VERONA RELOAD Un programma per l’ex Magazzino FS Porta Vescovo ed il Parco Adige Sud a Porto San Pancrazio
Colophon
Verona Reload riassume le prime fasi di lavoro finalizzate a definire un programma complesso di riuso per le aree dell’ex magazzino approvvigionamenti FS Porta Vescovo presente all’interno del quartiere di Porto San Pancrazio a Verona
Il programma è
Contributi
Reload Publishing
promosso da
Pierangelo Barontini
è un progetto editoriale
Marant s.r.l.
Don Adelino Bortoluzzi
di Heads Collective
Luigi Cerantola
e Centro Studi Usine
Committenza
Marisa Fantin
Antonio Dalle Nogare
Danilo Gerotto
Stampato in 500 copie
Martin Zischg
Renato Malaman
nel mese di Novembre 2011
Carmelo Miola Alta sorveglianza
Paolo Richelli
Per aggiornamenti
Bruno Barel
Franco Zagari
e informazioni accedi
Project manager
Curatore pubblicazione
Diego Malosso
Claudio Bertorelli -
© Marant s.r.l.
Asprostudio
ISBN 9788890669507
a veronareload.it
Progetti Archiplan Studio
Design
(Stefano Gorni Silvestrini,
Heads Collective
Diego Cisi) Foto Asprostudio
Nico Covre
(Claudio Bertorelli, Nicola Mattarolo;
Stampa
con Eleonora Bottin,
Europrint
Giulio Contin, Francesco Dal Toso,
Grazie a
Pietro Los,
Anna Braioni
Benedetta Nicolich)
Otto Gerdino Daniele Perbellini
EPO Equipe Progetto Operativi (Jornet -Llop-Pastor SLP, Antonio Ravalli Architetti, FF Arquitectura) Studio Semerano Laboratorio di Architettura (Toti Semerano, Stefano Antonello, Mauro Aschedamini, Ludovica Fava, Iride Filoni, Tommaso Gasparini, Andrea Piscopo, Nicolò Reither, Susanna Tundo, Caterina Zaccaria, Stefano Zanardi)
Danilo Pizzeghella
Verona Reload Un programma per l’ex Magazzino FS Porta Vescovo ed il Parco Adige Sud a Porto San Pancrazio
Il Quartiere di Porto San Pancrazio a Verona ha ospitato per vent’anni il più importante presidio di approvvigionamento ferroviario del Nord Italia, rimandando al giorno della sua dismissione il naturale percorso di completamento urbano del proprio fronte orientale. In quel luogo città e produzione sisono dati le spalle: dentro un raffinato sistema logistico capace di gestire oltre sessantamila contenitori di pezzi di ricambio; fuori un quartiere nato operaio e cresciuto fino a saturare lo spazio di un gradino alluvionale tra la roggia e le linee del treno. Una storia come tante in Italia, per cui l’identità di un luogo finisce là dove inizia il dover fare. Ma si sa, la storia dà torto e dà ragione, e oggi quello stesso quartiere privato del suo Est si trova affacciato su un parco fluviale, il Parco Rurale dell’Adige Sud, la risorsa più avanzata e sostenibile che oggi una città possa offrire. Ecco un’occasione di paesaggio da cui ripartire! Non resta quindi che spostarsi verso un pensiero laterale, rimescolare carte, idee e disegni fino a trovare il giusto equilibrio per un’area nè urbana nè rurale che appare strategica nell’assetto veronese. Verona Reload riassume le prime fasi di un percorso progettuale del tutto innovativo svolto tra settembre e novembre 2011, teso ad evocare soluzioni di riuso per quel fronte urbano ad est che gli abitanti di Porto San Pancrazio hanno dovuto dimenticare e oggi possono ritrovare.
Verona Reload
Indice
5 Capitolo 1 Antevisioni 7 Non solo un progetto 8 Verona. Le scelte 11 A verona si fa 12 Oltre i paradigmi 13 A Porto San Pancrazio Verona si interroga 19 Capitolo 2 Immagini, indagini e casi di studio di riferimento 20 42 46 52 57
Sotto il limite di velocitĂ Invarianti di analisi Elaborati grafici dello stato di fatto Casi studio di riferimento
Capitolo 3 Quattro visioni e cinque letture
59 Archiplanstudio La punta di Porto San Pancrazio 74 Verona 77 Asprostudio Verona Reload agenda pubblica 97 Porto San Pancrazio, la scommessa del km 0 98 Senza abitare non si fa carne nè uomo 101 EPO - Equipe Progetti Operativi La porta del Parco 114 Di gusto a Porto San Pancrazio 116 Quale buona novella? 119 Studio Semerano Laboratorio di Architettura Vuoto per pieno 140
Team Verona Reload
4
Verona Reload
Capitolo 1 Antevisioni —
5
Antevisioni
6
Verona Reload
Non di Antonio Dalle Nogare e Martin Zischg, Marant S.r.l.
solo un progetto
—
Ci siamo trovati tutti, dalla sera alla mattina, a fare i conti con una crisi che ha tolto certezza anche alle cose ovvie, perfino alla economia “rifugio” del mercato immobiliare. Un anno fa cercavamo ancora le case accessoriate e oggi percepiamo che la qualità della vita ci raggiunge in altri modi: torna a venire dalla luce o dal vuoto di uno spazio, pubblico o privato che sia, si manifesta nelle nuove forme di comunità attraverso occasioni nate su internet e vissute poco dopo nella realtà. Insomma, abbiamo capito che questa che viviamo non è una crisi passeggera ma il primo effetto di un cambiamento che investe la vita, lo stile e il gusto di tutti; non li migliora ne li peggiora, semplicemente li cambia imponendo nuovi paradigmi e linguaggi. Quindi bisogna allenarsi, vestendo una nuova casacca e nuove scarpe. Marant si è data il ruolo di indagare questi nuovi orizzonti di vita per via diretta, sul campo. Ha individuato un investimento e promosso Verona Reload, un modello di trasformazione dei luoghi che prima di tutto punta a definire un percorso di opportunità e poi prosegue con le opere vere e proprie. Del resto ci dicono che il Nordest deve cominciare a ragionare da metropoli, quindi secondo una visione più complessa rispetto a quella classica del rapporto tra città e contado. Ma per farlo dobbiamo tutti impegnarci a far decollare nei luoghi un rapporto trasparente e virtuoso tra pubblico e privato, perché solo da esso si può dare risposta ai desideri che pongono le nostre comunità. Questa pubblicazione presenta la sintesi delle riflessioni che immaginano per Porto San Pancrazio una nuova scena intimamente connessa alla propria storia recente e alle risorse vere che possano renderlo davvero unico. L’auspicio è di aver svolto nel giusto un primo tratto del percorso, la certezza è di averlo fatto con tutto l’entusiasmo e onestà possibili.
7
Antevisioni
Verona. di Marisa Fantin e Paolo Richelli, architetti
Le scelte
—
Dopo un percorso travagliato e difficile di rinnovamento della propria strumentazione urbanistica, protratto per anni senza mai giungere alla definizione del nuovo PRG e dopo centinaia di varianti più o meno consistenti, nel febbraio 2008, prima città capoluogo nel Veneto, a Verona entra in vigore il Piano di Assetto del Territorio. Partiamo da qui per descrivere le scelte emergenti e gli obiettivi che la città si è data anche se molte delle azioni in corso e dei principali progetti urbani derivano da politiche avviate da tempo, fatte proprie dai piani di area regionali e più volte riproposte in iniziative pubbliche e private. La città di Verona si trova al centro di un’area che è storicamente posta in posizione strategica, all’incrocio di grandi direttrici di traffico: la padana Torino-Trieste e la dorsale Roma-Brennero. Per la sua storia, per le sue dimensioni demografiche ed economiche e per il sistema di attrezzature che in quest’area si sono concentrate, la città e l’area metropolitana ad essa riferita svolgono un ruolo importante e specifico sia rispetto agli altri grandi sistemi metropolitani padani (di Milano, di Bologna e di Padova-TrevisoVenezia), sia rispetto all’area della MittelEuropa più direttamente relazionata al sistema economico padano. L’obiettivo principale contenuto nel programma dell’attuale amministrazione è porre Verona quale baricentro imprescindibile per costituire un polo di sviluppo che rappresenti la porta ovest del Veneto. La città viene descritta dai suoi amministratori in posizione emarginata rispetto all’altro polo economico e sociale del Veneto individuato nel triangolo Padova-Treviso-Venezia che è riuscito ad attrarre negli ultimi anni maggiori risorse infrastrutturali e non solo. Si cerca, quindi, di promuovere, attraverso un’analoga convergenza di interessi, un polo occidentale che punti sulle eccellenze e sulle potenzialità inespresse della città. Le chiavi di lettura attraverso le quali sviluppare questo percorso sono tre: - il Polo dell’ovest, che va costruito sviluppando opportune sinergie con Vicenza, Rovigo,
8
Verona Reload
Mantova, Brescia e Trento; infrastrutture e trasporti, università, cultura, fiere, aziende multi servizi e logistica sono i temi che da subito devono trovare intese strategiche tra le colonne portanti; - la qualificazione di Verona come area metropolitana di oltre 350.000 abitanti, aggregando a quello che è il territorio comunale tutti i comuni della cintura cittadina. Questo non solo per evidenti ragioni di opportunità finanziaria e di trasferimento di risorse da parte dello Stato, quanto piuttosto per poter attivare delle politiche serie e più efficaci soprattutto in settori di primaria importanza quali ad esempio quello ambientale e dei trasporti, che necessitano di interventi che vadano ben oltre i confini comunali; - l’istituzione del tavolo dell’economia e delle professioni per poter rispondere appieno alla logica in cui l’ente locale si trasforma da soggetto gestore a soggetto regolatore, un luogo di confronto e di concertazione delle linee di governo della città. Sono questi obiettivi importanti e complessi per i quali é necessario costruire un tessuto urbano in grado di accogliere le iniziative pubbliche e private e di dotare la città delle strutture necessarie e utili per migliorare la qualità della vita e consentire lo sviluppo dell’economia e della ricerca. I piani urbanistici della città sono rivolti a costruire le condizioni perché questo avvenga, ponendo al centro dell’attenzione il recupero del tessuto costruito e la riqualificazione delle aree dismesse in quanto motore della rigenerazione urbana. Vanno in questa direzione alcuni progetti particolarmente rilevanti di cui l’amministrazione assume in prima persona la regia. Ad esempio la riqualificazione dell’ampio comparto di Verona Sud, il cui Masterplan insiste infatti su un tessuto urbano complesso e articolato e diviene un sistema di coordinamento fisico e funzionale anche con altri comparti di trasformazione della città. È qui, infatti, che si localizza il distretto fieristico, mentre il processo di riqualificazione delle aree ex produttive si accompagna a nuovi profili
funzionali legati alla cultura, allo spettacolo e all’intrattenimento, come il nuovo centro Porta Sud delle Ex Cartiere, il polo culturale dell’ex Mercato Ortofrutticolo e dei Magazzini Generali. Risorse attuali, sia in termini di attività insediate che di livelli di accessibilità dalle reti di livello territoriale, proposte o programmi in itinere o soltanto lanciati (come quello relativo alla città della Musica di Verona, che costituisce anche un progetto strategico del PTRC) e potenzialità da cogliere anche operando all’interno degli scenari della trasformazione e della riqualificazione urbana dell’ambito territoriale di Verona Sud, suggeriscono la possibilità di definire un grande progetto di scala urbana e metropolitana finalizzato alla costruzione di una vera e propria città degli Eventi. La Città degli Eventi come insieme di luoghi e spazi della città, con attrezzature, spazi aperti -già esistenti o potenziali facilmente accessibili e destinati ad ospitare attività espositive e congressuali, iniziative culturali ed artistiche, sportive, di svago ed intrattenimento. In questa direzione, potrà essere sviluppato il terminal sud dell’Asse di via delle Nazioni/viale del Lavoro, che prevede il ribaltamento del Casello Autostradale nell’area a sud, la formazione del capolinea della nuova linea di trasporto pubblico (per una superficie di circa 5 ettari) e il parcheggio scambiatore (dimensionato per circa 2000 posti auto). Il Masterplan intende ricercare le soluzioni urbanistiche più appropriate capaci di far coabitare qualitativamente le grandi trasformazioni in atto nella ZAI storica e in particolare quelle disposte lungo l’asse di viale delle Nazioni/viale del Lavoro, con la riqualificazione urbana diffusa dei quartieri di Santa Lucia, Golosine, Borgo Roma e dei tessuti produttivi che fasciano il margine autostradale, assieme alle strutture fieristiche, dentro un quadro di mobilità e di infrastrutturazione definito e realizzabile in tempi certi. La valorizzazione di via Nazionale/ viale del Lavoro, la direttrice territoriale principale che collega il distretto di Verona Sud
9
Antevisioni
a piazza Brà e all’Arena attraversando la zona produttiva storica, sarà essenzialmente urbanistica, prima che viabilistica, in modo da offrire un contributo decisivo alla qualità della vita e dell’abitare di Verona Sud. Riducendone solo in parte il ruolo funzionale, ma non quello urbanistico e morfologico. Tale riqualificazione non potrà assorbire e concentrare tutto il potenziale di rigenerazione urbana presente nella ZAI storica, lasciando irrisolte, o rinviate nel tempo, le domande di servizi e di spazi aperti nei quartieri e nei luoghi più critici di convivenza abitativa con le attività fieristiche e con i tessuti produttivi; per questa ragione il progetto è stato articolato in modo da poter essere attuato per fasi e per stralci rispettando i criteri di fattibilità e funzionalità di ciascuna fase, con le seguenti caratteristiche: - la sede del trasporto pubblico sarà individuata nell’attuale sedime del viale, scartando le ipotesi di interramento; - la nuova linea di trasporto pubblico circolerà in sede promiscua sul viale esistente, fintanto che l’attuale sezione stradale non verrà allargata; - la sezione ottimale del viale dovrà tendere ad una dimensione costante almeno di 32 metri, per ottenere, oltre alle corsie dedicate al trasporto pubblico, due corsie per ogni senso di marcia per il traffico automobilistico, piste ciclabili e marciapiedi lungo l’intero sviluppo dell’asse. Questo progetto direttamente promosso e costruito su iniziativa pubblica rappresenta la direzione nella quale l’amministrazione intende valutare anche le iniziative promosse dai privati. La nuova città di Verona si costruisce sul rinnovo di quelle parti che possiamo definire come degradate, non più funzionali nel momento attuale, abbandonate o sotto utilizzate. Nella logica che il territorio aperto deve essere risparmiato e che il futuro delle città sta nella rigenerazione, nella riconversione degli edifici e delle aree nel senso di una progettazione più attenta all’ambiente e alla riduzione del carico urbanistico. Sono queste le parole chiave che devono essere d’ispirazione ad ogni scelta urbanistica e architettonica che affronti il tema della grande zona logistico-ferroviaria di Porto
San Pancrazio. Un’area a margine di un quartiere che è sempre stato considerato “oltre” la città, quasi alieno, e che da essa potrà, per effetto di un buon processo di trasformazione, ottenere un traino alla ricomprensione nella città. Sarà infatti la risorsa Parco dell’Adige Sud ed il suo utilizzo riscoperto dalla città ad agire da aggregante sul tessuto urbano e da “facilitatore” dei bisogni in termini di spazi a servizi per vita all’aria aperta di cittadini veronesi alla scala urbana.
