Technical guidelines for genetic conservation and use
Ciavardello Sorbus torminalis B. Demesure-Musch e S. Oddou-Muratorio Conservatoire génétique des arbres forestiers, ONF, centre INRA, Olivet, France
Queste guide tecniche sono pensate per assistere coloro che si occupano del prezioso patrimonio genetico del ciavardello, attraverso la conservazione di importanti fonti di seme o l’uso pratico in selvicoltura. Lo scopo è quello di conservare la diversità genetica della specie su scala europea. Le raccomandazioni fornite in questa scheda dovrebbero essere considerate come una base comunemente accettata da completare e successivamente sviluppare in condizioni locali o nazionali. Le linee guida si basano sulle conoscenze disponibili della specie e su metodi ampiamente riconosciuti per la conservazione delle risorse genetiche forestali. Biologia ed ecologia Il ciavardello (Sorbus torminalis L. (Crantz)) è una specie diploide (2n=34) della famiglia delle Rosaceae. Si può ibridare con almeno altre due specie del genere Sorbus: il farinaccio (Sorbus aria L. Crantz) e il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia L.). L’ibridazione con il farinaccio avviene comunemente, soprattutto dove si sovrappongono gli areali naturali di queste specie. La maggior parte di questi ibridi sono triploidi (3n=51) ed alcuni (soprattutto Sorbus latifolia) sono tetraploidi (4n=78). Gli ibridi si riproducono soprattutto per apomissia. Il ciavardello è una pian- ta a rapido accrescimento, che raggiunge l’altezza massima intorno a 80-100 anni,
con altezze di 20-25 m e tronchi di 50-70 cm di diametro. In casi eccezionali può raggiungere 30 m d’altezza e 1 m di diametro a 200 anni. Il ciavardello produce fiori ermafroditi visitati da un’ampia gamma di impollinatori generici (api, bombi e maggiolini). La fioritura e la produzione di semi può cominciare in alberi con diametri minori di 10 cm in condizioni ottimali. I frutti carnosi sono dispersi dagli uccelli, soprattutto tordi, e dai mammiferi (volpi, faine). La dormienza dei semi in genere dura un inverno. In condizioni di laboratorio è stato riportato che l’alternanza di temperature calde e fredde aumenta il tasso di germinazione. Il ciavardello preferisce i suoli profondi e fertili, ma può tollerare un’ampia gamma di condizioni edafiche, da suoli calcarei, asciutti e superficiali a suoli temporaneamente sommersi. Può adattarsi a diverse condizioni climatiche, ma in genere lo si trova in pianura. Il ciavardello è una specie eliofila, spesso soppressa dalle
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altre latifoglie, soprattutto dal faggio. Quando è sovrastato dalle altre specie, il ciavardello si indebolisce rapidamente, ma anche una piccola apertura nella copertura è sufficiente per permetterne lo sviluppo. È descritta come una specie post pioniera, che vegeta spesso come componente minore nelle formazioni di quercia e faggio. Può colonizzare facilmente le radure e i popolamenti a bassa densità, grazie all’efficiente dispersione dei semi. La propagazione vegetativa per polloni radicali può avvenire e può aumentare le capacità competitive della pianta. Questo è il modo principale con cui colonizza aree disturbate e con cui sopravvive alla competizione di altre specie.
Distribuzione
Importanza ed uso
Il ciavardello è ampiamente distribuito in Europa, dall’estremità settentrionale dell’Africa al sud della Svezia e dalla Gran Bretagna orientale al nord dell’Iran. Normalmente all’interno del suo areale vegeta con basse densità (0.1-30 individui/ha).
Il ciavardello è gradito dai cacciatori perché i suoi frutti sono molto apprezzati da molte specie di uccelli e da alcuni mammiferi. I frutti sono usati anche per produrre liquori, soprattutto in Germania e in Austria. Il legno del ciavardello è a fibratura fine, molto denso ed ha una buona resistenza alla curvatura. È stato usato nel passato per fare le viti per le presse enologiche, accessori per biliardo, strumenti musicali e lavori di tornitura. Oggi è usato solo per piallacci decorativi. Il ciavardello è una delle latifoglie di maggior valore in Europa. Negli anni ’90 il ciavardello è stato la specie col legno più costoso in Europa.
