteriore dell’edificio, che rappresenta ovviamente il primo elemento di attrazione, ma anche l’interior design e l’esperienza che l’utente può vivere una volta entrato. Nella progettazione dell’allestimento interno si possono adoperare vari approcci che vanno dal fai da te all’affidarsi ad aziende e professionisti specializzati. Chi ha pochi mezzi o vuole occuparsi personalmente del concept, può servirsi di una delle app scaricabili gratuitamente: hanno un’interfaccia semplice ed intuitiva e consentono di suddividere e visualizzare le varie zone solitamente previste in un pop up store. Si tratta delle seguenti aree: - La zona di filtro o decompressione: si trova appena al di là dell’ingresso del negozio e quindi interessa la prima area che incontra il visitatore entrando. Essa deve suscitare una prima e significativa impressione ed invitare il visitatore a proseguire l’immersione nell’esperienza che gli viene proposta. - Il percorso: è opportuno che i visitatori vengano guidati attraverso un percorso che consenta loro di prendere visione di tutta la merce, le informazioni e le opportunità messe a disposizione. In questo modo sarà anche più facile controllare l’affluenza e tenere il tutto sotto controllo. Per realizzare il percorso, possono essere usate attrezzature fisse o mobili, come semplici elementi di arredo, scaffalature, banconi e contenitori espositivi. - L’elemento eccezionale: nel compiere il percorso, nel quale i visitatori avranno la possibilità di visionare una molteplicità di prodotti, acquisire informazioni e ricevere vari stimoli, è consigliabile che l’attenzione venga indirizzata verso un elemento che rappresenti un fattore di eccezionalità, che colpisca il visitatore. Il messaggio lanciato, associato al brand o all’evento/esperienza che si vuol promuovere, deve poter rimanere impresso e ripresentarsi alla memoria anche una volta usciti dall’edificio. Di solito si tratta di allestire la parete che risulta più visibile all’interno del percorso e su cui vengono installati display o altri dispositivi in grado di comunicare in maniera dinamica con i visitatori. Talvolta, il ruolo svolto dalla parete può essere assolto anche da un elemento tridimensionale, come una scultura, una riproduzione 3D del prodotto, o anche da una postazione dove si svolge una performance (come accade nello show-cooking). - La zona di comfort: i visitatori non devono solo poter circolare ma anche poter sostare. Per prolungare la loro permanenza occorre creare zone in cui si possano momentaneamente sottrarre al flusso e rimanere in relax. Si dovrà quindi conformare uno spazio più defilato, inserirvi sedute e dedicarvi una forma di comunicazione ad hoc, per fare in modo che il tempo trascorso possa essere proficuo e utile a veicolare il messaggio.

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Sistemi costruttivi I sistemi costruttivi con i quali si possono realizzare i pop up store dipendono a loro volta dalle scelte progettuali di base: se la configurazione volumetrica della costruzione prevede modificazioni in corso d’uso (ad esempio se è un volume richiudibile, espandibile, con parti mobili), se la costruzione va trasferita in altri luoghi e quindi se ne prevede trasporti multipli, quali materiali verranno impiegati per la costruzione, sia nella struttura che nell’involucro, il tipo di assemblaggio e la complessità funzionale e tecnologica dei componenti. Le principali tipologie strutturali sono quelle a telaio, per la loro leggerezza, e a pannelli prefabbricati, per la facilità di montaggio. Si utilizzano anche le strutture pneumatiche, le tensostrutture e le scocche portanti. È frequente il riuso di manufatti completi, come ad esempio container, o vecchi mezzi di trasporto collettivo, come i pulmini scolastici o i double-deckers inglesi. In letteratura, la definizione di sistema costruttivo è legata prevalentemente alla funzione e configurazione strutturale adottata, in particolare dai sistemi strutturali in elevazione. In base a ciò, si possono distinguere in: - sistemi continui - sistemi discontinui o puntiformi - sistemi misti I primi si hanno quando gli elementi strutturali sono planimetricamente ininterrotti, come avviene ad esempio nel caso della muratura portante che caratterizza l’edilizia tradizionale. È una soluzione che si trova utilizzata frequentemente anche nell’edilizia temporanea, dove la scocca esterna dell’edificio non ha solo valore di chiusura e di caratterizzazione estetica, ma anche strutturale. Nei sistemi costruttivi puntiformi, discontinui o discreti, la struttura è costituita da elementi verticali singoli e distanziati, ma collegati attraverso nodi alle travi (telaio), quindi solidali e collaboranti alla resistenza del sistema nel suo complesso. Nei sistemi puntiformi l’involucro è costituito da sistemi di chiusura distinti dagli elementi portanti e che svolge le sole funzioni di assicurare le condizioni di comfort agli spazi confinati e di attribuire una caratterizzazione estetica al manufatto edilizio. Come dice il nome stesso, le strutture miste prevedono l’impiego congiunto del sistema continuo e di quello puntiforme, ma trovano scarso impiego per gli usi considerati in questo testo. Rispetto alla classificazione esposta in breve sopra, i sistemi costruttivi utilizzati per la realizzazione di architetture pop up sono più utilmente raggruppabili come segue: - struttura ad elementi/componenti prefabbricati da assemblare in sito; - struttura a moduli componibili prefabbricati da assemblare in sito; - struttura a blocco unico completo prefabbricato e pre-assemblato. Tale classificazione si basa sul tipo di assemblaggio, che costituisce un aspetto fondamentale nel caso di edifici temporanei.

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L’assemblaggio è la fase della costruzione in cui si procede al montaggio di una struttura unendo secondo una logica le singole parti; anche queste ultime possono essere il prodotto di un montaggio avvenuto in precedenza. L’assemblaggio non è solo una tecnica di costruzione, ma interagisce significativamente con gli aspetti progettuali, ideativi e metodologici del fare architettonico, influenzando la forma, il linguaggio, l’immagine dell’opera: tra adoperare metodi di assemblaggio ad umido o a secco cambiano, insieme alle strategie esecutive, alla produzione per l’edilizia e alla manodopera edile, anche i modi di pensare al progetto di architettura. Nel caso delle architetture temporanee, il metodo di assemblaggio di gran lunga più usato è quello a secco nel quale i componenti vengono uniti con tecnologie di giunzione di tipo meccanico e resi solidali senza l'impiego di materiali di connessione destinati a consolidarsi dopo la posa, come malte, sigillanti e collanti. Tra i vantaggi di un sistema costruttivo a secco vi è una maggior garanzia di compressione e rispetto sia dei tempi che dei costi di costruzione nonché ridotti impatti ambientali sia durante le fasi di costruzione sia alla fine della vita utile dell'organismo edilizio. A differenza dell’assemblaggio ad umido, quello a secco, servendosi di collegamenti meccanici che possono essere rimossi senza grave danno ai componenti, permette un’alta percentuale di recupero degli elementi utilizzati. Altro aspetto significativo, in particolare per le architetture pop up che, a causa della loro collocazione, non possono usufruire delle tradizionali aree di cantiere, è la dimensione ridotta del cantiere e la sua maggior pulizia. I pop up store sono posizionati in ambienti, sia all’aperto che al chiuso, in cui è comunque già presente un traffico di frequentatori e lavoratori, come avviene nei centri commerciali, negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie o nelle piazze urbane; è importante che l’installazione del manufatto ed il suo allestimento rechino il minor disturbo possibile alle attività che già si svolgono nell’area, che siano possibili condizioni ottimali di sicurezza, e che il tutto si svolga nel minor tempo possibile, visto che l’occupazione del suolo è onerosa, cioè comporta l’esborso di una quota direttamente proporzionale alla durata dell’occupazione stessa. Le singole parti che vengono assemblate in loco, cioè dove viene situato il pop up store, sono di solito elementi prefabbricati. Tali componenti, già finiti dal punto di vista formale, in quanto precedentemente lavorati, vengono assemblati reciprocamente e/o con gli elementi dell'edificio già collocati sul posto. Le parti dell'edificio soggette a procedure di assemblaggio possono infatti riguardare solo alcuni elementi della costruzione oppure estendersi all'intero organismo architettonico. La fase di montaggio è ridotta al minimo nel caso in cui il manufatto venga trasportato sul posto già completo, come avviene nel caso di riutilizzo dei container o di costruzioni monoscocca. Queste strutture hanno però dimensioni molto ridotte per cui, a meno che non sia possibile una composizione di più moduli accostabili, possono avere utilizzi limitati. È molto frequente il ricorso a sistemi prefabbricati, in cui elementi già composti vengono poi montati sul posto. Questa soluzione unisce alla rapidità di montaggio la possibilità di costruire strutture di forma e dimensioni varie e consente una maggior libertà compositiva rispetto a quella consentita tramite giustapposizione e accostamento di monoblocchi.

