Valerio Manghi the WASTEMAN (frammentario dell'umanità globale)
Nell'ottobre del 2011 mi imposi un filtro nella raccolta quasi quotidiana di oggetti trovati per strada. Provavo una sensazione di smarrimento di fronte a quelle piccole evidenze della transitorietà della vita. Non potendo raccogliere tutto, avevo bisogno di un archetipo della fascinazione che provavo io. Decisi che non potevo lasciar perdere ciò che ha qualcosa scritto sopra: una scritta è il segno diretto di un'esistenza passata di lì. È inequivocabile e quasi universale, in questo mondo. Mentre la raccolta proseguiva, ragionavo e riflettevo sulla possibile forma da dare alla cosa. E intanto mi scavavo dentro, cercando di capire cosa potesse significare davvero per me non voler perdere quei pezzetti di sconosciuti. Ad un certo punto li ho distribuiti in barattoli di plastica e credo che così sia nata l'idea di dividerli in categorie. Non era difficile, sono sufficienti tipologie e quantità. Ogni categoria è un momento plausibile nella vita di tutte le persone: siamo stati tutti bambini, quasi tutti siamo andati a scuola, ci innamoriamo, mangiamo, ci ammaliamo e un giorno moriremo. Dell'epopea di ogni vita che mi circonda e che non faccio in tempo a conoscere mi rimangono questi pezzetti. Nel mondo degli eroi e delle soluzioni al discount quanto sembra fragile l'esistenza, adesso. Ci sono stato sopra tanto che ora so qualcosa di me stesso. Essi dentro di me raffiguravano ciò che io avverto della vita: una somma di pezzetti che si deposita sull'illusione di unità; un insieme semi-determinato di incongruenze. Se esco da me però, isolando ciò che essi erano prima di me, ritorno al punto: un insieme posticciamente ordinato di tracce perdute da un'umanità sconosciuta. In queste società fitte in cui siamo spuntati e ci troviamo a vivere, senza possibilmente passare mai per una qualsiasi coscienza, di vita o di morte che sia, questa cosa è una sineddoche, un campione, un simbolo codificato in segno: dietro ognuno dei suoi pezzetti sta un'esistenza, una relazione tra esistenze caduta dalla sua causa e andata perduta o abbandonata. Io li ho raccolti e ricomposti secondo un dettame di sintesi, per arrivare ad una metafora successiva. Una forma complessa che è poco più che la somma delle sue componenti: una città di carta della quale ogni abitante è straniero a se stesso ed agli altri, e vi è accostato per similitudine da un caso sopra di lui, che sono io, che gli decide un luogo nella sua esistenza. Questi pezzetti, questi frammenti, non dicono altro che: delle sue miserie egli è il re.