10
Verona Reload
si di Bruno Barel, avvocato e docente
A Verona fa
—
Spesso è più che giustificato lamentarsi delle regole giuridiche. Qualche volta, però, bisognerebbe lamentarsi di chi non riesce a coglierne la potenzialità. Molte novità della riforma urbanistica veneta del 2004 sono rimaste sulla carta, o sono state intese e applicate in modo burocratico e riduttivo. Le responsabilità non stanno solo da una parte. Se la cultura amministrativa si è mostrata sovente fragile, anche gli operatori del settore e i professionisti sono rimasti condizionati da vecchi costumi mentali e da prassi di comodo. Una delle principali novità è rappresentata dalla nuova generazione degli strumenti urbanistici: un PAT leggero, a finalità conoscitive, garante dei valori e della sostenibilità, e poi un PI comunale flessibile, con scelte concrete e realizzabili in cinque anni, modificabile in pochi giorni dal Consiglio Comunale. Un PI che non nasce dalla mente di Zeus, ossia dell’urbanista designato dal Comune magari imbeccato da qualche amministratore, ma dall’ampia partecipazione della comunità, delle formazioni sociali rappresentative di interessi collettivi e anche dei singoli. Un PI pronto ad accogliere idee e proposte concrete, aperto alle novità e alla fantasia, specchio di una società che cambia rapidamente, pronto a rispondere ai bisogni e alle attese di una comunità. Un PI che non aspira a governare autoritativamente il futuro con rigide regole astratte ereditate dal passato, ma che sancisce un’alleanza fra parte pubblica e cittadini, in modo che carta e parole acquistino vita e riqualifichino realmente parti della città, creando lavoro e valore per tutti. Verona sta facendo la sua parte per sfruttare al meglio le potenzialità innovative della riforma. Dopo il PAT ha sollecitato tutta la comunità, con un percorso trasparente, a dare un apporto costruttivo al PI, e questo dialogo troverà compimento in sede di esame delle osservazioni. C’è ancora spazio per rivalutare alcune rigidità eccessive presenti nei criteri generali predefiniti, inadeguate a tenere conto delle specificità proprie di ciascun sito e della fattibilità economica
11
Antevisioni
delle astratte previsioni. Sta proprio qui la forza del PI e l’utilità dell’apporto partecipativo dei privati auspicato dalla legislazione veneta: finalmente esiste uno strumento che consente al consiglio comunale di rendere possibile ciò che in concreto è ritenuto conforme all’interesse sia privato che pubblico. Finalmente si passa dal “vorrei ma non posso” al “ciò che è giusto deve diventare possibile”. I promotori di questa proposta hanno apprezzato lo spirito dell’Amministrazione veronese ed hanno accettato la sfida. La sfida dell’innovazione, nel metodo prima ancora che nei contenuti. Un team di giovani con differenti talenti ed esperienze, un percorso inusuale per entrare nello spirito dei luoghi, una immersione nella storia e nel tessuto sociale, una forte consapevolezza dei valori condivisi e della inscindibilità tra città pubblica e città privata. Lo status quo del sito studiato ha fatto il suo tempo. I capannoni ferroviari hanno esaurito la loro funzione originaria, monumenti deserti di un tempo che fu. Silenziosi, morti, guardano la campagna e il fiume. Che fare? Come evitare la distruzione di valore, come creare nuovo valore, come dare un nuovo senso, un futuro, una utilità collettiva a questa parte della città? La scheda del PI adottato non propone una soluzione praticabile. Si limita ad ammettere la edificabilità del sito, con un indice irrisorio rispetto alla volumetria esistente. L’osservazione va oltre, allarga l’orizzonte alla città circostante, disvela la ricchezza nascosta nei luoghi pubblici e adegua ad essi il futuro degli spazi privati. È esattamente quello che si sta teorizzando e sognando in tanti convegni, dove tutti concordano sulla necessità di valorizzare congiuntamente città pubblica e città privata, con fantasia, con capacità di visione strategica, con realismo. A Verona si fa, un laboratorio per il Veneto.
Oltre di Diego Malosso, project manager Verona Reload
i paradigmi
—
Come affrontare lo sviluppo urbano di una cospicua area di città? Come interpretare questo momento storico? Come selezionare un team per progettare un complesso immobiliare? Quali contributi sono necessari per affrontare una tale sfida? Queste le domande nate davanti alla richiesta del Committente di ragionare sugli ex Magazzini FS di Porta Vescovo. Dopo tante sperimentazioni e tentativi di rilettura del nostro periodo, la conclusione, che di fatto è la grande partenza, sta in due parole: l’uomo e il territorio. Questi i due temi che si rincorrono, che chiedono di essere ricompresi, reinterpretati, restituiti a quella dignità che sembra sfuocata, annebbiata e allo stesso tempo sbiadita. Questa l’ardua sfida, forse più grande delle nostre capacità, ma è su questo che veniamo interrogati. Ormai ci è chiaro che nell’urbanistica è scritto il nostro pensiero contemporaneo, i nostri stili di vita, il nostro sistema relazionale, le nostre priorità, … Il nostro tempo comincia ad allarmarci rispetto a questa “socialità” con segni chiari di sofferenza, di disagio e di richieste di evoluzione. Un processo urbanistico e la sua forma edilizia possono contribuire a migliorare e a far progredire questa situazione? Sarà un sogno, sarà un rischio, ma abbiamo il dovere come collettività di osare qualcosa di nuovo, in particolare nella primaria struttura relazionale della nostra società, che è la struttura urbana. Andare oltre i paradigmi dell’oggi per pensare ad un nuovo domani? Tenendo come stella polare l’uomo e il territorio, per non rischiare “voli d’Icaro”, siamo partiti. Un’impresa così ardua non si fa da soli, è necessario costruire un buon “equipaggio”, che sappia navigare in mari mossi, freddi e insidiosi. Se dell’uomo parliamo chi meglio di “professionisti” che ascoltano, consolano, alimentano, elevano e informano gli uomini, possono aiutarci a guardare oltre: un poeta, uno psichiatra, un sacerdote, un giornalista, …Se di territorio parliamo meglio avere a bordo degli architetti che hanno orientato la loro ricerca in questa direzione, che tentano di sperimentare per l’uomo e il suo territorio. Tutti assieme per sondare sogni, percorsi e stimoli per il futuro
12
Verona Reload
di quest’area. Non un concorso, non una “battaglia” perché vinca il migliore. E così, tolta la competizione, torniamo magicamente uomini per un unico fine. Meglio togliere anche ogni ragionamento economico-finanziario così nessuna “sirena” ci distrarrà dall’obiettivo. Nessuna censura, nessun vincolo, nessuna ricerca estetica compiacente al quotidiano, nessuna ricerca di affermare qualche “io”: solo ricerca dell’uomo e del suo territorio.
A Porto San Pancrazio Verona di Franco Zagari, architetto paesaggista e docente
si interroga
—
Cosa accade a Verona? Il quartiere di Porto San Pancrazio a Verona è il focus di un esperimento urbanistico di assoluta originalità. Il luogo non potrebbe essere scelto meglio, a cominciare dal toponimo che ricorda un traghetto attorno al quale si è formato un piccolo quartiere operaio. È oggi un ambito ibrido ma chiaramente circoscritto, un crocevia di decadenza, attività interrotte, assenze. L’idea è proprio di fare di un punto di debolezza un punto di forza, pensare un nuovo paesaggio, ristabilire insomma quello che potrebbe essere oggi in metafora un traghetto: una rete, una serie di connessioni capaci di mettere in contatto mestieri, tecnologie, risorse che a Verona potenzialmente ci sono, ma in sonno o in attesa, e in particolare valorizzare nuove categorie di progettisti-utenti che sono quanto mai disponibili nella nuova generazione. Pensare nuovi paesaggi per il nostro tempo è una delle chiavi critiche, forse la più importante, per una maggiore qualità dell’habitat, questione che è innanzitutto civile e che sottende un’emergenza assoluta: combattere decadenza e degrado.
13
Un esperimento originale Quello che qui si sta tentando è “saper vedere” nuovi paesaggi, e farlo proprio dove tutto sembra ormai spento, afono, terminale. Vedere e riconoscere nuovi paesaggi che ancora non hanno struttura ma sono perfettamente fattibili, arte difficile anche per professionisti del mestiere. Saper scegliere questo ambito geografico e questo ambito sociale e proporli come un tema di attualità, cosa non facile. Portare tante forze intellettuali a confrontarsi, arrivare a un programma ambizioso, promuovere quattro visioni progettuali, usare un linguaggio che è proprio di un progetto di paesaggio. Ecco, tutto questo mi sembra testimoniare già un primo risultato significativo, l’invenzione di una macchina non comune di engineering sia istituzionale che tecnica, il cui primo dato mi sembra essere il passaggio, che è già in atto e ad una avanzata fase di maturazione di una mentalità, di un costume, di un’abitudine; esso manifesta chiarezza di intenti, volontà Antevisioni
e capacità di proporre un deciso coraggioso reset, cioè un cambiamento che parte dallo smontare e rimontare ciò che già c’è ma non ha modo di esprimersi. Penso che l’approccio del progetto di paesaggio sia qui espresso nelle sue maggiori possibilità, con la lucidità di un teorema: sue chiavi preziose sono il rapporto dialettico continuo fra diagnosi e interpretazione dei contesti, perché gioca su sistemi e su relazioni e non su oggetti, apre la scena alle comunità o individui che di quel luogo si sentano partecipi e responsabili, nasce dal concorso di più saperi, sperimenta strumenti e metodi interscalari che sottrae a determinismi astratti dal generale al particolare, dal piano al progetto. Porto San Pancrazio si annuncia in questo senso come un primo vero caso di attuazione in Italia della Convenzione Europea del Paesaggio in un contesto urbano. Infatti vi è non solo la consapevolezza dei valori storici che sono in gioco, ma anche una visione di futuro, dettata da una capacità di ascolto di vocazioni e di istanze sociali molto forti e una capacità anche di prefigurare nuovi assetti consci della rilevante influenza economica che certamente ne può discendere, con una ricaduta di indotto prevedibilmente molto forte, di idee, di speranza, di vita, perfino in una economia stagnante come quella che stiamo drammaticamente vivendo. Si tratta di una notevole svolta culturale che riguarda centralmente importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa preziosa per una economia virtuosa. La posta è alta, perché il plus valore di un paesaggio in buona salute in termini economici e di occupazione è oggi molto alto, apre la strada a concorrere a mercati competitivi fino ad ora molto lontani. La città si interroga La città di Verona si interroga qui su una questione nodale che riguarda il suo futuro di “città non città”. Perduta la sicurezza dell’alibi di uno dei centri storici più belli d’Europa, la città storica con la sua certa misura del nucleo romano (cardo, decumano, arena) e l’armonia organica della città
medievale (intra moenia, piazza delle Erbe), e attutita la scansione musicale della campagna attorno (lo spartito regolare del graticolato romano e l’invito invece sensuale della collina), annegate le grandi infrastrutture ferrovie e autostrade in un tessuto informale abitativo e produttivo, rimane l’Adige e il panorama delle montagne, un orientamento ancora chiaro per preziosi punti panoramici che si offrono alla vista, e il sentore del Garda, che non si vede ma si intuisce vicino. Dove è ora la città nel suo insieme? L’arrivo in centro è faticoso e confuso, da Vicenza, da Brescia, da Ferrara o Bologna, da Trento, oppure dall’isola infelice dell’aeroporto, o dalla Fiera, pur molto vicini ma che nessun contributo hanno aggiunto alla forma della città; si susseguono strade senza carattere e sequenze scollegate di edifici senza relazione fra loro. Ma questo magma, che si spinge poi in tutte le direzioni ovunque morfologia e catasto lo abbiano consentito, è vivente, pulsa di passioni, aspirazioni, attese. Sembra che la città non aspetti altro che di voltare pagina, che abbia deciso di smettere di attendere un lieto fine per riscrivere Giulietta e Romeo. Come in un incantesimo, siamo presi da un alternarsi di sentimenti contrastanti di malinconia e di speranza. Improvvisamente, i paesaggi storici più familiari sembrano attutirsi nell’immaginario come nell’uso, tendendo ad appiattirsi in stereotipi, come nei messaggi semplificati del turismo di massa, mentre mostrano un’evidente difficoltà a rigenerarsi spontaneamente in nuove forme dotate di altrettanto carattere. Si afferma per Verona l’evidenza del suo essere una nuova “città non città”, non più urbana né rurale, che è ormai profondamente diversa da quella di solo dieci anni fa, che ha sviluppato un corpo spesso sgradevole, ma che può essere ascoltato e capito, forse curato.
14
Una nuova mentalità L’esigenza che sembra proporsi il percorso di progetto per l’ex magazzino FS Porta Vescovo a Porto San Pancrazio è di una difesa e di una valorizzazione di un patrimonio che fino ad ora Verona Reload
è apparso “alieno” o “minore” ma che può essere invece reinventato come una risorsa. Come dicono gli autori “... a cominciare dalla “testa” un sistema di parchi diviene la “nuova porta” per il “nuovo parco” dell’Adige Sud (...). In quanto grande vuoto tra la ferrovia e la residenza, diviene “nuova piazza” per il “nuovo quartiere” di Porto San Pancrazio (...). In quanto cerniera terminale tra la città storica (Campo Marzio) e il territorio periurbano (S. Michele Extra) diviene “nuova torre” per le “nuove attività” della Verona del 2020”. Tutti questi luoghi virtuali, porta, piazza, torre, denotano la volontà di organizzare le nuove attività partendo da caratteri, riferimenti e principi di orientamento che generano nuove centralità. Molto interessante è la “dimensione” opportuna (spaziale e temporale) che nei diversi sistemi è adottata come “il cardine dello sviluppo dell’area”. Si tratta, scrivono, di “... trovare e interpretare i volti della stessa cosa alle diverse scale, di incrociare circuiti locali con circuiti globali, di “aprire le porte” e offrire un’area (contemporanea) a misura quartiere/città/mondo. Housing agricolo, Bio-mercato, Entrance2015 sono tre immagini di sviluppo sul tema del consumo sostenibile. Bike-job, Quartiere 30, Light Porta Vescovo sono tre modelli di una nuova (possibile) mobilità urbana. Green.it (festival? rivista? agenzia?), E-office (ecol, econ, ergo), Authority italiana per l’alimentazione biologica sono tre scenari di futuro innovativo per l’intera area e per Verona a dimensione europea”. Ecco chiarirsi un’impostazione del tutto inconsueta per un piano urbanistico, che parte da un forte valore aggiunto affidato al rapporto cultura - partecipazione. Si inseriscono nuove destinazioni d’uso che esplorano comportamenti sociali emergenti e quindi mercati di nicchia che potrebbero rivelarsi vincenti: si intende cogliere l’occasione di Expo Milano 2015 dando un’accelerazione all’immagine della città e del suo territorio, ponendola al centro di ristrutturazioni diffuse, migliorandone la vivibilità e appetibilità. Il piano propone un rinnovamento che pone gli abitanti -e il loro stile di vita- al centro dell’immagine del territorio, annette un ruolo
centrale al riuso e alla valorizzazione del capitale umano. Fra i temi l’invenzione di un Adige-store come rifondazione dell’ex magazzino della logistica per dare la maggior visibilità possibile alla città di Verona e in particolare al Parco rurale dell’Adige Sud (sono i temi cari a Claudio Bertorelli), ma anche la creazione di “un giardino botanico come un nuovo centro di produzione, commercio, educazione e socialità”, o lo sviluppo di modelli di insediamento urbano-rurale alternativo per agricoltori, professionisti e creativi di nuova generazione (sono i temi cari ad Aldo Cibic): il quartiere vive godendo della presenza di un area adibita a parco rurale dove si coltivano prodotti che vengono commercializzati sul posto e dispone di attività tutte fortemente interattive con il pubblico, di formazione, per il benessere, l’educazione e l’alimentazione. Un parco pubblico a costo zero e un ipermercato antiglobale di cui si discute sia l’hardware che il software come parte importante.
