Mostra: Don Carlo De Cardona pioniere dell'apostolato sociale dei contadini e artigiani calabresi

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UN PASSATO SEMPRE VIVO

di N ICOLA P ALDINO

presidente BCC Mediocrati - Rende (CS)

Don Carlo De Cardona è il prete che nel 1906 ha dato vita a Bisignano, in Calabria, insieme a sedici audaci operai, alla Cassa rurale, ora BCC Mediocrati, che ho l'onore di presiedere.

Don Carlo realizzò il programma della Rerum novarum di Leone XIII, per l'elevazione dei contadini e degli artigiani calabresi. Sulla sua strada desideriamo proseguire il nostro cammino, facendo crescere e potenziare l'economia del territorio dove operiamo. Per il nostro istituto bancario l'esempio di De Cardona è un faro sempre acceso, ci piace dire, che è «un passato sempre vivo». Siamo onorati che mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all'Jonio e vicepresidente della CEI, abbia voluto portare alla Settimana sociale dei cattolici in Italia la mostra che ripercorre la storia e le opere realizzate da don Carlo. Il tema di questa cinquantesima edizione Al cuore della democrazia è il fulcro del pensiero sociale cristiano, che De Cardona ha vissuto e insegnato con la sua vita: «Se la nostra azione penetrerà nella vita pubblica […] presto avverrà il giorno in cui per la nostra Patria, comincerà una vita nuova»; l'invito valeva ieri, ma noi lo sentiamo fortemente vero anche per l'oggi: ecco perché parliamo dell'opera decardoniana come di «un passato sempre vivo».

PRESENTAZIONE

La famiglia De Cardona

Carlo (Giulio Ferdinando) De Cardona è nato a Morano Calabro il 4 maggio 1871, da una famiglia della piccola aristocrazia terriera.

Il papà Rocco e la mamma Giovannina Ferrari ebbero 6 figli (Nicola, Carlo, Ulisse, Teresina, Carolina e Amalia); uno zio, don Cesare, era parroco di San Pietro a Morano.

Carlo conseguì con esito brillante la maturità al Liceo Classico «Bernardino Telesio» di Cosenza e scelse la via del sacerdozio. Nel 1890 si trasferì a Roma per gli studi di teologia all’Università Gregoriana. Fu ordinato sacerdote il 7 luglio 1895 a Cassano Jonio dal vescovo mons. Evangelista Di Milia.

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Don Carlo De Cardona Morano Calabro La casa natale Carlo seminarista
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PANNELLO

Papa Leone XIII

e la Rerum novarum

L’enciclica fu promulgata il 15 maggio 1891; Carlo De Cardona studiava alla Gregoriana e uno dei suoi professori, il gesuita Matteo Liberatore, docente di Sociologia cristiana, fu tra gli estensori del testo leonino.

«Se la Democrazia vuole essere Cristiana essa darà alla vostra patria un avvenire di pace, di prosperità, di felicità» Leone XIII.

Un nuovo spirito di giustizia e di fraternità

La Rerum novarum è un’opera organizzativa ed educativa per eliminare dal consorzio umano lo sconcio (parole di Leone XIII nell’enciclica) della lotta di classe, aperta o latente. Secondo il papa occorre: • Difendere le ragioni e gli interessi dei proletari, e in generale degli umili, di fronte ai detentori della ricchezza, facendo prevalere, nella vita pubblica, non la violenza, ma le regole dell’Evangelo, e le esperienze sociali della Chiesa. • Trasfondere nel corpo sociale, uno spirito nuovo di giustizia e di fraterna benevolenza, svegliando ed educando il senso di solidarietà e di unità morale e civile, in tutti i campi del vivere umano.

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Don Carlo De Cardona
Leone XIII
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Matteo Liberatore
PANNELLO

Camillo Sorgente

«Chiesa e popolo»

Nacque a Salerno il 13 dicembre 1823. A 51 anni eletto arcivescovo di Cosenza. Il 17 luglio 1874 entrò in città. Resse l’arcidiocesi cosentina per ben 37 anni, fino al 2 ottobre 1911, giorno della sua morte, all’età di 88 anni.

Mons. Sorgente volle don Carlo come suo primo segretario pur non essendo della sua diocesi. Appoggiò tutte le iniziative sociali proposte da De Cardona e lo difese dalle accuse di modernismo davanti a Pio X, che con lettera del 12 settembre 1908 tributò pubblica lode all’opera sociale decardoniana. Il suo pensiero sociale è racchiuso in questa frase: «Saldare Chiesa e popolo, costruire la comunità ecclesiale cosentina con la partecipazione dei lavoratori».

I vescovi di Rossano, Cariati e Cassano

L’arcivescovo di Rossano, Orazio Mazzella guardava con grande interesse le idee promulgate dalla Rerum novarum

Il suo programma pastorale era: «Procurare la gloria di Dio nei cieli per mezzo della salvezza delle anime sulla terra».

