I SEGNI E LA MEMORIA
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INDICE 2
Prefazione
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Il processo di lavoro
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I segni, la memoria, i luoghi, la storia
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La mappa del territorio
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Il progetto
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I martiri della resistenza a Meina
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Episodi di resistenza ad Arona
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La resistenza a Gozzano
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I martiri della resistenza a Borgomanero
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Villa Marazza di Borgomanero
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La strage di Castelletto Ticino
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La strage di Borgo Ticino
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I martiri della resistenza a Cressa
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I martiri della resistenza a Suno
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L’incendio della Cacciana
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La resistenza a Romagnano Sesia
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I martiri della resistenza a Barengo
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I martiri galliatesi della resistenza
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I martiri della resistenza a Novara
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L’eccidio di Casalino
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Partigiani di Granozzo con Monticello
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I martiri della resistenza di Bellinzago
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Rigraziamenti
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PREFAZIONE
Per ricordare il 60° anniversario del 25 aprile, l’Assessorato provinciale all’Istruzione in collaborazione con le Scuole Superiori, con l’Istituto Storico della Resistenza, Anpi e Vedogiovane, ha promosso il progetto triennale I SEGNI E LA MEMORIA per facilitare l’incontro tra temi, valori (e, per quanto possibili, testimoni e protagonisti) della Resistenza e mondo giovanile. L’idea è di usare diversi linguaggi comunicativi per fare azioni divulgative tra i ragazzi rispetto a cosa sia stata la Resistenza, quali le ragioni che hanno spinto dei diciottenni a rischiare la vita per un ideale, facendo memoria, ma anche attualizzando quelle scelte e quei valori (la storia insegna che la democrazia e la pace non sono conquistate una volta per sempre e che quegli orrori si sono poi ripetuti ancora…). Così lavorando con i ragazzi e chiedendo loro di esprimersi usando canali espressivi quali la musica, le immagini, la scrittura, i graffiti, l’Assessorato provinciale all’istruzione ha promosso tre azioni: la ricerca: la prima azione riguarda la “memoria locale”, per ricordare cosa sia successo nel novarese tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945. Ciò partendo dai segni che sul territorio aiutano a fare memoria: infatti la toponomastica, i cippi, le targhe, le vecchie scritte sui muri, oggi ci possono aiutare a ricordare. Questo “approfondimento” sulla storia locale della Resistenza coinvolge ogni anno circa 200 studenti delle Scuole Superiori novaresi, sotto la guida dei loro docenti e la supervisione dell'Istituto storico. I ragazzi ricercano i "segni" che sul loro territorio aiutano a "fare memoria". La comunicazione sul territorio: il lavoro di ricerca degli studenti si traduce in prodotti comunicativi, dei veri e propri “pannelli” con testi e foto di alcuni episodi della resistenza novarese, esposti nei Comuni in cui si sono svolti i fatti, per aiutare a “fare memoria”. Ma non solo: tutto il materiale raccolto (schede, interviste, foto) è pubblicato su un sito progettato ad hoc: www.resistenzanovarese.it. La musica: l’Assessorato all’Istruito ha promosso nelle scuole il “circuito musicaresistente”: si tratta dei concerti dei BeFolk, una band di dieci musicisti che dall'incontro con il capitano Bruno ha lavorato riarrangiando canti partigiani e proponendoli in versione folk rock, con immagini della resistenza sullo sfondo del palco. I BeFolk hanno pubblicato due cd “Musica resistente” (2005) e “Tutto torna” (2006). Oggi queste tre azioni lasciano un “segno” sul territorio: i pannelli posizionati nei vari Comuni e che questo testo raccoglie, il web www.resistenzanovarese.it, i CD dei BeFolk. Ma altri “segni” sono rimasti in quei ragazzi, che guidati dai loro docenti, hanno partecipato attivamente a questo progetto, pensando la Scuola come un luogo in cui la storia sia materia viva, fatta anche di “incontri”. Questa pubblicazione vuol dar conto di ciò che è stato prodotto, per andare avanti nell’impegno. Un impegno che produce cultura, cultura di cittadinanza attiva e di legalità democratica.
PROVINCIA DI NOVARA
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Paola Turchelli Vicepresidente Provincia di Novara Assessore alle Politiche educative e programmazione scolastica, edilizia scolastica e patrimonio
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IL PROCESSO DI LAVORO
Un progetto che si articola su tre anni e coinvolge tanti soggetti diversi tra loro dà vita a processi di lavoro complessi, che si modificano nel tempo. Proviamo qui sinteticamente ad analizzarli, dando uno sguardo dietro le quinte, al “making of” che ha permesso la realizzazione dei pannelli, esposti nel territorio novarese e in questa pubblicazione. L’idea iniziale è nata da una ricorrenza: 25 aprile 2005, 60° anniversario della Liberazione. Un modo vero per celebrare la memoria è trasmetterla a chi rischia di perderla, di riporre eventi così fondamentali nel dimenticatoio, confusi in mezzo a tanti altri fatti di una Storia percepita come molto lontana: da qui l’idea di coinvolgere attivamente i ragazzi delle Superiori in percorsi di ricerca, in cui fossero motivati a sapere qualche cosa di più, soprattutto a rendersi conto di quanto eventi di sessant’anni prima fossero significativi anche per loro, dopo tutto questo tempo. Come fare? La prima intuizione è stata quella di confrontarsi con gli insegnanti, attori fondamentali per lavorare con gli studenti. Inizialmente ha preso forma l’ipotesi di ricerche diverse, motivate dai possibili molteplici interessi dei ragazzi. Poi è emersa la necessità di curare le connessioni tra i lavori di tutti, in modo che ognuno potesse riconoscere il proprio contributo all’interno di un progetto articolato. Non solo. Occorreva fare in modo che l’attività di ricerca degli studenti fosse visibile e comunicabile, così che il territorio potesse rendersi conto dell’interesse dei giovani verso il loro passato e ciò che ha significato e significa. In questo modo sono nate le idee del sito e dei pannelli. Per garantire una comunicazione precisa e storicamente affidabile era necessaria una supervisione attenta ai contenuti: da qui il coinvolgimento nel progetto dell’Istituto Storico della Resistenza, sia come fonte di materiali informativi sia come garante della correttezza dei testi elaborati. I dettagli necessari a rendere il progetto operativo sono stati definiti progressivamente. Anzitutto insieme agli insegnanti è stato individuato un preciso oggetto di lavoro: i “segni” presenti sul territorio che ricordano episodi della Resistenza. Nel fare questa scelta si immaginava già l’avvio della ricerca con gli studenti: a muoverli sarebbe stata la curiosità di capire la storia che stava dietro quel monumento, quel cippo, quel nome su quella via, luoghi visti e rivisti ma spesso senza soffermarsi, senza chiedersi cosa significassero. Definito l’oggetto occorreva esplicitare modalità di lavoro che garantissero buoni risultati: cioè una conoscenza effettiva da parte degli studenti del “segno” analizzato e della storia connessa, oltre ad un’esposizione capace di riassumere i dati raccolti. Con questo scopo sono stati elaborati due tipi di strumenti: da un lato schede per la raccolta dei dati, utili per sistematizzarli; dall’altro une descrizione dei passaggi necessari per realizzare una ricerca efficace. Le schede di raccolta proposte sono state tre: la prima sulle caratteristiche del segno (monumento, cippo, ecc…), la seconda sulla toponomastica, la terza per le interviste a testimoni del periodo della Resistenza. Per quel che riguarda le diverse fasi della ricerca da parte degli studenti, le presenteremo tra poco, descrivendo come i gruppi di ragazzi hanno effettivamente lavorato. L’individuazione dell’oggetto di lavoro ha permesso inoltre di chiarire meglio le caratteristiche degli strumenti di comunicazione: sono stati pensati i formati per i pannelli, è stata definita l’architettura del sito, la sua veste grafica, le sezioni, le modalità di accesso ai vari materiali, coinvolgendo in queste operazioni le risorse professionali necessarie. Non restava che promuovere la partecipazione degli studenti. Per farlo sono state pensate due modalità: da un lato i loro stessi insegnanti hanno presentato in classe l’idea del progetto, spiegando i passaggi necessari per realizzarlo e l’impegno richiesto; dall’altro, a segnalare la dimensione provinciale del lavoro, è stata organizzata una riunione di presentazione ufficiale, chiedendo ai ragazzi interessati di
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IL PROCESSO DI LAVORO
iscriversi al progetto, definendo il territorio di cui avrebbero voluto occuparsi. L’idea originaria era
Un percorso simile è stato seguito anche per i materiali da mettere sul sito, con un ulteriore sviluppo. Nel
infatti di costituire gruppi trasversali tra le scuole, composti da studenti frequentateti istituti diversi.
corso del progetto è emerso il grande interesse dei ragazzi per le interesse ai testimoni dell’epoca. Si è
Operati questi passaggi “I segni e la memoria” è entrato nel vivo, subito segnalando la difficoltà orga-
pertanto deciso di creare in corso d’opera una sezione apposita del sito, volta a raccogliere le trascri-
nizzativa per gli insegnanti di seguire i “gruppi misti” appena descritti. Ciò ha comportato una ridefi-
zioni dei colloqui realizzati.
nizione utile a semplificare il lavoro: ogni docente si è occupato degli allievi delle sue classi, con cui
L’impegno degli studenti non terminava con la stesura dei testi. Infatti la dimensione pubblica del proget-
ovviamente è stato più agevole tenere i contatti. Questa scelta ha reso indispensabile un coordina-
to esigeva una presentazione dei risultati della ricerca alle comunità residenti nei comuni interessati.
mento generale più attento, per evitare il rischio della frammentazione, soprattutto in vista della pub-
Questa presentazione ha richiesto l’organizzazione di eventi ad hoc o l’istituzione di momenti dedicati
blicazione dei risultati delle ricerche.
all’interno di occasioni già previste (come le commemorazioni per il 25 aprile). Da un lato queste occa-
Proviamo ora a vedere come gli studenti hanno organizzato il proprio lavoro, precisando che ogni
sioni richiedevano un raccordo a livello istituzionale tra i soggetti interessati (Provincia, amministrazio-
gruppo ha seguito il canovaccio, pur con qualche modifica.
ne comunale, associazioni); dall’altro gli studenti erano impegnati a preparare una sintesi di quanto
Il primo passo è stato la costituzione di piccoli gruppi. Il gruppo doveva decidere di quale territorio
appreso durante la ricerca, sintesi che risultasse ben chiara all’uditorio presente. E’ stata una fase di
occuparsi (in genere quello di residenza), confrontandosi poi sulle informazioni già possedute (un
non poco conto: i gruppi si sono impegnati a definire cosa dire, a dividersi le parti, preparando un breve
monumento conosciuto, il nome di un partigiano su una via, un testimone dell’epoca con cui esiste-
discorso utile a superare qualche timidezza. L’esito è stato apprezzabile, non solo durante la presenta-
vano già contatti). L’insegnante aiutava il gruppo a definire come muoversi e a reperire le fonti da uti-
zione vera e propria, ma anche subito dopo: in ogni paese gli studenti hanno potuto, al termine del
lizzare.
momento istituzionale, chiacchierare con le persone intervenute, spesso partigiani o parenti di partigia-
Successivamente il gruppo provvedeva all’esplorazione del territorio, mirata all’individuazione dei
ni, rendendo evidente il legame possibile tra le giovani generazioni e quegli avvenimenti che hanno
“segni”. Utilizzando la scheda di lavoro predisposta gli studenti raggiungevano i luoghi interessati,
segnato la storia del novarese e dell’Italia.
osservavano il “segno” raccogliendo le informazioni immediatamente coglibili, realizzavano fotografie da utilizzare per la presentazione. Il contatto diretto con il “segno” era la scintilla da cui partire per la ricerca. Infatti da qui iniziava la
A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E
Giovanni Campagnoli e Marco Martinetti
raccolta delle fonti, differente caso per caso. Fondamentale è stato il contatto con i testi: quando possibile è stata incentivata l’analisi di più pubblicazioni, così da stimolare il confronto, anche accostandosi a documenti dell’epoca. Si sono rivelate molto significative le interviste dirette ai testimoni: per gli studenti parlare direttamente con queste persone è stato un modo per superare una concezione “statica e lontana” della Storia, entrando in contatto con la quotidianità, riuscendo davvero a immaginarsi un mondo passato, diverso eppure parente di quello attuale in cui vivono. Non a caso hanno suscitato particolare interesse le foto d’epoca, in quanto hanno permesso di vedere come erano “allora” luoghi “ora” piuttosto diversi, riconoscendoli e vedendoli sotto un’altra luce. Un’ulteriore fonte di informazioni è stata la ricerca negli archivi: presso quelli comunali sono state reperite indicazioni relative all’istituzione dei “segni”, mentre quello dell’Istituto Storico ha fornito sia materiale fotografico sia notizie su eventi e persone coinvolte. Ogni gruppo ha operato raccogliendo questo materiale, provando a confrontarlo tanto per farsi una prima idea dell’accaduto, quanto per individuare quali informazioni erano mancanti, incomplete o poco chiare, così da orientare meglio la propria ricerca. L’insegnante di riferimento non solo ha sostenuto il gruppo nell’individuazione delle fonti e delle informazioni, ma ha chiarito eventuali dubbi fornendo un inquadramento storico alle vicende che gli studenti incontravano. Solo dopo questa fase di analisi il gruppo procedeva a stendere i testi che sarebbero stati resi pubblici. Nel farlo doveva tenere in considerazione i formati predefiniti, in particolare per i pannelli, in modo che la comunicazione potesse essere efficace e concisa. I testi, elaborati sotto la supervisione degli insegnanti e completati con immagini che potessero conferire maggiore efficacia alla presentazione, venivano sottoposti alla validazione da parte dell’Istituto Storico della Resistenza: solo dopo questa trafila potevano essere trasmessi al grafico per l’impaginazione in vista della pubblicazione sui pannelli.
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La scelta di utilizzare i luoghi come strumento per “comunicare storia” non è, se si sviluppa un percorso scientificamente controllato, un mero pretesto, non significa “giocare alla storia”, ma può rappresentare un corretto modo di divulgare la conoscenza storica. La storia si è svolta sempre in luoghi determinati: ha percorso il tempo, ma anche investito un determinato spazio. E la città, il paese, la frazione in cui viviamo hanno sempre fatto parte della storia generale che impariamo sui manuali. Spetta a noi, contemporanei, scoprirlo, svelarne i segreti e il fascino nascosti. A partire da lì, dal luogo, è dunque possibile ricercare informazioni storiche che ci aiutano a comprendere non solo i fatti in sé, quelli che vi sino svolti, bensì i fenomeni generali, la “macrostoria” . Nel caso della Resistenza poi, mai avvenimenti della storia nazionale e internazionale sono stati così strettamente legati alla geografia fisica dei posti in cui si sono svolti. Oggi noi percepiamo quei luoghi e quegli itinerari con gli occhi del presente e fatichiamo non poco a comprendere il significato che essi hanno avuto nel passato. Ma se ci sforziamo un po’, se confrontiamo ciò che quotidianamente vediamo con altre fonti storiche ecco che gli stessi luoghi, gli stessi itinerari (anche se ormai totalmente diversi nel loro aspetto fisico) cominciano a parlarci, a comunicare. E questo è ancora più vero se teniamo conto, per quanto riguarda gli avvenimenti del Novecento, e particolarmente per quelli riferiti alla Resistenza, che viviamo un tempo di passaggio, del passaggio obbligato dalla memoria alla storia Le memorie di quegli eventi si chiudono, i testimoni inesorabilmente scompaiono. Tra non molto non avremo altro che le testimonianze raccolte in questi anni, magari salvate su qualche supporto magnetico o digitale. Non avremo più però il confronto e il contatto concreto e diretto con i protagonisti. Tutto passerà, se già non è successo, nelle mani della comunicazione storica. Occorre quindi che questa si attrezzi il più possibile per surrogare in qualche modo il formidabile apporto di conoscenza e di partecipazione emotiva che in questi anni le è venuto dai testimoni diretti. Nulla potrà sostituire il valore della testimonianza, ma salvare la memoria significa anche riuscire a far parlare i luoghi, muti custodi di vicende umane, salvaguardandone i segni che ci hanno lasciato. Da qui “i segni e la memoria”, il tema di questo triennale progetto, opera di giovani per altri giovani, che ora va concludendosi lasciando nuovi segni, nuove tracce e indizi per ulteriori ricerche, per ulteriori approfondimenti. Il visitatore attento o il viaggiatore distratto potranno trovare, disseminati qua è là sul territorio, brevi annotazioni su quanto avvenne nei nostri territori in quel periodo di oppressione e di lotta e in particolare in sedici località della provincia di Novara: ad Arona, Barengo, Borgomanero, Borgoticino, Casalino, Castelletto Sopra Ticino, Cressa, Fontaneto d'Agogna, Galliate, Gozzano, Granozzo con Monticello, Meina, Novara, Romagnano Sesia, Suno (oltre a un sito web con altre schede) teatro di episodi tragici o gloriosi della nostra Resistenza. Sono trascorsi più di sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, da quella primavera del 1945 in cui, finalmente, dopo anni di dittatura fascista, guerre e lutti senza fine, un’occupazione feroce, distruzioni, paure ed una resistenza tenace, quanto capillare e gloriosa, anche gli Italiani poterono tornare a vedere la luce, riprendere a vivere e, liberamente, cercare di costruire il proprio futuro. Non deve stupire, dunque, che un così importante lasso di tempo non abbia spento l’interesse per quel periodo, snodo fondamentale della nostra storia collettiva e non deve nemmeno stupire che molti giovani di oggi, a torto descritti come generazione senza passato e senza futuro, tornino a guardare con disincanto, ma con impegno, a quegli anni e ai giovani di allora, per trovare radici e ragione di sé. Vale allora la pena di proporre qui, anche se necessariamente in forma sintetica, uno schema di riferimento generale sul contesto novarese entro il quale nacque, si sviluppò e, infine, vinse il movimento di
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liberazione, oggetto della riflessione e del lavoro di ricerca dei ragazzi che sino cimentati con il pro-
glia di Megolo in cui la più nota, numerosa e agguerrita brigata partigiana, comandata dal capitano
getto.
