Poesia venezuelana degli anni '60 - '70

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Antologia della poesia venezuelana degli anni ’60 – ‘70


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PREFAZIONE

La letteratura di alcuni paesi quali Argentina, Cuba, Colombia, Messico e il Brasile, è diventata di dominio pubblico presso i lettori italiani. Curiosamente la produzione letteraria e poetica venezuelana, invece, non è altrettanto nota. Solo alcuni estimatori isolati sanno che il panorama che si intuisce dietro a questo silenzio è ben più vasto, variegato e attraente. Le molte anime che muovono questo paese caraibico andrebbero contemplate, ma prima ancora strappate da certi confini entro cui sono state relegate dalla critica letteraria italiana, tuttora dominante e dominata dalle scelte dettate dal mercato libraio nazionale ed estero. In Italia bisogna aspettare la seconda metà degli anni ’50 del XX secolo per vedere negli scaffali delle librerie i primi titoli di narrativa ispanoamericana contemporanea. L’editoria italiana si era avvicinata alla cultura di quell’area geografica sfruttando un terreno già battuto, composto da un immaginario e da stereotipi culturali pregressi; relegando invece in un secondo piano l’esplorazione di territori in parte ancora da scoprire. Osservare in che modo si è tradotta e si traduce la letteratura ispanoamericana in Italia e i meccanismi che ci hanno avvicinato alla cultura di quell’area geografica ci farebbe risalire fino alle cronache delle Indie, quando l’America si era posta come fonte ispiratrice di scrittura da cui l’immaginario europeo poteva attingere per rintracciare i segni del proprio passato rimosso dalla Storia, ormai raggelato nell’inaccessibilità del mito. L’Europa è in qualche modo il prodotto della propria storia, mentre l’America costituisce il premeditato frutto della sua creazione. La ricezione della narrativa latinoamericana in Europa è pertanto la conseguenza dell’inevitabile incontro tra la figura dello scrittore latinoamericano e la cultura che lo ha prodotto, tra l’allontanamento dell’utopia e il farsi realtà. È assodato che del Venezuela nessuno parla se non per i fatti di politica internazionale legata allo sfruttamento petrolifero, sua principale risorsa, e nessuno legge perché ritiene che non abbia una produzione letteraria rilevante. Invece è un paese che possiede scrittori e poeti di riconosciuto prestigio in tutto il continente latinoamericano, anche se non hanno avuto la fortuna dei colleghi messicani e argentini e dei loro vicini colombiani e brasiliani. Le scelte editoriali operate dalle case editrici hanno avuto un peso rilevante nella costruzione di un pubblico di lettori e di un immaginario in


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relazione all’America latina. Quelle stesse scelte e quell’immaginario non hanno mancato nel corso degli anni di condizionare i traduttori italiani, così come i singoli repertori letterari fortemente influenzati dalle logiche del mercato. L’attività editoriale odierna presenta un carattere marcatamente industriale. Controllata in toto dall’azionariato multinazionale, è costretta a vigilare su ciò che pubblica con l’obiettivo che i libri circolino nel mercato come una merce qualsiasi alla ricerca di sempre maggiori margini di profitto. Ciò spiega perché i nomi dei poeti e dei narratori latinoamericani non si rinnovano facilmente e si ignorino o rimangono semi sconosciuti al pubblico dei non specialisti quelli venezuelani. Questo tipo di logica costituisce una sicura condanna al silenzio. Per questa ragione il mercato libraio preferisce riproporre autori già consacrati a livello internazionale, perché ormai commercialmente noti dal pubblico acquirente. Pertanto si sente la necessità di una visione da un punto di vista più elevato, ma non estraneo alla sensibilità di cui sono latori i poeti e i prosatori venezuelani, uomini le cui passioni e inquietudini non si rassegano al silenzio e all’oblio. I poeti di cui si parla nella presente antologia risultano nuovi o quasi per il grande pubblico dei lettori italiani, ma rappresenteranno sia pure nella soggettività della scelta, pur sempre motivata da convinzioni personali – ancora una parte di quel mondo più vasto che dobbiamo immaginare sotteso. Ci sono poeti in questa raccolta che sfuggono alle classificazioni che il critico normalmente utilizza, altri richiederebbero una collocazione multipla nel panorama della produzione poetica sia per la loro storia personale, sia per i cambiamenti o le valutazioni soggettive adottati nel corso degli anni. La scelta del periodo storico da esaminare è ricaduta sugli anni ’60 e ‘70, anni nefasti dal punto di vista dell’azione repressiva dello Stato sul movimento rivoluzionario e studentesco, la quale si era estesa anche sui movimenti letterari che avevano abbracciato le scelte politiche, culturali e creative dell’avanguardia occidentale, e che ad essi si rapportavano come interlocutori privilegiati. Alcuni poeti, ad esempio, diverranno seguaci dell’esistenzialismo sartriano, oppure degli affabulatori alla maniera di Saint-John Perse; altri, invece, seguendo un percorso di stampo più sociale e politico approderanno a un comunismo più o meno lirico come quello nerudiano o del peruviano César Vallejo. In generale gli avvenimenti storici e collettivi della società venezuelana e di quella latinoamericana furono le principali preoccupazioni che diedero linfa ai contenuti delle produzioni individuali di questi poeti. Nello scrivere questo volume abbiamo cercato di indicare gli aspetti salienti, le linee di forza dominanti di ciascun autore, ben consapevoli che le personalità poliedriche di tanti poeti andrebbero maggiormente valorizzate.


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Introduzione

Quando si scava la merda dell’essere e del suo linguaggio bisogna che la poesia puzzi. Antonin Artaud

1. POESIA E AVANGUARDIA NEL POSTDITTATURA PEREZJIMENISTA di Vincenzo Paglione

1.1.

VENEZUELA

DELLA

Venezuela immaginario (I)

L’intervento dei militari nella vita politica dei paesi latinoamericani ha una tradizione storica che si perde nella notte dei tempi. La si può far risalire, infatti, sin dai tempi delle guerre d‘indipendenza. Tuttavia l’articolazione in regimi costituisce un fatto più recente. I profondi cambiamenti che si sono registrati nella conformazione della società latinoamericana come effetto di una divisione sociale delle classi, così come i mutamenti che si sono avuti nei sistemi politici e militari, sono alcune delle conseguenze che hanno provocato l’emergere dell’intervento delle forze armate come istituzione unitaria e come organizzazione dominante più idonea alla guida dei vertici degli organismi statuali. Il regime autoritario che riuscì a imporre per un decennio (19481958) il colonnello dell’esercito venezuelano, Marcos Pérez Jiménez, si tradusse nel giro di brevissimo tempo in una feroce macchina repressiva, intimidatoria e crudele, superata solo dai regimi militari che alcuni anni più tardi sorgeranno nel cono Sud del continente. Alcuni mesi prima del golpe, nel febbraio del 1948, quando nulla faceva presagire che la disgrazia si sarebbe riversata sul paese,


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viene eletto con una ampia maggioranza il famoso romanziere e intellettuale Rómulo Gallegos che, insieme a Rómulo Betancourt, è stato il maggiore esponente fondatore del nuovo partito Acción Democrática (AD). Gallegos aveva idee e ideali e il suo aperto impegno democratico suscitò speranza in chi aveva deplorato l’inciviltà della vita nazionale. Ma dimenticò di regolare i conti con i corrotti ufficiali dell’esercito, i latifondisti e gli imprenditori legati al capitale americano. Venne senza riguardi rimosso il 24 novembre 1948, dagli stessi militari (Delgado Chalbaud, Pérez Jiménez, Wolfgang Larrazabal, Luis Felipe Llovera Paez e altri) che alcuni anni prima avevano deposto con un colpo di stato il precedente governo del generale Isaias Medina Angarita. Nell’ottobre del 1945, in seguito a una vasta mobilitazione popolare promossa dalle sinistre e anche grazie all’appoggio di diversi ufficiali dell’esercito, Rómulo Betancourt era stato designato a capo di una giunta provvisoria di governo per colmare il vuoto lasciato da Medina Angarita sino alle elezioni del 1948. La vittoria di AD proseguì durante questo triennio nel segno della continuità con la politica delle importazioni che già era stata avviata dai governi precedenti, il cui diretto beneficiario sarà fondamentalmente la borghesia commerciale importatrice. Gli adecos diminuiranno enormemente lo sviluppo economico del paese, principalmente quello relativo ai sussidi permanenti alla produzione agricola e zootecnica, i crediti all’industria e al commercio e i depositi a scadenza fissa nelle banche private. Ma ebbero anche il merito, seppure effimero, di avviare un programma di riforma agraria, proponendo la frammentazione del latifondo in piccole aziende agricole. Una volta deposto Gallegos e salita la giunta militare al potere, questa rese noto pubblicamente di stare dalla parte della democrazia. Ma divenne subito chiaro che la giunta militare costituiva una nuova dittatura. Quando fu imposta una severa censura sulla stampa, l’opposizione venne perseguitata e molti militanti incarcerati senza processo; gas lacrimogeni furono impiegati contro gli studenti che dimostravano all’Universidad Central de Venezuela e rappresentanti sindacali vennero imprigionati. Nelle sue grandi linee con l’ascesa di Pérez Jiménez l’impostazione del piano di sviluppo è per il Venezuela gigantesco e rivoluzionario. Nonostante la sua economia dipendente fosse entrata a formar parte dell’enclave petroliera internazionale per rendere moderno il paese, Pérez Jiménez si adopererà per rafforzare la struttura commerciale d’importazione che man mano marginalizzerà la domanda interna dei prodotti nazionali. Lo sviluppo economico,


