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Dai nostri paesi

L’Amico del Popolo 24 dicembre 2015 - N. 50

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Feltre Il 6 gennaio l’inaugurazione degli affreschi dipinti da Calabrò in tre lunette della ex sagrestia

Il Santuario di San Vittore sarà la sede dell’«Associazione culturale per l’affresco»

Lunedì 14 dicembre il maestro Vico Calabrò ha terminato di affrescare 3 lunette che si trovano nella segreteria del Santuario di San Vittore, un tempo ex sagrestia. Ha così mantenuto fede a un impegno che si era assunto il 29 agosto durante un pubblico incontro. La sala, che l’aveva già visto autore di un celebre affresco, quello che rappresentava l’imponente processione del 20 giungo 1943 di circa 20.000 Feltrini, è stata ora arricchita di un’altra opera che illustra un altro tragico momento della storia di Feltre, il trasferimento nel 1944 del seminario vescovile al Santuario, sotto l’illuminata guida del vescovo Girolamo Bortignon. Fu quello «un anno di terrore e di grazia», come ha scritto mons. Lino Mottes in un suo libro che rievoca l’esperienza di seminarista da lui vissuta nel ’44-45 assieme ad altri 80 ragazzi. Ed è proprio il suo libro che ha ispirato Vico Calabrò nel dipingere alcuni eventi più o meno noti,tutti legati alla vita del Santuario.

Ma c’è un altro aspetto che è stato reso pubblico e che non mancherà di suscitare un’attenzione supplementare su San Vittore: il Santuario è destinato ad ospitare la «Associazione culturale per

l’affresco», che ha sempre potuto contare sull’appoggio del Rotary international del Triveneto. La richiesta avanzata dal maestro Calabrò, che ne è il direttore artistico, ha trovato immediata accoglienza da

Fondi al volontariato Esiste un regolamento comunale che stabilisce le regole per la concessione di contributi ad associazioni di volontariato che operano nel settore culturale, ricreativo e sociale. Ad esso ha fatto riferimento la Giunta municipale di Feltre che nella seduta del 15 dicembre ha deliberato di erogare complessivamente la somma di 12.000 euro. Delle 12 domande pervenute ne sono state accolte 11, mentre una non è stata ammessa al contributo «per grave carenza di documentazione, cui non è stato posto rimedio nonostante le sollecitazioni». La somma verrà ripartita fra il Coro Ana, l’associazione «Palio di Feltre», l’Auser «Circolo al Castello», la Polisportiva Feltrese, il Casel de Celarda, l’associazione Visioni, l’Anpi, l’associazione «Allez Regretz», il Gruppo Sbandieratori «Città di Feltre», Portaperta, la Sala Ricreativa (ex Casel) Villapaiera. La somma messa a disposizione è di poco inferiore a quella stanziata nel 2014, che ammontava a 13.100 euro.

parte del rettore. «Ho accolto con entusiasmo la richiesta ha fatto sapere mons. Sergio Dalla Rosa- in quanto costiutuisce un autorevole riconoscimento del valore artistico del complesso dei Santi Vittore e Corona e può essere uno strumento prezioso per farci conoscere anche a livello internazionale». Si tratta di una notizia del tutto inaspettata che verrà accolta con piacere da chi al santuario è legato da ragioni di fede o dall’amore per l’arte e il bello. Non appare fuori luogo ricordare che il Santuario da molti anni ospita qualificati corsi di iconografia. Soddisfatto il rettore, ma non meno Vico Calabrò che proprio a San Vittore 40 anni iniziò la sua instancabile carriera di maestro dell’affresco, da tempo noto a livello internazionale. L’inaugurazione delle tre lunette avrà luogo il 6 gennaio alla presenza del Vescovo. Alle 15 ci sarà la Messa e poi la cerimonia nella ex sacrestia per i nuovi affreschi.

