SKINNY VS
CURVY
RAPPRESENTAZIONE DEL FISICO FEMMINILE NEI MEDIA
INDICE INTRODUZIONE 5 L’IMMAGINE DEL FISICO FEMMINILE NELLA STORIA Gli standard di bellezza dal paleolitico ad oggi
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BODY SHAMING E LA RIVALSA DELLE “CURVY”
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CASE STUDIES 13 Yves Saint Laurent 14 Protein World e campagne di contestazione 16 Victoria’s secret e campagne di contestazione 21 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA 29
INTRODUZIONE Nella società occidentale moderna il corpo femminile viene costantemente messo in esposizione attraverso i mass media. Televisione, pubblicità esterna, riviste, e naturalmente siti internet propongono un certo standard di bellezza e i criteri di giudizio. Le donne si preoccupano per il loro aspetto cercando di corrispondere all’immagine ideale perché percepiscono di essere sempre potenzialmente esposte alla valutazione. Gli standard di bellezza proposti dai media oggi sono in notevole contrasto con le norme fisiologiche della salute. L’attributo fondamentale della bellezza è considerata la magrezza, che oltre al valore estetico assume il significato di prestigio, affermazione, successo, diventando inoltre il simbolo del controllo, della disciplina e del dominio si se.1 Il distacco tra l’ideale mediatico e la realtà genera nelle donne insicurezza e visione negativa del proprio corpo. Questo fatto può contribuire allo sviluppo di disturbi alimentari. Secondo i dati dell’ABA (un’associazione impegnata nel campo della prevenzione, dell’informazione e della cura di disturbi 1 Silvia Ladogana. Lo specchio delle brame. Mass media, immagine corporea e disturbi alimentari - Franco Angeli, Milano 2006.
alimentari), “in Italia circa 3 milioni di persone (…) soffrono di disturbi del comportamento alimentare (DCA): il 95% sono donne. (…) L’età di insorgenza di queste patologie si colloca prevalentemente tra i 12 e i 25 anni e, in questa fascia di età, i DCA rappresentano la prima causa di morte.”2 Si tratta di patologie che assumono forme diverse e complesse, avendo come base il rapporto conflittuale della persona con il proprio corpo e il cibo. I più diffusi sono l’anoressia, la bulimia e il disturbo d’alimentazione incontrollata. Queste patologie sono condizionate non solo da comportamenti individuali ma, in una notevole misura, anche dal contesto sociale influenzato dai media. É presente anche il fenomeno sociale della discriminazione legata al peso, il così detto body shaming, che include sia il fat shaming (discriminazione di obesi) sia il thin shaming (che discrimina i magri). In questo lavoro intendo analizzare dal punto di vista etico alcuni casi di comunicazione che evidenziano i problemi sopra indicati.
2 I numeri dei disturbi del comportamento alimentare. www.bulimianoressia.it