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Nei sistemi prefabbricati a elementi bidimensionali la struttura portante è formata da elementi autoportanti costituiti da pannelli piani per pareti e solai che svolgono nel medesimo tempo la funzione di partizioni spaziali. I pannelli possono essere in acciaio, in legno e in materiali derivati, in calcestruzzo o, assai più raramente, in muratura. I sistemi costruttivi ad elementi bidimensionali sono organizzati secondo tre principi strutturali: sistema a piccoli pannelli, sistema a grandi pannelli e sistemi a setti trasversali portanti. - Il sistema a piccoli pannelli, essendo utilizzato solamente in edifici di altezza ridotta, trova applicazione nelle architetture temporanee. Le pareti sono formate da pannelli alti quanto un singolo piano e di larghezza compresa tra i 60 e i1 20 cm. I pannelli di piccolo formato sono più flessibili sul piano progettuale di quelli di grande formato perché consentono una maggior varietà di composizione. - Nel sistema a grandi pannelli la struttura portante è formata da pareti longitudinali e trasversali sulle quali viene appoggiato il solaio. Se la piastra del solaio viene appoggiata trasversalmente, la funzione portante viene esercitata solo dalle pareti longitudinali, mentre quelle trasversali servono unicamente da elementi di stabilizzazione e da partizioni interne o chiusure esterne. - Per quanto riguarda il sistema a setti trasversali portanti in questo caso la struttura portante è costituita da pareti trasversali disposte parallelamente tra loro (setti) che servono da appoggio per gli elementi del solaio. La stabilizzazione della struttura è garantita dalle pareti longitudinali o dal corpo delle scale, se presente. Gli elementi delle pareti esterne devono soddisfare tutti i requisiti fisico-tecnici necessari (isolamento termico-acustico, …), non devono, inoltre, essere troppo pesanti per esigenze di trasporto e montaggio. L’assemblaggio a secco non riguarda soltanto i componenti prefabbricati ma può riguardare anche la realizzazione del singolo componente. Esso risulterà così il frutto della composizione di un telaio, che può essere in legno, acciaio, alluminio, o sistemi ibridi, con una serie di strati di materiali all’interno di uno strato di chiusura. A quest’ultimo è demandata la funzione di definizione architettonica dell’edificio, di protezione dagli agenti atmosferici e di resistenza alle sollecitazioni esterne. Agli strati più interni è affidato il conseguimento di adeguate condizioni di comfort e benessere interno (isolamento termico ed acustico) e consentono l’alloggiamento degli impianti e della struttura portante, mentre lo strato più interno chiude il pacchetto conferendo qualità estetica alla superficie che delimita gli ambienti.

Impianti I pop up store hanno talvolta ampie vetrate che consentono di guardarvi all’interno o vetrine per esporre la merce. Ciò può provocare un eccessivo irraggiamento nel periodo estivo o perdite di calore nel periodo invernale. Inoltre, spesso gli ingressi vengono lasciati aperti per favorire il flusso delle persone causando notevoli dispersioni di aria condizionata e l’ingresso di quella esterna non condizionata. Tali eventualità vanno considerate in sede di progettazione dell’impianto di condizionamento. È fortemente consigliato

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l’utilizzo di lame d’aria verticali da installare al di sopra degli ingressi per garantire in ogni configurazione d’uso un confinamento dell’ambiente, riducendo così gli sprechi energetici anche a porte aperte. I pop up che vengono collocati all’interno di altri contenitori chiusi, come i terminal aeroportuali, possono non avere la necessità di alcun impianto autonomo in quanto usufruiscono di quelli della struttura ospitante. Le problematiche impiantistiche legate alla realizzazione dei pop up sono fortemente condizionate dalla possibilità di accesso alle reti strutturali di energia elettrica e gas. Ove infatti il collegamento a tali reti non possa essere garantito e/o non potesse essere disponibile a causa della mancanza delle reti, deve ovviamente essere garantita in ogni caso la produzione di adeguata potenza elettrica e termo frigorifera. Tutta l’impiantistica utilizzata quindi deve essere improntata a logiche di contenimento dei consumi in quanto, per le problematiche appena esposte, il pop up deve essere comunque dotato di un sistema di autoproduzione di potenza elettrica, eventualmente affiancato da serbatoi di accumulo di gas per utilizzo interno (tipo cottura cibi) e per riscaldamento. I sistemi esistenti di autoproduzione di energia elettrica associabili a pop up si distinguono in: - sistemi tradizionali, quali ad esempio gruppi elettrogeni alimentati a gasolio - sistemi basati sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, quali ad esempio pannelli fotovoltaici A causa dell’esiguità degli spazi a disposizione per l’installazione dei pannelli fotovoltaici, solitamente i due sistemi coesistono. La presenza di sistemi di condizionamento funzionanti con l’elettricità (VRV) da un lato permettono di evitare la necessità di un serbatoio di accumulo del gas, ma dall’altro aumentano i carichi elettrici dell’installazione con conseguente necessità di sovradimensionamento del gruppo elettrogeno e dei pannelli fotovoltaici. Tali problematiche non sono ovviamente presenti nelle installazioni di pop up store previste all’interno di altri locali, dove la possibilità di poter utilizzare potenze più alte permette scelte tecnologiche/impiantistiche più varie e con ricadute maggiormente positive sulla qualità dell’aria interna.

Impianto HVAC Un sistema HVAC (Riscaldamento, Ventilazione e Condizionamento dell’Aria) è un impianto complesso che permette di ottenere comfort ambientale regolando riscaldamento, condizionamento e ventilazione. Si usa sia nell’ambito residenziale che in strutture di tipo misto, commerciale o industriale. Un sistema HVAC, pur piccolo che sia, è un impianto molto energivoro e quindi deve venire correttamente dimensionato, realizzato, tarato e manutenuto. Essendo possibile progettare configurazioni flessibili e gestire gli impianti in base alle reali e necessarie condizioni ambientali, date dal numero di presenti in un ambiente, dalla temperatura ideale, l'umidità, i numeri di ricambi d'aria orari, la velocità e la qualità dell'aria stessa, questa soluzione è adottata frequentemente anche nelle architetture temporanee.

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I sistemi di controllo della climatizzazione includono applicazioni, prodotti e servizi destinati al controllo delle apparecchiature di climatizzazione al fine di: • offrire le necessarie condizioni ambientali (temperatura, velocità di trasporto dell'aria, umidità, CO², ecc.) per il comfort degli occupanti e per l'efficienza dell'edificio • ridurre al minimo il consumo energetico • ridurre gli altri costi, quali i costi d'esercizio, di manutenzione e di riparazione I sistemi di climatizzazione possono rappresentare fino al 70% del consumo energetico a seconda dei settori. Per risparmiare tra il 15% e il 30% sui costi per l'energia consumata dai sistemi di climatizzazione è possibile combinare metodi diversi: • programmare l'impostazione della temperatura in base agli occupanti • adattare la potenza di produzione del riscaldamento o del raffreddamento in base alle reali esigenze dell'edificio • aumentare la temperatura a un livello confortevole solo quando viene rilevata la presenza di occupanti • adattare il flusso della ventilazione in base agli occupanti o al livello di inquinamento dell'aria interna • recuperare l'energia di riscaldamento o raffreddamento dall'aria estratta Poiché i pop up store hanno dimensioni ridotte, si minimizza anche uno dei principali inconvenienti dei sistemi HVAC in cui la batteria di condensazione è esposta direttamente all'atmosfera esterna: poiché tutti gli altri componenti del ciclo di refrigerazione sono racchiusi nel condizionatore d'aria all’interno, è richiesta l'installazione di tubazioni di refrigerazione che colleghino gli elementi posti all’esterno, magari posizionati sul tetto, e quelli all’interno. Nei piccoli edifici si devono coprire percorsi brevi mentre in edifici più grandi i percorsi sono lunghi, con notevole aumento dei costi e delle difficoltà di realizzazione. Le principali famiglie di impianti HVAC sono le seguenti: 1. Volume costante: un sistema HVAC a volume costante, dove il volume d'aria è costante indipendentemente dai carichi di raffreddamento. Questo tipo di impianto viene utilizzato per i sistemi HVAC più semplici con carichi di raffreddamento simili e che non prevedono l'utilizzo di sistemi a portata variabile. 2. Volume a portata variabile (VAV): un sistema HVAC con volume a portata variabile dove il volume d'aria può variare a seconda della diversità dei carichi di raffreddamento nei singoli vani. Il motore di calcolo dei carichi di raffreddamento determina il mese e l'ora dell'anno in cui si ha il carico di raffreddamento massimo per ogni singolo vano. In questo modo, il progettista HVAC può dimensionare correttamente le unità a portata variabile per ciascun locale.

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3. Sistema idronico: un sistema HVAC idronico utilizza come fluido l’acqua anziché un gas refrigerante. È più semplice da progettare ed anche da modificare in corso d’opera. ad esempio, un refrigeratore o una caldaia.

Impianto VRV Tra gli impianti maggiormente apprezzati e diffusosi negli ultimi anni c’è il VRV (Variant Refrigerant Volume) ed il VRF (Variant Refrigerant Flow). Sono impianti del tipo ad espansione diretta nel quale è presente una unità esterna dotata di compressore e di una batteria di scambio. Il loro uso presenta numerosi vantaggi, tra cui: • Elevate efficienze; • Impianti modulari espandibili; • Sezioni delle tubazioni ridotte; • Velocità di installazione; • Assenza di Centrali Termiche e di conseguenza assenza di linee di adduzione gas metano; • Non necessitano di verifiche o approvazioni da parte dei VVF; • Nessuna canna fumaria o emissione di fumo; • Facile conversione dell’impianto da funzionamento invernale a funzionamento estivo e viceversa; • Nessun rischio di perdita di acqua e pertanto nessun rischio di danneggiamento della struttura edilizia ospitante; • Non c’è rischio di congelamento delle tubazioni anche in caso di inutilizzo prolungato dell’impianto nel periodo estivo. Attraverso linee distributive realizzate con tubazioni in rame adatte a tali impianti, vengono alimentate le singole unità interne le quali comprendono, oltre al ventilatore, la batteria di scambio, la valvola termostatica elettronica e la valvola di deviazione a cassetto. Nella conformazione più semplice, gli impianti VRV-VRF sono dei semplici impianti frigoriferi con inversione di ciclo, nei quali tutte le unità interne lavorano in riscaldamento o in raffreddamento a seconda della stagione, garantendo la possibilità di agire sulla regolazione della temperatura interna per ogni singolo locale e sulla velocità del ventilatore. Sostanzialmente si tratta di un multisplit in cui le unità interne possono lavorare in modo differenziato tra loro, alcune in freddo per rinfrescare il locale, ed altre in pompa di calore per riscaldarlo. Si tratta quindi di un impianto alternativo al tradizionale quattro tubi a fluido intermedio con gruppi frigoriferi a recupero di calore. Quando tutte le unità interne lavorano in raffreddamento, il sistema si comporta come un normale multisplit: l'unità esterna funge da condensatore, quelle interne da evaporatore e vengono utilizzate solamente due delle tre tubazioni. Qualora parte delle unità interne debbano lavorare in riscaldamento, ma

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il carico predominante sia quello in raffreddamento, si attua il recupero di energia termica: il vapore surriscaldato in uscita dal condensatore viene inviato parte all'unità esterna, che funge ancora da condensatore, e parte alle unità interne in riscaldamento, attraverso il terzo tubo dell'impianto.