Filippo Maria Beltrami, fu distrutta nel suo intero livello di comando.
In sede storiografica si è andata consolidando una ripartizione in fasi della storia della resistenza
L’idea e il bisogno di avere un territorio come quello novarese sotto rigido controllo spinse le forze d’oc-
locale e più precisamente in tre diversi periodi che ricalcano l’evoluzione e le caratteristiche del
cupazione e gli alleati fascisti ad un sempre maggiore dispendio di energie, di uomini e mezzi, per garan-
movimento stesso. Specularmente, anche se con alcuni scostamenti temporali, la stessa suddivisio-
tirsi un retroterra sicuro ove produrre, sottrarre, trasportare. Gli è che il tentativo di “pacificazione” si
ne si potrebbe proporre per quanto attiene all’occupazione nazista e alle caratteristiche del fascismo
scontrò non solo con un movimento partigiano in grado di superare le fasi più difficili e che di fatto rese
saloino.
impossibile tale tentativo, ma anche con un movimento operaio che sabotò sistematicamente la produ-
La prima fase, convenzionalmente, riguarda il periodo che va dall’armistizio dell’8 settembre 1943 al
zione (centinaia furono gli scioperi nelle maggiori fabbriche sia a nord che a sud della provincia) e una
febbraio 1944, dall’arrivo di due battaglioni della prima divisione SS Leibstandarte “Adolf Hitler” alla
popolazione, soprattutto contadina, che supportò con ogni mezzo la resistenza e consentì al movimento
battaglia di Megolo. L’occupazione militare, affidata a truppe d’elite della macchina militare nazista,
armato, al di là di ogni adesione ideologica, di sopravvivere e muoversi nel territorio.
si caratterizzò immediatamente per la durezza dell’impatto sul territorio e sulle popolazioni.
La seconda fase, che va dalla primavera all’autunno del 1944, fu dunque caratterizzata da una sorpren-
Sopravvalutando la possibilità di rivolte popolari e la presenza di forme organizzate di resistenza (spe-
dente attività di guerriglia capace di contrastare in ogni zona l’apparato poliziesco e militare nazifasci-
cie da parte dei militari presenti numerosi nelle caserme e nelle zone di confine) il dispiego di forze
sta. Il movimento, grazie anche al sostanziale fallimento dei ripetuti bandi di richiamo della Repubblica
fu notevole e le operazioni repentine. Occupazione dei punti nevralgici del territorio, disarmo di tutti
sociale italiana, andò ingrandendosi e organizzandosi in formazioni sempre più strutturate e operative.
i militari e relativo invio nei campi di concentramento (nella sola Novara furono circa diecimila), pre-
Per la natura stessa di tali formazioni non è facile descriverne linearmente l’evoluzione, che fu assai tra-
parazione delle condizioni per il passaggio di consegne alle forze di controllo di polizia e per la costi-
vagliata e a volte contraddittoria, eppure in tempi e modi diversi si costituirono ben tre divisioni garibal-
tuzione delle strutture politiche e organizzative del neofascismo furono le direttrici e i compiti dei
dine in Valsesia (la “Fratelli Varalli” e la “Pajetta”) e nel Cusio-Ossola (la “Redi”), altrettante divisioni
primi mesi dell’occupazione. Il carattere oppressivo e intimidatorio volto a troncare sul nascere qual-
autonome (la “Beltrami”, la “Valtoce” e la “Valdossola” ) sempre nel Verbano-Cusio-Ossola. Senza
siasi forma di opposizione è testimoniato dalla violenza delle operazioni: da un lato si sparò a vista su
dimenticare la divisone “Mario Flaim” e la brigata “Perotti” nel Verbano, la brigata “Matteotti” in Ossola
ogni sospetto, dall’altro si diede corso ad un rastrellamento precoce e senza pietà degli ebrei presen-
e le brigate al piano “Della Vecchia”, “Rabellotti” e “Campagnoli”.
ti sul territorio (da qui la prima e più grave strage di israeliti avvenuta in Italia nel periodo). La zona
Furono ancora gli scioperi nelle fabbriche ad aprire la seconda fase della resistenza nel marzo del ‘44.
era ritenuta, per i suoi impianti industriali, per le risorse agricole, per le linee di comunicazione inter-
La convinzione dei nazifascisti di aver stroncato il “ribellismo”, ostentata dopo la morte di Beltrami e dei
ne ed internazionali, per le centrali idroelettriche, di vitale importanza, adatta comunque a trasferivi
suoi, si scontrò con l’evidente ripresa della guerriglia e con le ripetute manifestazioni di disobbedienza
strategiche produzioni militari, lontane ma non troppo dai principali obiettivi dei bombardamenti allea-
e di resistenza civile. Dall’aprile al giugno 1944 lo sforzo repressivo si fece imponente e un grande
ti. Se il “bastone” della repressione fu durissimo, la “carota” dell’amministrazione si presentò inizial-
rastrellamento puntò, da un lato, verso la Valsesia e, dall’altro, verso il Verbano-Ossola. Nel primo caso
mente morbida: molta propaganda e un ripristino delle strutture del fascismo basato più sui vecchi
fu un vero fallimento, tanto che a giugno la Valsesia fu liberata per oltre un mese dai partigiani, mentre
funzionari dello stato che non sui militi del partito. Una situazione che durò pochi mesi e che volse
nel secondo, soprattutto in Valgrande provocò una vera carneficina, con quasi trecento morti tra civili e
ben presto verso la costruzione di uno stato di polizia assolutamente asservito all’occupante.
combattenti. I crimini commessi in questo periodo furono numerosissimi ed hanno il proprio simbolo
Se repentine furono le operazioni di controllo dei territori da parte nazifascista, altrettanto precoce fu
nella fucilazione del 20 giugno a Fondotoce di 43 partigiani, ostaggi e prigionieri. Il carattere terroristico
il sorgere delle prime forme organizzate, sia politiche sia armate, di resistenza. Basti pensare che già
di simili azioni non sortì altro effetto che aumentare la distanza e l’odio fra oppressi ed oppressori.
nel cosiddetto periodo dei quarantacinque giorni di Badoglio, con il ritorno dal confino di fondamen-
L’estate del ’44, con i successi degli alleati su ogni fronte di guerra, sembrò agli italiani la stagione della
tali figure dell’antifascismo, risorsero o si costituirono quasi tutti i partiti politici (socialisti, comunisti,
definitiva liberazione e spinse il movimento partigiano ad agire in sostegno dello sforzo bellico. Il prezzo
democristiani, azionisti, liberali) e fu dato vita a un Comitato di coordinamento (chiamato anche
pagato fu altissimo: sotto le macerie dei terribili bombardamenti alleati, nei feroci rastrellamenti, nei
Giunta interpartiti o Fronte nazionale dei cinque partiti) che fu la base su cui nacque, pochi giorni
paesi bruciati, nei carri pieni di deportati destinati al mortale lavoro forzato o direttamente alle camere
dopo l’8 settembre, il primo Comitato di Liberazione Nazionale in provincia. Soldati e ufficiali sbanda-
a gas, negli scontri armati le vittime si contarono a migliaia. Le retrovie sgombre di resistenti e sfruttate
ti, giovani della zona, antifascisti, studenti, donne, operai, comunque ed esclusivamente volontari,
al massimo restarono però solo un miraggio: sempre più forze dovettero essere impiegate sul cosiddet-
costituirono invece l’ossatura delle prime “bande” armate, che fin dai primissimi giorni andarono
to “fronte interno”, sempre più violenza dovette essere usata per cercare di frenare l’attività dei resi-
costituendosi in diverse zone, soprattutto nel retroterra montano delle cittadine del nord della provin-
stenti.
cia. In Valsesia, nel Cusio e nell’Ossola i primi e più organizzati gruppi. Fragili nelle strutture, in una
Di contro il movimento di liberazione scrisse in questo periodo alcune delle pagine più significative della
lotta da inventare giorno per giorno, incerte sulle finalità politiche della guerra, ma forti del sostegno
propria storia: da un lato portandosi stabilmente in pianura, sulle linee di comunicazione ferroviarie e
concreto delle popolazioni, le prime formazioni partigiane scontarono fino in fondo i limiti di una situa-
stradali e a ridosso delle città, mentre dall’altro sperimentando concrete forme di autogoverno democra-
zione solo inizialmente favorevole. Attaccate duramente non appena ebbero alzato il livello dello
tico in territori liberati dagli occupanti.
scontro furono costrette a soccombere. È il caso della prima insurrezione operaia e partigiana di
Il fenomeno della “pianurizzazione” fu molto precoce e ottenne il duplice scopo di scoraggiare il nemi-
Villadossola dell’8 novembre 1943, soffocata nel sangue e nelle deportazioni, ed è il caso della batta-
co, impedendogli qualsiasi controllo effettivo del territorio fuori dai presìdi e dalle fortificazioni, e rassi-
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I SEGNI, LA MEMORIA, I LUOGHI, LA STORIA. 14
curare le popolazioni sull’imminenza della liberazione. La costituzione di “zone libere”, come è il caso della cosiddetta “Repubblica partigiana dell’Ossola” servì invece non solo a vivere una breve, ma intensa stagione di libertà, bensì a mostrare al mondo le finalità di giustizia e riscatto, nonché le capacità di autogovernarsi democraticamente del popolo italiano. Con la caduta della Repubblica ossolana si chiuse anche la seconda fase della resistenza novarese. Ancora una volta la rioccupazione dell’Ossola non significò la sconfitta del movimento partigiano che seppe riorganizzarsi nel volgere di breve tempo. L’inverno alle porte, il “proclama Alexander” che invitava i partigiani a sospendere ogni azione e la stagnazione della guerra, non sfaldarono ulteriormente la resistenza, che anzi, anche nei mesi più difficili e duri, continuò con azioni di guerriglia e sabotaggio. Continuò anche la stagione del sangue e del terrore nonostante i ripetuti cambiamenti ai vertici delle istituzioni politico-militari della Repubblica sociale. Paradossalmente fu per i nazifascisti che la situazione divenne sempre più difficile: mentre a poco a poco le fila partigiane si ingrossarono e tornarono a essere esercito in grado di combattere battaglie sempre più importanti, la potente macchina repressiva subì un inesorabile sfaldamento. Fallì miseramente il tentativo di risolvere la propria crisi di legittimità con la violenza generalizzata e fallì ogni tentativo di spezzare il sostegno popolare al movimento di resistenza. La terza e definitiva fase attraversa, dunque, l’inverno 1944-45 e porta alle operazioni della liberazione nella primavera del ’45. L’offensiva alleata sui diversi fronti spinse tutte le formazioni ad agire di concerto. L’insurrezione era ormai alle porte: da tempo sia le forze militari che politiche avevano preparato i piani, anche per il “dopo”. Nell’alto novarese e nella bassa Valsesia, verso il capoluogo, si combatterono battaglie decisive: le città insorsero e vennero liberate. Il piano insurrezionale fu modificato all’ultimo momento sì che le formazioni del Verbano, del Cusio e dell’Ossola si diressero verso Milano, mentre le formazioni della Valsesia, unitamente alle brigate al piano, ebbero il compito di liberare Novara e fermare le colonne tedesche e fasciste in ritirata. Queste colonne cercarono di ostacolare le operazioni di liberazione, di forzare i blocchi per dirigersi verso la Germania, minacciando e qualche volta attuando inutili stragi: si scontrarono però con la maturità politica e militare dei comandi partigiani che spinsero il nemico a desistere da ogni piano distruttivo. Le città furono salve, così come gli impianti industriali, le centrali elettriche, le principali vie di comunicazione. Se il passaggio dalla guerra alla pace, dalla dittatura alla democrazia, fu qui più che altrove meno traumatico, il merito va dunque ascritto a una resistenza che da moto spontaneo di ribellione si trasformò via via in un cosciente movimento di liberazione, che combatté in condizioni difficilissime, iniziando a lottare quando ancora le sorti del conflitto non erano segnate, che ha sempre avuto presente il futuro, sperimentando, quando non anche inventando, forme nuove di convivenza civile. Ha scritto Alberto Cavaglion: “la guerra partigiana non poteva essere che quella che è stata e non ha senso accusarla di non essere stata ciò che non poteva essere, o magnificarla per ciò che non può essere stata” (La resistenza spiegata a mia figlia, L’ancora del Mediterraneo, 2005). L’augurio e l’auspicio è che i giovani continuino a guardare con questo disincanto a quel periodo perché ancora capace di dare loro senso e speranza nel futuro. Mauro Begozzi Direttore Istituto Storico della resistenza e della società contemporanea del novarese e del vco
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LA MAPPA DEL TERRITORIO
IL PROGETTO
IL PROGETTO “I SEGNI E LA MEMORIA”
In occasione del 60° anniversario del
LA RESISTENZA Come negli altri Paesi europei invasi dai Tedeschi, anche in Italia si organizzò l’opposizione armata all’invasore. Le quattro giornate di
25 aprile, l’Assessorato provinciale
Napoli (28 settembre - 1 ottobre 1943) costituiscono uno dei primi episodi della guerra di popolo contro i Tedeschi.
all’Istruzione in collaborazione con
Le truppe Alleate intanto avanzavano lentamente, ma inesorabilmente: il 4 giugno 1944 venne liberata Roma, il 22 agosto Firenze. Ai Tedeschi non rimase che attestarsi sull’Appennino tosco-emiliano, lungo un
le Scuole Superiori, con l’Istituto
sistema di difesa prestabilito: la linea gotica. Intanto sulle montagne e nelle valli padane formazioni di partigiani impegnavano le truppe tede-
Storico della Resistenza e con
sche occupanti in una dura ed accanita guerriglia, sabotando i loro mezzi di comunicazione, cercando di scompigliare le loro retrovie e
Vedogiovane, ha promosso un pro-
spesso passando anche all’azione. La reazione nazista esplose in crudeli rappresaglie che coinvolsero le
getto triennale per ricordare cosa
popolazioni civili, con distruzioni e massacri di interi paesi. Ma le azioni continuarono senza tregua, costringendo gli invasori ad una lotta
sia successo nel novarese tra l’au-
logorante. Nelle formazioni partigiane (Corpo Volontari della Libertà) ebbero par-
tunno del 1943 e la primavera del
ticolare rilievo quelle politicamente organizzate quali le Brigate Garibaldi (comuniste), le Brigate Giustizia e Libertà (del Partito d’Azione), le Fiamme Verdi (democristiane), le Brigate Matteotti
1945. Ciò partendo dai segni che sul
(socialiste) e le Brigate Autonome, non ispirate ad un partito, ma animate dallo stesso ideale comune.
territorio aiutano a fare memoria:
Forte di 200.000 uomini il Corpo Volontari della Libertà agiva sotto le direttive dei Comitati di Liberazione Nazionale (C.L.N.) organizzati dai
infatti la toponomastica, i cippi, le
rappresentanti dei partiti politici sciolti dal fascismo. Ma a questi si aggiunsero moltissimi giovani, proprio quelli che il fascismo credeva di
targhe, le vecchie scritte sui muri,
aver fatto suoi nel “clima rovente del ventennio”. Maturati agli orrori e distruzioni delle guerre e all’idea di una tirannia
oggi ci possono aiutare a ricordare.
fondata sulla violenza e sull’oppressione di ogni libertà, da imporre su tutta l’Europa, tanto loro quanto la stragrande maggioranza del popolo italiano, ritenne di lottare per un ordine sociale diverso.
Maggiori informazioni su questo pro-
Fu una lotta per la libertà che diede un notevole contributo alla vittoria degli Alleati e che riuscì a creare anche alcune zone libere nella Val
getto sono disponibili sul sito
d’Ossola ed in Val Sesia, nelle Langhe, nel Modenese, nel Friuli. Da questa lotta è nata la nuova democrazia italiana. La Resistenza
www.resistenzanovarese.it .
costituisce il fondamento storico della Repubblica e della nostra Costituzione.
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19
I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri della resistenza a Meina 15-23 SETTEMBRE 1943:LA STRAGE DEGLI EBREI
nell’albergo: Vitale
gli ospiti ariani
Cori e Vittorio Haim
sentissero, che gli
Meina è una ridente cittadina del lago Maggiore, confinan-
Pompas.
ebrei presenti nel-
te con Arona e sede, da tempo, di molte ville in cui perso-
Quando il 15 settem-
l’albergo doveva-
Vittorio Haim Pompas disse poi di
naggi importanti hanno trascorso in assoluta riservatezza i
bre 1943 le SS si pre-
no essere trasferi-
avere udito in diversi momenti.
loro momenti di riposo, ma che è stata nel XIX secolo
sentarono all’Hotel
ti, per ordine del
Vittorio Haim Pompas insieme a
anche un centro industriale di una certa importanza.