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L’IMMAGINE DEL FISICO FEMMINILE NELLA STORIA Fin dall’antichità la bellezza femminile è stata valutata e misurata sulla base di un modello estetico di riferimento, riconosciuto dalla società in un determinato contesto storico e culturale. Dal modello ideale discendono i canoni estetici, ovvero le caratteristiche tipiche della bellezza. In tal senso, maggiore è la somiglianza di una donna rispetto ai parametri definiti, maggiormente essa è considerata bella. Tuttavia, l’ideale estetico non è un criterio assoluto, immutabile, universale, ma rappresenta una costruzione socioculturale, in quanto si genera e si modifica continuamente secondo la società e la cultura entro cui si colloca. Ogni epoca storica ha avuto un peculiare modello di bellezza ideale, documentato da fonti letterarie e iconografiche che hanno immortalato figure femminili divenute famose. Nei secoli passati in Europa, e tuttora in alcuni Paesi poveri, le forme femminili morbide e abbondanti erano considerate evidente simbolo della ricchezza della donna considerata, in quanto soltanto le donne ricche potevano permettersi il lusso di non fare attività fisica, quindi di non lavorare e
di mangiare in abbondanza, risultando in tal modo formose. Viceversa, al corpo esile era attribuito il significato di povertà, in quanto soltanto le donne del popolo e le contadine erano magre in quanto mangiavano poco e lavoravano molto. Per il medesimo motivo, dai canoni di bellezza femminile erano banditi i muscoli, giudicati come troppo mascolini e caratteristici delle donne impegnate nei lavori manuali. A fronte di quanto considerato appare evidente la radicale trasformazione avvenuta nei criteri di valutazione e nell’attribuzione dei significati sociali dai secoli passati ai tempi attuali, in cui il corpo di una donna è considerata ‘bello’ se è magro e scolpito dall’attività fisica. 1
1 www.mariangelagaudio.it/canoni-socioculturali-bellezza-femminile-dca/ Immagine a sinistra: Il giudizio di Paride, Enrique Simonet (1904)
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GLI STANDARD DI BELLEZZA DAL PALEOLITICO AD OGGI Antica Grecia Venere di Milo, 130 a.C. circa Nell’epoca ellenistica si sviluppa l’ideale di bellezza classica: il fisico dalle proporzioni armoniose ed atletiche.
Paleolitico “Venere di Willendorf” Una figura dalle forme decisamente abbondanti, presumibilmente un amuleto della fertilità.
Rinascimento Le forme femminili morbide e prosperose vengono associati al benessere, alla salute e alla giovinezza. La stessa tendenza continuerà fino alla fine dell’800.
Tardo medioevo Questa epoca austera propone l’immagine di una donna esile e pallida, con le forme quasi fanciullesche, come Eva nel “Giardino delle delizie” di H.Bosch
Belle Epoque La figura femminile è fatta a clessidra: sinuosa, con i fianchi prosperosi e il girovita strettissimo, accentuato da un corsetto.
Anni 1920 Inizio dell’emancipazione femminile. Addio ai corsetti. Emerge la donna garçonne, asciutta, con il seno piatto, che per la prima volta nella storia porta i capelli corti.
Anni 1960 Rivoluzione sessuale. La donna moderna diventa tonica e scattante, un’eterna adolescente. La modella inglese Twiggy introduce l’immagine di donna - “grissino”.
Anni 1950 Nel dopoguerra torna la tendenza delle donne formose rappresentate dalle dive del cinema come Sofia Loren e dalle pin up. Si celebra la prosperità dopo gli anni di ristrettezze.
Anni 2000 Le forme diventano sempre più sottili. La magrezza delle star dello spettacolo tocca i livelli preoccupanti. L’ideale di bellezza diventa assurdamente lontano dall’essere salutare.
Anni 1980 L’epoca delle top model. La donna ideale è alta e snella, con il fisico scolpito dallo sport, che allo stesso tempo ha le curve sinuose.