Impianto idronico Un sistema idronico permette di climatizzare uno o più ambienti impiegando come fluido termovettore l'acqua. L'uso dell'acqua per trasportare energia termica comporta l'impiego di tubazione più grandi ed è quindi necessario un quantitativo di fluido maggiore rispetto ad un fluido termovettore più performante. Le tubazioni conseguentemente non sono compatibili con altri sistemi e non è possibile provvedere ad un adattamento; inoltre devono necessariamente possedere un isolante (solitamente in elastomero) che provvede ad eliminare il problema della condensa e si dovrà prevedere un punto di scarico della stessa per ogni punto radiante. L'impiego dell'acqua ha indubbi vantaggi rispetto ad un altro fluido perché è ecologico e la sua perdita non implica tossicità o inquinamento, come potrebbe invece accadere per il gas refrigerante in un sistema ad espansione diretta. I componenti principali e caratteristici dell’impianto sono: a) caldaia murale a gas, per riscaldamento ambientale e produzione d’acqua calda sanitaria (in comune con un normale impianto di riscaldamento) b) circuito di distribuzione, in rame con caratteristiche tecniche idonee a veicolare acqua refrigerata c) refrigeratore d’acqua, funzionante ad energia elettrica da posizionare in parallelo alla caldaia e che può essere, alternativamente alla stessa, collegato nel periodo estivo, tramite lo stesso circuito di distribuzione in rame ai diversi ventilconvettori posizionati nei diversi ambienti d) ventilconvettori, per la distribuzione dell’aria calda/fresca nei diversi ambienti. Nei locali in cui non si ritiene indispensabile il raffrescamento estivo (come ad es. nei bagni) al posto dei ventilconvettori possono essere utilizzati i comuni elementi radianti. Principali vantaggi (rispetto ad un impianto a pompa di calore convenzionale) • Disponibilità anche d’acqua calda prodotta dalla stessa caldaia a gas • Minor costo dell’apparecchiatura refrigerante. • Minor consumo d’energia elettrica: a) sia sotto il profilo dell’assorbimento elettrico vero e proprio b) sia sotto quello di non dover aumentare l’impegno di potenza del contatore ENEL • Minore ingombro e quindi minori problemi estetici relativi al posizionamento dell’unità refrigerante che si presenta singola, compatta e facilmente occultabile. • Possibilità d’avere il fresco dove si vuole utilizzando gli stessi ventilconvettori che ci servono per il riscaldamento invernale ed evitando quindi ingombri d’altre apparecchiature.

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Maggiore sicurezza e rispetto dell’ecologia in quanto in casa non circola gas freon, ma solo

acqua.

Impianto elettrico L’impianto elettrico è costituito da tutti quei componenti che all’interno del sistema impiantistico svolgono una determinata funzione per l’utilizzo di energia elettrica. La sua funzione è quella di soddisfare scopi specifici delle utenze (illuminazione, riscaldamento, segnalazione) in maniera coordinata, garantendo la protezione delle persone e dei beni. I costi energetici in un edificio temporaneo possono oscillare notevolmente in quanto dipendono dall’orario di apertura: quelli collocati negli aeroporti o nelle grandi stazioni ferroviarie possono rimanere aperti anche ventiquattro ore su ventiquattro, quelli posizionati in ambienti urbani hanno orari più ridotti mentre quelli destinati ad ospitare eventi promozionali, possono stare aperti per un lasso di tempo giornaliero limitato all’evento, come avviene per gli show cookings. Un altro elemento che ingenera variabilità di consumi è il tipo di impianti installati e l’utilizzo o meno di dispositivi tecnologici energivori come display di grandi dimensioni.

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Impianto fotovoltaico Trasforma direttamente l’energia solare in energia elettrica. È composto essenzialmente da: • moduli fotovoltaici costituiti da celle in silicio cristallino • inverter che trasformano la corrente continua generata dai pannelli fotovoltaici in corrente alternata • quadri elettrici e cavi di collegamento Moduli fotovoltaici monocristallini Sono quelli con efficienza maggiore; si va dal 15% al 20% e per produrre una potenza di 1 Kw ha bisogno di circa 6 mq. Il pannello è una lastra rigida costituita in genere da celle fotovoltaiche assemblate. Le celle fv sono saldate tra di loro e ricoperte da un vetro protettivo e da una cornice esterna di alluminio. Il modulo dura mediamente 25 anni con perdite di rendimento di meno dell’1% l’anno. Questi tipi di pannelli lavorano molto bene se i raggi del sole cadono in maniera perfettamente perpendicolare alla loro superficie. Come tipo di soluzione, risulta decisamente quella più costosa e viene impiegata quando ci sono condizioni ottimali di irraggiamento sfruttando la massimo la superficie disponibile per via della sua maggior efficienza in relazione allo spazio occupato. Inverter: è la parte fondamentale dell’impianto fotovoltaico e serve a convertire l’energia elettrica prodotta in forma di corrente continua in corrente alternata a 50HZ. Questa conversione è necessaria affinché la corrente prodotta dal fotovoltaico possa essere riversata per un utilizzo a 230 v. In questo caso si parla di inverter a frequenza costante, impiegato anche nei gruppi di continuità o accumulatori. Nel gruppo di continuità viene raddrizzata da continua in alternata.

Impianto antincendio Un impianto antincendio è l’insieme degli elementi tecnici aventi funzione di prevenire, limitare o segnalare incendi. IMPIANTO DI RILEVAZIONE INCENDI Impianto di rilevazione incendi: è il componente del sistema che contiene almeno un sensore che costantemente sorveglia un fenomeno fisico associato all’incendio e che fornisce un corrispondente segnale alla centrale di controllo. Centrale di controllo e segnalazione: è il componente del sistema che riceve i segnali dai rilevatori, sorveglia il funzionamento corretto del sistema, inoltra il segnale di allarme incendio ai dispositivi di allarme antincendio che servono per allertare le persone in pericolo Dispositivo di allarme incendio: è il componente utilizzato per fornire un allarme incendio, per esempio sirene, segnali luminosi. Sono dispositivi che servono per allertare le persone in pericolo. Punto di segnalazione manuale: è il componente utilizzato per l’inoltro manuale dell’allarme. L’azionamento del punto di segnalazione richiede la rottura o lo spostamento di un elemento frangibile

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Dispositivo di trasmissione dell’allarme incendio: è l’apparecchiatura intermedia che trasmette il segnale di allarme dalla centrale di controllo e segnalazione ad una stazione di ricevimento dell’allarme stesso. Stazione di ricevimento dell’allarme incendio: è un centro dal quale possono essere avviate in qualsiasi momento le necessarie misure di protezione. ESTINTORE È un’apparecchiatura mobile destinata allo spegnimento di fuochi mediante emissione di prodotti specifici, solitamente polveri chimiche o anidride carbonica.

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I materiali per l’architettura effimera

Di Rossella Roversi I materiali per l’architettura temporanea, come nel caso dei pop up store, devono essere leggeri e ricondotti ad elementi da comporre ed assemblare a secco. I materiali che possiedono questa caratteristica sono principalmente il legno, il metallo ed il vetro. Anche le materie plastiche hanno trovato un sempre più largo utilizzo nell’ultimo decennio.

Legno I prodotti e i componenti costruttivi in materiale ligneo sono largamente utilizzati, sia come elementi monolitici dalle sezioni rettangolari, sia come elementi sottili come tavole, listelli o morali, sia sotto forma di pannellature. La giunzione tra elementi può avvenire tramite incastro o con collegamenti meccanici, ottenuti tramite viti o tramite collegamenti in acciaio. Proprio l’evoluzione delle tecniche di assemblaggio, assieme all’introduzione di prodotti contro il degrado e gli attacchi degli insetti dannosi, nonché gli approfondimenti sul comportamento in caso di incendio e di sisma, ha consentito di superare i principali elementi di debolezza del materiale che ne avevano costituito una limitazione per un uso esteso in edilizia, almeno in Italia dove le costruzioni con strutture in legno non fanno parte della tradizione costruttiva dell’architettura moderna. Inoltre, grazie alle macchine a controllo numerico, le lavorazioni un tempo lunghe e difficili sono diventate disponibili anche per l’edilizia corrente. Il legno coniuga leggerezza (peso specifico inferiore ai 500 kg/m3) con buone caratteristiche meccaniche ed una resistenza simile all’acciaio. Grazie alla sua elasticità ed alla resistenza a trazione, il legno ha un buon

