URBAN 145 #NOBULLI

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ANCHE SE HA IL MAXI POSTER IN OMAGGIO NON È CIOÈ

#NOBULLI

STARRING M¥SS KETA + TEA FALCO




E R P M E S O N

7 I U Q O T STA SO

LE

EDITORIA

Sono a Urban da 4 anni: 2 di rigore assoluto (noioso) e 2 pazzi (a briglia sciolta). Così nel mio primo numero da direttore ho cercato di portare una cosa, oltre a mettere in cover dei personaggi, cosa che non succedeva da 4 anni: coerenza. Urban deve avere un messaggio, una storia da raccontare dedicata a chi lo conosce ma ancor di più a chi si trova a sfogliarlo per caso, trovandosi in un mondo nuovo, strano e sempre leggero, ma in grado di scatenare delle reazioni, positive o negative, perché anche questo è il potere di un freepress. Il tema di questo numero è #nobulli. Tutti siamo stati bulli o bullizzati o entrambe le cose, è inevitabile. Io stesso sono stato vittima di bullismo ma con gli anni il bullo lo sono diventato io, ma un bullo buono alla Robin Hood che toglie ai forti per dare ai deboli. Per questo ho scelto di mettere in cover M¥SS KETA, la rapper senza volto che sembra un super eroe paladino dei freak e Tea Falco (al suo fianco nel video di Botox), attrice che amo da quando l’ho vista comparire nello scantinato di Io e Te diretta da Bertolucci, avrei voluto anche io una sorella bella, colta di vita e fragile come il personaggio del film, che un po’ corrisponde a com’è nella realtà. Non voglio spoilerare quello che c’è dentro queste pagine, sfogliatele e siate curiosi, perché la mancanza di curiosità è la fine di tutto.

MARCO CRESCI

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ARTWORK

#NOBULLI

by LeSexEnRose.com

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ARTISTA

PELO E CONTROPELO LE CREATURE SELVAGGE DI ERIK SANDBERG

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INTERVISTA

PORTFOLIO

L’ISOLA SENZA BULLI Marta Giaccone ha scoperto Procida grazie ai suoi adolescenti e li ha ritratti guidata da Elsa Morante

LE RADICI SONORE DI UN ORSO CHIAMATO WRONGONYOU

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Francesco D’Antonio Il personal trainer che difende i deboli

INTERVISTA

MUSIC BULLIES

LIFESTYLE


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MODA + INTERVISTA

LE RAGAZZE BOTOX

TRA IDENTITÀ NASCOSTE E MASCHERE PIRANDELLIANE, DAL PRIMO INCONTRO ALLA VOGLIA DI LAVORARE INSIEME, DAL BULLISMO, FACENDO UN TUFFO NEL PASSATO, FINO AL SUCCESSO CHE LE HA TRAVOLTE: MYSS KETA E TEA FALCO INSIEME SONO UN FIUME IN PIENA DI PAROLE E DI ENERGIA LIQUIDA, PURA, E ASSOLUTAMENTE #FIGHECOMEILPANICO

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MODA

NO STRINGS ATTACHED

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S L L I S HAPPYYPPILL S I P L L HAAPPPPY ILL S S L P Y L I P PP AA HHH I Y L L S P S L L I P P S Y P L P A L A H I P S L L S I Y P H A L Y P P P L P I H P A P YYP HHAPPPPY S L L I P Y S L L I S HHAAPP Milano (e non solo), in pillole


PER

PHOTO SIMON


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ARTWORK


PE C ON L O TR

E

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O

P

O L E

ERIK SANDBERG


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ARTISTA

A CURA DI ALEX VACCANI


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11 ARTISTA

Le opere di Erik Sandberg ritraggono figure dalle sembianze umane camuffate e oscurate da un enorme manto di peli colorati, al pari dei vestiti e gli accessori che indossano, che sembrano urlare il bisogno di colore e grafismo. Pensare che sia la realtà, la fonte d’ispirazione di queste opere fa sorridere, perché tutto sembrano meno che personaggi reali, sono la rappresentazione delle dicotomie culturali: il consumismo, la celebrità idolatrata e il suo impossibile raggiungimento. Erik illustra nelle sue opere gli effetti psicologici e inquietanti che fenomeni come i social media e la celebrità istantanea hanno sugli esseri umani: “I peli sono la metafora degli effetti causati dalla cultura contemporanea, il culto dell’idolo, l’emulazione delle celebrity. Mi piace rappresentare la ragazza obesa che è simultaneamente vittima del marketing del fast food e della sessualità imposta dalla moda teen. È questo m’interessa mostrare in un quadro: le conseguenze psicologiche.” I soggetti grottescamente pelosi sono la manifestazione dell’innocenza corrotta e il pelo dell’assorbimento del consumismo e del ritorno allo stato naturale: “I peli sono il veicolo metaforico degli effetti che il consumismo culturale ha sul popolo”. Il talento di Erik è sapere sovvertire le nozioni convenzionali di bellezza e di rendere desiderabile e favoloso ciò che un tempo era sinonimo di “bestialità” che possa risiedere ancora in noi.


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15 PORTFOLIO

Marta Giaccone

L’ISOLA SENZA BULLI

MARTA GIACCONE HA SCOPERTO PROCIDA GRAZIE AI SUOI ADOLESCENTI E LI HA RITRATTI GUIDATA DA ELSA MORANTE

A CURA DI MARCO CRESCI


ESSERE ADOLESCENTI A PROCIDA PORTFOLIO

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18 PORTFOLIO


L’ISOLA DI ARTURO È UN ROMANZO DI ELSA MORANTE DEL 1957, VINCITORE DEL PREMIO STREGA. IL VIAGGIO DELLA GIOVANE FOTOGRAFA MILANESE MARTA GIACCONE PARTE DA QUI; SONO STATE LE SUE PAGINE A CONDURLA A PROCIDA ALLA SCOPERTA DEGLI ADOLESCENTI CHE VIVONO IN QUESTO MICROMONDO, RACCONTANDO IL PERIODO PIÙ DELICATO E TUMULTUOSO DELLA CRESCITA. MARTA SULL’ISOLA È ENTRATA IN SIMBIOSI CON I RAGAZZI PASSANDO DEL TEMPO CON LORO, VIVENDOLI COME AMICA, RIUSCENDO COSÌ A IMMORTALARLI IN SCATTI INTIMI E VERITIERI. Mi sono scontrato col tuo lavoro di recente tramite la serie Ritorno all’Isola di Arturo, catturato dal tuo sguardo confidenziale e intimo con questi ragazzi adolescenti che vivono una realtà tutta loro. Prima cosa hai fatto, raccontami chi sei: Sono una fotografa freelance di Milano di (quasi) 30 anni. Credo che specificare la mia età in questo contesto sia importante perché mi permette di instaurare rapporti confidenziali con ragazze e ragazzi adolescenti con relativa facilità. Mi ricordo l’adolescenza ma riesco a vederla con distacco e per questo i ragazzi di questa fascia d’età vedono in me una persona di cui fidarsi, con cui confrontarsi e confidarsi. Divento amica di tutti i giovani che fotografo; rimaniamo in contatto, ci scriviamo, mi mandano foto dell’isola quando sono lontana. Perché hai scelto di raccontare la vita degli adolescenti di Procida, cosa ti ha portato lì? Cosa ci vuoi raccontare con le tue foto? L’età dell’adolescenza mi affascina in generale. Sono arrivata a Procida nell’autunno del 2015, il giorno dopo aver finito di leggere il romanzo L’isola di Arturo di Elsa Morante (1957). Mi ha colpito molto come Arturo, il narratore 14-16enne, esterna il proprio rapporto di amore odio per l’isola natale. È tutto ciò che conosce e vorrebbe andarsene, ma allo stesso tempo ne è legato come da un incantesimo. Ho pensato come dev’essere strano nascere e vivere in un luogo così particolare, bellissimo, isolato, soprattutto in quegli anni quando, più che altro, si vuole rifuggire da tutto e tutti. No Bulli è il tema di questo numero di Urban, l’adolescenza è un periodo difficile e importante, credi che il bullismo sia una realtà anche in una piccola comunità come quella di Procida? Personalmente non mi è mai capitato di assistere a episodi di bullismo in tutti i miei (finora) sette soggiorni sull’isola. Ragazze e ragazzi di varie età si mischiano, più che nelle città secondo me. C’è più spirito di comunità.

Come ti sei rapportata con i ragazzi dell’Isola? Ti hanno accolta tra di loro facilmente o hai dovuto conquistare la loro fiducia per ritrarli in questo modo autentico? Qui bisogna fare una distinzione tra maschi e femmine. Seppur tutti inizialmente un po’ sorpresi e dubbiosi su chi fossi e cosa volessi, le ragazze si sono dimostrate immediatamente disponibili e, anzi, contente di essere fotografate. Ne ho conosciute poche all’inizio, e poi altre hanno chiesto di poter partecipare anche loro al progetto, è stato bellissimo per me che non aspettavo altro. Con i ragazzi invece è stato un po’ diverso: inizialmente, più piccoli, non opponevano resistenza, mentre ora, per alcuni, ci metto un po’ di più a convincerli. Credo sia naturale essere schivi, soprattutto verso le fotografie, a 16 anni. Io stessa non ho quasi nessuna mia foto tra i 13 e i 16 anni (purtroppo e per fortuna). Ormai tutti i membri di questo grandissimo gruppo di amici sono abituati a me, e ho conosciuto anche le famiglie. Secondo te quali sono i difetti e i pregi del crescere isolati dal resto del mondo? Crescere in un luogo piccolo e isolato significa, secondo me, vivere a pieno i propri luoghi. I bambini vanno in giro da soli sin da piccolissimi, scoprono ogni angolo dell’isola, tutti si conoscono, è un ambiente protetto (almeno nel caso di Procida) in cui i legami sono molto forti. L’unico aspetto negativo credo sia che, vivendo una vita vera di qualità e sentendosi protetti, forse non si percepisce il bisogno e la curiosità di cosa ci sia fuori. Questo ovviamente non vale per tutti ed è un discorso delicato. È anche vero che per tradizione gli uomini (e anche qualche donna) procidani, sono imbarcati su grandi navi e girano il mondo, però credo sia un modo di viaggiare molto particolare. Tu che adolescente sei stata? Una molto noiosa. Vivevo a Milano, non mi ribellavo, non facevo nulla di particolare, infatti non mi ricordo moltissimo di quegli anni. Forse è per questi motivi che spesso, per i miei lavori, scelgo temi inerenti agli adolescenti per esplorare adolescenze alternative alla mia (ad esempio dal 2014 ho un altro progetto in corso su madri giovanissime in Galles). Cosa c’è di Arturo in Marta e di Marta in Arturo? Condividiamo un rapporto ambiguo con il nostro luogo d’origine e una predilezione per la solitudine (anche se io sono un lupo solitario a tratti, lui sempre).

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21 INTERVISTA

LA RINASCITA

DI UN ORSO CHIAMATO

WRONGONYOU DI STEFANO NAPPA

Rebirth è tutto quello di cui hai bisogno per toccare la natura con il blues Lo scorso 9 marzo, Marco Zitelli, è letteralmente rinato col suo nuovo disco pubblicato per Carosello Records. Noi lo abbiamo incrociato prima della sua esibizione al Mi Ami Ora, cercando di capire cosa c’è dietro le 11 tracce di Rebirth. FINALMENTE È USCITO IL TUO NUOVO DISCO, QUANTO SEI CARICO? Parecchio! Non vedo l’ora di andare in tour. COM’È NATA L’IDEA DI CONTINUARE UN PERCORSO SONORO COMINCIATO CON IL TUO PRIMO ALBUM THE MOUNTAIN MAN, È ARRIVATO TUTTO IN MANIERA SPONTANEA? Ho mantenuto tutto lo stesso metodo di sempre: scrivere tutto di getto. Non sono una persona che riesce psicofisicamente a preparare un pezzo, quello che faccio è prendere la chitarra e buttare giù il testo, solo dopo lavoro su melodia e possibili arrangiamenti. È nato tutto in maniera molto spontanea, una parte del disco l’ho registrata in California con Michele Canova un anno fa, mentre l’altra parte con Flavio Zampa che è anche il mio batterista. IO LO SENTO MOLTO PIÙ POP RISPETTO AL PRECEDENTE, MI SBAGLIO? È ovvio che il sound all’interno delle tracce è influenzato dal tocco di Michele, infatti se confronti il disco di Tiziano Ferro che ha prodotto e il mio, i suoni son quelli, però il mio stile, il mio carattere sulle canzoni non è cambiato.

IN UN ANNO DI LAVORO, IMMAGINO LE NOTTI PASSATE IN BIANCO A SCRIVERE E UNO STRISCIONE D’ARRIVO SEMPRE PIÙ DISTANTE. COSA HAI PROVATO QUANDO FINALMENTE AVEVI CHIUSO TUTTO, DOPO MIXAGGIO E MASTERING? Parecchie notti… Io scrivo molte canzoni perché il mio primo pensiero è la paura di stancarmi subito. Il piano vincente è stato quello di non suonare mai i brani nuovi dal vivo, finché l’uscita del disco non fosse vicina. Ho fatto tutto il tour estivo senza un brano inedito. NEI TUOI PROGETTI C’È SEMPRE UNA SORTA DI VIAGGIO. CI SONO PAESAGGI, LUOGHI PRECISI, INSOMMA C’È TANTA NARRAZIONE VISIVA, QUESTO MODO DI SUONARE È PROPRIO LA TUA REALTÀ? Quello che cerco sempre di mantenere nella mia arte è la mia spontaneità, lascio a me stesso carta bianca. Non mi lascio mai influenzare da troppe cose, parlo della natura perché spesso e volentieri sono in mezzo a lei. PERCHÉ SEI CRESCIUTO TRA LA NATURA? Si alla fine non te l’ho detto: sono Mowgli! (ahaha) Ho sempre abitato ai Castelli Romani che è considerata la campagna romana. Non ci sono solo colline e grano, ci sono parecchi boschi e fin da piccolo andavo a funghi con papà, oppure gironzolavo. Anche oggi, ogni volta che stacco anziché andare al bar per una birra, vado a farmi una passeggiata al lago. QUINDI LA CALIFORNIA RISPETTO A NEW YORK… Molto meglio!