Meina, andarono a
comando delle SS
Daniele Modiano e Raoul e Valerie
di Baveno, in un
Torres fu inserito nel terzo gruppo
campo di concen-
portato verso Arona. La destinazio-
Targa nel Parco della fratellanza di Meina, lungo la strada del Sempione
COMUNE DI MEINA
All’ingresso del paese, dove una volta sorgeva il porto, c’è
colpo sicuro: qualcu-
un albergo, oggi fatiscente, carico di tristi ricordi: quando
no li aveva avvisati
ancora si chiamava “Hotel Meina” ed apparteneva alla
della presenza di
tramento che distava 150-200 KM da Meina, che i “detenu-
ne dei “detenuti” fu chiara il matti-
famiglia Behar, nel 1943, divenne il luogo in cui fu compiu-
ebrei
ti” sarebbero stati trasferiti con un’automobile privata a
no del 23 settembre. I Tedeschi
ta una delle prime stragi di ebrei civili in Italia. L’Hotel
Non si trattava di
piccoli gruppi e che per tutto il tempo del trasferimento
avevano portato gli ebrei poco
Meina era un albergo di prima qualità: un giardino che
nazisti
degli ebrei gli altri ospiti dovevano restare nella sala da
distante, alla Casa Cantoniera in
dava sul lago, l’imbarcadero dei battelli proprio a due
facevano parte della divisione corazzata Leibstandarte
pranzo o, meglio, nelle loro camere, in modo da evitare
passi, come la strada statale, una sala da biliardo, una per
“Adolf Hitler”, di ritorno dalla Russia, erano soldati spesso
qualunque contatto con loro. I primi quattro ad essere pre-
giocare a carte. Anche la cucina era ottima, tenuto conto
giovanissimi, spietati e “specializzati nella strage all’e-
levati furono Marco ed Ester Mosseri, Lotte Froehlich,
del razionamento. Nel settembre del 1943 gli ospiti erano
breo”. Dopo avere occupato l’Hotel, ordinarono a tutti gli
Vitale Cori. Furono fatti salire su una camionetta, non su
dirne il riaffioramento, che puntualmente si verificò e permise agli abitan-
un centinaio: da quando la Casa editrice Mondadori, a
ospiti di ritirarsi nelle loro camere e poi, individuati gli
un’auto privata, che rientrò in albergo all’una di notte: era
ti di Meina di conoscere la verità.
causa dei bombardamenti, aveva trasferito gli uffici ad
ebrei, li portarono all’ultimo piano. Catturarono anche il
passato troppo tempo per un interrogatorio ad Arona, trop-
Le SS allora raggiunsero i cadaveri con una barca e li colpirono con le
Arona, non erano pochi i dirigenti che vivevano nell’alber-
proprietario e la sua famiglia, ebrei, ma turchi. Poiché i
po poco per un trasferimento nel fantomatico campo di
baionette per affondarli una volta per tutte. Per tutto il giorno i ragazzi
go. Con essi, alloggiavano all’Hotel Meina anche alcune
Behar ospitavano nella loro abitazione meinese, villa
concentramento. Il secondo gruppo scelto dalle SS era
Fernandez Diaz restarono affacciati al terrazzo, chiedendo ai passanti,
famiglie di ebrei greci fuggiti appena in tempo da
Novecento, il console turco (la Turchia era in quel momen-
composto da due coppie di sposi: i Mosseri e i Fernandez
che cercavano di rassicurarli, notizie sui loro genitori.
Salonicco: la famiglia Fernandez Diaz, composta dal nonno
to neutrale), questi intervenne per liberarli ed essi, dopo
Diaz. Allontanandosi, Marco e Liliana Fernandez Diaz
Alle 22 furono prelevati con il nonno: nessuno ebbe dubbi sulla loro sorte,
Dino, da suo figlio Pierre, da sua moglie Liliana e da Jean,
avere pagato una penale in denaro per avere ospitato degli
abbracciarono i tre figli e il nonno. La camionetta, dopo
quando la camionetta partì verso Arona. La strage di Meina è uno degli
Robert e Brachette, i loro figli; la famiglia Mosseri, compo-
ebrei, scamparono al massacro, pur divenendone impoten-
averli caricati, si allontanò in direzione di Arona. Alle tre
episodi più terribili dell’occupazione nazista in Italia, oltre che dei più
sta dai coniugi Marco ed Ester e dal figlio Giacomo Renato
ti testimoni.
del mattino del 23 settembre, le SS tornarono in albergo,
ignorati. Nel 1968 ad Osnabrück fu celebrato un processo in cui i Behar
e sua moglie Odette; infine, la famiglia Torres, composta
L’occupazione dell’Hotel durò fino al 23 settembre, una set-
dove si era ballato tutta la notte, forse per occultare il
si costituirono parte civile: due ufficiali furono condannati all’ergastolo,
dai coniugi Raoul e Valerie. Arrivava da Salonicco anche
timana di agonia di cui tutto il paese fu in qualche modo
rumore degli spari che Adriana Galliani, fidanzata di
ma nel 1970 una sentenza della Corte suprema di Berlino cancellò tutto,
Daniele Modiano, mentre gli altri tre ebrei vittime del razzi-
testimone: una strage che si differenziò dalla altre compiu-
perché i reati erano da considerare caduti in prescrizione. In Italia non
smo nazista furono Lotte Froehlich, moglie dello scrittore
te sulle rive del Verbano (ad Arona, Baveno, Stresa,
s’è mai fatto un processo. Nessuno ha pagato per quei sedici morti.
Mario Mazzucchelli e due dipendenti del negozio milanese
Mergozzo, Orta, Pian Nava e Intra), per le quali si cercò la
Ma c'è chi non ha dimenticato e da anni racconta la verità: "I giorni di
di antiquariato del proprietario dell’albergo, Alberto Behar,
massima segretezza.
Meina hanno segnato nella mia vita - scrive Becky Behar - un trauma
che si trovavano a Meina per caso, come aiutanti tuttofare
Gli ospiti dell’Hotel avevano molti amici a Meina e ad
perenne: non sono più stata la stessa, perché non è il fatto di essere
Arona, che cercarono di mettersi in contatto con loro, di
sopravvissuto che ti può dare pace".
nell’albergo. L’imbarcadero di Meina
qualunque:
Cippo commemorativo degli Ebrei trucidati nel Parco della fratellanza di Meina
località Pontecchio e dopo averli fucilati li avevano gettati nel lago con sassi legati al collo per impe-
mediare. Ad alcuni fu consesso un lasciapassare e poterono incontrarli un’ultima volta, pranzare con loro, raccoglie-
Bibliografia di riferimento
re confidenze, alcuni ricevettero anche gioielli e valori da
Becky Behar, la strage dimenticata, Interlinea - 2003
mettere in salvo. Il 17 settembre il clima era così “disteso”
Giorgio Bocca, Storia dell’Italia Partigiana,
che le SS più giovani giocarono con i ragazzi Fernandez
Enrico Massara, Antologia dell’Antifascismo e della Resistenza Novarese,
Diaz. Il giorno seguente, un cupo silenzio e un tangibile
Novara - 1984
nervosismo presero il posto del rumoroso via vai dei giorni
Marco Nozza, Hotel Meina - la prima strage di ebrei in Italia, Mondadori - 1993
precedenti. In tarda serata due individui cercarono di Foto e testi a cura della classe V Chimici B - a.s. 2005-2006
allontanare dall’albergo il proprietario, che fu salvato dall’intervento del vice console turco Dian Danish, che alloggiava in Hotel. Nei giorni successivi la situazione peggiorò. Il 22 fu vietato agli ebrei di scendere al pianterreno e di passeggiare nel corridoio del quarto piano. Dovevano L’albergo oggi.
restare nelle loro camere e tenere le porte chiuse. Dopo cena, il capitano Krüger annunciò a voce alta, perché tutti
20
Cippo commemorativo degli Ebrei trucidati lungo la statale del Sempione, di fronte alla casa cantoniera, dove ci fu la strage
Provincia di Novara Assessorato all’Istruzione
I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO
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I SEGNI E LA MEMORIA
Episodi di resistenza ad Arona ARONA: 14 E 15 SETTEMBRE 1943
e vi è da presumere che Arona sia l’ultima tappa prima di
L’OPERAZIONE DEL CAPITANO SS KRÜGER
affrontare il viaggio per la Svizzera, verso la salvezza.
Caduti: Cantoni Mamiani della Rovere Vittorio Angelo,
Ma sulla strada dei Modiano vi è Krüger "il biondo capita-
Cohen Margherita, Modiano Carlo Elia, Modiano Giacomo
no dagli occhi azzurri e gelidi" che li sorprende all’Albergo
La sparatoria verso la collina da, per i fascisti, i suoi frutti. Viene infatti
Elia, Modiano Grazia, Finzi Irma ved. Cantoni, Modiano
Sempione, non ascolta le loro preghiere, non ha alcun
uccisa una giovane donna, Angelina Franzetti, che per caso si trova sulla
Bardavid Mary, Rakosi Kleinberger Clara, Rakosi Tiberio
cenno di pietà. I tre fratelli Modiano e la giovane sposa di
traiettoria di una delle tante raffiche di mitra sparate all’impazzata.
Alessandro.
Giacomo sono caricati nel cellulare; e i loro bagagli sono
COMUNE DI ARONA
"alleggeriti" di ogni oggetto di valore.
LA BATTAGLIA DI ARONA - ARONA, 14 APRILE 1945
SS
La carovana si porta a villa Beretta e Piccoli dove risiedo-
Caduti: Luigi Iorella, Renato Ferrari, Franco Giunta, Ezio Pirali, Gian
dell’Hauptsturmführer Hans Walter Krüger, un pericoloso
no i Rakosi, madre e figlio, di origine ungherese. Il Rakosi,
Carlo Tiboni, Giuseppe Caramella, Giuseppe Guazzoni, Osvaldo Gemma,
"cacciatore di teste". Sono minime le possibilità che un
medico, tenta di convincere le SS dell’intrasportabilità
Angelo Bugio, Giuseppe Nobile, Giovanni Bossetti, Rosa Stadera (civi-
colpo vada a vuoto; gli elenchi forniti dai fascisti, con
della madre, appena dimessa dall’ospedale e ancora
le), Giuseppe Vallorio (civile), Renato Lanzini (civile), Stefano Salini
nome, cognome, provenienza e attuale residenza, riducono
costretta a letto; fa presente che è figlio di un "ariano", ma
(civile).
le possibilità d’errori.
nulla commuove i razzisti hitleriani.
In questi giorni sono ospiti dell’Albergo Sempione di Arona
Madre e figlio si uniscono, nel cellulare, ai Modiano. Gli
La brigata "Servadei" che aveva mantenuto per lunghi mesi in costante
i coniugi Giacomo e Maria Modiano (rispettivamente di 35
automezzi si dirigono, quindi, verso casa Penco, in via
allarme i presidi tedeschi e fascisti del Vergante, ricevette l’ordine dal
e 20 anni) e i fratelli di Giacomo e Maria Modiano (rispetti-
Milano. La moglie del fotografo Penco, Margherita Cohen,
Comando di attaccare il cosiddetto "Alcazar" di Arona, rifugio del nemico.
vamente di 32 e 25 anni). I Modiano provengono da Milano
è ebrea; le SS la strappano dalle braccia della figlia dicias-
Era la sera del 13 aprile 1945: i partigiani della "Servadei" scendevano dai
settenne, Eugenia, e la caricano
diversi colli, sovrastanti la bella cittadina che sorge sulla riva del Lago
sul furgone.
Maggiore. L’ordine di attaccare giunse alle 5.30 del 14 aprile. Un inferno!
Il viaggio continua: gli automezzi
Ma i partigiani avanzarono decisamente verso il centro cittadino.
Il
14
settembre
giungono
ad
Arona
le
si fermano, ancora una volta,
sare una camionetta con sette o otto SS e tre civili: un
I fascisti, battuti ovunque, si ritirarono verso la caserma. Quando già si
dinanzi alla villa Cantoni per pre-
uomo, una donna e una ragazza…Li seguo in auto fino alla
stava profilando il successo dell’azione, una decina di tedeschi, con ban-
levare il Conte Vittorio Cantoni
salita Testa, a dieci chilometri da Arona. S’inoltrano nel
diera bianca, chiese di parlamentare.
Mamiani della Rovere. Fallisce
bosco a piedi, io vado dietro strisciando fra i cespugli. Si è
Ai partigiani che si presentarono al colloquio, i nazisti proposero di con-
sorprendentemente la cattura del
fatto buio, posso sentili ma non vederli. Odo una SS sghi-
tinuare il combattimento contro i fascisti: i tedeschi non avrebbero oppo-
comandante Federico Jarach, già
gnazzare e dire in italiano "Brava mamma, tua figlia molto
sto resistenza. L’inganno era palese e il comando partigiano non accettò
presidente dell’Unione Comunità
buona" e capisco che hanno aggredito la ragazza. Poi, ci
le condizioni.
Israelitiche. Federico Jarach,
sono delle raffiche di mitra…>. Nei dieci giorni di perma-
La battaglia riprese con maggior accanimento, ma di nuovo in via
preavvisato del sopraggiungere
nenza delle SS ad Arona accadono numerosi casi di
Paleocapa si presentò una pattuglia tedesca sventolando bandiera bian-
delle SS, con una barca riesce a
aggressioni e di violenza.
ca. I partigiani cessarono immediatamente il fuoco e il gruppo dei parlamentari avanzò verso i tedeschi. La pattuglia tedesca si trasse allora da
guadagnare la riva lombarda del lago Maggiore.
ARONA 1 OTTOBRE 1944 - SPARANO A CASACCIO
una parte e da una viuzza sbucò una camionetta da cui cominciarono a
A segnalare tempestivamente
Caduto: Franzetti Angelini
mitragliare i partigiani ormai allo scoperto Intanto, ai tedeschi giunsero rinforzi dai presidi vicini e le sorti si capo-
l’arrivo delle SS e delle loro inten-
Il Capitano Bruno, durante una pausa della Battaglia di Arona.
22
zioni è l’avv. Carlo Torelli, commis-
Quando le ombre fanno paura si spara all’impazzata e … si
volsero nonostante il coraggio e l’impeto dei valorosi garibaldini della
sario prefettizio. Oltre alla famiglia
uccide. È il 1 ottobre del ‘44, e per le vie di Arona si snoda
"Servadei", costretti a spezzare l’accerchiamento dei gruppi nemici pro-
dell’industriale lombardo, coman-
un corteo funebre che segue le bare di alcuni "camerati".
venienti dall’esterno. Persero la vita nella battaglia 12 giovani partigiani e
dante Jarach, riescono a sfuggire
I Fascisti hanno paura, temono l’attacco dei pèartigiani;
4 civili antifascisti.
alla cattura altri ebrei e fra costo-
dall’una e dall’altra parte del corteo vi è la Milizia che fa da
Oltre settemila persone, il 16 aprile, seguirono i feretri dei caduti nella
ro il commediografo Sem Benelli
scorta con mitra "pronti per l’uso".
Battaglia di Arona.
e moglie, i coniugi milanesi
Si raggiunge il Cimitero e, mentre i Sacerdoti recitano le pre-
Veneziani,
ghiere per i defunti, alcuni giovani militi si mettono a sparac-
il
commediografo
Sabatino Lopez.
chiare verso la collina; che cosa hanno visto?... alcune
Oltre a questi fatti dove si cono-
ombre scambiate, ovviamente, per partigiani pronti all’as-
scono i nomi, vi è una testimo-
salto.La funzione religiosa viene interrotta e l’Arciprete,
nianza del maresciallo dei carabi-
con gli altri Sacerdoti, viene tradotto all’albergo
nieri che al processo dichiara:<
Milano(per gli aronesi "Alcatraz" perché trasformato in for-
una sera di settembre vedo pas-
tino dalla X Mas).
Fonte: www.anpi.it
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I SEGNI E LA MEMORIA
La resistenza a Gozzano LA RESISTENZA A GOZZANO
COMUNE DI GOZZANO
restano sul terreno due partigiani In quegli anni Gozzano è sede di un deposito
(Bagnetti e Bocchinelli), mentre un
militare di carburanti (il più importante dell’Italia
terzo, ferito, (Carlo Rolando di
settentrionale): a custodirlo vi è un presidio di
Novara) viene portato nel presidio
fanteria comandato dal maggiore Poletti, che par-
tedesco (la Petroliera) ed alla sera
teciperà poi alla Resistenza in collegamento con
ucciso. Poi sarà sepolto nel cimi-
Moscatelli.
tero di Gozzano.
Alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, al
Improvvisa, nei primi giorni di
grido di “tutti a casa” i militari abbandonano la
maggio, una notizia luttuosa: il
Petroliera che si trova sguarnita.
giorno 9, a Forno, in Valstrona
Subito arrivano i civili a prendere il prezioso carbu-
muore Aurelio Godi: i fascisti
rante, mentre il 20 arrivano i Tedeschi, ponendo subi-
della Tagliamento avevano
to un reparto a presidio. Così Gozzano diventa un
attaccato la casa utilizzata
paese occupato e lo sarà fino alla Liberazione. A fine settembre anche a Gozzano si viene a conoscen-
La pubblicazione curata dall’Amministrazione Comunale in occasione del 60° della Liberazione
za della strage nazista di ebrei a Meina, episodio che
come ospedaletto partigiano ed Aurelio, affacciatosi alla finestra, viene colpito a morte.
desta grande impressione ed orrore. Già in ottobre-
Gli altri otto, compresi i medici curanti, vengono catturati
novembre circolano le voci sul capitano Filippo Maria
e fucilati nella piazzetta.