Giovanni Scotti a soli 37 anni fu eletto vescovo di Cariati, sotto il suo episcopato fiorirono le opere sociali, tra cui la cooperativa dei pescatori, numerose Casse rurali, il Circolo delle donne cattoliche e in quasi tutti i paesi gli asili infantili.

A Cassano mons. Giuseppe Rovetta, ogni sera in una sala dell’episcopio, faceva raccogliere dal suo segretario don Vincenzo Graziadio, appassionato alle opere sociali, i figli dei contadini insegnando loro a leggere e a scrivere.

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Carlo De Cardona
Camillo Sorgente Orazio Mazzella Giuseppe Rovetta Giovanni Scotti PANNELLO
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La Voce Cattolica

primo giornale decardoniano

Le testate

La Voce cattolica (1898 - 1906)

Il Lavoro (1905 - 1911)

L’Unione (1911 - 1913)

Unione-Lavoro (1914 - 1915)

«Da anni si desiderava un giornale che rispecchiasse i puri sentimenti cristiani, curasse l’educazione religiosa delle famiglie, specialmente nella classe operaia, secondasse le idee del Santo Padre, promovendo il Movimento cattolico, dal quale la Patria nostra deve aspettarsi la sua rigenerazione morale, sociale e materiale. Confortati dall’autorità ecclesiastica, ci mettiamo all’opera, col fermo proposito di non venir mai meno. Esso è uno scopo santo, è la nostra missione, è una missione di pace.

Lungi da noi ogni ombra di sfida e di provocazione. Inflessibili nella difesa dei principi e delle idee, saremo sempre rispettosi delle persone che professano principi contrari ai nostri, non perdendo mai di vista essere obbligo di un giornale cattolico persuadere e attirare l’animo degli avversari con la bontà delle ragioni che sostengono la sua santa causa, non già esacerbarli con le villane invettive» (17 maggio 1898).

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del
cattolico cosentino
Movimento
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La Lega del lavoro

«Sono ammessi a far parte delle Leghe del lavoro, lavoratori di buona condotta e di sentimenti democratici cristiani. In caso di dubbio nell’applicazione di questo articolo, deciderà la Commissione esecutiva nominata dal Congresso».

«Operai! Una parola nuova risuona oggi nel mondo, fra le turbinose agitazioni sociali. È una parola di redenzione per gli oppressi, di vita per le coscienze, di pace per quanti sono devoti alla causa della verità e della giustizia. È la parola sempre antica e sempre nuova sprigionatasi dal petto di Cristo e rimasta in mezzo agli uomini, lievito di perenne giovinezza, semente di salutari speranze. È la parola dell’amore… In nome e in virtù di questa santa parola, che altra volta spezzò le catene degli schiavi e che oggi infiamma il cuore di tanti compagni nostri che hanno aperto gli occhi alla luce dei nuovi ideali in nome e in virtù dell’amore evangelico, noi operai del Fascio Democratico Cristiano di Cosenza, invitiamo tutti i nostri fratelli lavoranti e sofferenti a volere adoperarsi insieme con noi perché nella nostra provincia, come in tante parti d’Italia, sorga vigorosa e robusta la Lega del lavoro. Lega di operai che, amandosi in Cristo, uniscono le loro forze per una generosa e legale difesa degli interessi morali ed economici del loro ceto».

Don Carlo De Cardona

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Cattedrale di Cosenza
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Classismo pedagogico

Il classismo decardoniano si diversificava da quello marxista perché spingeva i lavoratori non a lottare contro le altre classi, ma a unirsi per affermare i loro diritti e promuovere da soli la loro elevazione.

«Amandoci, soccorreremo i più bisognosi, presteremo le cure agli infermi, metteremo insieme parte dei nostri risparmi e colle nostre piccole banche a responsabilità limitata, potremo avere a disposizione un capitale da impiegare a tutto vantaggio della nostra classe, a impiantare scuole pei nostri giovani, a diffondere le nostre idee per mezzo di una vigorosa propaganda, a difenderci contro l’usura, a rialzare e sostenere la piccola industria.

Crescendo il numero delle nostre associazioni, ci federeremo intorno ai nostri vescovi che sono i centri viventi del cristianesimo. Se la nostra azione si allargherà penetrerà dentro la vita pubblica, e darà alle amministrazioni un’impronta popolare e cristiana. Gli operai d’Italia organizzati nell’amore evangelico, si daranno la mano, e affretteranno il giorno in cui per la Patria comincerà una vita nuova».

Don Carlo De Cardona, in una vignetta pubblicata dal periodico illustrato cosentino “Cronaca dei dibattimenti” del 30 dicembre 1908.