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comportamento anche in caso di eventi sismici. Altre caratteristiche molto importanti sono le prestazioni di isolamento termico, acustico ed elettrico. Il legno è il materiale principe utilizzato nella bioedilizia e nell’architettura sostenibile: è una materia prima naturale e rinnovabile; è biodegradabile e la sua lavorazione, necessaria a trasformarlo in elementi strutturali o componenti per l’edilizia, richiede meno energia primaria di quanto necessitano le strutture realizzate in cemento armato, laterizio, vetro o metalli. Lo smaltimento ed il riciclaggio sono semplici ed economici. Non ultimo, l’aspetto estetico, gradito anche nella versione naturale, può essere declinato in molte varianti a seconda dei trattamenti e delle lavorazioni a cui gli elementi vengono sottoposti, venendo incontro alle diverse esigenze dell’immagine del progetto. Nel caso dell’edilizia temporanea, le tecniche più usate sono quelle che utilizzano il sistema balloon frame nelle sue declinazioni attuali, il montaggio di pannelli in legno totalmente prefabbricati in officina e l’Xlam. Quest’ultimo ha aperto nuove prospettive all’uso strutturale del legno. - XLAM sta per l’inglese cross-lamineted timber ed è commercializzato anche sotto altre denominazioni, come CLT o KLH. Gli elementi in XLAM sono composti da tavole in legno massiccio disposte a strati incrociati, in modo che la direzione delle fibre sia alternata, incollate insieme sotto grandi pressioni per formare un unico elemento massiccio piano, con capacità portante in entrambe le direzioni. Grazie all'orientamento incrociato delle lamelle, i pannelli possono trasmettere i carichi in due direzioni ortogonali, il che li rende ottimali sia come elementi di parete sia come elementi di solaio. Grazie agli efficaci collegamenti fra le pareti e i solai, è possibile assicurare un'ottima resistenza della struttura in XLAM anche per azioni orizzontali, come vento e sisma. Le pareti vengono ancorate al solaio e/o alla fondazione, solitamente in calcestruzzo armato, con elementi di connessione in acciaio. È così possibile realizzare edifici anche di molti piani ed edifici collettivi di grandi dimensioni. - Altri prodotti innovativi che negli ultimi anni hanno avuto un aumento esponenziale della loro diffusione, sono i pannelli in legno composito che si ottengono unendo al legno naturale altri materiali. Esempi ne sono il Parallam, l’LVL (Laminated Veneer Lumber), il PLV (Parallelel Laminated Veneer), i pannelli di particelle (tra cui l’OSB, Oriented Strand Boards), i pannelli di fibre (tra cui l’MDF, Medium Density Fiberboards). I pannelli a base di legno costituiscono un’ampia e variegata categoria di semilavorati ad elevato contenuto tecnologico, caratterizzati da aspetti estetici, tecnici, di destinazione d’uso e costo anche molto diversi. Sono ottenuti con modalità specifiche a seconda del prodotto, tuttavia prevedono, come denominatore comune, la riduzione della materia prima legno in elementi-base, un loro successivo trattamento ed infine una riaggregazione tramite l’aggiunta di altri prodotti. La ricomposizione dei suddetti elementi, tra cui sono inclusi segati, listelli, fogli, particelle o fascetti di fibre, prevede processi prestabiliti e sottopone gli elementi a temperature e pressioni elevate; inoltre è previsto il ricorso ad adesivi termoindurenti, scelti in funzione delle esigenze di resistenza all’umidità che il manufatto dovrà soddisfare nelle successive condizioni di impiego. Il prodotto finale ottimizza le caratteristiche tecnologiche della

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materia prima, che di solito è materiale ligneo di scarto o comunque ricavato dalla gestione sostenibile delle foreste, aumentandone la resistenza meccanica, chimica e biologica ed ampliandone le possibilità espressive.

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Esempi dell’uso del legno nell’architettura temporanea

Swiss Pavillion Expo 2000, Hanover_ Peter Zumthor162 L’edificio è stato progettato per l’Expo di Hanover dell’anno 2000 prendendo spunto dal tema dell’esposizione: la sostenibilità. La costruzione temporanea utilizza 144 km di legno naturale proveniente da foreste svizzere in cui si effettua il taglio responsabile, con una sezione di 10 x 20 cm. L’aspetto tecnologico più interessante del padiglione è che è stato assemblato senza colle, bulloni o viti; i soffitti in travi di larice poggiano su pilastri di legno di pino tenuti in posizione da cavi in acciaio collegati a tiranti a molla. La composizione degli elementi in legno produce una vibrante texture delle superfici ed una suggestiva penetrazione della luce all’interno. In questo edificio, il progettista fa un uso esemplare del legno nella sua forma più semplice, lo assembla in modo da valorizzare la sua matericità e ne fa l’elemento

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Fonte: https://fabiap2012.wordpress.com/groups/bmww/0-precedents/peter-zumthor-swiss_sound_box/

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generatore della forma. Una volta terminato l’evento, il legno è stato facilmente smontato e venduto come legname stagionato.

Rote box, Wiesbaden_GgrabowskiSporkArchitektur163 Il piccolo edificio pop up ospita un’info point, spazi per eventi e di incontro per i residenti ed i visitatori. Si presenta come una scatola di un colore arancione acceso, posata sul prato all’interno di un quartiere residenziale. Il volume cubico è destrutturato dai bovindi vetrati a tutt’altezza che si protendono verso l’esterno e consentono di inquadrare dall’interno vedute privilegiate dell’intorno. Per limitare i tempi ed i costi di costruzione (contenuti al di sotto dei 1000 €/mq), si è fatto uso di pannelli stratificati prefabbricati in legno, con isolante interno e rivestimento esterno realizzato con una pellicola di elastomero, colorata e stesa in maniera continua sulle superfici verticali e orizzontali.

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http://www.architektourist.de/rote-box/

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Temporary Space Observatory, Frascati _ BAG164 Lo studio BAG, noto per la costruzione di edifici isolati con balle di paglia, ha realizzato un osservatorio astronomico temporaneo montato al Semintesta festival di Frascati. Si tratta di una sorta di installazione che serve a catturare l’attenzione, a far riflettere sullo spazio e per guardare il cielo notturno e le stelle. La sua particolarità consiste nell’essere realizzato riusando 120 pallet in legno. Essi, una volta smontati e ridotti in assi, sono stati ricomposti in modo irregolare a formare un insieme a forma di cerchio che consente di intravedere l’interno dalle fessure tra gli elementi.

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https://www.archdaily.com/579713/bag-transforms-wooden-pallets-into-temporary-space-observatory

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Architetture temporanee per i terremoti di Kobe _ ShigeruBan165 Sempre nell’ambito delle architetture temporanee che si basano sul riutilizzo o riciclo di materiali, molto significativo è il contributo dell’architetto giapponese Shigeru Ban che ha sperimentato e fatto largo uso dei tubi fatti di carta riciclata. Tale tecnica, ingegneristica ma anche altamente espressiva dal punto di vista architettonico, gli è valso il Prizker Price nel 2014. Inizialmente, Ban utilizzò i tubi di cartone nell’allestimento degli interni, come nella mostra su Alvar Aalto in cui scelse per la prima volta di usare il cartone per rimanere nel ridotto budget disponibile conseguendo una riduzione di costi rispetto al legno; in seguito Ban sviluppò la tecnica utilizzando i tubi anche dal punto di vista strutturale nella costruzione di edifici temporanei. In ultimo, ha perfezionato la tecnica per renderla adatta anche alla costruzione di edifici permanenti. Nel 1995 l’architetto visitò i luoghi del sisma di Kobe e, per aiutare la comunità terremotati, progettò una chiesa provvisoria di forma ovale fatta da tubi di cartone industriale di 330 mm di diametro che sostenevano una copertura a membrana di Teflon. Ban fu incaricato anche di costruire abitazioni temporanee per l’emergenza: la loro progettazione fu studiata per permettere una rapida costruzione che non necessitasse di competenze specialistiche e che fosse realizzabile con costi molto ridotti. Le case furono concepite come

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http://www.architetto.info/news/green-building/architetture-temporanee-i-tubi-di-cartone-di-shigeru-ban/

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moduli a pianta quadrata da 4 x 4 m in cui pareti, copertura a travi reticolari e pavimento sono realizzati in tubi di cartone di diametro da 108 mm e spessore di 4 mm. Per incrementare l’isolamento dell’involucro furono interposte tra i tubi delle spugne resistenti all’acqua. La struttura così ottenuta era ancorata e zavorrata al suolo a contenitori per il trasporto delle bottiglie di birra riempiti di sabbia. Tali abitazioni, costruite interamente a secco, potevano così essere facilmente trasportate o riciclate dopo l’uso e costarono meno di 2000 dollari ognuna. Inoltre, avevano una immagine gradevole e molto distante dai container da post terremoto. Ban sperimentò questa soluzione abitativa anche in Turchia nel 2000 ed in India nel 2001.

Golden Workshop, Munster (Germania) _ Modulorbeat166 Il padiglione temporaneo è stato studiato dallo studio Modulorbeat che ha guidato gli studenti della Münster School of Architecture nella sua progettazione e nella sua costruzione nella Domplatz di Munster. La costruzione è durata appena 6 settimane. Il padiglione, che funge da spazio espositivo, è di 95 mq ed è posato su pile fatte di elementi di calcestruzzo e legno che possono essere rimosse senza lasciare traccia una volta smantellato. La pianta è cruciforme ed ogni ala si allarga verso il centro invitando ad entrare sempre più all’interno. Le pareti sono

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https://www.designboom.com/architecture/modulorbeat-golden-workshop/

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fatte di pannelli di compensato di legno pieno la cui superficie interna caratterizza tutti gli ambienti. Anche pavimento, soffitto e tutti gli arredi sono in legno, costruiti dagli studenti stessi usando componenti comuni e di semplice reperimento. All’esterno invece la facciata è rivestita da pannelli metallici color oro-rame. All’estremità delle quattro ali vi sono delle grandi aperture da terra a cielo che inquadrano scorci della piazza.

Padiglione giapponese, Expo 2015, Milano _ AtsushiKitagawara167 L'architetto Atsushi Kitagawara ha progettato il Padiglione del Giappone all'Expo di Milano 2015 combinando antiche tecniche di costruzione e moderne tecnologie digitali. La struttura a griglia di legno ne caratterizza sia la forma che l’immagine e simboleggia l’impegno verso la sostenibilità del Paese e l’attenzione alla natura che il padiglione vuol comunicare. I singoli elementi in legno sono tenuti assieme da un gioco reciproco di compressione e tensione, senza fare uso di chiodi o bulloni in metallo. Il legno è stato ottenuto da alberi abbattuti al solo scopo di sfoltire in maniera programmata le foreste giapponesi in modo da consentire loro di rigenerarsi. La sagomatura dei diversi pezzi che compongono l’incastro è stata progettata con tecnologie di programmazione 3D. Il padiglione ha ospitato installazioni di design di Nendo e Team Lab.