15
Parchi Si propone una lettura di Porto San Pancrazio articolato in tre parchi, uno agricolo uno abitativo e uno produttivo, fra loro interrelati da un’intelligente regia di percorsi che ne fanno un’esperienza di continuo scambio, incontro, dialogo: “... La situazione attuale vede la presenza di tre fasce urbane a tre quote ben definite (in sequenza: parco agricolo, area logistica in dismissione, quartieri residenziali della città). Tale situazione troverebbe uno scenario di sviluppo omogeneo/coerente/ innovativo nella declinazione di tre diversi “parchi” tra loro connessi e consequenziali (parco agricolo biologico, parco residenziale, parco scientifico)”. Questo termine polisemico e abusato di “parco” ha qui un contenuto preciso. I parchi si annunciano come il punto di sintesi di programmi condivisi molto ambiziosi, quegli spazi dove si manifesta con chiarezza il genius loci di una comunità, sotto ogni forma, dal mito allo spettacolo, dal tempio e al mercato, al lavoro agricolo, crocevia dove si manifesta l’evidenza perpetua di questa tensione umana che chiamiamo consapevolezza e ricerca di Antevisioni
paesaggio. L’idea di parco di cui stiamo parlando ha profondità storica e insieme stringente attualità. Discende da idee che si formano nell’Ottocento con una specificità eminentemente urbana: il parco romantico con la sua motivazione di welfare, di decoro cittadino, di testo scientifico e patriottico; e il museo fra divulgazione della cultura e della scienza e rappresentazione di potenza nazionale; fino ad un altro modello che si innesta invece a partire dal primo Novecento, quello del turismo, che diviene rapidamente un fenomeno di costume di massa e incentiva attrezzature per l’accessibilità e l’accoglienza con una spinta fortissima di ogni genere di attività (anzi: di “animazione”). Tutto il potenziale attuativo del programma è composto in un “atlante delle opportunità” che assicura in tempo reale la coerenza delle azioni progettuali fra loro e il tutto. Opportunità dinamiche, non soluzioni statiche, è scritto nelle relazioni propedeutiche; le opportunità uniscono, le soluzioni dividono. Che di più? Una nuova città del tutto diversa si afferma con tendenze ancora da decifrare ma eminentemente discontinua e frattale. In questo senso Verona è una città europea tipica del nostro tempo e Porto San Pancrazio una “città di mezzo” che non ha alcun senso chiamare periferia; non è più infatti né città né campagna, è una nuova realtà in attesa di sedimentare, di fissare nuovi orientamenti e nuove centralità, habitat descrivibile non più tanto per quartieri quanto per flussi, comportamenti e attività. Cambiano valori e canoni interpretativi, se accettiamo di mettere in discussione anche il senso comune della bellezza. Riconoscere una nuova realtà può sbloccare uno stato insopportabile di incertezza, può scostarci da una posizione solo difensiva per aprirci ad una anche propositiva che sia oltre che di tutela anche di gestione e di valorizzazione, dalla catastrofe cercando comunque una via di catarsi. Fra i vari sintomi di questo cambio di mentalità cito solo alcuni precedenti che ho trovato centrali: un progetto di ricerca, Rethinking Happiness, alla XII Biennale
di Architettura di Venezia (Venezia, 2010); un convegno, As found, (Copenhagen, 17-18 giugno 2010); un colloquio progettuale, Impatto paesaggio (Pieve di Soligo, 15 aprile 2011); un manifesto, Manifesto per il progetto di paesaggio, (Las Palmas de Gran Canaria, marzo 2011); un workshop, Pettinissa (Reggio Calabria, 10-20 luglio 2011). In tutti questi casi, non senza consapevoli rischi, vi è una decisa volontà di rompere gli schemi, smontare e rimontare le norme e le prassi che regolano la trasformazione del territorio, perseguire una forte azione sul paesaggio, parlando al pubblico, subito. Questa evoluzione del quadro culturale ispira le ipotesi di lavoro che abbiamo davanti a noi, trovando un riscontro decisivo nell’evoluzione del quadro giuridico e legislativo. L’obiettivo generale è quello di evolvere passando da un atteggiamento vincolistico e di tutela ad una azione attiva, per perseguire uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali; l’attività economica e l’ambiente sono proprio tra i portati più importanti della Convenzione Europea del Paesaggio, la cui novità concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati. Ecco dunque la necessità di saper vedere con i nostri occhi Verona, riprendere l’equilibrio perduto di ambiente e paesaggio, immaginare spazi per cultura, mercato e occupazione; spazi che esprimano valori etici, estetici e di conoscenza nei quali ormai si debba riconoscere non più una cultura ma molte culture diverse e diverse concezioni della natura. A Verona la partita ora si giocherà fra una forte capacità insieme di regia e di ascolto, tanto più incisiva quanto più forte sarà la voce dei nuovi cittadini abitanti.
16
Verona Reload
18
Verona Reload
Capitolo 2 Immagini, indagini e casi di studio di riferimento —
19
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
Sotto il limite di velocità foto di Nico Covre, scattate con Canon Powershot G10 e Canos Eos 550D nei giorni 8 e 9 novembre 2011
—
Prima di arrivare alla stazione di Verona Porta Vescovo, mischiati al flusso dei pendolari, non si possono non scorgere dal finestrino i magazzini delle FS, un tempo tempio della logistica, che spiccano da un fitto sistema binari e confini, linee decise quasi a imporre uno stacco da ciò che li circonda. Scesi dal treno e prese le scale che dalla banchina portano al sottopasso ci si trova subito di fronte ad una scelta inderogabile: a sinistra la stazione e di lì la città, e a destra il Quartiere di San Pancrazio. Svoltato a destra, alla fine del tunnel ci si trova proiettati di punto in bianco nel quartiere, che in pochissimo afferma le principali identità dell’area. Un lungo viale che a sinistra sbatte sull’entrata del magazzino, vie trasversali con il rado viavai degli abitanti, le indicazioni per il Parco dell’Adige. Proprio queste sono le aree oggetto dell’indagine fotografica, che mira a svelare i luoghi attraverso la lettura delle regole che stabiliscono le geometrie, ma anche i limiti e i ritmi di ciascuna area, determinandone l’irreciprocità interrotta solo da alcuni episodi di contaminazione involontaria. L’area d’indagine è costituita da tre aree caratteristiche e ben distinte: il Quartiere di Porto San Pancrazio -assieme all’area del magazzino FS-, il parco rurale dell’Adige Sud, e il fiume a chiudere la sequenza che, dallo scorrere del traffico e delle linee ferroviarie, porta al fluire dell’Adige. Ognuna delle tre fasce appare in maniera evidente divisa dalle altre, con caratteristiche decise e bordi marcati, che contribuiscono a isolare l’una dall’altra. Nel quartiere di San Pancrazio colpisce l’irregolarità della trama stradale, che fa convergere nello stradone principale la rete di strade secondarie che si intersecano in maniera irregolare, il susseguirsi del filo spinato nel confine con il magazzino FS e la barriera costituita dalla ferrovia. L’area dei magazzini si caratterizza per estensione e linee trasversali: binari abbandonati, perimetri delle strutture, muri di cinta con filo spinato: bordi netti che definiscono e tagliano gli spazi. Il cuore del magazzino FS con le sue strutture e i suoi contenitori, alcuni in attesa di un utilizzo che
20
Verona Reload
non tornerà più, altri abbandonati alle trame metalliche, altri semplicemente caduti a terra, ammassati a creare una loro casualità. Squarci di geometrie regolari, governate da regole funzionali, e seriali, che non hanno più la forza legata alla loro ragione d’essere. Il paesaggio del parco dell’Adige vive le regole naturali: il passaggio delle stagioni, il fluire dell’acqua, l’alternarsi delle piantagioni. Visivamente si riscontra anche qui il tema della serialità, dettata dai filari degli alberi o dalle linee delle piantagioni, in netto contrasto con gli accessi che portano al fiume, assoggettati alla spontaneità e soprattutto alla casualità. I tre luoghi in analisi presentano le medesime caratteristiche: ognuno vive seguendo le proprie regole, siano esse sociali, funzionali, o naturali, senza interagire con le aree contigue. Ne emerge una situazione di adiacenza ma di non reciprocità, con delle serialità che difficilmente ammettono contaminazioni. La loro perduta unità richiama alla mente i contenitori che giacciono inutilizzati all’interno del magazzino delle FS, in cui un tempo erano contenuti i pezzi di ricambio da smistare in tutto il Triveneto. Dimensioni e forme atte a non permettere la confusione fra oggetti di tipo e funzione diversi, dislocati in strutture seriali, pensati per essere funzionali e assolvere al meglio la vocazione logistica del magazzino. La scansione dei paesaggi del progetto si presenta inoltre caratterizzata da ritmi e velocità disparate, quasi come fossero degli strumenti atti a determinare i confini statici. L’alta velocità della ferrovia, assieme al traffico cittadino, delinea il confine superiore dell’area di studio: un segno dinamico, che esaspera la cesura con il tessuto urbano sovrastante, interrotto soltanto da qualche sporadico accesso dal quale i passanti sembrano sbucare, quasi come intrusi, all’interno del quartiere. In forte contrasto si trovano subito dopo i tratti sfumati di Porto San Pancrazio, a dimostrazione dell’incedere regolare e lento con cui si svolge la vita al suo interno. La lentezza delle persone che portano a spasso il cane, delle famiglie al parco, del lavoro
nei campi, trova nel quartiere dormitorio, la caricatura assonnata, del carattere abitudinario e placido dei suoi abitanti. Le regole sociali che emergono impongono la lentezza. A est le mura col filo spinato innalzano una barriera con i magazzini e sembrano gridare l’invalicabilità del confine, un modo per nascondere lo stato inattivo dell’area, la cui vita un tempo era scandita dall’operatività e dalla regolarità degli orari ferroviari. A sud e a ovest i limiti con il parco, la cui entrata non si presenta mai graduale: finite le abitazioni si trova lo stacco netto in cui natura e civiltà sembrano fare la propria dichiarazione d’indipendenza. C’è poi il parco con il trascorrere lento delle stagioni e delle passeggiate che lo attraversano, fino ad arrivare al fiume in cui, lo scorrere certo dell’acqua, rappresenta un’altra frontiera dinamica a completare l’isolamento di questo luogo. La vita nel Quartiere di San Pancrazio sembra procedere quindi ad una velocità in netto contrasto con quella dei treni che transitano nella linea ad alta velocità, e dell’inesorabile scorrere del fiume, avvicinandosi di più all’incedere rotondo dei tempi ecologici e umani.
21
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
22
Verona Reload
23
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
24
Verona Reload
25
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
26
Verona Reload
27
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
28
Verona Reload
29
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
30
Verona Reload
31
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
32
Verona Reload
33
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
34
Verona Reload
35
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
36
Verona Reload
37
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
38
Verona Reload
39
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
40
Verona Reload
41
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
Invarianti di analisi
— In alto a sinistra:
— Al centro a sinistra:
— In basso a sinistra:
Isola di Porto
Porto San Pancrazio è
Marker 1:
San Pancrazio
posizionato all’interno
le superfici pubbliche
— In alto a destra:
di un grande comparto verde con il quale
— In basso a destra:
collegamenti con
non ha relazione
Marker 2: le tre terrazze
Verona: due sottopassi
morfologiche
carrabili, un ponte, un
— Al centro a destra:
sottopasso pedonale
la risorsa del Parco Adige Sud (lettura disaggregata dati Marker)
42
Verona Reload
— In alto a sinistra:
— Al centro a sinistra:
— In basso a sinistra:
Marker 3:
Marker 5:
la maglia agricola
la struttura idraulica
gli accessi al parco
— In alto a destra:
— Al centro a destra:
— In basso a destra:
Marker 4: i principali
Marker 6: le strutture
percorsi ciclopedonali
di uso pubblico esistenti
e carrabili
43
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
Indicazione dei manufatti di passaggio
— In alto a sinistra:
— Al centro a sinistra:
— In basso a sinistra:
moltiplicazione
si struttura la rete
va incrementato il
dei sistemi di
urbana di circolazione
numero delle strutture
attraversamento
ciclopedonale
di uso pubblico
nel parco
— Al centro a destra:
— In basso a destra:
— In alto a destra:
l’ex magazzino FS
vanno riconosciute
la trama dei percorsi
diviene il collettore
le aree a produzione
agricoli si rende di uso
principale di interfaccia
agricola di qualità
pubblico
tra la rete dei percorsi agricoli e la rete di circolazione urbana
44
Verona Reload
— In alto a sinistra:
— Al centro a sinistra:
la maglia agricola
la struttura del parco
si confronta con la
si somma alla struttura
geometria della rete
urbana di Porto San
idraulica
Pancrazio
— In alto a destra:
— Al centro a destra:
la somma degli spazi
parco quartiere e città
residuali e dei percorsi
definiscono un sistema
agricoli definisce la
unico
struttura attiva del parco
45
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
Elaborati grafici dello stato di fatto
46
Verona Reload
47
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
48
Verona Reload
49
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
50
Verona Reload
51
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
Casi studio di riferimento
— Vicente Guallart, Microcoasts,
— White Architects, Public Bath,
— Plot=Jds+Big, Copenhagen Harbour,
Vinaròs Castellón, 2007
Kastrup, 2004
Copenhagen, 2003
— B. Tschumi, Parc de la villette,
— Aldo Cibic, Rethinking happiness,
— Alejandro Aravena, Elemental,
Parigi, 1990
2010
Quinta Monroy, Iquique, 2004
— MVRDV, Didden village,
— Arena,
— OMA, Très grande bibliothèque,
Rotterdam, 2006
Verona, 30 d.C.