«Il mondo è diviso fra quelli che vivono rassegnati e quelli che vivono sperando».
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Don Carlo De Cardona
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Nascono le Casse Rurali

A Cosenza, nel 1901, nacque la Cooperativa cattolica di credito, ma da subito non convinse De Cardona, perché costituita da possidenti, professionisti e commercianti. L’anno dopo, con 20 artigiani e contadini, fondò la Cassa Rurale di depositi e prestiti cattolica di Cosenza. Questa iniziativa fu l’unica alternativa offerta ai contadini per procurarsi il denaro necessario all’acquisto delle sementi e dei mezzi di lavoro. Fu il primo tentativo per superare gli inconvenienti creatisi con l’inattività dei Monti frumentari. Fu una fonte di credito per la classe contadina e artigiana, tramite i risparmi dei propri soci.

«Voi contadini dovete prendere nelle vostre mani, la causa del Risorgimento civile della Calabria. Ricordate che il cristianesimo non solo salva l’anima dell’uomo, ma gli fa riacquistare il dominio sulle cose, sulle forze della natura, sugli animali, su tutto».

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Don Carlo De Cardona J. François Millet, L’Angelus (1859), Parigi, Museo d’Orsay
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A sinistra: don Carlo De Cardona a Vaccarizzo Albanese (Cs), il 10 agosto 1921, per la costituzione della Cassa Rurale; in alto e a destra: Morano Calabro, una processione passa davanti la sede della Cassa Rurale.

Il credito agli operai

«La funzione del credito per le nostre cooperative, deve essere una funzione cristiana, da procurare il sollievo economico degli umili, lo sviluppo ordinato delle industrie, specialmente agricole, l’educazione dello spirito di solidarietà civile e delle virtù religiose. Ogni nostra banca vuole essere una cellula del futuro organismo sociale cristiano» (La Voce cattolica, 29 marzo 1904).

Al primo congresso nazionale delle Casse Rurali, svoltosi a Roma nel settembre 1918, dopo Verona con 98 casse e Bologna con 91; c’erano Catanzaro con 82 e Cosenza con 81.

«Denaro ce n’è nella provincia. Le Casse postali e la Cassa di Risparmio sono piene di denaro che arriva dall’America, denaro sudato, chi sa con quanti sacrifici. Ora tutto questo denaro, e si tratta di milioni, è nelle mani dei ricchi, dei capitalisti… Ed ecco il popolo asino. Non solo il tuo lavoro, ma il tuo denaro porti nelle banche dove regnano i tuoi padroni» (Il Lavoro, 24 febbraio 1906).

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Don Carlo De Cardona
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Bisignano: la sede della Cassa Rurale

Il valore dei soldi per un popolo libero

«È meglio avere poco, per ora, ma fatto dagli operai: con quel poco, soltanto, è possibile l’educazione democratica del popolo».

«Il risparmio del popolo deve rimanere in Calabria, nei nostri istituti, per essere forza e sangue del popolo calabrese, per essere il lievito di una vita economica degna di uomini laboriosi e liberi, che sono decisi a utilizzare per sé, per il proprio avvenire, le proprie forze in un sano e sacro egoismo. Noi lavoriamo con le nostre Casse fiduciosi di iniziare la redenzione economica del nostro popolo. Renderemo un servizio alla Calabria, ma faremo, anche un servizio all’Italia, perché non ci può essere una grande Italia, finché c’è una Calabria misera e negletta». (La Voce Cattolica, 23 marzo 1903)

Sottoscrizione «nichilista»

Per una strana vertenza agraria un padrone sequestrò e pignorò alcune mucche a un contadino di Cosenza.

Don Carlo aprì subito una sottoscrizione; nessuno poteva donare più di un nichel (20 centesimi). In due giorni si raccolse molto più del necessario. La sera vi fu un comizio e una pacifica manifestazione dalla Prefettura a piazza Valdesi. Il corteo era capeggiato da don Carlo e da Sante Filice, seguivano le mucche riscattate e migliaia e migliaia di contadini. Fu un vero trionfo.

Don Carlo De Cardona

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E lezioni amministrative E

De Cardona fu eletto consigliere comunale a Cosenza dal 1904 al 1909. Nel 1905 vinse le elezioni provinciali nel collegio di Rose-San Pietro in Guarano e per 18 anni, fino al 1923, venne sempre rieletto.

Dall’educazione promossa nelle Leghe e nelle Casse Rurali si passò all’impegno diretto dei cattolici nella vita pubblica, nella sola forma allora consentita, presentarsi alle elezioni comunali e provinciali. Il non expedit, ancora in vigore, negava la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche, ma non comportava divieti per le amministrative. Il primo tentativo di inserimento nella vita pubblica avvenne nel 1903, con l’inclusione di un operaio cattolico, Eugenio Ciaccio, nella lista della quale facevano parte anche liberali e massoni, ma non risultò eletto.

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La Lega a San Pietro in Guarano

di fronte alle classi che hanno in mano i capitali e le pubbliche amministrazioni. Operai! Il lavoro delle nostre braccia è, da una parte, il consumo lento dei nostri muscoli, e dall’altra, la fonte precipua della pubblica ricchezza. Nei campi dove biondeggia la messe, nei palazzi signorili, nelle sfarzose eleganze del mondo borghese, nelle gigantesche costruzioni, nelle potenti macchine, nelle grandiose industrie, nello splendore materiale della civiltà, vi sono i nostri sudori, vi è parte del sangue nostro: è il nostro lavoro che dà vita alla multiforme e non lussureggiante produzione moderna».