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alimentato da un sempre più crescente flusso di petrolio, vuole proiettare, sia all’interno del paese che all’estero, un’immagine discutibile di benessere e prosperità. Il Venezuela si farà prendere da questa smania di crescita fino a restarne sconvolto. Ciò farà pericolosamente indietreggiare il paese sotto l’aspetto etico. Ai venezuelani sono negate in un solo colpo le libertà politiche e civili, mentre in tutto il paese si estende a macchia d’olio un sistema che si fonderà sulla corruzione. Il compiacimento e la pusillanimità strettamente associato al capitale straniero, così come la spietata persecuzione nei confronti del movimento di liberazione nazionale, fecero di Pérez Jiménez un modello di governante per l’imperialismo americano. Il segretario di stato del presidente Eisenhower, Foster Dulles, partecipando alla X conferenza Interamericana svoltasi a Caracas nel 1954, affermerà che quello di Pérez Jiménez è per il Venezuela il migliore governo possibile e lo addita a esempio. Con la dichiarazione di Caracas gli americani portarono a termine il loro disegno teso a coinvolgere tutti gli stati latinoamericani nella loro politica interventista e anticomunista. Secondo quella dichiarazione l’attività comunista in America veniva considerata come una ingerenza straniera negli affari interni degli stati americani e l’ipotesi d’instaurare un regime comunista in un qualsiasi paese americano sarebbe stata considerata come una minaccia al sistema. In quel frangente l’America latina attraversa uno dei suoi momenti di crisi involutiva. Dopo il ciclo filo – democratico, favorito in parte dalle speciali esigenze politiche della Seconda Guerra Mondiale, torna l’ora delle dittature. Con questi regimi Pérez Jiménez organizza una stretta rete di cooperazione informativa e persecutoria. Austero, fanatico dell’ordine, predicatore del lavoro assiduo, fautore di pace e ordine, ma crudele. Così si può sintetizzare la parabola politica di Pérez Jiménez. Il rovesciamento del regime perezjimenista segnerà, pertanto, un punto di flessione nella storia venezuelana. Se da un lato il suo governo era riuscito a far entrare l’economia subalterna del paese nell’enclave petroliera internazionale, dall’altro erano già presenti i germi di quello che sarebbe stato lo sviluppo posteriore del paese. Per questa ragione il 1958 segnerà l’avvio di un periodo di rivoluzionamento delle contraddizioni: tra borghesia e classi sfruttate, tra le diverse frazioni della borghesia, della piccola borghesia e le classi medie. La soluzione


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di questo stato di cose avvierà una serie di processi fondamentali come quello della separazione di un importante settore di AD per costituire il Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR) che abbraccerà la scelta della lotta armata, seguendo l’esempio del modello cubano. I radicali di sinistra si staccheranno dai gruppi tradizionali più o meno collaborazionisti. Lo stesso dicasi del Partido Comunista de Venezuela (PCV), la cui lotta era rivolta al consolidamento di uno stadio democratico-borghese, secondo il quale era contemplata anche la lotta armata per il suo raggiungimento. Con la firma del Pacto de Punto Fijo (detto anche puntofijismo), accordo che prevedeva l’interruzione dei contrasti fra le tre principali forze politiche del paese ( l’alta gerarchia della Chiesa cattolica, il principale sindacato venezuelano, la Corporación de Trabajadores de Venezuela – CTV - e la maggiore organizzazione imprenditoriale – FEDECAMARAS - ), si gettano le basi per il consolidamento di un progetto politico, economico e sociale che assocerà democrazia, nazionalismo petroliero e sviluppo mediante la distribuzione della rendita petroliera in maniera clientelare. La gestione del nuovo capo del governo (ovvero quella del leader storico di AD, Rómulo Betancourt) volle rompere con una tradizione populista, se non a livello ideologico, a livello politico, favorendo la razionalizzazione capitalistica. La condizione perché questa attecchisse richiedeva la normalizzazione sociale e l’applicazione di azioni energiche e brutali contro le punte radicalizzate del movimento operaio. Betancourt cercava la restaurazione del potere come tale, nel senso stesso in cui lo avevano esercitato, se non concepito, i vecchi gruppi militari. L’espulsione dei comunisti (PCV) e dei miristi (MIR) dal principale sindacato (CTV) si estese anche nelle altre sfere della rappresentanza sindacale. A partire da questo momento iniziò una vera e propria persecuzione politica contro i lavoratori indicati come appartenenti a una delle due fazioni politiche bandite. Vennero licenziati migliaia di lavoratori. Nello stesso tempo squadre armate di AD, affiancate alla polizia politica, attaccarono le sedi dei sindacati di sinistra. Sul versante parlamentare il Partito Comunista e il MIR venivano dichiarati illegali, si sospesero le libertà costituzionali con il conseguente divieto di scioperi e di manifestazioni di massa. Di fronte a questa offensiva l’organizzazione sindacale rifluì, mentre la sinistra sceglieva la politica delle armi con la creazione dei fronti di guerriglia. È un processo difficile e non certo lineare, ma è un processo irreversibile, nella misura in cui i quadri


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direttivi e la base popolare dei diversi partiti entrerà nella logica della rivoluzione nazionale. Tra il 1958 e il 1959 il Venezuela attraversa una fase di crisi economica e sociale che si complica con la penetrazione del capitale nordamericano nella concezione statale del puntofijismo. L’aumento degli investimenti stranieri che consente il controllo delle materie prime (petrolio e minerali) del paese e il controllo del mercato interno coi manufatti e addirittura coi viveri importati, costituisce uno dei principali, se non addirittura il principale, dei fattori che hanno portato al continente americano a una dipendenza strutturale e a un sempre maggiore controllo politico e sociale verso gli stati imperialistici. Il Venezuela di Betancourt era diventato, nei propositi degli Stati Uniti, la soluzione di ricambio alla tirannia di Pérez Jiménez. La nuova frontiera di riforme economiche e sociali di cui si faceva promotrice la kennediana Alleanza per il progresso non era poi così elastica come si voleva far apparire: essa diventava il rigido sbarramento di un sistema omogeneo in espansione. Viene a determinarsi pertanto una situazione di crescente presa di coscienza da parte dei gruppi dissidenti, i quali sentono la necessità di superare le contraddizioni esistenti con un cambiamento radicale dell’intero sistema. Fu da quei gruppi dissidenti che si sviluppò successivamente la lotta armata, quando la rottura divenne un elemento della politica governativa, quando la scelta di Betancourt fu non già un compromesso per il ripristino della legalità, ma la liquidazione politica e fisica dell’opposizione di sinistra. L’insurrezione armata si presenterà come un confronto diretto contro i dettami dell’accordo puntofijista. Consapevole di avere una funzione storica di liberazione verso un passato politico oppressivo, l’insurrezione si associa alla capacità di trovare nuovi modi di affrontare e risolvere i problemi delle masse proletarie e sottoproletarie. Il vasto movimento di guerriglia sviluppatosi in varie zone dell’interno del paese è appoggiato nella capitale dall’azione di gruppi di guerriglieri che si affermano per merito dell’appoggio di larghi strati della popolazione. L’esistenza di una struttura di base, radicata principalmente nei centri urbani, consente a molti intellettuali il loro accostamento, come segno di rottura, verso la cultura ufficiale conformista e ipocrita. Ma anche verso la cultura come la intendevano le generazioni precedenti di rivoluzionari, non vedendola più come strumento di lotta, ma come il terreno stesso della lotta.


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1.2.

Venezuela immaginario (II)

Originariamente concepita e costruita secondo le disposizioni proprie dell’ordinamento rinascimentale dello spazio urbano, a partire dagli anni cinquanta del XX secolo la città di Caracas si era allargata per dare spazio al ceto borghese (compresa la sua classe media e i ceti popolari), dotandosi di infrastrutture di servizio adeguate ai bisogni della popolazione. Un sempre maggior numero di palazzi lanciarono la propria sfida alla città coloniale che si stendeva ai loro piedi. La fisionomia tradizionale della città venne sostituita da una nuova immagine nella quale si allineavano un sempre maggior numero di palazzi condominiali, sia al centro che in periferia. La divisione classista caratterizzò lo sviluppo della città, quella del sobborgo residenziale e quella, progressivamente emergente, del centro commerciale alla moda. I soli che restarono palesemente fuori furono gli abitanti dei baraccati (i ranchitos), agglomerati periferici che divennero nel giro di qualche decennio un vero e proprio polo di riferimento nel panorama fisico della città caraqueña, rispecchiandone tra l’altro la struttura sociale. Il flusso migratorio e l’esodo dalle campagne alla città, i quali non si sono mai arrestati del tutto, hanno finito per determinare dei duri contraccolpi nell’intera struttura sociale della capitale venezuelana, il che ha accentuato l’instabilità delle classi popolari e quella delle piccole classi medie. La crisi sociale era ormai inevitabile. Il modello di sviluppo squilibrato fece germinare una visione critica della società, quando gli effetti della sua radicale trasformazione si fecero sentire in modo evidente, poiché aveva reso più accentuata l’esclusione. La vecchia struttura sociale era stata messa in causa e, indubbiamente, non era più in grado di garantire un certo stile di vita. La rivolta, la contestazione, la lotta armata si manifestarono come forma estrema dell’anticonformismo sociale, come risposta estrema al modello di vita fondato sui parametri della “normalità” ideologica delle classi dominanti. Nessuno rimase fuori da questo trauma che travolse i modi di pensare tradizionali. Nessun intellettuale di quella generazione rimase incolume dalle proiezioni di una Caracas in pieno processo di segregazione spaziale, economica, sociale e culturale.


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2. Contestualizzazione della poesia d’avanguardia venezuelana

Non è nostra intenzione tracciare in questa sede un quadro esaustivo della letteratura d’avanguardia in Venezuela. Diremo solo che nei poeti fin qui trattati è presente una tendenza simbolizzante che si serve culturalmente delle invenzioni e delle fantasie del surrealismo e del dadaismo, peraltro già conosciuti da molto tempo in Venezuela, ma arricchita dal compromesso politico anarchico e socialista di cui i surrealisti europei avevano rinunciato. In altri poeti, invece, è la città, la natura urbana con i suoi vizi i quali vengono criticati con irriverenza e senza esaltazione né idealismo. Il vasto e caotico accumularsi di corruzioni che concernono il soggetto e il suo contesto è intenzionato a prendere in esame lo spettro dei fantasmi e dei condizionamenti collettivi che conferiscono alla società del tempo un profilo minaccioso in cui si celano falsità, imperfezioni, minacce. Molti di questi poeti avevano desiderato rendere luminoso il caos personale di cui erano portatori, mediante la problematizzazione dell’ordine sociale che sentivano impersonale. La poesia venezuelana e per antonomasia quella ispanoamericana è l’erede diretta dei diversi autori che hanno segnato la storia del Novecento letterario. Lo storico inglese, Eric Hobsbawm, ha definito quest’epoca come la più disomogenea delle stagioni del Secolo Breve. Denso di accadimenti, contraddittorio nei valori e disvalori, il Novecento appare come un intreccio di eventi e strutture la cui durata trascende spesso l’iniziale limite cronologico del secolo stesso. La letteratura, la poesia e le arti figurative hanno lasciato un segno di riconoscimento ben visibile. D’altronde nel secolo delle avanguardie la capacità espressiva di scrittori, letterati e artisti contribuì a mettere in evidenza le trasformazioni di un’epoca di cambiamenti storici radicali, mutando il modo di comprendere la realtà sociale. Tra gli autori che hanno avuto per vie dirette o indirette una loro influenza sul gruppo degli intellettuali venezuelani possono annoverarsi Ralph Waldo Emerson, Charles Baudelaire, Walt Whitman, William Faulkner, Aldous Huxley, Thomas Mann, Friedrich Nietzche, Stephan Mallarmé, André Breton e la corrente surrealista, Rainer Maria Rilke, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti e gli altri poeti della Beat Generation (con questi ultimi alcuni dei giovani poeti venezuelani