Parigi, 1989
Verona Reload
52
— H Arquitectes, Dataae, Centro de investigación
— Le Corbusier, Immeubles Villa,
— Blake Kurasek, The Living Skyscraper,
Icta-Icp, Barcelona, 2011
Bordeaux, 1925
Farming the Urban Skyline
— H&deM, Stadio Bordeaux Atlantique,
— MVRDV, Silodam,
— MVRDV, Dutch pavillion expo,
Bordeaux, 2011
Amsterdam, 2002
Hannover, 2000
— Renzo Piano & Richard Rogers, Beaubourg,
— Cedric Price, InterAction Centre,
— Cedric Price, Fun palace,
Parigi, 1977
London, 1976
Londra, 1961
53
Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
— WORKac, House of Arts and Culture,
— Okra, Patio inktpot,
Beirut, 2008
Utrecht, 2004
— NL architects, A8,
— NL architects, Basket bar Utrecht University Campus,
— Santa Croce in Gerusalemme,
Zaanstadt, 2005
Utrecht / 2003
Roma, 320 d.C
— WORKac, PF 1,
— Diller Scofidio + Renfro, Highline,
— Giorgio Strappazzon, Orto botanico,
New York, 2008
New York, 2009
Padova,2010
Verona Reload
— Jägnefält Milton, Rolling Master Plan,
54
Åndalsnes, 2010
— H Arquitectes, Dataae, Centro de investigación
— Barbarela, Tabacaleràs Vertical Garden,
Icta-Icp, Barcelona, 2011
Alicante, 2009
— SOA, Vertical farm
— WORKac, Edible schoolyard,
— Terunobu Tujimori, Teahouse Tetsu,
New York, 2009
2006
— Dre Wapenaar, Hanging treehouse
— Franco Zagari, terrazza al giardino dell’EUR,
— Tham & Videgard, Hansson tree hotel,
— GS architectural and research greenhouse
55
Harads
Roma, 2005 Immagini, indagini e casi di studio di riferimento
56
Verona Reload
Capitolo 3 Quattro visioni e cinque letture —
57
Quattro visioni e cinque letture
Archiplanstudio (Stefano Gorni Silvestrini, Diego Cisi)
58
Verona Reload
La Punta di Porto Progetto di Archiplanstudio
San Pancrazio
—
“La dove si può stare in piedi, ci si può anche sedere. Non soltanto i bambini, ma anche le donne hanno il loro posto sulla soglia di strada, a stretto contatto con la terra, le sue tradizioni e forse le sue divinità. La sedia davanti alla porta è già segno di innovazione cittadina. Dell’inaudita facoltà di star seduti al caffè, poi, si avvalgano unicamente gli uomini.” Walter Benjamin, immagini di città. La punta di Porto San Pancrazio Alla punta di San Pancrazio, il Parco dell’Adige Sud entrerà in città. La vegetazione, gli orti ed i sentieri diventeranno il nuovo suolo sul quale sorgerà l’insediamento. Il borgo si arricchirà di luoghi in grado di intensificare le relazioni sociali e la vita della comunità. Si costruirà un diverso rapporto tra il paesaggio e gli abitanti coinvolgendo il centro urbano e l’intorno naturale del fiume Adige intessendo delle nuove modalità di utilizzo e rapporto con il parco agricolo. Il nuovo suolo si trasformerà in una fonte di approvvigionamento permanente, a cui i residenti potranno attingere in tutti i giorni dell’anno. Potranno coltivare i propri ortaggi, consumarli o rivenderli nel nuovo mercato coperto, una grande struttura metallica che verrà posizionata tra il museo della ferrovia. La nuova zona dei servizi agli abitanti sarà costruita impiegando i frammenti metallici provenienti dalla dismissione dei capannoni esistenti e sarà collocata all’ingresso della Punta in adiacenza al tessuto urbano esistente del Borgo. Nella nuova piazza si ospiteranno i centri di attività sociale e i servizi, i negozi con i prodotti a kilometro zero, un piccolo punto di ristoro che cucina prodotti del parco agricoli, il poliambulatorio, gli uffici della circoscrizione e quelli per le società sportive e di volontariato. In prossimità della piazza sorgeranno le residenze a basso costo, per giovani coppie ed anziani, che potranno in questo modo rimanere a Borgo San Pancrazio senza essere costretti a ricercare lontano soluzioni abitative sostenibili economicamente e dotate di adeguati servizi. Tra la nuova piazza e le altre residenze verrà ri-costruita una grande serra in ferro e vetro,
59
Quattro visioni e cinque letture
anch’essa realizzata con il materiale reperito in loco; la serra diventerà uno spazio protetto per i bambini, che potranno giocare nel verde per tutti i mesi dell’anno; i residenti potranno coltivare nella serra i fiori per le proprie case e incontrarsi al riparo dalle intemperie. Alcune casette singole sorgeranno in mezzo ai prati, senza recinzioni che le separino; verso il parco agricolo ci saranno i fabbricati con grandi logge affacciate sull’Adige. Sulla copertura di queste costruzioni, saranno collocate delle abitazioni che avranno come giardino il tetto dei fabbricati stessi, e come panorama il fiume ed il nuovo parco. Le autorimesse saranno tutte interrate, ed i percorsi previsti all’interno dei campi abitati saranno ciclopedonali; diverranno carrabili solo per i mezzi di soccorso e di manutenzione. Tra il nuovo insediamento e la ferrovia è prevista una barriera protettiva, che oltre a schermare la vista dei binari e difendere le case dai rumori, contiene le rampe per le autorimesse interrate, e una parte del percorso ciclabile di collegamento alla città; la barriera si trasforma di volta in volta in palestra per arrampicate, parete da dipingere, percorso per skateboard e pattinaggio. La Punta di San Pancrazio, con il borgo, si legherà al parco riscoprendo in parte i percorsi abbandonati, come quelli che li connettono a San Michele, e in parte riqualificando quelli esistenti. Nel sottopasso ferroviario denominato “buso del gatto”, verranno collocati dei grandi schermi a parete che riprodurranno immagini riprese in tempo reale da videocamere collocate nei luoghi naturali. Mediante alcuni nuovi percorsi si rafforzeranno i legami storici tra il sistema abitato, il parco agricolo e le sponde del fiume Adige. La vecchia cabina di trasformazione di energia elettrica attualmente in disuso collocata all’interno all’abitato esistente, verrà recuperata e trasformata in un punto di osservazione panoramica sul parco. Il nuovo parco, denominato “il parco del tempo ritrovato”, è organizzato in diversi percorsi, che mettono in relazione l’importante ambiente naturale e le installazioni collocate lungo il fiume e nel parco agricolo.
Questi tracciati si configurano come un percorso di formazione corporeo e spirituale, nel quale il “tempo”, impiegato in questo luogo acquisisce un valore sociale e di aggregazione per le persone. Anche le installazioni presenti nel parco verranno realizzate ricomponendo i frammenti provenienti dallo smantellamento degli edifici ferroviari, e si configura anch’esso come un cantiere a zero emissioni. I frammenti recuperati, prevalentemente metallici, genereranno nuovi oggetti architettonici, che verranno ricollocati nel parco, come la nuova porta di ingresso al parco, le aree di sosta lungo il fiume ed il grande pontile sopraelevato che collegherà la Punta di San Pancrazio alle rive del fiume Adige ponendosi come elemento a scala territoriale che unisce direttamente il sistema urbano al parco ed al fiume, ponendosi come elemento panoramico e vedutistico. In prossimità del grande pontile, si trovano i grandi alberi rigogliosi, sui quali saranno costruite delle capanne in legno per il gioco dei bambini, all’interno delle quali i bambini potranno anche trascorerre delle notti con i genitori in una nuova dimensione primitiva e spirituale dell’esistenza. In prossimità all’abitato, sulle scarpate, verranno ricavati gli spazi di lettura protetti per le famiglie serviti da uno spazio di ristoro. Il percorso prosegue verso il centro di Verona, ed in un angolo incontaminato, si incontra un piccolo tempio galleggiante, anch’esso costruito in ferro e legno, che si configura come un luogo di contemplazione e di riflessione o per condividere modalità differenti dello stare insieme. Alcune pensiline metalliche si propongono come aree di sosta ombreggiate, e la loro collocazione cadenzata assolve alla funzione di orientare le persone lungo il percorso. La realizzazione dei luoghi presenti nel parco, oltre a prevedere un sistema di costruzione che impiega materiali già disponibili in loco, si confronta con la volontà di non consumare altro suolo, e così organizzerà delle funzioni attorno ai manufatti già esistenti sulle sponde del fiume, attribuendo nuovi utilizzi e mitigandone l’impatto sul paesaggio. Uno di questi è pensato presso la chiavica posta a ovest, che viene assorbita da una grande pedana in legno che riduce la scala architettonica del fabbricato e lo trasforma in un solarium e punto di approdo per gli appassionati della canoa. Così un vecchio passaggio appartenente al sistema di smaltimento delle acque piovane, collocato in prossimità di San Michele viene recuperato attraverso una percorso pedonale in legno, che si riappropria del luogo e ne esalta le qualità naturalistiche e paesaggistiche, individuando un nuovo rapporto alternativo e contemplativo con il sistema delle acque. Il sistema di illuminazione è previsto con lanterne a gas, che segnalano ai percorsi, la presenza del fuoco inteso come elemento che figura
60
Verona Reload
la presenza dell’uomo all’internodi questo paesaggio primitivo ed allo stesso tempo contemporaneo. Il nuovo parco del tempo ritrovato, è pensato come una nuova oasi per l’uomo, in cui la stratificazione tra il paesaggio naturalistico e le installazioni metalliche ne determina un carattere primitivo ed ancestrale. Uno di questi è pensato presso la chiavica posta a ovest, che viene assorbita da una grande pedana in legno che riduce la scala architettonica del fabbricato e lo trasforma in un solarium e punto di approdo per gli appassionati della canoa. Così un vecchio passaggio appartenente al sistema di smaltimento delle acque piovane, collocato in prossimità di San Michele viene recuperato attraverso una percorso pedonale in legno, che si riappropria del luogo e ne esalta le qualità naturalistiche e paesaggistiche, individuando un nuovo rapporto alternativo e contemplativo con il sistema delle acque. Il sistema di illuminazione è previsto con lanterne a gas, che segnalano ai percorsi, la presenza del fuoco inteso come elemento che figura la presenza dell’uomo all’interno di questo paesaggio primitivo ed allo stesso tempo contemporaneo.
61
— In alto: alla punta
— Sopra a sinistra:
— Sopra a destra:
di Porto San Pancrazio,
gli abitanti potranno
la punta di
il Parco dell’Adige Sud
coltivare i propri ortaggi,
San Pancrazio
entrerà in città.
consumarli o rivenderli
La vegetazione,
nel nuovo mercato
— A lato: il nuovo
gli orti ed i sentieri
coperto
insediamento riprende
diventeranno il nuovo
la tessitura dei campi
suolo sul quale sorgerà
agricoli e degli orti,
l’insediamento
portandoli nel tessuto urbano
Quattro visioni e cinque letture
62
— In alto a sinistra:
— Sopra a destra:
— Sotto a destra: il nuovo
la barriera protettiva
ciclopedonale
mercato coperto,
dalla ferrovia diventa
tra i prati e gli orti,
aggrega gli spazi
luogo di percorsi
situato tra lo spazio
collettivi ed i servizi,
e di svago, con palestra
pubblico e le residenze
protetti dalla copertura
per arrampicate,
a basso costo
metallica, ricavata dal
parete da dipingere,
recupero degli elementi
percorso di skate
— Sotto a sinistra:
board e pattinaggio
La serra in ferro
dismessi
e vetro è spazio di gioco protetto per i bambini e luogo di incontro per la comunità al riparo dalle intemperie
Verona Reload
degli edifici ferroviari
63
— In alto: nel sottopasso
— A lato: la vecchia cabina
ferroviario denominato
di trasformazione
“buso del gato” verranno
di energia elettrica
collocati dei grandi
attualmente in disuso
schermi a parete
verrà recuperata
che riprodurranno
e trasformata in un
immagini riprese
punto di osservazione
in tempo reale
panoramica sul parco
da videocamere collocate nel parco
Quattro visioni e cinque letture
64
Verona Reload
— Nella pagina a fianco,
— Nella pagina a fianco,
sopra: il parco del tempo
sotto: su grandi e alti
ritrovato si configura
alberi rigogliosi del
come un percorso
parco saranno costruite
di formazione corporeo
delle capanne in legno
e spirituale nel quale
per il gioco dei bambini.
il tempo impiegato in
Potranno trascorrervi
questo luogo acquisisce
la notte con i genitori
un valore sociale
in una nuova dimensione
e di aggregazione
primitiva e spirituale
per le persone
dell’esistenza
65
Quattro visioni e cinque letture
66
Verona Reload
67
— Sopra: le pensiline metalliche si propongono come aree di sosta ombreggiate, e la loro collocazione cadenzata assolve la funzione di orientare le persone lungo il percorso
Quattro visioni e cinque letture
68
Verona Reload
69
— Nella pagina a fianco:
— In alto: il nuovo
— Nella doppia
in un angolo
parco sarà illuminato
pagina successiva:
incontaminato sorge
con lanterne a gas,
in prossimità
un piccolo tempio
segnalando i percorsi,
dell’abitato, sulle
galleggiante, in ferro
e rappresentando la
scarpate verranno
e legno, che sarà luogo
presenza dell’uomo
ricavati gli spazi di
di contemplazione
all’interno di un
lettura protetti per le
e riflessione o per
paesaggio primitivo
famiglie serviti da uno
condividere modalità
e allo stesso tempo
spazio di ristoro
differenti dello stare
contemporaneo
insieme.
Quattro visioni e cinque letture
70
Verona Reload
71
Quattro visioni e cinque letture
72
Verona Reload
73
— Nella pagina a fianco:
— A lato:i frammenti
— Immagine in alto:
i tracciati che mettono
metallici recuperati
il parco del tempo
in relazione l’ambiente
genereranno nuovi
ritrovato, è pensato
naturale, il parco
elementi architettonici,
come una nuova oasi
agricolo e il borgo
come il grande pontile
per l’uomo in cui
sopraelevato
la stratificazione
che si protenderà verso
tra il paesaggio
l’Adige, ponendosi come
naturalistico
elemento panoramico
e le installazioni
e vedutistico a scala
metalliche determina
territoriale
un carattere primitivo ed ancestrale
Quattro visioni e cinque letture
Verona
di Luigi Cerantola, poeta e docente
—
Scendevo -la notte fresca di lunada San Pancrazio, oltre la ferrovia, in fondo in fondo, verso la riva dell’Adige, lievemente ricantandomi nella quiete il “Casta diva” appena sentito all’Arena, e quasi subito udii una voce/ sussurro tra gli alberi “No, io avevo scritto «Vaga luna che inargenti». Gli uomini non la guardano più, la luna! Costruiscono, volano, parlano a distanza e illuminano troppo: capisco la modernità, ma il silenzio, le piante, le ombre, la luna, non toglieteli alla gente!” Era Ippolito Pindemonte, proprio lui, il poeta veronese amante delle solitudini e della malinconia, quello cui il Foscolo dedicò I Sepolcri. Mi feci coraggio a chiedergli “Ma allora lei, mi scusi, come la vedrebbe questa parte di città? Sa, intendono costruirci non so che cosa, ma di grande”. “Come Goethe: io lo conobbi quando venne nel 1786: alzerebbe la mano a chiedere un giardino, a trasformar questo luogo in un parco di verde ed ombre, ma fatato e silenzioso come quello che lo rapì a Palazzo Giusti sotto le mura e dal quale rubò una fronda di cipresso, a non dimenticarselo mai; un giardino sospeso nel miracolo, da cui guardar con me la vaga luna/ casta diva, quella che il mio amico Vincenzo Bellini fa invocar nella notte. O come Pisanello, il pittore di quell’epoca dorata: chiederebbe torri e cuspidi e guglie da farci sotto passeggiare una sfilata di quelle donne che tutti sognano di notte, da mozzafiato”. “Di top-model?” “Ecco, sì, top-model”. Oppure Mantegna: ha inalzato in San Zeno un altare e da cinque secoli vengono a stupirne i popoli: guardate il portico, il trono, le rose, e la potenza di quei santi, la regale mitezza della Vergine: qui alzerebbe pilastri di marmo, plinti, fregi, pergole, e la gente vostra verrebbe a camminarvi solenne: lontano ogni brusio/frenesia della mediocrità, dei piccoli uomini che scompaiono nel tempo. Costruite nel marmo e nella pietra come lui, voi moderni! E pensate anzitutto a Sanmicheli: guardate le sue porte, le chiese, i suoi palazzi:
74
Verona Reload
li trasse dagli splendori di Roma, dalla santità della Grecia, e voi li avete goduti nei secoli: fate che torni a splendere il suo colonnato e la sua cupola abbandonata alle solitudini del fiume, e inalzate ai cieli timpani ed archi, temerariamente, a superarlo. Superate anche Palladio: studiò i monumenti antichi, e costruì ad ovest di Verona un portico degno d’un imperatore: ora siate arditi voi a costruire nelle nuove armonie nuove grandezze, dando sangue a utopie, a sogni insperati e in ogni altrove impossibili. Molti non capiranno, ma, come fecero con lui, verranno i posteri a inchinarsi. E pensate a Shakespeare: senza vederla, immaginò Verona come luogo di grandezze balenanti, d’amore e d’odio tra le antiche memorie e tra i palazzi. Non tradite la storia, o viventi, e alzate altrettante meraviglie ai vostri posteri, che le possano godere senza morirne. “E i moderni, maestro? Li conosce?” “Conoscerli, propriamente no, ma qualcosa ho letto e ne ho sentito parlare. Qualcuno l’ho anche incontrato. Quel Salgari, morto disgraziatamente e altrove: credo che vorrebbe qualcosa da far sognare paradisi orientali, d’avventurieri e donne altere, con pagode, e una nave sulla riva del fiume, tra i salici. E poi quei due musici della vostra età”. “Maderna? Donatoni?”. “Sì sì, loro: uno ha composto qualcosa per quando andarono sulla luna, io però, mi si perdoni, sono ancora per la Casta Diva. Ma mi par di capire che, per quanto moderni, vorrebbero anch’essi qualcosa di grande, sofistico, fantastico; senza dimenticarsi la gelateria per Donatoni: una gelateria colorata, piena di gusti strambi, e in bella vista, al centro, e con una gelataia bionda come l’oro”. “Ma come fa a saper che Donatoni amava i gelati, maestro!?” gli feci attonito. “Oh, qua ci conosciamo tutti: l’ho incontrato giusto due notti fa, sotto quel pioppo. Addio, spirito gentile, addio”. E si allontanava, ombra tra le ombre, nel lucciolio della notte d’agosto; ma poi, quasi ormai scomparso, si voltò dicendomi “Per carità! Dimenticavo
il grande Paolo: Paolo Veronese! Ci vorrebbe lui, assolutamente: ma entrate in San Giorgio in Braida o andate a vedere i suoi affreschi in quella villa del trevigiano: tutta quella gloriosa potenza, quell’apoteosi della pietra: costruite con lo stesso fuoco e gli stessi colori, e diventerete eroi come i protagonisti delle sue Cene; principesse le vostre donne, come quelle dei suoi teleri, nello splendore d’una nuova età”. Allora, nella mite quiete della notte, vidi aprirsi a nord un baluginio e in esso l’arco dei Gavi a guardia del Castello dove ride il signore della Scala. I suoi cani tra le arche-trofeo, sulle cuspidi d’oro i cavalli-gualdrappe ondeggianti, le spade. Sul trono in San Zeno la Vergine, i putti che cantano, i santi di smalto, al di là dei festoni di frutta le rose e le nuvole bianche. Altrove sul muro i penduti, i pinnacoli gotici i fregi le torri nel fondo, e San Giorgio più biondo d’un angelo biondo cavalca al mistero, o tenore ad un’opera ignota di Verdi in arena, la principessa-soprano, lancia in pugno a cavallo il baritono, un coro in arcioni a sinistra, la barca nel vento, Antonio Pisano regista. Ed io rimasi là, sotto l’eterna luna silenziosa, a sognar che quel luogo verso l’ansa dell’Adige si facesse mirabile come tutta la Verona dentro le mura, mirabile agli occhi del mondo, anzi concupiscibile: che da trascurato quartiere dove nessuno straniero andrà mai, men che meno quelli che vengono come me a veder morire Aide e Traviate in Arena, si trasformasse in luogo degno di loro, di noi, da consegnare ai posteri e rimaner per sempre.