Unire le deboli forze per un vantaggio collettivo

«Operai! Noi siamo divisi l’uno dall’altro e perciò non contiamo niente nella società presente, siamo ignoranti e perciò incapaci di far valere i nostri diritti di uomini liberi e di cittadini onesti, «Sapete voi che cos’è l’ottone? Credete forse che esso si estragga dalla terra come il ferro, l’argento e tanti altri metalli semplici? Niente affatto: l’ottone si forma così: dentro a dei crogiuoli si mette tanto zinco e tanto rame, si fondono insieme questi due metalli (semplici) e formano l’ottone, il quale è una lega. È pure una lega il bronzo, formato da zinco, rame e stagno. Le leghe sono sempre più forti dei metalli semplici che le formano; e così sarebbe delle nostre leghe operaie, se si fondessero bene; sarebbero più forti del bronzo...». (Il Lavoro, 17 marzo 1906).

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Bacchette di ottone

Le case del popolo

A Cosenza in via Casali, nel 1907-08 venne costruita una palazzina di 24 appartamenti, più altri a pianterreno, da fittare o vendere ai lavoratori; fu il primo esempio di casa popolare in Calabria. Il progetto fu redatto dall’ing. Silvio Castrucci, docente all’Istituto di Belle arti di Napoli; il fabbricato fu edificato dalla Cooperativa di muratori della Lega di Cosenza e inaugurato da don Carlo il 6 dicembre 1908.

Il rione dello Spirito Santo “cuore” della Lega

Nella Chiesa dello Spirito Santo, De Cardona celebrava la Messa festiva per i leghisti, seguita in forma comunitaria con l’uso di un libretto, appositamente stampato dalla Lega.

Nei locali di Palazzo Gallo e Palazzo Ercole Vetere funzionavano le scuole serali e il

Circolo ricreativo con attività filodrammatiche. Venivano organizzate gite e manifestazioni sociali, specialmente il 15 maggio di ogni anno, anniversario della Rerum novarum. Don Carlo usò la parola detta e scritta, ma si impegnò soprattutto per la scuola serale, dove insegnava a leggere e a scrivere per eliminare l’ignoranza e l’analfabetismo, come farà negli anni Cinquanta a Barbiana don Lorenzo Milani. Così lo ricorda un sacerdote cosentino: «Dal Seminario, lo vedevamo rincasare a notte inoltrata, e sapevamo che, trascorreva la sera in mezzo ai braccianti, ai contadini, ai quali diede generosamente, con impeto, tutto se stesso».

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Don Carlo De Cardona Cosenza, Chiesa dello Spirito Santo
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Un movimento al femminile

A San Pietro in Guarano un gruppo di donne furono licenziate dalle

filande del barone Collice, perché i fratelli o i mariti non avevano votato il signorotto locale, facendo risultare eletto alla Provincia don Carlo De Cardona. Una di esse, sfidando le ire padronali, manifestò per le vie del centro con la bandiera bianca leghista, e invitò le altre a costituire la sezione femminile della Lega del lavoro a cui aderirono 150 operaie. Fu una delle prime forme associative femminili nel Sud, che si dichiarò anche favorevole al voto per le donne.

«Primo dovere: essere uniti. Secondo dovere: essere uniti per la giustizia».

«Fare in modo che le donne operaie, più buone e più intelligenti, promuovano, per quanto si può, da sé, e diriggano il Movimento, assumendone esse stesse la piena e intera responsabilità al fine di preparare un sincero e profondo rinnovamento sociale a favore della donna» (Il Lavoro, 17 febbraio 1906).

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Don Carlo De Cardona
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San Pietro in Guarano, filanda Collice.

A Marsiglia per i fichi secchi

«Oggi il lavoro, significa ignoranza, miseria, servitù; domani, il lavoro significherà intelligenza, agiatezza, libertà civile e politica. A questo domani noi vogliamo arrivare, pacificamente. Il vento spira verso il nostro domani».

Don Carlo, dal 1907 al 1912, per valorizzare i fichi e i bozzoli per la seta, prodotti tipici dell’economia contadina cosentina, si recò personalmente in Francia, a Marsiglia, per sostenere la loro commercializzazione e avere un prezzo all’ingrosso favorevole ai produttori associati nelle cooperative. De Cardona riuscì a creare una forza di «coesione che legava tra di loro operai e contadini, suggellando quel patto di classe che avrebbe dovuto essere la premessa naturale al più grande e concreto moto di riscossa…».