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stabiliranno un’affinità di modi di pensiero e di stile letterario molto forti), Fernando Pessoa, Vicente Huidobro e molti altri. Tutte le più valide e anticonformistiche esperienze della poesia europea e americana del secolo vengono vissute e assimilate in forme originali dalla nuova poesia venezuelana. Non solo nella sua forma poetica ma anche artistica e culturale. L’immagine del poeta come artefice della parola, dato che la lingua è il suo strumento, è di chiara ispirazione emersoniana la cui proiezione, tuttavia, non può essere scissa dall’opera di Whitman e della sua intenzione di dotare di un programma alla poesia americana. Per contro Baudelaire ha offerto gli strumenti per costruire una poesia critica, così come Mallarmè ha fatto scoprire il senso del mistero rituale del linguaggio. Anche se in alcuni componimenti poetici degli avanguardisti il linguaggio può sembrare a tratti ostico nella sua funzione comunicativa, comunque esso non viene meno alla fiducia riposta dal poeta in materia di diffusore della parola il cui “io” (Nietzche) è ben radicato nella storia del continente. Il poeta è il portatore di tutti i sentimenti, i pensieri contenuti nell’opera. Il soggetto, dunque “l’io” è il punto dal quale l’opera può essere vista in tutta la sua complessità. L’opera si pone, perciò, come un ponte dal poeta al lettore, affinché quest’ultimo possa identificare la sua posizione con quella del poeta. D’ora in poi esamineremo gli aspetti che hanno contraddistinto questa storia, soffermandoci su alcuni autori in particolare per offrire un quadro più coerente possibile. Le figure che non mancheranno in questo discorso sono quelle di Juan Calzadilla, Caupolicán Ovalles, José Ramón Palomares, Guillermo Sucre, Edmundo Aray, Carlos Contramaestre, Francisco Pérez Perdomo, Miyó Vestrini1, Rafael Cadenas, Jesús Sanoja Hernández, Alfredo Silva Estrada, Víctor Valera Mora, Juan Sánchez Peláez, Luis Alberto Crespo e altri. Alle poetiche promosse dalle cerchie di Sardio, Tabla Redonda ed El Techo de la Ballena dove molti di loro provenivano, si affiancano anche quelle di carattere “minore” che non mancheranno di partecipare al formarsi della nuova cultura lirica. Si tratta di autori che, come si vedrà meglio Della francese Marie-Jose Fauvelles, Miyó Vestrini, emigrata in Venezuela che era ancora bambina e unica presenza femminile nella presente antologia, si può asserire che la sua produzione poetica è votata a stabilire un “io” indipendente, ovvero libero dalle limitazioni imposte dalla società sia nella sfera relazionale che in quella dell’impegno politico. Cfr. Gina Saraceni, “Estados del cuerpo y de la lengua: los malestares de Miyó Vestrini”, in Estudios. Revista de Investigaciones Literarias y Culturales, No. 34, Caracas, Universidad Simón Bolívar, julio-diciembre 2009, pp. 377-400. URL del sito: http://www.revistaestudios.ll.usb.ve/es/node/52 1


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nel corso dell’antologia, si ascrivono in senso ampio nel novero dei protagonisti dell’avanguardia venezuelana. Ma chi erano questi giovani poeti? Emersero intorno al 1950. Alcuni di essi si caratterizzavano per una produzione densa di espressioni analogiche e simboliche di difficile interpretazione. In loro prevale una meditazione della parola poetica, adottandola come valore estetico assoluto. Silva Estrada, Alfredo Chacón, Roberto Guevara e Lubio Cardozo, tra gli altri, assumono questo tipo di scelta. In un’altro gruppo l’influenza del surrealismo è palese. Partendo da una serie di premesse dettate dal movimento surrealista, questi poeti ricorrono al mondo dei sogni e della dormiveglia nel tentativo di decifrare gli arcani di una realtà spesso sfuggevole e ineffabile. Le principali figure rappresentative sono: Sánchez Peláez, Pérez Perdomo, Hesnor Rivera, Acosta Bello, García Morales. Per l’altro gruppo di poeti il paesaggio costituisce il leitmotiv dei loro componimenti. Il paesaggio trasfigurato mediante l’uso di un linguaggio sontuoso che sovente ricorre alla forma dialettale e all’universo magico dei costumi e delle credenze degli abitanti delle comunità extraurbane. A questo gruppo appartengono Ramón Palomares, Rafael José Muñoz, Jesús Sanoja Hernández, Luis Camilo Guevara, Ángel Eduardo Acevedo. Dunque poeti che rifiutarono più o meno apertamente il linguaggio dei loro predecessori che avevano avuto come riferimenti la corrente letteraria modernista (in cui l’esotismo e l’artificiosità dei componimenti comunicavano una realtà da sogno) sviluppata dal niacaraguese Rubén Darío. Ma anche verso il mondo rurale decantato dalla corrente criollista, il cui ambiente sarà violentemente soppiantato da elementi di matrice urbana. Su queste poetiche si abbatte l’onda del nonsenso della neoavanguardia fino a farle soccombere. L’antagonismo verso una poesia individualista, una forma di stile accurato, avverso a questo tipo di retorica sono emblematici. Il suo rifiuto, difatti, si accosta al compromesso politico di poeti come Rafael Guerrero, Caupolicán Ovalles, Víctor Valera Mora, Gustavo Pereira, Edmundo Aray, José Berroeta, eccetera. In questi poeti è anche evidente l’influsso esercitato dalla poesia beatnik. Essi accettano la poesia come strumento di una implacabile critica sociale sia mediante l’impiego di un linguaggio diretto, imbottito di implicazioni politiche, sia dalla tenacia con la quale sovvertono il linguaggio comune attraverso l’impiego di una sintassi arbitraria e confusa. Nel panorama venezuelano Caupolicán Ovalles costituisce un caso singolare, dal


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momento che la sua poesia contiene ingredienti dallo humour caustico e un uso aggressivo della parola. Rafael Guerrero, invece, si avvia verso una poesia più sovversiva, contestataria, di denuncia e dallo stile antipoetico. Juan Calzadilla e Carlos Contramaestre meritano un commento a parte, poiché scoprono di trovarsi tra due poli apparentemente inconciliabili. Da una parte sentono il bisogno di scorgere una visione materialista che sia vantaggiosa per il paese e per il suo processo storico; dall’altra, invece, si accorgono che la realtà del Venezuela è inspiegabile in termini logico-razionali e che l’unico modo per renderla poetica è porsi fuori da ogni controllo esercitato dalla ragione e da ogni preoccupazione di tipo estetico o morale. Il mutamento estetico in campo artistico, poetico e letterario che attraversa il mondo delle lettere venezuelano è conseguenza dello scompiglio politico che attraversava la sua società. Cambiamento che, inoltre, formava parte di un modello generale che si estendeva in tutto l’Occidente. Se il discorso politico è più presente tra i poeti venezuelani e i loro fratelli ispanoamericani, ciò fu dovuto soprattutto agli avvenimenti che sono accaduti in quegli anni nei singoli paesi e alle ideologie che vertevano su questioni importanti per gli intellettuali del continente. Come si è avuto modo di accennare la caduta della dittatura significò, in termini sociali, un cambiamento politico senza precedenti che produsse reazioni ben visibili e critiche nel campo delle arti. Per il Venezuela di quegli anni l’improvvisa libertà riacquistata scatenò una delle più vivaci polemiche che siano sorte in America intorno al ruolo sociale dello scrittore. In questo contesto si inseriscono i poeti venezuelani precedentemente elencati, formando tre gruppi importanti con le loro omonime riviste: Sardio (1958), Tabla Redonda (1959) e El Techo de la Ballena (1961). La compenetrazione scambievole di idee, atteggiamenti, così come gli attriti e le rotture che i membri di ciascuna rivista esercitava sull’altro, fecero di questa vicenda letteraria un’ esperienza unica e irripetibile nel panorama culturale venezuelano. La polemica generazionale si dibatte tra due tendenze: una estetica avanguardista, per alcuni di stampo europeizzante, che dichiarava la totale libertà nel e per l’arte. L’latra, invece, era un’ estetica che si fondava particolarmente su alcuni precetti sociali e che cercava di avvicinare la poesia alla realtà materiale. Il sorgere di queste due concezioni dell’arte in Venezuela avvenne quasi contemporaneamente e in un momento culturale in cui i suoi scrittori sperimentano una serie di rotture con la letteratura precedente e che in


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campo sociale si tradusse sotto forma di contributo a una umanità nuova che supererà se stessa verso nuove mete. Il Surrealismo in Venezuela ebbe un impatto molto forte nei poeti della generazione del ’58, sia per quanto concerne l’uso dell’immagine poetica e il modo di strutturare il testo, sia nei fini perseguiti, fondamentalmente nella loro relazione con la realtà extrapoetica. Di fronte a una comunità di lavoro autoritaria dove tutti capiscono perché tutti obbediscono, s’innalza la lingua del poeta con le sue ossessioni. Sarebbe erroneo equiparare questi poeti ai surrealisti europei, perché la realtà sociale e storica è di fondamentale importanza nella loro esperienza di artisti. Nelle poesie di Juan Calzadilla, Carlos Contramaestre, Rafael Cadenas, Alfredo Silva Estrada e altri, c’è il gusto dello scandalo, ma soprattutto il desiderio di instaurare un avvicinamento diretto tra autore e lettore. Per questi poeti, insomma, ogni componimento doveva essere un rischio da correre per mettere in rilievo quella parte di sé capace di urtare, spiacere, far ridere. In questa forma la loro impresa tende a dare tutta la rischiosa serietà di un atto vero. Contramaestre, ad esempio, espone i cadaveri degli animali con le loro viscere negli ambienti del mattatoio, quasi a voler simboleggiare la morte che nella nostra società ha preso il posto di Dio. Quello stesso Dio che ora tace e si manifesta sotto forma di cadavere. È questo il problema che ha tormentato Nietzsche, Heidegger, Jaspers, ed è l’intimo dramma a cui si espone Contramaestre. Nella sua produzione poetica e artistica egli preclude ogni via d’uscita dall’ambito della realtà esistenziale e materiale. Si ha come l’impressione che all’autore non interessava tanto capire il silenzio di Dio o il problema teologico della sua eclisse. Quello che realmente interessava erano le dimensioni concrete e politiche che stava vivendo la società venezuelana: il silenzio degli oppressi e il rifiuto di questa imposizione. Secondo l’autore non è più possibile sfuggire al tragico destino di una civiltà dedita ad elaborare la propria distruzione. Davanti all’ingiustizia irreversibile e al caotico mondo moderno, il poeta, armato del suo nichilismo, esaspera il comportamento dell’uomo fino alla perversione. L’assenza di armonia si risolve in dominio e in possesso. L’alienazione e la negazione oppressiva dell’altro si perpetua in uno scambio impossibile che coinvolge persino la sua sfera sentimentale, nella quale l’amore è sentito come pulsione


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perversa. Sarà questa radicale riformulazione della pratica estetica e la conseguente mutazione poietica se non addirittura antropologica a caratterizzare la poesia d’avanguardia venezuelana.