75
Quattro visioni e cinque letture
Asprostudio (Claudio Bertorelli, Nicola Mattarolo; con Eleonora Bottin, Giulio Contin, Francesco Dal Toso, Pietro Los, Benedetta Nicolich)
76
Verona Reload
Verona Reload agenda pubblica Progetto di Asprostudio
—
Dal disuso al riuso Lo scenario di cambiamento sociale ed economico che tutti abbiamo di fronte sta trascinando con sé (ed è positivo) il meccanismo delle relazioni storiche tra Pubblico e Privato. Se il primo è sempre stato il legittimo protagonista nelle questioni urbane, oggi il secondo ha la grande occasione di accreditarsi alla luce del sole come l’attuatore delle stesse, non solo perché depositario delle risorse finanziarie che il primo non ha più, ma anche perché libero di innovare nel mare magnum del mercato. Certo, questo nuovo corso solleva delicate questioni di governance, ma anche evidenti effetti trascinamento: se fino a ieri il sistema imprenditoriale veniva facilmente indotto ad agire nell’ombra (anche grazie alla caotica debolezza delle norme) oggi può sentirsi protagonista della rinascita delle città in totale simbiosi con le comunità sovrane. Verona Reload trae le mosse da questo scenario di cambiamento in corso ed intende presentare all’attenzione pubblica un’iniziativa privata finalizzata al definitivo riscatto di un’area, l’ex magazzino FS a Porto San Pancrazio, assolutamente strategica. Allontanandosi da un’idea utopica di soluzioni auspicabili ma difficilmente attuabili, Verona Reload propone una sequenza di criteri capaci di evolversi in opportunità economiche, ecologiche e sociali, secondo un’idea di “Verona come cosa pubblica”. Sono criteri, lo si vedrà negli elaborati, che mirano a costruire un processo di condivisione lontano dalla logica “manifesto” che solitamente accompagna queste operazioni; il soggetto non è più colui che il manifesto lo scrive ma piuttosto lo sono coloro a cui è indirizzato. Il progetto si svolge quindi come un’agenda, o meglio un “collaboratorio” che include soggetti economici, politici e sociali, interventi ecologici e urbani. Si declina a varie scale: quella geografica del luogo, quella personale di chi abita il luogo, quella urbana delle invarianti strutturali e ambientali, perfino quella metropolitana e globale dell’informazione e della comunicazione. Verona Reload è un progetto-programma-proposta multidimensionale che consentirà di integrare
77
Quattro visioni e cinque letture
azioni e interventi in forma dinamica, secondo una logica di riuso. Città, fiume e tre parchi un solo luogo-logo L’area dell’ex magazzino FS a Porto San Pancrazio si colloca a ridosso della traccia ferroviaria di Verona Porta Vescovo (la prima stazione cittadina oggi declassata al ruolo di smistamento dei flussi pendolari), funziona da terminale del quartiere omonimo ed è parte integrante del sistema di parchi sul fiume che consente di leggere Verona come un solo luogo-logo: il Parco dell’Adige Nord, il Parco delle Mura Magistrali e il Parco dell’Adige Sud garantiscono la presenza di un unico corridoio verde che se valorizzato adeguatamente potrebbe fare di Verona un caso esemplare. Ma ad oggi tale condizione rimane inevasa. Il sistema dei tre parchi non è ancora percepito come un fatto unico unitario e aggregante, il Quartiere di Porto San Pancrazio giace in una condizione né urbana (è totalmente assente uno spazio pubblico di qualità) né rurale (il parco adiacente è raggiungibile attraverso due minimi accessi), il sito in questione è praticamente un cul de sac al di sotto della quota cittadina. L’isolamento diventa quindi la prima questione da risolvere e le connessioni il risultato da raggiungere per fare di questo luogo un vero sistema. A tal scopo il progetto ha posto al centro della propria strategia la naturale vocazione agricola del Parco Adige Sud, già oggi sancito sulla carta, ed ha cercato di definire principi, temi e strumenti a partire da essa. Due principi, tre temi, uno strumento Innanzitutto il riuso e la valorizzazione come principi. Perché nell’atto stesso di perseguire una permanenza si concretizza un’idea di sostenibilità e perché la valorizzazione nobilita l’esistente, re-inventandolo senza stravolgerlo. I principi vengono applicati a tre temi progettuali: la centuria, la definizione di un nuovo edificio iconico per Verona, lo svuotamento. La centuria viene evocata per migliorare le attuali sconnessioni tra gli elementi primari
di Porto San Pancrazio: città, terra e acqua. I due assi primari della centuria sono il “decumano urbano” coincidente con l’attuale via Galileo Galilei ed un nuovo “cardo rurale” che sale dal parco fino al nuovo insediamento di progetto. I due assi agganciano le tre aree in questione (quartiere, parco e area dell’ex magazzino FS). Nella dinamica del riuso viene proposto dal progetto un nuovo edificio iconico per Verona; si tratta del magazzino principale dell’area in questione, che ancora oggi contiene al proprio interno il “cervello logistico” che un tempo operava per rifornire la rete del Nord Italia. Tale manufatto scatena una forte analogia urbana con il sistema dell’Arena, di cui replica il ruolo confezionando un rapporto di vuoti e sfondi assolutamente riconoscibili. A ragione di ciò viene proposto anche il mantenimento dell’attuale piattaforma di calcestruzzo su cui poggia il grande fabbricato. Il terzo tema fa riferimento alla modalità di intervento sulla struttura del magazzino stesso. Esso viene aggredito, anno per anno, svuotato e ri-riempito con destinazioni d’uso (un nuovo spazio espositivo, una serra sul tetto, un mercato coperto al piano terra, …) coerenti al programma generale. Ed infine lo strumento di attuazione e di sintesi dei processi pianificati nel progetto/ agenda. Esso ha assunto il nome di “Macchina dei tempi” e l’immagine di una grande matrice che riporta in ordinata gli intervalli temporali durante i quali si attivano gli interventi e in ascissa i contesti di intervento (la città e Porto San Pancrazio, la terra e il Parco dell’Adige Sud, l’acqua e il fiume Adige). Inizialmente sono proposte due scale temporali: una dal 2012 al 2015, l’altra dal 2012 al 2020. La prima considera lo sviluppo degli interventi che riguardano il Parco dell’Adige Sud e l’area dell’ex magazzino FS; la seconda estende l’intervento al collegamento con il tessuto urbano. La macchina dei tempi ha il pregio di evidenziare il carattere lineare del programma (agisce per stralci funzionali lungo un percorso temporale di circa otto anni) ed il carattere circolare (il singolo stralcio determina una struttura relazionale tra gli ambiti di intervento di cui è valutabile la coerenza al programma di insieme).
78
La macchina dei tempi 2012 / 2015 Verona gioca un ruolo di primo piano nazionale nel comparto dell’agro alimentare e per questo motivo non appare fuori luogo proporre che la “Macchina dei tempi” scandisca uno scenario di lavoro finalizzato a rendere l’area di progetto ed il Parco Adige Sud uno dei presidi di “Fuori Expo Milano 2015”. Questa scelta potrebbe rappresentare per tutto il contesto veronese un volano di grande forza e soprattutto porrebbe Porto San Pancrazio al centro di un progetto collettivo. Di seguito una sintesi Verona Reload
dei passi temporali immaginati: 2012 / La vita in un giorno Si propone la realizzazione di un percorso in 4 tappe per tutte le età, alla scoperta dei temi di progetto che rilanceranno il quartiere Porto San Pancrazio e l’ambito del Parco dell’Adige Sud. Viene posata in acqua una chiatta idroelettrica finalizzata alle attività di loisir nel parco. 2013 / Abitare il parco In occasione della fiera Abitare il Tempo il parco diventa lo spazio satellite della fiera. Vengono aperte le serre sul tetto dell’ex magazzino e presentato un primo prototipo di residenza. Si traccia la centuriazione del parco e sul fiume viene attivata una idrogiostra. 2014 / Rural Express Vengono presentati quattro prototipi di vagoni: vagone merci, vagone letto, vagone ristorante e vagone gallery. Attraverso la ferrovia sarà garantito al mercato coperto un flusso costante di prodotti da ogni regione italiana, nel rispetto delle stagionalità. Viene anche inaugurato l’Adigestore come punto di riferimento nel territorio per i prodotti dell’Adige, trasformando la logistica industriale in logistica rurale. Si stabilisce una chiatta didattica nella quale scoprire le meraviglie storiche e naturalistiche del parco e del fiume. 2015 / Fuoriexpo Milano Viene inaugurato il nuovo assetto del Parco Adige Sud in concomitanza di Expo Milano 2015, presentato il quartiere rurale e simulata la vita al suo interno. Pillole di masterplan La definizione di una nuova centuria per il parco conferisce allo stesso una rinnovata specificità. Ad esempio i nodi di incrocio della maglia nel parco possono divenire il fulcro in cui aggregare un sistema di “corti minori” tipico delle regole insediative veronesi. Ed anche il decumano urbano di via Galilei connette il quartiere alla città attraverso un rinnovamento dei passaggi esistenti e la costruzione di un ponte ciclopedonale a proseguire l’andamento dell’asse a ovest. L’intervento di “pulizia” all’interno dell’area in oggetto ha messo in evidenza la possibilità di portare all’interno il sistema parco. Nasce il “giardino dei ferrovieri”: fa da sfondo al grande manufatto iconico rinnovato ed è delimitato da tutte le tracce a terra dei binari ferroviari esistenti. Infine la grande proposta, per la quale il magazzino dismesso al centro dell’area, denominato “Adigestore”, si trasforma in un grande contenitore a vocazione comunitaria: è sede di un nuovo mercato coperto dei prodotti del sistema Adige, di uno spazio museale per attività non permanenti, di loft urbani, di una serra in quota, di aree-magazzino a servizio delle famiglie, e molto altro ancora. L’Adigestore diviene una sintesi di territorio.
