La casa del fascio di Lissone: progetto di restauro di un’architettura di Giuseppe Terragni

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FERRARA

LA CASA DEL FASCIO DI LISSONE: PROGETTO DI RESTAURO DI UN’ARCHITETTURA DI GIUSEPPE TERRAGNI

laureande: PATRIZIA MARRA, VALENTINA SPORTELLI I relatore: Prof. Arch. RITA FABBRI II relatore: Prof. Arch. MARCO MULAZZANI correlatori: Arch. SERENA CILIANI, Dott. GIAN CARLO GRILLINI



A coloro che ci hanno accompagnato durante questo viaggio, grazie per tutto ciò che ci avete donato.



INDICE


SEZIONE

ABSTRACT

p. 9

I PREMESSE

p. 11

1.1 Genesi delle Case del Fascio e degli altri ediici di regime

p. 13

1.2 Dibattito sull’architettura e sullo stile rappresentativo fascista

p. 19

1.3 Deinizione delle Casa del Fascio attraverso i dettami di concorso

p. 29

1.4 Evoluzione della Casa del Fascio tra sperimentazioni ed esigenze di regime

p. 39

SEZIONE II GIUSEPPE TERRAGNI 2.1 Cenni biograici: la vita e le opere 2.2 La critica: analisi del personaggio SEZIONE III LA CASA DEL FASCIO DI LISSONE

p. 51 p. 53 p. 79

p. 87

3.1 Premesse: analisi generale del contesto 3.1.1 Lissone: vicende storiche e lottizzazioni 3.1.2 Fasi di progetto 3.1.3 Progetto inale e realizzazione

p. 89 p. 90 p.101 p.106

3.2 Il progetto di Giuseppe Terragni 3.2.1 Il contesto lissonese 3.2.2 Gli spazi 3.2.3 Le strutture 3.2.4 I materiali 3.2.5 Le tematiche ricorrenti

p.111 p.112 p.115 p.128 p.130 p.139

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3.3 Trasformazioni nel tempo 3.3.1 Da Casa del Fascio a Casa del Popolo 3.3.2 Progetto di restauro del 1969 (Forges Davanzati & Ranzani) 3.3.3 Progetto di ristrutturazione del 2002 (Uicio Tec. Comunale) 3.3.4 Istituzione dell’Urban Center del 2005 SEZIONE IV IL PROGETTO DI RESTAURO

p.153 p.154 p.160 p.173 p.182 p.185

4.1 Analisi dello stato di fatto 4.1.1 Premesse 4.1.2 Rapporto con il contesto 4.1.3 Flussi e funzioni 4.1.4 I materiali 4.1.5 Analisi del degrado sulle superici

p.187 p.188 p.192 p.194 p.204 p.209

4.2 Progetto di conservazione delle superici di facciata

p.217

4.3 Rifunzionalizzazione degli spazi 4.3.1 Lissone e la storia del mobile 4.3.2 Premesse di progetto 4.3.3 Rifunzionalizzazione degli ambienti: la biblioteca del Mobile e il museo dell’Artigianato lissonese

p.229 p.230 p.232 p.238

SEZIONE V CONCLUSIONI

p.259

SEZIONE VI APPENDICI

p.265

6.1 Bibliograia 6.1.1 Istituzione della tipologia Casa del Fascio 6.1.2 Giuseppe Terragni 6.1.3 La Casa del Fascio di Lissone 6.1.4 Progetto di restauro 6.1.5 Tesi consultate 7

p.267 p.268 p.269 p.271 p.272 p.273


6.2 Sitograia

p.275

6.3 Documentazione archivistica

p.277

6.4 Schede dei materiali 6.4.1 Lapidei naturali 6.4.2 Malte conglomeratiche 6.4.3 Impasti cementizi 6.4.4 Intonaci esterni 6.4.5 Metalli e altri materiali

p.330 p.331 p.355 p.361 p.367 p.371

6.5 Tavole

p.379

RINGRAZIAMENTI

8

p.404


ABSTRACT

L’ex Casa del fascio di Lissone è oggi adibita a teatro e sala per esposizioni temporanee, col nome di Palazzo Terragni. Il lavoro di ricerca ricostruisce le modiicazioni che hanno interessato l’ediicio, a tratti anche pesantemente, dagli anni del fascismo ad oggi. Dopo la caduta del regime, come molti altri ediici rappresentativi dell’epoca, è stato fatto oggetto di una “damnatio memoriae”, che lo ha spogliato di tutti gli elementi simbolici del periodo; è stato sfruttato dall’amministrazione locale senza porre attenzione alla conservazione degli interni e delle funzioni che Giuseppe Terragni vi aveva previsto. Molti degli spazi interni hanno quindi perso i caratteri connotativi essenziali, (fatta eccezione del cinema- teatro che ha conservato la sua destinazione d’uso), mentre le facciate esterne hanno mantenuto intatta la loro conigurazione sebbene siano state anch’esse oggetto di interventi. Il progetto di restauro mira a ristabilire la scansione degli spazi ideata dal progettista e a ripristinare i percorsi originali, laddove ciò risulti possibile. La destinazione d’uso del teatro, ormai consolidata nella vita cittadina, sarà aiancata dalla nuova organizzazione di una biblioteca del mobile (settore di attività economica particolarmente rilevante per il territorio di Lissone), che sarà situata dove un tempo si susseguivano gli uici dei funzionari del partito. Anche la sala del primo piano, attualmente usata per esposizioni d’arte temporanee, sarà ricollegata al percorso espositivo, entro un coerente progetto di restauro che interesserà anche la riconigurazione degli spazi e delle initure caratterizzati questa celebre architettura. 9



SEZIONE I PREMESSE



1.1

GENESI DELLE CASE DEL FASCIO E DEGLI ALTRI EDIFICI DI REGIME


Nella pagina introduttiva, la Casa del Fascio di Signa, Firenze.

Il fascismo ha inluenzato in maniera estremamente rilevante l’ambiente politico e sociale italiano: in pochi decenni è nata e si è sviluppata una rivoluzione che ha interessato il mondo della politica, della cultura e anche dell’architettura. Uno degli aspetti particolari del regime è stata la vastissima produzione, limitata nel tempo, di ediici pubblici e, talvolta, di nuovi agglomerati urbani. La difusione sempre crescente di questi interventi ha raggiunto molte città italiane e alcune terre d’oltremare, in cui sono sorte nuove città. Le ricerche e gli studi in materia di architettura sono stati notevolmente condizionati dalla politica del regime negli anni del suo potere. Il Partito mirava infatti ad avere il consenso popolare per poter accrescere il suo prestigio e cercava di raggiungere il suo scopo imponendo un’ideologia basata sul legame con l’antica tradizione romana, sulla mediterraneità, sulla gloriicazione degli eroi. In particolare, si sperava che il ritorno alle origini latine potesse fare da preludio ad una futura ‘missione imperiale’ dell’Italia, richiamando il legame di continuità della storia di Roma negli avvenimenti di impronta mussoliniana. Il modello della Roma imperiale si prestava dimensionalmente a legittimare la monumentalità di interventi a ‘scala’ pubblica1 ma anche a soddisfare le ambizioni di ordine e di rappresentatività del fascismo, attraverso l’uso della simmetria e dell’armonia. La volontà del regime di avere a disposizione strutture in grado di ospitare le Il lavoro di ricerca sulle Case del Fascio è stato condotto nel laboratorio di sintesi di Restauro ed è già stato pubblicato nella tesi La casa littoria “Antonio Locatelli” di Alziro Bergonzo: progetto di restauro di un’architettura del novecento a Bergamo di Enrico Montalti e Erica Siviero, relatori: Rita Fabbri, Serena Ciliani, correlatori: Fabio Bevilacqua, Riccardo Dalla Negra presso l’Università degli Studi di Ferrara, Corso di Laurea in Architettura, A.A. 2014-2015 1 C. Cresti, B. Gravagnuolo, F. Gurrieri, Architettura e città negli anni del fascismo in Italia e nelle colonie, Pontecorboli Editore, Firenze, 2005, p. 6.

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Tessera Fascismo Opera Nazionale Dopolavoro Anno X (1932).

attività e le istituzioni che promuove e, talvolta, impone alla comunità, crea un clima di grande confronto e attività in termini di progettazione architettonica. Gli ediici pubblici che vengono ideati e costruiti per la prima volta durante il Ventennio sono una novità proprio perché sono chiamati a rispondere a esigenze funzionali speciicatamente volute e condizionate dallo stesso partito. Nel momento della sua ascesa al potere, il partito crea degli organismi che, pur avendo ini politici di controllo e sottomissione, costituiscono strutture di servizio a difusione nazionale, con diramazioni di diversa intensità ma capillari. Alcuni esempi sono il Dopolavoro, che si trasforma in Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.) e l’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), che viene instituita nel 1926 con l’obiettivo principale di promuovere l’educazione isica e il culto dell’agonismo dei giovani, sottraendoli all’inluenza educativa delle associazioni cattoliche. Inoltre, al ine di raggiungere anche scopi di portata sociale, quali la prevenzione delle malattie in dalla più tenera età e il mantenimento della salute, viene creata l’Opera Nazionale per la protezione della Maternità e Infanzia e vengono costruite le colonie climatiche ed elioterapiche in località marine e montane2. Se da una parte il fascismo promuove la nascita di nuove tipologie, dall’altra assimila e converte a suo favore alcuni caratteri di strutture preesistenti, come quelle di matrice socialista. La Casa del Popolo, difusa in Europa tra la seconda metà dell’‘800 e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ne è un esempio. Nata sulle orme dei Mechanics Institutes di stampo inglese, che avevano la funzione di soddisfare la sete di conoscenze tecniche, scientiiche, culturali ed economico-politiche della classe operaia, aveva lo scopo di migliorare 2 C. Cresti, B. Gravagnuolo, F. Gurrieri, Architettura e città negli anni del fascismo in Italia e nelle colonie, Pontecorboli Editore, Firenze, 2005, p. 11.

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l’alimentazione dell’operaio e organizzare il suo tempo libero. Le prime Case sono apparse in Belgio per mano di cooperative socialiste e alla loro costruzione hanno partecipato i lavoratori volontariamente. All’interno di queste strutture era presente una sala cinematograica, spazio di grande importanza nella progettazione e nella trasformazione delle ultime Case del Popolo a partire dal 1930, con l’avvento del sonoro. Il fascismo mira a smantellare strutture socialiste di questo tipo, riservandosi comunque di conservarne il carattere di luogo di aggregazione e ritrovo attraverso la loro trasformazione in sedi più consone agli scopi del regime3. E’ proprio per mezzo di un processo di adattamento di questo tipo che si viene a formare la Casa del Fascio, che riprende la tematica della Casa del Popolo, ma assume una connotazione politica ben più incisiva. Questa tipologia di ediicio pubblico in particolare ha una enorme difusione in tutta Italia, molto rilevante se si considera che ha avuto modo di svilupparsi nell’arco di una ventina d’anni. La Casa del Fascio in quanto istituzione di diretta emanazione del partito, lo rappresenta in sede locale e ne assolve alcune importanti funzioni di controllo e comando nei riguardi della popolazione. Queste strutture sono state costruite prevalentemente nei centri urbani: l’obiettivo del regime era infatti quello di fare di questi ediici un fulcro importante della vita sociale delle comunità locali, organizzandole anche come centri di aggregazione, culturali e di svago4. L’impegno dei progettisti è stato quello di individuare tipologie edilizie 3 P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Architettura delle Case del Fascio, catalogo della mostra “Le Case del Fascio in Italia e nelle terre d’Oltremare”, Alinea Editrice, Firenze, 2006, p. 26. 4 P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Architettura delle Case del Fascio, catalogo della mostra “Le Case del Fascio in Italia e nelle terre d’Oltremare”, Alinea Editrice, Firenze, 2006, p. 11.

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Torre littoria, Casa del Fascio di Ragusa.

che consentissero di ridurre i costi e di utilizzare materiali recuperabili nel paese. Per via dell’autarchia, puntare sui materiali e i prodotti edili nazionali era una strada obbligata ma acnhe virtuosa, per le brillanti iniziative ed innovazioni che sono scaturite dalle impellenti necessità economiche e sociali, nonostante i rigidi vincoli tecnici e produttivi esistenti. L’architettura, in questo caso, assume un ruolo fondamentale nella promozione dell’immagine del partito: si può dire che diventi uno degli strumenti di propaganda e celebrazione del regime, proprio nel momento del suo massimo sviluppo. Appare evidente la ricerca di un linguaggio architettonico che sia in grado di rappresentare al meglio il fascismo e ne esprima i valori in modo direttamente riconoscibile. I locali spesso ricorrenti all’interno della struttura erano gli uici di partito, gli uici dei gruppi universitari, le sale cinematograiche e di riunione e le sedi di molte associazioni assimilate dal potere fascista nel corso degli anni. La presenza pressoché costante della sala-teatro derivava dall’esigenza del partito di porre la cinematograia in condizioni di libertà vigilata, sia per adoperarla ai ini della propaganda immediata, sia per esercitare il controllo dell’orientamento del pubblico, proponendo deinite categorie di valori. Alcuni caratteri dell’ediicio potevano variare proprio in relazione alla scelta di sviluppare determinati spazi per attività ritenute più importanti, come la sala degli spettacoli o la palestra, a scapito di altri. Ove non fosse presente una sede autonoma dell’O.N.B., presso le Case del Fascio si trovavano anche i locali adibiti allo svolgimento delle funzioni di tale organizzazione giovanile. Altri elementi fortemente caratterizzanti della Casa del Fascio erano la sua posizione centrale rispetto al contesto, spesso raforzata dalla presenza di una piazza antistante, e la Torre Littoria, talvolta custode del sacrario ai caduti della Prima Guerra Mondiale, analogia del campanile o della torre municipale; visibile da tutta la città, diventa nuovo perno 17


urbano.

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1.2

DIBATTITO SULL’ARCHITETTURA E SULLO STILE RAPPRESENTATIVO DEL FASCIMO


Nella pagina introduttiva, la Casa del Fascio di Signa, Firenze.

Sono stati numerosi i dibattiti e i confronti tra i professionisti riguardo alla scelta dello stile architettonico che potesse rappresentare al meglio la nuova era fascista. Molti architetti dell’epoca giudicavano il ritorno alla classicità per la progettazione architettonica moderna un passo ben più legittimo di quello compiuto dai razionalisti europei, in quanto li consideravano imitatori delle forme e delle linee della casa rurale italiana e in generale dell’architettura tradizionale. Pietro Maria Bardi, giornalista e critico d’arte dell’epoca, al contrario, nel 1931 sollecitava direttamente Mussolini a identiicare l’architettura fascista nell’architettura del razionalismo, in quanto quest’ultima, ritenuta rivoluzionaria, sembrava poter inverare adeguatamente la rivoluzione fascista5. Una svolta determinante avviene nel dicembre del 1927, con un articolo della rivista “Rassegna italiana”, in cui si metteva in campo una nuova idea di razionalità dell’architettura e dell’urbanistica ad opera del Gruppo 7, appena istituito da giovani laureandi e laureati in architettura. Il gruppo inizialmente appoggiava la rinuncia al dilettantismo individualista alla ricerca di uno “spirito nuovo”, un classicismo puro e assoluto, basato sulle proporzioni, la matematica, lo spirito greco a cui “l’architetto dovrebbe dare il tono fondamentale”6, distinguendosi dagli architetti precedenti ormai privi di innovazione7. Questa inclinazione è totalmente diversa dallo storicismo e propone un linguaggio moderno basato su determinati principi, tuttavia ben lontano dalle punte estreme di alcuni esempi internazionali. 5 C. Cresti, B. Gravagnuolo, F. Gurrieri, Architettura e città negli anni del fascismo in Italia e nelle colonie, Pontecorboli Editore, Firenze, 2005, p. 8. 6 R. Papini L’architettura europea e il concorso di Ginevra, in: Architettura, settembre - ottobre 1927, n 1 – 2, pag. 61. 7 G. Ciucci, Gli ar hitei e il fas is o. Ar hitetura e ità , Ei audi, Tori o, , ap. , p. .

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Il dibatto in questi anni è spesso acceso e complesso, in quanto ricco di temi diversi e posizioni talvolta contrastanti. All’inizio sembra che sussista un ine comune tra chi lotta per l’afermazione di un’architettura razionale e chi mira all’attuazione della rivoluzione fascista. Tuttavia, gli intenti si dimostrano ben presto diferenti e nasce una nuova polemica riguardante il tema dell’ “architettura arte di Stato”8, a conferma di quanto diventi importante chiarire il ruolo dell’architettura stessa in un periodo storico di grande evoluzione. In generale, appare evidente la necessità di un organismo centrale in grado di stabilire alcune linee guida su cui basarsi per la costruzione e lo sviluppo delle città fasciste. La deinizione di una architettura come “arte di Stato” prende forma in un clima di grande fermento in cui il partito mira all’afermazione di un’identità culturale strettamente legata al regime e, in un certo senso, appendice delle sue volontà; nello stesso periodo, per rispondere a questa esigenza, vengono creati l’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, l’Istituto di Enciclopedia Italiana e l’Ordine dei Giornalisti e il Sindacato nazionale fascista degli Architetti. In questo modo, lo ‘stile’ diventa espressione diretta di un preciso contenuto politico e assume un valore più o meno alto in risposta alla sua capacità di rappresentare l’idea fascista. Viene a formarsi uno stretto legame tra stile fascista e stile moderno, anzi, quasi i due termini si confondono in un unico concetto. Si può dire, quindi, che insieme all’internazionalismo del Gruppo 7, questa tendenza sia un presupposto importante per creare “un’architettura veramente italiana”. In questo contesto, il “classico” diviene chiave di lettura per misurare la validità e l’attendibilità dell’architettura moderna, cercando di giungere ad uno spirito appunto classico per mezzo di forme classiche. All’interno di questo dibattito limitato, per certi 8 G. Ciucci, Gli ar hitei e il fas is o. Ar hitetura e ità ap. , p. - .

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, Ei audi, Tori o,

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aspetti, a concetti ideali e teorici, interviene anche Marcello Piacentini, il quale esorta le parti a riportare la questione a livelli più concreti, considerando anche gli aspetti economici, sociali, urbani e industriali direttamente legati all’architettura razionale9. Una critica verso la concezione di architettura come arte di Stato viene mossa da Edoardo Persico, il quale propone, in alternativa, un movimento eroico dai rilevanti attributi morali. Egli aferma che il razionalismo è “morto”, a causa del suo carattere di “europeismo da salotto” (in riferimento al Gruppo 7) nato “da pretesti pratici [...], senza nessuna aderenza ai problemi reali, e senza nessun vero contenuto”. Persico vede lo “stile” come espressione di una civiltà giunta al massimo grado di evoluzione; dall’architettura si misura la civiltà, non viceversa; ma la sua è una posizione minoritaria, non un mezzo di interpretazione del popolo stesso, della sua epoca e della sua quotidianità. Emergono quindi, da questi confronti, due interpretazioni di architettura “moderna”, una come stile rappresentativo di un’epoca in grado di esprimere nuovi valori sociali, l’altra come immagine di un regime fascista, giovane e intransigente, consapevole del suo ruolo ormai internazionale. E’ necessario considerare di pari valore al dibattito sull’architettura anche quello sull’urbanistica, dal momento che l’afermazione dello Stato nella città avviene sotto forma di riorganizzazione del territorio. La Casa del Fascio è una fondamentale pedina nel rapporto tra il potere e la trasformazione della città, in quanto risulta uno degli ediici più rappresentativi dell’autorità politica e si fa messaggero degli ideali che il partito si propone di trasmettere ai cittadini. L’inserimento della Casa del Fascio nel contesto urbano è quindi determinante 9 G. Ciucci, Gli ar hitei e il fas is o. Ar hitetura e ità cap. 3, p. 108-113.

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, Einaudi, Torino, 2002,


per la comprensione delle dinamiche di una data città e l’intervento deve essere, in questo senso, coordinato e razionale. La volontà del regime determina che la Casa del Fascio sia collocata nel centro strategico della vita paesana o cittadina10, con il compito di surrogare le

I. Gardella, progetto di concorso per la Torre di Piazza Duomo, 1932.

funzioni urbane della chiesa e del municipio11. La Torre Littoria si propone, quindi, come nuovo perno urbano, dominando la piazza principale del paese, luogo delle manifestazioni di massa12. Nonostante queste direttive, la torre non sarà presente in molti dei progetti preparati per i concorsi, o ove presente non sarà trattata come elemento primario della composizione. Questa scarsa attenzione forse è dovuta anche al fatto che si dà più importanza alle problematiche oferte dal linguaggio architettonico, che a quelle di carattere simbolico. Anche negli articoli viene appena menzionata: si dice solamente che “deve slanciarsi verso il cielo per dominare la città e la campagna come i castelli e le torri dei comuni e delle signorie”13. Anche se spesso non c’è stato un riscontro concreto, è importante notare che il tema della Torre Littoria è stato più volte al centro dei dibattiti di architettura di quel periodo. Essa è stato oggetto di sperimentazioni architettoniche fra arte e tecnica, come quella di Gio Ponti per la Torre Littoria del Parco Sempione14 e in alcuni casi è stata presentata perino quale primo obiettivo progettuale, come nel concorso per la Torre Littoria prevista in piazza Duomo a Milano. Quest’ultima 10 In: L’Assalto, 12 marzo 1932, p. 1. 11 P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Ar hitetura delle Case del Fas io, atalogo della ostra Le Case del Fas io i Italia e elle terre d’Oltre are , Ali ea Editri e, Fire ze, , p. . 12 Idem 13 In: L’Assalto, 12 marzo 1932, p. 1. 14 In: Casa ella, agosto , . , pp. - .

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doveva essere un degno monumento al fascismo, contemporaneo e allo stesso tempo adeguato in forme e materiali al contesto storico della piazza, ma nessuno dei concorrenti è riuscito a convincere la giuria, delusa da un’interpretazione del tema troppo artiiciosa e limitata a simbolismi e stilizzazioni15. Non è stata dello stesso avviso la redazione di Casabella che, discostandosi da tali valutazioni, ha evidenziato la costrizione accademica di un’architettura di genere, distinta per funzioni e stili predeterminati, presentando ad esempio meritevole due progetti di concorso della stessa torre di una decisa e chiara modernità razionalista16. Risulta evidente, quindi, che per poter studiare la Casa del Fascio da un punto di vista sia funzionale sia espressivo ed estetico, occorre analizzare con attenzione il contesto urbano cui fa direttamente riferimento e in cui si inserisce, evidenziando come l’architettura si faccia portavoce di determinati valori. Infatti, è proprio in relazione al contesto che l’ediicio comunica un determinato messaggio. La progettazione delle Case del Fascio è stata oggetto di numerosi dibattiti e confronti tra professionisti di diverso calibro e, sicuramente, un’importante occasione per i progettisti per potersi misurare con tipologie edilizie innovative, oltre che con prodotti e materiali originali. Era una fase storica di fervore creativo in cui l’architettura riprendeva lo slancio e cercava di elaborare un nuovo linguaggio adatto al mondo sempre più moderno di quei tempi. Le scelte progettuali da una parte riprendevano i temi della tradizione storica rielaborandoli in una lingua più essenziale e asciutta, dall’altra si riallacciavano alle ricerche condotte dalle avanguardie europee. Si passa, in un tempo relativamente breve, dallo storicismo a modalità espressive totalmente diverse, di impronta decisamente più moderna. In questo frangente, viene riservata attenzione, oltre che alla facciata, anche alla 15 16

La Casa del Fascio di lissone, in Architettura, agosto 1935, n. 8, p. 475-486. Concorso per una torre, in: Casa ella, luglio 1935, n. 91, pp. 22-26.

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distribuzione interna degli spazi. Talvolta la sperimentazione raggiunge dei livelli estremi che causano l’efettiva impossibilità di realizzazione delle opere ideate: alcuni progetti rimangono sulla carta, perché giudicati troppo rivoluzionari. La maggior parte degli architetti al momento in cui realizza questi progetti si trova nei primi anni della propria attività e molti conducono ricerche che proseguiranno per l’intero arco della loro vita professionale. In generale, questo clima di grande confronto tra diverse culture architettoniche e diverse scuole di pensiero si è instaurato anche grazie all’uso sistematico di concorsi pubblici, molto frequenti e partecipati durante il Ventennio. Originariamente, si intendeva costituire un organismo che fosse in grado di uniicare i caratteri dell’architettura, in modo tale da deinire con chiarezza uno stile nuovo e rappresentativo del potere, avente caratteri peculiari e riproducibili. In realtà, tale organismo è stato costituito, ma è stato il Sindacato a esercitare un controllo di questo genere. Negli anni Trenta è stata data molta importanza a tali concorsi e, in particolare, al contenuto dei bandi e alla formazione delle giurie. L’obiettivo comune dei giudici era quello di inluenzare le scelte future e ognuno cercava il modo per far diventare le proprie idee linguaggio comune, linguaggio nazionale, linguaggio fascista17. A proposito di questo aspetto, si può dire che, seppure il regime abbia individuato i criteri di carattere generale cui fare riferimento per progettare queste sedi negli anni ’20, il primo esperimento di classiicazione tipologica delle case del fascio sia nato proprio grazie ad un concorso, bandito nel 1932 nella città di Bologna dalla rivista “L’Assalto” ed esteso a tutte le scuole d’architettura italiane. Questa iniziativa mirava, appunto, alla deinizione della tipologia delle future Case del Fascio e ha costituito perciò un importante punto di partenza 17 G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino, 2002, p. 130.

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per la costruzione dell’identità del neonato organismo pubblico. L’intento del concorso era anche quello di far fronte alla scarsa qualità degli ediici progettati e costruiti ino a quel momento, suggerendo dei parametri generali applicabili ai singoli casi che consentissero una produzione più attenta e pregevole della precedente. Il periodo storico era molto fertile dal punto di vista del rinnovamento del linguaggio architettonico, in quanto era già in atto da qualche anno il lavoro delle avanguardie razionaliste. Non tutti i personaggi alla guida del partito condividevano la necessità di questo genere di linee guida, considerando decaloghi e formulari inadatti alla progettazione dell’arte fascista. La rivista “La casa bella” è stata l’unica a pubblicare i risultati del concorso di Bologna, mettendo in evidenza l’attenzione posta dai partecipanti al disegno chiaro e sintetico e alle soluzioni planimetriche18, secondo il direttore Pagano “dimostrando di aver compreso l’importanza essenziale di questa parte del progetto”19. In particolare, dei progetti dei vincitori ha apprezzato il fatto che si avvicinassero molto ad un concetto planimetrico ‘tipico’, poiché avevano “una pianta chiara, semplicissima e facilmente snodabile a seconda delle accidentalità del terreno e suscettibile tanto di una esecuzione a serie quanto di successivi ampliamenti”20. Un’architettura, quindi, tecnicamente standardizzabile, con una struttura elementare e una composizione aderente allo spirito e alle funzioni del fascismo, per poter dare “libero sviluppo alle sue tre forme di attività: educazione spirituale delle masse, 18 P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Ar hitetura delle Case del Fas io, atalogo della ostra Le Case del Fas io i Italia e elle terre d’Oltre are , Alinea Editrice, Firenze, 2006, p. 66. 19 La Casa del Fascio di Lissone, in: La Casa bella, giugno 1932, 54, p. 24. 20 Idem

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organizzazione e inine esaltazione della forza isica degli individui”21. Qualche critica è stata mossa verso chi non è riuscito a rinunciare ad archi e colonne, richiamando eccessivamente il monumentalismo, e a chi ha fatto un uso eccessivo del vetro, che non si addice molto alle necessità di una sede di partito. Questa scelta progettuale di inserire molte superici trasparenti può essere letta come un’interpretazione delle direttive imposte dal concorso, nelle quali si diceva: “Tutto quello che nella Casa del Fascio si compie e si svolge deve chiaramente osservarsi anche dall’esterno, poiché il Fascismo nulla ha da nascondere: quindi grandi ambienti semplici che diano più l’idea della serra che del sepolcro [...]. La Casa del Fascio deve possedere invece un’impronta di schietta e prorompente giovinezza: deve avvicinarsi più allo stadio che al cimitero; meno uici e più sale di convegno; meno decorazioni e più semplicità; meno prospettive sforzate e maggiore visibilità del panorama. E soprattutto, aria e sole”22. Lo stesso Mussolini afermava che il fascismo era una “casa di vetro”; questa immagine ispirerà Giuseppe Terragni per progettazione della Casa del Fascio di Como23.

21 In: Rasseg a di Ar hitetura, giugno 1932, n. 6, p. 274. 22 In: L’Assalto, 19 marzo 1932, p. 1. 23 G. Ciucci, Gli ar hitei e il fas is o. Ar hitetura e ità p. 110.

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, Einaudi, Torino, 2002,


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1.3

DEFINIZIONE DELLA CASA DEL FASCIO TIPO ATTRAVERSO I DETTAMI DEL CONCORSO


Nella pagina introduttiva, uno dei progetti di concorso per la Casa del Fascio di Oleggio di G. Franzi, M. Martelli, W. Torri.