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Don Carlo De Cardona Cosenza, Cooperativa «La vittoria», donne e operai impegnati nella lavorazione dei fichi. Alcune etichette dei fichi delle aziende cosentine.
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La centrale idroelettrica

Inaugurazione del mulino elettrico

«Il parroco di San Pietro in Guarano, don Francesco Pizzuti, impartisce la benedizione di rito. A un cenno comunicato attraverso il telefono, la corrente elettrica, invisibile come un soffio di vita nel mistero dei fili, pervade, anima i poderosi ingranaggi, erompe fragorosa, gloriosa in movimento di cinghie, di ruote di cilindri; e dal vibrante macchinario pare trapassi nei cuori degli astanti, nell’animo di quella folla, davvero elettrizzata dall’entusiasmo, innanzi al fatto di una conquista, di un trionfo verace del lavoro, della tenacia, dell’ingegno, della forza organizzata. E non c’era bisogno di musica, quantunque essa suonasse sotto la direzione del maestro Spina; e non c’era neppure bisogno di discorsi. Si volle che almeno si facesse vedere Luigi Codagnoni, l’intelligente e paziente direttore dei lavori dell’impianto» (Il Lavoro, 23 novembre 1907).

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22 giugno 1913, mons. Tommaso Trussoni, arcivescovo di Cosenza, da appena un mese, benedice la nuova centrale idroelettrica sul fiume Arente. I macchinari furono costruiti dalla Casa Ganz di Budapest in Ungheria.
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L’attuale stato della centralina.

Con l’energia elettrica

Arriva il futuro

«L’acqua, questa benedetta e umile creatura che è come la madre della vita, che scorreva quasi oziosa per i torrenti e per i fiumi, oggi, raccolta, ordinata, disciplinata diviene la tremenda forza creativa di questa grande novità che è l’elettrico, divenuto la sostanziale forza motrice e illuminatrice nella vita industriale e civile del mondo moderno» (Il Lavoro, 11 agosto 1906).

Cosenza senza luce

Nel gennaio 1908, il nuovo sindaco di Cosenza, il decardoniano Antonio Cundari, nel suo discorso di insediamento parlò delle opere realizzate dalla Lega del lavoro a San Pietro in Guarano, come esempi da seguire; ma l’elettrificazione della città dei Bruzi arriverà solo nel 1914.

Anche Cosenza avrà il suo mulino elettrico gestito dalla Lega del lavoro e dedicato a Sant’Antonio. Successivamente fu acquistato da Biagio Lecce per il suo pastificio.

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Don Carlo De Cardona Vignette pubblicate sul periodico illustrato cosentino, Cronaca dei dibattimenti (1907-1908).
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L’amicizia con i Montini

Don Carlo De Cardona ricevuto in udienza dal papa

Benedetto X V

Nel gennaio 1912 esponenti del Movimento cattolico bresciano, per una serie di imprevisti, si fermarono una settimana a Cosenza; tra gli altri c’era Giorgio Montini (il padre del futuro Paolo VI) che in una lettera alla moglie scrisse del soggiorno cosentino: «La città è bella e pulita, il luogo ridente. Sono contentissimo della relazione intrapresa con il prof. De Cardona, un santo simpaticissimo, col quale ci intendiamo perfettamente. È lui l’anima e la mente di un complesso Movimento cattolico come il nostro».

Un anno dopo don Carlo, che era andato a Como per la consacrazione del nuovo presule di Cosenza, mons. Trussoni, restituì la visita e conobbe tutta la famiglia Montini, compreso il piccolo Giovan Battista. Negli anni Sessanta, Paolo VI, in un’udienza concessa a mons. Domenico Picchinenna, arcivescovo di Cosenza, chiese se in città ci fosse ancora un vivo ricordo di don Carlo De Cardona.

Il 24 ottobre 1914 don Carlo De Cardona presentò in un’udienza privata il Movimento sociale calabrese a Benedetto XV.

Il pontefice invitò don Carlo e i suoi più stretti collaboratori a essere «audaci, combattivi, pazienti». Don Carlo qualche giorno dopo, sul suo giornale scrisse: «Qui, dove tutto langue e muore nell’inerzia e nella diffidenza, daremo esempio di energia, di ardore, di vita».

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Giovan Battista Montini Giorgio Montini Benedetto XV
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«Infinito bisogno di pace»

No alla guerra

Don Carlo fu contrario all’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale; così scriveva in un articolo:

«È una seria minaccia per gli interessi della classe proletaria. La guerra è strage di vite umane, è la negazione più terribile della fratellanza. Chi ama la guerra è figlio di Caino, perché la guerra elimina il lavoro e lo spirito del lavoro. I più colpiti sono i lavoratori dei campi e delle industrie. Gli italiani hanno qualcosa di più serio da fare per la vita e per la Patria. Hanno un infinito bisogno di pace».

Durante gli anni della prima guerra mondiale le leghe e le Casse Rurali svolsero un’intensa opera di soccorso materiale e spirituale: assistenza alle famiglie dei soldati, ricerca dei prigionieri e avviamento della corrispondenza nelle zone di guerra e nei campi di concentramento; assistenza alle vedove e agli orfani.

