Come “tradurre” un testo Durante il mese di maggio del 2012 ho avuto l’opportunità di frequentare un corso intensivo di tre giorni con una delle più importanti artiste nel campo del Fumetto e dell’Illustrazione, Francesca Ghermandi. Dal primo istante in cui è entrata in aula e fin ben oltre l’orario in cui finiva il workshop ha dispensato preziosi suggerimenti e idee. Qui riassumo quelli che sono stati alcuni dei suoi consigli per illustrare un testo. Ci ha spiegato come “tradurre” l’articolo di un settimanale in Illustrazione indicandoci i passaggi più importanti. La prima cosa da fare è trovare nuove idee, in modo veloce ma al tempo stesso buone. Prima di proseguire ha sottolineato che lo Stile del disegno è qualcosa in divenire, che si acquisisce in esperienza. Quando si arriva ad uno stile si è morti! Non ci si evolve più, si è fermi. Ha proseguito spiegandoci che per leggere bene un testo bisogna leggere come un lettore, come uno spettatore, senza criticare; ha esclamato “come un bambino!”. Ha avvertito di non cadere nel meccanismo commerciale, ovvero: quando da qualunque cosa si cerca di tirar fuori una storia pur di fare. In questo caso voleva dire di evitare di usare una frase qualunque dell’articolo e cercarne di tirare fuori un’immagine, in modo forzato e senza riflettere. Ad “aprire la testa” è stato molto utile sapere che bisogna indagare anche su parti della storia che “non centrano niente”, di dubbia importanza. Un’ argomento assai rilevante è stato sul moralismo, ovvero sia di non caderci! Se l’articolo parlava di qualcosa che si voleva denunciare ha avvertito di non farlo come moralista ma come amico; ovvero se si deve denunciare qualcosa bisogna comunicarlo al pubblico come se lo dicessimo ad un amico. Questo vale anche quando si illustra per i bambini, non si deve essere smielati e per forza inserire delle morali, ma semplicemente raccontare con serietà. Quando non si trovano idee da illustrare perché il testo non ci piace o per qualunque altro motivo bisogna ricordarsi che “c’è sempre una via”. Si deve avere il “coraggio di stendere la propria mente”. Per far emergere le idee buone bisogna porsi dei gran problemi, ovvero farsi domande su domande. Ci si deve lasciar portare da associazioni di idee. L’ultimo ma non meno prezioso consiglio che svelerò è ricordare che: “Noi siamo al servizio dell’immagine, non al di sopra.”
Come svolgere il lavoro Il lavoro da svolgere era illustrare degli articoli di giornale. Sulle prossime pagine seguono gli articoli. Lo spazio grigio che vedrete è quello per le illustrazioni. Ogni alunno ha scelto l’articolo che più gli piaceva. Io mi sono subito lanciata su uno che ha come argomento il cinema in quanto il tema del mondo fantastico, come lo stesso cinema, in cui l’uomo si rifugia per scappare dalla realtà l’ho affrontato in diverse tesine e in una tesi. Dopo aver “buttato giù” varie idee e averle scritte, riempiendo tre fogli, ho iniziato a disegnare. Solo disegnando ti puoi accorgere se le idee vanno bene o meno, ed inoltre proprio disegnando possono venire fuori nuove e più originali idee. Ovviamente sono sempre suggerimenti della Ghermandi. Le idee ovviamente vengono dopo aver segnato le frasi che più ci colpiscono dell’articolo, addirittura riscrivendo certe parti. Poi ho iniziato a fare i bozzetti di tutte le idee che ho avuto. Dopo essermi decisa su quali erano i bozzetti migliori, che più esprimevano l’idea ed erano d’ impatto, ho fatto più varianti della stessa immagine. Ho proseguito con le matite colorate per capire com’era meglio proseguire sulla colorazione prima ancora di poter pensare a un definitivo. Il lavoro non aveva come scopo arrivare a un definitivo ma inparare un metodo. Mi è stato spiegato che in tre giorni non si poteva certo arrivare a fare delle illustrazioni complete; bisogna lavorare giornate sull’idea prima di mettere mano alla matita e ancora altri giorni prima di fare il definitivo. Così ho imparato quello che è il metodo per illustare un testo, ma soprattutto ho cercato di superare un mio grosso limite, ovvero la mia “impazienza”. La Ghermandi mi ha ripetuto più volte di non avere fretta e che se anche penso di essere arrivata all’immagine ideale devo comunque fermarmi a riflettere e rielaborarla più volte. Per me è stata dura visto che sono “frettolosa” di carattere; inoltre usare prima le matite per riflettere sui colori è stata una novità, in quanto uso sempre il PC per colorare. Non poter fare Ctrl+Z è stato traumatico! :D Scherzi a parte questo Workshop mi ha aiutato a capire i miei limiti che senza dubbio supererò con l’esperienza e tenendo sempre a mente i consigli di questa incredibile illustratrice.
Questa è una bambina del Kondh che si toglie il trucco dell’avatar, nelle immagini che seguono l’avatar è una maschera e poi la pelle stessa della bimba. Ispirandomi all’ultima pagina dell’articolo, esprimo l’idea che l’avatar nonostante sia parte del mondo immaginario rappresenta una persona vera, una persona innocente. Il popolo Kondh proprio come gli Avatar del film stanno combattendo tutt’ora per la sopravvivenza poichè “sono sorte compagnie minerarie che ne sfruttano spitatamente la terra”, vengono maltrattati e “le loro donne vengono stuprate da poliziotti e guardie forestali”. Noi veniamo accecati dalla finzione del film senza renderci conto: delle persone che hanno più bisogno, della realtà. L’immagine simbolizza ciò che sta dietro l’Avatar.
Nella prima colonna dell’articolo è accennato Roger Rabbit, appena letto già lo immaginavo: Lui, nella sua rappresentazione dell’illusione stessa, è distruttore del mondo reale! Come è spiegato alla fine della seconda colonna della prima pagina dell’articolo “ogni realtà per quanto perfetta prima o poi ci delude”. Inoltre c’è scritto che è sbagliato scegliere tra la realtà reale e fantastica. Scelta la realtà fantastica prima o poi si vorrà tornare nel mondo reale perchè la realtà che immaginiamo è perfetta se è senza di noi. Questo concetto è approfondito maggiormente nell’immagine finale del libretto. Questa illustrazione rappresenta Roger Rabbit che fa esplodere una bomba nucleare! Una bomba del mondo reale che stermina tutti noi che ne facciamo parte.
Tra la fine della seconda colonna della prima pagina e la prima colonna della seconda pagina dell’articolo c’è scritto “Questa realtà immaginaria e perfetta ci delude proprio a causa della sua perfezione, che non lascia posto per noi, i soggetti che la immaginano.” Poi continua “Noi umani siamo ridotti a un mero sguardo incorporeo che osserva la nostra stessa assenza e questa è la fondamentale posizione soggettiva della fantasia: essere ridotti a uno sguardo che osserva il mondo da una condizione di non esistenza”. In breve il mondo perfetto è senza di noi per questo lo possiamo solo immaginare. Ma se entrassimo davvero in questo mondo sarebbe per noi un “Incubo”. Tornando però alla prima pagina, alla seconda colonna “Se vogliamo cambiare la nostra realtà sociale” “la prima cosa da fare è cambiare le fantasie che ci fanno accettare questa”. Così ho disegnato la ribaltazione dello sguardo soggettivo. Lo schermo che rappresenta il mondo che immaginiamo diventa l’occhio che guarda l’uomo.