INTERVISTA

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23 Poi il simbolo dello stato è un orso, un grizzly! E SULLA COVER DEL DISCO C’è UN ORSO CHE TI ABBRACCIA... Se è per questo ne ho anche uno tatuato sull’avambraccio. MA PERCHÉ C’È QUESTA FIGURA NEL TUO PROGETTO? NEI BRANI NON APPARE DA NESSUNA PARTE… Non lo so in realtà. C’è un collegamento speciale da due anni a oggi. Per me è proprio un animale di riferimento. Non l’ho mai visto dal vivo e non voglio vederlo in gabbia, preferirei farmi sbranare nel suo habitat naturale che vederlo richiuso. Spero di vederlo prima o poi oppure me lo compro appena divento famosissimo. (ahah) QUINDI È UNA SORTA DI TUO ANIMALE GUIDA? Mi ci rispecchio proprio. È un animale molto meditativo, non è cacciatore, quello che mangia per la maggior parte sono bacche, radici o carcasse. È un po pigro come me inoltre è anche malinconico, non sta’ mai in branco ed è super protettivo con i suoi cari. TUTTO MOLTO BELLO E GIUSTISSIMO, MA COM’È ENTRATO NELLA TUA VITA? In California a Joshua Tree nel parco nazionale, dove ci sono alberi che sono un misto tra palme e cactus, ci sono delle riserve indiane storiche. Io ero a un mercatino a Palm Springs in mezzo al deserto dove, mentre guardavo tra le bancarelle sentivo un flauto che suonava una melodia bellissima. La eseguiva un indiano con i capelli bianchi e un accenno di treccia sotto al capello, con lui sono stato a parlare per un ora di fila perché ero troppo curioso. Era un indiano “fullblood Native” e mi parlava di Cristoforo Colombo con gli occhi lucidi perché per noi ha scoperto l’America ma per loro ha sterminato un popolo. Comunque mentre stavo andando via mi ha preso per la spalla dicendomi: non ti dimenticare che sei un orso. Mi sono venuti i brividi! Non l’ho più rivisto, ho provato pure a cercarlo su Facebook ma niente. SE NON SBAGLIO LORO MANGIANO ANCHE LA CARNE DELL’ORSO… Si, hanno tutto un rituale preciso, però lo cacciano prima a mani nude infatti ogni volta muore qualcuno. Lo cucinano sotto terra tipo per tre giorni, fanno una buca con i carboni ardenti, chiudono l’orso dentro delle foglie particolari e lo coprono con un sacco di juta. È un rito funebre per ringraziare l’animale e per raccogliere l’energia della terra che racchiude la forza dell’orso. E TU HAI QUALCHE RITUALE PRIMA DI SALIRE SUL PALCO? Sostanzialmente mi piace stare in silenzio davanti a una candela accesa. Pre-concerto invece faccio degli esercizi vocali come riscaldamento che per me sono diventati un mantra. QUAND’È CAMBIATO TUTTO PER TE? QUAND’È SCATTATO QUEL QUALCOSA CHE TI HA CONVINTO A CANTARE E A SUONARE? Ummm… dopo il liceo mi sono iscritto a storia dell’arte e avevo la media del 28 seguendo soltanto, senza mai comprare un libro. Dopo il primo anno mi sono detto: ma lo sto facendo per me o per mia madre?. Così da un giorno all’altro ho chiuso con l’università e sono andato in tour negli States con un gruppo che faceva funky, gli Space Bugs. Quando sono tornato in Italia mi sono dedicato solo alla mia musica. I TUOI COME HANNO REAGITO? Conta che gli ho detto che ero anche vegano nello stesso periodo quindi… ahaha! Li ho massacrati! Pure nonna si era presa male, poi quando gli ho detto che stavo facendo un film diretto da Alessandro Gassman, Rocco Papaleo e Gigi Proietti è impazzita! (Il Premio, 2017 ndg)

QUAL È IL PEZZO DI QUESTO DISCO CHE TI HA CREATO PIÙ PROBLEMI NELLO SCRIVERE E QUAL È QUELLO A CUI SEI PIÙ LEGATO? Rebirth è quello a cui sono più legato, dentro c’è una differenza di voce, perché prima di registrarlo sono migliorato tantissimo nell’arco di pochi mesi. Venivo da studi con una cantante lirica, quel momento per me è stato come riscoprire di nuovo la mia voce. Cantare questo pezzo è stato come cantare senza doppi fini, solo e soltanto per me. QUALI SONO STATE LE INFLUENZE MUSICALI CHE TI HANNO PORTATO A ESSERE L’ARTISTA CHE SEI OGGI? Quando ero piccolo ho comprato una cassettina dei Backstreet Boys e c’ero andato in fissa, ero super fan anche delle Spice Girls. Poi mi feci regalare dalla Befana nel 2003 il best of dei Red Hot Chilly Peppers. SO CHE SEI APPASSIONATO DI MMA, PERCHÉ? A me vedere le persone che si menano mi han sempre fatto una certa impressione. Ho degli amici che ogni tanto si radunano di notte per vedere gli incontri in diretta e una volta li ho raggiunti per vedere un match di Marvin Vettori. Al primo round ero tipo: madò che dolore, NO! Non posso guardare… al secondo ero un po’ sereno mentre al terzo ero tipo: AO! ROMPIGLI IL CULO! VAIII!Aahaha! E QUINDI IN UN INCONTRO DI MMA TRA ARTISTI CHI AFFRONTERESTI? Va be’, uno piccoletto! Farei a botte con… Dente. Non la scrivere questa che lo conosco e lo stimo, dai no. Ahaha! AFFRONTANE UNO STRANIERO CHE NON CONOSCI ALLORA… Affronto tutti fisicamente, forse Bon Iver mi batte perché è più alto di me. Ma io sono contro la violenza! NEMMENO AI VIDEOGIOCHI? CHI SCEGLIERESTE NEL TUO TEAM? Ma mi romperebbero tutti il culo, io non gioco mai alla Play Station. Però sceglierei come compagno sicuramente Post Malone! Che passa intere giornate all’Xbox o alla Play. Poi Justin Bieber e Matteo dei The Pills. Sfiderei Kanye West e Ninja il tipo dei Die Antwoord, poi non so fai tu! HO NOTATO CHE MOLTE RAGAZZE SOTTO AL PALCO IMPAZZISCONO PER TE COME SE TU FACESSI TRAP! QUAL È L’ANEDDOTO PIÙ IMBARAZZANTE CHE TI È CAPITATO? Fino a dove posso spingermi? DOVE VUOI, NESSUN PARENTAL CONTROL Alle 3 di mattina sento la suoneria di Instagram a ripetizione quasi in loop da un minuto! Guarda: MA SARANNO MINIMO 20 FOTO OSÉ... Aspetta… leggi: “tra poco mi mangio pure te!” MA CHI È ...E PERCHÈ? Aspetta leggi:“Sei anche tanto alto, quindi avoja a mangiare, ciao, Wrongonyou! Andiamo a cena insieme? Who’s wrong? Se andiamo a cena con 20 euro te la cavi. Sushi? Dai il pesce piace a tutti, è afrodisiaco. Vuoi un video di me?” Ovviamente non ho mai risposto a un messaggio. Una stalker imbarazzante! Comunque è divertente questo successo con le donne perché io alle elementari, medie, superiori ero sempre quello sfigato che non rimorchiava mai e non batteva chiodo. Ho solo avuto una storia lunga che è durata otto anni. Fa ridere questa cosa che basta che sali su di un palco e ti chiedono la foto e altro. HAI MAI VISTO DELIRIOUS CON EDDIE MURPHY? (haha) Madonna che bomba! Lo adoro! Bisogna guardarlo almeno una volta nella vita. UNA SERATA DA SBALLO CON TE COSA PREVEDE? Seratona alla DPG? Non c’ho tutti quei soldi da spendere. No va be’, basta un concerto, un dj set, sigaretta e una barzelletta con bevuta… si sta bene così, non sono il tipo da bamba o altre cose.


come sopravvivere al liceo francesco d’antonio È un personal trainer che vive all’ultimo piano di un palazzo in pt.venezia a milano, con due gatte e un cane. e insegna agli adolescenti a difendersi dai bulli

Dove hai imparato ciò che insegni? Sono stato due volte in Israele, ho incontrato il maestro che ha inventato questa disciplina, lì ho avuto modo di fare dei corsi di perfezionamento. Così ho cominciato a fare l’istruttore. Perché hai deciso di cominciare ad allenare ragazzi bullizzati? Per caso, il figlio di un mio amico è stato vittima di un fenomeno di un’aggressione, che per fortuna non ha avuto gravi conseguenze fisiche, però l’aspetto psicologico ne ha risentito. Poi suo padre mi ha raccontato di altri ragazzi, che avevano subito fenomeni anche più gravi: aggressioni per strada, cominciando così ad allenare un gruppo di ragazzi che vanno dai 13 anni fino ai 17, adolescenti vittime di bullismo. Sono molto contento di fare lezione a loro, perché è un gruppo in più rispetto a alle lezioni normali che solitamente faccio, cioè lezioni di difesa personale alle donne fondamentalmente, o alle persone che sono o si sentono più a rischio. Cosa pensi della violenza? Secondo te come andrebbe combattuta? La violenza è una componente, purtroppo, della specie umana. Penso che l’uomo sia l’animale mammifero peggiore perché è in grado far del male anche non avendo un istinto di sopravvivenza. Ogni fenomeno di aggressione lo trovo inconcepibile, diversa è la difesa. Spesso si è costretti a difendersi o a difendere qualcun altro, in questo caso la trovo più giustificata anche se non è bello rispondere alla violenza con altra violenza. Penso che la violenza vada combattuta con la cultura, con l’abbattimento delle differenze fra classi sociali, e con una maggior mobilità sociale.

INTERVISTA

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Per combattere la violenza abbiamo bisogno di un sistema economico più equo, con una giustizia che funzioni, con la cultura. Anche la difesa personale è importante, perché quando l’aggressore capisce chi ha difronte tende a indietreggiare. Parlaci dei ragazzi che alleni, quali sono le loro storie? Cosa ti trasmettono? Sono adolescenti che scoprono il mondo degli adulti che purtroppo è fatto anche di violenza, di prevaricazione, di prepotenza. Questi episodi sfociano in piccoli furti: il cappello, il cellulare, lo zainetto, ma a risentirne molto è l’aspetto psicologico di questi ragazzi. Loro hanno bisogno di conforto e di sicurezza, imparando a controllare la propria paura e la propria aggressività, difendendosi con determinazione, acquisendo anche un controllo delle loro forze. Questo cerco di farlo attraverso un allenamento divertente ma anche faticoso, molto pratico, con situazioni reali. Spesso simuliamo situazioni che sono già capitate a loro stessi o addirittura l’escalation dell’aggressione che hanno subito. Mi trasmettono grande umanità, siamo un gruppo unito, ci divertiamo, anche se questa disciplina necessita di concentrazione e serietà. Lo sport aiuta molto ad avere una maggiore fiducia in se stessi ma purtroppo viene poco praticato nelle scuole. Hai mai utilizzato le tue capacità sportive per difenderti? Sì, ho fatto anche il buttafuori in varie discoteche e mi è capitato di dover sedare una rissa e portare fuori i litiganti. Mi è capitato un paio di volte di essere aggredito, perché volevano da me dei soldi, e questi tipi cominciarono a spintonarmi, ma capita spesso che l’aggressore quando si accorge che chi ha difronte non ha paura e sa difendersi, desiste e scappa, così è successo a me in quell’occasione. Un’altra volta, avevo 14 anni, a quel tempo non avevo studiato difesa personale ma comunque facevo arti marziali, fui aggredito da quattro ragazzi, ovviamente loro ebbero la meglio però riuscì a difendermi bene soprattutto da due di loro, ma scappai sanguinante e col naso rotto. Questa disciplina su cosa si basa e perché aiuta le persone ad essere più sicure? Il Krav Maga è nato in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale ed è un po’ la sintesi di diverse discipline di arti marziali ed è studiato perché chiunque lo possa apprendere con facilità, anche avendo una scarsa preparazione fisica, proprio per superare il divario fra aggressore e

PHOTO SIMON

Sono stata sempre restia agli allenamenti, alla palestra e all’esaltazione della potenza muscolare, prediligendo discipline più artistiche e intellettuali, fino a quando non ho cominciato ad allenarmi. Io l’ho conosciuto tramite un’amica convincendomi del fatto che i suoi allenamenti, non fossero banali e basati solo su una questione muscolare. Lui ha praticato sin da bambino arti marziali come Judo e Karate, passando poi agli sport di combattimento verso i 16 – 17 anni come: full contact, kick boxing, e quello che poi è diventato l’MMA. Si è avvicinato alla difesa personale un po’ per sport e per le arti marziali ma sopratutto per passione. Durante i nostri allenamenti mi ha raccontato dei ragazzi e del Krav Maga. Avvicinandomi alla materia ho capito che, proprio come in tutte le discipline, prima dei muscoli, della potenza, prima del corpo perfetto, delle proteine e delle calorie esistono delle persone, non solo fatte di muscoli ma di cuore, energia e passione.

aggredito, visto che spesso il primo può essere grande e grosso. Le tecniche sono molto semplici, immediate e funzionanti. Quasi tutte le tecniche, in questa disciplina si basano sull’azione di difesa e attacco. È un sistema di difesa utilizzato dagli israeliani, fino al ‘74 è stato segreto di Stato e ancora oggi è utilizzato dalle forza speciali. Verso gli anni ‘80 ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti e oggi è una disciplina di difesa personale (da qualsiasi situazione anche a mano armata) e non di attacco. È una disciplina che ti addestra e ti allena tramite alcune tecniche particolari che ti consentono di accrescere la tua sicurezza personale, migliorando anche la tua prestazione fisica, proprio come qualsiasi sport da combattimento. Ma la tua giornata? Come vive uno che fa questo mestiere? La mia giornata inizia molto presto la mattina, con una buona colazione e una passeggiata con il mio cane molto anziano, poi comincio ad allenare altre persone, ma cerco sempre di ritagliarmi un po’ di tempo per studiare delle cose nuove. Mangio molto bene e ho uno stile di vita sano anche se una birra a fine giornata me la concedo sempre, prima di addormentarmi leggo un bel libro.