Il bando del concorso del 1932 sopra citato deinisce 3 tipi di case del fascio: per paesi dai 5000 ai 10000 abitanti, per cittadine dai 10000 ai 50000 abitanti, per città oltre i 300000 abitanti24. Questa distinzione genererà una serie di altri concorsi a tema, come quello delle case del fascio per piccoli paesi dell’entroterra e di conine e quello per i Palazzi del Littorio, prima a Roma e poi nelle altre grandi città italiane. Il concorso si chiude con la deinizione di linee generali di una Casa ‘tipo’, che dovrebbero essere quelle di un ediicio dalle vastissime sale “inondate di aria e di sole, colla violenta tinteggiatura degli intonaci ed il brillare festoso dei metalli”25. In molti casi, tuttavia, questo commento verrà smentito dall’uso della pietra naturale, materiale che sarà spesso impiegato per il trattamento delle superici esterne26. Le risposte dei professionisti sono state molteplici e guidate principalmente da istanze di carattere ideologico27; alcuni erano alla ricerca di progetti che fossero in grado di esprimere la propria idea di architettura, imponendo un linguaggio in linea con le più avanzate ricerche progettuali dell’epoca28. Spesso, nonostante il tentativo di imporre dei parametri generali, non è stato possibile trovare riferimenti precisi tali da poter guidare con coerenza la progettazione delle innumerevoli sedi. Solo nell’ambito delle Case del Fascio rurali, a causa delle ristrettezze autarchiche imposte nei concorsi, si è potuta ottenere una certa uniformità delle proposte, sia nella composizione generale 24 G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino, 2002, p. 110. 25 In: L’Assalto, 4 giugno 1932, p. 5. 26 P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Architettura delle Case del Fascio, catalogo della mostra “Le Case del Fascio in Italia e nelle terre d’Oltremare”, Alinea Editrice, Firenze, 2006, p.69. 27 Idem 28 Idem

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dell’impianto, sia nella dislocazione interna dei servizi29. Anzi, per queste Case la presenza della torre, dell’arengario, dei simboli come i fasci littori e le aquile imperiali e dei materiali trattati a faccia vista è stata fondamentale per permettere la distinzione di tali ediici rispetto alle altre strutture pubbliche del paese. Per questo scopo, tutti gli elementi si sarebbero dovuti presentare contemporaneamente. Paradossalmente, pare che la prima Casa del Fascio sia stata un vecchio ediicio, il palazzo Fava, la cui acquisizione si deve all’onorevole Arpinati, ex anarchico. Nonostante possa sembrare strana la scelta di un ediicio di impronta storica per questo nuovissimo tipo di destinazione d’uso, questo episodio non deve stupire, in quanto non si tratta di un caso isolato. Infatti, ino all’inizio degli anni Trenta, il fascismo prediligeva, per le sue iniziative architettoniche, lo storicismo eclettico, ritornato in auge dopo la breve parentesi del Liberty. Per alcuni anni, la nuova tipologia non ha coinvolto particolarmente i professionisti più validi e la qualità architettonica è rimasta decisamente bassa, a diferenza di quanto è accaduto nei confronti dell’edilizia per l’Opera Balilla. E’ solo nel 1932, con detto concorso, che si proila nettamente il fronte del rinnovamento con le due tendenze ormai chiaramente delineatesi dei razionalisti da una parte e dei tradizionalisti dall’altra30. In questo contesto di apertura verso l’innovazione vi sono tutti i presupposti perché inizi per l’architettura italiana un momento felice e di sperimentazione, ma con l’intensiicarsi dei rapporti con la Germania nazista nel 1934 e la visita di 29 P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Architettura delle Case del Fascio, catalogo della mostra “Le Case del Fascio in Italia e nelle terre d’Oltremare”, Alinea Editrice, Firenze, 2006, p.70. 30 Ibidem, p. 28.

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Hitler a Roma del 1938, si ha subito una battuta di arresto: la città, infatti, viene presentata adorna di fontane luminose e arredi ispirati al mito neo-imperiale, in un’atmosfera decisamente lontana dalle prospettive di rinnovamento degli anni precedenti. Tra le Case del Fascio progettate e intese come opere razionaliste spiccano, oltre al capolavoro di Como e all’altra esperienza a Lissone, la sede genovese del Gruppo Rionale Buonservizi di Luigi Carlo Daneri, che si attiene alla grammatica lecorbuseriana, la casa di Guidonia progettata da Giorgio Calza Bini e la casa di Oleggio il cui progetto più interessante è quello di Luigi Vietti e Ignazio Gardella. Si annoverano anche progetti non realizzati, come uno di quelli di concorso per la casa littoria di Asti, dove si nota una particolare attenzione ai lussi di folle e mezzi e alla diferenziazione degli accessi per gerarchie (funzionari e pubblico) ed utenze (uici, servizi, sale)31.

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Concorso per la Casa Littoria di Asti in Architettura, ottobre 1934, n. 10, pp. 602-613.

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Nelle pagine precedenti: 1. 2. 3. 4.

La Casa del Fascio di La Casa del Fascio di La Casa del Fascio di La Casa del Fascio di

Como di G. Terragni, 1932. Lissone di G. Terragni, 1939. Genova di L.C. Daneri, 1937. Guidonia di G. Calza Bini, 1937.

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1.4

EVOLUZIONE DELLA CASA DEL FASCIO TRA SPERIMENTAZIONE ED ESIGENZE DI REGIME


Nella pagina precedente, la Casa del Fascio di Bolzano di G. Pelizzari, F. Rossi, L. Plattner, 1942.

Alla luce dei ragionamenti di carattere generale proposti a proposito del dibattito sull’architettura durante il periodo del regime, si propone un’analisi di alcuni casi studio che permettono di individuare dei caratteri ricorrenti che contraddistinguono l’architettura della Casa del Fascio. In particolare, sono state individuate tre fasi, ciascuna con peculiarità ben precise, deinite da estremi cronologici indicativi e scandite da alcune date che segnano dei cambiamenti signiicativi in architettura, in quanto vanno a formarsi diversi modi di approccio allo sviluppo del tema. I casi sono stati individuati al ine di evidenziare il messaggio che gli architetti e le autorità si propongono di trasmettere e le peculiarità che le caratterizzano in ciascuna fase, in modo da delineare lo sviluppo della Casa del Fascio dai primi anni venti ino alla caduta del fascismo. L’analisi è stata efettuando considerando: • rapporto con il contesto urbano e posizione rispetto al centro cittadino • distribuzione e funzioni degli ambienti interni • permeabilità degli ambienti • decorazioni, simboli e presenza di elementi caratterizzanti esclusivi, come la torre e il sacrario • carattere di monumentalità • rapporto con i dettami dell’autarchia • vicende di concorso e ediici realizzati È stato così possibile individuare analogie e diferenze tra le fasi e sottolineare i caratteri comuni che qualiicano gli ediici inseriti in uno dei periodi storici, ognuno dei quali fortemente inluenzato sia dagli avvenimenti dell’architettura italiana e dai dibattiti, sia dalla personalità dei singoli progettisti, che agiscono 40


abbastanza liberamente per interpretare un tema che poteva essere sempre nuovo, non essendo sottoposto a vincoli e allo stringente controllo di una speciica organizzazione. Sono proprio alcuni progettisti dell’epoca con particolare personalità e ingegno ad inluenzare le realizzazioni successive, costituendo dei veri e proprio modelli. Essi pubblicano sulle più importanti riviste di architettura in ambito nazionale e ciò permette di comprendere meglio le loro architetture, dando la possibilità ai nuovi progettisti di prenderle ad esempio e alimentare il dibattito che si stava sviluppando. Tra i lavori presentati vi sono anche progetti di concorso, in un momento storico in cui si intensiica il fenomeno della gara poiché si ritiene che la competizione permetta di aumentare la qualità dei progetti e stimoli la creatività degli architetti, i quali danno una personale interpretazione del moderno, prestando anche attenzione alle tendenze dell’architettura internazionale. Nell’ambito dell’architettura della Casa del Fascio è stato possibile notare, attraverso l’analisi proposta, come non possa identiicarsi uno ‘stile’ univoco che contraddistingua gli ediici in una medesima fase o gli ediici tra loro: questo è da ricondursi alla struttura politica del partito e alla sua difusione sul territorio. La prima fase comprende le realizzazioni dagli albori del fascismo ino al 1931, un periodo di tempo in cui si comincia a sentire la necessità di fornire il partito di opportune sedi per le proprie attività. È in questo momento che nasce l’architettura della Casa del Fascio, in luogo di adattamenti più o meno felici di ediici preesistenti. I primi esempi sono di carattere marcatamente storicista e non sono ancora contraddistinti dalla ricerca che sarà propria dei progettisti

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successivi32. Tra gli ediici emblematici di questa prima fase si considera la Casa del Fascio di Signa (FI) realizzata nel 1927 dall’architetto Adolfo Coppedè, caratterizzata da un simbolismo molto accentuato ma marcatamente teatrale, dove sono chiari i riferimenti all’architettura dell’Ottocento di stampo neoclassicista. La Seconda Esposizione Italiana di Architettura Razionale del 1931, ben più radicale della Prima Esposizione del 1928, scandisce l’inizio della seconda fase, che prosegue ino al 1937, data del secondo concorso per il Palazzo del Littorio di Roma. In questo arco di tempo, i progetti sono molto più vari rispetto a quelli della fase precedente e le caratteristiche più sfumate: emerge maggiormente la personalità di ogni singolo architetto, che dà voce alla propria idea di moderno e di fascismo. Non vi è, quindi, una serie di caratteristiche simili per ogni architettura, al contrario di quanto avviene nel primo periodo, non essendoci un controllo esercitato dal partito sui progettisti (come invece avviene per i progetti degli ediici dell’O.N.B). Gli architetti agiscono abbastanza liberamente nel contesto in cui sono chiamati a progettare: è il caso di Giuseppe Terragni con la Casa del Fascio di Como. Questa rappresenta uno degli esempi più elevati di architettura moderna e per questo motivo non viene compresa da alcuni degli stessi membri del partito. Ad esempio, il simbolo della torre, spesso ricorrente nella progettazione della tipologia, si trova qui in veste di “memoria della torre”, ma questo sviluppo intellettuale non è di immediata comprensione, insieme al carattere di modernità della Casa, che all’interno deve essere permeabile per rappresentare l’idea di fascismo come “casa di vetro”, trasparente nel suo operato. 32 Queste architetture si legano ancora in buona parte allo stile tardoumbertiano e “Nazionale” del primo Novecento italiano. Sono quindi ediici che si adeguano alle tradizioni architettoniche del periodo in cui nascono e, in particolare, cercano di creare un ediicio in grado di dialogare con il contesto.

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Come già spiegato in precedenza, è importante considerare il Concorso per una casa del fascio tipo del 1932, a cui partecipano alcuni tra gli architetti più rilevanti del panorama italiano, con alcune proposte di carattere fortemente innovativo e moderno. È il caso del progetto dei BBPR di quello di Bani Belgiojoso, Peressutti e Rogers, entrambi del 1932. Al di fuori del concorso, si mette in evidenza il progetto realizzato da Luigi Carlo Daneri per il Gruppo Rionale Nicola Bonservizi a Sturla (GE) del 1939, che ascolta le più moderne tendenze dell’architettura europea: è chiaro il riferimento a Villa Savoye di Le Corbusier. Un altro progetto innovativo è quello per la Casa del Fascio di Oleggio Ignazio Gardella e Luigi Vietti del 1934, mai realizzato, di carattere fortemente europeo. Nella terza fase si possono includere opere di architetti che, nonostante i vincoli dell’autarchia, imposta per legge nel 1938, si dimostrano in grado di imprimervi un carattere di modernità. Infatti, nonostante il divieto di utilizzare il cemento armato e l’obbligo all’uso di materiali prevalentemente locali, alcuni con grande abilità riescono a progettare ediici di impronta decisamente moderna. Due validi esempi sono la Casa del Fascio di Moena (TN) ideata da Sergio Mezzina nel 1942 e quella di Baselga di Pinè (TN) di Giovanni Astengo del 1943. Un altro ediicio signiicativo è quello progettato da Giuseppe Pagano a Trieste, dove si rilette la sua idea di ediicio per il partito, in cui gli spazi devono essere esattamente quelli utili alle sue attività. Un corpo aggettante ospita il teatro di vocazione pubblica, mentre il blocco retrostante è da destinarsi agli uici, poiché secondo il suo parere questi non potevano avere una sede migliore di quella realizzata in quel modo. Ogni locale è pensato per svolgere al meglio una certa attività e l’ediicio si conigura in quel modo perché è migliore in quel contesto e per le funzioni richieste. La sua inclinazione è pratica e totalmente diversa rispetto a quella che Terragni esprime nella sua Casa del Fascio a Como, 43


rivestita in corso d’opera in marmo di Botticino, dove il materiale da valore ma non monumentalità. L’ultima fase è anche quella della massima esaltazione celebrativa del regime, con un linguaggio monumentale che fa delle decorazioni uno dei mezzi prediletti per raggiungere il suo obiettivo: questo è ben visibile nella Casa del Fascio di Bolzano progettata da Guido Pelizzari, Francesco Rossi, Luis Plattner nel 1942. Va inoltre evidenziato che la struttura del partito va burocratizzandosi nel corso del tempo e questo comporta un’inluenza di ordine pratico e non solo simbolico sulla tipologia; ogni luogo ha poi i suoi condizionamenti speciici, i progetto non sono delle invarianti storiche, ma piuttosto ogni ediicio ha le sue speciiche vicende e diverso è ogni progettista. CASI STUDIO - PRIMA FASE: 1922-1931 Casa del Fascio di Signa (FI) Viene progettata dall’architetto Adolfo Coppedè e realizzata nel 1927. L’ediicio analizzato risulta essere perfettamente rispondente alle caratteristiche che deiniscono la prima fase. Il carattere dell’architettura è ancora legato ad una visione tradizionale e non risente delle inluenze del rinnovamento cui si sta mirando in Europa in quel periodo. La struttura è caratterizzata da elementi di un linguaggio storicista rivisitato in chiave teatrale.

Casa del Fascio di Signa (Fi), A. Coppedè, 1927.

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La decorazione esterna è decisamente prorompente, anche in termini di simbologia fascista, e per questo conferisce alla struttura una connotazione decisamente comunicativa ed esplicativa del messaggio che il regime si propone di trasmettere al popolo attraverso l’architettura33.

Copertura della casa del Fascio di Como, G. Terragni, 1932.

- SECONDA FASE: 1931-1937 Casa del Fascio di Como Viene progettata dall’architetto Giuseppe Terragni nel 1931 e realizzata tra il 1932 e il 1936. Analizzando il contesto urbano per inquadrare questo ediicio nell’ambito cittadino, si possono evidenziare delle diferenze con le Case del Fascio costruite negli anni precedenti. La centralità diviene uno degli elementi caratterizzanti di questa tipologia, che a partire dagli anni Trenta si propone come nuovo fulcro cittadino al pari degli ediici storicamente rappresentativi della città. Talvolta si costituisce come un nuovo centro dove si organizzano attività di coinvolgimento delle masse, in accordo con la volontà di controllo applicata dal regime stesso. La grande piazza per le adunate è il nuovo spazio pubblico di aggregazione, in diretta adiacenza con la casa, da cui si potevano ascoltare i discorsi proferiti dagli arengari. Un altro elemento caratterizzante è la Torre Littoria, la quale nel caso di Como non è realizzata in senso canonico ma risulta comunque esservi simbolicamente, identiicata per astrazione con la parete bianca che fa da contrappunto alle bucature della facciata principale. Con il progetto di Como, Terragni dà voce all’idea mussoliniana del fascismo come “casa di vetro”, sia per quanto riguarda 33 G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino, 2002, p. 110.

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la conigurazione degli spazi interni, sia per il rapporto tra ambiente esterno ed interno. Considerando lo spazio interno, risulta evidente il messaggio che si vuole trasmettere attraverso le grandi vetrate e la piena visibilità delle attività che vengono svolte negli uici: tutte le azioni possono essere controllate, esattamente come l’operato del fascismo deve essere trasparente, perfettamente comprensibile e dichiarato chiaramente nei suoi intenti. La permeabilità è ottenuta anche tra esterno e interno, attraverso vaste aperture che permettono un costante legame con il contesto e danno grande luminosità all’interno degli ambienti di lavoro. L’ediicio di Terragni segna un cambiamento in termini di progettazione che divide le opere precedenti il 1931 da quelle che lo seguono: il carattere storicista è ormai del tutto abbandonato e i progettisti cercano di deinire un linguaggio che connoti l’architettura della Casa del Fascio come tipologia nuova. In realtà non si costituirà uno schema di linee guida rigide da seguire per la progettazione, ma sono comunque individuabili delle caratteristiche ricorrenti che qualiicano in senso moderno l’architettura stessa. Considerando il ragionamento per fasi, si può cogliere una diferenza signiicativa tra le proposte di progetto di concorso e la versione realizzata: la prima, del 1928, presenta ancora la torre, mentre quella realizzata sviluppa il concetto di torre in chiave astratta. Studiare la conigurazione degli spazi interni permette di mettere in evidenza come nel corso degli anni vadano a deinirsi delle funzioni che possono essere considerate tipiche delle Case del Fascio. : il grande atrio di ingresso, uno spazio interno per le adunate comunque più piccolo rispetto alla piazza esterna, il sacrario, gli uici in cui si svolgevano 46


funzioni amministrative e venivano oferti servizi per la società. Nel progetto di Como non vi sono ancora degli ambienti prettamente ricreativi, come ad esempio un cinema o un teatro. La monumentalità dell’ediicio non è portata alle estreme conseguenze, non è ostentata e non comunica la trionfale esaltazione delle gesta del fascismo, come invece avverrà nelle costruzioni a partire dalla ine degli anni Trenta ino alla caduta del regime. Inoltre, non vi sono simboli che costituiscano un apparato decorativo distinto dall’ediicio stesso. Casa del Fascio di Asti Viene progettata dall’architetto Ottorino Aloisio e realizzata tra il 1934 e il 1935. Uno degli elementi più caratteristici è la grande monumentalità con cui esso si inserisce nel tessuto urbano, non solo per come si presenta, ma anche perché il ruolo che svolge nell’ambito cittadino è di protagonista assoluto . Lo spazio aperto antistante permette di dare ancora più rilievo all’architettura, che con la sua torre centrale si pone maggiormente in evidenza e come un vero e proprio punto di riferimento. Le dimensioni stesse dell’ediicio sono molto consistenti e contribuiscono a trasmettere l’idea di forza e potenza di cui l’architettura del regime doveva farsi portavoce. Anche in questo caso, tra gli elementi ricorrenti troviamo la torre e il sacrario, mentre la permeabilità, che caratterizza molti degli esempi di Casa del Fascio di questa fase, non è invece un elemento riscontrabile. La decorazione non raggiunge ancora una dimensione di tipo simbolico per l’esaltazione delle imprese del partito. Casa del Fascio di Oleggio Viene progettata ma non realizzata dagli architetti Luigi Vietti e Ignazio Gardella nel 1934. Questo ediicio possiede tutte le qualità 47


Progetto di concorso per Casa del Fascio di Oleggio, L. Vietti e I. Gardella, 1934.

Fregio decorativo della Casa del Fascio di Bolzano di P. Rossi De Paoli, 1942.

che caratterizzano la seconda fase. L’inserimento urbano è di rilievo e lo spazio aperto di fronte all’ediicio assume il carattere di piazza come nuovo luogo di aggregazione sociale. L’architettura, tuttavia, non è particolarmente permeabile nel suo deinire il rapporto tra interno ed esterno, mentre l’organizzazione degli spazi interni è molto libera. Un grande salone per le riunioni, un atrio trionfale e la torre contribuiscono a conferire un carattere di grandezza. La decorazione è scarsa; possono identiicarsi solo delle fasce verticali che connotano la torre e possono essere assimilate a fasci littori. - TERZA FASE: 1937-1942 Casa del Fascio di Bolzano Viene progettata da Guido Pelizzari, Francesco Rossi, Luis Plattner nel 1942. Tale caso studio può considerarsi il più signiicativo per identiicare la tendenza dell’architettura ad esaltare in maniera particolarmente eclatante l’ideologia del regime. Un elemento che ci permette di constatare questa volontà è costituito dal fregio lungo ben 35 metri e alto 5,5 (scultore Giovanni Pifrader) che narra le gesta eroiche del fascismo. Il carattere massiccio dell’ediicio contribuisce a trasmettere l’idea di forza e di potenza che il regime imponeva di far emergere attraverso l’architettura. La scalinata, il colonnato e la scarsa permeabilità tra esterno ed interno creano un’immagine trionfale fortemente celebrativa del potere politico, il cui crollo, tuttavia, si prospetta ormai imminente.

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SEZIONE II GIUSEPPE TERRAGNI


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2.1 CENNI BIOGRAFICI: LA VITA E LE OPERE


Nella pagina precedente, Terragni.

G.

Nasce come Giuseppe Ercole Enea il 18 aprile 1904 a Meda in provincia di Milano, il padre è Michele Terragni, imprenditore edile, e ha tre fratelli maggiori: Attilio, ingegnere e futuro podestà di Como, Alberto, ragioniere e Silvio, che scomparirà tragicamente nel 1926. La famiglia si trasferisce a Como in una palazzina di via Indipendenza nel 1909 e Giuseppe, dopo le scuole elementari, s’iscrive alla sezione isico-matematica dell’Istituto tecnico Cajo Plinio Secondo. Termina la scuola nel marzo 1921 nella sezione ragioneria e commercio insieme al pittore Manlio Rho, mentre Mario Radice, pittore astrattista che sarà suo attivo collaboratore, si era già diplomato nel 1916. Nell’autunno 1921 si iscrive alla Scuola superiore di architettura presso il Politecnico di Milano. Si mostra studente attento e disciplinato nonostante cominci a percepire i limiti dell’insegnamento accademico di Gaetano Moretti, Piero Portaluppi, Giuseppe Pizzigoni. Nel 1925 visita Roma e Firenze, disegnando reperti archeologici e tipologie costruttive, ornamenti e sculture. Di questo viaggio Piero Bottoni1 dirà che “studiava allora a fondo Michelangelo, forse per un’aine sensibilità plastica e spaziale”. Si laurea nell’ottobre 1926 in “architettura, decorazione e prospettiva” e partecipa insieme a Pietro Lingeri, al concorso per il monumento ai caduti di Como. Per l’occasione proporranno il progetto di un ediicio in armonia con le preesistenze civili (Broletto) e religiose (Duomo). Non vincono il concorso, ma nasce una stretta collaborazione con Lingeri, collega dotato di originale inventiva e pacato La bibliograia su Giuseppe Terragni è molto corposa e variegata per interpretazioni, preliminarmente si è scelto di prediligere alcune pubblicazioni giudicate più esaustive. 1 È tra i protagonisti del Razionalismo italiano, come della sua revisione critica; nel 1933 prende parte alla redazione della Carta di Atene, il manifesto dell’urbanistica razionalista. Nello stesso anno è tra i promotori della rivista Quadrante.

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equilibrio formale. Sarà con lui che realizzerà cinque case d’abitazione a Milano fra il 1933 e il 1935, di una progettazione schietta, concreta ed essenziale. Il giovane Terragni dimostra subito la sua indole irruente e appassionata in pubblico, restando tuttavia schivo e riservato nella vita privata. Racconta Aurelio Pedraglio, disegnatore nel suo studio dal 1936, come egli preferiva lavorare intensamente di notte nel suo uicio, lasciando al mattino progetti già compiuti e ricchi di appunti. Rilette a lungo, deinisce numerose varianti di progetto, pur mantenendo salda l’idea iniziale, sempre chiara e ben deinita dalla sua naturale predisposizione al disegno, dote incoraggiata dalla madre Emilia Giamminola.2 Il suo pensiero si bilancia tra l’odio per la retorica del falso antico e l’aspirazione ad un sprovincializzazione del gusto e dei costumi.3 Il rapporto col fascismo è sicuramente una delle chiavi di lettura di questo artista. In un primo momento si aida totalmente agli ideali del movimento, in seguito, con l’esperienza della guerra, sembra fare un passo indietro, consapevole della caduta di quegli ideali che l’avevano ispirato e decide di aidare alle sue opere l’avvio di un processo rivoluzionario autonomo. Analizzando in maniera precisa il blocco poetico delle sue opere, l’iter costruttivo di Terragni acquista “un eccezionale rigore morale ed eccessivo”4, ogni sua fase appare concatenata. Nel 1927 apre il suo studio a Como con il fratello Attilio, diplomatico paciere tra Terragni e le autorità. Non di rado si ritroverà a indurre il fratello progettista a trovare un compromesso con le committenze per poter conseguire i suoi lavori,

2 Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p.634. 3 Idem 4 Ada F. Marcianò, Giuseppe Terragni: opera completa 1925-1943, Of. Edizioni 1987, p.9.

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come accadrà di lì a poco per l’albergo Posta (1930-35). 5 Un altro dei suoi stretti collaboratori sarà Luigi Zuccoli, un perito edile che assumerà come fedele esecutore di ogni ideazione progettuale; valido collaboratore ma anche caro amico. Tra il 1926 e il 1927 su “Rassegna Italiana” escono i 4 articoli del Gruppo 76 che enunciano i capisaldi del razionalismo: un’architettura nata dalle necessità dei tempi, “un’estetica nuova”, uno “spirito nuovo”, “un desiderio di verità, di logica, di ordine” tra l’ordine classico e la plasmabilità del cemento armato. Nel gruppo si inserisce Alberto Sartoris che da allora difenderà l’opera di Terragni con vigore polemico, ofrendogli le sue conoscenze internazionali7 e una visione obiettiva e distaccata nelle questioni professionali. E’ nella comunità di architetti, pittori e scultori comaschi che promuove l’astrattismo come tendenza progressista al ianco del razionalismo. Mentre a Milano apre la Galleria del Milione, punto di riferimento per l’arte europea e la formazione dell’astrattismo italiano, apprezzato da Terragni per la sua libertà compositiva. Sarà proprio presso il Milione, che nel 1933 Terragni fonderà insieme ad altri architetti e 5 Il progetto per l’Albergo Posta fu proposto allo studio Terragni dal proprietario del terreno, il sig. Butti, in seguito alla demolizione di alcuni fabbricati in loco. Si susseguirono diversi avvicendamenti burocratici con i coninanti al lotto in questione che portarono a numerose modiiche del progetto, inalmente realizzato nel 1935. Queste vicende resteranno un esempio, nel tempo, del “forzato ossequio” alla burocrazia dirigenziale con cui Terragni dovette far conto nel corso della sua carriera. 6 Il Gruppo 7 è stato un gruppo di architetti italiani costituito nel 1926 e capitanato da Carlo Enrico Rava; vi hanno fatto parte gli architetti Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Giuseppe Terragni e Ubaldo Castagnoli sostituito l’anno dopo da Adalberto Libera. Anche Giuseppe Pagano, pur non aderendo direttamente al gruppo, ne sostenne le posizioni condividendo le tesi del movimento. Si trattava di un animato gruppo di professionisti che si propose di rinnovare il pensiero architettonico e la ricerca formale e funzionale dell’edilizia italiana attraverso l’adozione del razionalismo. 7 Alberto Sartoris risiedeva in Svizzera.

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pittori la rivista “Quadrante”8, in collaborazione con il critico d’arte Pier Maria Bardi e il letterato Massimo Bontempelli. Nel 1930 collabora all’allestimento di uno stand alla IV Triennale di Monza delle arti decorative e industriali. Entra nel MIAR9 e partecipa alla Prima mostra di architettura razionale a Roma. Difende gli enunciati del Gruppo 7 e la deinizione di architettura “razionale”10 con convinzione, rispondendo agli attacchi del collega più autorevole Marcello Piacentini, che tenderà a guidare i professionisti più giovani in una “modernità” ancora legata alla cultura “mediterranea” e più classicamente monumentale. Terragni si ritrova così al centro di un conlitto generazionale, costretto a dibattersi insieme a Pier Maria Bardi, contro la voce dell’autorevole esteta, giornalista e scrittore Ugo Ojetti11, portavoce di un più conservativo trionfalismo romano.12 Terragni aferma che la “tradizione è nello spirito, non nella forma”13 e che “l’architettura non è costruzione e neppure soddisfazione di bisogni d’ordine materiale; è qualche cosa in più: è la forza che disciplina queste doti costruttive e utilitarie a un ine di valore estetico ben più alto” ino a che non si raggiunga 8 “Quadrante” è stata una rivista fondata nel 1933 da Massimo Bontempelli (anche editore) e Pier Maria Bardi; si poneva sin dall’inizio come sostenitrice della necessità di una associazione tra spirito moderno innovatore e politica del regime fascista. Pur occupandosi prevalentemente di architettura, era aperta a dibattiti letterari, artistici e musicali, ed ebbe un respiro internazionale e cosmopolita. Cessò le pubblicazioni nel 1936. 9 MIAR è il Movimento Italiano per l’Architettura Razionale, si conigurò come ampliamento del Gruppo 7 in occasione della Prima Esposizione Italiana di Architettura Razionale promossa da Adalberto Libera e Gaetano Minnucci, nel 1928 a Roma; comprendeva una cinquantina di architetti divisi per ambito regionale. 10 Termine da lui stesso coniato, come dichiara Zuccoli. 11 Ugo Ojetti è stato uno scrittore, critico d’arte, giornalista e aforista italiano (1871 – 1946). 12 Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 635. 13 Per un’architettura italiana moderna, in La Tribuna, 23 marzo 1931.

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“quell’armonia di proporzioni che induca l’animo dell’osservatore a sostare in una contemplazione, o in una commozione”14. Non molto tempo dopo dovrà scontrarsi anche con una fascia intermedia di conservatori di provincia votati al buon senso e alla praticità dell’architettura, di cui emblematico esempio sarà l’industriale Ambrogio Pessina. In occasione del riassetto urbanistico di Como, nel 1927 viene realizzato il Novocomum che, nonostante l’ossequio mostrato al gusto della media borghesia, scuote l’opinione comune con la sua palese appartenenza al Movimento Moderno. Giuseppe Pagano difenderà il progetto deinito dal pubblico come un “transatlantico”, esaltandone lo spirito antiromantico e l’originalità “non nata per il capriccio, la moda, la bizzarria di un momento, ma sorta dai nuovi bisogni spirituali ed estetici”15. Lo stesso Pagano dopo cambierà posizione nei confronti di Terragni parlando della Casa del Fascio di Como, considerata troppo “aristocratica” e ambiziosa nella sua eccentricità, lesiva della vera originalità dell’opera.16 Nel 1928 Terragni viene nominato iduciario del Sindacato fascista architetti e incaricato, senza compenso, di progettare la sede della Casa del fascio di Como, tema di rilievo che lo terrà occupato per i seguenti dieci anni. Allo stesso tempo si occuperà di stilare un progetto per il piano regolatore cittadino, con l’obiettivo di riordinare la città secondo i criteri del razionalismo e attraverso l’innesto di interventi moderni nel tessuto storico preesistente, senza escludere sventramenti per recuperare nuovi spazi e funzioni. In particolare si conigura 14 Per un’architettura italiana moderna, in La Tribuna, 23 marzo 1931. 15 Cit. Giuseppe pagano. 16 Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 635 - 636.