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https://www.domusweb.it/it/notizie/2015/11/05/il_legno_a_expo.html

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Acciaio L’acciaio viene utilizzato nell’edilizia temporanea soprattutto per la facilità e reversibilità delle sue tecniche di assemblaggio. Esse vengono effettuate tramite bullonatura o avvitaggio permettendo un rapido e completo smontaggio una volta che l’edificio ha terminato la sua funzione. Le costruzioni che usano una struttura in acciaio sono costituite da una intelaiatura portante di travi e pilastri con profili di adeguata sezione (travi ad ali parallele: HE, IPE, IPN) che permettono di costruire anche edifici di grandi dimensioni. Nelle costruzioni temporanee, la struttura si serve di componenti leggeri piegati a freddo, in genere in acciaio zincato, integrati o meno all’interno del tamponamento. Il passo di travi e pilastri è ravvicinato a formare una struttura portante continua che al contempo funziona anche da strato resistente delle pareti di tamponamento. Queste possono essere realizzate in lamiera metallica abbinata ad altri materiali posati in opera o completamente in altri materiali assemblati preventivamente in un pacchetto che fornisca all’involucro il comportamento termico ed acustico richiesto. Le lamiere sono semilavorati a forma piana in cui quindi larghezza e lunghezza sono prevalenti rispetto allo spessore. Numerose sono le tecniche di lavorazione ad esempio aggraffatura, bordatura, cesoiatura, foratura, fresatura, lavorazioni ad ultrasuoni (taglio, saldatura), profilatura, punzonatura, spianatura, stampaggio, stiramento, tranciatura, ecc.. Le tipologie di lamiera più comunemente usate sono quelle grecate, ondulate, piane, nervate e stirate, a seconda del grado di resistenza, foratura ed effetto estetico desiderato. Una tipologia innovativa che si presta ad essere usata in edifici di tutte le dimensioni, è il tessuto metallico formato da reti a trama sottile ottenuta dall’intreccio a telaio di “fili”, normalmente di acciaio inossidabile. A seconda del tipo di filo usato e del passo fra trama e ordito può configurarsi un tessuto diverso per caratteristiche, aspetto, disegno. I tessuti metallici offrono la possibilità di disporre di una articolata gamma di possibili varianti, sia di serie sia eventualmente realizzate ad hoc, che li rendono idonei, a seconda del tipo prescelto, ad usi assai diversi fra loro. Quando vengono usati come rivestimento esterno, la funzione di protezione dagli agenti atmosferici è da intendere in maniera parziale rispetto a quanto può essere svolto da uno strato continuo, in quanto il tessuto permette un passaggio parziale di aria, luce, acqua. Nondimeno, il tessuto può contribuire a proteggere gli strati sottostanti. Esempi importanti del suo utilizzo sono la Biblioteca Nazionale di Francia di Dominique Perrault, che lo applica anche in un complesso sportivo a Berlino, e lo Stadio di Francia a Parigi, di Aymeric Zublena, in cui il tessuto metallico si svolge come un nastro continuo lungo tutta la facciata, seguendo la pianta a forma ellittica e proteggendo l’accesso agli spalti. Oltre che come pelle esterna, i tessuti metallici vengono usati nell’allestimento degli stand fieristici e nell’architettura degli interni con la funzione di partizioni interne, solitamente previo montaggio su telai che tengano il tessuto in posizione. Il sistema costruttivo steel frame, che si basa sulla scomposizione della struttura portante in una ossatura continua con passo ridotto, è il riferimento dei principali tipi di costruzioni che vengono usati nelle

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architetture di piccole dimensioni. L'ossatura in acciaio così concepita costituisce al contempo la struttura portante e lo strato resistente delle pareti di tamponamento. Il sistema steel frame è alla base dello stick-built construction: la struttura portante è costituita da telai controventati, disposti solitamente a interasse di 3-6 m, ottenuti dal montaggio in cantiere di montanti e traversi con sezione a C o Z, in genere di lunghezza 100-150 mm, posti ad interassi 60-120 cm. I sistemi portanti verticali vengono collegati alle estremità da correnti di chiusura aventi sezione a C non irrigidita, in modo da formare pareti ad aste capaci di assorbire le azioni verticali e orizzontali trasmesse dagli impalcati. Tale metodologia costruttiva consente buona semplicità di messa in opera grazie alla manovrabilità degli elementi, alla loro facilità di sollevamento, l’adattabilità durante la messa in opera. Il sistema panelized construction è costituito da pannelli strutturali verticali e orizzontali, preassemblati in officina e formati da una trama di profili collegati e controventati. I pannelli vengono successivamente assemblati tra loro in cantiere e possono essere completati, in tutto o in parte, direttamente in azienda, velocizzando in tal modo i tempi di costruzione. Oltre all’aggiunta di materassini isolanti, è possibile personalizzare in azienda la finitura dei pannelli in base alle specifiche esigenze progettuali. Questo sistema risulta vantaggioso nella costruzione di architetture temporanee per la velocità di assemblaggio, la riduzione di manodopera e quindi l’economicità del montaggio a fronte della qualità degli elementi che si giovano della produzione in officina. Il sistema semi-volumetric è una soluzione costruttiva affermatasi negli ultimi anni e che vede l’impiego di unità volumetriche in combinazione con pannelli strutturali verticali e orizzontali. Tale configurazione “ibrida”, ha mostrato interessanti risvolti applicativi, consentendo la realizzazione di ambienti ad elevata presenza impiantistica e liberando la composizione dal vincolo di ripetitività seriale determinato dalla geometria fissa delle unità tridimensionali. Inoltre, i costi di trasporto vengono notevolmente ridotti, mentre viene mantenuto un elevato standard qualitativo. La limitazione del numero di operazioni da compiere sul luogo di installazione, la minor influenza delle condizioni metereologiche sulle fasi realizzative, la compressione dei tempi di costruzione e la riduzione del 90% degli scarti da cantiere, ne fanno un sistema adatto ai pop up store con struttura metallica. Altro aspetto interessante è la facile riutilizzabilità degli elementi. Il sistema modular construction prevede l’impiego di moduli tridimensionali autoportanti che vengono quasi completamente prodotti in officina. I processi produttivi in officina, prevedono una sequenza di operazioni linearizzate per la realizzazione delle diverse parti che compongono le cellule. La costruzione volumetrica risulta particolarmente diffusa in regioni nelle quali le condizioni atmosferiche richiedono la massima riduzione possibile dei tempi di realizzazione in cantiere. Il sistema volumetrico appare particolarmente adatto ad essere utilizzato anche per la realizzazione di edifici mono-piano, come sono solitamente i pop up store, e nel caso in cui la costruzione debba essere rimossa per essere poi rimontata in latro luogo.

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Esempi dell’uso dell’acciaio nell’architettura temporanea

Juvenile Pavilion, Overloom (Paesi Bassi) _ VArchitects168 Il padiglione si trova all’interno di un istituto di detenzione minorile ed è dedicato all'istruzione, a spazi per i visitatori ed a uffici. Il design, come dichiarato dai progettisti, vuole esso stesso esprimere una “non permanenza”, rappresentare un'espressione di temporaneità che allude al fatto che i giovani sono in una condizione di detenzione provvisoria per poi tornare a reinserirsi nella società. Il telaio in acciaio dell’edificio poggia su piedini metallici nel terreno boschivo così che il volume sembra fluttuare. La facciata ha struttura in telaio di acciaio, alluminio e chiusure in legno di Bankirai. Le aule al primo piano, la sala di visita e gli uffici al piano terra funzionano separatamente l'una dall'altra per mezzo delle due scale esterne. Per conseguire flessibilità d’uso e possibilità di futuri cambiamenti, gli impianti si trovano https://www.archdaily.com/121698/juvenile-pavilion-uarchitects/5013c7ba28ba0d3963000fbc-juvenile-pavilionuarchitects-photo 168

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raggruppati al centro dell’edificio mentre le pareti laterali sono composte da elementi modulari che possono essere modificati.

Edifici per uffici, Togingaminn (germania) _ Formstelle - Format Elf Architekten169 Il padiglione è situato all’interno del campus interdisciplinare Netzwerk, realizzato nell’area industriale dismessa della ex VAW, un impianto di produzione di alluminio. È posto all’ombra di alberi secolari e si propone come esempio emblematico dell’uso e delle potenzialità dell’alluminio in edilizia. Per realizzare le facciate sono stati studiati appositi pannelli forati a taglio laser, progettato e gestito digitalmente con una tecnologia innovativa. I pannelli di alluminio sono traforati da esagoni di varie dimensioni che si compongono in una sorta di nido d’ape. La facciata esposta a sud è invece completamente vetrata e può essere aperta grazie ad un meccanismo appositamente studiato per movimentarne il forte peso.

https://www.archdaily.com/543440/formstelle-format-elf-architekten/540df4d3c07a808f0a000100-formstelleformat-elf-architekten-image 169

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Padiglione Croazia, Biennale di Venezia 2010 _ 14 Hrvatskiarhitekti170 La Croazia ha partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia 2010 con un padiglione giunto via mare dal cantiere navale di Kraljevica (Porto Re), montato su una chiatta trainata da un rimorchiatore. Il progetto è frutto del lavoro di 14 architetti che hanno preferito lavorare assieme ad un’unica proposta piuttosto che esporre ciascuno la propria. La chiatta sostiene il carico di 42 strati di profili metallici posti a distanza reciproca di 50 cm a formare un volume solido di dimensioni 19 x 9 x 5,5 m. Tale volume, nonostante la forma regolare, sortisce un effetto di rarefazione dovuto alla permeabilità degli innumerevoli elementi che compongono le pareti, le quali lasciano intravedere dall’esterno l’interno del padiglione.