A Paola nel 1920 ci scappò il morto

Nicola De Seta era il presidente della Lega dei contadini di Paola, nonché il leader naturale dei lavoratori dell’intero Tirreno. Fu ucciso a colpi di rivoltella, sparati da un circolo socialista, il 1° maggio 1920 a Paola. L’assassinio di De Seta divenne un monito contro il monopolio della rappresentanza operaia e l’uso gratuito della violenza.

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Don Carlo De Cardona
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Nicola De Seta

I suoi amici più cari

Tra i sacerdoti che seguirono il suo apostolato sociale: don Luigi Nicoletti, don Francesco Pizzuti, don Francesco Sarubbi, don Bernardino Lupi, don Ciccio Cozza.

Tra i laici, l’operaio autodidatta

Federico Sorbaro, ma anche il “capo” della Lega dei contadini, Sante Filice di Donnici e inoltre il capo mastro

Vincenzo Prato, Luigi Bruno, Carmine Patitucci, Giovanni Canonaco, il tipografo Eugenio Ciaccio, il commerciante Antonio Cannataro,

Paolina Ritacco e suo fratello Pilerio, Luigino Rende, Francesco Barca, Domenico Magarò; gli amici di San Pietro in Guarano Pasquale Zaccaro e Vincenzo Settino.

«Coltivate la coscienza cristiana, coltivate l’ideale della democrazia, della giustizia, della liberazione da ogni ingiusta servitù: formatevi uomini cristiani, fieri della libertà, innamorati del bene e questa sarà la vostra forza. Fate l’esperienza dell’ideale cristiano e democratico: piano piano, abituatevi a essere sinceri nel parlare, nell’agire, sempre: abituatevi a essere fedeli a ogni vostro dovere: abituatevi a sopportarvi, ad amarvi l’un l’altro: abituatevi a fare con pazienza, con sacrifizii, poco a poco, tutte le opere buone, le Casse Rurali, le cooperative, le scuole serali, il mutuo soccorso, il piccolo giornale…».

Don Carlo De Cardona

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Vincenzo Settino Federico Sorbaro
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Sante Filice PANNELLO

Fallimento Casse Rurali

La fitta rete delle Casse Rurali si ridusse drasticamente negli anni Trenta per l’effetto congiunto di due fenomeni: la crisi economica mondiale, iniziata a New York nel 1929 e la legge del 1926, che per frenare l’inflazione, congelò per dieci anni i buoni del tesoro; le istituzioni bancarie decardoniane vi avevano investito 26 dei 38 milioni di depositi. Inoltre due Casse, Mendicino e San Lucido, per imprevidenza nel concedere prestiti, fallirono. A Cosenza, nel settembre 1936 la Banca Nazionale del Lavoro aprì una sede e assorbì la Banca dell’Agricoltura (ex Cassa Rurale federativa) che il 18 maggio 1936 aveva presentato il bilancio per la liquidazione. Sulle sedi decardoniane furono apposte targhe marmoree della BNL.

Nel quartiere finanziario di Cosenza la prestigiosa sede della Cassa federativa

Don Carlo De Cardona fece costruire a Cosenza in piazza della Vittoria, un intero palazzo, nelle vicinanze della Banca d’Italia e del Banco di Napoli, come sede della Cassa Rurale federativa, simbolo della solidità economica finanziaria dell’opera. Il complesso costò più di un milione e mezzo di lire e fu inaugurato il 15 dicembre 1930. Attualmente è la sede della Camera del lavoro (CGIL).

Don Carlo De Cardona

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L’esilio a Todi

L’arcivescovo di Cosenza mons. Roberto Nogara, per calmare le turbolenze provocate dalla crisi finanziaria della Cassa Rurale federativa invitò De Cardona «a mettersi in disparte» e a lasciare Cosenza. Nei primi giorni del 1936 don Carlo si recò a Todi, dal fratello Ulisse, medico. Nella cittadina umbra vi rimase fino al 1940; poi nuovamente dall’ottobre 1948 fino al 1954, quando fece ritorno alla natìa Morano.

Mons. Carlo Taddei, sacerdote di Todi, in un suo volume parla di De Cardona come il prete dei fichi secchi. Così descrive i suoi lineamenti somatici: «Alto, magro, con lo sguardo fiero e le mani incredibilmente lunghe e nervose…»; mons. Taddei conclude: «il religioso cosentino è stato ingiustamente dimenticato, merita invece di essere annoverato tra quelle nobili anime che in principio di questo secolo presero a cuore i problemi della classe operaia alla luce del Magistero della Chiesa».

«Dopo la celebrazione della Messa, vedevo in me, con vivezza i paesaggi, i paesi, le persone, le strade, i monti... tutta la Calabria da me percorsa e vissuta intensamente in 40 anni di sacerdozio: io ero tutta quella gente, tutto quel mondo fisico, sociale, umano» (Diario, 16 agosto 1935).