2.1. Il dibattito ideologico e letterario: Sardio, Tabla Redonda El Techo de la Ballena Su un paese sconvolto come lo era il Venezuela verso la fine degli anni ’50, la rivista culturale Sardio si metteva sulle tracce di nuovi valori da sostituire a quelli di una cultura nazionale in crisi. Si farà strenua fautrice di idee artistiche e, sul versante culturale, sosterrà il ruolo sociale che dovevano ricoprire gli intellettuali impegnati, il cui impatto si farà sentire nel decennio successivo degli anni sessanta. La sua data di creazione risale al 1954, quando un gruppo di giovani universitari, alcuni di loro scrittori e artisti militanti clandestini sotto la dittatura di Pérez Jiménez, decidono di proporre un programma estetico e contestatario nei confronti dei modelli culturali egemonici fino ad allora esistenti. Con questo gesto essi vollero rompere con la tradizione individualista di stampo borghese per conferire all’arte una dimensione collettiva. Nonostante la novità delle proposte con cui si presentavano questi artisti e l’euforia con la quale furono accolti dagli ambienti più liberali, di fatto le idee che proponevano erano già da alcun tempo considerate sorpassate in altre realtà dell’America latina. Il gap culturale con il quale si presentava il Venezuela rispetto agli altri paesi del continente, era diretta conseguenza dei precedenti regimi caudillisti o dittatoriali che l’assoggettarono sin dall’indipendenza, i quali frapposero degli ostacoli che rallentarono il suo sviluppo culturale. La ricerca stilistica di una rinnovata vitalità, inseguita sin dall’inizio dai componenti della rivista, li condurrà, nel 1961, a un allontanamento definitivo dalla stessa. Molti di loro si sentivano insoddisfatti dalle diverse tendenze che si erano sviluppate e insediate al suo interno e che, nel frattempo, si stavano sempre più conformando al modello della cultura dominante che tanto contestavano. Una buona parte sceglierà di unirsi a un altro gruppo di scrittori e artisti plastici che da lì a poco scardineranno il panorama culturale venezuelano di quegli anni, meglio conosciuti con il nome di El Techo de la Ballena. Questo


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raggruppamento si caratterizzerà per la sua stridente radicalità, la quale coincide con uno dei momenti storici e politici più insicuri e violenti della storia del Venezuela. La finalità immediata era quella di destabilizzare lo status quo mediante la presentazione di una visione estetica della violenza che dominò la vita venezuelana tra gli anni 1960 e 1964. La violenza non solo si esprimeva nell’aggressività delle immagini rappresentate, ma anche nel modo in cui si violentava la parola. Gli intenti estetici e simbolici di Sardio vengono fatti esplodere in un “orgasmo” iconoclastico che colpisce fortemente i valori sociali e culturali della borghesia urbana della capitale, la quale nel giro di pochi decenni aveva acquisito una notevole forza, capacità e autorità tali da farla diventare centro nevralgico della politica e dell’economia venezuelana. La storia del gruppo d’intellettuali che conformarono Tabla Redonda, la cui stragrande maggioranza era composta da poeti, spesso passa in sordina negli studi storico-letterari dell’avanguardia venezuelana di questo periodo storico. Più che altro per l’impegno politico e il lavoro di sostegno da parte di questi intellettuali verso i gruppi insurrezionali che si opponevano al governo di Betancourt. Sorta nel 1959, i “tablistas” assunsero una posizione critica e di rifiuto nei riguardi dei postulati estetici e ideologici del gruppo Sardio, al quale imputavano di essere di destra e reazionari. Altrettanto fecero con i componenti di El Techo de la Ballena, contestando i loro eccessi e l’immoralità che, secondo loro, perdevano validità al momento di confrontarsi con la realtà venezuelana. Le loro divergenze esteticoideologiche ebbero grande risonanza al punto da trascendere la cerchia degli intellettuali per divenire di pubblico dominio. La loro ricerca artistica si centrò principalmente sulla militanza e sul confronto ideologico, oltre che sulla messa in discussione del sistema. Il lavoro letterario era inteso più come un compromesso con la teoria e la pratica politica e non come un’estetica del rinnovamento. Il gruppo faceva particolare riferimento al compromesso degli intellettuali e alla demistificazione dello scrittore come demiurgo. Questa scelta li portò a rifiutare ogni forma di rottura con l’eredità culturale, come invece fecero Sardio e El Techo de la Ballena, riconoscendo in ciò la necessità di una continuità nel lavoro artistico. Nonostante il radicalismo politico che la contraddistinse, Tabla Redonda scompare nel 1965, lasciando un segno indelebile nei singoli poeti che la conformarono. Questi non vollero smentire il principio sul quale poggiavano, ovvero quello di mantenere le distanze nei confronti di una poesia assoggettata alla


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propaganda ideologica, giacché compromesso politico dello scrittore.

2.2.

ritenevano

fondamentale

il

La poesia del dissenso, la poesia come di (s) senso

In linea di massima una buona parte degli intellettuali venezuelani, pur manifestando posizioni differenziate, assunsero complessivamente una posizione critica verso il potere e il governo che in quel momento lo rappresentava. Il loro dissenso provocò un processo di critica libertaria sull’ambiguità dello statalismo. La poetica neoavanguardista di questa generazione ha maturato una sua coscienza politica riguardo le relazioni e i conflitti sociali che attraversano la società venezuelana di quegli anni, il che gli consente di modulare i contenuti delle singole produzioni individuali all’insegna di un impegno politico attivo. Impegno e anche partecipazione che si trasformano in esigenze non soltanto per l’appunto politiche, ma come si è visto anche etiche ed estetiche. Il testo poetico si trasforma in luogo di conflitto tra il poeta e la sua coscienza, in cui risalta in modo quasi ossessivo la preoccupazione sul valore di una poesia estranea alla realtà dell’ingiustizia. L’impegno che richiedevano i fatti storici e i destini collettivi di quegli anni di fronte alle guerre, alle disuguaglianze sociali, ai continui interventi imperialisti in America latina e alle dittature locali, reclamavano uno sforzo che mal si coniugava con le poetiche di carattere personale e l’affabulazione di scelte stilistiche fini a se stesse. Pur non escludendo dal gioco poetico il versante soggettivo, l’interiorizzazione dell’esperienza, con le sue raffigurazioni sottili e complesse, arricchirà il registro della loro produzione. In queste domina la denuncia esplicita, che si affianca a quella di una critica attenta alla realtà urbana e ai disadattamenti provocati dalla cultura tecnocraticamono produttiva. L’immaginario che questi poeti assumono non esclude un realismo denso di soggettivismo lirico, dove il collettivo si confonde con il personale. Le riflessioni sulla dimensione politica, sulla realtà personale e dello stretto rapporto che si stabilisce con la realtà sociale si mescolano tra loro. Si passa da un piano linguistico a un altro con il fermo proposito di denunciare, polemizzare, dubitare, confessare o condannare. Lo squilibrio di forze che aveva generato una precipitosa


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entrata nell’arena della modernità ha reso questa generazione di intellettuali sempre più consapevoli delle dinamiche del dominio e della dipendenza. Tuttavia non si può non avvertire quanto siano invecchiate nel corso degli anni le polemiche ideologiche che accompagnavano a questi poeti e a tutta una generazione che si muoveva alla ricerca di nuove alternative. I cambiamenti culturali che si sono susseguiti nei decenni successivi richiederebbero una diversa lettura diacronica per comprendere la complessità che ci circonda.

2.3.

Parola … (in)dipendenza orgiastica

È così che questi poeti privilegiano la lingua colloquiale, prosaica, a discapito dell’espressione ermetica e retorica. Con ciò, tuttavia, non si vuole dire che questa lingua si limita al solo modello colloquiale, poiché come si è già visto altrove, in essa si recuperano stilemi che erano propri delle prime avanguardie del Novecento, ovvero quelle sorte in Europa (alter ego geoculturale con il quale i poeti esaminati intrattengono un inestricabile legame). Nell’insieme dei testi prodotti dalla generazione di questi poeti, vi dimorano forze contraddittorie, irrazionali, avide e intransigenti verso tutto ciò che non favorisce la realizzazione dei loro fini rivoluzionari, inquietanti, iconoclasti e orgiastici di denuncia. All’estrinsecazione di questa personalità poetica bisogna aggiungerci, sulla base di quanto detto nei paragrafi precedenti, anche la stratificazione e la compenetrazione dei singoli ambienti sociali a cui loro fanno riferimento. In questo senso i poeti venezuelani della generazione dei ’60 si sono posti come forza che determina un processo, essendone a loro volta determinati. Se avessimo l'intenzione di ragionare per ipotesi e prendere per buona l’asserzione che ogni parola poetica è in se stessa la manifestazione di una sorta di erotismo linguistico che il poeta insegue, si potrebbe affermare che questa tensione “erotica” praticamente vibra nella quasi totalità dei poeti proposti nella presente antologia. Nel senso che ogniqualvolta che l’espressione verbale del testo poetico è in grado di raggiungere quote di bellezza dilettevoli per chi ascolta, i rapporti


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semantici che intessono e organizzano il contesto stimolano la funzione estetica. Ma, come si è visto, si può anche affermare che la poesia stabilisce degli ineliminabili rapporti attivi con la prassi sociale. È come se essa volesse colmare uno spazio infinitamente problematico: la mente del singolo e la natura sociale totalizzante, ovvero con i suoi valori intellettuali, religiosi, psicologici e via discorrendo. In altre parole l’intimità di chi parla e quella di chi ascolta. Ciò nonostante sfugge facilmente all’attenzione quando questa scala dei valori coincide con quella che il lettore conosce dalla prassi della vita. In questo caso la loro disposizione e gradazione nell’opera sarà condizionata dalla realtà sociale e non dalla struttura dell’opera. Insomma questa poesia si distacca dai contenuti che le parole di ogni giorno ci conferiscono, il cui impiego viene utilizzato per inseguire dei nuovi che possono essere di carattere simbolico o delle immagini mentali più obiettive, non per soppiantarle, ma per costituire con esse una realtà più arricchita che risuona improvvisamente dentro di noi in quell’operazione complessa e piacevole di contatto umano atemporale che è la lettura.