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come uno schema, un metodo per nobilitare l’ambiente urbano, per creare un modo di vivere diverso, un “ordine nuovo”; acquisiti i consensi della commissione il progetto vincerà la competizione nel 1934. Nell’attività professionale Terragni progressivamente si crea la fama di intransigente perfezionista, attento ai dettagli e alla qualità dei materiali, aspetti fondamentali per la riuscita di ediici di elevata importanza pubblica quali sono quelli di cui si occupa. Di rilevante interesse sono le questioni relative alla progettazione del monumento ai caduti di Como del 1931. Il monumento eseguito è ispirato da uno schizzo a matite colorate ed acquarello dipinto nel 1914 dal futurista Antonio Sant’Elia, uno dei più illustri caduti comaschi della Grande Guerra appunto ricordati dal monumento. Vi è un primo progetto vincitore dell’apposito concorso17 disegnato Da questo disegno a colori ed acquarello, dipinto da Sant’Elia nel 1914 per un ipotetico progetto di una centrale idroelettrica è nato il Sacrario che Como ha dedicato ai suoi caduti della Grande Guerra.

dall’architetto Federico Frigerio, che tuttavia è respinto dalle autorità.18 Nel frattempo si fa strada l’ipotesi di costruire il monumento in una localizzazione del lungolago e viene chiesto a Terragni di redigere una proposta. Il progetto presentato da Terragni prevedeva un›impostazione di due lastre verticali traforate e parallele che racchiudevano nell›intercapedine lo spazio celebrativo. In visita a Como, irrompe nel dibattito sul monumento anche il fondatore del movimento futurista Marinetti,19 che propone di realizzare (invece del progetto di Terragni) una trasposizione fattibile del disegno di centrale elettrica ovvero una Torre faro precedentemente disegnata da Antonio Sant’Elia, in 17 Il concorso di primo grado si tenne nel 1925 mentre quello di secondo grado fu bandito nel 1926 18 Al concorso aveva partecipato anche Terragni per la prima volta con Lingeri 19 Filippo Tommaso Marinetti (1876 –1944) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo italiano; è conosciuto soprattutto come il fondatore del movimento futurista, la prima avanguardia storica italiana del Novecento.

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un contesto completamente avulso alle vicende in questione. Il noto pittore futurista Enrico Prampolini20 nel 1930 si prende l’incarico di tramutare il disegno di Sant’Elia in un’opera architettonica e di seguito si cominciano le costruzioni sotto la direzione dell’ingegnere Attilio Terragni, fratello di Giuseppe. Presto si rivela però l’insuicienza del progetto a causa della mancanza di elaborati tecnici. Quindi a cantiere aperto Terragni è chiamato a intervenire. Costretto ad abbandonare la propria proposta, porta a compimento il disegno redatto da Prampolini eliminando le decorazioni retoriche, riinendo la sagoma dei grandi blocchi, inserendo alla sommità due lanterne (non realizzate) e progettando la cripta; di Terragni sono le decisioni architettoniche, la scelta dei materiali e lo studio degli interni. Il monumento, completamente ultimato, viene inaugurato il 4 novembre 1933 e dedicato a tutti i caduti e al Sant’Elia, autore dei disegni da cui Prampolini prende spunto e a cui Terragni sarà costretto ad adeguarsi. Per quanto concerne le scelte politiche, Terragni si aida a Pier Maria Bardi che da guida gli suggerisce la strategia da seguire per ottenere il sostegno e la iducia di Mussolini a favore del razionalismo. Alla Seconda Esposizione dell’Architettura Razionale21 l’opposizione di Terragni alle convenzioni viene apprezzata da Mussolini; verrà infatti chiamato per la Mostra della Rivoluzione Fascista del 193222, presentazione audace e

20 Enrico Prampolini è stato un pittore, scultore e scenografo italiano (1894 – 1956). 21 1931, viene organizzata da Pietro Maria Bardi. 22 La Mostra della Rivoluzione fascista fu un evento celebrativo del decennale dell’avvento al potere di Benito Mussolini che si tenne per due anni esatti al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 28 ottobre 1932 al 28 ottobre 1934.

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modernissima, in cui realizza la propagandistica sala O23. In questo periodo conduce una vita ricca d’impegni e di lavoro, da cui scaturiranno molti progetti: ville, case d’abitazione a Milano, la casa sul lago, etc.; attività che proseguiranno ino al 1936, anno culmine della sua poetica e lucidità progettuale, in cui realizzerà la Villa Bianca, l’Asilo Sant’Elia e completerà la Casa del fascio di Como. Tuttavia non avrà fortuna col pubblico e la critica, trovando l’incomprensione dei concittadini, l’ostilità del potere locale, le accuse di plagio ed esteroilia e le critiche di Persico e Pagano. Giungerà perino la dimissione di Bontempelli dalla direzione di “Quadrante”, dissociatosi dalla pubblicazione del numero sulla Casa del fascio, che determinerà la chiusura della rivista. Per la Casa di Como, in particolare, queste infelici vicissitudini ostacoleranno il completamento del progetto, lasciando in sospeso il corredo propagandistico delle facciate.24 Terragni si trova di fronte ad una nuova situazione di contrasto in un caso di salvaguardia dell’antico: si tratta della ricostruzione della cupola del duomo comasco distrutta da un incendio nel settembre 1935. In contrasto con le idee di ripristino dell’esistente sostiene l’opportunità di ricostruire la cupola settecentesca con alcune modiiche, ma la proposta non verrà considerata. Anche il lavoro collettivo che condurrà nei concorsi per il Palazzo del Littorio (1934 e 1937) e l’E42 a Roma gli causeranno disillusioni che di lì in poi renderanno più distaccato il suo approccio alle iniziative pubbliche. Riserverà il 23 Per questa sala Terragni ideò un allestimento assolutamente inedito: enormi fotomontaggi a tutta parete che interpretavano gli episodi salienti dell’anno 1922. Tramite il montaggio e poi la stampa di più negativi, si creava un’immagine che comprendeva primi piani insieme a campi medie lunghi. 24 Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 636.

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suo maggiore impegno invece nell’edilizia privata e pubblica (come appunto la Casa del fascio di Lissone) e in attività culturali.25 Nel 1939 Terragni viene richiamato alle armi e assegnato al corpo d’armata cremonese; la guerra interrompe diversi suoi lavori in corso tra cui la Casa del fascio di Lissone e la casa Giuliani-Frigerio. Nonostante la distanza dai cantieri, rimane presente nello svolgimento dei lavori inviando schizzi, ordini esecutivi e solleciti a Zuccoli.26 Nell’aprile 1941 viene inviato in Jugoslavia con i topograi dell’artiglieria; a luglio viene trasferito sul fronte russo. Nel 1942 da tenente viene promosso capitano, ma il rigido inverno russo e la predominanza del nemico mette a dura prova i soldati male equipaggiati. Terragni è sotto altissime pressioni, viene ricoverato più volte durante il viaggio e la sua labile salute isica e mentale lo costringeranno ad abbandonare l’esercito. Ne uscirà un Terragni completamente trasformato, svuotato della forza del suo carattere, un uomo impaurito e smarrito. Il 19 luglio 1943 lo coglie un malore che lo porta ad una morte improvvisa; la sua scomparsa commuove molti, anche fra coloro che in vita l’avevano duramente osteggiato. 27

25 Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 637. 26 A Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 636. 27 Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 638.

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Erba I. Como Como Roma Como Milano Milano Milano Milano Milano Roma Como Como Seveso Lissone Lissone Como

Monumento ai caduti, 1926. Novocomum, 1927 / 1929. Monumento ai caduti, 1930 / 1933. Sala O, mostra della rivoluzione fascisa: Sabotaggio degli sciperi legalitari, 1932. Casa del Fascio: inestrature, 1932 / 1936. Casa Lavezzari, 1934 / 1937. Casa Rustici Comolli, 1934 / 1937. Toninello, 1934 / 1937. Casa Rustici, 1934 / 1937. Casa Ghiringhelli, 1934 / 1937. Concorso di primo grado per il Palazzo Littorio, 1934. Asilo S. Elia, 1934 / 1937. Asilo S. Elia, 1934 / 1937. Villa Rustica, 1936 / 1937. Casa del Fascio: fronte principale, 1939. Casa del Fascio: ingresso sacrario, 1939. Casa Giuliani Frigerio, 1940.

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2.2 LA CRITICA: ANALISI DEL PERSONAGGIO


Nella pagina introduttiva, La folla, le turbine e le mani, Sala O, Mostra della rivoluzione fascista, 1932.

“Quanti Terragni?”28 Ci sono diverse modalità d’interpretazione della personalità e delle opere di questo grande architetto: da amici e colleghi a lui contemporanei o da storici dell’architettura nel secondo dopoguerra. Bontempelli nel 1936 descriveva la Casa del Fascio di Como come un luogo in cui tutto nasce dall’esterno e diventa interno e viceversa29. Circa dieci anni dopo Mario Labò, nella monograia su Terragni, aferma come egli imponga dall’esterno una compenetrazione, facendo tendere la casa a un isolamento totale da qualunque materia circostante, “a una cristallizzazione della forma assoluta nell’aria vuota, come in una composizione isica”30. Pagano, più critico, diceva dell’architettura di Terragni che era troppo “lirica”31, compromessa in una sterile ricerca formalistica e avvertendo “un bisogno di denuncia strutturale in funzione decorativa”32; egli trovava nella Casa del Fascio di Como “quella mancanza di unità che è misura di un’opera d’arte”33. Per Casabella, la Casa del Fascio era “pretenziosa”34; la rivista sottolineava come Terragni e altri giovani architetti non avessero capito il “fattore economico”35 nelle premesse all’architettura contemporanea. Preferiva la Casa del fascio di Lissone36, deinita “più limpida, più diretta, in cui tutto torna al suo posto, più 28 Giorgio Ciucci, Terragni e l’architettura, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 19 - 71. 29 Dopo la polemica, di C. Belli, in Quadrante , ottobre 1936, n.35 – 36. 30 Mario Labò, Giuseppe Terragni, Il Balcone, Milano 1947, p. 13. 31 Idem. 32 Idem. 33 Idem. 34 La Casa del Fascio di Lissone, di G. B., in Casabella, 110, febbraio 1937, p. 3 - 4 . 35 Idem. 36 Che venne pubblicata sulla rivista, a diferenza di quella di Como.

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sempliicata, più netta, più risolta nella sua unità”37. Nel numero di “Quadrante” n° 35, 37 dell’ottobre del 1936, interamente dedicato alla Casa del fascio di Como, Carlo Belli evidenziava come essa avesse un “signiicato sociale” e fosse stata determinata da un “concetto politico”, esaltando la cura dei dettagli e la genialità con cui Terragni avevo costretto la materia al servizio delle esigenze umane; una “serena maturità e un ordine classico” che ancora oggi dominano l’ediicio38. Mario Labò nella sua monograia, contestò il giudizio positivo sulla torre di Lissone deinendola troppo retorica;39 eppure fu lo stesso Terragni a sottolineare il carattere antiretorico dell’ediicio, dotandolo invece di una valenza sociale e più funzionale (“dall’arengo, duro, granitico, antiretorico, che si stacca dalla scura massa della torre littoria, questo popolo esemplare attende con grande commozione la parola di fede e di combattimento che il duce ha promesso di rivolgergli quando presto sarà con noi”40). Nonostante ciò Labò divenne l’accreditato esegeta dell’opera e della personalità dell’architetto comasco; questo permise la costruzione di una storia dell’architettura moderna alla luce del bipolarismo razionalismo-organicismo, il quale avrebbe fornito la chiave interpretativa adatta ad una rilettura di ogni ediicio del Novecento.41 Alla prima mostra commemorativa di G. Terragni, svoltasi a Como nel 1949, 37 La Casa del Fascio di Lissone, di G. B., in Casabella, 110, febbraio 1937, p. 4 - 11. 38 Dopo la polemica, di C. Belli, in Quadrante , ottobre 1936, n.35 – 36. 39 Mario Labò, Giuseppe Terragni, Il Balcone, Milano 1947, p. 13. 40 G. Terragni, Architettura del partito, la Casa del fascio di Lissone, in Origini, 8 -9, giugno – luglio 1940, p. 6 - 7. 41 Giorgio Ciucci, Terragni e l’architettura, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 19 - 71.

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Sartoris criticò la “frettolosa monograia”42 e il giudizio conformista che aveva visto una retorica nella torre. A tal proposito portò come esempio il progetto del Danteum a Roma, dove l’architetto “intendeva che la mole costruttiva fosse una sintesi vittoriosa di questa ideale battaglia fra l’architettura tipicamente moderna e la monumentalità, il simbolismo e l’aulicità del tema”43. Le Corbusier, presente alla mostra, afermò come Terragni possedesse non solo l’immaginazione e l’ispirazione, ma anche “la conoscenza degli aspetti della proporzione, della bellezza plastica, della purezza delle linee”. Inoltre disse: “c’è in quest’opera la presenza di un’anima di modellatore ma anche di matematico […]”44. Il tema venne afrontato anche da Bruno Zevi che si sofermò sul rapporto fra oggettive ragioni funzionali e soggettivi valori rappresentativi; in “Storia dell’architettura moderna” del 195045, si può leggere come Terragni “parte dal quadrato purista della pianta”46 di stampo lecorbuseriano, sperimentando nell’Asilo Sant’Elia la volumetria articolata di Gropius per tentare gli “inargentati piani liberi di Mies”47. L’architetto comasco veniva quindi assunto a sostegno di una tesi storiograica che afermava come il superamento del primo rigido razionalismo era avvenuto attraverso la liberazione igurativa. Quest’ultima una spia di una ribellione all’opprimente conformismo di regime, per dimostrare e confermare un implicito 42 43 44 45 46 47

A. Sartoris, in Pri a ostra o e oraiva di G. Terrag i, atalogo della , pp. - . Idem. Le Corbusier, AGT, ° Mostra Co e oraiva, . B. Zevi, “toria dell’ar hitetura o te pora ea, Tori o, . Idem. Idem.

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ostra, Co o


antifascismo delle forme moderne48. Purtroppo per sostenere quella tesi si erano dovuti rimuovere i signiicati politici che lo stesso Terragni aveva voluto attribuire alla propria opera. Rafaello Giolli nel 1943 scrisse di lui deinendolo “il più forte di quegli architetti, il più testardo, ma dopo il fronte russo non poteva più salvarsi che nella pazzia, tornò in Italia senza più coscienza né volontà”. Il crollo psichico subito da Terragni fu interpretato come un’inevitabile conseguenza dell’aver assunto su di sé la responsabilità del fascismo. L’architettura del “fascista Terragni” venne letta da Zevi, come “antifascista, cospiratoria”49. Terragni morì da fascista o da antifascista? Giolli risolse il quesito nella pazzia dopo il fronte. Labò e Zevi avevano messo in rapporto Terragni con le esperienze dei maestri europei maturate in un ambito culturale democratico. La conclusione era implicita nella premesse: “dall’eredità etica e linguistica di Terragni si può procedere verso un’architettura organica, intrinsecamente democratica”50. Tale posizione venne sviluppata da Zevi dapprima nella “Storia dell’architettura moderna” del 1950, di seguito discussa nel convegno di studi tenuto nel 1968 a Como su “L’eredità di Terragni e l’architettura italiana 1943 – 1968”. Quivi si espresse l’augurio di un “rilancio del movimento moderno, nel pieno riconoscimento della sua matrice razionalista”51, per poi essere inine

48 Giorgio Ciucci, Terrag i e l’ar hitetura, i Giorgio Ciu i a ura di , Giuseppe Terrag i, Opera Co pleta, Ele ta, Mila o , p. - . 49 B. Zevi, “toria dell’ar hitetura o te pora ea, Tori o . 50 B. Zevi (a cura di), Giuseppe Terrag i, Bolog a , p. . 51 B. Zevi, La atri e razio alista dell’ar hitetura italia i o te pora ea, i Ar hitetura. Cro a he e storia , , aggio , p. , u ero spe iale su L’eredità di Terrag i e l’ar hitetura italia a – , ai del o veg o di studi, Co o, – sete re

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sinteticamente .espressa nella monograia del 1980.52 Il convegno del 1968 consentì di fare il punto sull’opera di Terragni e di avviare ulteriori ricerche e studi che oscillarono fra nuove ipotesi critiche e interpretazioni formalistiche; si delineava un nuovo atteggiamento verso la sua architettura, non più assunta nel suo diretto rapporto con il fascismo. Dopo il 1940 critici come Pagano sembrano riconsiderare l’opera di Terragni; ne fu esaltata la plasticità, il ritmo, i rapporti fra forme geometriche. Si cercò di descriverne gli aspetti principali risaltando il nuovo modo di fare architettura. Come nell’Asilo Sant’Elia, “entro una disinvolta libertà planimetria, l’architetto ofre la misura della sua plastica fantasia, fondendo con eleganti vicende di luci e di ombre tutta la composizione in un unico ritmo vivo, […], quasi liberato da ogni vincolo statico”53; o nella Villa del loricultore dove ricrea “spazi di diversa natura, spazi chiari e spazi in penombra”54 o nella Casa del fascio di Lissone in cui cerca di ricreare letterariamente l’emozione provata nel guardare un’opera, una sensazione, un sentimento, un’impressione. Interpretazioni formulate senza però chiedersi più a fondo la ragione o l’intenzione che aveva guidato e mosso le scelte formali dell’architetto. Descrizioni che si sono sofermate sul come e non sui perché. Ciò va ricondotto al momento storico, all’esigenza sentita di ricompattare il fronte degli architetti moderni contro l’indirizzo monumentale dell’architettura del regime fascista.55

52 Giorgio Ciucci, Terragni e l’architettura, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 19 - 71. 53 Red. in “Casabella” 156, dicembre 1940 pp. 8 - 15. 54 A.B. su “Domus”, 161, maggio 1941. 55 Giorgio Ciucci, Terragni e l’architettura, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, pp.19 - 31.

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SEZIONE III LA CASA DEL FASCIO DI LISSONE


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PREMESSE: ANALISI GENERALE DEL CONTESTO


3.1.1 LISSONE: VICENDE STORICHE E LOTTIZZAZIONI Nella pagina introduttiva, inquadramento della costruenda Casa del Fascio; nella pagina seguente, l’abside della chesa prepositurale dei SS. Pietro e Paolo.

Il primo documento con il quale si manifestò uicialmente l’esigenza di realizzare una Casa del Fascio a Lissone fu una lettera datata 4 Dicembre 19311; in questa lettera, il Segretario Politico cittadino Augusto Tosi, esprimendo le motivazioni che ne rendevano necessaria la costruzione, invitava il podestà di Lissone Alfredo Fossati ad intercorrere presso la prefettura per ottenere la concessione di un’area adibita. Nel 1931 venne dato il via alle pratiche che portarono allo sviluppo di una serie di interventi inalizzati non solo all’ediicazione della Casa del Fascio, ma anche ad un radicale riassetto del contesto circostante: venne abbattuta la chiesa prepositurale dei santi Pietro e Paolo e le piazza Trento e Trieste e la piazza Paradiso furono congiunte in una sola, rinominata Vittorio Emanuele III. La Chiesa dei SS. Pietro e Paolo era composta da un corpo di fabbrica costituito da tre navate e il campanile, con la facciata rivolta ad occidente e nel tempo subì diverse modiiche dovute all’aumento della popolazione. Le più importanti tra queste furono compiute nel sedicesimo secolo sulla base di uno schizzo che San Carlo Borromeo tracciò nel 1579 durante una visita pastorale.2 All’inizio degli anni Trenta, la chiesa non era aperta al culto in quanto si trovava in grave stato d’incuria e in condizioni di degrado tali da rendere necessario un intervento di restauro3. Nonostante questo non venne intrapreso alcun tipo di 1 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, lettera inviata dal segretario politico di Lissone al podestà di Lissone il 4/12/1931. 2 Ennio Bernasconi (a cura di), Lissonum, Tipograia sociale monzese, Monza 1926, pp. 61 71. 3 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946.

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provvedimento, da una parte per motivi economici (la parrocchia non riusciva a sostenere tale spesa), dall’altro per motivi politici (il podestà ne auspicava la demolizione). Il 26 Aprile 1931 il podestà, presa visione della perizia sul valore efettuata dall’ing. Eugenio de Micheli il 15 Aprile dello stesso anno, deliberava “di acquistare subordinatamente alla superiore approvazione e previa dissacrazione delle veneranda fabbriceria che dovrà essere autorizzata alla vendita l’ediicio della vecchia chiesa parrocchiale di Lissone allo scopo di destinarne l’area alla piazza per il prezzo di 150.000 Lire”4. Una raccomandata inviata il 28 Luglio del 1931 dal podestà di Lissone alla Sovrintendenza dell’arte medievale e moderna di Milano sollecitava quest’ultima ad efettuare un sopralluogo presso la chiesa, in modo tale da ottenere il nulla osta necessario e iniziare al più presto la demolizione5. Nonostante il parere negativo formulato dalla sovrintendenza il 24 Agosto del 19316 tramite lettera, il podestà di Lissone non ritenne di dover rinunciare al suo progetto e, con la speranza di trovare degli alleati, si rivolse più volte sia al prefetto della provincia7, sia al commissario prefettizio8. Fu proprio questi a sollecitare un nuovo sopralluogo da parte della sovrintendenza, eseguito poi 4 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, estratto del verbale delle deliberazioni del podestà del 26-4-1931. 5 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946. 6 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, lettera inviata il 16-9-1931 dal podestà di Lissone alla Veneranda Fabbriceria. 7 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, lettera del podestà di Lissone al prefetto della provincia di Milano de 21-12-1931 e lettera del podestà di Lissone al prefetto della provincia di Milano del 25-1-1932. 8 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, lettera del capo dell’uicio tecnico comunale di Lissone Luciano Mori al commissario prefettizio, datata 6-2-1933.

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dall’arch. Reggiori l’11 Febbraio del 19339.

Nella pagina seguente, in ordine, la chesa prepositurale dei SS. Pietro e Paolo durante i lavori di demolizione, l’ediicio denominato Cur di Pagan e la nuova piazza Vittorio Emanuele III prima dei lavori di sistemazione.

Il 12 Marzo dello stesso anno la sovrintendenza di Milano comunicava il suo assenso alla demolizione, subordinandolo al preventivo recupero di tutti gli oggetti sacri e di valore artistico in essa contenuti; fu la ditta Palma ad occuparsene per un compenso di 21.500 Lire10. In seguito all’abbattimento della antica chiesa prepositurale e dell’ediico adiacente denominato “Cur di Pagan”, quelle che prima erano la piazza Trento e Trieste e la piazza Paradiso inalmente diventarono un unico spazio continuo nella piazza Vittorio Emanuele III, oggi piazza della Libertà11. (Allegati FS6) L’amministrazione comunale era dunque riuscita ad ottenere la realizzazione di un enorme slargo centrale utile ad accogliere le manifestazioni di regime. Con delibera del 1 luglio 1936 veniva aidata all’impresa lissonese Davide e Ambrogio Frattini l’appalto della prima parte dei lavori per la sistemazione della piazza a condizione che venissero fatti con criterio di assoluta economia; nel dettaglio, bisognava provvedere alle opere necessarie per lo smaltimento delle acque e alla sistemazione delle carreggiate con bitumature supericiali12. In un secondo momento, al ine di ottenere il giusto lustro e decoro, venne emessa dal podestà una delibera riportante che “essendosi ora resa di imminente realizzazione la costruzione della Casa del Fascio sur un lato della piazza si è imposto anche l’aggiornamento del progetto di sistemazione della piazza stessa 9 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, lettera del commissario prefettizio al prevosto di Lissone del 10-2-1933. 10 Lettera della Sovrintendenza Medioevale e Moderna delle provincie lombarde al commissario prefettizio e alla Veneranda Fabbriceria Parrocchiale di Lissone (12-3-1933) 11 Per avere un quadro completo di questa trasformazione urbana si confrontino le planimetrie storiche allegate. 12 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, verbale di consegna dei lavori di Piazza Vittorio Emanuele III del 2-3-1937.

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per coordinarlo alle nuove esigenze completando in modo deinitivo il tracciato delle strade e sostituendo, per necessità di cose, il sistema previsto di bitumatura supericiale della carreggiata con una pavimentazione semipermanente a Mac Adam con pietrischietto bituminato”13. Il primo documento che attesta l’efettiva volontà di concretizzare l’idea di costruire una Casa del Fascio è una relazione del 29 marzo 1934, inviata al podestà di Lissone dall’architetto Ferdinando Reggiori, nella quale veniva proposta, con due disegni allegati, una soluzione planimetrica di massima14. In essa si legge: “tale parete ho rettiicato15, così da permettere l’eventuale costruzione di un fabbricato di almeno 20 metri di profondità, sul lotto che il comune potrebbe aver subito. La fronte del fabbricato risulterebbe per intento di m. 24, estendibile ino a m. 30 qualora si potesse adottare il tracciato del piano regolatore e quindi l’abbattimento della proprietà Meroni16...”. Per dare corso concreto a questi intendimenti era quindi necessario che la locale sezione dei fasci di combattimento entrasse in possesso dei vari appezzamenti di terreno e dei fabbricati che insistevano sull’area in questione, per poi poterli successivamente demolire. Una perizia, eseguita in data 17 aprile 1935 dal geometra dell’uicio tecnico comunale Luciano Mori, valutava la supericie totale dell’area in ettari 0,0910, così suddivisi: - porzione di casa posta su piazza Vittorio Emanuele III, composta da due piani di proprietà del sig. Ornaghi Enrico; 13 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946. 14 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946. 15 Parete del fabbricato sul lato est della piazza Vittorio Emanuele III. 16 Fu proprio la mancata demolizione di questo fabbricato a rendere necessario un grossolano adattamento del progetto originario, chiaramente riscontrabile nell’attuale volumetria dell’ediicio.

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- porzione di casa di due piani con annesso terreno su piazza Vittorio Emanuele III, di proprietà della Società Immobiliare Lissonese; - giardino di proprietà del comune di Lissone; - proprietà demaniale consistenti in una porzione della piazza Vittorio Emanuele III; - area censita come strada pubblica di proprietà comunale17.

Nella pagina seguente, piazza VIttorio Emanuele Terzo e l’ediicio che verrà abbattuto per far posto alla costruenda Casa del Fascio

Con questa perizia venne attribuito alle superici di proprietà comunale (che misuravano complessivamente ettari 0,0680) il valore totale di 70.000 Lire18. Il 26 aprile 1935 il podestà di Lissone deliberava la cessione gratuita, previa sdemanializzazione, dell’area di proprietà comunale necessaria alla costruzione della Casa del Fascio e ordinava, per lo stesso scopo, lo stanziamento di 30.000 Lire atte all’acquisto della casa da abbattere del sig. Ornaghi19. (fs10) L’area di proprietà della Società immobiliare lissonese, inine, venne ceduta direttamente dalla stessa alla sezione del fascio di Lissone20. Nessun impedimento poteva ora ostacolare la costruzione della Casa del Fascio. Agli inizi del Marzo 1938, in seguito al concorso ad inviti diretto dalla Federazione fascista milanese e dalle gerarchie locali21, la segreteria amministrativa del Partito Nazionale Fascista, approvava il progetto presentato da Giuseppe Terragni e 17 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, verbale di asseverazione di perizia con giuramento del geometra Luciano Mori del 26-4-1935. 18 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946. 19 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, la delibera n°52 del podestà di Lissone del 26-4-1935. 20 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1937 – 1946, lettera del podestà di Lissone al Cav. E. Fedeli, liquidatore Soc. An. Immobiliare del 12-6-1935, lettera del dottor Enrico Consolandi al podestà di Lissone del 26-11-1935, lettera del podestà di Lissone al Cav. Giuseppe Ercole, amministratore dell’Immobiliare Lissonese del 29-11-1935. 21 La Casa del Fascio di Lissone, di G. Terragni, in Il vetro, n° 12, dicembre 1940, p.461.

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Antonio Carminati, dando regolare nulla osta per l’inizio dei lavori: “con questa ratiica, l’annoso problema entra nella fase esecutiva. In uno degli scorsi giorni l’ispettore di zona, il segretario del fascio, il vice podestà e gli architetti Terragni e Carminati, vincitori del concorso per la Casa del Fascio, hanno fatto un sopralluogo sul posto ove sorgerà la costruzione, prendendo in seguito gli ultimi accordi per l’inizio dei lavori”22. L’opera, completata nel 193923, venne inanziata in gran parte con sottoscrizioni dei cittadini (per circa 350.000 Lire), mentre gli impianti di riscaldamento e sanitari furono oferti dalla Cooperativa Acqua Potabile24.

22 BCSM, articolo estratto da: Il Cittadino della Domenica, 06/03/1938 23 ASCL, categoria VI, classe 3, cartella n°224 anno 1930-1945, elenco delle opere pubbliche eseguite nel Comune di Lissone durante la gestione del podestà Angelo Cagnola 24 S.Missaglia Lissone racconta, edito dal Comune di Lissone, 1984, p. 74.

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3.1.2 LISSONE: VICENDE STORICHE E LOTTIZZAZIONI L’esatto periodo durante il quale Terragni e Carminati progettarono l’ediicio non è del tutto chiaro; in una lettera del marzo 1938 si legge che la commissione per il progetto della Casa era la conseguenza di un concorso a inviti.25 A novembre del 1937 il PNF approvò il preventivo per la somma speciica di 471.9995,32 Lire; si presume, per questa ragione, che il concorso possa aver avuto luogo prima, probabilmente tra il 1935 e il 1937, il che colloca il progetto dell’ediicio tra gli anni antecedenti al completamento dell’ediicio comasco e l’annuncio fatto da Mussolini della creazione dell’impero italiano nel maggio 1936.26

Nella pagina studi preliminari nell’archivio G. (51/23/B)

seguente, conservati Terragni

Dal materiale archivistico risultano almeno quattro fasi precedenti la realizzazione che vanno dal 1936 al 1938 e che possono essere riassunte in: studi preliminari (1935); progetto di concorso (1936 – 1938); progetto deinitivo (1936 – 1938); progetto esecutivo che diferisce in minima parte da quello realizzato. Alcune tavole preparatorie collocano la torre ad est dell’ediicio in posizione antistante, mentre il volume retrostante si divide già in blocco uici e sala cinema, a dimostrazione che la deinizione dell’aula adunanze come teatro fu prevista sin dall’inizio, sebbene questa scelta non fu mai approvata dal PNF.27 Come progetto di concorso, vennero consegnate sei tavole in cui furono disegnati i prospetti, le piante e le sezioni. In questa fase si delineano già le 25 Lettera di Terragni al segretario del fascio di Lissone, 7/03/1938, AGT Casa del Fascio di Lissone. 26 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p.547. 27 Ibidem p. 545.