https://www.archdaily.com/74469/croatian-pavilion-at-the-venice-biennale/pavilion-hr_p8210677_resizephotoby-zelimir-grzancic 170

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Serpentine Gallery Pavillion 2001, Londra – Toyo Ito171

Serpentine Gallery Pavillion 2009, Londra _ Sanaa172

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https://www.archdaily.com/344319/serpentine-gallery-pavilion-2002-toyo-ito-cecil-balmond-arup http://www.architectmagazine.com/project-gallery/2009-serpentine-gallery-pavilion

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In generale, tutti i padiglioni che si sono succeduti negli anni nei Kensington Gardens di Londra sono esempi molto significativi dell’uso innovativo dei materiali più diversi allo scopo di realizzare edifici effimeri comunicativi ed iconici. Toyo Ito è uno dei diversi progettisti di fama mondiale che ogni anno viene invitato a progettare un padiglione temporaneo per la Serpentine Gallery. Il suo padiglione è stato sviluppato assieme all’ingegnere strutturale Cecil Balmond e ingegnerizzato dallo studio Arup. Il suo padiglione in acciaio bianco candido si staglia sul prato dei giardini e si destruttura grazie ai tagli triangolari e trapezoidali che ne traforano il semplice volume parallelepipedo. Il padiglione di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa (studio Sanaa) è anch’esso interamente in acciaio, ma declina il materiale in maniera completamente diversa: il padiglione vuole confondersi e mimetizzarsi nella vegetazione e per farlo usa un acciaio specchiato che riflette l’intorno. Le pareti non esistono e la copertura è sostenuta da una selva di sottilissimi pilastri metallici a sezione circolare.

Vetro e materiali plastici Il vetro viene impiegato sia come materiale strutturale che sotto forma di elementi portati, in combinazione con altri materiali. L’elevata dispersione termica ha fatto sì che in passato l’uso del vetro in edilizia fosse prevalentemente limitato all’utilizzo nel campo degli infissi. Oggi però esistono vetri capaci di garantire elevate prestazioni anche dal punto di vista termico. I vetri a controllo solare permettono, nei climi più caldi, di ridurre l’apporto di calore solare e aiutano a controllare l’abbagliamento. Nei climi temperati, invece, sono utilizzati per controbilanciare il controllo solare con un’elevata trasmissione di luce naturale. Il vetro controlla l’irraggiamento solare attraverso la riflessione, la trasmissione e l’assorbimento.

Vetro strutturale Lo Uglass è un modello di vetro profilato traslucido che ha trovato largo impiego nell’architettura contemporanea grazie alla versatilità, modularità e facilità di montaggio. Può generare involucri completamente vetrati, di grandi dimensioni e di forme varie. Lo Uglass trae il nome dalla sezione ad U che assume per la sua produzione tramite stampatura, dalla quale esce sotto forma di profilato resistente da utilizzarsi come elemento ripetitivo autoportante. L’Uglass armato si distingue per l’incorporazione al suo interno di 8 fili d’acciaio inossidabile, posti longitudinalmente e distanziati tra loro di 28mm. Gli elementi, prodotti in barre di lunghezza variabile fino a 7 m circa, vengono innestati su telai posti in opera rispettando semplici regole di montaggio, formando così vere e proprie cortine interne o esterne. I componenti possono essere affiancati con la concavità sempre rivolta verso l’interno, verso l’esterno o alternati a greca, con le giunture sigillate da mastice siliconico o poliuretanico.

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Una messa in opera vantaggiosa dal punto di vista dell’isolamento termoacustico si ha ponendo una doppia fila di elementi in modo da formare una camera d’aria. La trasmissione luminosa di un singolo strato è del 75%, ridotto al 60% se in doppio strato. Polimetracrilato, Perspex, metacrilato e polimetilmetacrilato Il PMMA, metacrilato o polimetacrilato, è una materia plastica nota commercialmente con i nomi Plexiglas, Perspex, Oroglas, ed altri. Venne introdotto nel mercato nel 1933 e fu subito apprezzato in molti ambiti grazie alla trasparenza, leggerezza e qualità ottiche. È un materiale molto usato in edilizia, nella nautica e nell’illuminazione come alternativa al vetro di cui supera le caratteristiche in trasparenza e infrangibilità. Viene infatti largamente utilizzato nella fabbricazione di vetri di sicurezza. È tuttavia sensibile ai graffi e quindi lo si trova spesso coperto da un rivestimento protettivo. Ha un punto di rottura superiore al vetro, può essere facilmente modellato anche a basse temperature ed i vari pezzi possono essere saldati a freddo, rendendone le giunzioni quasi invisibili. Nell’edilizia, i primi impieghi sono stati nella realizzazione di serre e giardini d’inverno, pensiline e coperture di vario genere. Le notevoli potenzialità del PMMA furono per la prima volta mostrate in larga scala nel 1967 quando Gunther Behnisch costruì il padiglione statunitense all’esposizione mondiale di Montreal, una grande sfera di plexiglas ed acciaio. Oggi viene impiegato nell’architettura e nel design come elemento di chiusura, per insegne pubblicitarie, per arredi, elementi illuminanti. Si possono realizzare lastre trasparenti o colorate, alveolari o antischeggia. Le possibilità espressive, la versatilità e la facilità di montaggio, ne fanno un materiale molto presente nelle architetture temporanee.

Materiali tessili Un edificio tessile adotta la soluzione costruttiva a membrana, facendo sì che essa non sia solo un rivestimento ma una parte essenziale del sistema portante e collabori alla stabilità dell’insieme architettonico. L’architettura tessile e quindi le strutture a membrana, consentono un’elevata adattabilità funzionale e formale; sono molto usate nelle strutture di tipo reversibile o provvisorio grazie ai bassi costi, alla leggerezza, luminosità ed ai ridotti tempi di montaggio. Le membrane possono assolvere integralmente alla funzione di involucro esterno, oppure possono ospitare anche parti fatte da altri materiali, come porzioni vetrate. In altri casi le membrane costituiscono una seconda pelle di edifici massivi realizzati con tecnologie tradizionali: le membrane possono costituire un elemento di raccordo e/o di protezione degli edifici sottostanti. I sistemi costruttivi a membrana sono le tendostrutture, le tensostrutture e le pressostrutture. - Le tendostrutture sono elementi permanenti ma più frequentemente temporanei formate da una sottostruttura a travi e pilastri in alluminio o acciaio ed un manto di copertura in materiale tessile. Esso è solo appoggiato al telaio sottostante e non assume valenza strutturale. Le tendostrutture, a differenza delle

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tensostrutture, scaricano a terra solo carichi verticali per cui il loro montaggio è semplice e veloce. Questa caratteristica le rende adatte ad essere adoperate in caso di eventi temporanei ma le loro forme standard e le prestazioni di isolamento acustico e termico pressoché inesistenti, ne limitano l’uso nei pop up store, che invece devono essere attrattivi ed accattivanti ma anche fornire adeguate condizioni di comfort interno ai visitatori. - Per tensostrutture si intendono quelle strutture la cui stabilità deriva dalla tensione indotta nelle pareti, costituite da membrane. La forma geometrica delle tensostrutture deriva dall’andamento delle forze nella struttura stessa ed ogni suo elemento è necessario ed indispensabile al comportamento complessivo. Sono formate da una parte tessile, cavi di bordo sul perimetro, giunti di ancoraggio e dei pilastri. Questi ultimi sono strallati, cioè provvisti di cavi tenditori per effettuare una trazione verso la parte opposta del tessuto. Il montaggio delle tensostrutture richiede l’intervento di tecnici specializzati, per cui quelle di grandi dimensioni sono per lo più permanenti. Quelle che vengono usate per architetture temporanee sono di piccole dimensioni ed appositamente concepite in fase di progetto per essere installate con facilità. La notevole tensione introdotta nella membrana si scarica a terra, pertanto le fondazioni devono essere consistenti ed in grado di assorbire gli sforzi richiesti. Questo aspetto deve essere attentamente valutato soprattutto nel caso di strutture temporanee in cui la reversibilità del sito acquista particolare importanza. - Le strutture pressostatiche o pneumatiche non hanno una struttura portante rigida ma sono sostenute dalla sovrapressione atmosferica creata nell’ambiente da esse racchiuso. I materiali che compongono una presso struttura sono mantenuti in posizione tramite la pressione forzata dell’aria: una membrana, solitamente in poliestere ad alta resistenza, viene gonfiata e mantenuta in pressione da compressori. L’unità di gonfiaggio può essere combinata all’impianto di riscaldamento. Per non disperdere il calore interno, le coperture possono essere realizzate sovrapponendo più strati di membrane ed utilizzando sistemi innovativi di intercapedini d’aria con funzione isolante. Le presso-strutture sono note come coperture di impianti sportivi perché riescono a raggiungere dimensioni notevoli.

Membrana ETFE L’EFTE è un materiale innovativo utilizzato in architettura a partire dagli anni Ottanta ma che sta avendo una diffusione sempre più ampia, anche perché utilizzato in maniera estensiva e molto caratterizzante in alcune opere assai note, come il Water Cube, la piscina olimpica a Pechino. ETFE è una sigla che sta per Etilene Tetra Fluoro Etilene ed è un materiale plastico che contiene fluoropolimero parzialmente fluorato, ovvero un materiale plastico che contiene fluoro. L’ETFE è trasparente come il vetro ma, rispetto ad esso, è più leggero, resistente, isolante, semplice ed economico da installare. L’ETFE pesa soltanto 350 g/mq, è totalmente permeabile alla luce e ai raggi UV. Inoltre, è un materiale sostenibile perché totalmente riciclabile; consente risparmi sull’illuminazione artificiale grazie alla sua trasparenza e minori carichi sulla climatizzazione grazie al buon isolamento termico.