L’iniziativa resa possibile grazie al panettiere feltrino Daniele Raveane

Presentato a Feltre il pane dell’antica Roma L’obiettivo è quello di diffonderlo lungo la via Claudia Augusta

La via Claudia Augusta ha in sé potenzialità che possono avere effetti benefici sul piano culturale, turistico, ambientale, economico e gastronomico. In attesa che si traducano in realtà (ma risultati positivi già si registrano in Germania e in Austria), qualcosa si sta muovendo anche grazie alle iniziative dell’associazione italiana «Via Claudia Augusta». Ultimamente è stato realizzato anche qualcosa di insolito ed originale: il pane romano, sulla scorta di quello consumato ai tempi dell’Impero romano. L’obiettivo è quello di farlo conoscere lungo la Via Claudia Augusta, la strada che ha circa 2.000 anni di storia e che collegava la Laguna veneta al Danubio. Strada militare percorsa dai legionari che si nutrivano fra l’altro anche di “panis militaris castrensis”. «Perché non riproporlo?», si sono chiesti alcuni membri dell’associazione «Via Claudia Augusta» che in Italia fa capo al presidente Giorgio D’agostini. Grazie ai suggerimenti preziosi dell’accademico della cucina italiana Franco Zambotto e alla professionalità (e pazienza) del panettiere feltrino Daniel Raveane, si è dato vita e forma a Feltre al pane romano. E già lo si è presentato in un convegno a Castelbrando e poi in Austria. Non poteva ovviamente mancare un incontro del genere anche in città. Così il 13 dicembre all’Hotel Doriguzzi si è potuta vedere la pagnotta romana e conoscerne le caratteristiche che sono state illustrate da Franco Zambotto.

FELTRE - Un momento della presentazione dell’antico pane romano.

Il pane romano, che va spezzato col coltello seghettato, è fatto con farina di grano tenero (quello duro non c’era) e con segale. C’è poi il sale, ma in percentuale molto più bassa rispetto a quella oggi tradizionale, il lievito madre, che contribuisce a dare acidità all’impasto, oltre all’acqua. A questi elementi ne potevano venir aggiunti altri quali il miele, la noce, le castagne, l’olio d’oliva. Importanti i dettagli relativi all’impasto e alle varie fasi di fermentazione (ben 3) che duravano circa 6 ore. La cottura è stata fatta in forno statico, come al tempo dei Romani. Ma sui tempi e su alcuni formule usate di più Zambotto non ha voluto dire: un segreto che conosce solo lui e il panettiere Raveane che ha dato vita a questo pane di forma ovale o allungata, che i legionari portavano con sé legato ad uno spago d’ortica. Quale fosse poi il sapore di questo pane, denominato uno “Druso” e un altro “Claudio”, in onore di chi ha realizzato la

Via Claudia Augusta, lo possono testimoniare i presenti che hanno potuto assaggiarlo. Commenti favorevoli, di fronte ad un sapore dal gusto di antico e di genuino. Un vero tuffo nel passato, che ora è intenzione dell’associazione proporre lungo la strada imperiale, assieme ad altri cibi dell’antica Roma. Grande la soddisfazione per

il felice esito di questa iniziativa. «Tutto quello che serve per la promozione del territorio è oro che scende dal cielo», ha commentato Armando Vello, sindaco di Lentiai, presente all’incontro, che si è così fatto interprete del numeroso pubblico che non ha voluto mancare a questo originale appuntamento. Gabriele Turrin