79
— Schizzi progettuali
Quattro visioni e cinque letture
80
Verona Reload
— In alto: città, fiume e tre
— Sopra a sinistra:
parchi: un unico luogo
il Quartiere San
1-ferrovia;
Pancrazio si riflette
— Sopra a destra:
2-colline;
nel verde del Parco
sequenza immagini
3-Parco dell’Adige Nord;
dell’Adige Sud 2166
sopra: acqua, terra
4-Parco delle Mura
ha di superficie;
e città. La sintesi
magistrali;
22.007 abitanti (8.3%
di una condizione
5-centro storico;
di Verona);
nè urbana nè rurale
6-area di intervento;
10.16 abitanti / ha
13 ha ferrovia;
7-Parco dell’Adige Sud;
1-ferrovia;
49 ha Quartiere
8-autostrada;
2- Quartiere Porto San
San Pancrazio; 9 ha area
9-aeroporto;
Pancrazio;
di intervento; 190 ha
10-fiume Adige
3-area di intervento;
parco; 48 ha fiume
4-Parco dell’Adige Sud;
1-città;
5-chiesa del lazzareto;
2- terra
6-fiume Adige
81
— In questa pagina: dalle tracce a terra emerge il logo dell’intervento 1-ex magazzino logistica FS; 2-museo ferroviario; 3-binari ferroviari
Quattro visioni e cinque letture
82
— Sopra: una nuova centuria come atto fondativo del progetto 1-decumano urbano; 2-cardo rurale; 3-griglia secondari; 4-strada principale; 5-piste ciclabili; 6-corti minori
Verona Reload
83
— In alto a sinistra:
— Sequenza sopra:
una nuova
svuotamento,
icona per la città
e innesto del nuovo
1-“abbraccio” urbano;
edificio iconico
2-edificio iconico
Quattro visioni e cinque letture
1
2
2013
2014
acqua
5
terra
cittĂ
2012
3
84
6
2012 Verona Reload
2015
4
2015
85
— A lato: la Macchina dei tempi visualizza il veicolo attraverso il quale organizzare i principi ed attuare le azioni del programma Verona Reload. 1-La Vita in un Giorno 2012 2-Abitare il Parco 2013 3-Rural Express 2014
2020
4-Fuoriexpo Milano 2015 5-Azioni del programma 6-Relazioni del programma
Quattro visioni e cinque letture
86
— La vita in un giorno
— A lato: La vita
2012
in un giorno 2012
— Sopra: mostra di
1-degustazione
presentazione
trattoria del quartiere;
Expo Milano 2015
2-decumano urbano;
all’Adigestore
3-mostra fuoriexpo
prodotti degli orti alla
all’adigestore; 4-esperienza alla fattoria didattica; 5-chiatta idroelettrica sull’Adige
Verona Reload
87
— Abitare il parco
— A lato: Abitare
2013
il parco 2013
— Sopra: serre sul tetto
1-serre sul tetto
dell’Adigestore
2-prototipo di residenza
dell’adigestore; stanziale; 3-cardo rurale; 4-centuriazione / griglia secondaria; 5-collegamento alle piste ciclabili; 6-idrogiostra
Quattro visioni e cinque letture
88
— Rural express
— Sopra: Rural
2014
express 2014
— In alto: mercato coperto
1-mercato coperto
all’Adigestore
2-quattro vagoni
all’Adigestore; nomadi; 3-centrale a biomassa; 4-chiatta didattica
Verona Reload
89
Quattro visioni e cinque letture
— Fuoriexpo Milano
— A lato: Fuoriexpo
2015
a Verona
— Sopra: sezione
— Nella doppia pagina
longitudinale
successiva:
Adigestore
Giardino dei Ferrovieri
90
Verona Reload
91
Quattro visioni e cinque letture
92
Verona Reload
— In alto:
— Nella pagina a fianco:
— Nella doppia pagina
notturno dell’area
vista dell’Adigestore
sucessiva:
d’intervento
da Corso Venezia
masterplan d’intervento
93
Quattro visioni e cinque letture
94
Verona Reload
95
Quattro visioni e cinque letture
96
— In alto: vista dell’Adigestore dal parco
Verona Reload
Porto San Pancrazio, la scommessa del km0 di Renato Malaman, giornalista
—
Se l’urbanistica è la scienza del possibile, Porto San Pancrazio è una sfida stimolante. Per Verona tutta rappresenta una straordinaria scommessa per il futuro, l’opzione di svolta per riscrivere il destino di un’area urbana finora relegata ai margini dei processi di sviluppo della città. Proprio per la sua posizione strategica fra il centro urbano e l’Adige, la grande area di Porto San Pancrazio e le costruzioni che vi insistono (i magazzini realizzati dalle Ferrovie dello Stato), costituisce una grande opportunità: quella di raccordare città e campagna, ambiente urbano e ambiente naturale. Un tema su cui le quattro ipotesi di progetto sviluppate da altrettanti studi di architettura si sono giustamente soffermati, pur sviluppandolo attraverso concetti e punti di visti diversi. Resta il fatto che quell’area, che oggi per la città non esiste nemmeno, occultata com’è agli occhi dei più da una barriera anche fisica, è in realtà una grande lavagna intonsa su cui tracciare i destini di tutta la parte sud del territorio di Verona città. L’idea di un parco, che racchiude in sè un insieme di valori pregnanti e condivisi, mi ha entusiasmato. Soprattutto laddove, oltre alla previsione di una viabilità dolce e alla possibilità di studiare un recupero e un riuso dell’esistente (spingendosi fino all’utopia di far crescere l’erba sopra i capannoni, creando le cosiddette “terrazze morfologiche”), si ipotizza la prospettiva di creare un mercato di prodotti a km0. Dando così al concetto astratto di portare il parco dentro la città una concretizzazione in termini di servizio di formidabile valore. Mercato a km0 significa creare una finestra della città sulla campagna, avvicinare i due mondi, raccordarli. E offrire la possibilità, oggi più che mai importante, di avere a portata di mano, in un mercato di prossimità utile quanto bello da vedere, i prodotti del territorio. Tutto ciò può innescare un processo virtuoso anche a livello economico, in quanto la presenza di questi prodotti nella nuova area, opportunamente valorizzati da strutture di vendita innovative e piacevoli da frequentare e da vivere, oltre a dare un contributo per
97
Quattro visioni e cinque letture
il miglioramento della qualità di vita (visto che la buona alimentazione è ormai un valore riconosciuto), potrebbe favorire la creazione di locali dalla filosofia nuova. Piccoli ristoranti, osterie, bistrot, winebar e, perchè no?, anche pizzerie che proprio sulla possibilità di avvalersi di prodotti sani e genuini a km0 potrebbero costruire delle proposte gastronomiche nuove, con forti connotazioni qualitative. Porto San Pancrazio, a mio avviso, è un grande contenitore urbano che attende soltanto un adeguato contenuto. Urbanistico e sociale. Culturale ed economico. Che le nuove tendenze dell’architettura contemporanea potrebbero arricchire con valori aggiunti di carattere estetico. Perchè, si sa, anche l’occhio vuole la sua parte. E un parco che si candida a diventare la “porta verde” a sud della città deve costituire un segno riconoscibile, dall’identità forte, nel tessuto urbano.
Senza abitare non si fa nè carne di Carmelo Miola, medico psichiatra
nè uomo
—
L’abitare iniziale di ogni essere umano è costituito dal nucleo primordiale, ed è proprio in questo contesto “abitativo” che si strutturano due catene polinucleotidiche antiparallele, non identiche ma complementari della doppia elica del DNA che fa, a sua volta, da contesto abitativo ai geni che, successivamente nel tempo, attraverso continue differenziazioni, diventano gameti. È quindi il nucleo cellulare il primo luogo abitativo per l’informazione genetiche, che garantisce la riproduzione cellulare e l’evoluzione naturale degli organismi viventi. Ovoli e spermatozoi abitano due corpi diversi, il prodotto del concepimento (blastociti) abita, invece, un solo corpo. L’utero materno diventa da subito luogo abitativo per la crescita, la differenziazione e l’evoluzione del feto fino alla nascita. Ancor oggi la riproduzione artificiale di un luogo di crescita fetale, come l’utero materno, si propone come una sfida utopica per tutti i professionisti dell’abitare, anche la frontiera bioetica delle cellule staminali e del loro impiego richiama problematiche di ordine abitativo: suggestioni come lo “scafold”, infatti, sono di estrema attualità per lo studio, la crescita e il reimpianto delle cellule staminali. Come la membrana cellulare contestualizza, racchiude e da sicurezza al nucleo primordiale, così la casa diventa il luogo raccolto deputato ad accogliere e proteggere la vita: una culla è il primo spazio vissuto fuori dal ventre materno, nella cameretta avviene il primo fondamentale scambio di informazioni tra il neonato, la madre (attraverso l’allattamento e la cura materna) e l’ambiente circostante. La singola stanza e le camere differenziate della casa, per esempio quella di mamma e papà, o dei fratelli, aiuteranno il passaggio psichico dalla monade (il neonato che si percepisce come un’unica entità con la madre in maniera simbiotica) alla diade (il neonato che coglie il suo essere diverso dalla madre) alla successiva apertura al terzo. Compito fondamentale del padre è infatti entrare nelle relazioni vitali del bambino, permettere a quest’ultimo di cominciare ad allargare progressivamente le possibilità di relazioni
98
Verona Reload
oltre lo sguardo materno. Un momento evolutivo delicato e nello stesso tempo decisivo non solo per il piccolo ma per l’equilibrio di tutto il nucleo familiare. Attraverso la presenza del padre, il neonato prima e il bambino poi, ha la possibilità di cominciare a confrontarsi con altre figure esterne alla madre e al primo nucleo famigliare. Prendere le misure delle relazioni, delle differenze di ruolo e di genere é, metaforicamente parlando, cominciare ad orientarsi sullo spazio e sul tempo della vita quotidiana e familiare, attraverso anche la scoperta della strutturazione spaziale dell’abitare. Ogni stanza, ogni angolo raccontano, infatti, non solo della cura, della capacità di accogliere ma anche delle gerarchie interne al contesto familiare, delle precedenze, dei valori strutturanti la relazione tra coniugi, genitori e figli. Lo stesso sviluppo psicofisico dall’età infantile attraverso l’adolescenza all’età adulta è favorito da un corretto stile di vita, favorito anche da ambienti sicuri, eco-compatibili, dove sarà praticata una sana alimentazione e, possibilmente rispettato un buon ritmo sonnoveglia. Per poter sufficientemente garantire tutto ciò sono necessari luoghi distinti all’interno della casa, deputati alle diverse funzioni: luoghi di tranquillo riposo notturno, spazi per il gioco, per lo studio ben illuminati di giorno. Come la luce, infatti, favorisce un buon tono di umore, così gli spazi differenziati e ben confinati aiutano quella strutturazione cognitiva che porta l’individuo verso un pensiero congruo e coerente. Non solo gli spazi interni sono importanti ma anche quelli esterni: spazi aperti, parchi, percorsi vita, campi di gioco permetteranno il passeggiare, il correre, il giocare, lo sperimentarsi in funzioni altre, da soli o in compagnia, così importanti per un’attività motoria e ludica adeguata e differenziata nelle varie fasi della vita. Luoghi di socializzazione, di animazione e di ricreazione favoriscono, poi, l’apprendimento e lo sviluppo di quelle competenze socio-relazionali indispensabili per il benessere di ognuno: figlio, genitore o nonno, tutte le generazioni vanno pensate e distinte all’interno del ciclo vitale della famiglia
e devono trovare spazi adeguati e distinti all’interno del contesto abitativo e comunitario. Parti comuni, porticati, piazze, fontane, capitelli potranno diventare luoghi d’incontro favorendo così il dialogo, la crescita sociale, la condivisione di memorie e dei valori delle persone e della comunità. Saper modulare nel tempo spazi e luoghi adeguati al ciclo vitale della famiglia è una cura importante, ogni tempo familiare porta con sé, infatti, necessità, priorità ed esigenze sempre diverse. Una famiglia sufficientemente sana deve saper rispondere in maniera flessibile ed elastica ai cambiamenti che vive nel tempo. Questi cambiamenti sono non solo di relazione ma anche di contesto: silenzio e tranquillità in una casa che ospita un neonato; vivacità, modularità, flessibilità in una casa che ospita figli adolescenti; semplicità, essenzialità, comodità in una casa che ospita anziani. La vita di un uomo allora si svolge nel tempo da condizioni micro come la cellula primordiale alla culla, alla stanza, alla casa, agli spazi intermedi fino agli spazi all’aperto deputati a favorire lo svincolo e l’autonomizzazione. Riuscire a creare legami, a traghettare i momenti evolutivi della famiglia, ad accompagnarla ad aprirsi sempre di più alle relazioni comunitarie, significa concepire una casa non solo a misura dei suoi abitanti ma strettamente raccordata al suo contesto, al suo territorio: via, quartiere, “villaggio”. C’è un detto africano che dice: “è sufficiente un uomo e una donna per mettere al mondo un bambino, serve un villaggio per farlo crescere”.
99
Quattro visioni e cinque letture
EPO Equipe Progetto Operativi (Jornet -Llop-Pastor SLP, Antonio Ravalli Architetti, FF Arquitectura)
100
Verona Reload
La Porta Progetto di EPO Equipe Progetti Operativi
del Parco
—
Contesto Il Quartiere di San Pancrazio si caratterizza come un quartiere-isola, un lembo di terra intercluso tra tracciato ferroviario e fiume Adige. Le connessioni con il resto della città avvengono unicamente attraverso quattro canali obbligati: tre sottopassaggi (di cui uno esclusivamente pedonale) ed un ponte. Questo particolare senso di chiusura sembra riflettersi sulle caratteristiche dell’agglomerato urbano stesso. Il tessuto edilizio infatti nega completamente la vasta fascia di verde agricolo che la separa dal corso del fiume. Lettura Il Parco Adige Sud è un’entità autonoma e poco disponibile nei confronti sia della città che del quartiere limitrofo. La morfologia del territorio, strutturato su tre balze naturali, ha dato storicamente un limite netto all’espansione edilizia del quartiere nei confronti del territorio agricolo. Questo bordo rappresenta ancora oggi una cesura netta tra costruito (posto ad una quota media di 55 metri slm) e comparto verde (a quota 46 metri slm). Le stesse connessioni tra le parti rimangono sporadiche e capillari. L’intero parco agricolo è strutturato dalle maglie delle coltivazioni e dal relativo sistema idrico che lo innerva. Una rete di percorsi lenti lo attraversa marginalmente affiancandosi al corso dei canali principali. Le strutture di servizio al parco sono praticamente inesistenti, ad eccezione della fattoria didattica che fa da presidio all’unico grande nocciolo di terreno di proprietà comunale. La struttura agricolo-produttiva, da una parte, e la vegetazione spontanea delle fasce di rispetto dei corsi d’acqua, dall’altra, costituiscono i due principali segni distintivi di questo parco. All’interno del sistema è possibile riconosce una serie di eccezioni, per lo più abbandonate o in disuso, ma potenzialmente cariche di un alto valore. E così approdi casuali sul fiume, varchi di servizio della banchina ferroviaria, canali artificiali di cemento per lo smaltimento dell’acqua, etc. costituiscono risorse in divenire per la strutturazione del parco.
101
Quattro visioni e cinque letture
Elementi di trasformazione Come intervenire in un parco agricolo-urbano, che è di per sé una struttura leggera? La risposta si trova in una serie di parole chiave, operatori di trasformazione dell’area. Porosità Moltiplicare gli accessi al parco significa metterlo in rete con la città e ricucire la netta separazione con il quartiere limitrofo. Per fare questo il recupero dei manufatti di passaggio esistenti della ferrovia diventa uno degli elementi chiave. Riannodare Moltiplicare i sistemi di attraversamento del parco rendendo pubblici i percorsi agricoli esistenti. Recuperare e potenziare la mobilità ciclo-pedonale del tessuto urbano. Intrecciare i due sistemi tra loro mediante la creazione di nuovi collegamenti nel “vuoto” urbano dell’area Marant. Servizi Moltiplicare il numero delle strutture ad uso pubblico per disseminare il parco di catalizzatori di attività, che ne migliorino la fruibilità. Paesaggi Riconoscere le specificità dei campi coltivati per individuare aree predisposte ad utilizzi diversi. Individuare spazi residuali dall’incontro della maglia agricola geometrica con la rete idraulica organica. La somma di questi spazi residuali e dei percorsi agricoli formano la struttura attiva del parco, in grado di innestarsi con forza su quella urbana. Esiti L’area Marant diventa il punto nodale dell’interscambio città-parco. Dare un parco alla città non può prescindere dallo sfruttare l’opportunità di questo potenziale fulcro. La realizzazione e il completamento di una rete di mobilità lenta intende ricucire la città al parco. Per farlo si recuperano i percorsi già esistenti e si completano per creare una rete continua
e ramificata. Si recuperano i sottopassi ferroviari esistenti con interventi mirati a migliorarne sia la fruibilità che la sicurezza percepita. A questo scopo si riutilizzano i manufatti abbandonati per inserire o potenziare servizi (bar, punti di ristoro, etc.) ed attività (canoa club, maneggio) con la duplice valenza di utilità pubblica e presidio di controllo al parco stesso. L’illuminazione pubblica gioca un ruolo fondamentale ai fini della sicurezza: un progetto di illuminazione diventa quindi una carta fondamentale da sfruttare. Per riannodare il legame tra parco e città si dovrebbe attivare un mercato pubblico dei prodotti coltivati nel parco stesso. Parte dell’edificio industriale esistente può essere conservato come “memoria storica” dell’insediamento produttivo ma essere riconvertito a struttura coperta capace di ospitare le attività di scambio del mercato. In questo modo l’area Marant ha la possibilità di diventare immagine stessa di Porta del Parco Adige Sud.