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Conoscenze genetiche Le analisi sulla genetica delle popolazioni del ciavardello sono cominciate solo recentemente. Finora i risultati disponibili si basano su studi effettuati con marcatori genetici neutrali. Queste analisi hanno evidenziato alcuni processi genetici molto importanti che determinano il livello e l’organizzazione della diversità genetica nel ciavardello. L’ibridazione con altre specie del genere Sorbus si verifica soprattutto come ciavardello (padre) e farinaccio (madre). Raramente è seguito da introgressione citoplasmatica. Di conseguenza, il flusso genico interspecifico non dovrebbe influenzare significativamente le dinamiche della diversità nel ciavardello. Il ciavardello è un albero prevalentemente a fecondazione incrociata. La porzione di autofecondazione è stimata essere meno dell’1% nella progenie a impollinazione aperta ed è molto variabile nelle piante madri. Questo livello di autofecondazione molto basso supporta l’ipotesi di una parziale autoincompatibilità come in Sorbus aucuparia. I modelli degli scambi di polline nel ciavardello mostrano due principali tendenze: impollinazione preferenziale tra alberi vicini dovuto alla dispersione locale del polline, combinato con la dispersione su lunga distanza (sono stati documentati eventi
di dispersione fino a 2.5 Km di distanza). Questo genera una scarsa dimensione effettiva dell’impollinazione: in media solo sei donatori di polline contribuiscono alla nuvola di polline di un determinato albero femmina. Ma nel contempo una parte dei donatori di polline sono lontani dall’albero madre. Questi modelli sono in accordo con l’ecologia dell’impollinazione nel ciavardello: le api esplorano intensamente le risorse locali, ma alcune api e soprattutto i calabroni sono capaci di volare per lunghe distanze per cercare nuove risorse di nettare. Tendenze analoghe sono state osservate su modelli di dispersione del seme in corso di studio. Molti semi sono dispersi nelle strette vicinanze; in media 174 m tra un semenzale affermato e la sua pianta madre. Ma, almeno il 17% dei semenzali raccolti al centro di un popolamento forestale di 470 ha, ha avuto origine fuori del popolamento. Questi modelli di dispersione del polline e del seme risultano nei forti livelli della struttura genetica spaziale su scala locale. Si è osservato che i ciavardelli sono distribuiti in gruppi di 150300 m di raggio corrispondenti ad individui geneticamente più relazionati rispetto a quanto ci si attende dal caso. Questi gruppi sembrano corrispondere a siti
favorevoli colonizzati con successo da alberi fratelli. Al contrario, studi genetici condotti su scala regionale e più ampia hanno rivelato livelli maggiori di diversità all’interno della popolazione, sia per i marcatori nucleari sia per quelli citoplasmatici. Il livello di differenziazione tra popolazioni osservato con i marcatori citoplasmatici sono sorprendentemente bassi in confronto ad altre latifoglie europee con presenza sporadica. Per il ciavardello non sono predominanti né flussi genici di polline né di seme (i geni sono diffusi in media a distanze uguali dal seme e dal polline) I modelli di diversità genetica su larga scala indicano che anche se il polline ed il seme sono dispersi soprattutto a breve distanza, nel ciavardello come in molte altre specie, i rari eventi di dispersione su lunga distanza influenzano profondamente le dinamiche di lungo termine della diversità genetica. Questo potrebbe essere una tendenza generale in quelle specie che combinano buone capacità di dispersione a dinamiche di colonizzazione. Gli studi su DNA cloroplastico su scala europea rivelano una debole struttura filogeografi-
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ca. Le differenze nelle frequenze aplotipiche osservate tra le zone orientali ed occidentali dell’Europa potrebbero indicare l’esistenza di diverse aree rifugio in Europa durante le ultime glaciazioni. Su scala regionale non è stata trovata una struttura filogeografica. Gli intensi movimenti di seme a partire dalla ricolonizzazione post-glaciale potrebbero avere confuso una struttura filogeografica preesistente. La struttura genetica mostra una piccola testimonianza dell’impatto della gestione umana sulle dinamiche del ciavardello. All’interno delle unità di gestione è stata trovata una miscela di progenie di alberi maturi locali e alberi maturi distanti provenienti da unità gestionali vicine. Perciò la rinnovazione all’interno delle unità gestionali deve tenere conto della presenza di alberi da seme lungo tutta la foresta.