Beltrami, a capo di una formazione partigiana sopra
Verso maggio i Tedeschi vengono sostituiti da una forza
Omega. A febbraio 1944 suscita grande dolore la notizia
fascista. A metà giugno un cartello viene posto al passag-
della sua morte con altri undici partigiani, in combattimen-
gio a livello della stazione, vi è scritto: “Attenzione perico-
to contro i Tedeschi a Megolo, frazione di Pieve Vergonte:
lo di bande”. Così i repubblichini dichiarano di non essere
tutto sembra finito. È il 13 febbraio.
padroni della situazione.
Il 23 marzo si ha notizia di un combattimento a Prerro, fra-
Intanto la guerra per i nazifascisti va male, è caduta anche
zione di Pogno: un gruppetto di partigiani di Beltrami viene
Firenze. Nella seconda metà di agosto, il giorno 24, un
Pur ton, in via Gentile (angolo via 1° maggio) ed all’attuale
ritirarsi. Godio, ferito gravemente, viene portato a Gozzano e “finito” nel-
automezzo della polizia fascista giunge in paese ed i militi
parco di via Beltrami, controllano solo il centro del paese;
l’attuale piazza Matteotti (nessuna pietà per i feriti, come per Carlo
iniziano un rastrellamento. Hanno i nomi di persone da
sono al di fuori le periferie, le cui case accolgono sovente
Rolando).
portare in carcere a Novara come ostaggi: due dei ricer-
e volentieri gruppi di partigiani.
Il presidio repubblichino viene tolto e a sostituirlo arriva un distacca-
cati riescono a fuggire alla cattura, sono Mario Vercelli,
A metà ottobre un attacco partigiano riesce a penetrare
mento di Tedeschi territoriali: ormai il deposito di carburanti è quasi
noto antifascista, e Giuseppe Bertolotti, capitano dei
sino alle scuole elementari e a far bottino di viveri dopo un
vuoto. A marzo una raffica di mitra uccide uno di questi Tedeschi, di
Carabinieri, ma vengono catturate le loro mogli. In tutto
aspro scontro. A novembre altri lutti: l’ing. Mario Motta,
guardia nei pressi di piazza Ardicini: sono i partigiani del battaglione G.
una dozzina di persone. Immediatamente si interessa
collaboratore della Resistenza sin dal suo sorgere, con
Creola della divisione Valtoce.
Padre Raverta, gesuita, perché i partigiani garibaldini non
Beltrami, viene arrestato e a sera rilasciato: mentre è sulla
Il 24 aprile 1945 scendono i partigiani in tutto il Cusio e l’Ossola. Omegna
si muovano, altrimenti gli ostaggi sarebbero in fin di vita.
strada del ritorno a casa viene massacrato nei pressi della
accoglie festante la divisone Filppo Maria Beltrami, sono quelli del
Nulla accade e pochi giorni dopo gli ostaggi tornano alle
strada che dalla statale porta a Bolzano, da quelli della
“Capitano”, comandati da Bruno Rutto.
loro case.
Folgore.
Anche Gozzano rivede i partigiani, sono gli “azzurri” del “B. Creola”. Dal
Il 6 settembre 1944 scendono i partigiani, il presidio fasci-
Giuseppe Fava ad Orta incontra un gruppo di partigiani:
Sud, dove si era recato in missione, giunge anche Aminta Migliari, il
sta è stato ritirato. Giorni di grande festa, è tutto un altro
fiducioso di poter proseguire, mostra la sua tessera del
comandante “Giorgio”, il capo del Servizio Informazioni che aveva bene
vivere. Ma il 12 tuona il cannone del carro armato dei
Servizio Informazioni comandato da Aminta Migliari
operato per tanti mesi in paese.
fascisti della Folgore: i partigiani non possono resistere e
“Giorgio”, ma sono fascisti travestiti. Catturato e portato a
si ritirano. Nell’entrare in paese, sulla strada di Briga
Novara, viene torturato sino a morire. Il suo cadavere sarà
Fonte: 60° Anniversario della Liberazione a Gozzano,
Novarese, viene ucciso Giovanni Bui (non ha sentito l’alt).
poi gettato nell’Agogna. Successivamente recuperato, viene
Amministrazione Comunale, 2005
Entrano i fascisti ed occupano un deserto: portoni e fine-
sepolto al cimitero di Gozzano.
stre sbarrate, non un cane per le strade, gli uomini validi
Così trascorre l’inverno, mentre la lotta partigiana si fa
sono fuggiti nei paesi attorno e nelle vigne, dove si è più
sempre più dura. Viene ucciso Vittorio Godio, mentre con
liberi, non vi sono posti di blocco, permessi di lavoro, raf-
altri due compagni attacca, sulla statale tra Baraggia e
fiche di mitra, paesi quindi non occupati
Borgomanero, un automezzo della Folgore. Questi, supe-
Da notare che i posti di blocco situati in via per Arona, al
riori per volume di fuoco, costringono i due partigiani a
Partigiani di Gozzano. Da sinistra: Renato Filippini, Giorgio Paracchini e Giuseppe Ruga; seduto: Paolo Loretti
24
attaccato dai Tedeschi di Gozzano:
25 Aprile 1945: l’entrata dei partigiani a Gozzano
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I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri della resistenza a Borgomanero I SEI MARTIRI OPERARI DELLA SIAI MARCHETTI
sia stato appunto preceduto dall’appostamento all’interno
La lapide che si trova nei pressi del cancello d’entrata
sti e militi della Rsi, che addirittura si sarebbero travestiti
della ex SIAI Marchetti, oggi “Mecaer”, in Borgomanero,
da operai; da qui lo scontro, con il fermo e la fucilazione.
inganno da un gruppo di fascisti che si fanno passare per partigiani e
raccoglie le storie, differenti, di sei persone morte all’inter-
Da considerare a parte il caso di Ottavio Grossini.
ucciso per non aver dato loro le informazioni che chiedevano.
no dello stabilimento.
L’Antologia fa riferimento a uno sciopero bianco interno
Un’altra ipotesi è che abbia commesso l’errore di muoversi con troppa
Casi di sacrifici comunque legati da un tragico filo rosso
allo stabilimento SIAI del 10 giugno 1944. Verso le 10,30 gli
precipitazione verso un gruppo di persone armate e che queste ne abbia-
che è quello di una morte troppo facile da incontrare,
operai si accingono a riprendere il lavoro.
no frainteso le intenzioni freddandolo con una raffica.
quando si vive in un clima di terrore, sopraffazione e
Giungono sul posto alcuni militari tedeschi, che già aveva-
Queste storie, come ricordato in precedenza, sono oggi tristemente rac-
guerra.
no dato segni di intemperanza e sparato raffiche intimida-
chiuse nel marmo di una lapide bianca ai bordi del cortile di una fabbrica
I primi quattro nomi che compaiono sulla stele sono quelli
torie all’esterno della fabbrica. A questo punto viene ferito
che ha visto trascorrere gli anni violenti e ingiusti della repressione nazi-
di Carlo Platini, Carluccio Boriolo, Mario Gualini e
a una gamba l’operaio Ottavio Grossini, “il quale – si legge
fascista.
Giancarlo Maggi. Per loro l’Antologia dell’Antifascismo e
– decedeva all’ospedale di Borgomanero alle ore 12”.
La visita a questo cippo è un modo per non dimenticare il contributo degli
della Resistenza Novarese di Enrico Massara, parla espli-
Preziosa pure in questo caso la ricostruzione, anche se
operai alla lotta di liberazione.
citamente di “un’azione di sabotaggio nello stabilimento
parziale, della citata testimone, che parla di una fuga del
SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia) di Borgomanero” nella
Grossini, spaventato dalla presenza delle SS.
quale “vengono sorpresi da una pattuglia nazista e fucilati
Lo stesso viene inseguito e ferito in un viottolo laterale alla
immediatamente sul posto” il 25 luglio 1944. Vi sono alcuni
recinzione dello stabile. Interrogato, viene poi rilasciato e
particolari sul giorno dell’esecuzione che differiscono tra
in un secondo tempo accompagnato in ospedale dove però
La pena di morte in vigore anche a Borgomanero durante la resistenza, introdotta dalle leggi nazifasciste.
quelli riportati sulla lapide e quelli della documentazione ufficiale; la differenza potrebbe essere imputata a un sem-
giunge ormai dissanguato e lì decede. Per Ettore Sacco,
plice sbaglio di trascrizione.
ex carabiniere e guardia giurata all’interno della SIAI
Una testimonianza raccolta dalla viva voce di una ex ope-
Marchetti, le notizie sono ancora più frammentarie.
raia dello stesso stabilimento conferma invece la realtà del
Muore nella notte del 19 agosto 1944; forse viene tratto in
sabotaggio, svelandone alcuni particolari. Probabilmente il gruppo dei quattro attivisti partigiani (tutti membri di formazioni quali la 82° Brigata Osella o la 81° Brigata Loss) cado-
La lapide all’interno dello stabilimento della Siai Marchetti (oggi Mecaer), in via Arona 46 a Borgomanero
no in una imboscata preparata grazie a una informazione passata alle SS dalla sede centrale SIAI di Sesto Calende. L’intervento della pattuglia in cerca di carburante sembra
In queste foto: manifestazioni per la liberazione dai nazifascisti, il 25 aprile 1945 in Piazza Martiri a Borgomanero.
26
COMUNE DI BORGOMANERO
dello stabilimento di un drappello forse composto da nazi-
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I SEGNI E LA MEMORIA
Villa Marazza di Borgomanero LA BATTAGLIA DI BORGOMANERO:
COMUNE DI BOROMANERO
DOMENICA 22 APRILE 1945 LA FIGURA DI ACHILLE MARAZZA
La “Battaglia di Borgomanero” venne organizzata per l’espugnazione del presidio fascista in città, all’interno di quella che oggi è Villa Marazza (allora Villa Bonola). In par-
Achille Marazza (nella foto) incominciò la sua carrie-
ticolare si può fare riferimento a due diverse fonti. Una è Il
ra di attivista politico come vice presidente della
Monte Rosa è sceso a Milano, di Secchia e Moscatelli; l’al-
FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana)
tra sono le personali testimonianze descritte nel libro del
nel 1914. Divenne poi membro del Partito Popolare
dottor De Francesco (o “Piccinino”) di Borgomanero.
Italiano e si candidò alle elezioni comunali di
La presa di Villa Marazza era stata pensata come una sorta
Borgomanero del 1920, risultando eletto come consi-
di esperimento di collaborazione tra le forze partigiane e
gliere comunale. Si candidò alle elezioni provinciali del 1923 in opposizio-
l’aviazione alleata anglo-americana. Il piano prevedeva
ne al montare delle violenze fasciste sul territorio.
l’intervento di “quattro caccia bombardieri alleati per
Nel 1942 la chiamata alle armi e la partenza per la Jugoslavia. Nel 1943 il rientro in Italia e l’adesione alla Resistenza come dirigente della
impedire ai fascisti uso cannoni e lanciafiamme. Aerei Nelle immagini sono evidenti le macerie dei bombardamenti, le formazioni partigiane che liberano il presidio fascista presso la Villa e la folla che attende fuori.
devono attaccare Villa Bonola con lancio di bombe esplosive e mitragliamento continuato senza interruzione per 18
Seguì l’ingresso per la DC nel CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale
minuti, per dare tempo ai patrioti già appostati a circa due
per l’Alta Italia). Alla fine della Seconda Guerra Mondiale ricoprì la cari-
chilometri di raggiungere la città”. Le cose non andarono
ca di Sottosegretario alla Pubblica Istruzione nel Ministero Parri e nel
così. Gli aerei arrivarono in ritardo rispetto al previsto,
primo Governo De Gasperi.
fecero solo una rapidissima incursione e sganciarono
Nel 1946 fu Sottosegretario alla Giustizia nel secondo Ministero De
pochissime bombe che, anche a causa del forte vento, fini-
Gasperi ed infine, nel 1950, Ministro del Lavoro nel sesto Ministero De
rono fuori bersaglio, lasciando intatto il Presidio e danneg-
Gasperi.
giando soltanto parte della recinzione e alcuni caseggiati nei pressi della Villa. Le forze partigiane decisero a quel punto di non attaccare; il piano era fallito ed un attacco senza adeguata copertura sarebbe costato troppo in numero di vite umane. Non mancarono comunque gli scontri in città e negli immediati dintorni.
IL PRESIDIO DI VILLA MARAZZA, "LA VILLA TRISTE"
In quella domenica lo scenario era quello di un surreale silenzio rotto solo dal sibilo del vento e dal rumore dei
Il 29 novembre 1944 il presidio delle truppe repubblichine di
finissero la nottata con qualche violenza su chi si trovava lì
motori degli aerei; sulle colline e dentro le vie cittadine pat-
Borgomanero venne trasferito dalle scuole di via Dante
rinchiuso. Un soggetto in particolare viene ricordato con
tuglie partigiane, scese in massa per sferrare l’attacco
alla Villa Bonola (oggi Marazza). Fu una scelta strategica:
ribrezzo: "Quante volte i prigionieri si saranno guardati
contro contingenti di repubblichini e tedeschi che si appo-
la Villa in centro città risultava più isolata, di minori dimen-
smarriti, sentendo i passi pesanti di Nando il boia che si
stavano in diversi punti della città.
sioni e quindi meglio controllabile. "Villa Bonola divenne il
avvicinava alla porta del loro carcere! Questo figuro face-
covo della prepotenza fascista e cambiò il suo nome in
va rabbrividire al solo guardarlo; alto e grosso come un
Villa inferno". Si ricordano tutte le migliorie a livello di forti-
colosso, dal viso spaventosamente deformato e dalla voce
ficazioni militari apportate all'edificio e al parco. Postazioni
rauca, non esitava a sparare nei pubblici locali o mettere
di mitragliatrici e cannoncini; filo spinato sulla recinzione
la gente al muro per divertirsi e far ridere i folgorini che lo
ed un appostamento persino in una cappelletta per non
bazzicavano".
lasciare un centimetro scoperto. I "folgorini" presero pos-
Nonostante le misure di sicurezza la Villa fu ripetutamente
sesso anche degli appartamenti della Villa. Il primo piano
interessata da rapide azioni di disturbo; sino ad arrivare
venne adibito a residenza della milizia, semplici repubbli-
all'attacco congiunto con l'aviazione alleata di domenica
chini ed ufficiali. Il piano terreno venne utilizzato come
22 aprile 1945. Era la prova generale della Liberazione:
deposito-carcere; stanzoni di magazzino con poca paglia
mercoledì 25 aprile 1945 alcuni grossi camion si fermarono
per terra su cui si dovevano stendere gli arrestati in attesa
davanti ai cancelli di Villa Marazza per caricare i fascisti
dei tremendi interrogatori o delle sevizie comminate spes-
che si erano arresi alle truppe partigiane. Il lieto fine di una
so a caso. Era possibile infatti che dopo qualche festino
storia triste.
notturno (donne e alcol non mancavano…) i "folgorini" 28
Democrazia Cristiana in clandestinità.
Fonte: "Stella Alpina", 24 febbraio 1946 (articolo di Wanda Barcellini)
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I SEGNI E LA MEMORIA
La strage di Castelletto Ticino L'ultima lettera del partigiano Sergio Gamarra “Tom” alla
COMUNE DI CASTELLETTO TICINO
famiglia, una delle pochissime degli antifascisti novaresi CHE IMPORTA SE CI CHIAMAN BANDITI, IL POPOLO CONOSCE I SUOI FIGLI Portiamo l'Italia nel cuore, abbiamo il moschetto alla mano, a morte il tedesco invasore, ché noi vogliamo la libertà. A morte il fascio repubblican, a morte il fascio, siam partigian. A morte il fascio repubblichin,
condannati a morte. una serie di scariche di mitra si abbatte sui cinque che gridano “Viva “Cara Mamma, oggi è giunta la mia ultima ora, ma non importa di morire. Perdonami se ho mancato, se sono andato via senza il tuo permesso, ma muoio contento come un buon cristiano e un vero Italiano. Salutami tutti gli amici e parenti e vicini non stare arrabbiata con nessuno. Ricevi un grosso bacio, ai fratellini e alla zia Nene. Tuo per sempre. Sergio”
a morte Hitler, viva Stalin.
l’Italia, viva i partigiani” 5: sono Luigi Barbieri, 44 anni, di Vigevano, Teresio Clari, 30 anni, di Torino, Ernesto Colombo, 18 anni, di Milano, Sergio Gamarra, 19 anni, di Invorio, Luciano Lagno, 23 anni, di Bogogno. L'esecuzione avviene a raffiche di mitra isolate, in modo che le vittime potessero assistere alla fine di chi li precedeva. 1° Maggio 1945, il capitano Bruno entra a Castelletto
L’Ungarelli finisce a colpi d’arma da fuoco sul viso Barbieri, che aveva chiesto di essere colpito al cuore
armi sul luogo del delitto”1.
per essere riconoscibile e si allonta-
Il permesso viene accordato e Ungarelli, tramite manife-
na urlando ai castellettesi “questo è
sto, informa i castellettesi che sarà eseguita “la più spie-
il primo tributo per l’assassinio del
tata, la più feroce delle vendette”2.
nostro camerata”.