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BODY SHAMING E LA RIVALSA DELLE “CURVY” Nella nostra società esiste un triste fenomeno chiamato nel mondo anglosassone “body shaming”, ovvero discriminazione per la forma del corpo. Fat shaming e thin (o skinny) shaming sono due termini coniati per definire l’atto di insultare o criticare in maniera pesante qualcuno per il fatto di essere grasso o magro. Il problema più conosciuto è senza dubbio il primo. È sicuramente più facile essere testimoni di insulti rivolti a persone in sovrappeso od obese, o perlomeno lo era fino a qualche anno fa. Un fenomeno nuovo continua a crescere ultimamente nella nostra società: aumentano le modelle oversize, si moltiplicano le campagne che inneggiano alla “donna vera”, e il termine curvy viene usato come vanto. Se da una parte questo nuovo modo di pensare ha il merito di provare a scalfire i modelli spesso irreali che da sempre il nostro mondo ci propone, dall’altra ha evidenziato almeno due aspetti negativi. Il primo aspetto evidenzia che il concetto di curvy si presta a moltissime interpretazioni: da alcune case di moda che per ragazza curvy intendono una taglia 42, che è semplicemente una ipocrisia, alla modella
plus-size Tess Holliday, che porta la taglia 56 e pesa più di 117 chili, questo vuol dire che è clinicamente obesa, non curvy. L’eccessiva esaltazione del grasso è sbagliata per il fatto che essere obesi è molto pericoloso per la salute. Ci sono invece molti esempi di modelle oversize sane, in carne ma in forma e sarebbe auspicabile che con il tempo si convergesse sempre più su questa immagine di donna curvy quando se ne indica una, evitando entrambi gli eccessi. Un’altra conseguenza negativa di questo movimento crescente è che, con un certo sentimento di rivalsa, in alcuni casi l’eccessivo orgoglio fat può sfociare appunto nel thin shaming. A chi non è mai capitato di leggere su Internet la classica frase “le vere donne hanno le curve”? Questo è semplicemente falso, perché ovviamente non è il grasso corporeo a definire l’identità di una persona.1
1 www.360giornaleluiss.it/lifestyle
CURVY dal inglese: formoso, prosperoso, ben fatto a curvy woman una donna formosa/tutta curve.
Sara Affi Fella Miss Italia Curvy 2014 taglia 42
Ashley Graham Modella “curvy” taglia 48
Tess Holliday Modella “curvy” taglia 56
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CASE STUDIES
YVES SAINT LAURENT
Una campagna di Yves Saint Laurent sul magazine Elle UK è stata ritirata in seguito alle proteste dell’Advertising Standards Authority (ASA). L’agenzia di controllo ha agito su segnalazione di alcuni lettori che si sono indispettiti per l’eccessiva magrezza della modella ritratta. Lo scatto in bianco e nero, che fa parte di una campagna più ampia, mostra la giovane che dorme a terra. Nella scollatura si vedono le ossa mentre le gambe sono eccessivamente magre. La censura avviene in un momento in cui molti Paesi si stanno muovendo per arginare il messaggio negativo dato dai media il quale non fa che aggravare la piaga dell’anoressia. In Francia è stata approvata alla Camera una legge che impone alle agenzie un indice minimo di massa corporea per le modelle: ovvero almeno 18 (cioè dovranno pesare almeno 55 chili se alte un metro e 75 centimetri).
Una cura particolare deve essere posta nei messaggi che si rivolgono ai bambini e agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. Questi messaggi non devono contenere nulla che possa danneggiarli psichicamente, moralmente o fisicamente. (...) Questa comunicazione commerciale non deve indurre ad adottare l’abitudine a comportamenti alimentari non equilibrati, o trascurare l’esigenza di seguire uno stile di vita sano. Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale Art. 11 - Bambini e adolescenti
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PROTEIN WORLD - CURA DIMAGRANTE
Protein World, una società che produce alimenti per sportivi, ha esposto nella metropolitana di Londra i cartelloni pubblicitari che mostrano una modella in bikini e la scritta «Il tuo corpo è pronto per la spiaggia?» La campagna è stata criticata perché, a detta di molti, contiene un messaggio sessista e fa “body shaming”, cioè vuole far vergognare di sé chi ha un corpo che non risponde agli stessi criteri della pubblicità, imponendo un’immagine di “corpo perfetto” distante dalla realtà. Una petizione sul sito Change.org per chiedere a Protein World di rimuovere i cartelloni ha ottenuto più di 44mila firme. Questa pubblicità è stata considerata dannosa perché sembra lanciare una sfida in una gara per il corpo perfetto, generando senso di inadeguatezza in molte donne.
CURA PER L’AUMENTO DI PESO, ANNI ‘50
Questo messaggio in un giornale degli anni ‘50 pubblicizza un prodotto esattamente opposto a quello di Protein World: si tratta di un integratore per aumentare il peso corporeo. Lo slogan dice: “Non essere magra!” “Abbia un aspetto migliore aggiungendo i chili desiderati in modo semplice”. L’immagine dimostra una ragazza in spiaggia, formosa e sorridente, mentre in secondo piano si vede una donna magra dall’aspetto triste. Questo messaggio ci lascia capire quanto è cambiato l’ideale del corpo da spiaggia negli ultimi sessant’anni.