DI FRANCESCA PETRONI


MUSIC BULLIES SOLO SE SEI INDIE O TRAP

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SONO DUE I GENERI CHE STANNO DOMINANDO LE VENDITE ITALIANA, ENTRAMBI FANNO FORZA SU INTERAZIONI E CLICK DEL WEB DI STEFANO NAPPA

Vi faccio una domanda: quello che ascoltate è musica o puro intrattenimento? Oggi forse è diventato tutto un po’ come andare al McDonald's, sappiamo che all’interno non ci sono prodotti di grande qualità ma ci piacciono e siamo attirati da questi con notevole frequenza. Un brano pubblicato se non è accompagnato da qualcosa di contorno non ci piace e tutto ciò che ci discosta dalla realtà che viviamo, attrae la nostra attenzione immediatamente. Pensate a Young Signorino con il suo pezzo Mmh ha ha ha, 10 anni fa’ non avrebbe mai avuto tutta l’attenzione che sta avendo. In più grazie ai social è “vittima” di insulti o interazioni pesanti grazie all’attitudine del “dissing”, dove i suoi colleghi in maniera pubblica si prendono gioco dei suoi modi di fare e soprattutto dei suoi brani. La sua lite attraverso le instagram stories con Gemitaiz ha aumentato ancora di più l’attenzione verso il suo personaggio. Quindi per certi versi questa sorta di bullismo ha alimentato ancora di più il suo successo e la maggior parte delle persone ha condiviso il video solo per prenderlo in giro più che per la sua musica. Qualcuno dice che Young Signorino sia solo un incidente stradale e quando ce ne capita davanti uno, dobbiamo assolutamente guardarlo nonostante sia qualcosa di raccapricciante. Ho letto di uno psicologo che spiegava quest’attrazione verso gli incidenti come un’esperienza forte e quindi il fermarsi a guardare, ci da quel brivido extra senza correre rischi reali. Più siamo a contatto con quella cosa più ci piacerà. Un pò come il mastodontico seguito che ha la Dark Polo Gang, dove diciamo… di ”musica” con la M maiuscola ce n’é poca, ma la curiosità su quello che fanno ogni giorno è tantissima. Pensate che prima di un disco ufficiale hanno pubblicato più o meno 16 singoli/video in 3 anni e il loro seguito è arrivato alle stelle molto prima di un disco vero grazie ai social.

Quindi cos’è la musica oggi? A volte mi sembra un semplice status su Facebook atto per strappare una reazione agli utenti o "big likes" e mi chiedo che c***o sta accadendo in Italia?? Sopratutto con la pericolosità dei click e gli artisti che fanno stage diving rovinandosi il trucco. L’Indie Rock è morto ed il Rap/Hip-Hop pure, quindi oggi ci resta un indie pop scrauso, che ti rimane perennemente in testa come i versi della trap e la voce corretta dai programmi digitali. Anche il pubblico di queste due correnti sono molto simili: ci sono i fan permalosi e gli alternativi dell’indie, mentre la trap ha i mega followers e i puristi del rap/

hip-hop che l’ascoltano di nascosto e scelgono il meno peggio tra i nuovi artisti. I vari concerti per il primo maggio sono stati l’esempio lampante di ciò che stiamo vivendo in Italia. I due palchi sia di Roma che di Taranto erano pieni di artisti racchiusi in questo insieme di tendenze sonore. Non serve molto a capire un linguaggio semplice, infatti, entrambi i generi lo hanno di base, dai testi alle armonie, dai suoni elettronici ai vuoti di parole. Persino la trap che per quanto a volte sia cupa e ripetitiva con lo stesso suono di rullante è più che comprensibile a un pubblico pop, rispetto a quello che fa’ il rap/hip-hop. Alla fine la trap non è nient'altro che un connubio tra EDM (elettronic dance music) e Hip-Hop tralasciando il fatto che questo tipo di suono negli Stati Uniti regna da secoli nel South. L'indie invece ha stravolto il mercato italiano partendo in silenzio dal web grazie alla 42 Records e Bomba Dischi, due delle etichette che più hanno influito sull’ascesa del genere. Le origini del fenomeno risalgono ai Baustelle e agli Offlaga nei primi anni 2000, poi l'esordio de I Cani e Lo Stato Sociale ha sconvolto tutto per poi esordire in serie A con Calcutta, Cosmo e gli altri. La trap invece ha avuto un processo molto simile, anch’essa partita dal web ha però creato una nuova onda grazie all'abisso mediatico in cui era finito l'Hip-Hop dopo la partenza verso nuovi generi di Neffa, Articolo31 e la separazione dei Sottotono. Sfera Ebbasta, la Dark Polo Gang insieme a Ghali, Tedua, Charlie Charles, Izi, Rkomi hanno riportato un genere black, seppur lontano dalle radici e dalle tematiche storiche dell'Hip-Hop, nelle classifiche italiane ancor prima di firmare un contratto. Questa nuova generazione lo definisce Hip-Hop moderno e i numeri che fanno gli artisti sono il doppio di quelli dell'indie music. Ma la domanda fondamentale del momento è: dov'è posizionato l'artista LIBERATO in questi due contesti? Lui è un'eccezione pazzesca frutto del web, perché in teoria il suo suono è trap ma ha melodie e riferimenti nelle parole totalmente indie. La comunicazione oggi giorno nella musica è tutto, il suo anonimato in stile popstar e tutto il fervore creatogli attorno, hanno messo insieme un record che nessuno dei due generi aveva mai messo a segno. La morale della favola è: non fidatevi delle certificazioni FIMI, ormai il conteggio non è basato su quanto realmente venda l’artista o piaccia, ma sui click delle piattaforme, per cui se voi cliccaste per curiosità un tot di volte su di un brano, l’ascolto è classificato come “vendita” anche se voi non spendereste un € per quell'artista. La musica è soggettiva e deve arrivare prima nel petto senza esser giudicata. È vera qualsiasi sfumatura di suono abbia, amate la musica per questo non per le tendenze, per ciò che vi piace davvero. Basterebbe solo giudicarla meno e ascoltarla di più, tenendo la bocca chiusa e togliendo le mani dalla tastiera.


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TEA trench WEILI ZHENG MÂ¥SS KETA vestito e mascherina ROSAMOSARIO cintura YEZAEL calze WOLFORD collana BERNARD DELETTREZ occhiali SUPER BY RETROSUPERFUTURE


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LE RAGAZZE BOTOX PHOTO Simon STYLING Elisa Anastasino + Valeria J. Marchetti MAKE UP Chiara Corsaletti @MKS Milano HAIR Ana Rodriguez using Revlon @Greenapple NAILS Bahama Mama Milano CONTRIBUTORS Diletta Rossi + Francesca Bandi


ARIO

S SAMO O R a n ri asche m e y WEAR d E o Y b E Y T BO EDD op FR S FEAT. RO t I K I K ANNA hiali MARIO a i c c i l pel S occ D C G e scarp

MODA

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ARTWORK BY ERIK SANDBERG


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M¥SS KETA intervista TEA FALCO TEA FALCO intervista M¥SS KETA

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Tra identità nascoste e maschere pirandelliane, dal primo incontro alla voglia di lavorare insieme, dal bullismo, facendo un tuffo nel passato, fino al successo che le ha travolte: M¥SS KETA e Tea Falco insieme sono un fiume in piena di parole e di energia liquida, pura, e assolutamente #fighecomeilpanico. A CURA DI MARCO CRESCI Quando le ho viste insieme la prima volta nel video di BOTOX ho subito pensato fosse un incontro magico, uno scontro tra due outsider che rispettivamente nella musica e nel cinema si sono sempre fregate del giudizio altrui combattendo per la propria identità. M¥SS KETA nella musica con il suo primo

album UNA VITA IN CAPSLOCK, che arriva su cd dopo numerose web-hit e Tea Falco attrice diretta dai grandi del cinema italiano, protagonista insieme a M¥SS (come la chiama lei) nel video di BOTOX e ora musicista con un suo progetto personale che debutterà con un progetto musicale personale in uscita a

CENSORED

settembre mentre il 16 giugno in anteprima verrà presentato al Biografilm il documentario “Ceci n’est pas un cannolo” di cui è regista e che andrà in onda in prima visione assoluta venerdi 29 giugno su Sky arte HD. Due donne che contano, scomode, estroverse, dirette e necessarie per dare uno

scossone all'Italia che dorme. Due super eroine che stanno dalla parte dei buoni e che i cattivi se li mangiano in un boccone. Le abbiamo lasciate chiacchierare in libertà su whatsapp e qui vi riportiamo l'intervista, o meglio la chiacchierata così com'é, senza filtri. Vera come loro.


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THE END

INTERVISTA

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PHOTO & SET DESIGN Domenico Petralia @ARCMGMNT (UK) ART DIRECTOR & STYLIST Joanna Gyamera

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MODELS Gabrielle Di Pierro @Elite Milano + Aneta Manka @Monster mgmt GROOMING Laura Rinaldi @MH Artist STYLIST ASSISTANT Irene Zucchiatti PH ASSISTANTS Fabio Massari + Giorgios Ioannidis PRODUCTION Passepartout4u s.r.l.

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HAPPY PILLS Guida a Millano (e non solo) in pillole, perchè tutti ne abbiamo bisogno

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S L L I S P HAPPYY ILL P P I S L L HAAPPPPY ILL S S L P Y L I H P A P P A HH PY ILLS S L L I P P S Y P L P A L A H I P S L L S I Y P H A L Y P P P L P I H P A P Y HHAPPPPY S L Y L I P Y S S L L I P L P A P S A H H L HAPP PI S L Y L I P Y P P P A HAPPP ILLS P A Y P S I L L H L I P L Y S P P A H


#NIGHTPILLS

NIGHT / A CURA DI STEFANO NAPPA E ROBERTA BETTANIN

LE PILLOLE MUSICALI DA PRENDERE GIORNO DOPO GIORNO PER SOPRAVVIVERE ALL’ESTATE. C’È SEMPRE UN FESTIVAL PER OGNI GUSTO 23 ELECTRONIC

BARBECUE

30 ASTRO

FESTIVAL

15-17 ALBORI

FESTIVAL

29/6 - 1/7 TERRAFORMA

4-8 BALAFON

SOUND

10-21 FLOWER

SZIGET

8-14 FESTIVAL

TODAYS

FESTIVAL

24-26 FESTIVAL

18-22 WOODOO

30/8 HOME - 2/9 FESTIVAL

FEST

25-29 ORTIGIA

#NIGHTPILLS


ELECTRONIC BARBECUE w/ BOSCONI RECORDS Ristoro San Cristoforo - Italia 23 giugno

TERRAFORMA Villa Arconati, Bollate - Italia 29 giugno - 1 luglio

La grigliata è la protagonista delle giornate estive, è allegria da mordere, da condividere e per stare insieme. Cosa di meglio di una grigliata accompagnata da musica elettronica? Dove trovarla, è semplice: il Ristoro San Cristoforo, da sempre circolo dei canottieri sui Navigli e ristorante, da tre anni a questa parte lascia spazio anche alla musica: grazie alla crew di Luca Doobie & friends, ogni altro sabato si trasforma in un electronic barbecue offrendo cibo e musica di qualità: in questo sabato ad accompagnare costine e salsicce ci sarà la fiorentina Bosconi Records, una delle migliori label italiane, dalla sempre altissima qualità delle release e rappresentata da Fabio Della Torre, metà dei Minimono e il deus ex machina dietro all’idea e allo sviluppo di Bosconi. Realtà ormai consolidata e aperta alle sperimentazioni, affonda le sue solide radici nella house e nella techno, Bosconi ha iniziato la carriera come piattaforma indipendente e di sperimentazione che oggi arriva ad abbracciare tutto il mondo della musica dance anche e soprattutto grazie alle successive emanazioni nelle sub-label dai nomi evocativi di Bosconi Extra Virgin e Bosconi Squirts. Se non la conoscete ancora, questa è la occasione giusta per assaporarne un pezzo.

Terraforma riparte dalla convinzione che nuove dimensioni possano essere create e che natura e musica possano favorire il processo teorico di terraformazione, contribuendo alla nascita di nuovi ecosistemi, atmosfere, vite sostenibili. Ad accompagnare in questo personale viaggio nell’ignoto tra ricerca e utopia, Terraforma chiama uno dei massimi esploratori della vita al di fuori del nostro pianeta, attraverso i suoni: Jeff Mills. Insieme a lui, immerso nell’immaginario scifi, c’è anche Lanark Artefax, artista elettronico di Glasgow che prende il suo nome d’arte dai racconti distopici dello scrittore Alasdaie Gray. Ma il suono più puro arriva dal cofondatore della leggendaria raster-noton Olaf Bender aka Byetone. Puntuali come a ogni edizione del festival, tornano con le loro vibrazioni profonde, imprevedibili e libere Paquita Gordon e Rabih Beaini, quest’ultimo in apertura della giornata di domenica con il “gravoso” compito di risvegliare nel giusto mood gli animi della notte. Tanti altri i nomi in cartellone che si alterneranno in una tre giorni di elettronica “intelligente” tra la rigogliosa natura del parco della villa e le strutture ecocompatibili di un festival dal sapore nordico per il benessere di mente e corpo.

ASTRO FESTIVAL Circolo Magnolia, Milano - Italia 30 giugno

BALATON SOUND Lago Balaton - Ungheria 4 - 8 luglio

DNA concerti in collaborazione con Dude club si sono messi in testa di ripopolare il cielo sopra il magnolia di astri brillanti. C’era, l’anno scorso già la stella di Jon Hopkins a splendere, e ora sono arrivate altre stelle a fargli compagnia: rigorosamente live ci saranno i patron di Innervisions Âme, l’inglese George FitzGerald fresco di release del nuovo album All That Must Be per la label Domino, l’appassionante Ross From Friends con il suo live House Lo-Fi (ma non diteglielo o si incazza) e Gigi Masin, veneziano alla ribalta nella scena dal 1986 con il suo Wind e uno dei membri del trio Gaussian Curve, con Jonny Nash e Young Marco. Classe pura, geometrie aeree e traiettorie senza gravità, si passa dall’ambient alla house, alla techno e a una creatività che hanno dell’ultraterreno. A scatenare la vertigine finale, poi, il dj set del punk della techno, il mito tedesco Boys Noize, che accompagnerà fino alle prime luci dell’alba. Un festival che dura una sola notte, ma vale un intero fine settimana grazie alla qualità e la varietà della musica proposta. Allora tutti al Magnolia col naso all’insù a guardare le stelle… sperando che non cadano.

Se amate la musica e vorreste anticiparvi una mini vacanza allora il Balaton Sound, il più grande beach festival d’europa, fa’ al caso vostro. Dal 4 all’ 8 luglio a Zàmardi, in Ungheria, sulle rive del lago Balaton si esibirà da Rita Ora a Yxng Bane, da Big Sean a David Guetta. L’artista però che più dovrebbe attirare la vostra attenzione è GoldLink che da poco ha vinto il grammy con il suo singolo “Crew” e ovviamente ha ricevuto anche il primo platino. Ad Eric Prydz e Cristoph invece sono affidati i battiti cardiaci degli appassionati e non solo di elettronica. Il primo citato è in giro con il suo nuovo show fatto di ologrammi. Poi ci saranno anche Martin Garrix, Ty Dolla Sign, il duo The Chainsmokers e Dj Snake. Qualora non foste ancora convinti per acquistare un ticket pass allora lasciatevi svelare anche il nuovo progetto di Craig David intitolato TS5. Il nome viene dall’appartamento di Craig dove il cantante britannico si esibirà come Dj, Mc e cantante con un mix evergreen di brani personali e le migliori tracce house dell’anno come se fosse una mega festa privata per le masse.