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Don Carlo De Cardona
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Don Carlo De Cardona disegno di Vincenzo Raimondi

L’antifascismo di don Carlo

Don Carlo fu uno strenuo oppositore del fascismo. Nel 1926 con uno scatto d’ira scaraventò in strada il ritratto del duce, che una mano ignota aveva appeso nel suo ufficio alla direzione della Cassa Rurale federativa. Nel 1927 però scrisse un articolo di apertura dopo l’approvazione da parte del Governo della Carta del lavoro. Per cercare di salvare le sue istituzioni bancarie, il 29 aprile 1935 da Todi scrisse a mons. Nogara: «I miei rapporti con i gerarchi del fascismo sono sempre stati di assoluto rispetto e di leale e fattiva collaborazione. Ho l’onore di possedere autografi del compianto ministro cosentino Michele Bianchi». L’arcivescovo di Cosenza, chiese più volte a Mussolini di incontrarlo per la vicenda delle Casse Rurali cosentine, ma inutilmente. L’ultimo tentativo lo affidò a una polemica lettera inviata al duce per rimproverarlo di contraddizione tra la proclamazione dell’Italia rurale fascista e il rifiuto di aiutare i contadini calabresi.

«Si aspettava che la Carta del lavoro, promessa agli operai organizzati nei sindacati fascisti, fosse una giusta e definitiva rivendicazione dei diritti del lavoro di fronte al capitale. Ma essa oggi appare ben altro. Nelle sue linee c’è un ordinamento nuovo dei rapporti che formano la produzione, che è tanta parte nella vita economica, politica e morale della nazione. Nel codice voluto da Mussolini, sono presenti gli ideali di giustizia, felicemente avvicinati alle fonti della natura umana, alle tradizioni migliori e più profonde della Patria…». (Parola di vita, 4 maggio 1927).

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Elezioni del 1946

Insultato a Cosenza

Anche agli inizi della sua opera a Cosenza, negli anni 1895-1898, don Carlo De Cardona e mons. Camillo Sorgente spesso venivano accolti dagli anticlericali con accanite sassaiole.

A 74 anni, per decreto prefettizio, nella giunta presieduta dal socialista Francesco Vaccaro, fu nominato assessore all’Igiene e Sanità nel Comune di Cosenza, dal 10 febbraio 1945 fino alle elezioni del 31 marzo 1946.

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Don Carlo De Cardona Il periodico Democrazia Cristiana, diretto da don Luigi Nicoletti, del 30 marzo 1946 Don Carlo De Cardona
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Gli ultimi anni

dalle Suore Minime

Don Carlo aveva sempre avuto un buon rapporto con suor Elena Aiello (’a Monaca santa). Nel febbraio 1932 mise gratuitamente a disposizione delle Suore Minime della Passione l’antica sede della Cassa Rurale del rione Spirito Santo. De Cardona dal 1940 al 1948 abitò nella nuova casa delle suore in via dei Martiri a Cosenza Casali. La stessa suor Elena gli fece costruire appositamente un fabbricato con una «cameretta linda e ben areata». Nell’ottobre 1948 ritornò a Todi da suo fratello Ulisse e vi rimase fino al 1954. Poi, gli ultimi anni della sua vita, li passò a Morano Calabro ospite dell’altro fratello Nicola, dove il 10 marzo 1958, all’età di 87 anni, tornò alla Casa del Padre.

Il bolscevico bianco

Suor Luisa Perna delle Minime raccontava: «Quando don Carlo nel 1940 venne ad abitare da noi a Casali, era già molto vecchio. Tutte le sere usciva con i contadini e gli operai che abitavano allo Spirito Santo o alla Massa… Qualche volta, quando alzavano il gomito, venivano anche a cantare sotto le finestre del nostro istituto…». Il bolscevico bianco, come veniva apostrofato De Cardona dagli avversari, fino alla fine della sua vita rimase fedele ai suoi amati operai e contadini. Erano passate due guerre, ma il suo modo di vivere l’appartenenza alla Chiesa era immutato.

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Don Carlo De Cardona
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Suor Luisa Perna

10 marzo 1958

don Carlo muore

Il giornale Democrazia Cristiana, quindicinale diretto da don Luigi Nicoletti, il 22 marzo 1958 esce con un numero listato a lutto, per la morte di don Carlo De Cardona. Scrive Nicoletti: «Dalle sue labbra appresi la Dottrina Sociale della Chiesa, sentii per la prima volta e capii il concetto di libertà e di democrazia».

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Medaglione per De Cardona

In occasione del primo centenario della nascita (31 ottobre 1971) a Cosenza in piazza Parrasio è stato inaugurato un medaglione bronzeo, opera dell’artista Cesare Baccelli, dedicato a don Carlo De Cardona. Durante la celebrazione della Messa, mons. Enea Selis, da poco nominato arcivescovo di Cosenza, disse: «Desidero affermare che il mio episcopato vuole assumere e continuare l’attività religioso-sociale che i cattolici cosentini, guidati da don Carlo De Cardona ini ziarono e promos sero agli albori del secolo, facendosi promotori, tra i primi in Italia, di una giustizia sociale ispirata al Vangelo. Don Carlo De Cardona amò Dio e il prossimo come pochi».