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Le membrane di ETFE possono essere impiegate singolarmente o accoppiate. In questo ultimo caso, le membrane racchiudono una camera d’aria e formano una sorta di cuscino. L’aria contenuta nel cuscino contribuisce all’isolamento termico del sistema. Lungo tutto il perimetro chiuso dell’area in cui si trova il cuscino, viene disposta un’intelaiatura di alluminio estruso a sua volta collegata a secco alla struttura portante principale. Ai cuscini sono fissate delle valvole collegate alle pompe dell’impianto di pressurizzazione che, una volta montato il sistema, entrano in funzione provvedendo al gonfiaggio delle membrane fino alla pressione necessaria a sopportare i carichi esterni di progetto di neve e vento. I cuscini di ETFE possono essere impiegati come tamponature e/o coperture, ma spesso contribuiscono a generare forme in cui le superfici orizzontali si fondono con quelle verticali senza soluzione di continuità.

PTFE (teflon) Quello che comunemente è noto con il nome di teflon, è in realtà uno dei nomi commerciali del politetrafluoroetilene (PTFE), un polimero appartenente alla classe dei perfluorocarburi (PFC). Si tratta quindi di un materiale plastico al cui polimero vengono aggiunti altri componenti, scelti in base alle prestazioni che si vogliono implementare (fluidità, resistenza meccanica, pneumatica o chimica, stabilità, antiaderenza). Il PTFE ha alcune caratteristiche notevoli che lo hanno reso un materiale molto apprezzato per numerosi utilizzi, sia nel campo della produzione industriale che di quella edilizia. Limitandosi a quelli che interessano quest’ultimo campo, il PTFE si distingue per essere un materiale completamente inerte, (non viene attaccato dalla quasi totalità dei composti chimici), ha ottima resistenza al fuoco, ha un bassissimo coefficiente di attrito, è antiaderente ed è inalterabile all’interno di un range di temperature che va da -80°C a + 250 °C. Inoltre, il processo di espansione del PTFE conferisce al materiale l’importante peculiarità di permettere la traspirazione del vapore e la totale impermeabilità all’acqua ed all’aria. Questa caratteristica, che è stata utilizzata in prima battuta soprattutto nel campo dell’abbigliamento sportivo ad opera dell’azienda Gore, che negli anni Settanta ha prodotto il Gore-tex, è stata trasferita anche nei prodotti per l’architettura. Il Tenara, un tessuto in PTFE espanso sempre prodotto dalla Gore, è il più usato tra le membrane per tensostrutture grazie all’elevata resistenza, durabilità, flessibilità e facilità di pulitura. Si tratta di una membrana il cui unico componente è il PTFE stesso, che conferisce resistenza, traslucenza (40%) e quindi trasmissione della luce solare, e riciclabilità. Il costo elevato, la rigidezza delle fibre e la difficile plasmabilità del PTFE ne limita l’utilizzo in edifici temporanei o che devono essere modificati durante il loro ciclo di vita, ma la ricerca sta rapidamente evolvendo verso prodotti dalle prestazioni differenziate e calibrate a seconda dei diversi usi.

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Poliestere/PVC Il tessuto poliestere PVC, o polivinilcloruro, è il più usato in architettura per la sua economicità in rapporto alle prestazioni ed alla durata. Esiste in 6 tipologie caratterizzate da valori di resistenza crescenti in maniera proporzionale al peso. A causa dell’aggiunta di vari additivi che servono ad implementarne le prestazioni, la sua traslucenza è molto ridotta (attorno all’8%). L’esposizione alla radiazione luminosa ed agli agenti atmosferici col tempo ne causa l’ingiallimento. È conseguentemente un materiale che trova impiego nell’architettura temporanea in quanto le sue caratteristiche non vengono compromesse da periodi di esposizione troppo lunghi e il costo ridotto lo rende particolarmente appetibile.

Panelite Panelite è il nome della società statunitense che ha sviluppato soluzioni innovative per involucri traslucidi, inizialmente studiati per l’industria aerospaziale. Si tratta di pannelli sandwich con struttura a nido d’ape dotati di un elevato rapporto resistenza/peso ed un’eccellente resistenza alla flessione, con il beneficio aggiuntivo di una buona trasmissione della luce. L’anima a nido d’ape consente di coniugare rigidezza e resistenza costante ad una densità molto bassa. Vengono apposti dei rivestimenti esterni traslucidi che conferiscono una vasta gamma di effetti estetici, materici e luminosi. I pannelli Panelite possono essere utilizzati per fornire diversi gradi di privacy visiva e per trasmettere, pixelare, colorare o diffondere la luce permettendo ai progettisti di ottenere effetti particolari. I pannelli possono essere tagliati, forati e lavorati con gli strumenti che vengono usati per la lavorazione del legno. Esiste una gamma di pannelli standard ma anche la possibilità di progettare pannelli pensati per specifici progetti.

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Esempi di architetture temporanee in vetro o materiali plastici

SpacerFabricPavilion, Francoforte _ Claudia Lüling173 Lo Spacer Fabric Experimental Pavilion è stato realizzato per una fiera universitaria di Francoforte nel 2016, da gruppo di studenti dell'Università di Francoforte diretto da Claudia Lüling. Il padiglione è il risultato della collaborazione tra la società "Essedea Gmbh & Co. KG", che si dedica alla produzione di tessuti industriali in poliestere, e l'Università, con l'obiettivo di studiare le opportunità di applicazione di questo materiale in architettura. Il padiglione esplora le qualità formali del materiale, sviluppando un sistema di rivestimento tessile, composto da pezzi di piccole dimensioni che si combinano tra loro, per definire una rete continua aperta.

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https://www.detail.de/artikel/spacerfabric-pavilion-textile-leichtbauhuelle-26636/

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Plasti(K) Pavilion, St. Louis (USA) _ Marc Fornes e Theverymany174 Il Plasti(K) Pavilion è stato costruito nei Missouri Botanical Garden a St. Louis in collaborazione con la Washington University. Ăˆ composto da un insieme di piastrelle irregolari tagliate con una fresatrice a controllo numerico su fogli di polietilene bianco traslucido e successivamente termoformati per definire le curve di ogni pezzo. Le piastrelle triangolari sono assemblate insieme con fissaggi meccanici. Il processo di assemblaggio viene risolto in due fasi: la prima viene eseguita in officina e consiste nell'unire un certo numero di pezzi che formano l'insieme dei moduli tridimensionali; la seconda è il successivo assemblaggio dei moduli sul posto.

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https://www.archisearch.gr/architecture/plasti-k-by-marc-fornes-amp-theverymany/

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Ban Temporary Pavilion, Beijing (China)175 Il padiglione temporaneo "Ban" (petali) è stato presentato all'edizione 2012 della Beijing Design Week. Lo spazio è il risultato dell'applicazione delle qualità anisotropiche presenti nella morfologia dei petali dei fiori, dove l'insieme di fogli curvi riesce a stabilire una struttura resistente e stabile. Il padiglione vuol replicare questo principio attraverso il raggruppamento di sottili fogli di plastica trasparente, curvi e uniti insieme con fissaggi meccanici per costruire una struttura a volta, forte e autosufficiente, auto sostenuta da tre appoggi a terra.

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https://www.archdaily.com/280395/ban-pavilion-orproject/orproject-ban-1589

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Maison Hermes, Tokyo _ Renzo Piano176 La nota maison francese ha scelto di realizzare il suo quartiere generale nel centro di Tokyo, nel distretto Ginza, per ospitarvi uno spazio commerciale, uffici e spazi per eventi. L’architetto Piano ha sviluppato un progetto basato sull’utilizzo di due tipologie di mattoni speciali, in un vetro sperimentale, concepiti e realizzati ad hoc dalla Seves-Divisione Vetroarredo di Firenze. Si tratta di un mattone della misura di 42,8 x 42,8 cm e dello spessore di 12 cm ed uno costituito da una faccia esterna curva e dalla superficie ondulata, ed una faccia interna rettilinea e dalla superficie liscia. Lo spessore specchiante verso l’interno permette di aumentare la rifrazione della luce che penetra all’interno in grande quantità. Il vetro così lascia passare la luce ma blocca il rumore che proviene dal caos cittadino esterno.

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http://www.infobuild.it/progetti/maison-hermes/

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Elisengarten Archäologischer Park, Aachen _ Kadawittfeldarchitektur177 Il piccolo edificio, realizzato nel 2013, ha la finalitĂ di conservare ed esporre un sito di interesse archeologico scoperto nel sottosuolo di un giardino esistente ad Aachen, in Germania. Ăˆ composto da due strati: uno interno in vetro che chiude il perimetro archeologico, accessibile solo con lo sguardo, ed uno strato esterno formato da un reticolo di barre di acciaio inossidabile di 50 per 15 mm di spessore, disposte a formare una maglia romboidale, aperto all'aria, alla luce e alla vista. Esso assolve contemporaneamente la funzione di identificare e caratterizzare il perimetro del sito, integrandolo nell'ambiente paesaggistico, e far parte della struttura resistente del complesso.

https://www.archdaily.com/474262/archaeological-pavilion-kadawittfeldarchitektur/52f312fde8e44eb123000073archaeological-pavilion-kadawittfeldarchitektur-photo 177

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Messe Basel new hall, Basilea _ Herzog & de Meuron178 La finitura esterna delle facciate superiori del nuovo centro congressi di Messe Basel (2013) è stata risolta con un involucro di lamiera stirata di alluminio, tipo deployé. La soluzione risponde all’esigenza di proporre un rivestimento omogeneo in termini di materiale, ma non monotono. Così, il foglio di alluminio fustellato e stirato, consente di risolvere le facce rette, le curve e le pieghe del volume. Inoltre, esso dà la possibilità di adattare il grado di densità e permeabilità visiva e luminosa dell'insieme, stabilendo una relazione tra l'apertura della maglia, le condizioni ambientali dell'interno e quelle dell'esterno.