#NIGHTPILLS

NIGHT / A CURA DI STEFANO NAPPA E ROBERTA BETTANIN

#NIGHTPILLS


#NIGHTPILLS FLOWER FESTIVAL Parco della Certosa Di Cologno (TO) - Italia 10-21 luglio

ORTIGIA SOUND SYSTEM Isola di Ortigia, Siracusa - Italia 25-29 luglio

Flower Festival, giunto alla IV edizione, si tiene a in quello che fu il Cortile della Lavanderia del Manicomio di Collegno, e si pone come continuazione della tradizione dei grandi spettacoli di teatro e musica cha a partire dal momento dell’abbattimento delle mura manicomiali fino ai primi duemila, hanno contribuito al rinnovamento di questi luoghi antichi e meravigliosi. Organizzato e promosso dall’associazione culturale Hiroshima Mon Amour, dopo le prime tre edizioni si è affermato come uno dei festival più importanti a livello nazionale, e rinnova quest’anno la sua posizione grazie alla presenza di nomi tra i più importanti del panorama contemporaneo nazionale: Noyz Narcos, Motta, Fabri Fibra, Coez, Sfera Ebbasta e Gemitaiz, tra gli altri, sono i nomi in cartellone. A completare la già vasta offerta, lunedì 4 giugno la cantautrice statunitense Cat Power ritorna dal vivo, a distanza di sei anni dall’ultimo album in studio, per l’unica data italiana in solo, per l’anteprima del Festival. Un festival completo, con una particolare attenzione alle nuove tendenze, in un ambiente sospeso nel tempo tra archeologia industriale e nuovi design.

Siete mai stati sull’Isola di Ortigia? Tocca andarci almeno una volta nella vita per quanto è bella, infatti, i suoi incantevoli scenari sono Patrimonio Unesco. Il festival che ogni anno ospita diventa sempre più interessante ed internazionale. La qualità sonora invece è un grandino sopra gli altri festival perché alcuni di questi artisti presenti nella line up sono talenti unici e rari come Kamaal Williams un maestro negli arrangiamenti sopratutto dopo essersi separato da Yussef. Poi c’è James Holden con i The Animal Spirits, il matematico che s’innamorò dei synth sui ritmi tribali nord africani, ci sono anche gli Hot Chip che per un soffio non si aggiudicarono il Mercury Prize. Omar Souleyman, Young Marco, Call Super, Bad Gyal ed Erlend Øye sono alcuni degli artisti che completano il quadro di uno tra i festival più affascinanti d’Italia.

CLUBBING / A CURA DI STEFANO NAPPA E ROBERTA BETTANIN

WOODOO FESTIVAL Cassano Magnago (VA) - Italia 18 - 22 Luglio

Il festival organizzato dall’Associazione Culturale Le Officine in collaborazione con il Circolone di Legnano arriva alla sua quinta edizione e saranno altre tanti i giorni di musica e di relax Cassano Magnago nel Varesetto. La line Up è forse quella più interessante del mese perché ci sono una gran parte degli artisti più indipendenti della scena musicale italiana. Ad esempio la spensieratezza di Frah Quintale è seguita in modo perfetto dalla maturità artistica di Ghemon e la sua band. C’è Cosmo con il suo opposto Nitro e Galeffi con i Viito per uccidere l’industria del porno facendo l’amore con la musica. Quelli da non perdere per nessuna ragione al mondo sono i Coma_cose ed il duo Frenetik & Orang3. I primi sono il duo più in voga del secolo e gli altri due produttori invece sono il segreto più nascosto della penisola. Per ballare e scatenarvi sotto cassa perdendo il lume della ragione vi basta aspettare M¥SS KETA con Populous e poi gli Yombe. Attenzione ai Belize e a Capibara con i loro nuovi progetti pronti per esser pubblicati. Ad accompagnare tutti questi artisti ci sarà anche la rassega culinaria Food Street Parade e una sala giochi gratuita. Avete bisogno di saper altro per andare? SZIGET FESTIVAL Budapest - Ungheria 8 - 14 agosto

Avete le ferie ad agosto e non volete restare in Italia? Be’, che problema c’è, basta arrivare nella capitale dell’Ungheria soprannominata: la perla del Danubio. A Budapest il festival si tiene proprio su di una isoletta all’interno del fiume, la Hajógyári Island. La sua 26ª edizione e forse quella dove ci si aspetta ancora più persone rispetto alle più di 500.000 anime arrivate lo scorso anno sotto i suoi 35 diversi palchi. Quest’anno oltre agli Arctic Monleys, Kenrick Lamar, Dua Lipa, The Kooks, Gorillaz, Cigarettes After Sex, Chet Faker e Liam Gallagher ci saranno anche Bonobo, Flux Pavilion, Yellow Claw,Oscar And The Wolf, Rhye Michael Calfan e What So Not; Poi: Kygo, Shawn Mendes, MØ, Milky Chance, Nick Murphy fka Chet Faker, Don Diablo, Little Dragon, LA FEMME, Goo Goo Dolls, Yellow Days, My Baby, Damian Lazarus & The Ancient Moons, Motta, Dave Clarke. Apriamo una piccola parentesi nella line up ufficiale perché ci saranno anche artisti italiani che si esibiranno al Light Stage come Siberia, Gio Evan, Andead, Galeffi, Gomma,The Pier, Joan Thiele, L I M, España Circo Este e Giungla. Avviso ai naviganti: se ami la musica e vai allo Sziget nella tua vita… non ci sarà mai più un ferragosto così bello. TODAYS FESTIVAL Spazio 211 open air, Torino - Italia 24-26 agosto

Lo scorso anno ha registrano più di 30.000 presenze che hanno goduto di uno spettacolo ultraterreno a livello musicale. Quest’anno gli ospiti annunciati sono: The War on Drugs, King Gizzard and The Wizard Lizard, My Bloody Valentine, Editors e gli Echo & the Bunnymen. Per tre giorni Torino sarà la capitale della musica contemporanea. Due saranno i palchi principali, il primo è in mezzo al grande prato verde di sPAZIO211 e l’altro sarà all'interno della piazza semicoperta dell'ex Industria Nazionale Cavi Elettrici Torino INCET sorta alla fine del XIX secolo e abbandonata nel 1968. Ci sarà anche l’unico concerto italiano del duo londinese poliforme Mount Kimbie con il loro cocktail elettronico urbano di generi tra dubstep, new wave, kraut e postrock. Lena Willikens invece porterà l’atmosfera del festival nell’oscurità del boogie industriale trasformando la pista in un luogo alternativo ma allo stesso tempo pop. Non vi dimenticate i Mouse On Mars una delle band più importanti di tutti i tempi e sopratutto l’eccentrico e mago del wierd pop Ariel Pink.

#NIGHTPILLS

HOME FESTIVAL Treviso - Italia 30 agosto - 2 settembre

Con la premessa che niente è come l’Home Festival, vi possiamo dire che se arrivate a fine agosto dove non siete riusciti ad avere un minuto libero per andare ad un concerto estivo… allora Treviso è il posto che fa’ per voi. Tutti gli artisti che potevate vedere in giro per l’Italia durante questi mesi si esibiranno qui nel miglior festival d’Italia. Saranno ancora una volta più di 10 i palchi dove prenderanno vita le performance live di Alt-J, White Lies, The Wombats, Django Django, The Prodigy, Incubus, Prozac+, Floating Points, Nic Cester & The Milano Elettrica, George Fitzgerald, Canova, Coma Cose, Selton, Lemandorle, Bruno Belissimo, Vettori, Mellow Mood, Roni Size feat Dynamite MC, Ministri, Jack Jaselli, Paolo Baldini, Caparezza, Francesca Michielin, Motta, Mr. Rain, Maria Antonietta, Joan Thiele, Eugenio in Via Di Gioia, Carl Brave & Franco 126, Frah Quintale. Giusto per citarne alcuni perché la lista è lunga, se però volete un nome su tutti che potrebbe cambiare la vostra giornata pescando un “underdog” come dicono dall’altra parte dell’oceano allora restate sotto il palco dei Weird Bloom con il mondo di Luca Di Cataldo, sono passati anche dalle ultime due edizioni del leggendario festival SXSW. “Blisstonia”, pubblicato all'inizio del 2018, è un disco da portare con voi per tutta l’estate. Mi raccomando poi non dite che non ve l’avevamo detto.


#MUSICPILLS

CAROLA, LA DONNA DEI VINILI LE SUE DITA SONO LA PUNTINA DI UN GIRADISCHI CHE SFIORANO LA MUSICA IN OGNI MIX DI FREQUENZE

Quand’è stata la tua prima volta in studio di registrazione? Ho frequentato la SAE di Milano, una delle scuole di formazioni migliori a livello internazionale e a fine del percorso di studi sono entrata in un vero studio di registrazione da sola: è stato per me come se fosse la prima volta. Amo la vita da studio, ricordo perfettamente all’inizio il panico che mi avvolgeva e l’emozione che saliva soprattutto quando ho cominciato a lavorare come fonico nei live. Pensa che una volta ho lavorato a un concerto e non ho aperto il microfono al cantante! Ma noooo! (ahaha) EH! Che poi è stato lo stesso errore che ho fatto nel test finale all’esame della SAE! Avevo fatto tutto in modo perfetto, ogni cosa era al suo posto tranne il volume del master, che era rimasto a zero. Dal vivo ci sono un sacco di componenti in più con cui ti devi interfacciare, però, il lavoro di un fonico dietro le quinte di un disco o di un progetto, è bellissimo. Un disco che suona male è un disco che non funziona, che non vende, quindi un mixaggio e un master nell’economia di un disco è importantissimo. Ma l’emozione poi con l’andare del tempo, diventa un punto di forza e cominci a padroneggiarla bene. Ecco succede così anche quando mi esibisco nei club o nei festival. La tua musica in tutto questo? Era già esplosa quando frequentavi la SAE? In questo periodo da fonico, avevo messo in standby tutti i miei progetti, non producevo molto! ma suonare, produrre musica, è sempre stato qualcosa che mi stimolava moltissimo. Ho cominciato in casa con il mio home studio in totale liberta, iniziando a dimenticare, per la musica che faccio, tutto quello che avevo un po’ imparato, le classiche regolette che aiutano a esprimere la dialettica di un suono. Come ricerchi un artista da poter scritturare nella tua etichetta? 10 anni fa’ era diverso no? Diverso non tanto, c’è solo una quantità strabordante di materiale da esaminare dove alla unga un po’ ti ci perdi. Prima dovevi cercare e poi ti arrivavano quelle 2-3 demo al mese da ascoltare, invece oggi ne ho 300. Io non ho delle regole di tempo o scadenze da rispettare, la mia è un’etichetta che ha quasi 11 anni. Quando sento qualcosa che mi piace poi ci credo subito, ho iniziato con un po’ di spocchia, ad esempio trovavo l’artista giovanissimo che faceva il salumiere e aveva iniziato a fare musica per passione, diciamo che non è andata benissimo e mi sono scontrata con varie scommesse finite male. Non cerco l’artista con un minimo di hype però, con tutte le difficoltà di produrre, dal vinile a un progetto sensato per me, diciamo che ora sono un po’ più attenta. Prima della musica chi era Carola Pisaturo? Io volevo fare la veterinaria! Ero molto legata alla natura e soprattutto agli animali prima di questo colpo di fulmine per la musica. Quand’è arrivato il colpo di fulmine? Vivevo a Napoli in un periodo molto prolifico per il mio genere musicale, mi sono innamorata di queste frequenze quando ho sentito Richie Hawtin dal vivo. Mi sentivo come Alice nel Paese delle Meraviglie e mi dicevo soltanto: io, voglio fare questo. Adesso, che di strada ne hai fatta come DJ , secondo te cosa non può mancare a chi si esibisce dietro una console durante live set? La sicurezza! Bisogna essere convinti di quello che si sta’ facendo;

per esempio, nel momento in cui subentra un errore, la sicurezza è fondamentale per non andare nel panico. Ti ho vista suonare allo stand di Pioneer DJ e coinvolgevi molto anche se non lasciavi mai i comandi della consolle, sorridevi, sentivi la musica dentro e guardandoti riuscivi a intrattenermi. Ti ringrazio! All’inizio quando ho cominciato, non c’era molto contorno scenografico: i video, le storie di IG e tutto il resto, e quando mi capitava di vedere qualche mia foto mi dicevo: ho la monofaccia! Apparivo, secondo me, tesa e mi sembrava di aver difficoltà a lasciarmi andare. Poi ho letto un’intervista di Ellen Allien che ha risolto il mio stesso problema guardando una persona del pubblico, prendendola di mira e concentrandosi solo su quella per tutto il live set. Adesso lo faccio anche io, ovviamente individuo una persona che mi sorrida, diciamo amica tra virgolette. Hai saputo di Avicii? Che ne pensi? Lo conoscevi di persona? Purtroppo non lo conoscevo di persona, ma penso fosse un grande artista. Il duro di questo lavoro è la pressione a qualsiasi livello che sia il suo o il mio. Qui sei sempre avanti a tutti, che tu abbia avuto un lutto, le mestruazioni, se sei malato e se ti gira il cazzo.

Poi con i social tutto è amplificato il doppio per un artista, no? Si, assolutamente aumenta tutto perché ognuno si prende la briga di scrivere e commentare quello che gli pare dalla propria cameretta e quindi è dura. Io mi sono salvata grazie all’esempio di persone come Dj Ralf. Bisogna mantenere un sano distacco, cosa che forse Avicii, non aveva e non ha avuto. Quando sei troppo dentro al frullatore hai: pressione, zero sonno, uscite da rispettare e responsabilità. Ho imparato a ritagliarmi degli spazi miei, ho una casa, ho una vita, ho quel qualcosa dove ci entro solo io e nessun’ altro. Tutto questo è il mio lavoro, la mia passione ma non la totalità della mia vita. Il primo disco di cui ti sei innamorata? Cavolo! Domandone! (la sua risata è contagiosa. ndr)

#MUSICPILLS

Il primo vinile, mi è stato regalato al compleanno dei 9 anni, era dei Duran Duran - “Notorious”. Andavo pazza per quel disco! Una caratteristica dei mie set è il fatto che molti brani che uso sono degli anni ‘90. Ci sono dei dischi che continuo tranquillamente a suonare e altri con la polvere sopra che scopro oggi e che non vedo poi l’ora di portarli live. Suonano benissimo, un tempo c’era un attenzione maggiore alla produzione in studio, infatti la qualità resta intatta. Quanto sono sporche le tue dita in senso di ricerca del vinile? Dall’altra parte dell’oceano le chiamano “dusty fingers”. Be’, pensa che io programmavo le mie vacanze esclusivamente per negozi di dischi. Oggi la ricerca è più comoda ma l’energia quando ti metti a cercare, quando le tue dita fanno andare avanti e dietro i dischi nei negozi o nei mercatini, si trasforma in una sensazione unica. Stare a casa e comprare mp3 è meno romantico però hai anche la figata che puoi accedere a un database infinito. Come ti vedi tra 5 anni? Mi vedo sempre immersa dove sono, nella natura con i mie cani, i gatti e sempre nella musica.