Il Comune di Cosenza ricorda don Carlo

L’Amministrazione comunale di Cosenza, il 21 febbraio 2009, ha voluto apporre una lapide sul Palazzo della Lega a Cosenza Casali, in occasione del centenario dell’inaugurazione delle Case del popolo volute da don Carlo De Cardona.

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Don Carlo De Cardona
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De Cardona citato da W ojtyla

Cosenza 6 ottobre 1984, omelia allo stadio San Vito

Zuppi: «La santità è frutto di santità»

Durante la supplica alla Madonna di Pompei, l’8 maggio 2023 il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, citando alcuni testimoni del Vangelo: Giuseppe Moscati, fra Ludovico da Casoria, don Pasquale Uva, don Francesco Mottola, ha fatto il nome anche di don Carlo De Cardona: «la santità è frutto di santità».

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Don Carlo De Cardona
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Monumento a Morano Calabro

Per solennizzare i 50 anni della morte di don Carlo De Cardona a Morano Calabro, il 20 settembre 2008, è stato innalzato un busto bronzeo. L’opera è stata realizzata dallo scultore Pasquale Nava, del laboratorio artistico Domus Dei, della Congregazione delle Pie discepole del Divin Maestro. L’associazione di volontariato “Marinella Bruno” di Morano Calabro ha dedicato a don Carlo De Cardona la propria sala convegni.

Ricordato in tanti luoghi

In alto: piazza De Cardona a Mirto; al centro: la targa nella “Sala De Cardona” della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati a Rende; in basso: l’intitolazione a Bisignano.

A Roma gli fu dedicato un Centro culturale a cui partecipavano gli studenti universitari di Comunione e liberazione di Morano e Castrovillari. A San Pietro in Guarano l’ex mulino elettrico, che ora ospita la biblioteca comunale e le sale per attività culturali, dal 17 novembre 2007 è stato denominato «Palazzo don Carlo De Cardona». La BCC «Mediocrati», all’interno del suo Centro direzionale di Rende, gli ha dedicato la sala convegni. Il Comune di Cosenza, il 28 luglio 1966, ha intitolato una strada a De Cardona, analoghe iniziative, in tempi diversi, sono state prese dalle municipalità di: Soverato, Morano Calabro, Mirto Crosia, Todi, Bisignano, Catanzaro e Castiglione Cosentino. Nell’agosto 2018 la nona edizione della Settimana della cultura calabrese è stata dedicata alla sua opera sociale.

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Il processo di beatificazione

Secondo mons. Demetrio Moscato (1888-1968): vescovo di San Marco e Bisignano e dal 1945 arcivescovo di Salerno: «Don Carlo De Cardona è un santo che l’episcopato calabrese del tempo, non ha capito e non ha difeso».

Il prof. Biagio Giuseppe Faillace, di Morano Calabro, la prima volta pubblicamente il 21 luglio 2003, ha rivolto un accorato appello per intraprendere un’indagine canonica per verificare la possibilità di allestire la causa di beatificazione di don Carlo De Cardona. Ha reiterato la sua proposta il 20 settembre 2008 e l’allora vescovo mons. Vincenzo Bertolone ha subito preso in considerazione l’istanza. Poco dopo sono giunti i pareri favorevoli da parte della Congregazione per le cause dei santi e dalla Conferenza episcopale calabra; don Carlo De Cardona è stato così dichiarato “servo di Dio”.

Carlo De Cardona

Il 13 settembre 2017, mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, ha costituito una nuova Commissione per ricercare e raccogliere scritti, documenti e testimonianze su don Carlo De Cardona.

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Morano Calabro: 22 ottobre 2017, insediamento del Tribunale ecclesiastico; 2 dicembre 2018, traslazione delle spoglie del servo di Dio don Carlo De Cardona e inumazione nel transetto della Chiesa della Maddalena.

Sede centrale: Via Alfieri, 19 - Rende (Cs) - tel. 0984841811

F iliali : Cosenza • Acri • Amantea • Belvedere Marittimo Bisignano • Castrovillari • Corigliano Scalo • Lattarico • Lauropoli

Luzzi • Mirto Crosia • Montalto Scalo • Paola • Rende • Rocca Imperiale Rose • Rossano • San Giovanni in Fiore • San Marco Scalo

Spezzano Albanese • Terranova da Sibari • Torano-Mongrassano Trebisacce • Villapiana Scalo

STUDI E RICERCHE SU DON CARLO DE CARDONA E IL MOVIMENTO CATTOLICO IN CALABRIA • UNIVERSITAS VIVARIENSIS

Centro studi calabrese Cattolici Socialità Politica (tel. 347 4829232)

euro 2.00 editoriale progetto 2000

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