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SALUTE Senza tabù

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CLICHÉ IN RETE Il potere ipnotico degli stereotipi LEGGI TUTTO L’ARTICOLO

> Paola Biavaschi > redazione@varesemese.it

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In occasione dell’8 marzo, abbiamo chiesto una riflessione sui luoghi comuni che ancora creano disparità di genere a Paola Biavaschi, impegnata a dirigere a maggio il corso sul cyberbullismo che, con il sostegno del Soroptimist di Varese, si terrà all’Università dell’Insubria per prevenire il fenomeno. Ecco un estratto del suo pensiero

“Un’abitudine è qualcosa che puoi fare senza pensare”, sosteneva con saggezza Frank A. Clark. Parafrasandolo, si potrebbe altrettanto affermare che “un’abitudine è qualcosa che puoi dire senza pensare”: proprio in quel non-luogo in cui si agisce gestualmente o verbalmente senza riflettere, stanno le radici del male. “Non pensare” è un balsamo per la maggior parte delle persone, è un sollievo. Oggi si materializza in lunghe gite presso i centri commerciali e ore infinite trascorse al cellulare, non tanto a parlare con qualcuno in carne e ossa, quanto a chattare o, persino, a curiosare nelle vite altrui.

Il sonno della ragione Combustibile inesauribile, che alimenta e viene a sua volta alimentato dalla pratica di “staccare la spina” al pensiero consapevole, sono gli stereotipi: convinzioni fisse, rigide, ripetitive che abbiamo sentito innumerevoli volte e che andiamo ripetendo, riempiendo così gli spazi mentali vuoti di altro vuoto, dandoci così sicurezza.

Lo stereotipo viaggia sul web Quando poi si può ripetere un cliché in una grande piazza virtuale, come quella che oggi ci offre il web, il timore di ogni minima vergogna nel “metterci la faccia” anche quando si pronuncia una battuta di una certa aggressività, viene completamente meno. Gli stereotipi hanno sempre fatto parte integrante di ogni società. Tuttavia, dopo la Seconda Guerra Mondiale, una nuova consapevolezza aveva informato le società occidentali: i luoghi comuni sui popoli erano stati la base della rovinosa esperienza bellica e delle più grandi tragedie di massa del ventesimo secolo. Una battaglia da vincere Abbiamo dedicato la seconda metà del Novecento a combattere gli stereotipi razziali e di genere: oggi, non solo la battaglia non è conclusa, ma è divenuta più dura e infida. Tramite internet, infatti, siamo tutti potenzialmente operatori dell’informazione, potendo interagire con un numero elevatissimo di altre persone. Dopo molti decenni, torna il primato della parola, ma in una forma mai immaginata: frasi corte, ad effetto, corredate da molte immagini, che hanno il compito di colpire e di attirare; video brevi, il tutto ben infarcito di offese. In questo contesto, gli stereotipi, in particolare quelli di genere, si moltiplicano, di nuovo, come era successo un secolo fa.

Il pericolo per i più giovani di fronte agli stereotipi di genere E’ un momento pericoloso quello che stiamo vivendo, da tanti punti di vista: il nuovo potentissimo strumento massmediatico non ha realmente filtri adeguati per proteggere i bambini e gli adolescenti, e i genitori non hanno il tempo e l’energia di sorvegliare i propri figli. Spesso gli adulti stessi non hanno gli strumenti per > Paola Biavaschi, docente dell’Università dell’Insubria

“Le vere vittime oggi sono gli uomini”

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