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tematiche afrontate da Terragni nella Casa del Fascio: la pianta è rettangolare elevata su tre livelli e si estende con una decisa balconata su tutta la facciata collegandosi alla torre posizionata sul lato sinistro; compaiono già gli slogan di regime quali “credere, obbedire, combattere” e “ordine e giustizia” incisi sui pannelli di riferimento.28 In prospetto è facilmente distinguibile la parete vetrata con i frangisole che coprono l’ingresso ai bagni e le scale secondarie; in pianta appare già l’atrio con le quindici porte multiple, il cavedio angolare che lascia entrare la luce e una muratura sul lato sinistro che copre lo scalone d’onore. In questa fase la copertura del teatro è vetrata, vedremo di seguito che si limiterà a rendere trasparente verso il cielo solo quella della torre.29 Le planimetrie e i prospetti che vennero presentati al comune tra il 1936 e il 1938 come progetto deinitivo mostrano chiaramente la volontà di Terragni di distinguere, in pianta e in prospetto, tre blocchi funzionali: uici, sala cinema e torre. Il reticolo tracciato dai pilastri genera le partizioni degli uici mentre nella parte est viene collocato il teatro. Il disegno di prospetto e la sua riduzione a soli due piani rendono la prima volumetria prevalentemente orizzontale in netto e vivido contrasto con la torre, collocata a destra, alla quale il primo blocco si collega tramite passerelle. Gli accessi principali sono collocati ad ovest, in corrispondenza della piazza, così come l’afaccio degli uici, mentre l’ediicio viene elevato dalla strada tramite un basamento.30

28 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p.546 - 547. 29 Idem. 30 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p.548.

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A diferenza del progetto deinitivo, l’esecutivo presenta una maggiore deinizione nei dettagli quali i collegamenti interni verticali e un cambiamento del corridoio di comunicazione del piano primo (precedentemente obliquo, ora è perfettamente parallelo agli uici). I pilastri dell’auditorium, poiché maggiormente sollecitati, subiscono un aumento di sezione e sono pervenuti ad oggi anche gli studi31 efettuati sulle travi della balconata nell’auditorium che hanno permesso la realizzazione di un’unica campata.32

Nella pagina seguente, in ordine: piante e sezione del progetto di concorso, 1935; piante e sezione del progetto deinitivo, 1937.

Purtroppo la mancata acquisizione dei terreni adiacenti all’area di progetto sul lato nord-est, impediscono la realizzazione di una porzione del fronte nord; per questo motivo viene ridotto il palcoscenico e la sua copertura da che inizialmente era prevista a cupola33 viene inine eseguita piana. 34 (Immagine ciucci pag 549 sezione)

31 ASCL, categoria X, classe 9, cartella n° 329, anno 1937 – 1946, si veda progetto per la Casa del Popolo. 32 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p.548. 33 AGT, categoria 51, classe 33, cartella n° B. 34 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p.548.

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SEZIONE TIPO

SEZIONE TIPO

PIANTA PRIMO PIANO

PIANTA PIANO PRIMO

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PIANTA PIANO TERRA

PIANTA PIANO RIALZATO


3.1.3 PROGETTO FINALE E REALIZZAZIONE

La costruzione della Casa del Fascio ebbe luogo tra il 1938 e il 1939 per mano della ditta edile Balzarini e Bianchi. A causa di numerosi problemi sorti durante le fasi di cantiere Terragni e Carminati furono convocati varie volte a Roma. La costruzione, oltre a superare i tempi prestabiliti per il completamento del lavoro, costò il doppio rispetto alla cifra preventivata; i membri del fascio di combattimento di Lissone cercarono di giustiicarne le spese scrivendo al PNF che stavano cercando di dare all’ediicio una forma “uiciale” poiché sarebbe stato inaugurato dal duce in persona.35 La Casa di Lissone si conigurava come un’enorme composizione di materiali trasparenti, con una scalinata di vetro, un porta girevole in vetro all’ingresso e una copertura vetrata sull’auditorium; porte di vetro collegavano gli uici per rappresentare l’assenza di segretezza tra i funzionari del partito. Il sacrario collocato alla base della torre presentava una copertura vetrata, così come la torre che lo conteneva. Come controparte all’uso del vetro, Terragni si servì della pietra, dando quasi l’impressione che la torre fosse un resto storico del passato.36 Per l’architetto vetro e pietra erano essenziali nella creazione di un’architettura di regime: “La Casa di Lissone testimonia senza debolezze o ambiguità contro quel pericoloso ondeggiamento conformista che sembra avere la propria cattedra all’ombra della più perfetta strutturale, razionale cupola del rinascimento a Firenze. 35 36

Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terrag i, Opera Co pleta, Ele ta, Mila o Ibidem, p.551.

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, p.

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Nella pagina seguente, le piante del progetto realizzato, che si diferenzia dal quello deinitivo per le dimensioni ridotte del palcoscenito dovute ad ua mancata acquisizione da parte del comune della parte di terreno adiacente al fronte nord dell’ediicio, 1939.

Ad un frontespizio che vorrebbe contrabbandare per italianissime alcune equivoche teorie malamente imbellettate di retorica e sospinte da imbalsamatori del passato si oppone una facciata non di carta e di inchiostro, ma di solidissima pietra e di terso cristallo; e quel che più conta si oppone al rinnovato miracolo della fede politica di cui un popolo artigiano e della tecnica sei suoi gerarchi; sentimenti e qualità che si completano e si esaltano in un compito tutt’altro che facile: realizzare una degna opera del regime […]. Dall’Arengo, duro, granitico, antiretorico che si stacca dall’oscura massa della torre littoria, questo popolo esemplare attende con grande commozione la parola di fede e di combattimento che il duce ha promesso di rivolgergli quando presto sarà fra noi.”37

37

Giuseppe Terragni, U ’ar hitetura del parito, i

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Lisso e , u ero spe iale,

.


PIANTA PIANO PRIMO

108 PIANTA PIANO RIALZATO




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IL PROGETTO DI TERRAGNI


3.2.1 IL CONTESTO LISSONESE

Nella pagina precedente, la Casa del Fascio di Lissone in uno schizzo di G. Terragni, 1937.

Nel periodo in cui venne costruita la Casa del Fascio, Lissone era una cittadina di circa diciottomila abitanti.38 La sua struttura urbana, nella zona centrale circostante l’odierna Piazza della Libertà, si era conformata già dai primi anni del ‘700, sviluppandosi successivamente intorno al nucleo originale e conservandosi pressoché inalterata ino ai primi decenni del ‘900, quando si procedette alla demolizione della chiesa preesistente e allo sfondamento del retrostante isolato per far posto alla costruenda Casa del Fascio. La posizione in cui sarebbe sorto l’ediicio progettato da Terragni fu precedentemente determinata da uno studio dell’architetto Reggiori della Sovrintendenza di Milano che valutò l’area già urbanizzata scelta, delimitando una posizione privilegiata all’interno di essa. Non essendo la struttura urbana di Lissone ordinata secondo criteri geometrici per lotti regolari, ma avendo avuto un’espansione spontanea e a macchia d’olio, il posizionamento dell’ediicio non fu dettato da criteri di orientamento topograico legati ad assi generatori preesistenti, ma deinito in maniera tale da poter sfruttare al meglio le superici ediicabili assegnate.39 Ubicata sul lato est della piazza, la Casa del Fascio stabiliva con quest’ultima un rapporto funzionale molto stretto in quanto rappresentava una sorta di palcoscenico sul quale avvenivano tutte le rappresentazioni del regime, mentre 38 39

La Casa del Fascio di Lissone di F. Caimi, in Architettura, 6, giugno 1941, p. 226. ASCL, categoria X, classe 1, cartella n° 314, anno 1936 – 1940.

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l’area prospiciente accoglieva gli spettatori giunti ad assistere. Il corpo uici, presentando un’altezza di otto metri circa, com’era un tempo, è tutt’oggi perfettamente integrato volumetricamente con gli ediici circostanti aventi due o tre piani fuori terra. Eccezion fatta per alcune palazzine del quartiere sorte negli ultimi anni che fortunatamente si trovano ad una distanza di rispetto adeguata. Nella piazza conluiscono le vie principali che dalla periferia portano al nucleo originario della città e l’ediicio si inserisce nel contesto urbano senza stravolgere l’esistente, in quanto la torre littoria sembra essere il primo elemento architettonico costruito in quella piazza, come un resto antico, mentre il corpo uici, leggero e trasparente, costituisce una presenza discreta che non crea contrasti con gli intorni.

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3.2.2 GLI SPAZI

Nella pagina precedente, la piazza Vittorio Emanuele III con la fontana a pianta circolare in primo piano, 1940.

Nell’elaborazione del progetto per la Casa del Fascio di Lissone è stato necessario tenere conto delle speciiche funzioni alle quali tale ediicio rappresentativo del regime doveva assolvere. È Terragni stesso a descrivere quelle che secondo lui sono le caratteristiche fondamentali di un’architettura di partito: “La casa del Fascio di Lissone è sorta in un clima di fede operante per volontà di uomini fattivi che del Fascismo esprimono la passione rivoluzionaria e costruttiva. All’italiano nuovo forgiato dell’impeto creativo del Duce corrisponde sul piano delle arti e principalmente dell’architettura –arte sociale per eccellenza- un mondo plastico nuovo. Il compito suggestivo di noi architetti italiani che abbiamo il privilegio di vivere e lavorare in questo straordinario periodo della Storia del nostro Paese che si va identiicando giorno per giorno nella storia della nuova civiltà europea –si inizia il secolo in cui l’Europa sarà fascista e fascistizzata- è quello di collaborare alla preparazione dell’ambiante e alla costruzione della scena nella quale le generazioni costruite dal fascismo abbiano a muoversi, vivere, lavorare senza dover urtare con dissonanze spirituali o contrastare con anacronismi di costumi e di stile. L’Architettura Moderna ebbe in Italia un battesimo aspro, polemico. Combattivo –quindici anni di discussioni, contradditori, dispute, realizzazioni contrastate, sacriici e generose rivolte sono stati spesi per orientare l’Architettura Italiana sulle grandi direttrici profetizzate ed intuite dal genio di Antonio Sant’Elia. […] Fatti di architettura come la costruzione della Casa del Fascio di Lissone sono 115


documentazione e consolidamento di tali vittorie artistiche raggiunte nel virile ed infuocato clima della polemica. […] La realtà che domina ogni clamore di chiacchere o di dispute è afermata solo da opere che come questa Casa del Fascio testimoniano di una volontà esatta di committenti aiancata a quella altrettanto sicura degli esecutori e di tutto un popolo di lavoratori il quale non ha mancato di dare il suo fervido, spontaneo, generoso consenso alla costruzione della Casa.”40 L’ediicio era destinato ad essere la sede del partito e dei suoi più importanti organismi, il centro di riunione e raccolta di tutti gli iscritti al partito ed alle varie organizzazioni giovanili e di categoria, nonché luogo consacrato ai Caduti delle squadre d’azione. In conseguenza a queste precise esigenze fu necessario concepire degli spazi destinati ad accogliere rispettivamente una serie di uici, un grande salone per riunioni e spettacoli cinematograici dotato di gradinate superiori e di vestiboli, e una torre littoria destinata ad accogliere il sacrario dei Caduti e l’arengario. Il manufatto architettonico è il risultato della giustapposizione di questi tre spazi funzionali diversi e tra loro indipendenti, pur tuttavia legati da un sistema di relazioni (sia a livello distributivo, sia a livello visivo) che li rende parti di una composizione unitaria. La copertura piana del complesso uicio – auditorium, al contrario di molti altri ediici razionalisti che presentavano questo elemento come un ulteriore spazio funzionale è stata concepita con la sola funzione di consentire l’accesso dell’operatore cinematograico alla cabina di proiezione esterna ed è stata resa praticabile esclusivamente al ine di permettere lo svolgimento delle periodiche 40

Relazione tecnica, di G. Terragni, in Quadrante, 35 - 36, ottobre 1936, p. 14.

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operazioni di manutenzione. Appare evidente come l’ediicio costituisca nel suo insieme un esempio abbastanza particolare dal punto di vista tipologico, soprattutto in considerazione del fatto che le Case del Fascio, fenomeno esclusivamente italiano, costituivano già di per se un tipo di costruzione “nuovo”, in quanto nato dalle esigenze speciiche del regime, e di cui non esisteva alcuna tipologia storica consolidata prima di allora. È possibile tracciare un riferimento con la Casa del Fascio di Como, progettata dallo stesso Terragni nel 1932, dove è interessante notare come egli abbia interpretato diversamente il tema tipologico: a Como la sala delle riunioni si trova al centro dell’ediicio; le attività che si svolgevano avevano per orizzonte le stanze degli uici, tutto doveva adattarsi a diverse funzioni e supportare duplici impegni.41 A Lissone invece ogni spazio funzionale è separato dagli altri e reso autonomo mediante un sistema di ingressi, percorsi orizzontali e collegamenti verticali propri che, pur permettendo il collegamento tra i settori, evitano problemi di interferenza e sovrapposizione fra gli utenti dei diversi ambienti. L’unico percorso comune ai tre blocchi è costituito dalla monumentale scala d’onore esterna che permette sia l’accesso al sacrario a mezzopiano che l’accesso agli uici e al vestibolo superiore del cinema-teatro al piano primo. Inine i servizi igienici sono stati ubicati ai vari piani in relazione ai settori funzionali di loro pertinenza.42 La parte più signiicativa di questa Casa del Fascio è comunque senza dubbio il 41 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terrag i, Opera Co pleta, Ele ta, Mila o , p. . 42 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 12 - 15.

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corpo di fabbrica adibito ad uici, ma per cercare di comprendere quali criteri abbiano guidato Terragni nello sviluppo di questo tema progettuale è interessante leggere le dichiarazioni programmatiche che l’architetto stesso scrisse alcuni anni prima in occasione del progetto per la Casa del Fascio di Como: “…nessun ingombro, nessuna barriera, nessun ostacolo tra gerarchie politiche e il popolo… il pubblico deve poter circolare in tutta la Casa perché ha rapporti diretti coi vari uici. La Casa del Fascio non è il luogo delle lunghe attese in vaste o comode anticamere. La burocrazia non vi ha ragione di esistere; i camerati che vanno a conferire con gerarchi non possono immaginare uscite riservate o segrete. Le riunioni dei vari direttori non possono assumere il carattere di conclavi in formato ridotto. Ecco predominare nello studio di questa Casa del Fascio il concetto della visibilità, dell’istintivo controllo stabilito tra pubblico e addetti di Federazione. Scadono quelle artiiciose soluzioni planimetriche le quali miravano a realizzare nell’ediicio pubblico un complesso di compartimenti stagni per impedire che il pubblico varcasse certe zone dell’ediico riservato al dirigente, al capo uicio o al funzionario così detto inluente.”43 Si può senz’altro ritenere che nella Casa del Fascio di Lissone questi obiettivi, siano stati raggiunti poiché il corpo uici è caratterizzato da grande chiarezza funzionale e semplicità distributiva: su entrambi i piani i vari locali sono allineati in serie e disimpegnati da un ampio corridoio longitudinale, il quale funge anche da preciso segno di demarcazione e separazione dalla contigua sala cinemateatro. Quest’ultima, pensata per ofrire posto a circa 800 persone, di cui 600 a sedere, si 43

Relazione tecnica, di G. Terragni, in Quadrante, 35 - 36, ottobre 1936, p. 6 - 11.

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conigura come una sala dotata di gradinate superiori; la sua peculiarità consiste in una serie di porte a libro, ubicate in fondo alla platea, la cui apertura permette un allargamento dell’aula nell’atrio retrostante. 44 Tutti i locali, dotati di ampie superici vetrate, si afacciano sulla piazza antistante e quelli del piano primo hanno diretto accesso alla balconata che percorre interamente il fronte principale. Su questo prospetto, orientato ad ovest, particolare attenzione è stata posta ai problemi di insolazione; a tal proposito, relativamente al progetto per la Casa del Fascio di Como, Terragni ebbe modo di afermare: “Non va dimenticato che la nostra architettura è in funzione del sole come la nostra vita. Non preoccupatevi quindi di fronte alle grandi vetrate, anche alle intere pareti di vetro su facciata a nord, a nord-est, a est e a nord-ovest. Non preoccupatevi nemmeno di fronte alle pareti vetrate a sud o a sud-ovest purché arretrate sulla linea dell’ediicio e protette da balconate, portici o vegetazione dall’alto fusto.”45 Per questi motivi gli uici del piano rialzato vennero protetti dal sole grazie alla lunga balconata e a una porzione del piano primo in aggetto sul sottostante, mentre i locali del piano superiore erano ombreggiati da una veletta orizzontale e risultavano collegati tra loro da una serie di porte vetrate allineate sullo stesso asse, lungo il lato inestrato: la zona di lavoro risultava così arretrata di circa un metro rispetto al ilo della facciata, suicientemente per godere di una buona ombreggiatura e un’ adeguata illuminazione difusa. Questi accorgimenti, oltre ad essere esteticamente suggestivi, hanno così permesso 44 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 12 - 15. 45 Relazione tecnica, di G. Terragni, in Quadrante, 35 - 36, ottobre 1936, p. 48.

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Di seguito il foyer del teatro della Casa del Fascio di Lissone, 1940.

di ridurre in modo notevole la penetrazione dei raggi solari, in particolare nel periodo estivo e in coincidenza con le ore piĂš calde della giornata.46

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Michele Ugolini, Giuseppe Terrag i, La Casa del Fas io di Lisso e, Ali ea Editri e, Marzo , p. - .

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Nelle pagine precedenti: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

la porta girevole della sala del direttorio; vista della piazza dagli uici dei gerarchi al piano primo; quinte retrostanti disposte a 45°; accesso al sacrario; copertura torre, uici piano rialzato.

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3.2.3 LE STRUTTURE

La Casa del Fascio di Lissone è impostata su una struttura a scheletro con travi e pilastri in cemento armato e solai in latero-cemento a pignatte e travetti. Le fondazioni, continue in corrispondenza dei locali interrati, sono per il resto costituite da plinti isolati in cemento armato delle dimensioni in pianta di cm 165 x 100, mentre i muri esterni di tamponamento ed i tavolati interni sono stati realizzati con laterizi forati. Le campate dei pilastri determinano le dimensioni degli uici su entrambi i piani; lungo la facciata scandiscono il ritmo della composizione, essendo i vani completamente inestrati, salvo un paramento in muratura sottile bucato da difusori di vetro a forma di “bicchiere rovesciato” che al piano rialzato è alto circa 150 cm ed al piano primo è di circa 80 cm. 47 Le strutture verticali, sono a vista nel corpo uici (dove hanno una sezione di cm 60 x 22), mentre nella sala cinematograica sono inglobate nei muri d’ambito, tranne che in corrispondenza delle uscite di sicurezza, la cui ampiezza è deinita dall’intervallo tra i pilastri (che qui presentano una sezione di cm 70 x 22). Le solette dei vestiboli pertinenti al cinema sono sorrette su entrambi i piani da due travi a “L” aventi un’altezza in sezione di 120 cm e in grado di coprire una luce di circa 13 metri senza appoggi intermedi; questa soluzione ha consentito di inserire sul prospetto sud la doppia inestratura continua (fs26) e ha dato la possibilità di poter rendere ampliabile posteriormente la platea del cinema 47

ASCL, categoria X, classe 9, cartella n° 329, anno 1922 – 1927.

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teatro, creando un nuovo spazio senza soluzioni di continuità.48 Sempre a proposito della sala cinematograica, elemento di notevole interesse è la balconata che Terragni ha saputo posizionare senza l’aiuto di sostegni verticali a vista, ancorandola invece a pilastri inglobati nei muri d’ambito laterali per mezzo di due travi aventi un’altezza in sezione di 100 cm; quest’ultime, permettendo al soppalco di non avere alcun contatto con i muri perimetrali, creano un interessante efetto di “galleggiamento” dell’intera struttura. (fs19) Per questo motivo, i pilastri che sorreggono le suddette travi e quelle delle solette dei vestiboli sono stati sovradimensionati rispetto agli altri elementi della struttura.49 La copertura dell’ediicio, gettata in opera, è stata impermeabilizzata con manti bituminosi protetti in supericie da lastre in calcestruzzo. Il corpo della torre è costruito da una struttura a muri portanti rastremati verso l’estremità superiore e realizzati con blocchi di pietre squadrati: la copertura, ottenuta con lastre di cristallo a forte spessore su travetti metallici, è stata analogamente adottata anche per l’ingresso del sacrario. 50

48 49 50

Idem. ASCL, categoria X, classe 9, cartella n° 329, anno 1922 – 1927. Idem.

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3.2.4 I MATERIALI

“Una casa per il popolo non è e non può essere, una costruzione ‘di tipo popolare’ nel signiicato che comunemente si dà a tal genere di edilizia. Se per la costruzione di un sistema di alloggi popolari si tiene il massimo conto del fattore costo in confronto di un minimo di benessere, di spazio, di igiene, in una casa dedicata e destinata al popolo intervengono fattori morali, politici, propagandistici che integrano il fondamentale scopo di creare una sede alle organizzazioni di partito; fattori che si traducono in elementi di arricchimento quali l’impiego di materiali di rivestimento di pregio e di durata […]un carattere più decisamente celebrativo […]. Un rapporto architettonico nuovo che, pur restando estraneo alle magniloquenze di certi storici periodi di architettura, possa uscire dagli abituali rapporti stabiliti dalla funzione e dall’utilitarietà, diventa indispensabile qualora si voglia raggiungere una commozione poetica con l’esaltazione di fatti politici, di vittorie militari, o di conquiste rivoluzionarie. Se ai ini militari e funzionali di una casa da uici serve tanto una parete intonacata quanto una parete in marmo, al carattere di un ediicio rappresentativo può servire solo la parete di marmo, talvolta un parapetto di scala può assumere l’importanza di fatto decorativo o architettonico senza perdere in questo arricchimento stilistico la sua funzionalità, la sua sincerità.”51 Partendo da queste premesse, si può senz’altro afermare che anche per la Casa del Fascio di Lissone Terragni abbia riservato particolare attenzione all’impiego 51

Relazione tecnica, di G. Terragni, in Quadrante, 35 - 36, ottobre 1936, p. 6.

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dei materiali, riuscendo a coniugare le esigenze estetiche e funzionali in una piacevole sintesi formale. Il materiale che riveste maggiore importanza in questo ediicio, oltre naturalmente al calcestruzzo armato, è senza dubbio il vetro. Questo elemento, fondamentale nelle architettura di Terragni, è presente a Lissone nei più svariati aspetti, utilizzi e dimensioni: dalle ampie vetrate del fronte principale ai caratteristici difusori in vetro utilizzati per formare il vetrocemento; dalle lastre di copertura della torre e della galleria di accesso al sacrario alle balaustre in vetro retinato della terrazza e delle solette di collegamento alla torre; dal parapetto in securit lustro dello scalone esterno52 alla scala interamente in cristallo che collega gli interni del piano rialzato con il piano primo del corpo uici. Ogni possibilità nell’impiego di questo materiale è stata sfruttata ino in fondo.53 Per quanto concerne le pavimentazioni, Terragni ha invece impiegato una vasta gamma di materiali diversi: ogni spazio funzionale è stato caratterizzato con una diferente supericie di calpestio. I disimpegni interni ed esterni vennero pavimentati con sezioni rettangolari di marmo disposti ad “opus incertum” legati da cemento colorato in azzurro, gli uici con lastre rettangolari di faesite e la sala cinema-teatro con linoleum. I servizi igienici, rivestiti alle pareti con piastrelle bianche, presentavano una pavimentazione in gres rosso. I serramenti di porte e inestre erano in legno, ad eccezione della sala cinematograica, dove vennero posizionate delle inestrature a vasistas con inissi 52 Utilizzato anche nella casa del Fascio di Como. 53 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 550 - 551.

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in ferro. Il legno venne utilizzato per realizzare i divisori mobili, utili a dividere lo spazio di un uicio da quello adiacente, e come perimetro di deinizione esterno: per separare questi ultimi dal corridoio distributivo. Le pareti ed i soitti di tutti gli ambienti erano riiniti a semplice intonaco, mentre la supericie esterna dell’ediicio, ad eccezione del prospetto sul retro che era solamente intonacato, venne rivestita con listellini rettangolari di marmo bianco a spacco naturale.54

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Palazzo Terragni, in Recuperare, n.7, settembre – ottobre 1983.

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Nelle pagine precedenti in ordine: 1. 2. 3. 4. 5.

vetro; marmo bianco di Carrara; pietra giallo - grigia di Moltrasio; granito rosa di Montorfano; granito bianco di Baveno.

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3.2.5 LE TEMATICHE RICORRENTI

LA TORRE La composizione della Casa di Lissone è giocata su un netto contrasto tra la verticalità della torre littoria e l’andamento orizzontale del blocco adibito ad uici. La torre viene intesa da Terragni, come entità separata dal complesso e ciò si manifesta tramite forma e materiali; infatti immediatamente l’osservatore coglie la diferenza tra l’andamento leggero e trasparente degli uici vetrati e l’imponente massa di pietra di Moltrasio che costituisce la struttura della torre littoria. Terragni ha saputo realizzare una costruzione in pietra utilizzando sapientemente le tecniche dei maestri comacini in modo da far sembrare che questa particolare parte dell’ediicio fosse una preesistenza nella piazza.55 È interessante notare inoltre la diferente consistenza materica di questo elemento verticale nei progetti dei tre ediici emblematici che realizzò per il regime fascista: per la Casa del Fascio di Como, la torre era un prisma architettonico interamente rivestito con superici vetrate che davano un senso di forte trasparenza e leggerezza56; nel progetto per il Palazzo Littorio a Roma, aianco alle superici vetrate era presente una muratura in pietra avente piante ad “L” che abbracciava ed avvolgeva, seppur parzialmente, l’elemento trasparente, alternando a questa 55 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 550 - 551. 56 Ibidem, p. 391 - 407.

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inconsistenza materica, il peso espresso dal materiale lapideo57; il caso Lissonese, invece, vede la torre littoria completamente costruita con blocchi squadrati in pietra che esprimono un fortissimo senso di imponenza e staticitĂ .58 Di seguito, in ordine, il progetto di concorso per il Palazzo Littorio a Roma del 1934 e la torre della Casa del Fascio di Lissone del 1939.

La torre progettata per il concorso di Roma sembra apparire come uno stadio intermedio, l’anello di congiunzione tra la forte trasparenza nel progetto comasco e l’aspetto massiccio ed imponente in quello lissonese, in quanto mostra una contemporanea presenza dei due diversi materiali impiegati (pietra e cristallo).59

57 Ibidem, p. 437 - 451. 58 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 545 - 552. 59 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 7 - 8.

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RAPPORTO CON L’ESTERNO Sono individuabili nell’opera di Terragni diverse modalità di intendere il rapporto tra spazio interno ed esterno, tra l’ediicio di progetto e l’ambiente circostante; tali concezioni spaziali sono esplicitamente riconoscibili nella Casa del fascio di Como e nell’asilo Sant’Elia realizzato nella stessa città. La Casa di Lissone rivela una chiusura in se stessa in quanto il contesto spaziale esterno penetra luidamente in quello interno creando interessanti scorci prospettici, mentre lo spazio esterno rimane quasi immobile; la forza espansiva è molto ridotta poiché tutti gli elementi architettonici sono contenuti all’interno della forma geometrica base senza proiezioni dinamiche all’esterno di essa.60

Di seguito, in ordine, il cortile dell’asilo Snt’Elia di Como del 1934 e la vista dal balcone del piano primo della Casa del Fascio di Lissone.

Nell’ediicio pensato per i bambini, invece, la presenza contemporanea di elementi sporgenti e rientranti, associata all’uso di ampissime superici vetrate, tende ad uniformare spazio interno ed esterno unendoli in un continuum spaziale;61 la Casa di Lissone si colloca nel mezzo, pur essendo cronologicamente posteriore. Nel fronte principale (ovest) vengono ripresi gli stessi criteri sulla trasparenza adottati per l’asilo, inoltre l’estrusione dei balconi tende verso l’esterno creando ancora una volta nuovi scorci prospettici. In comune con la sorella comasca ha l’afaccio verso il cielo, presente nel caso lissonese solo nella torre. L’ediicio di Lissone rappresenta quindi un’opera matura in cui Terragni ha saputo fondere tutta la sua esperienza progettuale, dotando la cittadina brianzola di uno dei più importanti ediici del razionalismo.62 60 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 391 - 407. 61 Ibidem, p. 453 - 464. 62 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 8 - 11.

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DINAMISMO DELLA FACCIATA La facciata della Casa del fascio di Lissone è caratterizzata da ampie superici vetrate, attraverso le quali è possibile leggere la struttura a pilastri che si contrappone, anche se debolmente, alla prevalente orizzontalità del corpo di fabbrica. I pilastri creano un primo ritmo basato su intervalli regolari entro il quale è possibile riscontrarne un secondo, dato dai montanti lignei dei serramenti. L’orizzontalità dell’ediicio è ancor più accentuata dalla balconata che percorre tutta la facciata ed alla quale Terragni ha saputo dare una nota di dinamicità grazie allo slittamento della stessa in direzione della torre. Nei disegni di progetto era anche prevista una “cornice” avente una sezione quadrata di 10 cm che avrebbe dovuto inserirsi tra la supericie della facciata e la balconata; questa struttura, traslata verso destra come il lungo balcone, presentava dei montanti verticali non allineati con i serramenti, in modo tale da creare un nuovo ritmo di contrappunto. 63 La cornice, se fosse stata realizzata, oltre a costruire una sorta di iltro tra interno ed esterno, avrebbe creato un interessante movimento longitudinale sulla facciata, dotando inoltre l’ediicio di una maggiore profondità prospettica.64 Purtroppo non ci sono pervenute le motivazioni che portarono alla sua eliminazione in fase di cantiere. In maniera diferente la cornice venne utilizzata da Terragni nella Casa Rustici di Milano: se a Lissone essa era stata concepita per articolare ed aumentare la spazialità dell’insieme, nel caso milanese venne adottata per dare un senso di 63 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 8 - 11. 64 Idem.