MUSICA / A CURA DI STEFANO NAPPA

CI SIAMO INTRUFOLATI AL MIR, MUSIC INSIDE RIMINI, LA FIERA DELLE TECNOLOGIE AUDIO, VIDEO, LUCI E NON SOLO PER POTER PARLARE CON CAROLA PISATURO OSPITE DI PIONEER DJ, IN QUESTA 3 GIORNI DI MUSICA. LA SUA PERFORMANCE FIN DALL’INIZIO, HA ATTIRATO ALLO STAND MOLTE PERSONE CURIOSE MA ANCHE I SUOI FAN, CHE HANNO POTUTO AMMIRARLA MENTRE MUOVEVA LE SUE MANI SULLA CONSOLLE, NOTANDO TUTTI I SEGRETI PER UN MIX PERFETTO.


#MOVIEPILLS

C I N E MA

CINEMA / A CURA DI LUCA FONTÓ

LA TERRA DELL’ABBASTANZA di Damiano & Fabio D’Innocenzo Sorrentino non me ne voglia, ma è proprio vero che il miglior cinema italiano racconta la periferia, e non il centro della città: a tre anni di distanza da “Non essere cattivo” (qualcuno in più se si considera il tempo del racconto), tornano sullo schermo due amici fraterni dei sobborghi di Roma, che questa volta si chiamano Mirko e Manolo. Frequentano le superiori, hanno un genitore a testa, Mirko ha anche una fidanzata e una sorella minore; un giorno, all’alba, dopo la sosta dai paninari, investono accidentalmente un uomo: scappano, vanno a confessarsi da un incredibile Max Tortora, faticano a dormire. Ancora non sanno che quell’uomo, investito e morto, è il pentito di un clan criminale in combutta con le altre bande della zona. Manolo allora si prende il merito del sinistro e, spinto dal padre più immaturo di lui, ottiene il lasciapassare per cominciare a vivere, e non più sopravvivere, nell’ottica per cui gli oggetti durano per sempre mentre gli omicidi, i furtarelli, le prostitute sono questione di un attimo. Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano dimostrano che pure certi giovani attori sono meglio di quelli navigati: così come i registi, i fratelli D’Innocenzo: pittori, poeti, fotografi, sceneggiatori ma innanzitutto abitanti di quei sobborghi e, forse, giunti a noi per raccontarli.

AL CINEMA DAL 7 GIUGNO

PITCH PERFECT 3 di Trish Sie Il motivo per cui questo film non si trova nel box qui sotto è lo stesso per il quale Michela Murgia trucidò il libroide di Fabio Volo di venerdì e non nel consueto giorno della stroncatura: non si spara, insomma, sulla Croce Rossa. Ma il terzo capitolo di un franchise nato assolutamente per caso pare scritto con altrettanta casualità: anzi, pare non scritto affatto, e semplicemente ricavato dalle regole di sceneggiatura dei blockbuster biennali. Delle undici ragazze protagoniste solo sei hanno diritto di parola: regola vuole che ci siano almeno tre relazioni sentimentali fiorenti e due genitori difficili. Ogni film dal latifondo artistico, poi, pretende due cattivi: uno professionale, l’altro sociale. A rischiare la pelle, però, deve essere il gruppo intero. Chi dirige sa benissimo di non fare Shakespeare, tant’è che infila un alveare in una teca e fa dire alla protagonista Anna Kendrick: pare una catastrofe annunciata. Controversa perfino la location: finiti i concorsi di canto acapella statunitensi, le Bellas proseguono l’esplorazione europea e vanno in Spagna – ma le scale inquadrate nel casinò portano visibilmente ai bagni degli studi Fox. Rebel Wilson parla di pizza e mandolino più confusa di noi, ma almeno salva la baracca. Adieu gruppo, il prossimo film sarà uno spin-off su di lei.

AL CINEMA DAL 14 GIUGNO

TUO, SIMON di Greg Berlanti

Ogni manuale di Cinema che si rispetti, quando arriva a parlare degli anni Ottanta, non può non segnalare un film di fine decade tanto sconosciuto quanto superbo: “Voci lontane… sempre presenti”. La poca fama di quella pellicola e di tutte le successive porta spesso il suo regista, Terence Davies, con anni di ritardo nelle nostre sale: succede anche con “A quiet passion”, ritratto di Emily Dickinson risalente addirittura al 2016. Prima di scrivere la sceneggiatura, Davies ha letto sei biografie dell’autrice statunitense e ha scelto di farla interpretare dalla Miranda Hobbes di “Sex and the city”. Mentre la serie newyorkese andava in onda, il regista racconta infatti che amava togliere il volume per guardare proprio le espressioni di Cynthia Nixon. Senza quasi un filo di musica alle spalle, lei interpreta la più grande verseggiatrice dell’Ottocento con letterale trasporto fisico, dall’età adulta fino alla morte per nefrite: quasi in totale clausura, senza mai allontanarsi dalla casa o dal giardino, costantemente devota alla famiglia. Qualche sussurro, molte grida ma, soprattutto, dialoghi brillanti: i Dickinson erano noti, infatti, per aver fondato il college di Amherst e aver sostenuto l’istruzione locale. Ma il talento di chi parla, nel cinema, è innanzitutto il talento di chi scrive.

Ma quando mai la critica ha preso sul serio i teen-movies? Stiamo parlando, va da sé, della critica americana. Scrosci di applausi e file di stelle per l’ennesimo film con le cheerleader, la gelatina alla mensa della scuola, il «dolcetto o scherzetto» di Halloween e i bicchieri di caffè annacquato da 500 cl. Il segreto del successo non è Michael J. Fox ma, attenzione, un protagonista gay: che rende il film, quindi, una delle prime rom-com gay per teenager di larga distribuzione. Il genere è sempre stato confinato, insieme alla fantascienza kitsch e a un certo horror, ai festival di nicchia, a poche mensole sui negozi (estinti) di DVD, a qualche catalogo sulle piattaforme on-demand e alle videocassette di chi registrava i film sottotitolati in seconda serata: il cinema GLBT che approda sui grandi schermi, di solito, conduce al pianto: il protagonista, o qualcuno a lui molto caro, muore ammazzato da mano violenta oppure stroncato dall’HIV. Nel caso di “Tuo, Simon”, paradossalmente, gli eroi diciassettenni restano tutti vivi fino alla fine: ma stranamente si piange uguale, se non il doppio. Magari il camion della spazzatura salisse sul marciapiede e schiacciasse l’insopportabile Katherine Langford di “Tredici”! Sarebbe uno di quei colpi di scena che salvano i film al novantesimo minuto.

AL CINEMA DAL 14 GIUGNO

AL CINEMA PER 20TH CENTURY FOX

A QUIET PASSION di Terence Davies

#MOVIEPILLS


#MOVIEPILLS

THE HANDMAID’S TALE (Hulu) Dopo una guerra civile, nel futuro prossimo di Trump, il regime totalitario cristiano di Gilead (nome biblico e toponimo dalla regione montagnosa del Giordano) resetta gli Stati Uniti e riavvia la società. Alle donne è impedito leggere, lavorare, toccare il denaro e sono divise in classi: le Marta vestite di verde, le Mogli di azzurro, le Ancelle di rosso. Queste vengono istruite dalle Zie perché tutto si svolga, sempre, secondo rigorosi rituali, sotto posizioni da assumere e litanie da ripetere fino allo stremo. Sono le uniche femmine fertili: assegnate a famiglie benestanti, non è richiesto loro di servire o rassettare ma di essere costantemente stuprate, con la speranza che il padrone le fecondi. L’individualità è annullata: vengono ribattezzate col nome del proprietario preceduto dalla preposizione “di”. Difred, interpretata da Elisabeth Moss, appartiene appunto al Comandante Fred: l’avevamo lasciata alla fine di una ribellione e la ritroviamo, in questa seconda stagione, nel pieno di una fuga. Nel mezzo ci sono stati 8 Emmy Awards e 2 Golden Globes. Margaret Atwood, l’autrice del libro da cui tutto ha avuto inizio, ha spiegato: «quello che succede qui è già successo da qualche parte: nella Bibbia, nella rivoluzione iraniana del ’78, nel contraccolpo al femminismo degli anni Ottanta».

A due anni dal finale di “The good wife”, Julianna Margulies torna sul piccolo schermo in una serie attesissima, dark comedy di dieci episodi, tratta dal best-seller omonimo di Sarai Walker del 2015 ancora inedito in Italia. La vera protagonista è però Joy Nash, una ghost-writer sovrappeso all’interno di una delle redazioni di moda più importanti e patinate di New York. Mentre l’editrice Margulies viene presa di mira da un’organizzazione terroristica femminile, la Nash decide di sottoporsi a un intervento di riduzione dello stomaco, sperando nel successivo dimagrimento, spossata dall’ambiente di lavoro, dai modelli con cui si deve confrontare e, più in generale, dalla società misogina in pieno risveglio dalla rape-culture. “Ugly Betty” ai tempi del neo-femminismo, insomma. Non è un caso che a tornare sul tema sia Amazon, un portale che ci ha donato “La meravigliosa Signora Maisel” e “Fleabag”, due prodotti in cui la rivalsa muliebre – dietro e davanti alla telecamera – ha guadagnato, oltre agli applausi del sottoscritto, un BAFTA e due Golden Globes. Ovviamente pure per “Dietland” scrive, dirige e produce un’altra donna, Marti Noxon: candidata all’Emmy per la sceneggiatura di “UnREAL”, di passaggio per “Glee” e “Mad men”, nota soprattutto per aver cresciuto “Buffy l’ammazzavampiri”.

SU AMAZON PRIME VIDEO

SU TIMVISION

UNIKITTY! (The Lego Group / Warner Bros. Animation)

ORANGE IS THE NEW BLACK (Netflix) Prima della presa della Zecca ne “La casa di carta”, la rivolta è stata del carcere di Litchfield: tre giorni di anarchia e sequestri di persona terminati con dieci detenute nel nascondiglio sotterraneo di Frieda. Tutte le altre, fuori, sono rimaste in fila per essere smistate su pullman verso nuove prigioni. Oltre a Poussey, nella quinta stagione, ci siamo persi anche Piscatella; meno rilevante è stata la morte di Humphreys, nonostante la ribellione sia cominciata quando Daya, sottrattagli la pistola, gli ha sparato a una gamba: ma non è stata la pallottola a stroncare la guardia, bensì l’ossigeno che Kukudio gli ha infilato nella flebo. Schiacciata dai sensi di colpa, Daya intanto si è consegnata. Nel febbraio 2016, nella sorpresa generale, Netflix ha annunciato il rinnovo automatico della serie basata sull’esperienza di Piper Kerman: una stagione all’anno fino al 2019. Davanti al calo di qualità, però, la creatrice Jenji Kohan ha dovuto ammettere che alcune delle trame più recenti risultavano «fan fiction». Dopo aver perso un mucchio di sceneggiatori originali, ha spiegato, i nuovi scrittori hanno trattato i personaggi come spettatori, e non come i loro creatori. Promette un miglioramento: la sesta stagione arriverà in Italia anche su Premium Stories, canale 317 del digitale terrestre.

SU NETFLIX

Il 9 aprile scorso si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Unicorno e Cartoon Network (canale 607 di Sky e 350 di Mediaset Premium) ha mandato in onda, in anteprima, le prime due puntate della nuova serie animata “Unikitty!”, spin-off in 2D di quel capolavoro che si chiamava “The Lego movie”, diretto nel 2014 da Phil Lord e Christopher Miller. I due registi mattacchioni, poi, erano stati messi (e subito tolti) al comando di “Solo”, facendo infuriare la multinazionale Disney, che li aveva accusati di troppa improvvisazione: fortuna che la Warner la pensi diversamente, e ha preso in carico il personaggio più amato della loro pellicola, Unikitty: un’accozzaglia bipolare di pochi mattoncini Lego, metà unicorno e metà gatto, principessa del regno di Cuckoo che si sbraccia per liberare il regno da ogni negatività e rendere gli abitanti sempre felici. Tra i personaggi che doverosamente si aggiungono al merchandising (tra cui un semplice mattone) spunta Puppycorn, fratello minore e migliore amico, che se non fosse per il corno in testa sarebbe solo un cane. Per proteggere lui, tra le avventure quotidiane, Unikitty darà prova di non essere tanto rilassata. Dopo il fun pack per Lego Dimension, l’azienda danese si prepara a lanciare una linea intera e 12 Minifigures dedicate alla combriccola.

SU CARTOON NETWORK

& S TR E A M I N G #MOVIEPILLS

STREAMING / A CURA DI LUCA FONTÓ

DIETLAND (AMC)


IL 10 SETTEMBRE 2018 Milano Fashion Library, la più grande biblioteca della moda d’europa e casa editrice di 10 magazine compie 10 anni www.milanofashionlibrary.it

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#FOODPILLS

AMBARADAN

SULLE NUOVOLE

VIA CASTELVETRO 20 - MILANO

VIA GARIGLIANO 12 - MILANO

COMFORT FOOD DALLA COLAZIONE ALLA CENA

In zona Sempione è il cliente che, in base al gradimento, stabilisce il costo della pizza degustata. Qualora decidesse che non sia un gran che, potrà votarla mediante un apposito meccanismo disponibile al tavolo: una palettina con il nome della pizza, su cui segnare la propria opinione, che alla cassa si tradurrà appunto in un prezzo diversificato. I giudizi possono variare dalla M di migliorabile alla B di buono, fino alla O di ottimo. Il tutto per un’oscillazione di prezzo di 2 euro. Per esempio, la margherita migliorabile costa 6 euro, quella buona 7 euro, mentre se è ottima viene 8 euro. Analogo procedimento per le birre artigianali con cui accompagnare i lievitati, che possono avere un prezzo che va da 4 a 6 euro, sempre a seconda del gradimento. Tuttavia non sarà il proprietario a intascare la differenza, ma il personale di cucina e sala: un incentivo, un superamento della “mancia”, una gratifica a favore di tutti i dipendenti. L’originale idea arriva dal patron Paolo Polli, le pizze invece sono firmate da Enrico Formicola, già visto da Pizzium, preparate in stile napoletano con il cornicione leggermente più basso. Si suddividono in tre tipologie: montanare (pizze fritte), bianche e rosse. E sono tutte buone. Dalle 18.30 alle 19.30 l’aperitivo si compone di cinque birre artigianali del birrificio BQ, tre tipologie di vini e sei cocktail abbinati dal barman alle pizze.