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La campagna di Protein World è stata contestata sia da altre aziende che da tantissimi privati. L’immagine lanciata dal produttore di abbigliamento Navabi mostra ragazze dalle taglie “comode” che secondo lo slogan sono “100% pronte per la spiaggia”. Un’altra campagna di body confidence insiste che “ogni corpo è pronto per la spiaggia” e mette al centro una signora di una certa età in sovrapeso ma felice.
Bisogna però guardare anche l’altro lato della medaglia. Qualche volta le campagne di body acceptance (accettazione del corpo) possono portare ad un falso buonismo e indurre le persone a continuare uno stile di vita poco sano e a trascurare il grave problema della salute come l’obesità. Per questo motivo in rete sono apparse, poco tempo dopo, reazioni ironiche alle campagne contro Protein World, come questa sopra, che domanda “Sei pronta per il diabete del tipo2?”
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La comunicazione commerciale (...) deve rispettare la dignitĂ della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione. Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale Art. 10 - Convinzioni morali, civili, religiose e dignitĂ della persona
VICTORIA’S SECRET
Victoria’s Secret, un famoso brand americano di lingerie, è stato al centro di un’aspra polemica relativa alla sua campagna pubblicitaria del 2014, accusata di promuovere un’idea sbagliata sul corpo delle donne. A finire sotto accusa è lo slogan The Perfect “Body” (Il Corpo Perfetto), abbinato alla foto di un gruppo di modelle filiformi e molto magre, tutte dotate di una fisicità omogenea e standardizzata. Non a caso il brand definisce le sue modelle Angels (angeli): in effetti, hanno un aspetto lontano anni luce da quello delle donne comuni. A cominciare la campagna contro Victoria’s Secret sono state tre studentesse britanniche che hanno lanciato una petizione online sul sito Change.org. chiedendo all’azienda di scusarsi e modificare lo slogan scelto per il reggiseno “Body”. Secondo loro il marchio di intimo avrebbe veicolato l’idea che esiste un solo modello di bellezza ideale, discriminando le altre tipologie di fisico femminile che rappresentano la maggior parte delle donne. 21
LANE BRYANT
Lane Bryant, produttore di intimo plus-size ha lanciato la campagna #ImNoAngel per rispondere allo stereotipo estetico degli Angeli di Victoria's Secret. Le immagini della campagna in bianco e nero, scattate da Cass Bird, mostrano le famose modelle curvy che indossano i capi della collezione ostentando corpi "veri", morbidi, lontani da quelli spesso troppo magri delle modelle viste sulle passerelle. "La campagna #ImNoAngel vuole spingere le donne ad amare il loro corpo" spiega Linda Heasley presidente di Lane Bryant. "Siamo fermamente convinti che tutte le donne, di tutte le taglie, siano belle". Lane Bryant invita le donne a scrivere l'hashtag con il rossetto su uno specchio, fotografarlo e condividerlo per compiere una vera rivoluzione.