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unione e di compattezza, per legare i due corpi di fabbrica costituenti l’ediicio e dare un senso di unitarietà al progetto. 65

Di seguito, in ordine, il cortile dell’asilo Snt’Elia di Como del 1934 e la zona uici della Casa del Fascio di Lissone.

Nel contesto lissonese esistono comunque una serie di ritmi compositivi, di rapporti, di direttrici percettive che movimentano la facciata, proiettandola verso lo spazio esterno. L’arretramento sul fronte del piano rialzato rispetto a quello superiore costituisce un elemento di forte dinamicità del complesso. Dal punto di vista cromatico è il bianco che predomina, sia sotto forma di cemento intonacato, sia sotto forma di rivestimento in tesserine di marmo. A tal proposito le superici bianche accentuano e sottolineano l’orizzontalità della facciata, creando inoltre un interessante gioco di pieni e di vuoti. I difusori in vetro che si trovano nei tamponamenti del piano rialzato conferiscono alla supericie muraria una nuova tonalità che arricchisce quel rapporto tra pieni e vuoti sapientemente creato da Terragni attraverso l’accostamento di superici bianche e superici trasparenti. Il contrasto con la sagoma scura della torre è netto ed il rapporto con le ampie superici vetrate o in ombra rende l’insieme movimentato e vibrante; la luce entra come energia vitale e vi si difonde illuminandolo.66

65 Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996, p. 434 - 436. 66 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 8 - 11.

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LA LUCE Terragni tratta la luce, nelle sua architetture, come un vero e proprio elemento architettonico che completa e vitalizza l’ediicio.67 L’esempio lissonese ofre una sensazione di forte trasparenza; il prospetto principale che si afaccia su Piazza della Libertà è caratterizzato dalla presenza di grandi superici vetrate, scandite dei montanti lignei i quali creano un ritmo ad andamento orizzontale. La trasparenza del corpo uici denota la volontà di Terragni di voler rompere la rigida suddivisione, almeno a livello percettivo, tra spazio interno ed esterno; è stato così superato il concetto di ediicio inteso come rifugio dell’individuo dal mondo esterno.68 Anche se un ruolo importante deve aver avuto la retorica di regime tesa a dimostrare anche matericamente che “il fascismo è una casa di vetro entro cui tutti possono vedere”69. Qui lo spazio interno si proietta e si amalgama con quello del contesto circostante; chi si trova nei locali che da Terragni erano stati adibiti ad uici, ha la gradevolissima sensazione di essere partecipe a tutti gli eventi quotidiani che si svolgevano nella piazza stessa. Ed ancora, soprattutto la sera, quando le luci accese all’interno dell’ediicio sottolineano maggiormente i caratteri dei singoli locali (eliminando i rilessi che di giorno hanno luogo sulle superici vetrate), l’osservatore ha la sensazione che questi ultimi non siano separati dallo spazio esterno per mezzo di rigide diaframmature e si sente partecipe della vita che si svolge al loro interno. Le superici vetrate inoltre ampliano visivamente lo spazio della piazza in quanto 67 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 8 - 11. 68 Relazione tecnica, di G. Terragni, in Quadrante, 35 - 36, ottobre 1936, p. 14. 69 Cit. Benito Mussolini ai gerarchi fascisti, Luglio 1929, Roma.

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tutti gli ediici e gli elementi nel contesto esterno si rilettono su di esse trasformandole: da superici bidimensionali diventano un fondale prospettico e lo spazio della piazza sembra aumentare.70

Difusori in vetro, presenti sulla facciata ovest e su quella sud.

Vi sono alcune parti dell’ediicio in cui Terragni ha fatto un sapiente uso del vetrocemento come ad esempio nella piccola veletta orizzontale che si trova a coronamento del prospetto principale o nelle paretine verticali della sala del cinema, aventi la funzione di separare i posti a sedere dalle rampe di scale che permettono di scendere ai seminterrati; questi elementi vitrei, di forma cilindrica ed aventi un diametro di 8 cm, oltre a permettere il passaggio della luce, attenuano il peso della percezione visiva dei materiali opachi per avvicinarsi maggiormente ad una sensazione di trasparenza e leggerezza. Difusori in vetro sono presenti anche nella pensilina che collega il tetto piano dell’ediicio con la torre littoria, nei tamponamenti del prospetto principale e nelle pareti che separano i servizi igienici dai disimpegni al piano primo. Gli uici erano separati dagli altri ambienti per mezzo di pareti attrezzate composte da armadiature ino all’altezza del sopraporta e, da questo ino al plafone vi era un tamponamento in lastre di vetro, per garantire una maggiore luminosità ai corridoi interni. Negli uici al piano rialzato i difusori in vetro inseriti nei muri di tamponamento, se dall’esterno possono sembrare una semplice esercitazione decorativa, all’interno ofrivano la possibilità di avere un ambiente illuminato a tutt’altezza (ed allo stesso tempo schermato) da una luce che non entrava direttamente, ma veniva estrusa in una forma caratterizzata e mediata dalla struttura architettonica, la quale si rendeva partecipe della trasformazione di questo elemento naturale. 70 Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994, p. 8 - 11.

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I corridoi di entrambi i piani, che separavano isicamente con un taglio netto la parte degli uici da quella del cinema-teatro venivano attraversati da un fascio di luce continuo e senza interruzioni, dando così l’impressione di una totale apertura alle due estremità, come se esse fossero state prive anche del vetro e del relativo serramento. La luce e la trasparenza venivano usate anche per unire visivamente tra di loro gli uici del piano primo, grazie alle porte di comunicazione interne allineate sullo stesso asse e dotate di vetri che consentivano la visione da un capo all’altro del settore. Negli ambienti orientati a sud, retrostanti la sala proiezioni, la luce entra per mezzo di due inestrature continue che tagliano per il suo intero sviluppo la grande parete prospiciente i giardini, ofrendo uno spazio di mediazione con l’esterno e dando l’impressione a chi si trova all’interno di trovarsi su una balconata aperta.71 Illuminazione naturale del piano primo.

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La Casa del Fascio di Lissone, di G. Terragni, in Il vetro, n° 12, 1940, p.461 - 468.

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TRASFORMAZIONI NEL TEMPO


3.3.1 DA CASA DEL FASCIO A CASA DEL POPOLO

Nella pagina precedente, la Casa del Fascio di Lissone in uno schizzo di progetto degli architetti Forges Davanzati e Ranzoni

A partire dal luglio 1943, mutata la situazione politica in Italia in seguito allo scioglimento del PNF, le sorti della Casa Del Fascio subirono un rapido sconvolgimento. Nell’agosto di quell’anno infatti, i locali dell’ediicio vennero requisiti ed occupati dal comando della difesa territoriale e tutti i beni mobili in esso contenuti furono sequestrati dai carabinieri su ordine dell’intendenza di Finanza di Milano e aidandoli in custodia al segretario comunale di Lissone Mario Bortolotti. Due anni più tardi gli arredi vennero prelevati dal comando di Artiglieria e consegnati all’Uicio recuperi del Ministero della Guerra,72 ad eccezione di 8 pareti attrezzate73 tra quelle che costituivano la struttura divisoria tra gli uici e il corridoio.74 Da alcune testimonianze orali risulta che nel 1945, al termine della guerra, il Comitato di Liberazione Nazionale prese possesso dell’ediicio e, come avvenne in tutta Italia per ciò che si identiicava con il fascismo, anche questa costruzione fu vittima della pesante eredità ideologica che rappresentava: vennero eliminate tutte le scritte e le decorazioni che inneggiavano al regime, furono demolite le passerelle di collegamento tra la casa e la torre e fu ostruito l’accesso al sacrario. L’ediico, rinominato Casa del Popolo e acquisito dal Demanio nel periodo 72 ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1927 - 1946. 73 Questi mobili non furono venduti neppur quando, nel ’48 il comune di Lissone ricevette dall’Intendenza di Finanza di Milano una sollecita in proposito, in quanto ritenuti parte integrante della costruzione. 74 Idem

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seguente la Liberazione, divenne sede provvisoria dei partiti politici. La sala degli spettacoli, già ribattezzata Cinema Teatro Impero, fu subaittata in gestione alla ditta Colleoni Moro & Co e divenne cinema di zona75; rimase

Progetto per le nuove lastre di perimetro del sacrario ad opera di Pietro Lingeri, dall’archivio dei beni storici della Lombardia, fondo Lingeri Pietro, Carteggio, Progetti.

tale, seppur con diversi aidamenti, ino alla ine degli anni Sessanta e nel 1947 l’ediicio risultava occupato da diversi enti ed associazioni, nonché da due guardie municipali.76 Intorno al 1952 la pessima gestione degli ambienti e una manutenzione ineiciente dello stabile avevano arrecato gravi danni sia agli impianti che alle strutture interne; una perizia eseguita in questo periodo dall’ing. Guido Tacchi per conto del Comune di Lissone (intenzionato all’acquisto dell’immobile di proprietà demaniale), valutava il valore del fabbricato in 14.600.000 Lire. 77 Non era però dello stesso avviso l’Intendenza di Finanza di Milano che, in seguito ad una controperizia riteneva di attribuire all’ediicio un valore di 23.500.000 Lire, considerando il fatto che proprio nel 1952 vi era stato un intervento a favore della sala cinematograica che risultava in ottime condizioni. 78 Nel 1962 fu sistemato nella zona del sacrario, verso piazza della Libertà, un monumento ai caduti, che comportò la demolizione delle lastre di marmo collocate originariamente per delimitare il corridoio di comunicazione tra lo scalone. L’8 Maggio del 1963 l’Intendenza di Finanza di Milano concesse l’aitto al

75 Questi mobili non furono venduti neppur quando, nel ’48 il comune di Lissone ricevette dall’Intendenza di Finanza di Milano una sollecita in proposito, in quanto ritenuti parte integrante della costruzione. 76 Idem. 77 ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1388, anno 1969 - 1977. 78 Idem.

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Comune79 della Casa, versante in uno stato di forte degrado; si ricorda che l’ediicio era completamente inutilizzabile fatta eccezione di tre locali del piano rialzato occupati dall’INAM e alcuni locali del piano primo occupati da abusivi. Immediatamente dopo aver avuto in consegna i locali in aitto, l’amministrazione comunale di Lissone fece compilare al proprio uicio tecnico un preventivo dei lavori necessari alla sistemazione e al riordino dell’ediicio; tale preventivo, che indicava una spesa totale di 30.300.000 Lire80, non portò ad intraprendere alcun tipo di intervento. Il 6 Marzo del 1968 l’ex Casa del Fascio venne venduta dal demanio al Comune di Lissone per 26.850.000 Lire con il vincolo di destinazione ad uici comunali, biblioteca, pinacoteca per la parte di uici, e a riunioni culturali e congressuali per la sala cinematograica. 81 Subito dopo essere entrata in possesso dello stabile, l’amministrazione comunale rivolse un bando pubblico ai progettisti per l’elaborazione di un intervento di recupero. L’invito venne accolto da due studi di architetti associati: Franco Albini con Ludovico B. Belgioioso e Lorenzo Forges Davanzati con Pietro Ranzani.82 La scelta cadde sulla proposta degli architetti Forges Davanzati e Ranzani, inoltre l’amministrazione, presa visione del progetto elaborato secondo due diverse scale di intervento83, si dichiarò interessata esclusivamente ad un’operazione di ripristino funzionale lasciando cadere ogni iniziativa di intervento nella città.84 79 Idem. 80 ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1388, anno 1969 - 1977. 81 Idem. 82 Idem. 83 Da una parte eseguiva un’azione circoscritta all’ediicio, dall’altra erano ipotizzati alcuni interventi a livello urbano. 84 ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1388, anno 1969 - 1977.

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Di seguito una cartolina degli anni ‘50 raigurante la Piazza della Libertà e l’ex Casa del Fascio.

I lavori iniziarono il 2 Ottobre del 1972 dall’impresa edile Francesco Trabucchi di Milano sotto la direzione dei due architetti, e terminarono il 3 dicembre del 1974 per una spesa totale di 139.395.225 Lire.85

3.3.2 PROGETTO DEL 1969 A CURA DI FORGES DAVANZATI & RANZANI 85

ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1388, anno 1969 - 1977.

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3.3.2 PROGETTO DI RESTAURO DEL 1969 (DI LORENZO FORGES DAVANZATI & PIERO RANZANI) Nella pagina precedente, la piazza Vittorio Emanuele III con la fontana a pianta circolare in primo piano, 1940.

Come si è potuto comprendere dai paragrai precedenti, l’ex Casa del Fascio già all’inizio degli anni ’50 versava in condizioni di estremo degrado; la perizia efettuata da Guido Tacchi del 1952 evidenziava chiaramente questa situazione: “La parte basamentale delle facciate è quasi priva di intonaco. Il rivestimento in listellini di marmo spaccato è in molte parti caduto [...]. I serramenti esterni in legno sia a vetri che avvolgibili mostrano il materiale assai smagrito e disseccato dall’azione delle intemperie” con giunti sconnessi, vetri da sostituire e organi di manovra fuori uso. Il legno di porte e serramenti è rotto, scollato o marcito, e “gli intonaci dei soitti sono assai avariati al piano primo estremamente macchiati dalle iniltrazioni della copertura piana: questa a sua volta dimostra di aver perduto ogni pregio di tenuta (è questa la causa principale che ha provocato il rapido deperimento di moltissime architetture razionaliste) mentre il manto di protezione di calcestruzzo è in sfacelo.”86 L’impianto elettrico è malfunzionante e soggetto a dispersioni di corrente e corti circuiti e l’impianto termico versa in cattive condizioni, mentre i sanitari e rivestimenti delle pareti dei servizi igienici sono tutti da sostituire. “Inine i pavimenti già di linoleum hanno raggiunto l’ultimo stadio di consumazione. Si salvano invece i pavimenti in marmo che in gran parte dei locali furono sostituiti da pannelli in faesite a loro volta in sfacelo. Si ritengono in buone condizioni le strutture in cemento armato solai compresi, non essendosi riscontrate lesioni di sorta. In buone condizioni è risultato tutto 86 Cit. gli architetti Forges Davanzati e Ranzani nella relazione di progetto in ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977.

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il corpo contenente il Cinema per esservi provveduto recentemente ad opere di riassetto. Inine il corpo a torre è in buone condizioni vale a dire lo sono i muri che la costituiscono, le scalette interne per accedere al balcone dell’arengario e la copertura a vetro”. 87 Dai racconti degli impiegati comunali più anziani risulta che a questo stato di cose non fu posto rimedio adeguato e lo stato di abbandono in cui venne lasciato l’ediicio, fatta eccezione per alcuni interventi di modiica o adattamento eseguiti per iniziativa personale dai vari occupanti, non fece che peggiorarne la situazione. Al rilievo eseguito da Forges Davanzati e Ranzani, si evince come: “le condizioni della prima parte88, oggi parzialmente occupata dagli Uici della Previdenza Sociale, sono pessime all’esterno e all’interno, si notano infatti al piano rialzato rifacimenti e sistemazioni di fortuna dell’allestimento originario e la quasi ineicienza degli impianti tecnici, al piano primo il totale decadimento di ogni opera dai serramenti esterni a quelli interni, dalle pavimentazioni agli impianti, mentre estese iniltrazione d’acqua si sono veriicate attraverso il manto di protezione ed impermeabilizzazione della copertura. Nella parte Cinema – Teatro, tutt’ora in funzione, si rilevano diverse sovrastrutture e modiicazioni come la cassa del cinema, alcuni rivestimenti alle pareti, spostamenti e adattamenti di serramenti interni; la chiusura dell’accesso in corrispondenza del giardino e la demolizione di quinte esterne ed interne nella zone delle uscite di sicurezza; il riscaldamento avviene mediante stufe di cherosene. Questa parte dell’ediicio non risulta completa del palcoscenico rispetto ai disegni del progetto Terragni – Carminati. Il sacrario appare come la parte più manomessa per la 87 Cit. gli architetti Forges Davanzati e Ranzani nella relazione di progetto in ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977. 88 La zona uici per intenderci.

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demolizione delle solette di collegamento con il corpo di fabbrica degli uici e per la sistemazione relativa alla collocazione di un bronzo in memoria dei caduti che ha alterato sensibilmente il generale assetto architettonico. Anche qui si rilevano danni alle initure, ai serramenti, alle porte e al velario superiore”.89 È partendo da queste premesse che venne intrapresa la fase di recupero, condizionata inizialmente dall’esigenza primaria di riutilizzare l’ediicio entro costi ragionevoli. Vennero individuate due tipi di obsolescenze determinanti: una materica e l’altra funzionale. Ne scaturì che “[...] al costo oggettivo e non riducibile della ristrutturazione tecnica deve corrispondere una proporzionata eicienza funzionale per assicurare un elevato grado di utilità sociale; [...] Ne consegue l’impasse determinato dal problema di valutare l’opportunità di assumere un atteggiamento di fedeltà letterale nel restauro quando ci si trova di fronte alla constatazione che l’impianto distributivo interno dell’ediicio resiste all’adattamento mediante la rigidità del linguaggio razionalista, fatto di tratti rigorosamente pertinenti e di preordinata rispondenza della forma alla funzione. È evidente l’incompatibilità con la concezione aderente alla nuova destinazione, di un “continuum”, di spazio cioè indiferenziato, disponibile e ‘variamente conigurabile secondo le mutevoli esigenze che si pongono nel tempo. Si tratta di realizzare la funzione e l’osmosi di funzioni vecchie e nuove in un involucro con destinazione originaria diversa; involucro che determina il vincolo fondamentale del problema progettuale e la cui conservazione è incontestabilmente un atto di cultura per il suo valore di testimonianza di un momento architettonico signiicativo. Conseguentemente si è scelto, come ipotesi progettuale, un tipo di restauro che 89 Cit. gli architetti Forges Davanzati e Ranzani nella relazione di progetto in ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977.

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rispettasse massimamente l’involucro esterno mediante il ripristino dei fronti e la ricostruzione dell’assetto primitivo del Sacrario, ma che considerasse liberamente la distribuzione dello spazio interno secondo i bisogni attuali.”90 Da tali considerazioni emergono le condizioni che hanno portato al progetto di rifunzionalizzazione, prevedendo il recupero dell’auditorium secondo perimetro e alzati originali ad esclusione di palcoscenico e locali di servizio sottostanti, ritenuti inadeguati a rappresentazioni teatrali di un certo rilievo e di minore utilità rispetto alle inalità dell’ediicio. I servizi igienici, pertinenti alla sala cinematograica, situati nei locali interrati, vennero quindi totalmente rifatti, così come si rese necessario un intero rifacimento della cabina di proiezione posta sul terrazzo. Nel gruppo di soluzioni utili prospettate dallo studio preliminare degli architetti Forges Davanzati e Ranzani venne scelta dalla Commissione esaminatrice la soluzione che prevedeva, oltre al recupero dell’ex Casa del Fascio anche la costruzione dell’ediicio ad essa complementare da adibirsi a centro civico91. Si è cercato in questa occasione di recuperare un’unità di comunicazione spaziale fra gli ambienti, utilizzando materiali più uniformi possibili su pareti, pavimenti e soitti. Le pareti di allestimento vennero progettate seguendo criteri di lessibilità e componibilità lasciando maggiore libertà operativa e recuperando in un asse longitudinale a lato del blocco uici, gli spazi di collegamento come corridoi e scala. La scala in cristallo, che originariamente collegava il corridoio rialzato con quello del piano primo, fu eliminata e al suo posto se ne costruì 90 Cit. gli architetti Forges Davanzati e Ranzani nella relazione di progetto in ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977. 91 Tale intenzione fu successivamente abbandonata e i lavori si limitarono al solo ripristino dell’ediicio.

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un’altra, non più posizionata vicino alla parete nord, ma adiacente all’ingresso principale.92 In riferimento agli accessi si ricorda, sempre dalla relazione di progetto: “La riprogettazione è giustiicata dalle esigenze di conferire chiarezza al nuovo impianto distributivo accentuando una direzione di disimpegno già implicita nella progettazione originale e sciogliendo, con la distinzione delle utilizzazioni e la eliminazione di un ingresso, il nodo di ambiguità presente nella conluenza in una zona limitata dell’ingresso di piazza della Libertà, dello scalone esterno e dell’ingresso dal giardino.” Le solette di collegamento tra la torre, il corpo uici e la sala cinematograica, precedentemente demolite nell’immediato dopoguerra, furono ricostruite secondo quelle originali; stessa operazione fu prevista per la zona di accesso al sacrario. Il centro civico, che avrebbe ospitato al suo interno una biblioteca, venne progettato come un corpo di fabbrica sviluppato “su due piani di cui uno, quello di immagazzinamento dei libri, interrato” con un piano di copertura “reso praticabile e godibile come estensione a livello superiore delle aree verdi.” La nuova costruzione e la Casa del Fascio dovevano essere connesse per mezzo di una zona porticata con attrezzature esterne per rappresentazioni, riunioni e mostre ed una zona verde destinata a intrattenimenti ludici e campi da gioco93. Il ripristino dell’ediicio prevedeva una ridistribuzione dei locali al piano rialzato in: ingresso principale e secondario, hall con bar e guardaroba, servizi, uici di direzione del Centro nell’ex corpo uici; teatro con l’ampliamento del palcoscenico su due livelli nel corpo auditorium, con una possibile variante di progetto consistente in uno sdoppiamento dell’aula in due sale sovrapposte, 92 93

ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977 Palazzo Terragni, in Re uperare, . , sete re – oto re .

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la sottostante per proiezioni e cinema e la superiore per teatro sperimentale. Le quinte in muratura, presenti originariamente sul prospetto posteriore e in seguito demolite, non furono ricostruite perché i progettisti ne avevano valutato un’importanza minore rispetto al discorso architettonico generale e nella fattispecie creavano problemi al posizionamento delle uscite di emergenza. Inine al piano primo si creò un grande spazio aperto, intervallato soltanto dalla scansione regolare dei pilastri e illuminato con lucernari dall’alto94; questo spazio, destinato ad accogliere una pinacoteca, venne in seguito allestito su progetto dell’Uicio Tecnico comunale, delimitandolo con tramezzature modulari.95 La sala espositiva veniva suddivisa negli spazi da tramezze mobili e allestita con un’illuminazione mediante lucernari dall’alto. In seguito alla presentazione del progetto di ristrutturazione, si veriicarono due prese di posizione piuttosto polemiche: la prima da parte dell’architetto Antonio Carminati, che rivendicava il suo contributo allo sviluppo del progetto originale, probabilmente indisposto per non essere stato interpellato in occasione del ripristino, e la seconda da parte degli eredi di Giuseppe Terragni unitamente a Luigi Zuccoli, all’epoca suo collaboratore. Questi ultimi dichiarandosi fortemente contrariati dal progetto previsto, minacciavano di intraprendere azioni di tutele, richiamando velocemente l’attenzione di critici ed enti competenti. Invitati dal Sindaco di Lissone per un chiarimento dei termini dell’intervento si mostrarono in seguito soddisfatti, ammettendo di essere stati male informati e dando la loro approvazione al progetto in questione.96 94 95 96

Palazzo Terragni, in Re uperare, . , sete re – oto re . ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977 Idem.

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Queste, in sintesi, sono state le operazioni che hanno portato ad un deciso mutamento della conigurazione spaziale dell’ediicio, nonché ad un diverso sistema distributivo e funzionale. Per quanto riguarda invece gli interventi sulle varie unità tecnologiche che hanno causato solo variazioni di ordine tecnico o estetico si vedrà la scheda riassuntiva seguente, ripresa dalle cartelle d’archivio.97

97

ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1389, anno 1969 - 1977

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Caraterisiche tec iche e dotazio i degli ediici pri a e dopo l’i terve to Struture

Prima dell’intervento

Dopo l’intervento

Strutture in elevazione

Travi e pilastri in c.a.

Mantenute, con limitati interventi di rinforzo

Strutture orizzontali

Solai in laterocemento a pignatte e travetti

Mantenuti integralmente

Finiture esterne

Prima dell’intervento

Dopo l’intervento

Pareti

In muratura, rivestite in tesserine in marmo spaccato di Carrara

Mantenute integralmente; il rivestimento, ove necessario, è stato ripristinato con identico materiale

Copertura

Copertura piana, con pavimentazione in quadrotti di cemento

Ricostruita con identici materiali; coibentazione realizzata con pannelli rigidi in lana minerale di produzione Balzaretti e Modigliani

Serramenti

In legno Douglas con avvolgibili

Integralmente rifatti secondo disegno originario

Finiture interne

Prima dell’intervento

Dopo l’intervento

Divisori verticali

Tramezzature in laterizi forati; pareti attrezzate con armadi e scafalature quasi totalmente degradate e demolite

Tramezzature mobili in laminato plastico; tramezzi in laterizi nella zona servizi

Pavimenti

Palladiana

Gomma nera tipo Metropolitana

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PIANO RIALZATO

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PIANO PRIMO

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1

2


3

4


Nelle pagine precedenti: 1. 2. 3. 4.

l’arengario privato delle iscrizioni “CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE”; il cortile retrostante senza le quinte murarie disposte a 45°; la nuova disposizione del piano primo senza gli uici; la nuova scala interna.

172


3.3.3 PROGETTO DI RISTRUTTURAZIONE DEL 2002 (REDATTO DALL’UFFICIO TECNICO COMUNALE) Nel 2002 è stato efettuato un secondo intervento di ristrutturazione98 che prevedeva il raggiungimento di due obiettivi complementari quali il recupero conservativo (eliminazione delle patologie di degrado e restauro degli elementi di pregio) e l’adeguamento funzionale relativo alle nuove destinazioni d’uso (auditorium, sala riunioni, sala espositiva). Di seguito sono riportate parti della relazione tecnica consegnata dai progettisti l’ing. Basilio Danzi e l’arch. Giorgio Lombardini al comune di Lissone che ha preso a carico l’intervento. Inizialmente sono state individuate una serie di categorie dell’ediicio, entro le quali distinguere i prospetti e i vari ambienti principali, per funzione e collocazione di piano. Da ogni categoria sono state estrapolate le criticità e le esigenze di intervento e successivamente sono state stilate le modalità di intervento da attuare come demolizioni, nuove costruzioni, conservazioni e dotazione di impianti tecnologici. Risulta complessivamente un progetto tecnico-scientiico attento alla determinazione di costi e all’iter esecutivo dei lavori con interventi di messa a norma dell’intero ediicio rispetto alle normative vigenti. L’intento annunciato dai progettisti è quello di creare una serie di nuovi percorsi lineari, in modo da non creare imbuti o punti di passaggio dalle dimensioni minime e disagevoli. Inoltre si è mirato alla creazione di spazi funzionali diversi e tra loro indipendenti in modo tale da poter seguire una segmentazione e una 98

ADCL, Terragni – Ristrutturazione 2002.

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compattazioni variabili in base all’uso necessitato. I principali interventi interni sono inalizzati a rendere fruibile Palazzo Terragni ad ogni tipo di utenza; particolare cura, ad esempio, è stata prestata all’organizzazione degli accessi, trattati in modo da essere direttamente fruibili dalle persone disabili. Nei locali interrati sono state ricostruite le fondazioni continue, e ri fatti muri contro terra in c.a. e solai in laterocemento. Sono state impermeabilizzate le superici e successivamente è stato eseguito l’intonaco al civile con relativa tinteggiatura. Le pavimentazioni sono state rifatte in gres porcellanato e sono stati sostituiti sutti i serramenti con nuovi in ferro. Per i bagni interrati è stata prevista una pavimentazioni in piastrelle ceramiche monocottura e sono state posati nuovi serramenti esterni in acciaio. Nella zona uici del piano rialzato sono stati ricostruiti i tramezzi in laterizio forato secondo il nuovo disegno da progetto ed è stata rifatta la pavimentazione in tranciato alla romana in Bianco di Carrara in corrispondenza degli ingressi e dei corridoi, mentre una pavimentazione in piastrelle di ceramica monocottura è stata prevista per i locali di servizio. Nell’auditorium al piano rialzato e al piano primo sono state rimosse porte e pareti mobili ed è stato rifatto il pavimento in parquet ignifugo; è stato ritinteggiato l’intonaco e sono state riprese alcune opere in ferro. Sulla balconata sono stati sostituiti gli elementi in ferro per parapetti e corrimani. La scala esistente è stata demolita e sostituita con una nuova scala in acciaio e dettagli in pietra aiancata dall’aggiunta di un ascensore. Nella pinacoteca, nella sala Missaglia al piano primo sono state demolite le suddivisioni murarie precedenti e sono stati costruiti nuovi tramezzi in laterizio forato; è stata rifatta la pavimentazione in tranciato alla romana in Bianco di 174


Carrara di diverse qualitĂ . Sempre al piano primo nei locali di servizio sono stati rifatti i tramezzi in laterizio forato e sostituiti i pavimenti con monolitici addittivati con resine epossidiche. Nelle aree esterne al piano rialzato sono state pulite le superici e rifatte le pavimentazioni, aggiungendo una rampa di accesso per disabili in corrispondenza dell’entrata a sud. Al piano primo sono state ripulite le superici, rifatti o consolidati i fronti soletta e le copertine. Sono state sostituite le parti ammalorate in ferro ed efettuato un ripristino manutentivo della pavimentazione, quasi completamente sostituita. Nei prospetti i serramenti e relativi avvolgibili sono stati sostituiti con nuovi realizzati su disegno originario e muniti di vetrocamera. Venne efettuata una idropulitura nebulizzata di tutti i rivestimenti lapidei e la stuccatura e sigillatura di tutti gli elementi. Le parti in cemento decorativo sono state pulite con prodotti chimici addizionati all’acqua a base di tensioattivi neutri e consolidate con prodotti organizi polimeri applicati con solventi. Si procedette generalmente a puliture, consolidamenti e protezioni dei materiali. In copertura è stata messa in opera una nuova membrana impermeabilizzate a doppio strato incrociato e sovrastata da una pavimentazione galleggiante e sono state rimosse tutte le lattonerie.