Minacce alla diversità genetica
Linee guida per la conservazione genetica e l’uso
Il ciavardello è una specie con presenza sporadica e la sua diversità genetica può essere considerata a rischio in alcune condizioni. Il ciavardello è sensibile alla competizione. Perciò potrebbero esserci dei rischi nelle foreste ad alta densità che contengono un’alta proporzione di specie che vivono a lungo. L’alto livello di competizione interspecifica potrebbe ostacolare i processi di rinnovazione e portare all’estinzione locale. Perciò la specie può essere in grave pericolo se non ci sono nuovi siti disponibili da colonizzare e sui quali stabilirsi. Come per tutte le specie forestali, la frammentazione degli habitat potrebbe causare una forte diminuzione della diversità genetica attraverso la riduzione delle dimensioni della popolazione e la rottura del flusso genico. La frammentazione degli habitat potrebbe risultare anche dalla distruzione delle foreste o dalla gestione non orientata in favore del ciavardello. Questa specie è particolarmente minacciata dalla frammentazione degli habitat a causa della sua bassa densità di popolazione. La domanda per il legno potrebbe indurre ad introdurre in foresta, semi alloctoni raccolti da un numero limitato di alberi sconosciuti.
Misure in situ La conservazione dinamica garantisce la diversità delle popolazioni in evoluzione grazie agli effetti combinati della pressione ambientale e della riproduzione sessuale. La conservazione in situ è applicata attraverso un network di unità di conservazione (popolamenti naturali). Per le specie con dinamiche di estinzione-ricolonizzazione, non è possibile definire le unità di conservazione. Sono proprio gli eventi di estinzione-ricolonizzazione e gli alti livelli di flusso dei semi che potrebbero non essere garantiti nelle unità di conservazione. Qui il problema non è limitare l’ampio flusso genico, ma piuttosto conservarlo. È anche necessario conservare le intere dinamiche ecosistemiche perché le dinamiche del ciavardello sono strettamente legate agli stadi successionali della foresta. Per questo la conservazione del ciavardello non dovrebbe essere praticata a livello locale (alcuni ettari), ma a livello paesaggistico o anche su scala regionale. Per adesso non è possibile indicare una dimensione critica della popolazione al di sotto della quale le popolazioni potrebbero essere minacciate. I tentativi di conservazione devono essere prima di tutto focalizzati sulle comuni pratiche selvicolturali. Per la sostenibilità a lungo termine delle risorse genetiche del ciavardello la gestione
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Distribuzione del ciavardello
forestale deve essere orientata a favore di ogni singolo albero. Per prima cosa deve essere controllata la competizione degli alberi vicini e il ciavardello deve essere rilasciato ad ogni taglio. In secondo luogo, i forestali devono essere consapevoli che gli alberi da seme dei compartimenti vicini potrebbero anche contribuire alla rinnovazione. E soprattutto la rinnovazione del ciavardello deve affermarsi prima di quella delle latifoglie sociali. In questo caso i giovani semenzali di ciavardello hanno un vantaggio competitivo rispetto alle querce e ai faggi. È importante anche garantire una distribuzione regolare del ciavardello, per piccoli gruppi o singoli individui. La scomparsa locale di alcuni alberi non è dannosa per
la popolazione, perché i flussi dei semi permettono la colonizzazione sulla lunga distanza. I forestali, però, devono assicurare la presenza di siti favorevoli. Anche su scala regionale uno sforzo dovrebbe essere compiuto per favorire la presenza del ciavardello. Le dinamiche regionali del flusso genico sono molto importanti per conservare la dinamica locale. Misure ex situ Quando non è possibile applicare la conservazione in situ o avere disponibilità di seme, deve essere considerata la conservazione ex situ. Per formare popolazioni artificiali di conservazione, i semi devono essere raccolti da molti alberi con una distanza
di più di 200 m tra di loro, per allargare la base genetica ed evitare la parentela. Le condizioni di piantagioni (stazione, distanza di piantagione, cure e conduzione per i primi anni) devono essere attentamente controllate. Le collezioni principali potrebbero essere create a livello regionale, in modo che il seme potrebbe essere usato per rinforzare alcune piccole popolazioni. Se la collezione principale non è isolata dagli altri ciavardelli (>10 Km) il flusso genico potrebbe non essere escluso. La strategia potrebbe essere combinata con tecniche di ingegneria naturalistica usate nei progetti di recupero ambientale.