CURVY KATE
Anche Curvy Kate, marchio di intimo per donne morbide, scende in campo contro il brand americano e i suoi angeli dai corpi scultorei, troppo magri, troppo perfetti. La casa di lingerie ha infatti realizzato una linea underwear ideata apposta per le donne con le forme, con il seno abbondante, i fianchi pronunciati. Le campagne di Lane Bryant e Curvy Kate, pur essendo intese come protesta contro l’immagine idealizzata di eccessiva magrezza, sembrano a loro volta di proporre un ideale di bellezza unico e stereotipato. Le ragazze in entrambe le campagne hanno il fisico molto omogeneo: lineamenti morbidi e taglie abbondanti nel caso Lane Bryant e il seno prosperoso nel caso Curvy Kate. Il fisico“curvy” prende una sorta di rivincita, diventa un nuovo e unico ideale. Qui si rischia di arrivare al paradosso: manifestare contro la discriminazione con un’altra discriminazione. 23
JD WILLIAMS
DEAR KATE
Le altre aziende che si sono impegnate contro la campagna di Victoria’s Secret sono JD Williams, Dear Kate (entrambe produttrici d’intimo) e il famoso marchio di cosmetici Dove. A differenza di Lane Bryant e Curvy Kate, questi marchi scelgono per le loro campagne ragazze con tipologie di fisico maggiormente diversificate. L’idea è di avvicinare l’immagine pubblicitaria all’immagine reale del corpo femminile, nelle sue varie forme e misure, per rappresentare tutte le donne. Dove è stata tra le prime aziende a lanciare messaggi per l’accettazione del corpo naturale, “reale”, usando nelle proprie campagne pubblicitarie modelle non professioniste con un fisico lontano dagli standard di passerella.
DOVE
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VICTORIA’S SECRET - la risposta
In seguito alle numerose proteste e campagne contrastanti, Victoria’s Secret ha cambiato lo slogan della propria campagna da The Perfect Body (Il “corpo” perfetto) a A body for every body (Un “corpo” per ogni corpo). Dal momento che l’immagine degli “angeli” filiformi è rimasta invariata, si può concludere che la volontà dell’azienda di rivedere la propria comunicazione si è esplicitata solo a livello di slogan.
La differenza va considerata la ricchezza del genere umano, una potenzialità creativa con cui entrare in contatto, da esplorare e non da sfuggire. Il più delle volte è proprio attraverso l’incontro tra differenze che è possibile creare una realtà nuova, produttrice di benessere per entrambi. M.T. Giannelli Comunicare in modo etico
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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA CODICE DI AUTODISCIPLINA DELLA COMUNICAZIONE COMMERCIALE, 57.a Edizione in vigore dal 6 aprile 2013 M.T. Giannelli Comunicare in modo etico, Raffaello Cortina Editore, 2006 S.Ladogana. Lo specchio delle brame. Mass media, immagine corporea e disturbi alimentari, Franco Angeli, Milano 2006.
www.360giornaleluiss.it/lifestyle www.bulimianoressia.it
I numeri dei disturbi del comportamento alimentare.
www.dailymail.co.uk/femail/article-2818721/British-fashion-brand-hits-controversial-Victoria-sSecret-perfect-body-campaign-using-range-body-sizes-PerfectlyImperfect-slogan.html www.dailymail.co.uk/femail/article-3240001/Left-skinny-vintage-ads-calorie-laden-supplementsencouraged-women-GAIN-pounds-healthy-flesh.html www.d.repubblica.it/moda/2015/06/03/foto/saint_laurent_campagna_pubblicitaria_ritirata_ modella_troppo_magra-2635017/1/ www.gazzetta.it/Sportlife/Bellezze/27-04-2015/renee-somefield-poster-proteine-femministeinglesi-social-guerra-110600696763.shtml www.huffingtonpost.com/2014/11/06/victorias-secret-perfect-body-campaign_n_6115728.html www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/07/imnoangel-slogan-lane-bryants-contro-stereotipo-delledonne-stecchino www.mariangelagaudio.it/canoni-socioculturali-bellezza-femminile-dca/ www.mic.com/articles/103474/now-this-is-the-kind-of-underwear-ad-women-can-feel-goodabout#.4baGioBPk www.robadadonne.it/70895/curvy-kate-anti-victoria-secret-per-le-donne-vere/ 29
IUSVE ISTITUTO UNIVERSITARIO SALESIANO VENEZIA SCIENZE E TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE GRAFICA E MULTIMEDIALE Verona
SKINNY VS CURVY
Rappresentazione del fisico femminile nei media Tesina di Etica e deontologia Professore: Prof. Arch. Raul Betti Studente: Vasilisa Razdayvodina - 4324 STC Senior a.a. 2015-2016