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PIANO RIALZATO

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PIANO PRIMO

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1

2


179

3


180

4


Nelle pagine precedenti: 1. 2. 3. 4.

cortile sul retro; degrado della passerella di collegamento tra il corpo uici e la torre; auditorium; sala espositiva al piano primo.

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3.3.4 PROGETTO DI ISTITUZIONE DELL’URBAN CENTER DEL 2005

Nella pagina seguente uno schizzo dell’ingresso dell’urbancenter ad opera dell’uicio tecnico comunale.

L’intenzione di istituire un Urban Center99 in alcuni spazi all’interno di Palazzo Terragni mirava a creare nel centro città, un luogo in cui le attività di riqualiicazione e trasformazione urbana venissero discusse e approfondite attraverso laboratori aperti a tutti i cittadini. Le funzioni che avevano segnato l’uso di Palazzo Terragni nel corso del tempo secondo i progettisti erano state sempre legate alla caratteristica apertura verso l’esterno dei suoi spazi, che garantivano appunto lo sviluppo di iniziative di apertura verso la cittadinanza. Un’ispirazione chiara e ben precisa al progetto proposto e successivamente realizzato. L’istituzione era pensata in concomitanza con l’imminente inaugurazione della nuova piazza; si voleva far coincidere l’inizio delle attività attraverso una mostra adibita ad hoc, che prevedeva l’utilizzo della torre come luogo di esposizione di stendardi e messaggi inerenti al tema. L’Urban Center occupava parte degli spazi interni all’ediicio (atrio dell’auditorium, attuale pinacoteca, sala Missaglia) e una porzione degli esterni con un box informativo aperto al pubblico. All’interno del palazzo erano previsti un’ esposizione di plastici su alcuni interventi cittadini, proiezioni di architettura e pannelli illustrativi, nonché l’organizzazione di incontri e dibattiti. Obiettivo cardine del progetto era integrare e concertare varie igure professionali e non della cittadinanza. L’attività è cessata poco dopo, lasciando di nuovo lo spazio alla pinacoteca e di fatto svuotando di utilità le altre sale occupate sino ad allora. 99

ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 99, anno 2006..

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SEZIONE IV IL PROGETTO DI RESTAURO



4.1

ANALISI DELL STATO DI FATTO


4.1.1 PREMESSE

Nella pagina precedente, l’aggancio del balcone al piano primo.

Il carattere storico intrinseco di questo pregiato esempio di architettura del Novecento, racconta di un periodo in cui le innovazioni tecnologiche aprivano nuovi orizzonti all’uso dei materiali sia tradizionali che di nuova sintesi; una serie di condizioni storiche e culturali che ha sicuramente inluenzato l’approccio di studio e di analisi al tema. Nonostante la sua costruzione pressoché recente rispetto al patrimonio monumentale a cui si avvicina solitamente la disciplina del restauro e che spesso porta alla luce una corposa stratigraia materica, la casa del fascio di Lissone rimane “vittima” di questa vicinanza storica. Per quanto riguarda le valutazioni di tipo scientiico, esse sono state formulate incrociando informazioni colte tramite osservazione diretta e riferimenti bibliograico-archivistici. Al momento di esecuzione degli interventi, le indicazioni vanno supportate ed eventualmente rettiicate da ulteriori approfondimenti in situ con adeguati sistemi di diagnostica e in laboratorio con esami petrograici al microscopio. Quindi l’analisi dello stato di fatto si preigge l’obiettivo di raccogliere tutti gli elementi e le informazioni necessari per recuperare adeguatamente quell’ “unità dell’opera”1 che il tempo tende naturalmente a dissolvere.

1

C. Brandi, Teoria del restauro, Einaudi, Torino, 1977.

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PROSPETTO NORD

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190


PROSPETTO OVEST

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4.1.2 RAPPORTO CON IL CONTESTO

Piazza della Libertà.

La casa del fascio si inserisce in un panorama urbano di grande interesse, essendo prospiciente a Piazza Libertà, centro nevralgico della città e fondamentale punto di snodo del quartiere. Quest’ultima è stata oggetto di un recente progetto di riqualiicazione nel 20052: è stato creato un ampio spazio pedonale ed è stata rimossa la strada carrabile che precedentemente costeggiava l’ediicio interrando i relativi parcheggi in una struttura sotterranea. L’intervento ha mostrato l’evidente interesse della città nel riacquisire il pregio di questo spazio urbano, riproponendolo come luogo privilegiato d’incontro della cittadinanza e soprattutto limitandone il traico veicolare, fonte determinante nel nostro caso, di degrado materico. Nonostante ciò la presenza ancora di una strada carrabile piuttosto traicata in adiacenza all’entrata laterale nord, permane quale fonte incontrollata di degrado, evidente nel diverso stato di conservazione di questa facciata, visibilmente più deteriorata rispetto alle altre. Sul lato sud troviamo invece in contrapposizione un piccolo polmone verde, costituito dai giardini di Largo De Capitani3. Questi fungono da diaframma

Fronte sud.

2 Riqualiicazione di Piazza Libertà, Comune di Lissone, 2005. 3 Largo Gianfranco De Capitani da Vimercate, antifascista lissonese morto in un campo di concentramento a Ebensee (Mauthausen) nel 1944. (fonte: http://www.comune.lissone.mb.it).

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vegetale tra l’ediicio e Palazzo Magatti4, celando alla vista dalla piazza l’accesso carrabile ai parcheggi sotterranei. Proseguendo nel retro della Casa, raggiungibile attraversando un porticato adiacente al prospetto nord, si giunge in una piccola corte semiprivata, su cui si afacciano i fronti di alcune abitazioni e uno dei lati dell’ediicio. Di quest’ultima area adiacente alla Casa, salta all’occhio il carattere angusto e disagevole a causa della costruzione di un capanno privato a ridosso di due uscite di emergenza.

Cortile retrostante.

4 La villa Candiani-Battaglia-Magatti è un ediicio di origine settecentesca articolato su due piani, con ampio giardino, costruito dai conti Candiani in forme neoclassiche come dimora gentilizia di campagna. Nel 1910 venne acquisito dal Comune per essere adibito a sede municipale ma nel corso degli anni fu oggetto di rilevanti interventi edilizi, anche in relazione all’evoluzione urbanistica del centro cittadino. Il perimetro originario è ora segnato dalle siepi di bosso presenti nel giardino che contorna l’ediicio. Dal 1986 la sede comunale è stata trasferita nel nuovo palazzo municipale di via Gramsci e dal 1996 al 2015 la villa è stata sede dell’A.S.L. (fonte: http:// www.comune.lissone.mb.it).

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4.1.3 FLUSSI E FUNZIONI

Conservando un suo intrinseco carattere di monumentalità che lascia individuare in maniera chiara e immediata l’accesso principale alla struttura, tutti gli spazi della casa del fascio, compreso il piano primo, risultano accessibili da tutti i lati se comprendiamo anche le uscite di emergenza. Di fatto emergono quattro entrate in particolare: quella principale prospiciente piazza Libertà; quella secondaria che si afaccia su via Assunta; quella di servizio che dà sui giardini; quella adiacente all’entrata principale che porta direttamente al sacrario e al piano primo della casa. La prima entrata ha un’accessibilità pedonale agevolata essendo raggiungibile direttamente dalla piazza e si presenta ad una quota leggermente superiore a quest’ultima grazie alla sopraelevazione di un podio. Esso oltre a staccare volumetricamente l’ediicio dal contesto, seppur parzialmente, funge anche da arredo urbano, ofrendo ai cittadini un luogo di sosta comodo e ombreggiato. Una volta giunti sul podio un breve porticato conduce all’entrata vera e propria, oltrepassata la quale si approda nell’atrio/foyer, punto di smistamento fra i locali adibiti a teatro del piano rialzato e la pinacoteca al piano primo. La seconda entrata viene prettamente utilizzata dal personale che gestisce l’ediicio, poiché è direttamente collegata agli ambienti di servizio al piano terra, quale la guardiola, gli spogliatoi e le quinte del teatro e data la presenza di uno spazio di sosta adiacente per le autovetture, se necessario, viene anche utilizzato per trasportare le opere d’arte di eventuali esposizioni previste nella pinacoteca. L’afaccio su una via carrabile inoltre gli conferisce una connotazione più urbana, 194


Entrata sul lato sud.

dando maggiore visibilità ai manifesti degli eventi programmati nelle sale, per un passaggio più di tipo veicolare. La terza entrata, seppur di potenziale pregio ed utilità poiché a diretto contatto con uno spazio verde e prospiciente a Palazzo Magatti, è praticamente inutilizzata; questo è dovuto anche ad un’organizzazione degli spazi interni che impedisce l’attraversamento diretto e lineare tra le due entrate laterali, lusso che originariamente andava a tagliare ed aprire gli spazi del piano rialzato e a separare il corpo degli uici dall’auditorium. La quarta entrata permette di accedere al sacrario posto all’interno della torre littoria a quota mezzopiano oppure proseguire ino al disimpegno esterno del piano primo al di sotto di una pensilina di protezione. Giunti al pianerottolo si può scegliere di entrare nell’ediicio tramite la sala Missaglia o l’atrio alla pinacoteca oppure prendere la passerella che porta alla torre littoria. Si evince, quindi, un sistema di lussi e attraversamenti di una certa complessità e lessibilità che suggerisce una volontà progettuale di trasparenza e permeabilità molto forte. Attualmente tali lussi non sono pienamente utilizzati com’era previsto e sia la scalinata che porta al piano primo e l’accesso laterale che dà sul giardino, risultano spesso oggetti di vandalismo. Tale conseguenza deriva probabilmente dal loro uso troppo contenuto se non assente e dalla mancanza di loro manutenzione e controllo. Partendo dal piano rialzato gli spazi distributivi conducono da un lato alla zona del teatro-auditorium, accessibile da un atrio che permette l’estensione della platea, dall’altro alla guardiola e la zona guardaroba, dietro la quale si susseguono i due camerini per gli artisti e i relativi bagni. Dall’atrio del teatro è possibile accedere al palco superiore tramite due scale laterali; quella sul lato est permette l’uscita su una balconata nel retro e l’accesso 195


alla sala proiezioni e alla copertura dell’ediicio nonché il piano secondo della torre. Dalla platea sempre in corrispondenza dei corpi scala si può scendere invece nel seminterrato che ospita i bagni per il pubblico e un deposito per materiale scenico. Tornando nell’ingresso, attraverso una scala in ferro si può salire al piano primo, entrando direttamente nella pinacoteca, la quale attualmente allestita con una pannellatura di compensato rivestita di panno nero. Questa soluzione, oltre ad assorbire molta luce naturale, si conigura con una disposizione che occlude totalmente l’illuminazione dell’ingresso alla sala, rendendo impraticabile l’utilizzo della inestra esposta a nord, inoltre parte della supericie è oggi occupata come deposito. Altra conseguenza è la totale perdita della scansione spaziale originariamente dettata dalla successione dei pilastri, e una percezione alterata dello spazio a cui era predisposta. A concludere il piano seguono altri locali di deposito, servizi sanitari e la sala Missaglia, adibita a conferenze ed incontri.

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PAVIMENTAZIONI

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PIANTA PIANO RIALZATO


PIANTA PIANO PRIMO


PROSPETTO NORD

200


SEZIONE AA’

201

SEZIONE BB’


PROSPETTO SUD

202


PROSPETTO EST

203 SEZIONE CC’


4.1.4 I MATERIALI

Pietra grigio-gialla di Moltrasio.

Marmo bianco di Carrara.

Granito bianco di Montorfano.

Attraverso un’indagine fotograica e il prelievo di alcuni campioni è stato possibile classiicare la tipologia dei materiali soggetti a degrado, ipotizzandone perlomeno la natura qualora la ricerca non fosse supportata da riferimenti bibliograici certi. Successivamente si è cercato di contestualizzare cronologicamente gli interventi tramite la caratterizzazione dei materiali stessi, suddividendoli in originali e di sostituzione. Sfortunatamente gli interni della casa non hanno conservato nessun materiale di rivestimento originale, mentre la caratterizzazione materica delle facciate presenta un quadro più eterogeneo e adatto a rappresentare meglio alcune delle fasi che ha attraversato l’ediicio. Seguirà un elenco dei materiali presenti divisi fra quelli originali e quelli sostituiti. MATERIALI ORIGINALI -LAPIDEI NATURALI La pietra grigio-gialla di Moltrasio, proveniente da cave locali in prossimità del lago di Como, è stata usata per la struttura del basamento e della torre, posata in conci a spacco naturale. Mentre il basamento è stato rivestito in lastre bocciardate della stessa pietra. Il marmo bianco di Carrara costituisce il principale materiale di rivestimento della facciata, posato in listelli con supericie irregolare tranciata. Lo stesso per quanto riguarda il rivestimento dei pilastri, eccezion fatta per il formato che si presenta in tessere di forma quasi regolare con una supericie più levigata. Il granito è presente nell’ediicio sia nella variante bianca probabile “di Montorfano”, sia in quella rosa probabile “di Baveno”. Il primo è presente in 204


Granito rosa di Baveno.

Parapetti in malta conglomeratica cementizia.

Tamponamenti in malta conglomeratica cementizia.

blocchi sagomati a costruire la scalinata che porta al basamento e al piano primo, con una lavorazione supericiale che richiama una iammatura o una sabbiatura. Il secondo è stato utilizzato, sempre in blocchi sagomati, per costruire il balcone dell’arengario e presenta un generale trattamento di lucidatura supericiale, tranne per i riquadri del parapetto che risultano invece bocciardati. -LAPIDEI ARTIFICIALI La malta conglomeratica di calce idraulica o cemento è quella utilizzata come malta di allettamento dei conci in pietra di torre e basamento, mentre le malte conglomeratiche cementizie con clasti arrotondati, costituiscono da una parte i parapetti dei balconi della pinacoteca e le relative copertine, dall’altra la modanatura dei paramenti che fungono da tamponamento tra i pilastri, (nell’ultimo caso l’elemento presenta anche uno strato di initura con una malta di cemento bianco e brecciolino di marmo). La malta cementizia è utilizzata per la posa dei blocchi in granito bianco ed è costituita da cemento bianco e una sabbia molto ine. -ALTRI MATERIALI Le placche che agganciano fra loro i parapetti in conglomerato cementizio e i montanti che li ancorano al solaio del balcone sono di ferro tinteggiato di bianco. Sempre in ferro risultano le grate che separano il sacrario dall’esterno in corrispondenza delle relative aperture nelle murature della torre. MATERIALI DI SOSTITUZIONE -LAPIDEI NATURALI Il marmo bianco è stato utilizzato in listelli levigati in supericie per efettuare le reintegrazioni delle lacune nel rivestimento. Stessa cosa per quanto riguarda le tessere a rivestimento dei pilastri. Nell’ultimo caso si è potuto riscontrare una 205


ulteriore lavorazione inale, eseguita dopo la posa in opera di tutte le tessere, consistente in una levigatura dell’intera supericie in un probabile tentativo di renderla planare. Il marmo ordinario di Carrara viene riscontrato nel rivestimento delle soglie d’entrata e in alcune reintegrazioni che interessano la pilastrata. Il granito rosa è presente in blocchi che fungono da pareti nel corridoio che porta al sacrario. La loro supericie presenta un generale trattamento di lucidatura, eccezion fatta per le facce rivolte all’esterno che si presentano scabre con un probabile trattamento a iammatura. -LAPIDEI DI SOSTITUZIONE Il conglomerato cementizio con clasti arrotondati, è stato utilizzato per costruire le zoccolature del basamento ed il cornicione in copertura. La malta conglomeratica cementizia con frammenti di marmo è stata utilizzata per le integrazioni delle modanature dei paramenti. Si evince nella formulazione dell’impasto una minore densità dell’aggregato, accorgimento che lo rende distinguibile rispetto all’originale per un efetto inale più diradato della texture. Le malte cementizie si distinguono per tipo di cemento e inerte utilizzati. Per le stuccature dei giunti fra i conci della torre e del basamento si presentano tre malte diverse: una di cemento e sabbia medio-ine; una di cemento e sabbia estremamente ine, di fatto una boiacca; una di cemento e sabbia molto ine con un’incisione supericiale a graito. Quest’ultima risulta un’interessante lavorazione supericiale, più marcata nella direzione orizzontale, che va ad accentuare la profondità volumetrica di conci ed esalta l’aspetto più monumentale e volutamente antichizzato della pietra. Per le stuccature d’integrazione sulle altre superici lapidee, ad esempio i graniti, troviamo una malta di cemento con sabbia molto ine. 206


Per l’allettamento dei listelli musivi in facciata è stata usata una malta di cemento bianco e sabbia medio-ine. Inine l’intonaco di calce idraulica bianca e frammenti di marmo macinato costituisce la initura della facciata est (sul retro) e parte della facciata nord. I due prospetti si diferenziamo per il tipo di tinteggiatura, di color panna per il primo, mentre color bianco per il secondo. -ALTRI MATERIALI I difussori di vetro dei tamponamenti di facciata e delle pensiline esterne, costituiscono un altro elemento molto caratterizzante di quest’architettura. Non è stato possibile reperire una documentazione certa circa la loro installazione ed esatta geometria seppure siano presumibilmente riconducibili al tipo S.G.5

Difusori in vetro a forma di bicchere rovesciato.

Parapetti in vetro del balcone del piano primo.

della Saint-Gobain derivante dal brevetto di Gustave Joachim. “La SaintGobain realizzò infatti, - tra gli altri - difusori a forma di ‘bicchiere rovesciato’: cilindri cavi di 14,5 cm di diametro, con il lato da porre verso l’esterno piano e martellinato. Lo spessore del difusore era, in totale, di 10 cm e i suoi lati, così come i difusori di Keppler6, erano caratterizzati da scanalature in grado di ottimizzare l’ancoraggio del vetro al cemento.”7 Il buono stato di conservazione in cui permangono induce a dubitarne l’originalità e a supporre una sostituzione più recente su disegno originale, non pervenuta durante la ricerca. Di vetro satinato con rete di armatura interna sono i parapetti laterali dei balconi al primo piano, mentre di vetro satinato semplice sono le lastre che fungono da copertura al corridoio d’accesso al sacrario. Il cancelletto che ne limita l’entrata 5 Sigla accompagnata solitamente da un numero che ne indicava la dimensione principale. 6 Brevetto del 2 agosto 1921. 7 R. Corrao, Glassblock and Architecture. Evoluzione del vetromattone e recenti applicazioni, Alinea Editrice, Firenze, 2010, p. 49.

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Sopra i canali di scolo in rame, sotto gli inissi originali e quelli sostituiti.

risulta in ferro, come i proili cavi a sezione quadrata che fungono da supporto alla copertura del corridoio d’accesso. La lattoneria di smaltimento delle acque meteoriche come canali di gronda e canalette, si presenta in rame. Per i telai dei serramenti e le relative tapparelle, sostituite secondo il disegno originale, è stato utilizzato un legno d’abete Douglas verniciato. I tubolari a sezione cava dei corrimani e il telaio del serramento della torre sono in acciaio.

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4.1.5 ANALISI DEL DEGRADO DELLE SUPERFICI

Dall’osservazione diretta dell’ediicio, emerge come la casa del fascio abbia accumulato negli ultimi anni una maggiore quantità di degrado sulle superici esterne, per evidenti motivi di esposizione a più fattori di deterioramento. Saranno difatti le initure esterne ad essere oggetto di particolare interesse nel progetto di restauro, data la prima necessità di contenerne e risanarne il degrado. Innanzi tutto si riscontra la presenza di un deposito supericiale su tutte le superici, quale accumulo di materiali incoerenti come polvere, guano, particellato atmosferico a causa dell’esposizione dei materiali, della loro eventuale scabrosità e dell’inquinamento atmosferico. Di seguito andiamo ad individuare le principali morfologie di degrado presenti, valutandole per ogni tipologia di materiale e secondo le raccomandazioni NorMal 1/888 e UNI 11182/20069. MORFOLOGIE DI DEGRADO Colatura: è una traccia ad andamento verticale, riscontrabile in gran numero e parallele fra loro. E’ causata dalla presenza di umidità o acqua e dalle caratteristiche morfologiche del substrato (scabrosità, asperità, rientranze etc.). Colonizzazione biologica: denuncia la presenza riscontrabile macroscopicamente di micro e/o macro organismi (alghe, funghi, licheni, muschi, piante superiori). E’ dovuta alla presenza di umidità protratta nel tempo e all’assenza di irraggiamento solare diretto. 8 CNR-ICR, Raccomandazioni NorMal - 1/88. Alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei: lessico, Roma, 1990. 9 Beni Culturali, UNI 11182, Materiali lapidei naturali ed artiiciali. Descrizione della forma di alterazione: termini e deinizioni, Milano, 2006.

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Concrezione: è un deposito stratiforme compatto e generalmente aderente al substrato, composto da sostanze inorganiche di tipo calcareo (carbonato di calcio), che si sviluppa in direzione perpendicolare alla supericie lapidea e assume forma stalattitica o stalagmitica. E’ causato da iniltrazioni d’acqua, presenza di croste nere e/o umidità protratta nel tempo. Crosta nera: si presenta come uno strato supericiale di alterazione del materiale, duro e fragile, costituito da gesso (solfato di calcio)10. In alcuni punti risulta distaccato dal substrato sottostante che appare disgregato. E’ dovuto all’azione di microrganismi e inquinanti atmosferici (anidride solforosa), all’ossidazione e ad una scarsa circolazione d’aria. La formazione di croste nere appare più frequente nei punti di debolezza come i sottosquadri delle pietre o delle copertine in cemento, nonché in corrispondenza delle fessurazioni. Distacco: è una soluzione di continuità tra strati supericiali del materiale che porta alla loro caduta. E’ dovuta a perdite degli impianti di smaltimento e/o convogliamento delle acque, dilatazioni diferenziali tra materiali, soluzioni di continuità dovute agli stress termici in prossimità dell’innesto di elementi metallici, impiego di prodotti vernicianti pellicolanti su supporti tradizionali (resine acriliche), errori di posa in opera ed utilizzo di sabbie o malte poco idonee. Erosione: consiste nell’asportazione di materiale dalla supericie dovuta ad azioni isiche e chimiche. Nel caso dei lapidei artiiciali è dovuta all’azione meccanica di vento e pioggia battente, l’aggressione chimica di inquinanti e la formazione di ghiaccio sulle superici. Mentre per i graniti è dovuta ad usura antropica. Esfoliazione: è una degradazione che si manifesta col distacco di materia spesso seguito dalla caduta di uno o più strati supericiali subparalleli fra loro (sfoglie). 10

L. Lazzarini, M. Laurenzi Tabasso, Il restauro della pietra, Padova, 1986, p. 76.

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E’ causata da un movimento dell’acqua all’interno del substrato, dall’azione di microrganismi, dall’applicazione di prodotti vernicianti pellicolanti su supporti tradizionali (in questo caso una pitturazione a base di resine acriliche11), dal distacco dei giunti di malta cementizia (quest’ultimo solo per i conci in pietra). Fessurazione: è una soluzione di continuità nel materiale che implica lo spostamento reciproco delle sue parti. E’ causata da cicli di gelo e disgelo, da un dissesto dell’apparato murario, da un’incompatibilità isico-meccanica tra supporto e initura e relative dilatazioni diferenziali o dalla presenza di carbonato di calcio di rideposizione (quest’ultima solo per il marmo e il granito rosa). Graito vandalico: è l’apposizione indesiderata sulla supericie di vernici colorate. La loro permanenza è frutto spesso di scarsa manutenzione e scarso controllo dello stabile. Incrostazione: è un deposito stratiforme compatto e generalmente aderente al substrato, composto da sostanze inorganiche di tipo calcareo (carbonato di calcio) o solfatico (solfato di calcio). E’ causato da iniltrazioni d’acqua, presenza di croste nere e/o umidità protratta nel tempo. Intervento incongruo: è l’utilizzo di materiali incompatibili col supporto per efettuare lavori di reintegrazione oppure la loro mala esecuzione e un’azione meccanica volontaria che ha compromesso l’integrità del materiale. Macchia: è una variazione cromatica della supericie, dovuta sia a motivi intrinseci alla chimica del materiale sia alla presenza di materiali estranei come acqua, prodotti di ossidazione di metalli (ferro, rame), sostanze organiche, vernici e microrganismi. Mancanza: è la caduta o la perdita localizzata di elementi, a causa di perdite 11 Proginvest s.r.l., Progetto esecutivo di ristrutturazione degli spazi interni e risanamento manutentivo delle facciate, Lissone, 2000, Computo Metrico.

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degli impianti di smaltimento e/o convogliamento delle acque, di fessurazioni, di errori di posa in opera e di utilizzo di sabbie o malte poco idonee a tale scopo. Per la pietra è dovuta perlopiù a usura antropica e atti di vandalismo. Patina: è un’alterazione dell’originario colore di supericie non collegabile a un manifesto fenomeno di degradazione e dovuto al naturale invecchiamento del tempo. Patina biologica: è uno strato sottile ed omogeneo, costituito prevalentemente da microrganismi, cui possono aderire polvere, terriccio etc. E’ generato dall’azione di microrganismi autotroi, dalla presenza di umidità o acqua e dalle caratteristiche morfologiche del substrato (scabrosità, asperità, rientranze, etc.). Umidità di risalita: deinisce il limite di migrazione dell’acqua che si manifesta con variazione della saturazione del colore. Si origina per ristagno d’acqua, assenza di isolamento della struttura dal terreno e perdite di impianti idraulici o del sistema fognario. DEGRADI SUI MATERIALI Sui manufatti in pietra sono state riscontrate: colonizzazioni biologiche, croste nere, esfoliazioni, fessurazioni, graiti vandalici, incrostazioni, interventi incongrui, macchie, mancanze, patine biologiche e umidità di risalita. Sui manufatti in marmo sono state riscontrate: colonizzazioni biologiche, croste nere, fessurazioni, graiti vandalici, incrostazioni, interventi incongrui, macchie, patine e mancanze. Sui manufatti in granito bianco sono state riscontrate: erosioni, graiti vandalici, interventi incongrui, macchie e mancanze. Sui manufatti in granito rosa sono state riscontrate: colonizzazioni biologiche, concrezioni, erosioni, fessurazioni, graiti vandalici, interventi incongrui e macchie. 212


Sui manufatti in lapidei artiiciali sono state riscontrate: colonizzazioni biologiche, croste nere, erosioni, esfoliazioni, fessurazioni, graiti vandalici, incrostazioni, interventi incongrui, mancanze e patine biologiche. Sugli intonaci sono state riscontrate: colature, distacchi, fessurazioni e interventi incongrui. Sui metalli sono state riscontrate macchie di ossidazione. Sui vetri sono state riscontrate fessurazioni da urto.

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PROSPETTO OVEST



4.2

PROGETTO DI CONSERVAZIONE DELLE SUPERFICI DI FACCIATA


Nella pagina precedente, il dettaglio dell’agganci tra trave e pilastro.

Analizzata la natura dei materiali, i degradi e i fattori scatenanti è possibile quindi procedere alla programmazione degli interventi. Risulta necessario preventivamente ad ogni procedura, efettuare dei saggi di prova in punti speciici per calibrare tempi e modi di applicazione, veriicando le compatibilità chimiche e la buona riuscita dell’intervento. Il progetto di restauro delle superici esterne si predispone quindi in più fasi, declinabili in base al tipo di materiale e alla morfologia di degrado presente. Possiamo riassumerle in: - fase 1: preconsolidamento; - fase 2: rimozione; - fase 3: pulitura; - fase 4: consolidamento; - fase 5: integrazione; - fase 6: protezione. PRECONSOLIDAMENTO E’ previsto il issaggio delle croste sollevate o poco aderenti al substrato di marmo e pietra con pennellatura di alcol polivinilico (adesivo reversibile idrosolubile) su veline di carta giapponese12 [PR1]. Lo stesso dicasi per le parti esfoliate di pietra e lapidei artiiciali. Inoltre si ritiene necessaria la riadesione delle tesserine di marmo parzialmente distaccate o instabili con iniezioni o stesura di malta di cemento bianco ad elevato tenore di silice e a basso contenuto di sali13 [PR2].

12 G. G. Amoroso, Trattato di scienza della conservazione dei monumenti, Alinea Editrice, Firenze, 2002, p.347. 13 Ibidem, p.286.

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RIMOZIONE Per gli interventi incongrui su marmo, pietra, graniti e lapidei artiiciali si efettuerà una rimozione meccanica del materiale mediante scalpellatura, facendo attenzione a non danneggiare il substrato [RI1]. Si procederà alla rimozione della vegetazione infestante [RI2] in corrispondenza della colonizzazione biologica individuata su marmo, pietra, granito rosa e lapidei artiiciali. Per le fessurazioni e le mancanza nei lapidei artiiciali si rimuoverà il calcestruzzo ammalorato con scalpellatura [RI3]. In corrispondenza dei degradi dell’intonaco di più recente realizzazione si ritiene necessaria la totale rimozione a causa di numerose fessurazioni e rappezzamenti incongrui subiti [RI4]. Inine verranno rimosse le lastre fessurate dei parapetti in vetro per essere sostituite [RI5]. PULITURA Su tutte le superici è prevista una pulitura meccanica dei depositi polverulenti con spazzole e pennelli morbidi di setola o nylon. Essa verrà seguita dove necessario da un’integrazione con bisturi e aspiratori e spolvero inale con getti di aria compressa a bassa pressione [P1]. Appare evidente l’esigenza di non sottoporre i materiali a puliture non strettamente necessarie e non aggressive, lasciando intatta quando possibile una prima formazione di patina dovuta all’invecchiamento naturale dei lapidei naturali. A tal proposito, alcuni degradi possono essere “protettivi” ma devono avere caratteristiche chimiche (solubilità), isiche (porosità e dilatazione termica) e meccaniche omogenee alla supericie

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sottostante, cosa che non accade ad esempio per le croste nere14. Per le croste nere e le incrostazioni su marmo, pietra e lapidei artiiciali, e le concrezioni su granito rosa si suggerisce una pulitura delle sostanze solubili (gesso da solfatazione o calcite di rideposizione) con acqua nebulizzata o a pressione15 [P2]. Per le croste e le incrostazioni più resistenti si ricorrerà ad impacchi di sepiolite e bicarbonato di ammonio16, rimuovendo i residui con spazzole, spugne e acqua deionizzata. In caso non fosse suiciente si potrà procedere con una pulitura localizzata per mezzo di microsabbiatura17 [P3]. Dopo le puliture con impacchi è consigliabile veriicare sempre lo stato della materia al di sotto dello strato degradante/degradato e valutare se sia decoesa a tal punto da rendere necessaria l’applicazione di un consolidante prima del protettivo. Per le concrezioni più resistenti sul granito rosa si rimuoveranno mediante microsabbiatura localizzata con polvere di ossido di alluminio (Airbrasive) [P7]. Le macchie su marmo, pietra, graniti e metalli verranno rimosse: in caso di ossidi di ferro, con una soluzione satura di luoruro di ammonio18; nel caso di ossidi di rame, con un impacco di sodio bisodico dell’EDTA e soluzione di cloruro di

14 G. G. Amoroso, Trattato di scienza della conservazione dei monumenti, Alinea Editrice, Firenze, 2002, p.226. 15 B. P. Torsello, Stefano F. Musso, Tecniche di restauro architettonico 1, UTET, Torino, 2003, p.28. 16 Ibidem, p.112. 17 Ibidem, p.84. 18 Oltre alle macchie di ruggine provocate da elementi metallici, la presenza di pirite (solfuro di ferro) nel marmo di Carrara, a contatto con l’aria si ossida e in presenza di umidità si trasforma in carbonato di ferro. Quest’ultimo tende a trasformarsi in ossido di ferro idrato, solubile in acqua e di colore rugginoso: da qui le macchie tipiche. Ibidem, p.253.