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http://thesuperslice.com/2013/02/15/messe-basel-new-hall-herzog-de-meuron/

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Metal recyclingplant, Pivka(Slovenia) _ DeklevaGregoriÄ?arhitekti179 Il progetto si basa sulla raccolta, selezione, redistribuzione e riuso di metalli usati. Un basso muro di cemento armato delimita il lotto e separa la strada dalla montagna di metalli della discarica. Due volumi parallelepipedi emergono al di sopra del muro come se fossero sospesi. Uno è fatto di cemento a vista e ospita le strutture tecniche, un parcheggio e spogliatoi, l'altro è in vetro e lamiera stirata ed ospita uffici ed il punto di controllo.

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http://dekleva-gregoric.com/metal-recycling-plant/

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A completamento della descrizione delle tecnologie e delle tecniche costruttive sopra illustrate, si riportano di seguito le schede progettuali divise per destinazione d’uso, riguardanti significativi esempi di best practice frutto di un workshop tematico presso la facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza. Ogni scheda contiene oltre ad una breve descrizione dell’opera e della sua funzione, i materiali, i particolari tecnologici ed impiantistici che rendono ambientalmente sostenibile ogni progetto. 109


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Pop up food and beverage

I Pop Up restaurant, letteralmente ristoranti ‘animati’, sono locali che all'improvviso prendono vita dal nulla. È questo il concetto che si cela dietro ai ristoranti temporanei, fenomeno che da quasi un decennio sta spopolando soprattutto all’ estero e che anche in Italia sta lentamente emergendo. I ristoranti temporanei prendono vita principalmente per due ragioni: promuovere la carriera di un aspirante cuoco e testare la forza commerciale di un ristorante prima del lancio sul mercato; qualora lo chef sia già famoso e apprezzato, creare un evento esclusivo e unico. Chef che avevano perso il lavoro o aspiranti a cui era impossibile entrare in un mercato con zero offerta, cominciano a proporre i loro menù su furgoni ambulanti o chioschi improvvisati, o ancora nei mercati di quartiere. Piccole isole di gusto che negli anni si sono riprodotte in tutto il paese in un crescendo di professionalità, e stabilendo in città come New York City, Seattle, Chicago, New Orleans per citarne solo alcune, una nuova cultura del cibo e della ristorazione, basata sul qui ed ora perché del futuro non può esserci certezza. In Europa è stata Londra ad essere pioniera dei pop up e degli chef itineranti; inizialmente fu proprio lo chef e celebrità televisiva Jamie Oliver a lanciare il fenomeno che ha reso la capitale del Regno Unito oggi uno dei migliori posti al mondo dove scoprire tutto ciò che c’è di meglio tra i luoghi del cibo non tradizionali, dai pop up ai club delle cene a domicilio, fino alla nascita di strutture apposite per ospitare a rotazione vari esercizi temporanei.

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L’Italia ha cominciato ad accogliere il fenomeno dei ristoranti temporanei nella sua accezione piĂš sofisticata ed esclusiva, dando vita negli ultimi tempi ad esperienze culinarie che mettono insieme cultura, arte design e ovviamente il meglio della nostra gastronomia. A Milano per esempio, il periodo di Expo è stato terreno di fertile sperimentazione e diversi ristoranti sono apparsi nella cittĂ .

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Pop up museum

Di Alessia D’Angelo Secondo la definizione che si trova nell’enciclopedia per ragazzi Treccani, alla voce “museo” si legge che questo è “un edificio in cui sono conservate, studiate ed esposte le testimonianze materiali della cultura prodotte dalle varie civiltà: quadri, sculture, ma anche altri manufatti come vasellame, strumenti scientifici, oggetti d’uso quotidiano”. Negli ultimi anni i musei hanno perso il loro carattere nazionalistico, per diventare qualcosa di nuovo, si è infatti attribuito loro un ruolo di carattere educativo, trasformandoli in spazi dedicati alla conoscenza appartenente ad ambiti variegati, dedicati alla condivisione creativa e all’esperienza. Sono state concepite nuove tipologie di museo, che hanno rinnovato e modificato quest’antica istituzione, aprendo le porte ad esposizioni e sperimentazioni innovative ed inusuali. Il Pop Up Museum rappresenta l’evoluzione dell’idea di esposizione, che nasce da un’organizzazione statica e tradizionale, ma che si trasforma in una rappresentazione itinerante, a tempo, con date stabilite secondo programma, durante le quali la tematica degli spazi contemporanei può essere dedicata a fini promozionali, di eventi underground di street art, o ad esperienze di interazione e di gioco. La scelta è quella di mettere in mostra non solo l’oggetto espositivo, l’opera d’arte, ma anche la struttura “intelligente” e spettacolare, gli ambienti studiati per l’accoglienza e la trasmissione narrativa ed artistica.

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Alcuni esempi di Pop Up Museum si hanno nel “Pompidou PoP Up”, un museo temporaneo, la cui durata sarà di cinque anni, inaugurato nella città di Malaga, per rappresentare la versione spagnola del Centre Pompidou di Parigi; il fine sarà quello della divulgazione del museo pop-up, attraverso la pubblicità del museo tradizionale francese. Altro esempio è rappresentato dal “Ice Cream Museum”, un museo temporaneo collocato a New York, nel Meatpacking District a Manhattan, poco distante da Ground Zero. È considerato come “un’esperienza lick-able e likeable”, in cui verranno esposte le opere commestibili di gelatai, designer ed artisti. All’interno del pop up saranno allestire stanze dedicate al cioccolato, oltre ad una vera piscina praticabile piena di granella. Caratteristica sarà la possibilità di creare il proprio gusto ideale, mediante l’utilizzo di un’app e consentendo, così, una diretta interazione tra le opere ed i visitatori.

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Pop up shop

Di Barbara de Lieto Vollaro Contenuto, visibile, ma mai scontato, questa è la filosofia del pop- up shop, un piccolo “negozio portatile”, un tiny shop dalle forme moderne ma dagli interni razionali. La struttura dalle sue ridotte dimensioni ha lo scopo di attirare clienti di diverso genere, per gusto ed età, lanciando marchi nuovi, pubblicizzando i vecchi o semplicemente fungendo da “camerino di prova” per tutti i prodotti venduti on line. È stato stimato che questa nuova tendenza ormai radicata delle vendite in e–commerce raggiungerà i 4,058 trilioni di dollari nel 2020, o il 14,6% del totale delle proiezioni di vendita al dettaglio per il suddetto anno; ma anche se al pubblico piace acquistare online per la facilità, comodità e spesso convenienza, la verità è che a molti consumatori piacerebbe essere in grado di toccare, annusare e vedere di persona tutto quello che stanno acquistando. Nasce così l ‘idea del pop up shop, dei veri e propri palcoscenici, altamente spettacolari, dove poter stupire, coinvolgere, e mostrare il nuovo prodotto, con un lancio innovativo e scenografico. Nato in Gran Bretagna prima e a New York poi, ha iniziato a diffondersi nel mondo con facilità, sbarcando in Italia nel 2005 con il Levi’s Temporary shop aperto a Milano e affermandosi nel 2007 con quello di Nivea.

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La formula sembra cosĂŹ rispondere perfettamente alle esigenze di questo nuovo pubblico, tanto da avere ormai migliaia di punti sparsi per le cittĂ italiane, contandone 850 solamente nella capitale Lombarda.

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Pop up ticketing

Di Claudia Tripodi La parola “temporaneo” è diventata di moda, quasi divertente, come a segnalare la bellezza del cambiamento, la potenza della modernità, il carattere di urgenza dell’acquisto odierno. Oltre ad accelerare il ritmo già frenetico dei consumi, queste formule sono innovazioni per sollecitare un mercato dove forse manca un vero “nuovo” che porti ad una domanda effettiva ed irrinunciabile. Tale fenomeno porta a ridurre la qualità dei materiali utilizzati, per ragioni di costo legate alla particolare dinamica temporale, cercando allo stesso tempo di studiare nei minimi dettagli il design armonizzando forme e contenuti, puntando al riconoscimento immediato del brand o dello scopo per cui il pop up nasce. Tutto questo sposta il focus del negozio dalla dimensione fisica verso quella immateriale dell’evento e della pura esperienza sociale. Il sorgere e morire dei Pop-Up Store ha l’obiettivo di emozionare, sorprendere, stimolare la sfera emotiva del consumatore e arricchire in tal modo il valore offerto. Si può quindi affermare che attraverso il pop-retail si ha una prevalenza dell’evento sul luogo. Ed è proprio il contesto specifico in cui va inserito il pop up nella vendita dei ticket, in quei determinati momenti in cui gli eventi si verificano, nei luoghi di attrazione in modo tale da recepire più gente possibile, che rende il pop up una struttura temporanea in grado di creare un potenziale in più alla vendita, puntando

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su quella fetta di persone che non acquisterebbe il biglietto, ma che trovandosi di fronte al sistema allestitivo, invece, è portata a farlo.

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Ringraziamenti

La tessitura argomentativa di questo libro è il risultato di un supporto accademico di elevato livello, e per questo ringrazio i prof. Anna Maria Giovenale, Federico Cinquepalmi e Fabrizio Cumo per il loro prezioso e autorevole sostegno, non soltanto per la stesura del testo in oggetto, ma anche per il contributo al mio percorso di crescita personale. Questo volume è anche frutto di un percorso iniziato con un workshop di tesi che ha coinvolto gli studenti della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e i dottorandi che lo hanno seguito. Dedico loro un ringraziamento particolare per la dedizione, l’entusiasmo e l’impegno dimostrato, che ha contribuito al materiale di base per la realizzazione delle schede progettuali. Lo dedico infine a tutti gli architetti presenti e futuri che vogliono sperimentare nelle loro opere architettoniche soluzioni innovative per costruire un ambiente sempre più eco e human friendly.

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Note

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