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Intitolare a fra Lorenzo Bernardi il camminamento pedonale fra Colmeda e ex Manifattura? Quando sembrava ormai prossima la chiusura del patronato dei Canossiani con il loro trasferimento ad altra sede, interprete dei sentimenti della cittadinanza il Consiglio comunale di Feltre nel marzo 1989 approvò all’unanimità un ordine del giorno nel quale veniva espressa «ai reverendi Padri stima e riconoscenza per la benefica opera da loro svolta in quasi 60 anni, qui a Feltre, specie in favore della gioventù». Con l’augurio sincero che ne fosse garantita «la permanenza nella nostra città affinché essi possano continuare a svolgere un servizio importante e delicato per le giovani generazioni e per l’intera comunità feltrina». A incarnare lo spirito dei Canossiani per oltre 50 anni fu soprattutto fra Lorenzo Bernardi (nella foto), spentosi dopo lunga sofferenza in Casa di riposo il 6 settembre 2003 a quasi 90 anni di età. Anima del Patronato, egli ha lasciato un segno indelebile della sua presenza nel cuore di chi ebbe modo di conoscerlo. Ora a riproporre all’attenzione generale il suo operato a favore del prossimo è il consigliere comunale Giulio Zallot che ha presentato al sindaco Paolo Perenzin una richiesta perché venga intitolata alla sua memoria il camminamento posta fra il torrente Colmeda e la ex Manifattura. «Ai giovani - scrive Zallot nella sua proposta - egli ha dedicato ogni sua energia: essi erano la ragione d’essere della sua azione educativa e della sua vita. Non c’era persona a Feltre che non lo conoscesse, che non ne avesse sentito parlare. Era benvoluto da tutti, amato dalle famiglie e dai ragazzi». Nato a Conselve l’11 novembre 1913, aveva esercitato la sua missione spirituale prima a Venezia e poi Feltre dal 1930 al 1942. E proprio in questa città ritornò nell’ottobre del 1958 per rimanervi fino alla morte. Egli ha incarnato la figura di un frate animatore infaticabile di tante iniziative che avevano fatto del Patronato un punto di riferimento per i ragazzi di Feltre, luogo di svago, di divertimento, di giochi e di formazione umana e spirituale. Durante il Grest estivo - scrive sempre Zallot - lo si vedeva tornare ragazzo con i ragazzi, piccolo con i piccoli, pronto a ogni imprevisto tecnico con chiodi e martello, capace soprattutto di farsi catechista in ogni incontro, come quando trascorreva le mattinate al mercato camminando tra la gente e le bancherelle, salutando con simpatia tutti, interessandosi alle vicende di famiglia, soprattutto ai malati, distribuendo coraggio e promesse di preghiere. Non ha mai smesso la sua veste di catechista e di educatore, quella veste sdrucita e spesso impolverata. La sua tuta di lavoro, come qualcuno l’ha definita, ma anche il segno del suo essere il frate del Patronato e di tutti. Per le sue benemerenze fu nominato nel 1981 cavaliere della Repubblica e nel 1982 l’associazione Famiglia Feltrina gli conferì il premio «Santi Vittore e Corona», in segno di riconoscenza per la sua totale dedizione ai giovani e per lo spirito di servizio nei confronti della comunità cittadina. Poi a metà degli anni ’90 dovette lasciare il suo amato Patronato a seguito di malattie che lo costrinsero a lunghi ricoveri in ospedale e poi in Casa di riposo, dove trascorse i suoi ultimi anni sovente in solitudine, sulla sedia a rotelle. Ma quando i confratelli, i suoi amici ed ex allievi andavano a trovarlo, i suoi occhi si illuminavano di gioia e si commuoveva fin quasi alle lacrime. «Una vita esemplare - conclude Zallot - sempre al servizio dei giovani, del prossimo, dei poveri e di tutta la comunità feltrina che non lo dimenticherà tanto facilmente». L’intitolazione altro non sarebbe che un pubblico riconoscimento del bene che ha fatto nella sua lunga permanenza in città, dello spirito di dedizione che ha segnato la sua vita. Aspetti ben noti a tutti, allo stesso Consiglio comunale che tanti anni fa si espresse con determinazione perché la presenza dei Padri Canossiani non fosse messa a rischio. Un augurio che per fortuna ebbe esito G.T. positivo.


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