Con il termine inglese comfort food, sempre più in voga anche in Italia, si indicano gli alimenti o i piatti che pervadono di un senso di piacere chi li consuma, che soddisfano un bisogno emotivo e sono noti per la sensazione di benessere che regalano al corpo. Per gli italiani il comfort food è quel boccone carico di ricordi, quell’emozione che ricompare più viva che mai non appena si gusta la pietanza del cuore; è un piatto, un alimento o una bevanda che infonde un sentimento di nostalgia e di rassicurazione. In genere è il cibo del cuore. Per lo chef Luca Leone Zampa è un viaggio sul doppio binario della tradizione e dell’innovazione, che propone parallelamente solidi piatti territoriali (riso selvaggio con funghi, castagne e porro; spaghetti di grano antico arrabbiatissimi), gustose portate vegane (tofu mantecato, paprika e barbabietola arrostita) e ricette di carne (Petto d’anatra, indivia arrostita e salsa all’arancia), per arrivare a un risultato finale caleidoscopico. La curata selezione della materia prima, l’uso sapiente delle spezie e la creatività trovano la loro espressione migliore nella carta di Sulle Nuvole che segue le stagioni e mostra un profondo legame con la terra. Il percorso gustativo parte dall’Italia, ma non esita a confrontarsi e inserire sapori e tecniche straniere con spirito curioso e ludico.

LOCALI

TASTE ORIENTAL

JAPANESE HANGOUT Ispirati dall’Izakaya, tipico locale nipponico dove in maniera informale si beve sakè accompagnato da piatti tradizionali, Kanpai nasce dalla passione di tre giovani soci per il Sol Levante. Così in questo scorcio milanesizzato di Giappone ci si incontra per godersi cocktail d’ispirazione orientale e degustando fino a tardi i piatti della tradizione nipponica con un twist attuale e innovativo. Samuele Lissoni mette a segno una drink list dal sapore decisamente giappo con particolare attenzione al mondo del sakè, grazie a una selezione accurata di molte etichette, al whisky e gin giapponesi affiancati da una cantina di vini naturali provenienti da piccoli produttori italiani e non. I muri sono volutamente lasciati grezzi, fatta eccezione per la sala principale dove è presente un murales con installazioni video al suo interno, per mano dell’artista Alessandro Di Vicino, in arte Gaudio: l’opera ricorda uno dei tanti vicoli molto animati della metropoli giapponese e gli schermi installati trasmettono immagini pop. La cucina è firmata dalla chef giapponese Jun (già sous chef di Gong) e spazia dall’otsukuri, degustazione di pesce crudo marinato con salsa nikiri alla yuzu; al black cod con yakinasu (polpa di melanzane arrosto); dal Kushikatsu (kushi significa griglia, katsu cotoletta di maiale), con panco giapponese e salsa tonkatsu, allo Tsukemono, un cavolo cinese allo yuzu macerato e fermentato.

I giovani titolari Suili e Liwei Zhou propongono una cucina cinese che racconta i sapori cantonesi e, in particolare, quelli della grande Hong Kong. L’idea di presentare un’ampia selezione di Dim Sum è strettamente legata alla volontà di offrire un’esperienza di gusto legata alla tradizione: piatti serviti in piccole porzioni e consumati di solito insieme al tè. La loro origine risale ai tempi in cui i viaggiatori che percorrevano le vie della seta, facevano sosta nelle sale da tè dove il rito della Yum Cha (letteralmente “bere il tè”) veniva accompagnato da spuntini spesso cotti al vapore che prendevano il nome di Dim Sum. Ecco spiegata l’accurata “Carta dei tè” con oltre dieci varietà di tè cinese, tra nero, verde e bianco. Dai più forti ai più delicati, dai tè di montagna con tipica nota affumicata fino ai più profumati ai quali Suili aggiunge volentieri dei boccioli di rosa. Il menù si presenta nel segno di una classicità autentica ma non banale: assenti (per fortuna) gli involtini primavera, in favore di pietanze altrettanto tipiche, ma meno note al pubblico; fanno la loro comparsa le uova al profumo di osmanto odoroso, cannelloni di riso ripieni di pane fritto cinese, trippa di manzo al vapore con zenzero e cipollotto e diversi tipi di morbidi bao, i panini ripieni cotti al vapore, anche in versione black.

MU DIM SUM

KANPAI

VIA CARETTO 3 - MILANO

VIA MELZO 12 - MILANO

#FOODPILLS

LOCALI / A CURA DI MARCO TORCASIO

LA RISTORAZIONE DIVENTA MERITOCRATICA


via Lomonaco 13, Milano www.bertame.it


#BEAUTYPILLS

Sono già passati dieci anni da quando abbiamo iniziato a vedere nelle profumerie i lingotti d’oro di One Million e Lady Million di Paco Rabanne. Era il 2008 e sono stati venduti sessanta milioni di pezzi. Ci vorrebbe un caveau pazzesco per contenerli tutti! La febbre dell’oro sembra però non avere tregua. Per questo compleanno il brand festeggia facendo uscire due nuove versioni One Million Lucky e Lady Million Lucky, che ridefiniscono la fortuna come la si conosce oggi. Audaci e inaspettati, ti danno il potere di afferrare il controllo della tua fortuna e del tuo destino. Hai solo una vita, osa come la persona più Lucky al mondo! E come? Attraverso una danza scaramantica e propiziatoria, da fare al fine di ingraziarci la dea bendata. Si dice che la fortuna debba essere lasciata al caso, ma se parlassimo di fortuna in quanto sentimento? Di uno stimolo euforico che arriva da dentro? Se il destino fosse davvero nelle nostre mani? Da maggio, la coreografa internazionale Tricia Miranda, che ha fatto muovere il sedere di Beyoncé e di Gwen Stefani, ha guidato una crew di influencer internazionali tra cui anche il nostro Paolo Stella in un workshop sulla Lucky Dance. Il Lucky Feeling diventa una nuova forma di espressione. Si trasforma in movimento, diventa danza. L’invito alla Lucky Dance vale per tutti, per partecipare al concorso, i partecipanti devono registrare e caricare i loro video su Instagram e taggarli con l’hashtag #MillionLuckyDance, #pacorabanneparfums e seguire @pacorabanneparfums su Instagram. Tra tutte le immagini debitamente taggate che i partecipanti caricheranno sui social durante il periodo del contest, alla sua conclusione, il 9 Luglio, alle 00:00 il vincitore riceverà due biglietti per gli Stati Uniti per assistere alla cerimonia dei Grammy Awards 2019 che si terrà a febbraio allo Staples Center di Los Angeles, che aspettare? Iniziamo a ballare.

MANDARINE LE INFUSIONE DE PRADA LO SPRUZZO INATTESO DELLO SPICCHIO DI MANDARINO CHE INEBRIA I SENSI, DALLA SUA SCORZA APERTA CON IMPAZIENZA

DIPTYQUE TEMPO UNA VIBRAZIONE PERSISTENTE COME L’ECO RIPETUTA DI UN EFFLUVIO MUSICALE Diptyque ha compiuto cinquant’anni e per celebrare quest’avvenimento decide di tornare alle origini in quell’epoca che fu prodigiosamente libertaria e creativa: il 1968. Tempo è stato creato dal profumiere e amico di lunga data Olivier Pescheux, che riprende il tema del patchouli, che in quel periodo era una vera dichiarazione. Reminiscenze di terra umida in una foresta primitiva, tra le felci arborescenti e gli immensi alberi di teck, nella misteriosa penombra, sono evocate in questo profumo. Note potenti, boisé volitive sottolineate da un assoluto di mate, quasi canforate, al limite del verde, con il rinforzo di foglie di violetta seguita dal cacao selvatico, grani di pepe rosa, bergamotto e fresco gelsomino. Un accordo ambrato per il sex-appeal composto da salvia sclarea e ambrofix, sentore di cedro, impercettibilmente animale che evoca la dolcezza del daino. Quello che caratterizza generalmente le fragranze di Diptyque fin dalla prima L’Eau del 1968, è ciò che la maison 34 di boulevard Saint-Germain definisce come “incidente olfattivo” e in Tempo è caratterizzato dall’opposizione tra il carattere acido e grasso della foglia di violetta e l’elemento erbaceo-terroso del patchouli.

Les Infusions de Prada, hanno interpretato fin dalla prima Iris i paradossi poetici della maison, caratterizzate dal dualismo estremo che le compongono come tradizione moderna, istinto intellettuale, forza delicata e sensibilità razionale. Il processo d’infusione è una contraddizione in sé, che gioca provocatoriamente con verità e finzione. Un incontro trasformativo da cui emerge l’inatteso: un déjà vu sensoriale. Ciascuna fragranza originale parte dalla stessa base, ma è trasformata da un elemento chiave. Nata dalla collaborazione esclusiva tra Miuccia Prada e Daniela Andrier, ogni Infusion è leggera, eterea e persistente, queste fragranze emotive rimangono fresche nella loro semplicità. Oggi dopo Iris, Iris Cèdre, Fleur d’Oranger, Amande, OEillet, Vétiver, Mimosa e Rose—si aggiunge ora Mandarine, una nuova versione gioiosa e sofisticata perfetta per l’estate quando il sole comincia a scaldare la nostra pelle. Il profumo è dirompente con una nota di testa d’arancia amara e un tocco di Vert de Mandarine, la cui prima impressione è simile alla buccia di un agrume e allo stesso tempo liscia, ruvida, dolce e aspra. Mandarine, dà priorità alle note palatali sulla superficie e nel cuore del frutto. La sensazione che si ha indossandolo è complessa e ispirata dallo spicchio del primo mandarino fresco di stagione. Gli agrumi sono schivi, hanno una vulnerabilità velata sotto una scorza dai colori vivaci e brillanti. Mandarine ha la stessa complessità: grazie al suo cuore con l’assoluto di Fiore d’arancio che incontra l’essenza di Neroli, a contrasto con le note passionali di Opoponax.

#BEAUTYPILLS

BEAUTY / A CURA DI ALEX VACCANI

IL BALLO FORTUNATO DI PACO RABANNE


#SHOPPINGPILLS

#SPREADHAPPINESS HAPPINESS È UN BRAND NATO NEL 2007 E CHE AD OGGI VANTA UN TEAM DI 200 PERSONE TRA RETAIL, WHOLESALE, ONLINE, DESIGN, PRODUCTION E AMMINISTRAZIONE. SI POSIZIONA TRA I MARCHI PIÙ AMATI DAI GIOVANI PER IL TOCCO EASY E CHEAP ALLO STESSO TEMPO. ABBIAMO INTERVISTATO EIMAN HAMZA, LA SUA CREATIVE DIRECTOR DESIGNER. Perché hai deciso di creare un brand? Non ho mai deciso di creare un brand, lo è diventato grazie alla costanza e alla relazione onesta con i nostri clienti. Avere la possibilità di esprimere la propria felicità attraverso dei capi è stata sicuramente una delle chiavi di quello che oggi è Happiness. Problematiche iniziali riscontrate? Quelle di far capire che si può andare al club con una t-shirt e una tuta e che non esistono solo jeans e camicia.

Considerato il tuo profilo Instagram ti consideri un pochino un’influencer? No, però so che ogni cosa che dico ha una risonanza importante e devo sempre cercare di dare messaggi positivi. Mi racconti il tuo stile? Sexy e comfort devono andare sempre a braccetto con un pizzico di rock. Ovviamente non può mancare il leopardato. Cosa consiglieresti a chi vorrebbe aprire un brand? Pensa a ciò in cui sei forte, verticale, senza aiuto di nessuno e da lì parti e crea il tuo Golden Team per fare il resto. Mai fare una cosa senza un obiettivo perché puoi rovinare l’equilibrio altrui per un capriccio. Se la fai falla e falla gigante con l’obiettivo di assumere più persone possibili e contribuire all’economia in generale.

In che modo siete riusciti a renderlo popolare? Con le frasi ironiche e sfrontate applicate sulle nostre t-shirt che sono subito diventate virali perché sdoganavano il concetto di fashion, non più impostato ma leggero ed adatto a tutte le situazioni. La popolarità è la conseguenza di un perfetto posizionamento, accessibilità e un’appartenenza al nostro gruppo, alla nostra family.

SHOPPING / A CURA DI FRANCESCA ORTU

Qual è la filosofia? Quella di non fermarsi mai, di ascoltare le proprie idee e condividere con tutti il bello, ascoltare la società e creare una collezione adatta al momento storico e sempre seguendo un mood positivo e ironico. Ora avete collezioni più che complete, giusto? Oggi siamo un brand per tutta la famiglia: uomo, donna e kids, riuscendo così a soddisfare i gusti più svariati. Perché Happiness viene scelto secondo te? Perché è comodo ed esprime positività. In cosa pensi ti rappresentino i capi essendo tu la Creative Director Designer? Prima di diventare madre era diverso, adesso che sono mamma i capi rappresentano la mia necessità di avere un brand fashion ma realistico. È il perfetto mix tra la pazza Eiman di Hollywood e la madre che vive a NY con la sua famiglia. Personalmente chi è Eiman? Sono 5 persone in una. La donna business, moglie, mamma, l’amica pazza e la spirituale. Com’è essere mamma ed essere in carriera allo stesso tempo? Una vita piena! Da quando sono mamma sono diventata più forte e ho più obiettivi e motivazione nel mio lavoro. Per ogni cosa so che sto usando del tempo che avrei potuto spendere con Zeyd e quindi sono sempre in beast mode.

YES ZEE TRA

RUCOLINE PRESENTA

FREDDY

Parola d’ordine: Nylon. Yes Zee per la SS18 gioca con la natura e la geometria mixando tessuti morbidi e curve strutturate, basta guardare i giubotti che definiscono il carattere strong del marchio che punta a tonalità forti, stampe camouflage e maxi righe. Il Nylon viene svestito del suo originario compito, diventando un vero e proprio complemento di stile che con i capi della collezione si evolve.

Senza passato non si può avere futuro, questo deve aver pensato Marco Santucci, presidente e CEO di Rucoline che con il nuovo progetto RCLN EDITION FW 18-19 prova a raccontare l’essenza del brand italiano, il tricot sulla sneaker, attraverso una collezione speciale resa contemporanea grazie a materiali tecnici e lavorazioni innovative. L’obiettivo del marchio, quello di scindere le radici del passato, importanti in quanto chiavi di lettura per interpretare i desideri e lo stile dei millennials, attraverso un design di forte impatto e dal carattere moderno. Tra le altre novità il gioco a contrasto con le suole unisex, divise tra R-EVOLVE, fortemente identificativa per il brand e ELLIE, che ha distinto la riedizione dello storico Modello 200, bestseller del brand lanciato nel ‘92.