Sin dall’inizio della Resistenza, Castelletto Ticino fu centro
La X Mas torna in paese l’1 novembre. Il capitano Ungarelli
Dopo l’esecuzione, il capitano
di attività clandestina e le squadre d’azione patriottiche
vuole un pubblico numeroso per la sua azione di vendetta
Ungarelli stese un rapporto di servi-
furono molto attive, tanto che la località veniva tenuta sotto
e obbliga la popolazione a convergere nel piazzale del pic-
zio sull’accaduto: "in attesa di poter
stretto controllo dai nazifascisti.
colo porto, fa fermare i treni in transito e costringe i pas-
portare a termine l'inchiesta che mi
L’1 novembre 1944 cinque partigiani venivano fucilati per
seggeri a dirigersi all’imbarcadero.
avrebbe fatto individuare gli autori del delitto ritenevo opportuno dare
rappresaglia nel porto di Castelletto Ticino.
I 16 ostaggi provenienti da Sesto Calende vengono allinea-
un primo esempio di intransigente fermezza e richiedevo al comandan-
Ma cosa era successo?
ti nella piazzetta e da un motoscafo si fanno scendere 6
te De Giacomo la cessione di un certo numero di ostaggi che volevo far
La sera del 29 ottobre 1944, a pochi chilometri da
partigiani provenienti dall’Alcazar di Arona, catturati in un
passare per le armi sul luogo stesso del delitto il mattino successivo.
Castelletto, i partigiani catturano il sottotenente di vascel-
rastrellamento nel basso Vergante: hanno i volti tumefatti,
Il comandante De Giacomo aderiva senz'altro alla proposta" 6, dal quale
lo Leonardi, ufficiale della “X Mas”. In seguito alla sua
i vestiti laceri, le mani legate dietro la schiena, ma avanza-
appare chiaramente la gratuità della rappresaglia. In memoria del sacri-
fucilazione, i militi della X Mas irrompono in paese prele-
no con capo eretto e passo sicuro.
ficio dei cinque partigiani è stato eretto un monumento ideato da Enrico
vando 16 ostaggi che vengono portati nella sede del GNR
Allineati davanti al plotone d’esecuzione, sotto gli occhi
Barberi, scultore di Castelletto Ticino, che era presente al fatto e che ha
di Sesto Calende.
dell’intero paese che cerca di rompere il cordone dei mili-
preparato il bozzetto. L’opera è del professor Otello Monteguti di Milano.
avanti, Seconda Brigata!
Il capitano Ungarelli chiede al comandante dell’ “Alcazar”
tari, intonano la canzone “Che importa se ci chiaman ban-
Compagni, già sorge il mattino,
di Arona, De Giacomo, di portare a termine l’inchiesta volta
diti, il popolo conosce i suoi figli”. Sempre con le mani
ad individuare i colpevoli dell’uccisione di Leonardi e la
legate dietro la schiena, volta al plotone, sono fatti sedere.
cessione di “un certo numero di ostaggi da passare per le
Ungarelli legge la sentenza di morte: ”Io, capitano
e della Resistenza novarese, 1984
Ungarelli della X Mas condanno a morte mediante fucila-
Atti nel processo contro Junio Valerio Borghese e altri,
zione alla schiena questi sei banditi, volgari delinquenti
Corte di Assise di Roma, 21-22 gennaio, 1949
Fonte: M. Begozzi, Istituto Storico della Resistenza, Novara
Cosa importa se ci chiaman banditi? Ma il popolo conosce i suoi figli. Vedremo i fascisti finiti, conquisteremo la libertà. A morte il fascio repubblican... Onore a chi cade in cammino, esempio per chi resta a lottare; da forti accettiamo il destino, nel sacro nome della libertà! A morte il fascio repubblican... In piedi, ché il giorno è vicino;
l'alba serena di libertà. A morte il fascio repubblican...
Bibliografia 1
Massara, Antologia dell’antifascismo
Nel segno di falce e martello
comuni ” 3.
lottiamo per il popolo nostro,
A quel punto il pubblico, agitato, urla parole di disprezzo
domani sarà il giorno più bello,
contro il capitano e lo obbliga a rivedere la sua sentenza:
2
idem
che noi vivremo in libertà!
Ungarelli è costretto a graziare il più giovane dei sei parti-
3
idem
giani, Alfonso Boca, con le parole “faccio grazia al minore
4
idem
di essi che verrà inviato ai lavori obbligatori in Germania” 4.
5
idem
A morte il fascio repubblican...
La Resistenza a Castelletto Sopra Ticino, scuola Belfanti
Una volta slegato, il giovane corre ad abbracciare i suoi compagni, poi i militari lo trascinano fra gli ostaggi. La tensione cresce: ora la popolazione canta con i condannati a 1° Novembre 1944: l’ultimo canto dei partigiani fucilati a Castelletto Ticino 30
morte, una popolana riesce a raggiungere i partigiani e li Gruppo di partigiani castellettesi della 118 brigata Remo Servadei (foto fornita da Marilisa Galvani, nipote del partigiano Gaudenzio Delle Donne) a
incita a continuare nel loro canto. Ripresa dai militi, è caricata su di un furgone. Arriva infine l’ordine di “Fuoco!” ed
Provincia di Novara Assessorato all’Istruzione
I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO
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I SEGNI E LA MEMORIA
La strage di Borgo Ticino 13 agosto 1944: è una soleggiata domenica d’agosto. A
COMUNE DI BORGOTICINO
Borgo Ticino fervono i preparativi per i festeggiamenti per la Patrona del Paese, la Madonna Assunta. Nella mattina, un convoglio tedesco è attaccato da una formazione partigiana al San Michele, una località vicina al confine tra Borgo Ticino e Varallo Pombia. Fu un rapido scambio di colpi di mitragliatore tra i militi nazisti ed i “ribelli” italiani. Dal Rapporto del Nucleo dei Carabinieri di Borgo Ticino al Pretore di Borgomanero in data 12 febbraio 1947 1, sappiamo che nello scontro quattro soldati tedeschi rimasero feriti, mentre ignoriamo vi siano state perdite tra i partigiani. I martiri della strage avvenuta a Borgo Ticino
RAPPRESAGLIA … BORGOTICINO tredici agosto; della lunga Via Crucis un’altra stazione: e son tredici che devon morire per la mannaia della doppia croce prima hanno chiesto il prezzo del sangue: trenta denari di più fosco Giuda per pagare il riscatto della morte; poi l’Erode più avido di sangue il sangue non vuole, nemmeno il denaro.
Quali furono invece le angosce, le ansie e il terrore di chi il
dovessero morire, più uno, poiché tra i feriti uno era parti-
13 agosto 1944 si trovò ammassato nella piazza, rischiando
colarmente grave. Inoltre “… il Commissario Prefettizio,
la fucilazione o assistendo alla morte di un congiunto, lo
issato su di una camionetta, con voce tremante, disse che
apprendiamo da un volumetto che l’Unione delle donne ita-
i nazi-fascisti, per rappresaglia, esigevano entro quindici
liane di Borgo Ticino dedicò alle madri dei giovani uccisi
minuti la somma di 300.000 lire” 4. La somma fu immediata-
nel primo anniversario della strage. Erano circale due del
mente versata, ma non bastò: vennero scelti tra la folla 13
loro insulti i corpi straziati delle loro vittime, incitavano le bestie caccia-
pomeriggio e al dopolavoro si stava svolgendo una gara di
giovani, che vennero schierati al muro. Nessun controllo
te dalle stalle a calpestarli” 7.
bocce quando, con gran fragore, arrivarono a bordo di
della loro identità venne fatto .
Nella serata, i familiari dei caduti tentarono di recuperare le salme per
5
Borgo Ticino 1945: il paese devastato dalle macerie
autocarri i soldati della SS naziste ed i militi della X Mas.
dar loro sepoltura, ma non fu possibile: l'ordine era di lasciarli sul posto
Armati, si sparpagliarono per le vie del paese, “sparando e
fino all'indomani, quando furono portati al cimitero su carri agricoli.
vociando […] scardinando porte e finestre e aggressivi, con le armi spianate, le baionette innestate, minacciando
Bibliografia:
ed insultando donne, bambini, vecchi e ammalati, tutti li
Enrico Massara, Crimini dei nazi fascisti nella Provincia di Novara
Tredici giovani, scelti a casaccio, tra la folla rovesciata in piazza quattro feriti devon pagare, perché l’ario resti in casa nostra intatto e intangibile.
strapparono dalle abitazioni, dai nascondigli improvvisati
Comune di Borgo Ticino, Album della libertà
Cadon riversi; uno solo illeso, e pur caduto, per miracolo: salvo, la vita salva dovrà dare ai tedeschi, se vivere vorrà.
soldato tedesco ucciso venissero giustiziati dieci italiani.
e, sgomenti, tremanti di paura, li spinsero fuori dalle case, attraverso le strade irte di armi, sature di soldati, verso la La legge della rappresaglia nazista imponeva che per ogni
Corte di Assise di Roma, 21-22 gennaio 1949 2 - Enrico Massara, Crimini dei nazi fascisti nella Provincia di Novara
Il luogo della strage
3 - I tedeschi appartenenti alle. S.S. erano al comando del Capitano Krumhar e gli ita-
In assenza di militari uccisi, il capitano Krumhar 3 decise
Dopo un'attesa che dovette sembrare infinita, venne dato
liani,
che per ogni soldato tedesco ferito tre giovani italiani
l’ordine di sparare. Di fronte alle loro madri disperate, alle
della X Mas, erano al comando del tenente Ungarelli
La vasta folla, partecipa ai funerali dei martiri
L’ordine è eseguito; un verbale da archiviare; e rosso timbro di ceralacca sul plico della morte è l’incendio appiccato alle case.
1 - (volume V, foglio 33) in atti nel processo contro Junio Valerio Borghese e altri,
piazzetta piena di gente, nell’afa pomeridiana” 2.
16,15, i 13 giovani caddero contro il muro della farmacia,
4 - Comune di Borgo Ticino, Album della libertà
edificio che ancora oggi si affaccia ad est della piazza
5 - da Carteggio riservato, Attività ribelli; Fondo Repubblica sociale italiana,
Martiri. Mario Piola, miracolosamente, si salvò. Le vittime
Archivio centrale dello Stato, Roma, sappiamo che tra i giustiziati figurava anche un
furono così dodici: Cerutti Cesare, Ciceri Luigi, Fanchini Giovanni,
Lucchetta
Alberto,
Meringi
reduce dalla Russia e ferito di guerra, ed alcuni operai della Siai Marchetti di Sesto
Pizzamiglio Benito, Silvestri Andes, Tosi Francesco,
Calende.
Parracchini Olimpio, Nicola Narcisio, Gattoni Rinaldo, E se vanno ebbri Di sangue, di fuoco, di vino, le mani piene di cose rubate; si diverton con gli ultimi spari: la folla, in piazza, come sul Calvario
simpatizzante fascista,
Giuseppe,
Tonioli Cesare.
Dallo stesso promemoria apprendiamo che il comandante Ungarelli della X Mas, presente, non riuscì che a sottrarre due camicie nere alla fucilazione, tale era la rab-
Scese il silenzio fra gli “spettatori”, ma la giornata di follia
bia dei tedeschi
omicida non era terminata: “la sbirraglia nazi-fascista
6 - Comune di Borgo Ticino, Album della libertà
ritornò nel paese martoriato, nelle case devastate e conti-
7 - idem
nuò il saccheggio. Vuotò stalle e pollai, entrò nelle poche abitazioni inviolate: tutte le devastò e le saccheggiò tutte”6
poesia di Camillo Pasquali - 1950
, come dimostrano le foto dell’epoca. Infine “i carnefici…facendo bersaglio dei loro sputi e dei
32
Provincia di Novara Assessorato all’Istruzione
I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO
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I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri della resistenza a Cressa MASSACRATI E TORTURATI ENZO GIBIN
ratore di partigiani”. Sono proprio
ED ERNESTO MORA, DUE GIOVANI PARTIGIANI 20ENNI
Enzo Gibin ed Ernesto Mora a svol-
COMUNE DI CRESSA
gere l’operazione, che comincia I MARTIRI CRESSESI
Cressa, 23 febbraio 1945. Quel giorno, nel pomeriggio, un
nella tarda mattinata del 23 febbraio
gruppo di persone viene prelevato e radunato con la
1945
forza nella sede dell’ex Consorzio Agrario Provinciale
Borgomanero.
Il 5 settembre del 1944 fu un’alta brutta giornata per Cressa: infatti una
Qui i due giovani riescono a cattura-
squadra dell’esercito della Repubblica Sociale di Salò uccise cinque per-
sta. Qui si trovarono davanti ai reparti dell’esercito della
re sia Roncarolo che un brigadiere
sone lungo la strada che porta a Bogogno (già sul territorio di questo
Repubblica di Salò, schierati in attesa dell’arrivo di un
dell’esercito della Repubblica Sociale di Mussolini. Con
(già Molino Saini), dove aveva sede il presidio nazifasci-
Ernesto Mora
davanti
all’Ospedale
di
Comune). Venne torturato ed ucciso Pietro Fattoretto di soli 16 anni, stafIl corpo di Enzo Gibin
fetta partigiana. Poi furono fucilati tre civili: Ulderico Broggio (di
automezzo con due prigionieri, che il loro comandante
loro c’è anche un ragazzo (Maffei, di Borgomanero), che
aveva inviato a Borgomanero. Tra questi civili rastrellati
viene subito rilasciato in atto di generosità. Sarà lui però
dai fascisti c’era anche Alessandro Bertona, che rac-
ad avvisare di quanto accaduto una pattuglia della Folgore
un nuovo reparto dell’Esercito della Repubblica di Salò, al
Veruno. Sempre nei pressi cadde in un’imboscata l’industriale Alberto
conta:
che insegue i due partigiani con i loro prigionieri.
comando del colonnello Festi.
Saini (classe 1899). Il 1° gennaio del 1945 fu ucciso un altro civile, Natale
Castelletto Ticino), Giuseppe Gioria ed Ermanno Mattioli, entrambi di
Parola (classe 1911) nell’attuale via Martiri.
Quando li raggiungono comincia uno scontro a fuoco che
Saputo dell’accaduto, è lui a mandare un automezzo a
“Ho la sventura di essere testimone al massacro dei due
dura mezz’ora, alla fine del quale Gibin rimane ferito alla
Borgomanero per far trasferire qui i due prigionieri, ordi-
Altri due giovani partigiani garibaldini cressesi persero la vita durante la
giovani eroi. Gettati dal camion come se fossero sacchi, i
gambe ed i due loro prigionieri fascisti riescono a fuggire.
nando a Roncarolo di prelevare dall’Ospedale anche Gibin.
Resistenza: Giovanni Poletti (del 1923, morto a Casalino nell’eccidio del 30
carnefici si avventano con pugni, pedate e calci di
Mora si carica il compagno sullo spalle e lo nasconde nella
Festi vuol dare una lezione di vero comportamento fasci-
marzo 1945) ed Eugenio Rozzati (del 1921, morto il 10 agosto 1944 a Proh).
moschetto sui corpi dei due partigiani. È una gara oscena,
boscaglia. Trova aiuto in un cascinale, ritorna dall’amico
sta: così anche nel viaggio i due giovani vengono ancora
selvaggia, a chi picchia di più e più forte. Il calcio di un
ferito per caricarlo su un carro e portarlo in ospedale. Ma
moschetto si spezza colpendo la gamba martoriata di
mentre si sta approntando il carro, sopraggiungono il capi-
Gibin. Mora cade al fianco del compagno, con il volto sfi-
tano Roncarolo ed i paracadutisti della Folgore.
gurato anche in conseguenza di un pugno assestatogli da
C’è un nuovo scontro a fuoco: Mora rimane senza munizio-
un ufficiale fascista. Non un lamento esce dalle labbra dei
ni e viene anche ferito. Si arrende e viene catturato, men-
due ragazzi. Infine sono trasportati di peso all’esterno del
tre Gibin viene ricoverato all’ospedale.
muro di cinta e nuovamente torturati”.
Per Mora cominciano le torture e le sevizie: vogliono sapere dove si trova la sua Formazione e da quanti uomini è
Gibin muore tra atroci sofferenze, mentre Mora è costretto
composta. Non parla. La rabbia dei fascisti sale. Piovono le
a vedere ciò che di inaudito, terribile ed atroce avviene sul
bastonate.
cadavere del compagno: con colpi di tallone gli viene
Viene spinto e trascinato per le strade di Borgomanero; il
schiacciato l’occhio sinistro, con il pugnale gli viene strap-
suo volto è tumefatto, sanguinano copiosamente le ferite,
pato quello destro ed ancora gli squarciano il petto per
sanguina tutto il corpo per le legnate e le fustigate. I fasci-
strappare fuori il cuore.
sti vogliono che i borgomaneresi vedano quale è la sorte
“Viva l’Italia libera e viva i partigiani” grida ancora Mora
riservata ai “ribelli”, a chi combatte contro l’esercito di
prima di morire. Poi anche a lui vengono strappati gli occhi.
Mussolini. Un gruppo di donne, di fronte allo spettacolo inumano,
Da: Enrico Massara:. “Antologia dell’anifascismo e della Resistenza novarese”, Novara 1984
bestiale, a cui i fascisti le costringono ad assistere, non sanno nascondere il loro sdegno. A Cressa il locale presidio fascista è stato rafforzato con Le foto dei corpi danno conto della barbarie che venne perpetrata sui questi due giovani. La foto in alto testimonia a Cressa l’avvio del funerale nella mattina del 3 maggio del 1945.