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ammonio e ammoniaca19 [P4]. I graiti vandalici su marmo, pietra, graniti e lapidei artiiciali, si puliranno con un gel a base acquosa, biodegradabile e privo di solventi tossici/aggressivi, applicato a pennello20 [P5]. Le colonizzazioni biologiche su marmo, pietra, granito rosa e lapidei artiiciali verranno disinfestate con un impacco di sali quaternari di ammonio, seguito da spazzolatura a setole morbide e successivo risciacquo con abbondante acqua. Nel caso si riscontri la presenza di licheni si procederà all’applicazione di un biocida [P6]. Lo stesso tipo di pulitura è prevista per le patine biologiche su pietra e lapidei artiiciali. In corrispondenza delle mancanze dei lapidei artiiciali si efettuerà una pulitura meccanica dei ferri ossidati quando presenti, mediante spazzole metalliche e applicazione di soluzione di acido citrico. Seguirà l’applicazione di una protezione con boiacca passivante [P8]. Le macchie di ossidazione sui metalli verranno rimosse con acqua corrente deionizzata e spazzole di acciaio ove necessario. Lo sporco depositato verrà ripulito con semplici spugne [P9]. Lo sporco depositato sui parapetti in vetro verrà ripulito con semplici spugne [P10].

19 Le macchie verdi di rame sono provocate dal dilavamento con acqua piovana di canalette e pluviali. Ibidem, p.254. 20 Ibidem, p.255.

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CONSOLIDAMENTO Per le fessurazioni di marmo e granito rosa si prevede un consolidamento con iniezioni profonde e localizzate di resina epossidica21 [CO1]. Accorgimento essenziale per l’uso di questo consolidante è evitare assolutamente applicazioni in supericie, data la sua instabilità cromatica all’irraggiamento U.V. e la tendenza all’ingiallirsi col tempo.22 Le fessurazioni della pietra verranno risarcite con iniezioni di malta di calce idraulica e pietra di Moltrasio macinata [CO2]. Le fessurazioni dei lapidei artiiciali (modanature) verranno ripristinate con malta di cemento bianco, frammenti di quarzo e sabbia silicea bianca [CO3]. Mentre le fratture sui giunti di malta verranno risarcite con iniezioni di malta tissotropica ibrorinforzata a ritiro compensato resistente ai solfati23 o malta con caratteristiche chimico-isiche compatibili [CO4]. INTEGRAZIONE Riteniamo di fondamentale importanza intervenire a livello di progetto sulle cause dei principali degradi riscontrati tra cui possiamo annoverare: - l’umidità dovuta a dilavamento non controllato; - il ristagno d’acqua meteorica e perdite degli impianti; - le discontinuità dei materiali dovute a riparazioni non idonee; - gli atti di vandalismo su materiali ed elementi già compromessi; - la scarsa manutenzione ordinaria; -l’abbandono di parti dello stabile (ad es. la torre littoria). Per le fessurazioni che interessano la posa del rivestimento in marmo della 21 22 23

Ibidem, p.367. Ibidem, p.376. MAPEI, Mapegrout T60, 2015.

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facciata si prevede un risarcimento dei giunti con malta di cemento bianco ad elevato tenore di silice e a basso contenuto di sali o malta con caratteristiche chimico-isiche compatibili [IN1]. Per gli interventi incongrui precedentemente rimossi e le mancanze sul rivestimento di marmo, si efettuerà una reintegrazione degli elementi con tesserine di materiale minimamente screziato, levigate superfecialmente e applicate mediante malta di cemento bianco ad elevato tenore di silice e a basso contenuto di sali o malta con caratteristiche chimico-isiche compatibili [IN2]. Per le parti mancanti in pietra del basamento, si eseguirà una tassellatura24 delle lastre degradate con elementi sagomati in pietra. Per le mancanze sui conci della torre si applicherà uno stucco a base di calce idraulica e polvere di pietra25 [IN3]. Le mancanze su granito bianco verranno tassellate con elementi sagomati in granito della medesima tipologia [IN4]. Il fronte di umidità di risalita presente nella torre in pietra e nel rivestimento in marmo, necessiterà del risanamento ed isolamento della muratura da terra, nonché della riparazione di impianti idraulici e/o fognature sottostanti [IN5]. Dopo aver rimosso gli interventi incongrui riscontrati sui graniti, verranno reintegrate le parti mancanti con pasta di legante sintetico26 e inerti ad imitazione del granito [IN6]. Stesso dicasi per le fessurazioni presenti nei blocchi in granito rosa [IN7]. Per quanto riguarda le mancanze e gli interventi incongrui precedentemente 24 B. P. Torsello, Stefano F. Musso, Tecniche di restauro architettonico 1, UTET, Torino, 2003, p. 502. 25 G. G. Amoroso, Trattato di scienza della conservazione dei monumenti, Alinea Editrice, Firenze, 2002, p.292. 26 Per i graniti si ricorre frequentemente a leganti sintetici per riprodurre il loro aspetto traslucido.

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rimossi sui lapidei artiiciali (malte conglomeratiche), la reintegrazione si efettuerà con una malta di cemento bianco, frammenti di quarzo e sabbia silicea bianca [IN8]. Per le mancanze e gli interventi incongrui rimossi dai giunti tra le pietre, si interverrà con reintegrazioni mediante malta tissotropica ibrorinforzata a ritiro compensato resistente ai solfati (e aggregato proporzionato per conglomerati cementizi). Si terrà premura di stilare la malta incidendola a graito come quella preesistente e coprendo parzialmente i conci di pietra. Lo stesso tipo di malta verrà utilizzata per reintegrare le parti erose dei lapidei artiiciali [IN9]. Per l’esfoliazione della tinteggiatura dei lapidei artiiciali (balconi) si prevede una reintegrazione pittorica a bianco di calce [IN10]. In corrispondenza dei degradi dell’intonaco, dopo la sua rimozione è previsto un rifacimento ex novo costituito da due strati: arriccio di malta in calce, cemento e sabbia di iume; intonachino di malta in calce, cemento e sabbia polverizzata [IN11]. Inine le lastre fessurate di vetro verranno sostituite con lastre nuove in vetro satinato sabbiato con rete di armatura interna antisfondamento [IN12].

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Nella pagina successiva l’analisi dello stato di degrado del prospetto ovest con segnati gli interventi.

PROTEZIONE Si prevede come trattamento inale una protezione consolidante con luoroelastomero in emulsione acquosa27 per tutte le superici lapidee soggette a croste nere, incrostazioni, concrezioni, fessurazioni, macchie, colonizzazioni biologiche, patine biologiche, erosioni, esfoliazioni (solo pietra) [PT1]. Mentre per tutti gli interventi incongrui rimossi e le mancanze risarcite si applicherà una protezione con soluzione a base di resine acriliche. Lo stesso si farà per le parti esfoliate dei lapidei artiiciali e gli intonaci [PT2]. Le zone più soggette a graiti vandalici verranno trattate con una protezione anti-graiti a base di cera esteriicata additivata con idonea resina acrilica [PT3]. Per i metalli macchiati a causa di ossidazione è prevista una verniciatura protettiva anti-corrosione [PT4].

27 I luoroelastomeri hanno buone proprietà elastiche ed elevata stabilità chimica (quindi no variazione cromatica). Costituendo una protezione elastica, minimizzano i danni dovuti a dilatazioni termiche e tensioni da sbalzo termico. Non sono molto consolidanti, ma le superici trattate non necessitano tanto di questa caratteristica quanto di un’adeguata protezione. Hanno proprietà aggreganti, sono idrorepellenti e completamente reversibili. E’ necessario farne un’emulsione acquosa perché dato il suo elevato peso molecolare fatica a penetrare nella pietra, rischiando di creare un “ilm” rugoso su cui si deposita facilmente la polvere. G. G. Amoroso, Trattato di scienza della conservazione dei monumenti, Alinea Editrice, Firenze, 2002, p.361-363.

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4.3

RIFUNZIONALIZZAZIONE DEGLI SPAZI


4.3.1 LISSONE E LA STORIA DEL MOBILE

Nella pagina precedente, l’insegna ArtiLis del Museo dell’Artigianato Lissonese.

Alla ine delle guerre di successione e con il Trattato di Aquisgrana del 174828 le grandi famiglie milanesi cominciarono a costruirsi, in Brianza, sontuose dimore per la villeggiatura, per evadere dalla città, creando una forte richiesta non solo di manodopera per la costruzione, ma anche per la creazione di mobili ed arredi di ogni genere. I contadini lissonesi, prontissimi a cogliere nuove opportunità di guadagno per arrotondare gli scarsi bilanci familiari, accettarono di buon grado di costruire, su commissione, mobili o parti di essi nel tempo lasciato libero dalla coltivazione dei campi. Iniziarono a deinirsi diverse specializzazioni: intagliatore, tornitore, lucidatore, laccatore, decoratore, tappezziere, e via dicendo. In epoca napoleonica si assistette ad un deinitivo consolidamento di questa nuova attività, che portò in sul mercato di Parigi mobili di produzione brianzola, e già verso il 1830 l’artigianato lissonese del mobile era una categoria produttiva vera e propria, che almeno in parte aveva abbandonato il lavoro di agricoltura. Dal 1840 al 1850 si vede il sorgere a Lissone delle prime “Grandi” aziende, a carattere industriale e commerciale insieme, che fanno conoscere e apprezzare il mobilio locale in tutta Italia. La dimensione aziendale resta comunque di tipo familiare e inizia a formarsi in quegli anni un tessuto vastissimo di piccole ed eicienti unità produttive. A partire dal 1850 Lissone può essere considerata il più importante centro mobiliero italiano, con una produzione diversiicata al 28 Il trattato di Aquisgrana del 1748 fu irmato ad Aquisgrana il 18 ottobre 1748, al termine di negoziati iniziati il 24 aprile dello stesso anno, e pose ine alla guerra di successione austriaca.

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massimo negli stili e nella qualità - almeno secondo i criteri di giudizio del tempo - e con una buona organizzazione di vendita. Nel 1870 viene fondata la Scuola Professionale di Disegno e Intaglio, ad opera della Società di Mutuo Soccorso, e dal 1880 al 1890 sorgono le prime grandiose esposizioni di mobili, si allarga la vendita sul mercato italiano, si esporta in Egitto, Turchia, Medio Oriente, e nelle esposizioni internazionali le ditte lissonesi sono presenti raccogliendo lusinghieri riconoscimenti. Con i primi anni del XX secolo nascono a Lissone aziende che producono i primi compensati (poco assorbiti dal mercato di allora). Tutto questo vien favorito dall’aumento costante della popolazione, più che raddoppiatasi in appena quarant’anni, e dal progressivo decremento dell’agricoltura. Nel primo dopoguerra la produzione artigianale di Lissone, accoglie l’invito del movimento razionalista, senza per questo trascurare il mobilio tradizionale sempre gradito alla clientela. Arrivano quindi presto gli arredamenti per palazzi pubblici, cinematograi e pezzi unici per case private. Il compito promozionale di quest’attività, dal 1936 viene assunto da una manifestazione denominata la “Settimana del Mobile” organizzata inizialmente da un sodalizio privato e dal 1951 in poi gestita dall’Ente Comunale per il potenziamento del mercato mobiliero. Ultima, ma non meno importante annotazione, si fa alla fondazione dell’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato “G.Meroni” avvenuta nel 1955, che sostituendo la vecchia scuola di Disegno ed Intaglio si è specializzato nella formazione professionale a vari livelli di mobilieri e di arredatori.29 Ad oggi quest’importante architettura di Terragni appare pressoché integra 29

Fonte: Comune di Lissone.

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4.3.2 PREMESSE DI PROGETTO

nell’aspetto esterno ma profondamente compromessa nelle parti interne. Circa il contesto urbano, l’operazione che riteniamo necessaria a liberare l’area di pertinenza agli accessi esterni dell’auditorium è il ridimensionamento volumetrico dell’ediicio ad un piano posto a ridosso di queste entrate. Secondo il piano delle regole del P.G.T. di Lissone, esso risulta tra gli “ediici d’interesse storico scarso o nullo per i quali è applicabile la rarefazione”30. Mentre per quanto riguarda gli interni già ampiamenti descritti nei precedenti capitoli, si ritiene fondamentale recuperare i caratteri originali essenziali di cui ha ancora memoria quest’architettura. Riassumendo, l’ediicio si articola in tre blocchi funzionali: la sala cinema teatro, il blocco uici e il sacrario alla base della torre; di questi, solo il cinema teatro ha mantenuto costante la sua funzione mentre gli uici al piano primo sono stati completamente smantellati, sostituiti da una sala espositiva per mostre temporanee aperta al pubblico; al piano rialzato alcuni uici ormai fungono da camerini per il teatro. Inine l’accesso al sacrario è stato chiuso per molti anni, per la sua carica simbolica di ideologia fascista ed è stato reso nuovamente accessibile solo negli anni ’70, grazie agli architetti Forges Davanzati e Ranzani. Il progetto di restauro presentato non intende reinterpretare un’architettura che parla già col suo proprio linguaggio, ma quella di riattivare i suoi meccanismi interrotti, nei limiti del possibile e del ragionevole uso degli ambienti ormai 30 ADCL, Tavola 3 - Piano delle Regole - Nuclei di antica formazione, P.G.T. di Lissone del 17 marzo 2012.

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Di seguito gli schemi distributivi, in ordine quelli dello stato attuale e quelli di progetto.

pesantemente modiicati nel tempo. Si vuole riportare all’attenzione il naturale metabolismo di questa architettura: nello speciico si è cercato di ripristinare le viste prospettiche, i giochi di luce e i collegamenti che il tempo, le ristrutturazioni subite e l’uso cittadino hanno nascosto. Si è scelto di rimuovere chirurgicamente ciò che ha ostruito questi processi architettonici intervenendo con la dovuta delicatezza sugli elementi caratteristici rimasti. I materiali utilizzati nei nuovi elementi di progetto saranno per lo più dotati di superici trasparenti o semi-trasparenti come vetro, vetro satinato e vetrocemento, nell’intenzione di non appesantire ulteriormente la percezione degli ambienti e non ostacolare un elemento tanto occluso quanto fondante di quest’architettura: la luce. Gli elementi opachi si limitano alle pareti dei servizi, le pareti attrezzate degli uici e le quinte sonore nell’auditorium, che si è scelto di ridisegnare con un’angolazione di 45 gradi come elemento di miglioramento acustico; esse fungono da supporto per la divisione di percorsi preferenziali e vogliono anche suggerire al visitatore una percezione spaziale caratteristica dell’aula che nel tempo è stata totalmente perduta. L’accesso principale alla Casa resta quello al piano rialzato, da cui si accede sia al teatro che alla sala esposizioni del piano primo, mentre l’uscita da quest’ultima è prevista dalla scala adiacente alla torre. Si vorrebbe principalmente indurre nei cittadini maggiore sensibilità ad un ediicio che oggi viene vissuto sporadicamente. Con l’insediamento di destinazioni d’uso che consentano un accesso suicientemente continuo alle esposizioni artistiche si vuole ridurre al minimo gli efetti di una manutenzione saltuaria dovuta ad un utilizzo seppur presente ancora sporadico e si vuole recuperare un’attività costantemente operativa come già accadeva con gli uici di partito.

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STATO ATTUALE

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PROGETTO

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4.3.3 RIFUNZIONALIZZAZIONE DEGLI AMBIENTI: LA BIBLIOTECA DEL MOBILE E IL MUSEO DELL’ARTICIANATO LISSONESE (ARTILIS) SALA CINEMA TEATRO La sala continuerà a funzionare come Cinema o come Palcoscenico di piccole rappresentazioni comunali, con la diferenza che i camerini saranno spostati al piano interrato insieme ai bagni per il pubblico; verrà inserito un percorso per i disabili che prevede la predisposizione di una rampa tra i sedili della platea per permettere loro di raggiungere i bagni del piano rialzato. Il progetto di Terragni vantava un arredo di quinte in muratura disposte a 45 gradi rispetto al perimetro della sala, sulle quali erano posizionate le porte esterne a perno centrale dal lato est e le aperture di collegamento col blocco uici dal lato ovest. Queste quinte erano anche accompagnate da enormi tendaggi rossi tipici degli anni del primo dopoguerra. Si è scelto di riproporre la stessa scansione spaziale tramite pannelli di legno utili all’acustica della sala che faranno da appoggio per nuovi tendaggi utili a mascherare i percorsi di retroscena e permettere agli attori di raggiungere i camerini seminterrati senza essere visti dagli spettatori. LA BIBLIOTECA DEL MOBILE Il corridoio di pertinenza ai camerini disposti al piano rialzato, verrà sgomberato di tutte le pedane e le passerelle oggi utilizzate per collegare questi ambienti al teatro. Saranno abbattute le murature di partizione e saranno installate pareti attrezzate più coerenti alle vocazioni dell’ediicio. Grazie ad alcuni documenti d’archivio è stato possibile ridisegnarle con materiali nuovi, riallestendo negli uici la biblioteca del mobile che oggi risulta collocata nel piano mansardato 238


della Biblioteca civica di Lissone. Le raccolte documentarie della Civica biblioteca del mobile e dell’arredamento costituiscono difatti un patrimonio unico nel suo genere in Italia e forse in Europa in ragione proprio della loro speciicità e specializzazione. Verranno istituite tre sale a consultazione pubblica collegate tra loro ed una sorvegliata, per le opere rare e le riviste più antiche. La collezione della biblioteca è ricca di più di 6.500 opere in varie lingue, ed è costituita unicamente da volumi che documentano31: la storia e gli stili del mobile nei secoli e nel mondo; la produzione del mobile dal 1970 ad oggi con particolare riguardo al mobile italiano; la storia e la teoria del design e i designer italiani e stranieri; la situazione economica del settore legno e arredamento con particolare attenzione per la realtà lissonese e brianzola; l’architettura (storia, architetti, tipologie di ediici, progettazione), l’urbanistica (storia, studio e progettazione del territorio) e l’ingegneria (storia delle costruzioni edili, materiali e tecniche costruttive) le norme italiane ed europee su mobili, legno e sughero. Trecento volumi circa, sempre su temi inerenti la specializzazione, sono pezzi rari spesso consultati da biblioili e antiquari. I periodici cessati sono 79 (alcuni, rari, risalgono agli inizi del XX secolo) e quelli correnti una quarantina. Il recente riordino dell’archivio della biblioteca consente oggi una rapida consultazione anche dei numeri arretrati e all’occorrenza è anche possibile fotocopiare in sede il materiale cui si è interessati. 31

Fonte: Comune di Lissone (MB).

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I disegni costituiscono un fondo, da poco schedato, composto da centinaia di tavole originali a colori di mobili e di arredamenti di interni, appartenuto alla scuola professionale e ad alcune grosse ditte lissonesi che operavano sul mercato europeo già agli inizi del Novecento. Esso ha indubbiamente un valore documentario sulla produzione di mobili e sul gusto dell’epoca e tutto il materiale è stato microilmato ed è a disposizione degli utenti su supporto digitale. Le tavole rappresentano una considerevole raccolta (diicilmente quantiicabile ma stimata in circa 16.000 pezzi) che potrà essere valorizzata nella nuova sede con una opportuna sistemazione. Le fotograie costituiscono una raccolta di consistenza incerta; molti cataloghi delle vecchie ditte lissonesi sono infatti formati da fotograie insieme a relative riproduzioni. I materiali documentari della biblioteca sono stati più volte utilizzati per l’allestimento di mostre e per la preparazione di numeri monograici da parte di varie case editrici.32 IL MUSEO DEL MOBILE La sala espositiva al piano rialzato non ha conservato la suddivisione spaziale originale e sarà completamente ridisegnata per ospitare il nuovo Museo del Mobile Lissonese. Seguendo la successione degli spazi scandita dai pilastri verranno posizionati arredi appositamente progettati che permetteranno l’appoggio dei speciici manufatti. L’allestimento cercherà di rendere l’ambiente più permeabile ad aria e luce, ospitando gli utensili usati dai primi maestri del mobile lissonese. La nuova funzione permanente della sala espositiva coglierà il vantaggio di essere in una posizione centrale all’interno della città di Lissone 32

Fonte: Comune di Lissone (MB)

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per raccontare ai cittadini ed ai visitatori una tradizione che l’ha resa famosa in tutta Italia. LA SALA MISSAGLIA La sala Missaglia un tempo ospitava l’uicio del direttorio ed era luogo di riunioni e dibattiti tra gli esponenti del partito fascista. Oggi è adibita ad uso magazzino, viene utilizzata pochissimo e resta per lo più vuota. Di particolare rilevanza è il fatto che essa sia accessibile sia dall’interno attraverso un disimpegno che segue il percorso della sala espositiva, sia dall’esterno tramite la scalinata che conduce anche al sacrario. Per questi speciici motivi, risulta sua vocazione naturale essere utilizzata in maniera versatile, sia come sala integrativa al museo del mobile, sia come luogo di incontri culturali indipendenti, fruibile dal consiglio cittadino o dalle associazioni che ne facciano preventivamente richiesta d’utilizzo. All’interno della sala è prevista anche piccola mostra permanente a parete, che racconti la storia e le dinamiche evolutive che ha subito l’ediicio dal suo progetto ad oggi. IL SACRARIO E LA TORRE Il sacrario resterà luogo di culto in ricordo dei caduti lissonesi e l’accesso verrà ripristinato ad un numero massimo di 10 visitatori per volta, in occasione di visite guidate previste una volta al mese. La torre resterà inaccessibile al pubblico per le sue speciicità strutturali non corrispondenti alle norme vigenti; tuttavia risulterà indispensabile efettuare un’attenta analisi dello stato di degrado degli interni predisponendo adeguati interventi di risanamento per scongiurare ed evitare un ulteriore deterioramento, oggi di sostenuta entità, dovuto al suo abbandono. Successivamente al recupero dello stato manutentivo delle superici si prevede un suo possibile uso come simbolo e strumento comunicativo di eventi ed esposizioni previste all’interno del palazzo.

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FUNZIONI PIANO RIALZATO

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FUNZIONI PIANO PRIMO

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PLANIMETRIE DI PROGETTO

PIANTA PIANO RIALZATO


PIANTA PIANO PRIMO


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Nelle pagine precedenti: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

l’auditorium con le nuove quinte; la biblioteca del mobile; l’esposizione nella sala missaglia; il Museo dell’Artigianato Lissonese: ArtiLis; ingresso nord; monumenti di pietra della Piazza della Libertà; fronte principale; ingresso sud.

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SEZIONE V CONCLUSIONI

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Nella pagina precedente dettaglio dell’arengario.

il

L’inizio di questo percorso di ricerca ha richiesto l’analisi e lo studio di un esempio d’architettura istituzionale unico e prettamente italiano, quale è la casa del fascio, espressione di uno speciico periodo storico: il ventennio fascista. Una contestualizzazione che ha ricostruito un ambiente storico e culturale speciico attorno a quest’architettura. La Casa del Fascio di Lissone, esempio emblematico di un periodo carico di dibattiti culturali e della maturazione professionale dell’architetto Giuseppe Terragni, diventa un caso studio privilegiato per comprendere al meglio l’architettura del periodo. Dopo i primi sopralluoghi, si è impostata un’indagine storica, bibliograica e archivista che ha aperto e prospettato orizzonti impossibili da scandagliare tutti in una sola opera di ricerca. Le documentazioni reperite sono state utili sia come punto di partenza che come guida parallela alla veriica di tutte le informazioni, che mano a mano sono emerse dall’osservazione e dalle analisi condotte in situ. L’ediicio ha attraversato molte fasi storiche, come succede spesso per ogni segno architettonico che risulti di una certa importanza urbana e che abbia un notevole potere di aggregazione cittadina. Questo dimostra il ruolo e la rappresentatività di un’architettura pubblica che per sua naturale vocazione è destinata ad essere vissuta e fruita da tutti i cittadini. Oltre a risultare un simbolo di appartenenza sociale, a cui le ultime tre generazioni di lissonesi sono strettamente legate, la casa del Fascio si inserisce nel panorama urbano di Lissone anche grazie all’indissolubile relazione che mantiene con la piazza antistante, Piazza della Libertà. Quest’ultima, infatti, è sempre risultata fondamentale sia nella nascita che nello sviluppo dell’ediicio, il quale non ha mai subito modiicazioni senza reciproche inluenze con essa. D’altra parte, la città di Lissone, con le sue umili origini (il motto dello stemma cittadino è “Omnia vincit humilitas”), vanta una tradizione artigianale 261


di altissimo pregio, attenta a quella cura e a quell’amore per il dettaglio che possiamo ammirare anche nei disegni di Terragni. In questo senso nasce una corrispondenza unica fra l’architetto e la città, un dialogo che ogni professionista di questa disciplina dovrebbe imparare a condurre, ascoltando prima di ogni cosa il luogo e gli abitanti in cui si collocano i suoi progetti. In questo Terragni risulta un maestro, riuscendo a coniugare una sua intima e innovativa visione dell’architettura ad un richiamo di materiali e memorie fortemente radicate nelle preesistenze. Il tema dell’apertura e della trasparenza, sia visiva che prettamente politica come era alle origini del progetto, si percepiva chiaramente nell’attraversare i luoghi di quest’architettura, per mezzo di una serie di percorsi che si chiudevano e si aprivano ciclicamente. Una percezione che oggi purtroppo si è parzialmente perduta. L’obiettivo preissato da questo lavoro è stato quello di riportare all’attenzione gli aspetti fondanti della Casa del Fascio di Lissone, sempre sottoposti al rischio di perdersi col passare del tempo e di proporre un progetto di restauro inalizzato a recuperarne i caratteri espressivi originali e le funzionalità innate. Quest’architettura, declinata secondo principi razionalisti e recante con sé una purezza che ha trasceso il tempo, si presenta ancora oggi adatta ad ospitare funzioni utili alla cittadinanza. Il futuro che auspichiamo per questo pregiato esempio di architettura è quello di essere conservato nei suoi valori intrinseci e di essere pur tuttavia mantenuto in vita attraverso le nuove attività culturali che nascono e nasceranno naturalmente in ogni tempo.

262


263


264


SEZIONE VI APPENDICI

265


266


6.1

BIBLIOGRAFIA

267


6.1.1 ISTITUZIONE DELLA TIPOLOGIA CASA DEL FASCIO TESTI E MONOGRAFIE Artioli Alberto, Giuseppe Terragni. La Casa del Fascio di Como, Betagamma, Roma 1989 G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino, 2002. C. Cresti, B. Gravagnuolo, F. Gurrieri, Architettura e città negli anni del fascismo in Italia e nelle colonie, Pontecorboli Editore, Firenze, 2005. P. Portoghesi, F. Mangione, A. Soitta (a cura di), L’Architettura delle Case del Fascio, catalogo della mostra “Le Case del Fascio in Italia e nelle terre d’Oltremare”, Alinea Editrice, Firenze, 2006. PERIODICI E RIVISTE R. Papini, L’architettura europea e il concorso di Ginevra, in Architettura, Settembre – Ottobre 1927, n. 1–2. F. Reggiori, Il concorso per la torre Littoria, in Architettura, Agosto 1935, n. 8. G. Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, in Casabella, Giugno 1932, n 54. G. Terragni, La Casa del Fascio di Como, in quadrante, Ottobre 1936, n.35 – 36. G. Bottai, Totalità, perennità, universalità della rivoluzione fascista, in quadrante, Ottobre 1933, n.8. Concorso per la Casa Littoria di Asti, in Architettura, Ottobre 1934, n. 10. Concorso per una torre, in Casabella, Luglio 1935, n. 91.

268


6.1.2 GIUSEPPE TERRAGNI

TESTI E MONOGRAFIE Luciano caramel, Terragni e gli astrattisti comaschi, Quadrante Lariano, Como 1968 Giorgio Ciucci, Terragni e l’architettura, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996. Mario Labò, Giuseppe Terragni, Il Balcone, Milano 1947. Alberto Longatti, G. Terragni la vita, in Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni, Opera Completa, Electa, Milano 1996. Enrico Mantenero, Giuseppe terragni e la città del razionalismo italiano, Dedalo, Bari 1969 Ada F. Marcianò, Giuseppe Terragni: opera completa 1925-1943, Oicina Edizioni 1987. A. Sartoris, in Prima mostra commemorativa di G. Terragni, catalogo della mostra, Como 1949. B. Zevi (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna 1980. B. Zevi, Storia dell’architettura contemporanea, Torino, 1950. QUOTIDIANI “L’Ambrosiano”, 26 febbraio 1931: Da Lettera sull’architettura. “La Tribuna”, 23 marzo 1931: Per un’architettura italiana moderna.