Con la nuova collezione fw18-19 Freddy mette in luce più che mai la praticità, il dinamismo e l’arte del movimento grazie al suo DNA sportivo e confortevole. Così come lo sport anche la creatività e le collaborazioni in casa Freddy sono in continuo movimento. Questa volta è il turno di EMANA®, un filato intelligente a base di poliammide con una tecnologia a raggi infrarossi lontani (FIR), che utilizza il calore del corpo umano per aumentare il benessere generale della pelle. La collaborazione nasce pensando di valorizzare la silhouette femminile. Per questa primavera estate 2018, oltre ai modelli che nel corso del tempo sono diventati dei must del guardaroba della donna che veste Freddy, si aggiungono nuovi pezzi D.I.W.O.® PRO tra cui cinque leggins nei vari shape e un capo lingerie, il WR.UP® UNDERWEAR.

PRATICITA E RICERCA

RCLN EDITION FW 18-19 LOVES EMANA

#SHOPPINGPILLS

®


#SHOPPINGPILLS

DUE LINEE PER LA STESSA ANIMA DI SERENA ANDREANI Rossignol sceglie Damir Doma per un’inedita collaborazione all’insegna della creatività. La collezione verrà presentata in occasione della 94esima edizione di Pitti Immagine Uomo. Sono due le linee della nuova Spring/ Summer 2019, dedicate e ispirate alla mobilità, dalla montagna alla città. Urban Mobility, frutto della mente creativa del designer croato Damir Doma, trae ispirazione dal mondo delle e-mountain bikes, frangente sportivo che vede Rossignol protagonista da alcune stagioni. La linea Mountain Mobility realizzata per uomo e donna, nasce per soddisfare le esigenze di chi ama praticare discipline sportive outdoor. Capi isolanti, traspiranti e idrorepellenti dai tessuti pratici ed efficaci. Lo stilista, per la linea Urban Mobility crea circa 60 skus, reinterpretando la storica expertise tecnica di Rossignol in chiave athleisure.

Ad esaltare ulteriormente la collezione, la linea di tessuti di ultima generazione Reda Active, usati per i tre capispalla presenti nella collezione. Si tratta di tessuti in lana con membrana in nylon che aumentano e incentivano la visibilità dei capi con qualsiasi tipo di luce. Damir Doma è un designer contemporaneo con uno stile cosmopolita; la scelta di collaborare con lui nasce proprio dalla sua capacità di trasmettere nei capi i valori chiave di Rossignol. Così spiega il Ceo di Rossignol Apparel, Alessandro Locatelli. La collezione sarà disponibile in tutti i negozi diretti, sulla piattaforma e-commerce del Gruppo Rossignol e sul canale wholesale. L’occhio attuale di un designer carico di creatività, per una capsule che celebra la mobilità, declinata in differenti contesti, dal mare alla montagna.

TV BOY PER MOA:

GEN-Y, IL MATERIALE COME

MOA Master of arts è una nuova realtà tutta italiana che nasce a Firenze nel 2013, e che in pochi anni è riuscita a farsi spazio nel cuore dei giovani grazie al giusto mix di design e tecnologia, riuscendo così a creare l’unione e l’inizio di un brand che interpreta l’arte in modo contemporaneo e non convenzionale. Sarà forse per questo che il marchio, guidato da un gruppo di giovani designer, ha scelto di collaborare con TV BOY, presentando alla 94esima edizione di Pitti immagine uomo la riedizione alcuni modelli iconici del brand: una skate alta in pelle della linea Playground ed una tennis in pelle della main collection, due pezzi dedicati a sneaker addicted e collezionisti di street art ma sicuramente ambiti anche dagli appassionati internazionali del brand. Ma chi è TV BOY? TV BOY è popolare in tutto il mondo per la serie Modern Icons che ritrae con un mix di divertimento, sarcasmo ed ironia l’abbraccio tra personaggi dell’attualità, come Renzi e Berlusconi, Papa Francesco e Trump, Messi e Cristiano Ronaldo, solo per citarne alcuni. Oltre alle scarpe, durante la kermesse fiorentina, verrà presentata anche Urban Pop Sneaker, l’opera d’arte inedita che TV BOY ha dedicato al brand in occasione del lancio della lim.ed

GEN-Y è un marchio nato per gioco dopo l’incontro non proprio casuale tra Salvio Rollo e Lorenzo Lorenzi. Il brand è creatività e tecnologia, ricerca estetica e performance, geometria e animo urban tradotto in infinite contaminazioni e texture. La forza di GEN-Y sta nella vitalità che traspare nel prodotto, unita al fatto che proprio nei materiali non si fa alcun risparmio e anzi si tende sempre ad utilizzare il meglio di tutto. Nonostante i due designer non siano proprio young, sono riusciti comunque a trovare un forte punto di condivisione con i Millennials che, in contro tendenza con le precedenti generazioni, pare non amino la pelle: “Parlando con gli studenti dello IUAV con cui collaboriamo, troviamo sempre più spesso studenti che si rifiutano di usare la pelle”. Per rendere questa idea reale, concreta, la scelta dei materiali è stata dunque essenziale e la straordinaria sensibilità tecnologica della Lorenzi srl, sempre alla ricerca di materiali alternativi alla pelle (come il silicone), è stata determinante per tracciare un mood originale, valorizzato da accessori smart. I prodotti Gen-Y per questo motivo sono spesso modulari, mobile addicted, sempre in movimento, liberi, connessi, fuori dagli schemi, caratteristico di un contesto socioculturale che vive nel pieno di una rivoluzione digitale.

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QUANDO L ARTE SI FA URBAN-A

METAFORA DELLA VITA

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SHOPPING / A CURA DI GIUSEPPE DI ROSALIA

DAMIR DOMA PER ROSSIGNOL:


#SHOPPINGPILLS

SILVANO BIAGINI, AFFARI DI FAMIGLIA Ho conosciuto il brand per caso durante la scorsa Fashion Week tra i vari appuntamenti in giro per Milano e me ne sono innamorata. Sarà perché la Silvano Biagini è un’ azienda tutta italiana, sarà perché la ricerca dei materiali e il gusto raffinato sono alla base del progetto o perché le borse hanno reminescenze vintage ma dall’appeal moderno. Così ho intervistato Valentina Amidei, figlia di Alberto Amidei, che nel 1999 ha comprato il marchio Silvano Biagini, per il quale lavora tutta la famiglia. Partiamo dall’inizio: cosa succede nel 1966? Il fondatore, Silvano Biagini, apre una bottega a Bologna che diventa fucina di idee e dove nel 1969 debutta con la sua prima collezione. Che marchio è? Un marchio che negli anni ‘70 e ‘80 si differenzia per le collezioni eccentriche che puntano sugli accostamenti di vari materiai e la conquista di mercati fino ad allora non proprio alla moda, tant’è che lo stesso Biagini registra il suo marchio in Giappone. Era una persona molto moderna per quegli anni.

SHOPPING / A CURA DI FRANCESCA ORTU

Quando avviene l’incontro? Nel 1984 quando mio padre, pellettiere di nascita, iniziò a lavorare per Silvano Biagini assieme ad altri marchi. La collaborazione durò per molti anni tanto da decidere di acquistare il marchio nel 1999 diventandone proprietari e nello stesso anno ci trovammo a essere i suoi designer, produttori e distributori. Ad oggi tu ti occupi della parte creativa? In un azienda familiare è normale che tutti facciano tutto ma nello specifico il mio ruolo è quello di approcciarmi al mercato e capire cosa vogliono i clienti, cosa cercano e affianco mio padre nella produzione, cosa che mi aiuta a capire il principio della creazione delle stesse borse. La materia prima e i colori, i ritagli che cadono per terra creano degli abbinamenti che nella mia testa poi si trasformano in idee. Ma non parti dal disegnare una bozza? Si, anche, e poi decidiamo quali bozzetti tramutare in carta modello ma l’spirazione prima del disegno e le idee nascono sul campo. La mia parte creativa la vivo quotidianamente in laboratorio. Quali sono i ruoli nell’azienda? Mio padre si occupa di tutta la parte tecnica e creativa. Mia sorella si occupa della parte commerciale e di quella manageriale, io designer e produzione e mio fratello si occupa delle collezioni uomo e piccola pelletteria. Mia mamma infine fa controllo qualità.

La filosofia tramandata? Il filo conduttore è quello di non voler essere uguale a chiunque. Le borse Silvano Biagini o piacciono o non piacciono. Non accettano compromessi e non hanno nessuna via di mezzo. È un prodotto di carattere. Avendo la materia sempre sott’occhio può nascere una borsa anche da un errore perché poi l’errore nell’insieme può funzionare più di come avevi idealizzato la borsa stessa.

BAHAMA MAMA,

LA COCCOLA DAL PROFUMO VINTAGE

Vi chiederete perché e che senso abbia unire in un’unica frase le parole coccola e vintage, ma basta scrutare le fotografie per capire che prima di essere un centro di bellezza è un mondo decisamente a sé. Il nome? Un mix tra quello di uno smalto e quello del drink più amato dalle donne, il che crea automaticamente un connubio più che perfetto, quello tra beauty center e bar milanese, per un nails bar tutto al femminile e sofisticato. Se poi fondiamo l’essenzialità dei materiali e colori, tra cui il legno, il ferro arrugginito e le tonalità del bianco direi che le due fondatrici Valentina e Gaia abbiano vinto tutto.

Eppure manca ancora qualcosa a completare il quadro, fondamentale per il business scelto: i prodotti rigorosamente naturali che si distinguono, oltre che per l’attenzione alla cura della pelle e del corpo, per il totale rispetto dell’ambiente, sposando una filosofia totalmente green. Bahama Mama, in Viale Col di Lana n°1 a Milano, dedica inoltre un angolo al gusto, possiede un’area dedicata al relax dove ascoltare buona musica, guardare un film, sfogliare riviste e persino scegliere capi d’abbigliamento vintage. Peccherò di modestia, ma noi donne sappiamo davvero pensare a tutto.

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#MEDIAPILLS

SII QUALCOSA PER QUALCUNO. NON PER TUTTI «Il passato non esiste». Te lo dice tranquillamente, camminando sui Navigli, come se parlassimo del meteo o del bar dove andare a prendere il caffè. I visionari fanno così, quelli che cercano di ispirare le persone fanno così, Paolo Ruffato fa così. «Il punto è: il passato è il presente un attimo fa, non può e non deve condizionarci, altrimenti restiamo ancorati a cose già successe che influenzano cose che devono ancora accadere». Poi entriamo da Rabelot, ci mettiamo a sedere. Ruffato continua: «Una cosa che ho imparato è lavorare per obiettivi di sei mesi e ripetermeli ossessivamente. Ripetere dove vuoi andare e come ci vuoi andare. Lo dico sempre: è bello seguire una persona che sa dove sta andando. Lo faccio anche con il mio team». Il suo team è l’agenzia Probeat, quella che è stata definita la più importante a livello mondiale per i brand di streetwear. E tu, dove stai andando?, chiedo. Ride, Paolo. «Quello che vorrei fare è provocare cambiamenti. Vorrei finire la mia carriera dicendo che c’era un modo di fare le cose e io l’ho cambiato, non per megalomania ma per soddisfazione personale». Qualcosa lo cambierà con il White Street Market, una fiera innovativa di moda e cultura street, che ha pensato e messo in piedi lui, la prima a Milano B&C, business&consumer, buyer e pubblico, eventi e workshop, vendita e presentazione nuove collezioni (16-18 giugno - Base, Milano). Ordiniamo tagliatelle e champagne, costolette d’agnello e acqua naturale. E partiamo dall’inizio. Tu da dove arrivi? «Dalla danza. Vengo da Cittadella, provincia di Padova, una città di cultura, ma senza grandi influenze dall’estero. Durante una festa paesana vidi un ragazzo che ballava e guardandolo ebbi quello che viene definito il momento dell’incisione: capì che nella mia vita io volevo fare quello. Avevo 13 anni, ero timidissimo, presi tutto il mio coraggio per andare da lui e gli dissi quasi balbettando: ti-tro-vo-bravis-simo, mi insegni a ballare la break dance? Questo mi guardò in faccia e mi disse: No!, si girò e andò via. Da quel rifiuto scattò qualcosa: la reazione. Andai a cercare un maestro e lo trovai in un meccanico di Cittadella che ballava a casa sua. In 4 mesi diventai più bravo di lui, andai a Vicenza a ballare e dopo due anni ero un professionista». E i tuoi genitori? «Erano contro. Mia madre mi diceva che mi distraeva dallo studio». Ma… «Ma a me piaceva e con un gruppo di 4 ragazzi, due veneti e due di Torino, formammo i Fighting Souls: andavamo in giro a fare le jam, gli spettacoli, siamo stati in 20 show televisivi, da Sanremo a Zelig, eravamo tra le crew più famose della break dance in Italia, forse la più famosa, eravamo sponsorizzati dalla testa ai piedi». Talento da pierre. «Avevo preso ispirazione dal mondo dall’action sport, dove gli atleti venivano pagati per indossare gli abiti di determinate marche ma ogni volta che vincevano gare o partecipano a show tv avevano degli extra. E anche noi, facendo moltissima tv, riuscivamo a tirare su le cifre. Ti racconto questo aneddoto…». Vai. «Mi chiama un autore invitandomi al Festival di Sanremo e mi dice: mi dispiace, ho solo un budget di 2 milioni di lire. Io che stavo imparando a fare le trattative rispondo: guarda, chiudiamo subito qui la conversazione, due milioni è troppo poco, non mi interessa. Stavo bluffando alla grande, sarei andato lì anche gratis perché avrei ricaricato sugli sponsor. Lo richiamo dopo tre giorni e gli dico: senti, io sono contrario, ma nel mio gruppo votiamo e abbiamo deciso di venire. Prima di salire sul palco passiamo dall’ufficio contratti Rai per farci liquidare, leggiamo la cifra ed erano due milioni sì, ma due a testa… Non avevamo mai preso un cachet di due milioni per un minuto di performance. Era tantissimo ma avevo fatto la figura di quello che non si era lasciato impressionare dalla notorietà». Il salto dalla break alla Probeat? «Quando ho visto che ero all’apice mi sono chiesto cosa fare dopo, e il passaggio è stato naturale. Il pensiero è stato: ho degli sponsor che mi vestono e mi pagano per andare in tv, ma quanta gente conosco più famosa di me? Ho cominciato a fare il broker. Tu mi dai i vestiti, io li do ai miei amici. Tu paghi me e non paghi i miei amici. Ti raddoppio la visibilità senza investire in pubblicità. C’è una roba che è successa in diretta MTV, dove l’intervistato guarda come è vestito l’intervistatore e gli chiede: ma anche tu vesti Probeat?, e l’altro risponde: sì anche io sono vestito Probeat… Io ci mettevo la parte relazionale, Emanuela Schiavone, mia moglie e socia, che aveva una formazione più da agenzia, ci metteva la tecnica. In quegli anni ho capito che quello per molte persone è impossibile, in realtà è molto più facile di quello che pensiamo. Ti racconto anche questa..». Vai. «Ero in Australia, conosco una ragazza, mi invita a cena. Io naturalmente ci vado, spero di farmela, ma a casa sua c’era pure suo marito, un prete. Lì si possono sposare e fare affari. Durante quella cena il prete mi chiede: ma Paolo qual è il tuo business in Australia? Ma io sono in vacanza, gli rispondo. E lui: ma quale vacanza, attivati… non hai visto una trasmissione televisiva che ti piace molto in Australia? Chiamali, proponi alla produzione di portare il formato in Italia… Io rispondo: ma non conosco nessuno. E lui: ma che ti frega, chiamali, al massimo ti dicono di no. Quel prete mi ha cambiato la testa. C’è un modo di dire americano che adoro: fake it until you make it! Credi di esserlo finché non lo diventi…». Perché si chiama Probeat? «Perché il mio nome d’arte era Beat One. Quindi Probeat, che alla fine significa Pro Paolo… La storia che mi piace raccontare è che si chiama così perché noi abbiamo il