2.4. Geografia della morte

Possiamo rilevare nella generazione di poeti venezuelani di quegli anni una coscienza della finitezza, un senso sotterraneo della morte (intesa qui nell'accezione antropologica e culturale dell’individuo nella società moderna) che s'insinua in luogo dell'amore e della vita. Questo singolare leit-motiv è costitutivo della civiltà occidentale, poiché è sempre rimasto vivo fino ai nostri tempi. Si può dire che l’angolazione mentale con la quale la poesia, la letteratura e le arti in genere hanno affrontato il tema della morte nel corso dei secoli, costituisce una delle prime caratteristiche della “modernità”. La sua irruzione nell’immaginario mentale dell’Occidente corrispose con il processo di distacco dal Medioevo (anche se il senso della labilità della vita in realtà era presente in poeti dallo spirito moderno come Dante e Petrarca, autore quest’ultimo di un Trionfo della morte) verso la modernità della cultura rinascimentale con l’affermarsi dei valori che sarebbero divenuti tipici di una società attiva e più mondana. Nell’area


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iberica, nel paese che più di tutti gli altri ha familiarità con la morte: la Spagna, durante il Siglo de Oro la poesia di autori come Luis de Góngora e Francisco de Quevedo, trionfa la visione sontuosa e intensa della morte, la singolare familiarità del popolo spagnolo con la morte. Questa breve considerazione ne fa emergere un’altra, decisiva e sostanziale, che ha investito l’intera cultura del Novecento e quella post-moderna: alla morte fisica dell’individuo si aggiunge anche quella simbolica, nel modo più compiuto e convincente. L'uomo è condannato all’alienazione e, pertanto, alla propria “morte” come soggetto collettivo autonomo. Contro la catena delle dipendenze dell’individuo eterodiretto e tutte le imposizioni che lo annientano in una vita di servitù e contro i condizionamenti culturali della società capitalista sulla periferia del mondo, alcuni poeti venezuelani rispondono con la sfida selvaggiamente entusiastica, appassionata e violenta di Thanatos, la cui sacralità funebre assicura e restituisce, in qualche misura, la sopravvivenza dell’amore per la vita, in quanto esprime significati che proteggono l’individuo dalla perdita di significato. La solitudine esistenziale determinata dalla gestione puramente strumentale delle relazioni sociali, non è altro che la subordinazione dell’esistenza umana alle richieste del potere. Questo depriva la vita degli individui da ogni memoria storico-culturale al punto da renderli incapaci di comunicare con l’altro se non attraverso comportamenti standardizzati che di norma riflettono gli aspetti strumentali, normativi e ideologici indispensabili allo sfruttamento economico, al dominio politico, culturale ed esistenziale. Il semplice fatto che questi poeti siano appartenuti a un’epoca e a una società ben determinate (sottoprodotto culturale spurio e subordinato della società neocolonialista), ha fatto sì che costoro avvertissero di essere stati spogliati da ogni qualità specifica e di essere stati plasmati con elementi presi alla cultura dominante e a quella soggiogata, sui quali è stata esercitata la dominazione e il riordinamento socioculturale. In questo caso è avvenuta non solo una forma di adattamento alle nuove situazioni concrete, bensì soprattutto una decaratterizzazione culturale che ha spinto alla società venezuelana a imparare nuovi modi di parlare, di fare, di interagire e di pensare, funzionali alla dinamica autoriproduttiva del sistema economico orientato alla riproduzione allargata del plusvalore. Dopo tutta l’euforia di una modernità gravida


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di una sua ideologia che ha portato a pericolose delusioni, sopraggiunge la nitida consapevolezza dell’impotenza dell’individuo a dare un senso alla propria esistenza o a pensare a una sua rifondazione. Le composizioni di questi poeti venezuelani invitano a considerare questa rivelazione. L'indifferenza alla vita si profila come una vera e propria “malattia mortale” che pervade tutte le società indistintamente. Il senso della morte diventa così prioritario nel nostro tempo: questo deve muovere e guidare ogni prospettiva e ogni prassi; dove altrimenti la realizzazione personale e sociale dovrebbe essere il vero scopo della vita.

3. IL VUOTO DELLA STORIA, IL VUOTO DELLA PAROLA: IL RITMO DELLA LACERAZIONE. di Roberto Sapienza Possiamo individuare approssimativamente all'interno della poesia venezuelana degli anni Sessanta e Settanta quattro tendenze fondamentali: una poesia d'impronta modernista esistenziale e surrealista, una vena simbolista, se non misticheggiante, legata sopratutto a esperienze francesi, un'altra caratterizzata da un aspetto risolutamente grottesco e caricaturale, infine un filone dialogico e crepuscolare di stampo quotidiano e tutto teso alla prosa. Intorno a questi nuclei fondamentali si snodano le diverse esperienze poetiche che in questa raccolta verranno presentate, con adeguati declinazioni frutto di volta in volta del dialogo di questi poeti con altre società di riferimento, esperienze europee e più in generale occidentali. La matrice ironica, se non sarcastica, delle opere che possiamo ascrivere alla prima tipologia (Ovalles, Guerrero) si addensa in un mordente che aggredisce la realtà, sempre pronto a scattare alla fine come un congegno caricato a molle. In Rafael Guerrero o in Valera Mora la poesia si fa lotta politica armata, spot sublime: la parola è esplicita, chiara, udibile e vuole farsi slogan aggressivo contro il Moloch del capitalismo e l'ingerenza del nuovo Imperialismo americano nelle vicende del Venezuela. In Caupolicán Ovalles la parola si avventa con tutta la sua irruenza caustica e la sua esilarante denuncia contro la rapacità


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priapesca e funerea della politica del Presidente Betancourt, senza alcun filtro inibitorio e con lo sprezzo della profanazione innalzata a esperienza quasi ascetica. I componimenti che rimandano al secondo gruppo risedimentano in chiave modernizzata e surrealista gli umori dell'esperienza del simbolismo, coniugata come in Silva Estrada a una sorta di afflato metafisico-panteistico. La strada di alcuni poeti come Contramaestre, Aray, Sucre, è di risemantizzare con una sorta di carica simbolica la realtà attraverso l'indagine di aspetti nascosti, addirittura trascinando l'intero discorso in una dimensione trasfigurata e autosufficiente: come già teorizzato da Mallarmè la poesia s'investe del compito di rappresentare al massimo grado il suo sigillo d'indissolubilità. La parola poetica, qui, non sembra volersi contagiare, è come filtrata dall'esperienza deragliante del poeta, si trascina in un corto circuito d'immagini morbide e sensuali che si muovono in un ambiente latino americano delineato da contorni mitico-onirici. E' questo probabilmente il filone che ci appare più scontato e a tratti anacronistico rispetto al tempo della composizione di queste opere, poiché queste addensano la loro gittata nel paradosso e in una simbologia ermetica spinta fino all'illogico, al non comprensibile. Ma anche se vogliamo il filone più schifiltoso e sofisticato, più distante dalla realtà politica, quasi un abbandono già preventivato o forse inconsapevole di questi scrittori a un'esperienza di una poesia totale e depurata di ogni resa tangibile della realtà. Una terza modalità della poesia venezuelana è imputabile a una forma di componimento surrealistico-riflessivo che sfalda l'esperienza poetica in un girandola di peripezie immaginifiche, spirali di parole dove il senso sembra risucchiato e il significato finale dell'individuo avvolto in una rete di rimozioni e di marginalità esistenziali. La parola diventa vittima del poetacarnefice, si sfalda, si addensa, si fa icona ( si vedano alcuni esempi di poesia visiva in Calzadilla), perde i suoi pezzi, non potendo più dire nulla vuole dire troppo, si espande intorno a se stessa e implode (come negli smembramenti grafemici nella poesia Fessura di Calzadilla). Se il verbo è parola e carne, il pensiero in questi poeti appare conflittuale e lacerato, frantumi di riflessioni agitano la


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parola in mille dirompenze, in mille aggregazioni di immagini e dissociazioni che paiono aggredire in avanti il senso del discorso in un processo analogico non più orientante, ma arido fattore di dissoluzione. E' sorprendente, soprattutto in autori come Cadenas o Calzadilla, come in mezzo agli sparigliati lacerti, riemerga una vena grondante di riflessioni, di spunti offuscati ma duri e lucenti come un diamante, che riemergono come da una rintanata coscienza che cerca di avventarsi sulla realtà, rimanendone corrosa e esaurita. La parola cancrenosa abita le sue ferite, si raggruma in soste e ripartenze, si dirige e si stende senza segnaletiche, per ricalcare una forma universale di violenza, di vuoto, di piena lacerante. E se il pensiero fluttua in questa poesia come sangue sgorgato, rimane un che d'irrisolto, come se il linguaggio lirico cercasse ancora di custodire un suo significato celato, un suo ultimo fortino vuoto. La quarta tipologia è una poesia prosastica, più dialogica dove, come in un teatro dell'assurdo, i personaggi si calano nella scena affondando in un dramma anonimo di noia e crudeltà. Si erigono barriere serpeggianti di recriminazioni, frasi che non arrivano a segno, sequenze mozzate e seppellite di parole. Emerge il germe della demenza in personaggi anonimi e banali, s'insidiano in queste camere di tortura domestica, chiacchiere vuote, rifrangimenti sadici o autolesionisti.