Ma chi erano quei due giovani 20enni e cosa avevano fatto per ricevere una simile punizione? Intanto sono due partigiani garibaldini della brigata “Volante loss” ,
percossi e a Gibin viene spezzato, con il calcio del mitra, il
una formazione che opera costante-
gesso applicatogli alla gamba appena operata.
mente nel medio novarese e che ha
L’epilogo è quello descritto prima.
avuto il compito di catturare Roncarolo, il capitano della compagnia nera di Borgomanero, che ha la Enzo Gibin
34
fama di essere un “famigerato tortu-
Da: Enrico Massara:. Il corpo di Ernesto Mora
“Antologia dell’anifascismo e della Resistenza novarese”, Novara 1984
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I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri della resistenza a Suno LA TRAGICA NOTTE DEL 23 AGOSTO 1944 A SUNO
di Suno, un monumento “ai caduti per la liber-
COMUNE DI SUNO
tà nel territorio di Suno” in memoria degli otto giovani fucilati il 23 agosto.+
È l’agosto del ’44. La zona di Suno, con quel-
parlavano tedesco, ma qualcuno italiano. Il terrore era sul volto di tutti noi,
le di Cressa, Fontaneto, Momo, Barengo è,
SUNO, 14 DICEMBRE 1944:
era il giorno della caccia all’uomo.” Pierina Ferrari, residente a Suno, ricor-
dall’inoltrata primavera dello stesso anno,
LA BATTAGLIA DI SUNO
da: “Io abitavo a Forno, molta gente il 14 dicembre scappava verso i boschi
2
sempre più “calda”. Da quando reparti
passando da casa mia e noi preoccupati chiedevamo a tutti che cosa stes-
garibaldini operano in quest’area per
Già nella serata del 13 vi sono scontri, ma
se succedendo; ci avvisarono dell’arrivo dei nazisti per il rastrellamento.
stroncare le azioni nazifasciste, Vezzalini-
all’alba, l’alba gelida del 14 dicembre, gli
Tutti gli uomini fuggivano, alcuni perché avevano disertato dal servizio mili-
Pasqualy-Martino,“il trio della morte”,
scontri si fanno più vivaci (…).
tare.Tre giorni prima del 14 dicembre alla cascina erano arrivati i partigiani
portano le loro squadracce a compiere
Dal rapportino del comandante di un batta-
che si erano nascosti tre o quattro per stalla e avevano passato lì la notte.
ogni sorta di efferatezze contro partigia-
glione partigiano della Servadei si appren-
Quando il 14 dicembre seppero dell’arrivo dei tedeschi abbandonarono
ni e popolazioni.
de che mentre alcune squadre prendono
tutto e fuggirono. Quel giorno gli uomini anziani rimasti in paese vennero
Una di queste ha luogo nella giornata
posizione nelle vicinanze di Agrate, altre
catturati e portati nella casa Biscaretti per essere tenuti come ostaggi.
del 23 agosto e culmina con la tragica
squadre vengono “inviate verso la cascina
Durante quel terribile rastrellamento vennero uccise nove persone;
morte di otto giovani. Tutto inizia nel
“Suno: 14 dicembre 1944” Pubblicazione a cura della SMS (Classi 3a A e 3a B), Circolo ARCI, 2004. In copertina l’immagine dei funerali dei caduti, svolti il 17 dicembre 1944.
pomeriggio quando il Comandante tedesco, convocati il Parroco, il Podestà e il segretario comunale del paese, ordina loro di provvedere al mantenimento di una trentina di fasci-
Cordona per controllare eventuali puntate da
Piazza 14 dicembre, dove ha sede il Municipio
domenica 17 ci furono i funerali nella piccola chiesa di S.Maria. Per noi il periodo della Resistenza è stato tragico”. Ernesta Del Ponte, residente a
Mezzomerico, Mottoscarone, Montecchio. Verso mezzogiorno un centinaio di fascisti pro-
costringono i nazifascisti ad abbandonare la posizione.
Suno, ricorda: “il 14 dicembre io ero in un prato vicino alla fattoria.
venienti da Borgoticino raggiungono Conturbia
Dall’una e dall’altra parte le perdite sono gravi. Quattordici
Arrivato un treno, dai vagoni saltarono fuori i nazisti che iniziarono a spa-
e si sistemano a difesa del Castello…”
giovani partigiani vengono catturati nel corso del combatti-
rare sui contadini. Io e due vecchietti che lavoravano con me scappammo verso la Cascina Baraggioli poco distante. Intanto altri soldati anda-
Sull’imbrunire, squadre partigiane della
mento ed inviati in Germania, nel campo di Mauthausen: due
sti in arrivo a Suno. Alle obiezioni del Segretario Comunale,
Volante Loss vengono a contatto con il nemico, che ha già
di essi, giovanissimi, termineranno in quel terribile campo, tra
rono alla cascina Giavarota; lì si era nascosto in un pollaio un mio caro
riguardanti le difficoltà per il paese di far fronte a tale impe-
provveduto a concentrare le proprie forze, fanno tacere la
le torture, la loro breve vita. Ma ancora una volta la rabbia
amico, Remo Poletti. I Tedeschi lo trovarono e lo uccisero, aveva due anni meno di me, 20, era un giovane partigiano. Nei boschi si erano nascosti
gno, il Comandante nazista replica che in serata, a Suno avrà
mitragliatrice appostata nelle vicinanze del Castello di
nazifascista si scatena contro la popolazione civile di Suno e
luogo la fucilazione di otto ostaggi in risposta ai sabotaggi
Conturbia e ripiegano verso Divignano nella speranza di tro-
di Vaprio d’Agogna. Continuava incessante la bestiale caccia
molti uomini tra cui mio zio Giovanni Ramazzotti, che fu colpito alla testa da
compiuti dai partigiani su due locomotive,.Intanto arrivano in
vare un varco per uscire dalla zona dove è in corso un
all’uomo di cui solo i nazifascisti erano capaci, mentre i “ribel-
un proiettile e ucciso con altri compagni. Due miei fratelli, Emilio e Antonio Del Ponte, invece di essere uccisi, furono portati alla prigione di Novara.
paese i fascisti, gli abitanti impauriti si barricano in casa. In
rastrellamento. A sera inoltrata il nemico appostato al limite
li” combattevano coraggiosi per la libertà sfidando la morte.
serata giungono a Suno anche gli otto ostaggi provenienti
della boscaglia intima la resa, ma i garibaldini rispondono
Il furiere ricorda che i nazifascisti “sparano su tutti e su tutto”.
Sempre il 14 dicembre alcuni uomini furono portati alla casa Voli come
dal carcere di Novara e vengono allineati nei pressi della fer-
con un improvviso e deciso attacco e dopo ripetuti assalti
Il saccheggio precede la distruzione di case e di cascinali. Ed
ostaggi, mentre sul campanile c’erano i mitra dei soldati che sparavano
rovia. “Sono le 21 del 23 agosto quando le raffiche di mitra
ecco il bilancio: in quello stesso 14 dicembre nove innocen-
a chi passava. Una spia avvertì i nazisti che nella cascina Motto si
stroncano otto giovani vite. I corpi precipitano nella scarpa-
ti, nove contadini e lavoratori vengono uccisi nelle strade, nei
nascondevano i partigiani, così durante la notte i Tedeschi sbagliarono
ta ed i moribondi vengono finiti con la pistola dal marescial-
loro campi, nelle loro terre: Carlo Bolchini, Pietro Bolchini,
cascina e si introdussero nella mia casa. Mio fratello si era nascosto
lo comandante il plotone di esecuzione. È presente il capita-
Giovanni Ramazzotti, Isacco Maffioli, Emilio Gaboli, Luigi
sotto il materasso, i nazisti cercarono per tutta la casa ma non lo trova-
no Schiller. Poi i fascisti si rinchiudono nell’osteria a gozzovi-
Andorno, Gaudenzio Ramazzotti, Luigi Ramazzotti, Antonio
rono. La mattina seguente seppi che erano stati uccisi nove civili”.
gliare. Nel corso della notte il parroco, il segretario e il messo
Giannuso
comunale, con il seppellitore, trasportano con un carro i cadaveri nella Cappella mortuaria. Ci vogliono tre giorni per
Le alunne e gli alunni della Scuola Media di Suno hanno rac-
identificare gli assassinati che erano stati prelevati dal car-
colto alcune testimonianze sugli avvenimenti del 14 dicem-
cere di Novara dove si trovavano in attesa di giudizio.
bre 1944, da cui emerge il clima di terrore introdotto dai nazi-
I nomi delle vittime sono: Giovanni Boriolo, Stefano Boriolo,
fascisti . La Maestra Linuccia Doniselli di Suno racconta:
Giuseppe Calligari, Francesco Donna, Elso Farinoni, Enrico
“l’anno del 1944 è stato chiamato anno del terrore. Questa
Guarini, Antonio Massarin, Rosolino Passerini.
espressione è stata scritta sotto il ponte del Terdoppio alla
1
frazione Imperio; in questo modo tutti coloro che sostavano
1) Le notizie, le fotografie dei caduti e le citazioni sono tratte dall’ articolo di Corsi, Tragica notte a Suno, in “La squilla alpina” del 27 gennaio 1946, e dall’Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese curata da E. Massara, 1984 2) Il testo è tratto da E. Massara, “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese”, Novara, 1984 a sua volta tratto dal racconto del Furiere pubblicato su La stella alpina del 30 dicembre 1945. 3) Circolo ARCI di Suno, Istituto Comprensivo di Momo, Scuola media di Suno, in collaborazione con Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea. “Suno: 14 dicembre 1944”, Suno 2004.
in tempo di magra d’acqua presso il piccolo fiume leggevano
Testi e immagini a cura di Eleonora Zenone
quelle parole e questo in particolare accadeva alle donne che vi si recavano spesso per lavare i panni. Ricordo che il Il giornale partigiano “La stella Alpina”
Suno ha voluto innalzare in piazza G. Puccini, alla Baraggia 36
Il monumento in piazza G. Puccini, alla Braggia di Suno, “ai caduti per la libertà nel territorio di Suno” in memoria degli otto partigiani fucilati il 23 agosto 1944
giorno 14 dicembre 1944 soldati armati fino ai denti passavano di casa in casa mettendo a soqquadro tutte le abitazioni, rovistando nei cassetti, prendendo indumenti in lana. Molti
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I SEGNI E LA MEMORIA
L’incendio della Cacciana La Cacciana è uno di quei luoghi in cui il fascismo non ha 20 SETTEMBRE 1944:
mai attecchito: “all’inizio del 1900 i più attenti e preparati
BRUCIA LA CACCIANA
abitanti della frazione Cacciana e di Fontaneto esaminava-
DI FONTANETO D’AGOGNA
no la realtà sociale con gli occhi dell’intelligenza, convinti
COMUNE DI FONTANETO D’AGOGNA
che i loro problemi quotidiani si potessero risolvere in modo definitivo soltanto in un quadro ben più ampio rispetto a Quando bruciarono le case e fu un rogo
quello locale. Così erano attratti dal socialismo nascente, dalla sua visione di un mondo aperto agli umili” . In questo
nella notte d’autunno
processo di avvicinamento agli ideali di libertà ha contato
… quando bruciarono le case contadine
molto la presenza del dottor Umberto Caroncini, eccellente medico e uomo dalle solide conoscenze politiche, che
strette nel pugno di storia antica
sapeva trasmettere a chi gli era vicino. Alcuni dei maggiori
e di sudori
esponenti del partito comunista in quegli anni hanno ripetu-
… quando imposero ai padri dei “ragazzi”
tamente frequentato la piccola frazione, certi dell’antifascismo degli abitanti, della loro lealtà.
partigiani uno straccio infuocato oltre ogni soglia … quando questo avvenne, e un velo grigio di cenere rapprese lacrime di terrore nell’urlo folle della disperazione qualcuno disse: “torneranno i ragazzi, ricostruiremo le case; non siamo vinti”. Era l’autunno del quarantaquattro. …
pattuglia della brigata Andrei attacca il presidio, ritirando-
in salvo qualcosa. I partigiani, intanto, non si sono allontanati e pensano
si dopo avere catturato quattro militari ed avendone ferito
a come intervenire: “siccome la Cacciana e i partigiani erano come una
un quinto. Sarà proprio per rappresaglia a questa azione
famiglia, Andrei decideva di ascoltare la popolazione, la quale andava di
che il giorno seguente, il 20 settembre, le forze fasciste
mezzo più di tutti e di tutto” e proprio tenendo conto delle conseguenze
appiccheranno “l’immane rogo” alla Cacciana.
che l’intervento armato avrebbe potuto provocare “le donne decidevano
Il sacerdote al quale è stato intimato di aprire le trattative
di lasciarli fare [i fascisti] concludendo che le stalle e le case si poteva-
Qui, dove non ci sono spie e traditori, si rifugiano volentie-
con la brigata partigiana per il rilascio dei militari, Don
no ricostruire, ma i morti non si potevano resuscitare” , anche se non tutti
ri i partigiani che a partire dalla primavera del 1944 opera-
Merlo, si trova ancora presso il comando partigiano a trat-
i partigiani sono disposti a starsene con le mani in mano di fronte ad un
no nelle zone di Soriso, Gargallo, Boca, Maggiora. Da qui,
tare la restituzione quando i nazifascisti si avventano sulla
tale oltraggio, tanto che Andrei stesso deve fare il giro delle strade per
seguendo il giovane compaesano Alessandro Boca, nome
frazione “come fiere selvagge, scatenate, contro le quali
stanare i compagni che vi si sono nascosti, intimando loro di non spara-
di battaglia Andrei, dopo l’8 settembre, molti ragazzi sono
nulla si può fare”. Alla testa di repubblichini e fascisti ci
re. Dopo le 16, forse anche per la rabbia di non riuscire a catturare parti-
partiti per unirsi ai partigiani di Ciro e del Cino, per non
sono Vezzalini, Pasqualy, Martino: i contadini cercano di
giani, l’opera di distruzione è portata a termine, fra lo sgomento e l’impo-
doversi arruolare nella milizia nera.
farli ragionare, ma vengono minacciati, ottengono solo
tenza degli abitanti. Vengono complessivamente distrutte cinquantaquat-
L’aiuto fornito dagli abitanti della zona ai partigiani è noto e
pochi minuti per sfollare. La Cacciana viene prima sac-
tro abitazioni e cascinali alla Cacciana, nove a Fontaneto, uno a Cressa.
soprattutto dall’edificio della S.A. Molini Saini, situato
cheggiata, poi si danno alle fiamme case, fienili, stalle.
Nemmeno questo, però, riuscirà a piegare gli abitanti, che non abbando-
molto vicino alla Cacciana, all’incrocio fra la statale
Quel giorno pioviggina e nonostante ciò le fiamme e il fumo
neranno la loro terra e daranno subito inizio all’opera di ricostruzione.
Novara-Gravellona Toce con la provinciale che unisce
degli incendi appiccati sono evidenti da lontano e rimar-
Fontaneto d’Agogna a Cressa, escono notevoli quantità di
ranno tali per giorni, distruggendo il lavoro dei contadini.
farina destinate ai reparti partigiani e alle popolazioni delle
Gli animali, mucche e conigli, rimasti nelle stalle, muoiono
Valli, punite per il loro comportamento dai nazifascisti “con
soffocati, oppure, ustionati, sono poi abbattuti dagli stessi
l’embargo di qualunque merce”. Per evitare traffici clande-
padroni. I fascisti iniziano a bruciare la mattina, poi si riti-
stini, dietro preciso ordine del capo della Provincia
rano annunciando il loro ritorno alle 16, come puntualmen-
Vezzalini, da tempo la Molini Saini viene costantemente
te avviene. Nelle poche ore in cui i fascisti si allontanano,
presidiata da truppe della Milizia. Il 19 settembre 1944 una
i contadini possono misurare i danni e cercare di mettere
poi fu l’Aprile: esplose la vita, nel sole.
Dante Strona
Foto dei partigini della “Pizio Greta”. In basso, in prima fila con il basco è “Andrej”; l’ultimo a destra è “John” (1945 - dai fotogrammi di un filmato - Arch. ISRN)
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Cacciana di Fontaneto d’Agogna. La casa Albertinazzi distrutta. Da destra: Pierina Albertinazzi con la figlia Luigina Platinetti, Mario, Antonio e Celeste Albertinazzi (1945 - Foto Bonzanini - Arch. ISRN)
Cacciana di Fontaneto d’Agogna. La casa del “Ciota” distrutta. I bambini, Giacomo e Pietro di 6 e 4 anni sono orfani di Martino Boca, morto nel 1943 (1945 - Arch. ISRN)
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I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO
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I SEGNI E LA MEMORIA 40
La Resistenza a Romaganano Sesia I guastastatori della Brigata “Osella” sfilano a Varallo Sesia (1945)
I Comandanti della “Musati” sfilano a Varallo Sesia. Da destra: Don Sisto, Pesgu, Barbis, Rastelli e Toscanini. (25 aprile 1945)
COMUNE DI ROMAGNANO SESIA
LA BATTAGLIA DI ROMAGNANO SESIA 16 MARZO 1945 La battaglia di Romagnano Sesia era inserita in un’offensiva partigiana, concordata dai comandi della zona
Chiodi a 3 punte usato dai “guastatori” della Osella per fermare i mezzi dei nazifascisti.