102
Verona Reload
103
— In questa pagina e nella doppia successiva: schizzi di progetto
Quattro visioni e cinque letture
104
Verona Reload
105
Quattro visioni e cinque letture
106
— In alto: Tattica. L’area
— Nella pagina a fianco:
rappresenta il fulcro
Dispositivo 01 -
dell’integrazione tra
Connessioni.
città e parco
Realizzazione di
— Sopra: Dispositivo
una rete urbana
Connessioni. Realizzazione di una rete urbana ciclopedonale
Verona Reload
ciclopedonale
107
Quattro visioni e cinque letture
108
— Sopra: Dispositivo
— Nella pagina a fianco:
01 - Connessioni.
Dispositivo 02 -
Realizzazione di
Integrazione e
una rete urbana
presidio degli accessi.
ciclopedonale
Ristrutturazione del sottopasso ferroviario
Verona Reload
109
Quattro visioni e cinque letture
110
— In alto: Dispositivo
— Sopra: Dispositivo
— Nella pagina a fianco:
02 - Integrazione e
03 - Programmi
Dispositivo 03 -
presidio degli accessi.
per il parco. Gli spazi
Programmi per il parco.
Recupero delle strutture
residuali si caricano
Gli spazi residuali si
di passaggio sotto la
di attitudini specifiche
caricano di attitudini
ferrovia e recupero dei manufatti dismessi con destinazione ricreativa
Verona Reload
specifiche
111
Quattro visioni e cinque letture
112
Verona Reload
113
— Nella pagina a fianco,
— Nella pagina a fianco,
— Nella pagina a fianco,
— Nella pagina a fianco,
— In alto: viste dell’area
— Sopra a sinistra:
in alto: Dispositivo 03 -
al centro a sinistra:
al centro a destra:
in basso a sinistra:
di intervento dal parco
vista del del nuovo
Programmi per il parco.
Dispositivo 04 -
Dispositivo 05 -
l’area di intervento
mercato interno all’area
Gli spazi residuali si
Sicurezza. È possibile
Il mercato come
diviene lo strumento
di intervento
caricano di attitudini
mantenere un anello
condensatore.
di accesso al Parco
specifiche
illuminato per attività
Un mercato pubblico
dell’Adige Sud
— Sopra a destra:
di jogging e passeggiate
come interfaccia tra
l’area di intervento
la produzione
diviene un fulcro di
del parco e la città
integrazione tra la città
— Nella pagina a fianco,
e il Parco dell’Adige Sud
in basso a sinistra: movimenti e attività nel parco
Quattro visioni e cinque letture
Di gusto di Pier Angelo Barontini, consulente del gusto
a Porto
San Pancrazio
—
La frase che definisce quest’area “un parco nel cuore della città che non si vede e non si usa” dà subito molto bene l’idea su cosa deve puntare questo progetto: dare identità e facilità di godimento del territorio e delle realizzazioni sopra collocate ai cittadini di Verona. Quando ci viene proposta una vera possibilità di trasformare l’ambiente e modificarlo secondo le strategie dell’uno o dell’altro disegno mentale spesso sfugge la considerazione di ciò che è un solido tessuto connettivo delle installazioni: la rete commerciale di produzione e servizi. Questa necessità è curata quasi sempre in un secondo momento, come semplice dimenticanza procrastinabile e poco utile alle idee naturali di base, posticipando così la considerazione di tutte quelle vocazioni territoriali che formeranno nel tempo la tradizione di quei luoghi, di un’area più grande intorno e di una gente nuova più felice. Le energie future non scorrono solo negli edifici, negli spazi aperti e nelle persone che agitano il territorio, ma anche e soprattutto attraverso le attività di produzione e di servizio che li animeranno con la loro qualità e la loro peculiarità dandogli senso e notorietà oltre che una durevole linfa economica alla zona. Il mio punto di vista si attesta su una base di lavoro che va dal cibo alle bevande e all’uso ricreativo legato a queste, e trovo Verona talmente ben rappresentata nella mente gourmet degli Italiani e degli stranieri che intitolare in questa direzione le attività del nuovo luogo sarebbe come ricondurlo immediatamente all’interno dei loro più piacevoli pensieri. Per me costruire l’immagine e il successo per la futura area di San Pancrazio significa quindi dare carattere e buona gestione a quelle imprese commerciali e ai servizi collegate al cibo e alle bevande della tradizione veronese antica unita a quella più attuale.
114
Il volo sopra e dentro la futura San Pancrazio che chiede visibilità Abbiamo detto che l’area degli ex magazzini e il parco a essa collegato non è ben visibile dagli altri punti di Verona e poco accessibile da alcuni lati di questo, quasi nascosta e svalutata dalle Verona Reload
attuali situazioni urbanistiche dei suoi dintorni. Spicchiamo allora il volo, sollevandoci sopra le case e la ferrovia che cinge l’area, e cominciamo a scorgere sotto di noi i capannoni maestosi e poi campi e le vie del parco e la fattoria, il maneggio e il fiume con le sue sinuose volute: si apre un mondo verde inaspettato dentro il cuore della città di Verona. Scorgiamo anche le sue limitazioni: gli accessi, gli spazi da trasformare, le strutture da modificare e la visibilità che manca. Chiudiamo gli occhi e pensiamo a un’ideale trasformazione. Apriamo di nuovo gli occhi ed ecco che vediamo nell’area degli ex magazzini un grande edificio, dalla struttura insolita con finestre di varia foggia che si alza accanto al nostro volo, poi altre strutture che muovono il terreno, coperte di verde e strade con percorsi pedonali coperti e chiare piste ciclabili. Un’area senza auto, con parcheggi nascosti e ben raggiungibili con vie speciali di accesso alle varie nuove costruzioni appena apparse. Allargando lo sguardo si notano altre due alte strutture, quasi come segnali dei luoghi, poste ai margini del parco in corrispondenza dei due estremi del fiume, sotto di esse le aree di parcheggio, ben connesse alla città con strade e servizi di autobus, e da lì gli accessi alla zona verde del parco. Poi si vedono le piccole vie di comunicazione che si muovono leggere e i piccoli punti di sosta con i servizi igienici e le loro lampade d’illuminazione notturna. Vedo l’imponente fattoria didattica con le sue postazioni dimostrative e cartelli descrittivi del lavoro agricolo e di allevamento, a tettoia delle degustazioni guidate dei prodotti del territorio. Più in là il maneggio con molte persone attente dalle gradinate ad osservare i cavalli che trottano e saltano gli ostacoli e i cavalieri con stivali alti e frustino in mano. Poi lo sguardo si posa sulle sponde verdi dell’Adige e sulle due piattaforme di tavole di legno con i tavoli affacciati all’acqua per i picnic dei giorni di festa. Vedo i piccoli chioschi-bar e le passerelle da sponda a sponda in loro corrispondenza. Poi le canoe e le barche che percorrono placide le acque e attraccano nei pontili di noleggio.
Si gode dall’alto il movimento e la pace del parco fluviale. L’abitante felice della nuova area degli ex magazzini Adesso atterro agli ex magazzini, chiudo gli occhi e immagino di essere colui che abita, lavora, o solo cammina su quel suolo diventato nuovo. Sono sotto il maestoso edificio che buca il cielo sopra di me e nello spazio di fronte vedo un mercato all’aperto, quasi piccolo anfiteatro, con belle tettoie leggere e la gente che brulica intorno ai banchi di colorati e ben sistemati prodotti. Noto i radicchi e gli asparagi, le zucche e i cavoli, le pesche e i marroni. Poi all’altro lato vedo le forme di Monte Veronese e di Grana, i prosciutti e i salami, i sacchi di farine e di riso, le vasche di baccalà ammollato e le casse di quello secco, poi ancora le verdi bottiglie di olio e i dorati vasetti di miele. I tavolini del piccolo bar sono un viavai di persone, e di camerieri con vassoi colmi di tazze e focacce e dolci. Lì si avverte un brusio leggero, quasi un riposo dal vociare del vicino mercato. Il ristorante che intravedo più avanti porta un menù che racconta la sua indole di salumi e risotti e carni cotte a fuoco vivo, scorgo i vassoi di formaggi e le bottiglie dei vini veneti e la gente che beve in piedi al bancone più esterno e si prende i cicchetti da strada e i piatti cucinati da portarsi via. Cammino intorno a aiuole variopinte a fontane e alberi e mi avvicino a un edificio che si nota da lontano. Vedo i tavoli ben apparecchiati che scorrono dal fuori al dentro della grande bocca d’entrata e un pannello con le indicazioni delle pizze alte e basse realizzate a lievitazione naturale con prodotti del territorio e gustose alternative. Si vendono anche panini e bicchieri di vino e di birra locale da gustarsi in piedi. Poco distante una sala da tè fa bella mostra di se con le sue grandi lucenti vetrate di pasticceria con richiami crudeli di cioccolate, mandorlati, fritole e galani, sfogliatine e torte di frutta, Nadalin e Pandoro. Poi la mia attenzione è attirata dentro dal muoversi professionale degli addetti alla macchina del caffè e dalle fumanti
115
Quattro visioni e cinque letture
teiere e tazze e tazzine sopra al bancone. Sento una strana e piacevole sintonia fra gente e servizi, apprezzo il loro rapporto di adeguatezza, di vocazione territoriale e di qualità prezzo. Mi sento felice di stare lì, di lavorarci, di viverci. Un pensiero finale L’ambito degli ex magazzini FS e il sottostante Parco dell’Adige Sud sono in una speciale simbiosi di reciproca valorizzazione. Le installazioni e le attività nei due settori possono veramente interagire in maniera di servizio scambievole e dare un vantaggio sostanziale alla zona e a Verona stessa. Riversare la vocazione gastronomica di Verona su quest’area porterà visibilità e nuove linee di scorrimento per i turisti e i per gli abitanti stessi, che potranno trovare in Porto San Pancrazio una piacevole possibilità di godere del territorio, della tradizione e dei servizi che vi saranno collocati. “Il piacere parte dagli occhi, attraversa la bocca e arriva finalmente al nostro cuore.”
Quale buona novella?
di Don Adelino Bortoluzzi, parroco di Santa Maria del Rovere (Treviso)
—
Nessuno come il verbo “abitare” esprime con senso compiuto e figurato insieme la dimensione relazionale dell’essere persona. Non potrebbe andare diversamente, perché “abitare” non indica “solo” l’“avere” o il “possedere”, come l’etimologia richiama, ma scende più in profondità; indica infatti anche lo “stare”, il “riposare”, il dimorare inteso come quell’“essere a casa” che consegna intimità e autenticità a ciascuno di noi. Solo nell’”abitare” si è autentici, alle prese con la propria autonomia e in relazione con chi perfeziona e sviluppa la nostra identità. Ecco perché il “progettare casa e case” è esercizio complesso e obbliga a tenere insieme più dimensioni: - la dimensione individuale della persona, quella relazionale-familiare e comunitaria; - la dimensione del presente e del futuro; - la dimensione del riposo e del crescere, del lavorare e dei servizi al vivere. Proviamo a percorrerle.
116
La dimensione personale, relazionale e comunitaria Autonomia e relazioni sono gli ingredienti dello stare bene (gli spazi troppo stretti e angusti soffocano e rendono impossibile il convivere), così come autonomia senza relazioni (soli in una… “reggia”), mortificano e negano la possibilità di essere autentici. In ogni casa sono necessari spazi che rendano possibile questo equilibrio, ma è altrettanto indispensabile che questo equilibrio sia rispettoso delle età, delle relazioni e del divenire di ciascuno di noi. Più in concreto potremmo dire che il con-vivere non può mai essere inteso come un vivere chiusi nelle proprie dinamiche di coppia o di famiglia, ma sempre e soltanto come un viaggiare insieme con altri compagni di viaggio, senza i quali non sussiste possibilità di convivenza! Diventa saggio perciò (e sinonimo di costruire la propria casa sulla roccia!) fare in modo che ogni “casa” sia dotata di “porte” facilmente varcabili e soprattutto di una “stanza in più” presso altre strutture e/o edifici. Apparentemente è strategia non percorribile, di fatto il convivere necessita di spazi che Verona Reload
rendano possibile la dimensione comunitaria per il bene di ciascuno e di tutti. Casa e piazza quindi si richiamano l’un l’altra: se non c’è casa senza strada e piazza, non possono esistere (e non hanno senso) strade e piazze senza che da esse nasca un tragitto che porta a casa! Creare “case” che rendano possibile (senza imposizioni) il convivere tra persone nella massima libertà e spontaneità è premessa di qualità “alta” del vivere e del con-vivere. Chi è giovane guarda la futura casa “solo” in base agli spazi interni e rischia di vedere solo l’“edificio” murario che dovrà essere abitato. Perché l’edificio diventi casa è necessario che i muri siano al servizio tanto del ri-entrare a casa quanto dell’uscire da casa con entusiasmo e vivacità. La stanza in più oltre i locali della propria abitazione significa - fuor di metafora - fare in modo che il vero soggetto della casa restino gli inquilini (e non muri, gli impianti o quanto deve arredare la casa). Vuol dire che la stanza degli ospiti dovrebbe essere una necessità (se non si vuole restare prigionieri del e nel proprio abitare), ma anche che a livello condominiale, di quartiere e/o di caseggiato sono indispensabili spazi “comuni” che rendano facile l’incontrarsi. Una stanza in più per i nipoti da accudire o per la figlia o il figlio che vuole ritornare qualche giorno a casa, è riserva di salute, di senso e di aiuto nell’essere valorizzato. E questo spazio in più non può essere pensato come un lusso o un di più, ma come una vitale ed indispensabile esigenza di relazioni e di servizio gli uni agli altri. Poter accedere ad un giardino o ad un locale comunitario per condividere interessi, tempo libero o possibilità di servizio alla comunità, è tanto indispensabile al vivere quanto i servizi, le finestre o la luce. La saggezza del progettare case è perciò riconoscibile: permettere alle generazioni di incontrarsi (piccoli, ragazzi, giovani, adulti e anziani) nella laicità di spazi vicini e non in competizione gli uni con gli altri. Ed è per questo che stanze, luoghi ed edifici comunitari - esterni (giardini, cortili per piccoli, per ragazzi, per adulti e per chi è avanti negli anni) e interni (sale riunioni, luoghi di incontri, di gioco, di festa,
di pasti condivisi…) - sono vitali e indispensabili per ogni singola casa. Non solo: devono diventare elementi costitutivi degli immobili e non lussi o particolarità tanto rare quanto eccentriche. La dimensione del presente e del futuro Non si sceglie un’abitazione da adibire a residenza abituale per poche settimane, perché l’affitto o l’acquisto di una casa sono spesso scelte di lungo periodo e sono luoghi che nascono per “reggere” al divenire della vita. Una casa troppo ricca di scale inamovibili e di barriere architettoniche non è adatta per invecchiare, per una infermità improvvisa (temporanea o stabile) nel deambulare o per qualche ospite o futuro famigliare (figlio?) con disabilità di qualsiasi tipo. Anche le diverse esigenze della vita sono da tenere in considerazione nel progetto casa. Ed è sempre bene preparare moduli non troppo definitivi, ma dinamici, che si possono trasformare e ri-adattare a nuove e diverse esigenze. Ma vale anche il contrario. Quanto spazio c’è - nei nostri contesti urbani - perché il “passato” possa essere raccontato, reso visibile e riconoscibile? Come si sceglie il nome di una via e di una piazza? Come si permette a chi è avanti negli anni di abitare senza sensi di colpa e senza timore di essere di intralcio? Chi racconta i vecchi mestieri e il perché delle scelte di ieri? Sono tutte parti integranti dell’abitare alle quali è necessario dare risposte concrete.