3.1. Una poetica dell'abuso Chi si trova ad armeggiare con questi testi e con la loro traduzione, si dimena tra tutte queste agitazioni e riveste in altra lingua le camicie di Nesso dove tra rimontaggi e smembramenti la parola si ferisce, si agita, misura le sue battute a vuoto, s'immerge del tutto nella violenza perturbante e anarcoide di un codice linguistico oltraggiato in cui le sillabe grandinanti non riescono a schiudersi e si proiettano poi verso l'alto, per ricadere. E' interessante come nei poeti venezuelani il fattore genetico condizionante di una società basata sull'abuso atavico e su una condizione di miseria materiale e psicologica si rifletta anche nella violazione sistemica del linguaggio; in un'incessante dissezione anatomica, i modelli linguistici precedenti sono


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scardinati e reindirizzati verso una parola poetica affrancata da ogni schema conclusivo, distillata in un ritmo della lacerazione. Questa nuova coscienza rivoluzionaria dovrà comportare anche un capovolgimento della realtà e potrà essere attuata attraverso procedimenti stilistici diversi che vanno dall'uso ardimentoso, se non scioccante, dell'analogia, alle metafore spiazzanti che aprono la parola verso una nuova dimensione della realtà. Dalla distruzione provocatoria e sistematica si passa a una nuova ridefinizione del linguaggio dove la parola sembra spesso sfuggire al suo stesso significato. Il surrealismo di queste poesie scuce la realtà e sparpaglia rimasugli strozzati, la parola allora vuole essere rivoluzionata come la vita, vuole essere riformata e trasgredita, fino a erodersi nei suoi spiazzamenti nei suoi cambi di rotta, nella sua ruota multicangiante di immagini. La realtà che ne emerge è quella di una sostanza corrosa, ma ancora palpitante e vivida, che inonda tutto fino all'eccesso. Anche i paesaggi esotici e sterminati vengono stretti in una morsa letale e sensuale dove la misura totale di assenza e smarrimento, di fronte alle apocalissi di solitudini che riemergono da questi quadri sconsolati, s'instilla in un sentimento promiscuo di ebbrezza e di deserto. Il vuoto del paesaggio diventa vuoto della Storia, vuoto metafisico che si dibatte debole e vacillante in un dissesto di analogie, di forme fluttuanti e instabili.

3.2. Lo smontaggio estremo, le dissezioni dell'io e dell'insufficienza

I versi di Cadenas tendono a recidere le articolazioni strutturali che legano l'uomo alla vita: con il loro scarno fraseggio dalla cifra ostinata, limpida e affondata nelle piaghe della condizione umana, ci danno un panorama esistenziale altrettanto spoglio, la cui unica dialettica è una rabbia impotente e l'unica concessione è ricevere da un'entità insolubile e forse assente, solo nudità e deserto. Molti testi convergono verso una prosa ragionativa, anzi una vera e propria esplicazione dell'io infissa nei chiodi del ragionamento e questa visione è tipica di altri autori come Calzadilla, Palomares, Sucre, Perdomo. Qui il surrealismo


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talvolta è stemperato da un ragionamento intuitivo che fa affondare questa poesia nella piaghe incancrenite, nell'ammissione stessa della ignominia e del baratro dove l'io infligge e ricama la sua sferza contro le proprie debolezze: in Fracaso di Cadenas questa amputazione dell'io è dettata dalla marginalità dell'individuo rispetto a una situazione d'infinita miseria, sia materiale che spirituale. Non c'è redenzione, ma solo colpa, senso di una minorità carnale, di un'inadeguatezza a vivere, a sposare la vita, a impossessarsi di un senso reale. “Tu patria, la vida no concede premios.”2 afferma Cadenas. “Me veo frente a este paisaje parecido al que protejo. / No soy el mismo. Debo comprenderlo de una vez. / He de encajar en mi molde. / He acechado la aceptación súbita de mi realidad.”3 In questa sorta di autocrocifissione imposta, in questa sacra dell'anonimato l'io-boia-ciarlatano pennella su se stesso le sue ferite mortali: Me fustigo. Me abro la carne. Me exhibo sobre un escenario4.

O cade in una sorta di disperazione consapevole, d'ilare incombenza del baratro:

Hazte a tu nada plena. Déjala florecer. Acostúmbrate al ayuno que eres. que tu cuerpo se la aprenda.5 Fino a desiderare con furore masochistico la deflagrazione fulminea di un dolore definitivo che annienti la vita stessa:

R. Cadenas, El otro veredicto, p. 209 della presente antologia. R. Cadenas, Reconocimiento, p. 219 della presente antologia. R. Cadenas, Routine, p. 221 della presente antologia. 5 R. Cadenas, 26, p. 215 della presente antologia. 2 3 4


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Vida Arrásame, barre todo, que sólo quede la cáscara vacía, para no llenarla más, limpia, limpia sin escrúpulo y cuanto sostuviste deja caer sin guardar nada.6 Spesso il senso di frustrazione dell’individuo si attua in gesti ecclatanti e inattesi, come in questo testo di Crespo, il cui protagonista sconta il proprio gesto inaudito contro il fratello con l’isolamento e la perdita di ogni avere in una spirale di dannazione cieca dove non è previsto un riscatto per l’individuo:

Mi hermanito estaba detrás de los pilares. Para espantarlo, le di en la frente. Se le perdió la cara. Me dejaron encerrado con los bichos de la despensa. Vi cuando tiraron mi fundo a la basura, asomado a la rendija, como un perro.7 Altrove questo farneticamento deprivativo si scaglia contro la società, quasi che il poeta riflettesse la sua condizione d'inane insufficienza all'interno delle istituzioni sociali e ne facesse una sorta di specchio deformante di sé. Vittima in Calzadilla o Contramaestre è la figura del burocrate, recluso in una vita dove tutto è mediocrità, interesse vile e l'Ordine supremo non è più quello dello Stato, un ordine che dovrebbe essere teso alla felicità dei suoi componenti, ma un nuovo senso Metafisico cieco, indisponente che fa razzia di tutto in nome del Denaro. Osserviamo come in questi versi di Contramaestre emerga una figura di funzionario laido, appiattito in un dimensione di corruzione e di miseria morale. Non solo non è presente una coscienza di classe, ma addirittura si ostentano le doti immorali di approfittatore e vile servitore dello Stato. 6 7

R. Cadenas, 29, p. 215 della presente antologia. L. Alberto Crespo, Mucha luz, p.182 della presente antologia.


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Te regalo mi botón de treinta años de servicio mi botón de canalla para engastarlo en la sortija de mi hija mi botón de mutilado de padrote impotente mi placa de rompehuelgas y los exhibo con orgullo8 O analizziamo questi versi di Calzadilla, dove i funzionari sono pedine di un meccanismo mostruoso che produce solo dolore e infelicità (certificati di morte) per i derelitti e potere economico per i corrotti signori del Governo:

Allí mismo comienzan a sobrar ceros cifras humillantes que enloquecen al encargado de poner fuego a los billetes de banco sucios arrugados billetes sin dueño que derrite la carnicería de esta llama infamante y ya no hay ceniza en los dientes sino boletos de tren que después de todo se transforman en partidas de defunción en nuestra sociedad de excluidos se ha producido un excedente increíble de ceros a la izquierda los funcionarios no saben qué hacer con sus esqueletos retorcidos como hierro viejo bajo a las tormentas de papel sus esqueletos aguardando salvación9 O si osservi in questi versi di Hernández la descrizione delle moderne catene di montaggio e del potere alienante ed esclusivo delle macchine, che riducono gli uomini a semplici esecutori di piani incodificabili:

Va naciendo temor en el engranaje, el no de la pausa, y perdiéndose la esperanza de vencer, el sí de la pelea, tragaluz en el candado, herraje en las ciudades, posibilidad trunca en cada cuarto.10 C. Cotramaestre, El gas-plant saluda a la metrópoli, p.55 della presente antologia. J. Calzadilla, Esperando salvación, p. 153 della presente antologia. 10 J. Sanoja Hernández, Máquinas de ahora, p. 139 della presente antologia. 8 9


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Possiamo affermare che anche l'immagine di Dio presente in questi poeti sia lo specchio di uno Statalismo tragico, miseramente dilaniato nella sua inconsistenza, ma anche nella sua intransigente presa oppressiva sulla realtà. Come ancora in Hernández:

Dios a quien, si lo sorprendo, habrá de hincarse y pedirme perdón y explicarme llagas de los mártires, Dios que prosigue en el ser, pero que atonta. Dios como un sombrero sobre el grito de todo el mundo.11 Qui la poesia nel suo carico di delirio carnevalesco, come in un gigantesco autodafé vuole ridipingere i ruoli, sfatare la furia soverchiante di un dio minuscolo, contro cui il31 poeta inveisce rabbiosamente, contro cui biblicamente combatte. Non possiamo non pensare in chiave rovesciata a Giobbe riprendendo questi versi di Cadenas:

Sí, tu cuerpo llagado, escupido, odioso, me ha recibido en mi más pura forma para entregarme a la nitidez del desierto.12

Altrove il poeta, in questo caso Valera Mora, arriva a lambire i contorni di un'utopia che assesta la realtà in una dimensione rappacificata:

Donde la muerte está de capa caída Donde los hombres son gentiles Donde las mujeres son ramos de jacintos de labios y de ojos cambiantes de colores Un astro moderato cantabile Donde la noche es vino y alegría hasta el amanecer Su capital es una ciudad resplandeciente llamada Estefanía Donde tú tienes señorío 11 12

J. Sanoja Hernández, Dios, es de día, vengo, p. 137 della presente antologia. R. Cadenas, Fracaso, p. 205 della presente antologia.


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Donde eres reina Ese planeta es mi corazón errante.13 O la poesia assurge in sé cadenze aggressive, impulsività anche violente che vogliono scuotere la dimensione del reale dal suo stato di torpore e di minorità: Canto al metal de ígneos resplandores que forja nuestro corazón y nuestro pensamiento. Al metal con temple de amor y barricada. Para ganar el mundo que florece solidario y terrestre en otras latitudes. Al metal de azuladas resonancias proletarias, con timbre de sudor y de combate.14

13 14

V. Valera Mora, Relación para un amor llamado amanecer, p. 251 della presente antologia. R. Guerrero, Canto al acero, p. 231 della presente antologia.