269


PERIODICI E RIVISTE G. B., La Casa del fascio di Lissone, in Casabella, Giugno 1941, n. 162. C.Belli, Dopo la polemica, in Quadrante, Ottobre 1936, n.35 – 36. F. Caimi, La Casa del Fascio di Lissone, architetti Antonio Carminati e Giuseppe Terragni, in Architettura, Giugno 1941, n. 6. R. Papini, L’architettura europea e il concorso di Ginevra, in Architettura, Settembre – Ottobre 1927, n. 1–2. F. Reggiori, Il concorso per la torre Littoria, in Architettura, Agosto 1935, n. 8. G. Terragni, Relazione tecnica, in Quadrante, Ottobre 1936, n.35 – 36. Concorso per la Casa Littoria di Asti, in Architettura, Ottobre 1934, n. 10. La matrice razionalista dell’architettura italiani contemporanea, in Architettura. Cronache e storia, Maggio 1969, n.163.

270


6.1.3 LA CASA DEL FASCIO DI LISSONE

TESTI E MONOGRAFIE Ennio Bernasconi (a cura di), Lissonum, Tipograia sociale monzese, Monza 1926. Sergio Missaglia, Lissone racconta, edito dal Comune di Lissone, 1984. Michele Ugolini, Giuseppe Terragni, La Casa del Fascio di Lissone, Alinea Editrice, Marzo 1994. Un’architettura del partito, in Lissone, 1940, numero speciale. PERIODICI E RIVISTE C.Belli, Dopo la polemica, in Quadrante, Ottobre 1936, n.35 – 36. F. Caimi, La Casa del Fascio di Lissone, architetti Antonio Carminati e Giuseppe Terragni, in Architettura, Giugno 1941, n. 6. F. Colombo, Palazzo Terragni, in Recuperare, Settembre – ottobre 1983, n. 7. G. Terragni, Relazione tecnica, in Quadrante, Ottobre 1936, n.35 – 36. Giuseppe Terragni, La Casa del fascio di Lissone, in Il vetro, Dicembre 1940, n° 12.

271


6.1.4 PROGETTO DI RESTAURO

TESTI E MONOGRAFIE G. G. Amoroso, Trattato di scienza della conservazione dei monumenti, Alinea Editrice, Firenze, 2002. C. Brandi, Teoria del restauro, Einaudi, Torino, 1977. R. Corrao, Glassblock and Architecture. Evoluzione del vetromattone e recenti applicazioni, Alinea Editrice, Firenze, 2010. R. Dalla Negra, M. Nuzzo, L’architetto restaura, guida al laboratorio di restauro archiettonico, Spring, Caserta 2008. L. Lazzarini, M. Laurenzi Tabasso, Il restauro della pietra, CEDAM, Padova, 1986. A. Sartoris, in Prima mostra commemorativa di G. Terragni, catalogo della mostra, Como 1949. B. P. Torsello, Stefano F. Musso, Tecniche di restauro architettonico 1, UTET, Torino, 2003.

272


6.1.5 TESI CONSULTATE

Antonio Luca Curone, Giuseppe Guaglianone, Alberto Nava, La Casa del Fascio di Lissone di Giuseppe Terragni, Politecnico di Milano, relatore Giovanni Denti, co-relatore Michele Ugolini, 1991/92. Enrico Montalti e Erica Siviero, La casa littoria “Antonio Locatelli” di Alziro Bergonzo : progetto di restauro di un’architettura del novecento a Bergamo, relatori: Rita Fabbri, Serena Ciliani, correlatori: Fabio Bevilacqua, Riccardo Dalla Negra presso Università degli Studi di Ferrara, Corso di Laurea in Architettura, A.A. 2014-2015.

273



6.2

SITOGRAFIA


Storia della Biblioteca Civica http://www.comune.lissone.mb.it/lex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/ IDPagina/161 Patrimonio della Biblioteca Civica http://www.comune.lissone.mb.it/lex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/ IDPagina/162 Cartograia di Lissone http://www.cportal.it/Cartograia/Cartograia.aspx?CodCat=E617 Foto del progetto per il sacrario di Pietro Lingeri http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/complessi-archivistici/MIBA008865/?current=9&tab=riproduzioni

276


6.3 DOCUMENTAZIONE ARCHIVISTICA


LEGENDA: ASCL - Archivio Storico Comunale di Lissone ADCL - Archivio Digitale Comune di Lissone AGT - Archivio Giuseppe Terragni BCSM - Biblioteca Comunale Sormani di Milano MATERIALE CONSULTATO: ASCL, categoria VI, classe 3, cartella n°224 anno 1930-1945. ASCL, categoria VI, classe 7, cartella n° 227, anno 1927 – 1946. ASCL, categoria X, classe 1, cartella n° 314, anno 1936 – 1940. ASCL, categoria X, classe 9, cartella n° 329, anno 1922 – 1927. ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 99, anno 2006. ASCL, categoria X, classe 10, cartella n° 1388, anno 1969 – 1977. AGT, Casa del Fascio di Lissone. AGT, categoria 51, classe 33, cartella n° B. AGT, categoria 51, classe 23, cartella n° B. AGT, Le Corbusier, 1° Mostra Commemorativa, 1949. BCSM, articolo estratto da: “Il Cittadino della Domenica”, 06/03/1938.

278


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

ALLEGATI, IN ORDINE: 31.03.1933 Ordinanza del commissatio prefettizio 04.04.1933 Relazione relativa alla visita eseguita dal capo dell’Uicio Tecnico, geometra Luciano Mori alla vecchia Chiesa Prepositural. 02.08.1931 Lettera del questore di Milano al podestà di Lissone. 1936 Collocazione dell’ediicio su Piazza Vittorio Emanuele III 1937 Progetto deinitivo 09.07.1945 Inventario manoscritto dei beni mobili esistenti nell’ex Casa del Fascio. 26.07.1947 Elenco dei mobili dell’ex Casa del Fascio. 21.03.1950 Richesta di sgombero dei beni provenienti dall’ex Casa del Fascio. 06.03.1968 Atto di compravendita relativo all’acquisto da parte del Comune di Lissone dell’ex Casa del Fascio. 05.07.1968 Relazione degli architetti Albini e Belgioioso all’Amministrazione del Comune di Lissone. 06.08.1968 Lettera di A. Carminati al segretario del Comune di Lissone. 26.08.1968 Lettera del sindaco di Lissone all’architetto A. Carminati. 14.07.1969 Origetti esecutivo di ristrutturazione dell’ex Casa del Fascio elaborato dagli architetti Forges Davanzati e Ranzani. 12.05.1970 Lettera di Luigi Zuccoli e Carlo ed Emilietto Terragni al sindaco di Lissone. 13.03.1972 Relazione sul progetto di ripristino dell’ex Casa del Fascio presentata dagli architetti Forges Davanzati e Ranzani. 13.03.1972 Relazione sul progetto di ripristino dell’ex Casa del Fascio presentata dagli architetti Forges Davanzati e Ranzani. 279


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327


328


329


6.4

SCHEDE DEI MATERIALI


6.4.1

LAPIDEI NATURALI


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

P1

Descrizione:

pietra in blocchi utilizzata per la costruzione della torre littoria e del basamento.

Funzione del mat. lapideo:

strutturale.

Tipologia dell’elem. lapideo:

conci.

Deinizione del mat. lapideo:

pietra grigio - gialla di Moltrasio.

Deinizione della struttura

roccia sedimentaria calcarea con struttura laminata a grana ine e buona compattezza.

Tipo di lavorazione:

a spacco naturale lavorata con sgorbia (scalpello e cucchiaio).

Stato di conservazione:

mediocre. Si riscontrano croste nere, incrostazioni, patine biologiche, umidità di risalita, fessurazioni, interventi incongrui ed esfoliazioni.

Restauri evidenti:

innesti di pietra nei giunti scoperti dalla malta erosa (basamento).

Rif. bibliograici speciici:

La Casa del Fascio di Lissone di G. B in Costruzioni Casabella n. 162, giugno 1941. 332


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

333


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

P2

Descrizione:

pietra in lastre usata per pavimentare il basamento.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento.

Tipologia dell’elem. lapideo:

lastre.

Deinizione del mat. lapideo:

pietra grigio - gialla di Moltrasio.

Deinizione della struttura

roccia sedimentaria calcarea con struttura laminata a grana ine e buona compattezza.

Tipo di lavorazione:

probabile bocciardatura.

Stato di conservazione:

discreto, con erosione dovuta ad usura e mancanze.

Restauri evidenti:

bocciardata per le alzate degli scalini sul fronte nord

Rif. bibliograici speciici:

// 334


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

335


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Gb1

Descrizione:

granito bianco in blocchi usato per la scala principale (scalini e parapetti).

Funzione del mat. lapideo:

strutturale.

Tipologia dell’elem. lapideo:

blocchi sagomati.

Deinizione del mat. lapideo:

granito bianco con punteggiatura nera, probabile di “Montorfano”.

Deinizione della struttura

roccia magmatica con struttura olocristallina a grana media uniforme e notevole compattezza.

Tipo di lavorazione:

probabile iammatura o sabbiatura.

Stato di conservazione:

discreto. Si riscontrano macchie, interventi incongrui, graiti vandalici, mancanze ed erosione dovuta ad usura.

Restauri evidenti:

innesti di elementi in pietra e stuccature con malta cementizia (MCe4).

Rif. bibliograici speciici: 336


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

337


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Gr2

Descrizione:

granito rosa in blocchi utilizzato per costruire il balcone dell’arengario.

Funzione del mat. lapideo:

strutturale.

Tipologia dell’elem. lapideo:

blocchi sagomati.

Deinizione del mat. lapideo:

granito rosa e bianco con punteggiatura nera, probabile di “Baveno”.

Deinizione della struttura

roccia magmatica con struttura olocristallina a grana media uniforme e notevole compattezza.

Tipo di lavorazione:

lucidata, in alcuni punti bocciardata per motivi decorativi (a causa di rimozione scritte fasciste)

Stato di conservazione:

mediocre. Si riscontrano croste nere, incrostazioni, patine biologiche, umidità di risalita, fessurazioni, interventi incongrui ed esfoliazioni.

Restauri evidenti:

mediocre. Presenta macchie, concrezioni, fessurazioni, colonizzazione biologica ed erosione dovuta ad azioni antropiche.

Rif. bibliograici speciici:

// 338


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

339


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Gr2

Descrizione:

granito rosa in blocchi utilizzato per costruire la galleria di accesso al sacrario.

Funzione del mat. lapideo:

strutturale.

Tipologia dell’elem. lapideo:

blocchi.

Deinizione del mat. lapideo:

granito rosa e bianco con punteggiatura nera, probabile di “Baveno”.

Deinizione della struttura

roccia magmatica con struttura olocristallina a grana media uniforme e notevole compattezza.

Tipo di lavorazione:

lucidatura sulle facce interne, mentre probabile sabbiatura o iammatura sulle facce esterne.

Stato di conservazione:

discreto. Si notano graiti vandalici, macchie e interventi incongrui.

Restauri evidenti:

stuccature con impasto cementizio ad imitazione del granito.

Rif. bibliograici speciici:

// 340


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

341


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte nord e fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

M1

Descrizione:

marmo bianco in listelli verticali a rivestimento della facciata, disposti a giunti sfalsati.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento.

Tipologia dell’elem. lapideo:

listello.

Deinizione del mat. lapideo:

marmo bianco di Carrara.

Deinizione della struttura

roccia metamorica con struttura cristallina a grana ine e aspetto omogeneo.

Tipo di lavorazione:

tranciato.

Stato di conservazione:

mediocre. Presenta patina, croste nere, macchie, incrostazioni, fessurazioni, mancanze, graiti vandalici.

Restauri evidenti:

a spacco di cava.

Rif. bibliograici speciici:

integrazione di mancanze o elementi degradati con listelli di marmo levigato (M3). 342


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

343


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte nord - fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

M2

Descrizione:

marmo bianco in tessere verticali a rivestimento della facciata, disposti a giunti sfalsati.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento

Tipologia dell’elem. lapideo:

tessera.

Deinizione del mat. lapideo:

marmo di Carrara.

Deinizione della struttura

roccia metamorica con struttura cristallina a grana ine e aspetto omogeneo.

Tipo di lavorazione:

tranciato planare.

Stato di conservazione:

mediocre. Presenta consistente erosione, patina, croste nere, macchie.

Restauri evidenti:

integrazione di mancanze o elementi degradati con tessere di marmo levigato (M3).

Rif. bibliograici speciici:

L’ex casa del Fascio di Lissone: breve storia di un “riuso dimezzato” di Fausto Colombo in Recuperare, n.7 sett./ott. 1983 344


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

345


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte nord - fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

M3

Descrizione:

marmo bianco in listelli verticali a rivestimento della facciata, disposti a giunti sfalsati.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento.

Tipologia dell’elem. lapideo:

listello.

Deinizione del mat. lapideo:

marmo bianco di Carrara.

Deinizione della struttura

roccia metamorica con struttura cristallina a grana ine e aspetto omogeneo.

Tipo di lavorazione:

tranciato.

Stato di conservazione:

mediocre. Presenta distacchi o mancanze a causa di un’inadeguata posa in opera.

Restauri evidenti:

levigatura approssimativa.

Rif. bibliograici speciici:

L’ex casa del Fascio di Lissone: breve storia di un “riuso dimezzato” di Fausto Colombo in Recuperare, n.7 sett./ott. 1983 346


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

347


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte nord - fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

M4

Descrizione:

marmo bianco in tessere verticali a rivestimento della facciata, disposti a giunti sfalsati.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento.

Tipologia dell’elem. lapideo:

tessera.

Deinizione del mat. lapideo:

marmo bianco di Carrara.

Deinizione della struttura

roccia metamorica con struttura cristallina a grana ine e aspetto omogeneo.

Tipo di lavorazione:

levigatura.

Stato di conservazione:

mediocre. Si riscontrano patina, croste nere, fessurazioni, graiti vandalici, mancanze e interventi incongrui.

Restauri evidenti:

levigatura approssimativa.

Rif. bibliograici speciici:

L’ex casa del Fascio di Lissone: breve storia di un “riuso dimezzato” di Fausto Colombo in Recuperare, n.7 sett./ott. 1983 348


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

349


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte nord - fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

M5

Descrizione:

marmo bianco in tessere verticali utilizzato per integrazioni del rivestimento di facciata.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento

Tipologia dell’elem. lapideo:

tessera

Deinizione del mat. lapideo:

marmo bianco con abbondanti screziature nerastre, probabile ordinario di “Carrara”.

Deinizione della struttura

roccia metamorica con struttura cristallina a grana ine e aspetto omogeneo.

Tipo di lavorazione:

levigatura e lucidatura

Stato di conservazione:

mediocre. Si riscontrano croste nere, incrostazioni, patine biologiche, umidità di risalita, fessurazioni, interventi incongrui ed esfoliazioni.

Restauri evidenti:

buono. Presenta alcuni problemi di congruenza col rivestimento originale.

Rif. bibliograici speciici:

L’ex casa del Fascio di Lissone: breve storia di un “riuso dimezzato” di Fausto Colombo in Recuperare, n.7 sett./ott. 1983 350


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

351


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

M6

Descrizione:

zoccolatura e soglia delle entrate principali.

Funzione del mat. lapideo:

rivestimento.

Tipologia dell’elem. lapideo:

lastre.

Deinizione del mat. lapideo:

marmo bianco con abbondanti screziature nerastre, probabile ordinario di “Carrara”.

Deinizione della struttura

roccia metamorica con struttura cristallina a grana ine.

Tipo di lavorazione:

lucidata.

Stato di conservazione:

mediocre. Si riscontrano croste nere, incrostazioni, patine biologiche, umidità di risalita, fessurazioni, interventi incongrui ed esfoliazioni.

Restauri evidenti:

discreto, presenta mancanze.

Rif. bibliograici speciici:

// 352


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

353



6.4.2

MALTE CONGLOMERATICHE


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCe1

Descrizione:

malta utilizzata per l’allettamento dei blocchi in granito bianco per la scalinata.

Deinizione del tipo di malta:

di allettamento dei blocchi sagomati.

Deinizione del legante:

cemento bianco.

Deinizione dell’inerte:

psabbia molto ine.

Stato di conservazione:

buono con erosioni.

Restauri evidenti:

stuccature con malta cementizia (MCe4).

Tipo di lavorazione:

//

Riferimenti fotograici:

356


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCe2

Descrizione:

malta di allettamento utilizzata per restaurare il rivestimento di facciata in marmo.

Deinizione del tipo di malta:

di allettamento dei listelli musivi.

Deinizione del legante:

cemento bianco.

Deinizione dell’inerte:

sabbia luviale medio-ine.

Stato di conservazione:

complessivamente discreto. Presenta erosioni, macchie, croste nere, graiti vandalici.

Restauri evidenti:

//

Tipo di lavorazione:

//

Riferimenti fotograici:

357


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCe3

Descrizione:

malta di stuccatura utilizzata per restaurare la torre littoria e il basamento in pietra; initura supericiale con incisione a graito.

Deinizione del tipo di malta:

di stuccatura dei giunti fra i conci in pietra.

Deinizione del legante:

cemento

Deinizione dell’inerte:

pietra grigio - gialla di Moltrasio. sabbia molto ine.

Stato di conservazione:

mediocre. Si riscontrano erosioni, macchie, fessurazioni, croste nere, incrostazioni, patina biologica, interventi incongrui e distacchi.

Restauri evidenti:

Stuccature eseguite con boiacca cementizia (MCe5).

Tipo di lavorazione:

//

Riferimenti fotograici:

358


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCe4

Descrizione:

malta di stuccatura utilizzata per gli elementi sagomati in granito bianco.

Deinizione del tipo di malta:

di stuccatura dei giunti di allettamento fra i blocchi in granito e degli innesti dei corrimani.

Deinizione del legante:

cemento

Deinizione dell’inerte:

sabbia molto ine.

Stato di conservazione:

mediocre. Presenta distacchi, fessurazioni e macchie.

Restauri evidenti:

//

Tipo di lavorazione:

//

Riferimenti fotograici:

359


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCe5

Descrizione:

boiacca cementizia utilizzata per stuccature sulla torre littoria e sul basamento in pietra.

Deinizione del tipo di malta:

di stuccatura dei giunti fra i conci in pietra.

Deinizione del legante:

cemento

Deinizione dell’inerte:

sabbia estremamente ine.

Stato di conservazione:

buono. Presenta problemi di compatibilità e congruenza con il substrato a causa di esecuzione e formulazione dell’impasto inadeguate.

Restauri evidenti:

//

Tipo di lavorazione:

//

Riferimenti fotograici:

360


6.4.3

IMPASTI CEMENTIZI

361


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCo2

Descrizione:

impasto cementizio utilizzato per costruire la torre littoria e il basamento in pietra.

Deinizione del tipo di impasto: malta conglomeratica. Funzione del mat. cementizio:

di allettamento dei conci in pietra.

Deinizione del legante:

calce idraulica o cemento

Caratteristiche dell’aggregato:

clasti arrotondati.

Stato di conservazione:

mediocre con erosione difusa.

Restauri evidenti:

stuccature con malta cementizia incisa a graito (MCe3).

Riferimenti fotograici:

362


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

MCo3

Descrizione:

impasto cementizio utilizzato per la struttura di parapetti e copertine dei balconi.

Deinizione del tipo di impasto: malta conglomeratica cementizia. Funzione del mat. cementizio:

strutturale e di modanatura.

Deinizione del legante:

cemento.

Caratteristiche dell’aggregato:

clasti arrotondati.

Stato di conservazione:

complessivamente buono. Presenta patine biologiche, colonizzazioni biologiche, esfoliazioni, mancanze e croste nere.

Armatura e initure sup.:

montanti e traversi in ferro, tinteggiatura bianca.

Riferimenti fotograici:

363


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

P1

Descrizione:

impasto cementizio utilizzato per i paramenti di facciata (sp. 10 cm) con strato di initura sup. (sp. 3-4 mm).

Deinizione del tipo di impasto: malta conglomeratica costituita in 2 strati. Funzione del mat. cementizio:

struttura e modanatura dei tamponamenti.

Primo strato:

legante: cemento; aggregato: clasti arrotondati

Secondo strato:

legante: cemento bianco; aggregato: brecciolino di marmo di carrara (da 2 a 8 mm).

Stato di conservazione:

mediocre con graiti vandalici, fessurazioni, macchie e interventi incongrui.

Restauri evidenti:

integrazioni con malta conglomeratica cementizia ad imitazione dell’originale.

364


Descrizione dell’elemento:

Riferimento fotograico:

365


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Co1

Descrizione:

impasto cementizio utilizzato per la struttura di parapetti e copertine dei balconi.

Deinizione del tipo di impasto: malta conglomeratica cementizia. Funzione del mat. cementizio:

strutturale e di modanatura.

Deinizione del legante:

cemento.

Caratteristiche dell’aggregato:

clasti arrotondati.

Stato di conservazione:

complessivamente buono. Presenta patine biologiche, colonizzazioni biologiche, esfoliazioni, mancanze e croste nere.

Restauri evidenti:

//

Riferimenti fotograici:

366


6.4.4

INTONACI ESTERNI

367


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte nord

NUMERO SCHEDA:

In1

Descrizione:

intonaco di initura esterna sul prospetto nord dell’ediicio costituito da un unico strato di spessore 2-3 mm.

Colore d’insieme:

bianco.

Caratteristiche del legante:

calce idraulica bianca.

Caratteristiche dell’aggregato:

frammenti di marmo macinato.

Finiture supericiali:

tinteggiatura bianca.

Stato di conservazione:

mediocre, sono presenti fessurazioni, colature, interventi incongrui, mancanza e colonizzazione biologica.

Riferimenti fotograici:

368


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte est

NUMERO SCHEDA:

In2

Descrizione:

intonaco di initura esterna sul prospetto est dell’ediicio costituito da un unico strato di spessore 4 mm.

Colore d’insieme:

giallo paglierino.

Caratteristiche del legante:

calce idraulica bianca

Caratteristiche dell’aggregato:

pietra grigio - gialla di Moltrasio.

Finiture supericiali:

tinteggiatura giallo paglierino.

Stato di conservazione:

mediocre, si notano fessurazioni, distacchi, colonizzazione biologica e umidità di risalita.

Riferimenti fotograici:

369



6.4.5

METALLI E ALTRI MATERIALI


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Fe

Descrizione:

parti di metallo a sezione piena o cava quali armature e giunti di collegamento fra i parapetti in cemento.

Deinizione:

ferro.

Funzione

strutturale, di rinforzo e collegamento fra gli elementi in cemento.

Tipologia

proilati quadrangolari, piastre e bulloni.

Finiture supericiali:

tinteggiatura bianca sui giunti di collegamento.

Stato di conservazione:

mediocre, presenta corrosione e ruggine su armature esposte e canali di scolo.

Riferimenti fotograici:

372


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Al

Descrizione:

parti in metallo costituenti corrimani e parapetti.

Deinizione:

alluminio

Funzione

accessoria e di sicurezza per predisporre l’uso e l’accessibilità agli spazi distributivi. proilati tubolari o quadrangolari a sezione piena o cava, piastre e laminati sagomati.

Tipologia Finiture supericiali:

//

Stato di conservazione:

buono.

Riferimenti fotograici:

373


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della LibertĂ 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Ra

Descrizione:

parti in rame per lattonerie a protezione di coperture e pensiline e per canali di gronda e pliviali.

Deinizione:

rame.

Funzione

di lavorazione: di protezione e di gestione delTipo delusso delle acque meteoriche.

Tipologia

lamiere e proilati tubolari a sezione cava.

Finiture supericiali:

//

Stato di conservazione:

bibliograici: discreto. Presenta corrosione e Riferimenti ruggine su canali di gronda e protezioni.

Finiture supericiali:

Riferimenti fotograici:

374


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

V1

Descrizione:

difusori di vetro a forma di “bicchiere rovesciato”

Deinizione:

illuminazione naturale degli ambienti interni e funzione decorativa. a riliaevo con efetto martellinato.

Tipologia

pietra grigio - gialla di Moltrasio. // R. Corrao, Glassblock and Architecture. Evoluzione del vetromattone e recenti applicazioni, Alinea Editrice, Firenze, 2010

Riferimenti fotograici:

375


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

V2

Descrizione:

lastre in vetro satinato per i parapetti dei balconi. Funzione: di sicurezza per predisporre l’uso e l’accessibilità agli spazi distributivi e progettuale decorativa, (trasparenza). di lavorazione: martellato con rete di armaturaTipo interna.

Tipologia

//

Finiture supericiali:

//

Stato di conservazione:

discreto, presenta macchie e fessurazioni.

Riferimenti fotograici:

376


UBICAZIONE EDIFICIO:

Lissone, Piazza della Libertà 20

TIPO DI EDIFICIO:

Casa del Fascio

ORIENTAMENTO:

fronte ovest

NUMERO SCHEDA:

Le

Descrizione:

elementi in legno per itelai e le tapparelle dei serramenti

Deinizione:

legno d’abete Douglas

Funzione

strutturale degli inissi.

Tipologia

//

Finiture supericiali:

lucidatura

Stato di conservazione:

buona.

Riferimenti fotograici:

377


378


6.5

TAVOLE

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RINGRAZIAMENTI

Desideriamo ringraziare di cuore tutti i compagni di questo viaggio durato quasi due anni attraverso lo studio di un tema per noi tanto prezioso quanto delicato. Approcciarsi ad un’opera di Giuseppe Terragni è stata una scelta di indubbia ricchezza didattica ma ha comportato un lavoro di ricerca e di interpretazione che tutt’oggi può dirsi inesauribile. I nostri più sentiti ringraziamenti vanno alla prof.ssa Rita Fabbri, non solo per i suoi consigli e i suoi insegnamenti ma, specialmente, per l’entusiasmo che la caratterizza, indispensabile per trasmettere la passione per questa materia; al prof. Marco Mulazzani per averci accompagnato pazientemente nella scelta critica delle “chiavi di lettura” ed averci fornito materiale di studio fondamentale per la nostra ricerca; all’arch. Serena Ciliani per il supporto costante e la chiarezza dimostrati in tutto il percorso di tesi; a l dott. Gian Carlo Grillini per le sue competenze dettagliate e l’incrollabile entusiasmo; al prof. Fabio Bevilacqua per la sua esperienza e i consigli nella progettazione degli interventi di restauro; all’arch. Luca Rocchi per la disponibilità a revisionare il nostro lavoro; al prof. Michele Ugolini per averci permesso di approfondire notevolmente il nostro studio; al personale del Comune di Lissone e nello speciico il sig. Massimo Pirola, le cui conoscenze sul tema sono state illuminanti; 404


all’ass. Luigi Cavadini per la sua passione verso l’architettura razionalista e per averci fornito interessanti spunti di progetto; a tutto lo staf della biblioteca di dipartimento, per la dedizione e la cura che riservano nel loro lavoro; a Rossana T., Rossana B., Sara e Noemi per il supporto morale e materiale; alle nostre famiglie per tutto l’aiuto che ci hanno riservato, senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile.

405


Patrizia ringrazia..

La mia mamma e il mio papà, per il sostegno morale, per quello economico, per la condivisione delle esperienze di vita e per l’amore. La mia famiglia tutta, gli zii e le cugine su cui so di poter contare sempre. I signori Bramato per i passaggi in macchina da Tricase a Ferrara e soprattutto la mia Domenica, per avermi rifornita di cibo e per i pensieri e le premure di cui beneicio da quando la conosco. Il mio Baolo, per aver reso speciale ogni risveglio di quest’ultimo logorante periodo e per aver dato un senso a tutta quanta la mia esistenza. Le mie amiche di sempre, Laura, Mina, Serena e Maria Elena, per la meravigliosa presenza in tutti questi anni, per le risate e i pianti, e per le persone che sono. Il mio amico Paolo, una delle personi migliori che si possano incontrare, per avermi accompagnato in stazione alle 5.00 della mattina, per l’ospitalità e la cura che mi dedica da quando ci conosciamo. La mia vicina di casa, Chiara che mi conosce meglio di tutti che trova sempre il tempo di una chiamata o di un messaggio per ricordarmi che mi vuole bene.

406


La mia coinquilina del cuore, Valeria che ha condiviso con me gli anni piĂš duri di questo percorso, per aver trovato sempre il modo di essermi vicina, per avermi compresa, per avermi supportata, per tutto il bene che mi ha fatto. Elena, Daniele e Giuseppe, per la compagnia e la spensieratezza, per le bellissime serate ferraresi e per quelle tricasine. Mary B., per aver condiviso con me tutto il percorso universitario, per aver reso divertenti le lezioni, per i ritratti ironici e le gite a Padova, senza di lei mi sarei sicuramente annoiata a morte. Rossana, per la sua prontezza e la sua capacitĂ di prendersi cura delle persone a cui vuole bene, partendo dalle cose semplici ino a fare salti mortali pur di aiutarci. Dulcis in fundo a Valentina, non oso neanche immaginare come sarebbe andata senza di te!

407


Valentina ringrazia..

I miei genitori per essere grandi persone e per me guide perenni. Grazie per avermi supportato sempre nelle diicoltĂ e di avermi insegnato ad amare la vita, dono che conserverò per sempre. Giancarlo ed Elena, angeli custodi e fratelli speciali, non so come farei senza di voi. Mariangela, Roberta e Michele, per l’amicizia sincera e duratura nonostante gli anni e i chilometri che cercano di separarci. Noemi e Rossana, insostituibili compagne di viaggio in questa parentesi universitaria ma spero parte di una lunga amicizia per tanti anni ancora. Adelaide e Luca, per essere persone squisite e cari amici da cui sempre tornare. Rossella, Michele, Ilaria e tutti gli amici e i compagni ferraresi che hanno condiviso con me tanti bei momenti ed hanno afrontato insieme a me altrettante diicoltĂ . Spero di non perdervi! Luca per la sua pazienza e la sua presenza costante nei momenti piĂš diicili.

408


Rossana per la sua gentilezza, la sua premura e i suoi instancabili incitamenti, sempre pronta a motivarmi! Patrizia, la mia incredibile compagna di tesi, per essere una persona umanamente rara.

409



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