117
La dimensione del riposo e del crescere, del lavorare e dei servizi al vivere Molte volte la qualità di una casa è data dal cortile della parrocchia a pochi metri dal proprio uscio o dalla scuola (dei propri figli) raggiungibile a piedi. Esercizi commerciali nelle vicinanze (a pochi passi da casa), servizi vari (ospedali, uffici postali, stazioni, biblioteche, giardini, teatro, parcheggi e mezzi pubblici…) sono quasi sempre elementi che si cercano dopo aver scelto la casa. In realtà vanno presi in considerazione “prima”: perché l’abitare non debba trasformarsi, dopo, in una prigione dorata dalla quale non Quattro visioni e cinque letture
c’è possibilità di uscire o di aver contatti con il mondo esterno. Da notare che il termine “parrocchia” rimanda - dal greco - all’essere case in circolo e in comunità. Si è parrocchia se si è “tra le case”. Ma può valere anche il contrario: si è “casa” solo se si è tra le altre, in comunità. Come direbbe Italo Calvino: “d’una città non godi le sette o settanta meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Creare città che rispondono alle tante domande di una casa è la sfida del progettare: sfida affascinante, perché umanizza il vivere e lo rende un positivo con-vivere. Sotto il segno della solidarietà e della speranza.
Studio Semerano Laboratorio di Architettura (Toti Semerano, Stefano Antonello, Mauro Aschedamini, Ludovica Fava, Iride Filoni, Tommaso Gasparini, Andrea Piscopo, Nicolò Reither, Susanna Tundo, Caterina Zaccaria, Stefano Zanardi)
118
Verona Reload
Vuoto per pieno Studio Semerano Laboratorio di Architettura
—
119
Quattro visioni e cinque letture
120
— La misura
— 1-Campo da calcio
— Il primo vuoto
e 20 campi da tennis;
— Al di là di un muro,
1-Piazza San Marco;
che lo ha reso sconosciuto agli stessi abitanti del quartiere, un contenitore di dimensione inusitata rivela al suo interno uno spazio immenso.
Verona Reload
2-Arene di Verona; 1-Basilica di San Pietro
121
— Il secondo vuoto
— In alto:
— Al di fuori del muro,
Grosser Tiergarten
separato anch’esso
Sopra:
in qualche modo dal
Central Park
quartiere, un enorme
(New York)
spazio aperto solcato due volte dal grande fiume: il parco.
Quattro visioni e cinque letture
(Berlino).
122
— Che cosa succederebbe
— Qualunque decisione
se questi due grandi
progettuale non
vuoti interagissero
velletaria può nascere
tra loro? Potrebbero
solo da questa nuova
produrre un’energia
consapevolezza.
straordinaria, di qualità
L’attenzione di una
sconosciuta.
mente silenziosa,
Per captare questa
liberata da preconcetti
energia, occorre
e luoghi comuni, guarda
prendere
il paesaggio cogliendo
consapevolezza dei
aspetti invisibili
valori e lavorare sulle
e nascosti.
potenzialità inespresse.
Una architettura di ascolto.
Verona Reload
123
Quattro visioni e cinque letture
124
Verona Reload
125
— Lavorare sui bordi. Il Portolano di Porto San Pancrazio
Quattro visioni e cinque letture
utili ai naviganti. — Ma in cui convergono
— L’intrepretazione del
a volte racconti e
paesaggio produce delle
passato, celebrazioni
conseguenze operative
di gesta di condottieri,
raccolte nella forma di
storie, leggende...
un Portolano. Un libro
Il Portolano trasferisce
che si utilizza per la
su carta i segni di un
navigazione in cui sono
sapere accumulato nel
descritti i porti e le
tempo, per tradizione
coste, la meteorologia,
ininterrotta, che deriva
i fari, i landmark, tutti i
da secoli di utilizzo ed
segnali e le informazioni
esperienza.
resoconti di viaggi del
126
Verona Reload
127
— La fabbrica dei sogni, la matrioska nel parco — Bisogna necessariamente distruggere per poter costruire il nuovo? Preferiamo esplorare le infinite possibilità di reinterpretare uno spazio esistente, soprattutto se è così speciale.
Quattro visioni e cinque letture
128
— La piazza, terminale urbano del quartiere e porta di accesso al parco
Verona Reload
129
— La diga, ovvero
— È possibile trasformare i
la protezione al parco
problemi in opportunità? Una barriera al rumore può diventare una scultura urbana, una protezione per il parco, un parheggio multipiano.
Quattro visioni e cinque letture
130
— Architettura verde
Verona Reload
131
Quattro visioni e cinque letture
132
Verona Reload
133
— Scoprire nuove rotte
Quattro visioni e cinque letture
134
Verona Reload
135
Quattro visioni e cinque letture
136
— Il faro di Porto di San Pancrazio
Verona Reload
137
Quattro visioni e cinque letture
Team
Verona Reload
—
Archiplanstudio archiplanstudio.com
Svolge da anni un’attività di ricerca legata al progetto di architettura, indagando le questioni legate ai luoghi ed al contesto. Le architetture si traducono in gesti ed interventi puntuali che hanno abbandonato le dimensioni ideologiche e massimaliste del fare e ricercano nella narrazione della propria costruzione le ragioni di appartenenza, appropriatezza e spiritualità. Diego Cisi e Stefano Gorni Silvestrini si laureano in progettazione architettonica a Venezia nel 1993 e affiancano all’attività professionale con progetti pubblici e privati l’attività didattica e di ricerca in ambito universitario.
dal riuso delle aree né urbane né rurali al product design, dall’analisi territoriale alla realizzazione di molti interior familiari, dai sistemi di visita complessi al rilievo di manufatti vincolati, dalla casa economica agli allestimenti di luoghi temporanei. Attualmente Asprostudio è impegnato nella realizzazione del nuovo sistema di visita Porta Vescovo Dolomiti Resort e del nuovo sistema di visita ella Città di Schio; sono in corso il completamento di luoghi residenziali a Oristano, Pieve di Cadore, S. Pietro di Feletto, Treviso, Tricesimo, Verona. Nel 2011 lo studio è stato invitato a partecipare alla Biennale del Paesaggio delle Canarie. Il progetto Verona Reload è stato svolto insieme ad Eleonora Bottin, Giulio Contin, Francesco Dal Toso, Pietro Los e Benedetta Nicolich.
140
Asprostudio, gruppo di lavoro asprostudio.it
Verona Reload
Attivo dal 2005 con un modello di struttura a rete in costante ricerca tra qualità e innovazione, è diretto da Claudio Bertorelli e Nicola Mattarolo; le attuali sedi sono Vittorio Veneto e Verona. Asprostudio ha affrontato tutte le scale del progetto con ricerche, progetti, esposizioni, realizzazioni e testi:
Bruno Barel
Docente di Diritto Europeo e Internazionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova e avvocato, partner dello studio legale Barel Malvestio
& Associati, con sedi a Treviso e San Vendemiano (TV). È membro del consiglio di amministrazione di varie società e svolge altresì attività di giornalista pubblicista. Pier Angelo Barontini
Consulente del gusto, insegnante di tecniche di cucina e consulente di strategie professionali per aziende di somministrazione e di produzione di qualità, per una valutazione corretta dei loro potenziali e la costruzione di forti identità commerciali. Scrittore di alcuni testi di tecnica di cucina, di storia della cucina e di varia attualità sul cibo bevande e mercato. Conferenziere e opinionista sul mondo del cibo e delle bevande di qualità, sulle varie tendenze del mercato e sulle abitudini alimentari antiche e attuali. Creatore di eventi e degustazioni su vari prodotti della tradizione e dell’innovazione. Inventore del Pollame allevato a “Latte e Miele” e brevettato tramite la Camera di Commercio di Padova.
Dal 2002 al 2010 ha svolto attività di collaborazione didattica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Trieste. Nel 2005 ha fondato Asprostudio, agenzia di Architettura con sede a Vittorio Veneto e Verona, con cui ha realizzato opere di carattere pubblico e privato. Nel 2009 ha pubblicato con Franco Zagari “Il valore dell’acqua”, un saggio di analisi sui paesaggi del Veneto Orientale presentato al G8 Agricoltura tenutosi in Italia. Dal 2008 è membro del Comitato Scientifico del Festival delle Città Impresa e dal 2010 del Comitato Scientifico della Fondazione Francesco Fabbri.
141
Claudio Bertorelli
Team Verona Reload
Affronta da anni un percorso di ricerca operativa finalizzata alla costituzione di nuovi modelli nel campo dell’analisi urbana, della progettazione architettonica e del design. Nel 2002 ha fondato il Centro Studi USINE e nel 2007 ha ideato il Festival Comodamente, di cui è oggi direttore artistico.
Adelino Bortoluzzi
Parroco di Santa Maria del Rovere (TV), impegnato nella pastorale della famiglia e dei giovani.
Luigi Cerantola
È poeta, prosatore, drammaturgo veneto, storico dell’arte e docente all’Università Imperiale di Tokyo.
Antonio Dalle Nogare
Imprenditore edile e collezionista d’arte, ha realizzato numerose iniziative immobiliari in Alto Adige ed in varie località turistiche tra cui Costa Smeralda, Capri, Lago di Garda, Val Gardena e Val Badia. È inoltre membro del consiglio di amministrazione di diverse società immobiliari altoatesine e socio della Fondazione della Cassa di Risparmio di Bolzano.
EPO Equipe Progetti Operativi
È un raggruppamento di professionisti e docenti universitari (architetti, urbanisti, pianificatori e paesaggisti) che intervengono in progetti di architettura e sviluppo territoriale in Catalunya ed in Italia, e che comprendono un gruppo di collaboratori e partners con i quali organizzano di volta in volta team di lavoro, workshop e seminari di ricerca, studio ed innovazione. I campi d’azione che determinano le proposte progettuali di EPO sono: la ricerca di soluzioni efficienti per le nuove forme del vivere, l’integrazione delle infrastrutture nel progetto della città e del territorio con alto valore aggiunto, l’interesse per la costruzione di dispositiv ad integrazione delle richieste dettate dai principi di sostenibilità ambientale in una prospettiva strategica e lo sviluppo dei principi della Convenzione Europea del Paesaggio attraverso il Landscape Design e il Landscape Urbanism. Il lavoro di questo gruppo si inserisce all’interno di una prospettiva di collaborazione transnazionale ed ha come obiettivi principali la cooperazione professionale per la costruzione di spazi europei, il trasferimento di conoscenza ed esperienze nella pianificazione tecnica, gestionale e di strumenti operativi per lo sviluppo di progetti derivati
dalle nuove forme di governo territoriale. Marisa Fantin
Architetto e presidente dell’INU Veneto. Si occupa di pianificazione e progettazione urbanistica.
Renato Malaman
Giornalista, redattore del quotidiano “Il Mattino di Padova”, responsabile della rubrica settimanale “Gusto”, ispettore della guida “Ristoranti d’Italia” de L’Espresso e consigliere nazionale del GIST.
Diego Malosso
Ingegnere, project manager, specializzato in gestione di processi immobiliari. Tra le sue migliori realizzazioni: Contrà Leopardi a San Biagio di Callalta (TV); Ristorante Perché a Roncade (TV); nuova sede Schüco Italia a Padova (PD); Giardino ai tre filosofi a Monastier (TV).
Carmelo Miola
Medico psichiatra, si occupa di reinserimento sociale e abitativo di pazienti psichiatrici e tossicodipendenti. È responsabile Linea Riabilitativa ULSS 16 Padova e didatta al Centro Milanese di terapia della famiglia.
Paolo Richelli
Architetto, si occupa prevalentemente di progettazione nel campo del restauro degli edifici e della pianificazione urbanistica attuativa.
Toti Semerano Laboratorio di Architettura
Vive e lavora tra Padova e Lecce. Architetto e artista, in oltre trent’anni di lavoro si è costruito una professionalità versatile e multiforme che lo allontana
142
Verona Reload
semerano.com
dall’establishment contemporaneo, in un lavoro di continua sperimentazione tecnica e plastica. Utilizza con la stessa passione tecniche innovative e materiali tradizionali, per creare comunque forme inedite, aperte e suscettibili di continue trasformazioni, dialogando continuamente con lo spazio e la luce. Nel 2005 ha aperto nel Salento il Laboratorio di Architettura (semerano.com) come estensione dello studio professionale di Padova. Il Laboratorio ha sede in un extabacchificio immerso nella campagna leccese ed è un denominatore comune a personalità diverse e autonome; non è un ufficio, ma uno spazio aperto a cui si può accedere sia fisicamente che attraverso la rete, un punto di convergenza per tanti “professionisti con la valigia”. Le sue opere sono state selezionate per premi e riconoscimenti. Nel 2009 ha ricevuto il Premio della Biennale Internazionale di Architettura Barbara Cappochin per il progetto di casa De Masi.
territorio”. Molte opere realizzate in Italia e all’estero fra cui Giardino a Osaka, 1990; Piazza Montecitorio a Roma, 1998; Lungomari di Porto Sant’Elpidio, 2003 e di Castiglioncello, 20062007; Un ponte e una terrazza galleggiante nel Parco del Lago dell’Eur, Roma 20052007, Tre piazze a Saint-Denis (Parigi), 2005-2007, Sottopasso della Stazione di Bergamo, 2009, Giardino Z5, Roma. Fra i suoi saggi: L’architettura del giardino contemporaneo, Roma 1988; Bibliotheca Alexandrina, Unesco, Roma Parigi 1990; Giardino italiano a Osaka, Milano 1990; Piazza Montecitorio, Roma 1998; Questo è paesaggio. 48 definizioni, Roma 2006. Sul suo lavoro: Livio Sacchi, Franco Zagari. L’interpretazione del paesaggio, Torino 2003.
143
Franco Zagari
Team Verona Reload
È architetto paesaggista e professore di Architettura del paesaggio presso la Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, dove è fondatore del Dipartimento Oasi e coordinatore del Dottorato “Parchi, giardini, assetto del
Martin Zischg
Imprenditore nel settore immobiliare con attività in Alto Adige e a Lipsia (D), nonché membro del consiglio di amministrazione di diverse società immobiliari altoatesine e responsabile amministrativo e finanziario del Gruppo Unterberger.
Verona Reload
VERONA RELOAD
Il Quartiere di Porto San Pancrazio a Verona ha ospitato per vent’anni il più importante presidio di approvvigionamento ferroviario del Nord Italia, rimandando al giorno della sua dismissione il naturale percorso di completamento urbano del proprio fronte orientale. In quel luogo città e produzione si sono dati le spalle: dentro un raffinato sistema logistico capace di gestire oltre sessantamila contenitori di pezzi di ricambio; fuori un quartiere nato operaio e cresciuto fino a saturare lo spazio di un gradino alluvionale tra la roggia e le linee del treno. Una storia come tante in Italia, per cui l’identità di un luogo finisce là dove inizia il dover fare. Ma si sa, la storia dà torto e dà ragione, e oggi quello stesso quartiere privato del
ISBN 9788890669507
suo Est si trova affacciato su un parco fluviale, il Parco Rurale dell’Adige Sud, la risorsa più avanzata e sostenibile che oggi una città possa offrire. Ecco un’occasione di paesaggio da cui ripartire! Non resta quindi che spostarsi verso un pensiero laterale, rimescolare carte idee e disegni fino a trovare il giusto equilibrio per un’area nè urbana nè rurale che appare strategica nell’assetto veronese. Verona Reload riassume le prime fasi di un percorso progettuale del tutto innovativo svolto tra settembre e novembre 2011, teso ad evocare soluzioni di riuso per quel fronte urbano ad est che gli abitanti di Porto San Pancrazio hanno dovuto dimenticare e oggi possono ritrovare.