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4. CRITERI DI SELEZIONE Come mostra rappresentativa della poesia venezuelana d’avanguardia, questa antologia include i poeti che per il loro impegno sull’argomento risultano imprescindibili. Il limite temporale che ci siamo imposti per chiudere la raccolta è stato quello degli anni ‘70, perché alcuni degli autori antologizzati continuarono a produrre testi poetici in linea con gli orientamenti del periodo precedente fino alla fine di questa data per poi approdare verso altri criteri di ricerca. Siamo debitori di svariati compendi che il lettore vedrà citati in nota a ciascuna poesia, da dove si rinvia alla bibliografia. I nostri criteri e la nostra selezione in alcuni tratti seguono abbastanza da vicino alcuni di loro; in altri, invece, si discostano. Gli siamo pertanto riconoscenti per quanto concerne una prima approssimazione al tema. Per quanto concerne la raccolta di dati e notizie sugli autori e le loro opere che sono presenti nella sezione Notizie sui poeti, abbiamo fatto largo uso delle informazioni riportate nell’eccellente Diccionario abreviado de escritores venezolanos (siglos XVIII a XXI) di Rafael Ángel Rivas D. e Gladys García Riera. I curatori di quest’opera ci hanno consentito di disporre d’informazioni precise e dettagliate sui poeti trattati che altrimenti si sarebbero presentate difettose. Infine, le immagini che sono state inserite nel corpus della presente antologia sono state tratte dal volume curato da Juan Calzadilla, Israel O. Oropeza e Daniel González, El Techo de la Ballena Antología 1961-1969, e dall’archivio digitale dell’International Center of the Arts of the Americas at the Museum of Fine Arts, Houston (ICAA), che accoglie una ricchissima raccolta di testi sulla cultura artistica americana e latinoamericana. Siccome questo libro si rivolge al grande pubblico di lettori, ci è sembrato conveniente ridurre al massimo le note a pie di pagina; ma dove lo richiedeva le abbiamo inserite per consentire una maggiore comprensione del testo. Non intendiamo con questo lavoro di avere esaurito tutto ciò che c’era da dire su una parte della poesia venezuelana degli anni Sessanta e Settanta, ma ci illudiamo che questa succinta panoramica serva almeno a dare al lettore un’idea. Vorremmo, infine, non avere frainteso nessuno dei vari aspetti offerti da questa produzione così ricca e originale.


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ALFREDO CHACÓN

Condicional 115 Todo rostro es terrible si deja que se vea lo que ve. Por boca nuestra el verbo vive y se disloca, dice cualquier cosa, no se deja decir, a grandes voces, repetimos, huimos en pleno mediodía. Por boca nuestra el verbo vive, se disloca, no sabe qué decir.

Condicional 216 Queremos saber más, nos echamos encima toda clase de hipótesis y datos inservibles. Decimos cualquier cosa, a grandes voces, repetidos, huyendo en pleno mediodía. Cuando menos se espera, encontramos a alguien, un sueño, cualquier fragmento de realidad. Toda voz es terrible si dice lo que sabe y sabe lo que falta por decir.

Alfredo Chacón, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, Departamento de Literatura de la U.C., Valencia (Venezuela), mayoagosto, 1972. 16 Ibidem. 15


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Condizionale 1 Ogni viso è terribile se consente di far vedere quello che vede. Per merito della nostra bocca il verbo vive e muta, dice qualsiasi cosa, non si lascia dire, urlando, ripetiamo, fuggiamo in pieno mezzogiorno. Per merito della nostra bocca il verbo vive, muta, non sa cosa dire.

Condizionale 2 Vogliamo sapere di più, ci addossiamo ogni ordine di ipotesi E di dati inservibili. Diciamo qualsiasi cosa con le urla ripetute, fuggendo in pieno mezzogiorno. Quando meno ci si aspetta troviamo qualcuno, un sogno, qualsiasi frammento di realtà. Ogni voce è terribile se dice quel che sa e sa quel che bisogna dire.


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ALFREDO SILVA ESTRADA

Va libre de mí mismo17 Va libre de mí mismo y de sí mismo y me ilumina y canta juntos sobrevivimos sobre el tropel de la ciudad ahogada en su inmundicia entre andrajos el tiempo es aire libre descubriendo la inocencia de un rostro y el instante cuarteado de estampidos es la huella continua la pisada desnuda que se afirma junto a los sumideros de la nada los tajos del olvido las fracturas de ausencia en mi insomnia respira su escritura desde ruinas de sueños hacia futuros horizontes olvidados en la erguida constancia de la sangre sostenido feliz a flor de horario horas hechas de humus de estrellas que se hunden con la rueda atascada y vuelven con el eje el diamante y el ajo horno a plena intemperie su latencia de fuego vertiente y lactescencia de un ritmo constelado cuerpo transpiración de la página el ser en su comienzo sin nombre sin imagen y la meditación un halo apenas sobre las mieses las sienes en las cumbres las voces subterráneas Alfredo Silva Estrada, in Luis Perozo Cervantes, Patria adentro. Antología de la poesía venezolana. URL del sito: www.circulodepoesia.com 17


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Va libero da me stesso Va libero da me stesso e da se stesso e mi rischiara e canta insieme perduriamo al di sopra delle resse delle città affogate nel pattume tra gli stracci il tempo è aria nuova svelando via la purezza di un volto e l'istante sbreccato di colpi e l'orma continua e l'impronta nuda che afferma congiuntamente alle chiaviche del nulla le schegge d'oblio fenditure d'assenza nella mia insonnia respira la sua scrittura nelle macerie dei sogni verso futuri orizzonti dimenticati nell'eretta costanza del sangue sorretto beato a controllare i secondi ore fatte di humus di stelle che affondano con la ruota serrata e tornano con l'asse il diamante e l'aglio forno sotto le intemperie la sua latitanza di fuoco sorgente e lattescenza di un ritmo disseminato corpo trasudazione della pagina l'essere nella sua genesi senza nome e senza immagine e la meditazione un alone solo sopra le messi le tempie delle cime le voci sotterranee


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En los umbrales18 En los umbrales ante puertas erectas no hay desgaste apenas plenitud ni barniz cuarteado ni leño carcomido ni rostro oculto tras el rostro serenidad apenas nadie insinúa en la noche los relieves del día no vivido nadie graba en lo oscuro borrosos frutos estás allí erguido como nunca bajo las vetustas arcadas y los puentes de un antes que se esfuma estás allí en todos los lugares comunes rezumantes los sexos en recios extravíos y entre los zurcos suavizados ¿Quién lo afirma junto al ciprés más hendido y tanta hierba inquebrantable? frente a frente posible por este día en vislumbres que se arriesga en el júbilo

18

Ibidem.


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Alle soglie Alle soglie di fronte alle porte erette non c'è usura solo pienezza né vernice scrostata, né legno tarlato né viso eclissato dietro un altro viso solo calma nessuno s'insinua nella notte i rilievi del giorno non vissuto nessuno incide l'oscurità frutti velati sei lì ritto come non mai sotto le vetuste arcate e i ponti di un prima che si sfuma sei lì in tutti i luoghi comuni sprizzanti i sessi nei poderosi traviamenti e tra i solchi levigati chi lo assicura vicino al cipresso incrinato e tanta erba compatta? Faccia a faccia possibile per questo giorno nelle parvenze che si arrischia nel giubilo


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De la unidad en fuga: precario mar del polvo19 Precario mar del polvo, boato de la esfinge del eterno desgaste. Estratos balanceados en secreta marea van rindiendo los cuerpos a este mar desmembrado. Reptan los horizontes en cada superficie, se yerguen al conjuro de las futuras playas. Hervor de meridianos. Conjunciones porosas en cada superficie: aploma y desbandada. Este oleaje de hendijas, evidencias del polvo. Entre devotos bordes, dominios en resaca.

Alfredo Silva Estrada, in Jole Tognelli, Gianni Toti (a cura di), “Poesia contemporanea del Venezuela”, in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6 Caltanissetta – Roma, Salvatore Sciascia Editore, Settembre-Dicembre 1965. 19


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Dell'unità in fuga: precario mare di polvere Precario mare di polvere, boato della sfinge dell'eterna dissipazione. Strati bilanciati nella sepolta marea vanno rifondendo i corpi a questo mare smembrato. Strisciano gli orizzonti su ogni superficie, si erigono all'intrigo delle future spiagge. Fremito di meridiani. Congiunzioni porose su ogni superficie: a piombo e sfasamento. Quest'ondeggiare di fenditure, perspicuità della polvere. Tra bordi devoti, dominii in mezzo alla risacca.


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muerte20 ¿Qué te conduce hacia las manos invisibles, Muerte que vibras con armas de silencio? Con todos, soy tu cómplice. Pero no puedo seguir tu mandato En la ola del brazo caído. Las armas de tu alianza resguardan el silencio y desmienten el sueño: somos los hombres en vigilia. En nuestros puños brillan las admirables armas y no podemos asir el enigma de fugas arenosas ni el éxodo del sueño. Las armas languidecen y se desvive un orden, un orden florecido entre filos: la muerte que amammos desde siempre en el remate de ortigas y denso pasmo. La muerte irreal apenas, apenas sostenida en la victoria de aquella fecha vaga.

Alfredo Silva Estrada, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 20


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morte Cosa ti conduce verso invisibili mani, morte che vibri con armi di silenzio? Con tutti, sono il tuo complice. Ma non posso corrispondere al tuo comando nell’onda del braccio che pencola. Le armi della tua alleanza schermano il silenzio e sconfessano il sogno: siamo gli uomini in veglia. Nei nostri pugni rilucono le mirabili armi e non possiamo afferrare l’enigma di fughe sabbiose né l’esodo del sogno. Le armi languiscono e si aspira a un ordine, un ordine fiorito tra fili: la morte che da sempre amiamo al finire delle ortiche e nel denso spasmo. La morte irreale appena, appena sorretta alla vittoria di quell’incerta data.


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Del traspaso: y aun lo turbio masculla su sílaba de vaho21

Y aún lo turbio masculla su sílaba de vaho. Y aún es preciso separar para la conjunción radiosa. Relegar para que fluyan las distancias hacia el origen habitable. Tomar vuelo uno más y a lo largo cortando la memoria que nos cruza y entrecortada, relega. Favorable estallido y estallido a horcajadas en movimiento adverso hasta el olvido de estarnos en una afirmación de piedra. Afirmante lo impenetrable y sin respuesta. Junto al vuelo uno más el pie se afirma y toma la estallante silenciosa memoria que nos cruza y estallido ella misma. Favorable violencia relegando, rechazando en la afluencia el vaho agazapado que no tiende hacia la disención propicia, hacia el origen habitable.