Valsesia contro i presidi nazifascisti nei comuni di
za è tale che il nemico, pur essendo di gran lunga superio-
ne non era tanto d’accordo di lasciare liberi coloro che per tanti mesi l’a-
Borgosesia, Fara Novarese e Romagnano Sesia.
re, sia di uomini che di mezzi, deve, verso sera, ripiegare
vevano tormentata), e lasciano Romagnano con le armi, le munizioni e il
A Borgosesia nella notte tra il 15 e il 16 marzo, i partigiani
su Fara. I garibaldini di "Moro", ancora una volta, hanno
materiale bellico sottratto ai fascisti, per raggiungere i loro accampa-
sono impegnati in una cruenta battaglia contro i nazifasci-
avuto successo. Nella battaglia cadono, a Fara il garibal-
menti. Lasciano purtroppo sul campo della battaglia due partigiani e un
sti, costringendo alla resa gli occupanti il presidio, ormai
dino Giuseppe Sestetti e, a Ghemme, il commissario della
civile: Robatti Giorgio, Beretta Pierino e Rovelli Vincenzo.
vinti. Purtroppo il sopraggiungere di un’autoblinda tede-
"Volante Loss", Santino Campora.
Nel rientro sulla provinciale per Borgomanero cade nelle mani della
sca, che apre il fuoco contro il gruppo "mortai", costringe i
La battaglia di Romagnano Sesia inizia alle quattro e
"Folgore" il commissario della X Rocco Peppino Preti che viene immedia-
garibaldini alla ritirata. Cadono il comandante Giacomo
mezza del mattino con un intenso attacco al presidio
tamente trucidato a colpi di pugnale.
Picciolo e otto dei suoi uomini: Renato Mortasino,
fascista della "Folgore" accasermato nel Collegio Curioni,
Armando Peretti, Mario Vandoni, il Georgiano Churskaia
che pure è in attività: vi sono studenti, personale di dire-
Magona, Confortola Augusto, Ferrarsi Luigi, Perotti Luigi
zione e amministrativo, assistenti e addetti ai vari servizi.
e Allegra Giuseppe.
Il presidio è dotato di armi pesanti e automatiche. I parti-
A Fara Novarese, nella notte del 16 marzo, gli uomini del
giani verso le nove, concedono una tregua per permette-
comandante "Moro" attaccano il presidio fascista e nella
re agli studenti e al personale di allontanarsi. Si susseguo-
mattinata sconfiggono il nemico, danno la notizia tramite
no azioni di guerra e trattative per convincere alla resa i
staffetta al comandante "Bruno" impegnato con altri (tra i
fascisti.
quali Giacomo Gray) nella battaglia di Romagnano. Intanto
La resa è richiesta dai partigiani con l’invio di don Preti
una colonna di nazifascisti, proveniente da Novara diretta
insegnante presso il Collegio Curioni.
a Fara, a Briona si scontra con reparti della "Volante Loss".
Alle 17.45 gli ufficiali della "Folgore" fanno cessare il fuoco.
I partigiani sono costretti a ripiegare fino a creare, nella
I partigiani vittoriosi, come da accordi raggiunti, fanno
zona di Ghemme, una seconda linea di difesa. La resisten-
partire i camion carichi di fascisti disarmati (la popolazio-
Fonte: www.anpi.it
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I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri della resistenza a Barengo Collocato tra i boschi ed i vigneti di un territorio collinare
COMUNE DI BARENGO
intermedio tra Novara e le valli del Sesia e dell’Ossola, Barengo ha vissuto la lotta di liberazione dal nazifascismo, con ben 25 residenti, tra cui due donne, che entrarono a far parte delle brigate partigiane. Nell’autunno del 1944 le zone circostanti al paese, in particolare la strada che mette in comunicazione trasversalmente Fara, Proh e la via per la Valsesia, con Suno, Vaprio e la via per il Sempione, furono teatro di numerosi scontri tra i partigiani, definiti “briganti” dal regime, e le squadre nazi-fasciste. La 124ª brigata Garibaldi Pizio Greta, che agiva sulla fascia collinare grazie alla conoscenza del territorio posseduta dai suoi componenti, aveva il compito strategico di controllare strade e ferrovie, tendendo imboscate ai fascisti e ai tedeschi, per rendere loro difficile il
A Barengo la violenza fascista si scatenò il 23 luglio 1922
transito.
quando “due camion 18 BL, carichi di uomini armati, entra-
Barengo, pertanto, annovera tra i suoi cittadini numerosi
no in Barengo e si portano dinanzi al Circolo Socialista
caduti, la cui morte avvenne in episodi e momenti diversi
Agricolo-Operaio; nei locali del Circolo vi è solo l’assesso-
della Resistenza.
re comunale socialista Antonio Bensi; gli altri avventori si
Antonio Bensi, Carlo Boniperti, Oreste Frattini, Vittorino
sono allontanati non appena, in paese, è scattato l’allarme.
Gramoni, Francesco Donna, Maggiorino Ortaldi, Carmelo
È probabile che gli esaltati sgherri neri non conoscano
Ardizzoia, Napoleone Fenoglio sono le vittime dell’odio
Antonio Bensi, ma certamente ritengono il Bensi reo di
nazifascista che il Comune di Barengo ha voluto ricordare
averli attesi nella casa dei lavoratori; deve essere punito
con una lapide affissa sulla facciata del Municipio.
per il coraggio dimostrato. Contro il Bensi vengono sparati alcuni colpi di rivoltella; dopo alcune ore il Bensi muore. Gli
L’EPISODIO DEL 1922
sgherri mussoliniani continuano la loro opera di distruzione, ripuliscono la cassa del Circolo e quella del banconie-
Già nell’estate del 1922, la violenza fascista si manifestò
re, spaccano mobili ed attrezzature e, infine, se ne
nel territorio novarese, come in altre zone del nord Italia,
vanno...” (1)
quando le squadre fasciste cercarono di soffocare la liberDa: Enrico Massara: “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese”, Novara 1984 (1)
tà di pensiero, di parola e di associazione, punendo coloro che si impegnavano attivamente nell’attività politica e reprimendo ogni forma di organizzazione sindacale o di partito.
L’ECCIDIO DI PROH
“Popolo novarese” dell’11 luglio 1944 così pubblicava:
Le rapine cui si dedicavano i nostri erano di sommo interesse poiché
”Durante azioni di rastrellamento compiute dalle squadre
consistevano appunto in mitra e bombe a mano della suddetta brigata
di CC.NN. della Brigata nera Augusto Cristina di Novara,
Cristina e le ribalderie tendevano all’immorale scopo di liberare l’Italia da
nella zona di Fara Novarese sono stati uccisi sette banditi,
certa sozza genia che, in fatto di ribalderie, ne sapeva veramente qualco-
tra i quali uno di origine slava, che scorazzavano in quella
sa.” (2) Gli altri caduti persero la vita ciascuno in un luogo diverso e in epi-
plaga compiendo rapine e ribalderie di ogni sorta.”
sodi diversi: Napoleone Fenoglio, appartenente alla 6ª brigata Gramsci, cadde a Varallo
L’episodio che si concluse con l’uccisione di Oreste Frattini, Carlo Boniperti e Vittorino Gramoni avvenne nella
(2)
I “Fuorilegge “ di Fara e quelli di Proh La stella alpina, 5 agosto 1945
Loss, venne ucciso nell’eccidio di Ghemme il 6 marzo 1945; Francesco Donna venne fucilato a Suno il 23 agosto 1944; Maggiorino Ortaldi, appar-
notte del 9 luglio 1944 e venne in seguito narrato su “La stella alpina”.
Sesia l’8 agosto 1944; Carmelo Ardizzoia, appartenente alla brigata Volante
Foto e testi a cura di Irene Santamaria ed Edoardo Boroli.
tenente alla Brigata Pizio Greta, fu fucilato dai nazisti nei pressi di Barengo
Un reparto delle brigata nera Cristina di Novara, camuffa-
il 2 ottobre 1944.
tosi da partigiani, dopo aver preso prigionieri e fucilato
Sulla strada provinciale che conduce da Barengo a Fara Novarese, nel ter-
all’una e dieci di notte, sulla strada che da Fara va verso
ritorio comunale barenghese, a circa 1 km dal centro del paese, sul bordo
Barengo, quattro volontari, “si imbatteva più tardi in altri
della strada, si trova un cippo dedicato a Maggiorino Ortaldi, che fu fucila-
tre dei nostri che fucilava, more solito, alle 6.30 del mattino
to da soldati nazisti nell’ottobre del 1944 in questa valletta.
in faccia al castello, subito dopo la fonte per venire a Barengo. Compiuta l’infame bisogna contro ogni legge umana e di guerra, il reparto repubblichino (...) temendo il peggio rientrava in Novara e si faceva premura di diffondere alla stampa il comunicato della bella impresa che il 42
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I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri galliatesi della resistenza Il tributo che Galliate ha pagato alla lotta di Liberazione è
COMUNE DI GALLIATE
stato molto alto: 9 i partigiani caduti, tra cui una donna. Queste le loro storie a futura memoria. EMILIO MURCIANO Nato a Druogno, in Val Vigezzo, il 20 dicembre 1920, Emilio all’età di otto anni si trasferisce con la famiglia a Galliate. Consegue a Novara la maturità classica (1939) e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano. Chiamato alle armi, frequenta il Corso Allievi Ufficiali
Michele Bignoli, Francesco Albertinale, Emilio Murciano, Remo Rabellotti
a Spoleto. Ufficiale di prima nomina, viene assegnato come sottotenente all’81° Reggimento Fanteria di stanza a Roma.
Comandante Emilio ritorna al suo posto di lotta al comando
L’8 settembre, senza lasciarsi travolgere dallo sbandamento
del Battaglione ‘Comoli’, per venire poi nominato
dell’esercito italiano, in divisa e con la propria pistola d’ordi-
Comandante di Brigata. Alla prima azione importante non
nanza, sale in treno a Roma e viaggia indisturbato fino a
vuole mancare; il 26 dicembre del 1944 partecipa così, mal-
Galliate. Rientrato a Galliate, consegue nel novembre 1943 la
grado le sue precarie condizioni di salute, all’attacco del pre-
laurea in giurisprudenza e inizia il tirocinio presso uno studio
sidio di Pettenasco con gli uomini del nuovo Battaglione
legale di Novara.
“Brunetto”. Con lo stesso Battaglione Emilio si porta, nel
Nella primavera del 1944 non aderisce alle ripetute chiama-
cuore del gelido inverno, in Val d’Ossola. Durante l’attacco
te alla leva dell’esercito repubblicano e la notte del 29 mag-
del 2 febbraio 1945 ad un treno blindato alla stazione di
gio parte per i monti della Val d’Ossola insieme agli amici
Vogogna, Emilio, sempre alla testa dei suoi uomini, viene
Remo Rabellotti e Francesco Bignoli. In seguito all’intensifi-
nuovamente ferito al capo. Trasportato morente all’Ospedale
carsi dell’azione di rastrellamento delle truppe naziste e delle
S. Biagio di Domodossola, vi rimane degente per una ventina
brigate nere nella zona di Ornavasso, che costano la vita al
di giorni e sottoposto ad una serie di interrogatori da parte
compagno Rabellotti, si unisce alle formazioni garibaldine
dei fascisti che, tranne negli ultimi giorni di vita, non gli per-
della ‘Xª Rocco’, Brigata della Divisione ‘Redi’. Ben presto le
misero di ricevere visite. Alla sua morte, sopraggiunta il 23
sue doti emergono. Il brillante comportamento tenuto nella
febbraio 1945, i fascisti, per paura che la memoria esempla-
battaglia del Massone (agosto 1944) e la fiducia che si era
re di un partigiano incentivasse i disordini, non permisero lo
conquistato tra gli uomini, portano il Comando garibaldino
svolgersi della celebrazione del suo funerale. Le spoglie ven-
della ‘Xª Rocco’ ad affidare ad Emilio il comando del 2°
nero sepolte nel cimitero di Druogno per poi essere trasferi-
Battaglione ‘L. Comoli’.
te, alla morte del padre, al cimitero di Galliate. È MEDAGLIA
di giustizia che lo animava e alla profonda convinzione matu-
strazione, senza però subire vittime. Alla notizia, pervenuta tramite una
Combatte in prima linea nella battaglia di Gravelona Toce (12-
D’ARGENTO al valor militare della Resistenza.
rata in lui della necessità di un impegno in prima persona
donna di Ornavasso, che truppe tedesche stanno perlustrando il paese e
15 settembre 1944), dove rimane gravemente ferito al capo.
nella lotta contro i nazi-fascisti, a difesa della libertà e della
portando via uomini, Remo ordina di rifugiarsi nelle baite. Rimasti indietro
Viene catturato e ricoverato, “con speciale sorveglianza”,
REMO RABELLOTTI
nazione (“Io parto perché devo partire; non posso, non devo
per aspettare alcuni compagni, Remo e un compagno vengono catturati dai
all’Ospedale di Omegna. Il personale dell’ospedale era però,
Nato a Galliate il 6 luglio 1920, nel 1943 si laurea a pieni voti
più restare”). La notte del 29 maggio 1944 Remo parte insie-
tedeschi e portati nel palazzo delle scuole, dove trovano altri due membri
in gran parte, collaboratore dei partigiani e, che quindi tra-
con lode in Medicina Veterinaria a Milano, diventando imme-
me a due suoi compagni, Francesco Bignoli ed Emilio
della spedizione. Dopo essere stati sottoposti per tre giornate a violente
sportano Emilio e gli altri partigiani ricoverati sulla sponda
diatamente assistente universitario. Impegnato in modo con-
Murciano. Il 31 maggio Remo raggiunge le baite del campo
minacce ed inaudite torture ed dopo essere stati privati di ogni cosa, Remo
opposta del lago d’Orta. Non appena riprese le forze, il
vinto e attivo fin da ragazzo nell’Associazione giovanile di
sopra Ornavasso, dove si trova un reparto del “Gruppo
e i suoi tre compagni vengono caricati su un’auto e portati in campagna.
Azione Cattolica dell’Oratorio, nel 1940 viene eletto presi-
Patrioti Ossola” (nucleo della futura “Divisione Valtoce”),
Alle 17,30 di mercoledì 14 giugno 1944, i patrioti Felice Cattaneo, Bartolomeo
dente. Dell’Associazione fanno parte, tra gli altri, Emilio
comandato da Alfredo Di Dio. Il pomeriggio dell’11 giugno, il
Oliaro, Remo Rabellotti e Edoardo Rossi vengono fucilati vicino alla Chiesa
Murciano, Dante Mena, Francesco Albertinale e Francesco
servizio informativo dei partigiani segnala la presenza di un
di S. Bernardo, presso Migiandone di Ornavasso. Prima di morire Remo
Bignoli. Nel 1940, Remo e i giovani universitari perdono il loro
treno carico di farina, pirite e macchinari, fermo alla stazione
gridò: ”Viva l’Italia libera!”
padre spirituale, l’assistente dell’Oratorio don Girolamo
di Gravellona Toce. Viene deciso l’assalto! L’operazione è
Il 9 maggio 1945, Novara e Galliate tributarono solenni onori militari alle spo-
Giacomini chiamato a lasciare Galliate per assumere un
affidata ad un gruppo di 15 volontari, tra i quali Remo con il
glie di Remo Rabellottti, che ora riposano nella tomba di famiglia a Galliate.
impegno nella segreteria diocesana dell’Azione Cattolica.
grado di sottotenente. Assicurati dalla tranquillità della sta-
Nel maggio del 1944 Remo confida agli amici più cari della
zione i partigiani iniziano a svuotare il treno di farina e a com-
Gioventù Cattolica di Galliate la sua ferma decisione di unir-
piere azioni di sabotaggio; al termine dell’operazione, mentre
si ai partigiani che combattevano in montagna, non per moti-
è diretto verso le baite, il gruppo viene a trovarsi sotto le raf-
vi ideologici o politici, bensì per tener fede al radicato senso
fiche di mitraglia sparate da una pattuglia tedesca in perlu-
Dante Mena, Francesco Bignoli, Francesco Albertinale, Emilio Murciano
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Partigiani caduti
Provincia di Novara Assessorato all’Istruzione
LICEO SCIENTIFICO A. ANTONELLI - NOVARA
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I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri delle resistenza a Novara Durante gli anni del governo fascista anche a Novara le
locali, decide di collaborare con i tedeschi.
sabotaggio, ma che col tempo diventano vere e proprie
forze dell’opposizione vengono duramente colpite. Il
Grazie alla presenza tedesca sul territorio si forma il nuovo
Brigate collegate ai gruppi politici di orientamento cattoli-
Tribunale speciale condanna al carcere e al confino i prin-
partito fascista repubblicano e si ricostituiscono le orga-
co, socialista, comunista e azionista.
cipali esponenti dell’antifascismo novarese: comunisti,
nizzazioni fasciste, ma solo dopo la nascita della
La loro attività risulta essenziale per sensibilizzare e mobi-
Questura guidata da Vincenzo Martino: Vittorio Aina, Mario Campagnoli,
socialisti, cattolici e azionisti.
Repubblica sociale italiana svolgeranno un ruolo ammini-
litare la popolazione e per mantenere i collegamenti con le
Emilio Lavizzari, Giuseppe Piccini.