beat, l’energia…». Cosa vuol dire fare pierre? «Matita e diamante: faccio sempre questo esempio. Sono composti dagli stessi atomi di carbonio ma legati in maniera diversa. Noi dobbiamo saper far legare i vari elementi. Questo è fare pierre». A chi ti ispiri? «Mio padre era un insegnante di karate e mi diceva che il grande combattente era come un’ape che volava di fiore in fiore a cogliere il meglio dei vari stili di combattimento. Io vado di fiore in fiore. Leggo tantissimi libri, leggo i giornali, guardo i Ted. La creatività deve essere stimolata. Tutti hanno qualcosa da dirci. E io vado alla ricerca di menti brillanti. Ogni due mesi organizzo la cena dei cervelli: persone che non si conoscono, con estrazioni completamente diverse, le metto intorno allo stesso tavolo, fisso un tema e ci si contamina». Altre agenzie che osservi con attenzione? «Non ho competitor. C’è spazio per chiunque. Ma c’è una frase che ho sempre amato: cerca di essere qualcosa per qualcuno e non niente per tutti. A Milano ci sono agenzie che prendono di tutto un po’. Noi siamo molto targettizzati. Carla Otto è la numero uno nell’high fashion. Nel mio mondo ci sono io». Giovani? «Carryover. Gli unici che mi hanno entusiasmato». Influencer sì o no? «Oggi credo nei microinflunceer, nei maker. Gente che nel suo settore è ascoltata e rispettata». Il brand che vorresti? «La chiamano legge dell’attrazione: se vuoi una cosa e la vuoi nel mondo giusto, con purezza, le cose si allineano. Io lavoro con i brand che amo: Vans per me è la sneaker, Eastpak è lo zaino, Havaianas è la flip flop, Amazon è l’e-commerce, Oakley è l’occhiale. Tutti clienti miei, che desideravo. In questo momento mi piacciono molto le Dr Martins e penso molto a Stone Island. Chissà…». Futuro delle agenzie? «Le product stories: basta con gli still life, devi produrre materiali che raccontano storie, nel 2019 creeremo un reparto di creatività con art director, foto, video, motion designer. E poi punteremo sulle collaborazioni e sul contemporary fashion, con un progetto che che potrebbe cambiare anche il concetto di distribuzione». L’obiettivo è sempre quello: cambiare le cose. «Sempre amico mio, sempre».

#MEDIAPILLS

MEDIA / A CURA DI MORENO PISTO

PHOTO TONI THORIMBERT

DALLA BREAKDANCE AL WHITE STREET MARKET: INTERVISTA A PAOLO RUFFATO


#ARTPILLS

ARTE / A CURA DI ROSSELLA GENOVESE

SULLE TRACCE DI SOL LEWITT

Se vi state chiedendo chi sia Sol LeWitt, questa è la mostra che fa per voi. Se invece lo amate già, l’occasione è perfetta per ripercorrere i viaggi e la produzione di un artista statunitense a cui sembrò più naturale, a un certo punto della sua carriera, lavorare direttamente sul muro piuttosto che fare una costruzione o intervenire sulla tela. La mostra intitolata “Sol LeWitt between the lines” – ospitata e promossa dalla Fondazione Giorgio Carriero – sarà visibile fino a domenica 24 giugno ed è a ingresso gratuito. Un’occasione per conoscere o rileggere la ricerca di Solomon ‘Sol’ LeWitt, a dieci anni dalla scomparsa dell’artista. Lo seguiamo lasciare la sua natia Hartford (Connecticut) per approdare a New York a 25 anni e lì affittare il suo primo studio in Lower East Side (del resto, sono i primi anni ’50), iscriversi a quella che poi diventerà la SVA - School of Visual Arts (che nel ’78 accoglierà Keith Haring e Jean-Michel Basquiat e in cui poi l’artista stesso insegnerà), mantenersi facendo per qualche tempo il graphic designer e il receptionist notturno al MoMA, innamorarsi dell’Italia, la cui arte eserciterà su di lui grande rispetto e fascinazione al punto tale da trasferirsi a Spoleto per un paio di anni. Grande la sua reticenza a farsi fotografare ma proprio grazie ad un suo progetto fotografico del 1980 intitolato “Autobiography” al visitatore è permesso curiosare tra gli aspetti più quotidiani della vita dell’artista: possiamo sbirciare tra i titoli degli LP e delle musicassette che l’artista amava ascoltare, le sue stoviglie e i suoi libri, le piante e i

gatti di casa, perfino le polaroid in cui scorgiamo amici cari e colleghi sorridenti. Esplorando i tre piani della Fondazione, si resta sorpresi dalle linee – richiamate non a caso nel titolo della mostra – e dalle forme che invadono in maniera silenziosa e mai scontata gli ambienti che appartenevano a Casa Parravicini e a Palazzo Visconti, rari esempi di edifici privati milanesi risalenti al 1400 e al 1600 a due passi da San Babila, i cui interni sono stati superbamente ristrutturati nel 1991 da Gaetana ‘Gae’ Aulenti. Ragionando proprio come se fosse un architetto, Sol LeWitt accettò di affidare ad altri l’esecuzione materiale dei propri progetti e delle proprie idee. In virtù di questo specifico approccio dell’artista, la Sol Lewitt Estate ha collaborato con il team di curatori composto da Francesco Stocchi e Rem Koolhaas, firma nel 2015 della sede milanese di Fondazione Prada, qui per la prima volta non in veste di architetto. Questo dialogo a più voci ha permesso alle opere esposte – alcune delle quali realizzate in maniera filologica proprio per questa occasione – di coesistere in maniera armonica con gli spazi, a volte trasformandoli, ridefinendoli e incidendo sulla loro percezione. I c.d. “Wall drawings” e le “strutture” presenti in mostra oltrepassano e sovvertono il tradizionale concetto di site-specific e di scultura, mettendo costantemente in dubbio le nostre certezze, facendo vacillare le nostre categorie assolute e riportandoci a riflettere su cosa sia – e di rimando anche su cosa non sia – Arte. Il linguaggio della logica e del rigore geometrico sono tradotti

#ARTPILLS

dall’artista in regole precise, senza però nulla perdere in termini di coinvolgimento emotivo tra lo spazio e l’esecutore e tra lo spazio e lo spettatore che guarda l’opera finita. Al contrario di quanto si possa pensare sull’arte Minimal e Concettuale, a cui l’artista è profondamente legato, le linee di LeWitt non sono asettiche ma conservano memoria di emozioni e al tempo stesso ne generano di nuove. Così come necessitano di presenza umana per essere realizzate, non smettono di comportarsi come organismi dotati di una loro vita. Allo spettatore il compito di ritrovarne le tracce, in bilico tra superficie 2D e tridimensionalità. “Sol LeWitt between the Lines”, Fondazione Carriero, V. Cino del Duca 4. Da martedì a domenica, 11.00 / 18.00, chiuso il lunedì fino al 24 Giugno. Ingresso gratuito.


Tatiana Migliorin @mipiacelamusicachefamale


TUTTO QUELLO CHE UN UFFICIO STAMPA NON TI FARÀ PUBBLICARE SU DI UN ARTISTA Ormai sono da più di un anno qui a Milano ed è da più di un anno, che Milano mi ha letteralmente trascinato nella sua vita mondana sia artistica che modaiola. Spesso nei locali s’incrociano musicisti, stilisti, designer e spesso anche “folli criminali dello sballo”, per modo di dire. Quando intervisto un artista cerco di entrare nella sua "comfort zone" in modo da poter confrontarmi con lui a trecentosessanta gradi, parlando anche di vita e di fatti che succedono nel quotidiano. Molte cose purtroppo nelle interviste non emergono perché controllate dagli uffici stampa, come giusto che sia in alcuni casi. Ora però vi trascrivo qualcosa che mi è stato detto senza fare nomi, ma voi provate a capire chi ha detto cosa, SCRIVETECELO IN PRIVATO SULL’INSTAGRAM: @URBANMAGAZINE_MILANO E NOI VI DIREMO SE LE VOSTRE SUPPOSIZIONI SONO CORRETTE.

/ 1 /

SONO DEI BRAVI RAGAZZI, CHE GLI VUOI DIRE? FANNO I SOLDI. DA DOMANI COMINCIO ANCH’IO A FARE TRAP. FACCIO IL RICHARD ASHCROFT DELLA TRAP CHE NE PENSI

URBAN

DI STEFANO NAPPA

(__T__)

/ 2 /

Una volta sono andato con una grassona, perché ero un po’ sfigato con le tipe, mai stato bello, tutti i miei amici però mi dicevano: devi andarci! Loro danno tutto quando lo fanno. Be’, credimi non è proprio così! Era un tronco di legno! La sveglia sul comodino si muoveva di più di lei! (_______Y__)

/ 3 /

( _ _ _ _ _ K su _ _ _ S _ _ _ )

/ 4 /

Dopo il festival di Sanremo ci siamo ubriacati ed io mi sono risvegliato nudo con la madre che mi punzecchiava da sotto il tavolo della cucina. Non ricordo proprio come ci sono arrivato e soprattutto perché ero nudo. ( _ _ F _ _ a casa di _ _ N _ _ _ _ _ _ )

/ 5 /

ERAVAMO IN STUDIO DI REGISTRAZIONE E DOPO DIECI MINUTI LUI SI È ADDORMENTATO SUL DIVANO COME SE FOSSE IL PEGGIOR UBRIACO DELLA ZONA. CI ABBIAMO MESSO UN PO’ PER CAPIRE SE SVEGLIARLO O MENO. MENOMALE CHE ALLA FINE SIAMO RIUSCITI A REGISTRARE TUTTO. ( G_ _ _ _ _ _ _ G _ _ _ _ _ dei _ _ _ _ _ _ U _ _ _ _ _ su _ _ _ B _ _ _ _ _ )

/ 6 /

Lui non è mai venuto a scuola, cioè veniva davanti al cancello però spacciava, non entrava mai in classe, forse non era nemmeno iscritto. (haha) ( _ _ _ _ _ _ _ ’ _ _ _ _ _ su _ _ _ _ L _ _ _ _ _ _ )

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UNA VOLTA MI HA PUNTO UNA ZANZARA SUL CULO MENTRE ERO SUL PALCO, NON PUOI CAPIRE CHE DISAGIO NEL NON POTERMI GRATTARE IL C**O DAVANTI A TUTTI CON L'OBBLIGO DI DOVER CANTARE! (____)

Lei non solo stava con me ma aveva altri 3 amanti e non so proprio dove trovava il tempo, ma lasciamo perdere ormai è finita. ( _ _ _ _ _ _ _ _ Y _ _ _ _ _ _ _ _ _ su _ _ _ _ _ _ E )

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PRIMA ANDAVO A SUONARE CON LE VALIGIE PIENE DI VINILI E UN RAGAZZO CHE MI FACEVA DA SCHIAVO PER IMPARARE A FARE IL DJ. ORA ARRIVO AL SOUNDCHECK CON LE CUFFIE NELLA POCHETTE E UNA PENNA USB SEMBRO UN COGLIONE! (__ __B______)

/ 10 /

Di media mi piace fare musica per scopare al resto non ci penso, ieri ho reistallato anche tinder. (ahaha) ( _ _ _ _ _ _ _ _ B _ _ _ _ dei _ _ _ _ V _ )

Fashion Director ELISA ANASTASINO Fashion Editor DILETTA ROSSI Redazione e digital STEFANO NAPPA redazione@urbanmagazine.it Art Direction ARCHIMEDE6.COM ELEONORA PASSONI Segretaria LAURA MANDELLI

TEXT Serena Andreani Roberta Bettanin Giuseppe Di Rosalia Luca Fontò Rossella Genovese Francesca Ortu Francesca Petroni Moreno Pisto Marco Torcasio Alex Vaccani

Simon Mina Poostdooz

bimestrale anno XVII n. 145

COVER CREDITS M¥SS KETA + TEA Camicia oro e argento Angelo Cruciani Occhiali Marios feat. Robot eyewear Mascherina Gogo Philip

/ 8 /

Editor in Chief MARCO CRESCI m.cresci@urbanmagazine.it

PHOTO

PHOTO Simon STYLING Elisa Anastasino + Valeria J. Marchetti MAKE UP Chiara Corsaletti @MKS Milano HAIR Ana Rodriguez using Revlon @Greenapple NAILS Bahama Mama Milano CONTRIBUTORS Diletta Rossi + Francesca Bandi

NON GLI POTEVI STARE VICINO, SIA CHE STAVA SUL PALCO DAVANTI ALLE TELECAMERE DI X FACTOR, SIA CHE STAVAMO AL BAR, PUZZAVA! PUZZAVA SOTTO LE BRACCIA! CI VENIVA DA VOMITARE.

STAFF

ARTWORK LeSexEnRose.com Tatiana Migliorin Urban è edito da MILANO FASHION LIBRARY SRL Corso Colombo 9 20144 Milano T. 02 581532011 Chairman DIEGO VALISI dvalisi@milanofashionlibrary.it Distribuzione PSC Promos Comunicazione Via Tertulliano 70, 20137 Milano T. 02 89540195 Stampa Rotopress International srl Via Brecce 600258 Loreto, AN T. +39 071 9747511 Via E. Mattei 106 40138 Bologna T. +39 051 4592111 Pubblicità Milano Fashion Library srl Sede operativa Via Alessandria 8 T. +39 02 833 11 211 Sede legale Corso Colombo 9 20144 Milano Responsabile di Testata LUCREZIA LEKEUNE llekeune@milanofashionlibrary.it facebook Urban Magazine instagram urbanmagazine_milano Abbonamenti info@urbanmagazine.it Dove puoi trovare Urban www.urbanmagazine.it Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione dei contenuti, totale e parziale in ogni genere e linguaggio è espressione vietata. Registrazione presso il Tribunale di Milano con il numero 286 del 11/05/2001


The Streetwear and Street culture Festival 29.30.JUNE 01.JULY

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