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Queste guide tecniche e le cartine degli areali di distribuzione sono state prodotte dai membri dei Network di EUFORGEN. L’obiettivo è quello di identificare i requisiti minimi per la conservazione genetica nel lungo periodo in Europa, per ridurre i costi complessivi di conservazione e per migliorare la qualità degli standards in ogni Paese. Citazione: Demesure-Musch, B. e S. Oddou-Muratorio. 2009. EUFORGEN linee guida per la conservazione genetica e l’uso del ciavardello (Sorbus torminalis). Traduzione: A. Rositi, M. Morganti, B. Schirone, Dipartimento DAF, Università della Tuscia, Viterbo. CREIA, Fondi, Latina, Italia, 6 pagine. Originariamente pubblicato da Bioversity International, in inglese, nel 2004
Bibliografia
Demesure, B., B. Le Guerroué, G. Lucchi, D. Prat and R.J. Petit. 2000. Genetic variability of a scattered temperate forest tree: Sorbus torminalis L. (Crantz). Annals of Forest Science 57:63–71.
Oddou-Muratorio, S., M.-L. Houot, S. Gerber, B. Demesure-Musch and F. Austerlitz. 2003. Real-time patterns of pollen flow in the wildservice tree, Sorbus torminalis L. (Crantz). I. Evaluating the paternity method in the case of non-isolated population of plants. Molecular Ecology 12:3427–3439. Oddou-Muratorio, S., R.J. Petit, B. Le Guerroué, D. Guesnet and B. Demesure. 2001. Pollen- versus seed-mediated gene flow in a scattered woody species. Evolution 55:1123–1135. Oddou-Muratorio S., B. Demesure-Musch, R. Pélissier and P.H. Gouyon. 2004. Impacts of gene flow and logging history on the local genetic structure of a scattered tree species, Sorbus torminalis L. (Crantz). Molecular Ecology 13: 3689–3702. Petit, R.J., I. Aguinagalde, J.L. de Beaulieu, C. Bittkau, S. Brewer, R. Chaddadi, R. Ennos, S. Fineschi, D. Grivet, M. Lascoux, A. Mohanty, G. Muller-Stark, B. Demesure-Musch, A. Palmé, J.P. Martin, S. Rendell and G.G. Vendramin. 2003. Glacial refugia: Hotspots but not melting pots of genetic diversity. Science 3000:1563–1565.
La carta della distribuzione è stata realizzata dai membri dei Network di EUFORGEN sulla base di una carta precedente pubblicata da Kutzelnigg, H. nel 1995 (Sorbus torminalis. In: Scholz, H. (Hrsg.), 1995: Gustav Hegi. Illustrierte Flora von Mitteleuropa. Band IV, Teil 2B (2. Aufl.). Blackwell, Berlin.
Disegni: Sorbus torminalis, Giovanna Bernetti © Bioversity, 2004. ISBN: 9788864520025
Regione Lazio, Direzione Regionale Ambiente e Cooperazione tra i Popoli, Centro Regionale di Educazione e Informazione Ambientale (CREIA ) Via Cavour, 46 04022 Fondi (LT) Telefono +39 (0771) 537749 Fax +39 (0771) 537749 www.creia.it
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