Nonostante questo la resistenza clandestina continua dif-
strativo e politico con i nazisti.
formazioni in montagna. Fondamentale a questo proposito
fondendo, attraverso opuscoli e giornali, un’informazione
Il nuovo governo, formato dopo il ritorno dalla Germania di
il lavoro svolto, nel coordinamento dei vari gruppi e delle
CASA FORNARA
alternativa a quella di regime e appoggiando gli scioperi
Mussolini il 23 settembre, si riunisce per la prima volta il 27
iniziative, dal primario di Pediatria Piero Fornara, arrestato
Situata in Corso Cavour 15,
nelle fabbriche e nelle campagne.
e a Novara dall’ottobre 1943 iniziano le sostituzioni alla
e picchiato a sua volta il 27 ottobre 1944 dagli uomini della
sede attuale dell’Istituto stori-
Dopo la caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, riprende l’at-
Prefetture e alla Questura con uomini fedeli alla Rsi.
squadraccia.
co della Resistenza e della
tività dei partiti antifascisti che presso lo studio dell’avvo-
Si succedono alla guida della Provincia Tuninetti, Barbera,
Le numerose violenze fasciste compiute a Novara per ter-
società contemporanea nel
cato Ugo Porzio Giovanola costituiscono una sorta di coor-
Vezzalini e Zuccherini, mentre in Questura si avvicendano
rorizzare la popolazione e per rappresaglia proseguono
Novarese e nel Verbano Cusio
dinamento, futuro embrione di quello che sarebbe stato il
Abrate, Pasqualy e Minervini. È alle dipendenze della
fino al 26 aprile 1945 quando la città viene liberata. Ai par-
Ossola, era l’abitazione di
Cln novarese dopo l’8 settembre.
Questura la cosiddetta squadraccia che, istituita nel giu-
tigiani locali delle Brigate Rabellotti, Dellavecchia,
Piero Fornara, (nella foto a
In seguito all’armistizio, il 12 settembre giungono a Novara
gno del 1944 e comandata da Vincenzo Martino per com-
Campagnoli e Biglieri, si aggiungono i reparti valsesiani
lato) pediatra di fama interna-
i primi reparti tedeschi: militari del I battaglione SS appar-
battere i partigiani della zona, diventa tragicamente nota
guidati da Eraldo Gastone, Ciro, e Vincenzo Moscatelli,
zionale e figura di rilievo della
tenente al II Reggimento della Divisione corazzata
per le azioni violente e sanguinarie.
Cino, che si dispongono attorno a Novara con le Divisioni
resistenza cittadina e provin-
Leibstandarte Adolf Hitler.
Dopo l’8 settembre prosegue in clandestinità anche l’ope-
F.lli Varalli e Pajetta nella notte tra il 25 e il 26 aprile.
ciale. Primo prefetto della pro-
Una parte di loro risale la provincia ed è responsabile della
ra di riorganizzazione dei partiti antifascisti che già il 21
Iniziano i primi scontri tra i partigiani presenti in città e i
vincia dopo la liberazione e
strage degli ebrei sul Lago Maggiore, mentre la formazio-
settembre costituiscono ad Arona un raggruppamento pro-
fascisti che stanno smobilitando, mentre sono in corso lun-
deputato alla Costituente per il
ne che resta in città ottiene senza difficoltà il controllo
vinciale
Nazionale.
ghe trattative tra i dirigenti della Resistenza, i responsabi-
Psi.
sulle armi e sui militari italiani: il generale Sorrentino,
Parallelamente si formano i primi nuclei militari partigiani
li militari, Fornara, il Cln locale, e i capi tedeschi e italiani
comandante del Presidio militare cittadino, nonostante i
che in città sono inizialmente piccole strutture (Squadre e
della Rsi. Un ruolo di primo piano svolge in queste ore mon-
BROLETTO
pressanti inviti alla resistenza giunti dai gruppi antifascisti
Gruppi di azione partigiana) con compiti di spionaggio e
signor Leone Ossola favorendo la mediazione tra le parti e
Nel cortile del vecchio Palazzo civico, sotto
la conseguente liberazione di Novara senza arrivare allo
il porticato a sinistra, entrando da Piazza
scontro armato: nel corso della mattinata i capi partigiani e
della Repubblica (già Piazza Duomo), si
il vescovo riescono a convincere alla resa fascisti e nazisti
trova un bassorilievo con dodici lapidi mura-
che vengono confinati nelle caserme cittadine.
rie che riportano i nomi dei caduti nella
Alle 17 del 26 aprile 1945 i reparti partigiani entrano in città
Resistenza appartenenti alle province di
e il Cln, assunti i pieni poteri, nomina Piero Fornara prefet-
Novara e del VCO.
del
Comitato
di
Liberazione
PROVNCIA DI NOVARA
to e Vincenzo Moscatelli sindaco. Il 28 aprile arrivano i primi rappresentanti degli alleati e il 2 maggio le truppe statunitensi della V armata che prendono in consegna i prigionieri tedeschi.
PIAZZA MARTIRI DELLA LIBERTÀ Novara, Veveri 26 aprile 1945: Monsignor Ossola, con i comandanti tedeschi e partigiani, durante le trattative per la liberazione della città. (foto U. Bonzanini, archivio fotografico Istituto storico “P. Fornara)
46
PIAZZA CAVOUR
È la piazza del castello visconteo sforzesco, all’epoca sede delle carceri.
Alle spalle della statua di Cavour e a lato della Banca San
Una lapide posta sulla destra dell’ingresso, lungo il fossato, riporta i nomi
Paolo si trova una lapide muraria, coperta da una spessa
di cinque partigiani, tre dei quali, Giovanni Bellandi, Ludovico Bertona,
“griglia” di marmo rosa a ricordo degli altri quattro parti-
Aldo Fizzotti, uccisi nel pomeriggio del 24 ottobre 1944, assieme ad altri
giani uccisi il 24 ottobre 1944 dalla squadraccia della
segue >
47
I SEGNI E LA MEMORIA
I martiri delle resistenza a Novara quattro fucilati in Piazza Cavour lo stesso giorno.
PROVNCIA DI NOVARA
Gli altri nomi sulla lapide sono di Felice Zanoni, morto a Novara il 28 aprile del 1944, e di Natale Olivieri, carabiniere e medaglia d’argento al valor militare, catturato e poi ucciso dai fascisti il 17 ottobre 1944 di fronte al Castello. VIALE DONATORI DI SANGUE, ANGOLO VIALE IV NOVEMBRE Tra il parco dei bambini e l’ufficio centrale delle Poste, si trova la statua di monsignor Leone Ossola, amministratore della diocesi di Novara dall’ottobre 1943 e poi vescovo della città. Importante figura di riferimento per le forze democratiche, è l’artefice della mediazione tra partigiani, fascisti e tedeschi, che porta alla liberazione di Novara il 26 aprile 1945 (foto grande a lato). VIALE MASSIMO FICUCIELLO
VIGNALE, PONTE SUL CANALE CAVOUR
All’interno del parco dell’Allea,
All’entrata di Vignale, arrivati al ponte sul canale Cavour e
VIGNALE, CASCINA ISARNO
di fronte al nuovo ponte in
svoltando a sinistra in via XXVI agosto, si trova la lapide
Poco dopo Vignale in direzione Borgomanero, si trova sulla sinistra la
con i nomi e le foto dei tredici ragazzi fucilati per rappresa-
cascina dove i fascisti della Legione Autonoma E. Muti hanno ucciso per
glia dai fascisti il 26 agosto 1944, sette uccisi qui, i fratelli
rappresaglia tre contadini il 10 aprile 1945.
Giovanni e Natale Diotti, Renato Crestanini, Erminio Sara,
Sul portone d’ingresso una lapide muraria ricorda Cesare Marchioni,
Secondo Passera, Fausto Gatti, Iginio Mancin, e sei nei
Giuseppe Avondo e Angelo Colli, anche se ora sono visibili solo gli ulti-
pressi del ponte ferroviario.
mi due nomi.
legno che immette nel castello, è collocata la lapide dedicata al generale novarese Luigi Edoardo Gherzi, comandante
di
fanteria
della
Divisione Acqui e medaglia
Valsesia, Verbano, Cusio, Ossola, c’è una lapide muraria all’ingresso del Campo 1°, recinto 1°, a sinistra sotto il porticato, con i nomi e le foto dei partigiani novaresi caduti, e un monumento di pietra e metallo a ricordo degli ex internati militari si trova al centro del Campo 4°, recinto 4°.
d’oro al valor militare. Gherzi, con altri militari italiani, viene
PORTA MORTARA,
giustiziato dai tedeschi a Cefalonia il 24 settembre 1943,
ANGOLO
nonostante la resa avvenuta dopo una settimana di com-
C.SO
XXIII
partigiano Luigi Zanetti ucciso a Vignale il 19 novembre
CORSO DELLA VITTORIA
1944 durante uno scontro a fuoco.
Di fronte alle Officine Grafiche De Agostini, sulla sponda del canale Quintino Sella, un cippo è stato posto sul luogo dell’uccisione del parti-
MARZO E VIA MONTE SANTO
battimenti.
giano milanese Giulio De Simoni, avvenuta il 21 giugno 1944 ad opera di
Una lapide, all’interno di una
quartiere.
novarese dell’Università del Piemonte Orientale, una lapi12 settembre 1943 dai tedeschi, da poco giunti in città, mentre stava osservando il movimento dei militari davanti alla caserma.
della squadraccia.
nomi dei caduti partigiani del
Di fronte all’ingresso della ex caserma Perrone, ora sede de ricorda Giuseppe Ubezio, un ragazzo di 18 anni ucciso il
Salvatore Zurlo della Gnr di Novara e di Vincenzo Martino, comandante
piccola cappella, riporta i
VIA PERRONE, ANGOLO VIA MAGNANI RICOTTI
PIAZZA SAN MARTINO Una lapide muraria, sulla parete del vec-
SANT’AGABIO, VIA DELLA RIOTTA Sulla parete d’ingresso della Direzione del III Circolo didattico, una lapide muraria ricorda i partigiani del quartiere caduti.
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TRA
Accanto alla lapide, una colonna spezzata ricorda anche il
chio edificio che ospitava
l’Istituto
per
anziani “De Pagave”, ricorda i caduti partigiani e gli internati militari del quartiere.
VIGNALE, PONTE FERROVIARIO SUL CANALE CAVOUR Poco prima del canale, svoltando a destra sul tratto pedonale di via
SANTA RITA, PARCO PUBBLICO
XXVI agosto, nei pressi del ponte
CIMITERO COMUNALE, VIA CURTATONE
All’interno del parco, nell’angolo tra via S. Rita e via
ferroviario, si trova un cippo a
Nel cimitero cittadino, oltre alle tombe di alcuni partigia-
Alagna, sorge un cippo dedicato a Giovanni Andoardi, par-
ricordo dei sei partigiani qui fuci-
ni illustri come quella di Eraldo Gastone, Ciro, comandan-
tigiano della Divisione Beltrami, ucciso in uno scontro a
lati: i fratelli Orione e Spartaco Berto, Pietro Molinari,
te militare del raggruppamento Divisioni garibaldine della
fuoco il 20 febbraio 1945.
Antonio Denti, Angelo Saini, Giuseppe Schiorlini.
Provincia di Novara Assessorato all’Istruzione
LICEO SCIENTIFICO A. ANTONELLI - NOVARA
A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E
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I SEGNI E LA MEMORIA
L’eccidio di Casalino I SETTE MARTIRI DI CASALINO
Roncaglione – studente diciottenne di Orfengo – cade il
Dall’intervista a Ugo Roncaglione, il fratello di Ezio,
ventunenne Giovanni Poletti di Cressa e vicino a lui cade il
uno dei partiginai trucidati
COMUNE DI CASALINO
È il 30 marzo 1945: reparti della "E. Muti" - oltre centocin-
diciottenne Francesco Lazzaroni di Dello (BS); qualche
quanta militi - vengono scaricati da una colonna di auto-
centinaio di metri più in là cadono il ventiduenne Domenico
Arrivato ad Orfengo c’era già
mezzi all’ingresso di Casalino; vi sono, con i militi, una deci-
Gatta di Bovegno (BS) e residente in Vinzaglio, il diciotten-
trambusto e correva la voce
na di SS, guidate dall’interprete Borgonovo.
ne Francesco De Stefano, perito industriale di Reggio
che i fascisti avessero ucci-
I nazifascisti perquisiscono tutte le case del paese e fanno
Calabria e residente a Casalino; ancor più lontano viene
so venti Partigiani. I fascisti
man bassa di tutto ciò che può essere loro utile e, prima di
abbattuto il venticinquenne Giuseppe Manenti di
passarono poi nelle diverse
ogni altra cosa, di denaro e preziosi. In via S. Pietro si
Comenzano (BS), ma residente a Casalino. Infine anche il
frazioni
imbattono nei fratelli Giuseppina e Severino Comelli; pur-
diciassettenne Severino Comelli trascinato fino a Quarti
Casalino sino alle tre del
troppo in una saccoccia di Severino viene scoperto un
viene assassinato dai militi della "Muti".
pomeriggio vantandosi di
mazzetto di volantini che inneggiano alla prossima vittoria
del
Comune
di
quello che avevano fatto e
finale delle forze di liberazione. Severino Comelli, percosso
Da Enrico Massara.
mostrando come trofei ciò
selvaggiamente, confessa di avere ricevuto i volantini dal
“Antologia dell’antifascismo
che avevano strappato ai
fratello che si trova in località Quarti, nei pressi di
e della Resistenza novarese”
Partigiani.
Cameriano.
Quando si recarono ad
Severino è certamente all’oscuro del fatto che in quel
Orfengo ed entrarono nella
momento a Quarti è in sosta una pattuglia della "Osella"
trattoria dei miei genitori un giovanissimo fascista si van-
che, durante la notte ha trovato rifugio nei cascinali dei
tava di aver ucciso due partigiani e portava due fucili.
dintorni. La pattuglia della Osella è di corvè: ha il compito
Un tedesco, sentendo il ragazzino lo fissò per un istante e
di bora ed era quasi completamente immerso nell’acqua e totalmente
gli disse in un italiano stentato che sicuramente non
coperto dai cespugli. I fascisti si erano messi a cercarlo perché l’aveva-
sarebbe mai diventato vecchio.
no visto cadere ma non lo trovarono e venne salvato dalla gente nel
A Casalino mostrarono la carta d’identità di mio fratello
pomeriggio. In quella zona fu ritrovato in un campo di colza il cadavere di
dicendo: "Abbiamo ucciso il vostro studente!". Portavano
De Stefano, con il ventre mutilato.
al collo i suoi scarponi e mostravano l’orologio d’oro che
Il Comelli fu giustiziato alla fine dello scontro: prima venne percosso, infi-
gli era stato sottratto.
ne gli fu fatta scoppiare una bomba sulla testa. Il volto di mio fratello era
La ricostruzione dell’accaduto fu fatta in base al sopralluo-
tutto sfregiato: lo avevano utilizzato come bersaglio per lanciare i loro
go. Mio fratello, il Lazzaroni e il Poletti, che portava un
pugnali. Il Manenti fu colpito alle spalle quando aveva quasi raggiunto la
mitragliatore inglese Brem, si appostarono in un canale
statale.
parallelo alla strada, per poter vedere l’eventuale arrivo
I fascisti, finito l’eccidio, passarono dal municipio ed intimarono al segre-
dei Fascisti. Gli altri si misero in posizione nord protetti dai
tario comunale dr. Farnetti di lasciare pure i cadaveri a marcire dove si
primi tre, che avevano maggiore possibilità di fuoco. Si
trovavano.
ritiene che il primo a cadere, senza aver neanche la possi-
Al parroco fu intimato di non commemorarli con alcuna funzione religiosa.
bilità di sparare, sia stato il Poletti. Venuta meno la forza di
La popolazione invece si adoperò al recupero dei morti per poi provvede-
fuoco principale i Partigiani, già in inferiorità numerica, si
re a celebrare le sepolture.
di racimolare viveri per il proprio reparto che si trova tra i vigneti di Briona.
Fotografia tratta da "I briganti neri a Casalino" articolo di Soreghina, pubblicato da "La Stella Alpina" 15 luglio 1945.
Gli otto garibaldini della "Osella" vengono presi alla sprovvista: solo due riescono a fuggire, mentre gli altri cadono falciati dalle raffiche dei mitragliatori e dei mitra. Cade Ezio
A lato: il libro di Moscatelli e Secchia, che ben descrive il contesco in cui si sono svolti i fatti.
trovarono completamente debilitati. Mio fratello e il Lazzaroni si gettarono sul Poletti ferito per assisterlo. Gli altri quattro cercarono la fuga verso la Cascina Maghetta, inconsapevoli del fatto che anche in quella direzione la strada era sbarrata dai fascisti. Tuttavia riuscirono ad allontanarsi un po’ passando nei canali asciutti. Quando sembrò loro di essere fuori tiro, per fuggire più velocemente uscirono allo scoperto cercando di raggiungere la statale che collega Novara a Vercelli. Solo uno, il caposquadra La Rusca, continuò la fuga nei fossi raggiungendo la statale e portandosi sul retro dello schieramento fascista. Così si salvò. Un altro Partigiano, il Serpente, venne ferito nella fuga e cadde nella fontana detta dell’ospedale. Fortunatamente nei pressi vi erano dei cespugli 50
Provincia di Novara Assessorato all’Istruzione
A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E
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GRANOZZO CON MONTICELLO
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BELLINZAGO
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Ringraziamenti