Alfredo Silva Estrada in Jole Tognelli, Gianni Toti (a cura di), “Poesia contemporanea del Venezuela”, cit. 21


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Del trapasso e persino il torbido biascica la sua sillaba d’alito

E persino il torbido biascica la sua sillaba d'alito. E persino si rende necessario separare per la congiunzione radiosa. Relegare affinché le distanze fluiscano verso l'origine abitabile. Spiccare il volo ancora uno e in lungo recidendo la memoria che ci attraversa e strozzata, relega. Favorevole schianto e scoppio a cavalcioni in movimento avverso fino all'oblio per restare in un'affermazione di pietra. Assertivo l'impenetrabile e senza risposta. Con il volo ancora uno il piede si rinsalda e afferra la deflagrante tacita memoria che ci valica strozzata da scoppi radiosi e scoppio lei stessa. Benevola furia mettendo in disparte, rigettando nell'affluenza l'alito aggrappato che non tende verso il dissenso propizio verso l'origine abitabile.


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ÁNGEL EDUARDO ACEVEDO soles22 Te has nutrido de broza y canícula, de matorrales, rozas, lumbre de humaredas. Eres silueta de árboles pasados, bejuqueros, dragales. Las vegetaciones más recónditas. El llanto que siempre te nombraba. Lunar de cera de colmena. Corazones y copas de acapro. Tenías que ser como tú eras. Aún no existías y te nombraba y llevabas maleza en la piel. Por tu cuerpo pasaron candelas. Adentro están los suelos quemados y el fulgor. No hay paisajes perdidos, no hay cuarteadas arcillas, resolanas, que no encierres. Te yergues en las lomas de sol, reverberan tus pasos y hueles a él. Comías las frutas a flor de agua, deidad salvaje. Bien pudiste nadar corriente abajo, perderte entre los arbustos sumergidos, podrirte como un tallo entre la capa vegetal y la greda negra. Ángel Eduardo Acevedo, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 22


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soli Ti sei nutrita di pattume e canicola, di sterpaglia, cespugli fiamme esalanti. Sei sagoma di alberi trascorsi, giuncaglie, dragales. Le vegetazioni più recondite. Il pianto che sempre ti nominava. Neo di cera d’arnia. Cuori e coppe di acapro. Dovevi essere com’eri. Ancora non esistevi e ti nominavo E avevi delle erbacce sulla pelle. Per il tuo cuore sono passate le candele. Dentro ci sono dei terreni bruciati e il fulgore. Non ci sono paesaggi smarriti, non ci sono screpolate argille, riverberi solari, che tu non stringa. Ti ergi nelle colline di sole, risplendono i tuoi passi e odori di lui. Mangiavi i frutti a pelo d’acqua, deità selvaggia. Avresti potuto nuotare lungo la corrente, smarrirti tra gli arbusti sommersi, marcire come uno stelo, tra lo strato vegetale e l’argilla nera.


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Fig. 1


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Fig. 2


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CARLOS CONTRAMAESTRE

Cabimas-Zamuro23 Yo viejo rescatador de tuberías muertas hombre electrocutado en las profundidades tengo todos los planos de las tuberías muertas tengo todos los huesos de los ahogados uso a mis hijos de carnada (mis buzos predilectos) corro con la velocidad del relámpago desmantelo todas las instalaciones de los muertos me ilumino con el espectro del carburo y camino con envidiable equilibrio sobre las llamas de Lagunillas y recuerdo a López Contreras y reconstruyo el mapa en escala mortal Conozco palmo a palmo a los monstruos que derriban tuberías Conozco los procesos dulces de la corrosión cargo óxido en mis dientes de cangrejo conozco las plantas acuáticas que irritan los ojos del Lago Yo el Guaco viejo desempleado rescatador de tuberías muertas Vendo la cabria con todo y gringo le vendo las compañías petroleras con todo y gringo Le regalo a Cabimas se la presto se la empeño Le regalo a Tasajeras Tuberías muertas Se la cambio se la empeño con todo y gringo Le regalo a la Rosa Vieja y sus putas retiradas Le regalo su esplendor de miseria Le regalo a Tierra Negra

Carlos Contramaestre in J. Calzadilla, Israel.O.Oropeza, D. González, El Techo de la Ballena. Antología 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2008. 23


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Cabimas-Zamuro Io vecchio redentore di tubature morte uomo sulla sedia elettrica nelle profondità ho tutti i piani delle tubature morte ho tutte le ossa degli affogati utilizzo i miei figli come esca (i miei sommozzatori prediletti) guizzo con la velocità del lampo smantello tutte le installazioni dei morti m'illumino con lo spettro del carburo e cammino con invidiabile equilibrio sulle fiamme di Lagunillas24 ricordo López Contreras25 e ricostruisco la mappa su una scala letale conosco palmo a palmo i mostri che abbatton tubi conosco i processi dolci della corrosione tengo la ruggine dei miei denti di granchio conosco le piante acquatiche che irritano gli occhi del Lago26 io il Guaco vecchio disoccupato redentore di tubature morte vendo la capra con gringo compreso gli vendo le compagnie petrolifere con gringo compreso Gli regalo Cabimas gliela do in prestito gliela do in pegno Gli regola Tasajeras Tubature morte Gliela cambio gliela impegno gringo compreso Gli regalo Rosa Vieja e le sue puttane dismesse Gli regalo il suo sfarzo di miseria Gli regalo Tierra Negra

Lagunillas, Cabria, Cabimas, Rosa Vieja, Tierra Negra, El Cardonal sono i principali centri petroliferi del Distretto di Bolivar nella conca del lago di Maracaibo, stato di Zulia. 25 Generale, ministro della marina militare e dal 1936 al 1941, presidente della Repubblica del Venezuela. La sua fu una dittatura presidenziale appoggiata dai conservatori. 26 Si riferisce al Lago di Maracaibo 24


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Le regalo El Cardonal con sus maricos le regalo a los turcos le regalo a Damasco Si usted se empeña le regalo a mis guaquitos retratados en fila le regalo su ampliación iluminada Y ellos beben conmigo Y mi mujer se rasca conmigo Préstamela Regálamela Te regalo la ciudad con los huesos de mi padre sonajas de pájaros y mi furia de rescatador Tomas agua de coco Y ya no te vas de Cabimas Tengo los planos fantasmas obtenidos en pactos secretos de desempleado Te regalo a Cabimas


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Gli regalo El Cardonal con i suoi froci Gli regalo i turchi gli regalo Damasco Se lei s'impegna un poco gli regalo le statuette in ritratto degli indios in fila gli regalo il loro ampliamento illuminato e loro bevono con me e mia moglie si gratta con me Prestamela Regalamela Ti regalo la città con le ossa di mio padre sonagli di passeri e la mia furia di redentore Bevi acqua di cocco E non te ne vai più via da Cabimas Ho i piani fantasma ottenuti in patti segreti da disoccupato Ti regalo Cabimas


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El gas-plant saluda a la metrópoli27 Te regalo mi botón de treinta años de servicio mi botón de canalla para engastarlo en la sortija de mi hija mi botón de mutilado de padrote impotente mi placa de rompehuelgas y los exhibo con orgullo Yo que tengo los planos del Lago Yo el guaco Bebo aguardiente y celebro con mis hijos su porvenir Aún queda mucha chatarra con todo y gringo Nos quedan los desperdicios enterrados para levantar otra ciudad al Sur de la Muerte Mis pulmones aguantarán hasta el final de Babel mudaremos las aguas y los guacos crecerán como avispas Regalaremos la miseria a Estados Unidos regalaremos varios incendios prefabricados todos sus malditos supermercados les enviaremos todos sus zamuros envueltos en plástico y sus gringos de mierda Se lo digo yo El Guaco rescatador de tuberias muertas viejo sabueso amigo saboteador que subo los domingos a Los Cocos a emborracharme que voy a tomar con mi mujer guaca y la gente se ríe salgo a la playa a respirar las frituras de las lisas y a chantajear al poderoso Tengo los planos de la miseria piso diariamente los perros en las autopistas me entierro en las urnitas en Cabimas-Zamuro Bebo con los muertos del mercado amanezco iluminado en los ojos de los peces saludo al barbero del malecón oloroso a betún Carlos Contramaestre in J. Calzadilla, Israel. O.Oropeza, D. González, El Techo de la Ballena. Antología 1961-1969, cit. 27


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Il gas-plant saluta la metropoli

Ti do in regalo il mio bottone di trent'anni di servizio il mio bottone di canaglia per incastonarlo nell'anello di mia figlia il mio bottone di mutilato di stallone impotente la mia placca di crumiro e la esibisco con orgoglio Io che possiedo i piani del Lago Io il Guaco28 Bevo acquavite e faccio festa con i miei figli il loro avvenire Ancora avanza per innalzare un'altra città a Sud della morte Resisteranno i miei polmoni fino alla fine di Babele sommuoveremo le acque e i guachi cresceranno come vespe Doneremo la miseria agli Stati Uniti doneremo svariati incendi impacchettati tutti i suoi stramaledetti supermercati le invieremo tutti gli avvoltoi avvolti nella plastica i loro gringo di merda Glielo dico io El Guaco riscattatore di condutture morte attempato segugio antico guastatore che la domenica vado a Los Cocos a sbronzarmi che vado a bere con la mia moglie guaca e la gente che ride vado al mare a respirare la frittura delle lische e a intimidire il potente Ho i piani della miseria spiaccico ogni giorno i cani sulle autostrade m'infosso nelle bare a Cabimas-Zamuro Bevo con i morti del mercato mi sveglio all'alba rischiarato dagli occhi dei pesci saluto il barbiere del molo lezzo di bitume Idolo generalmente di terracotta, che solitamente si rinviene nelle sepolture (guacos) degli antichi indiani del Perù e in quelle di altri indigeni dell'America. 28


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toco todas las inmundicias de la ciudad y del lago Yo viejo rescatador Mientras rescato tuberías El monstruo crece en los manglares Rock-and-doller entre cristales desayuna ranas los domingos otra de sus especialidades Self-Service entre sacerdotes rubicondos En nuestras Fuentes de soda son deliciosos sus Sundays, Sus Sandwichs Sus Roast-beef el techo cubierto de mermelada y una capa de aire acondicionado mis niños-pollos-horneados que él devora El petróleo rodea sus cabinas y él dirige el crecimiento de las lechugas en otro país Yo tengo los planos de la locura y los tubos son andamios para atrapar los rayos en la costa tengo el plano de los armadillos que harán la revuelta ¿Por qué no huir del infierno Yanqui de culo negro? si allí crece la carne de perro sublimada y se acumula la basura en le corazón Por qué no huir si sabemos que Cabimas no es el Happy Land Tengo los planos de las putas sus deseos soterrados sus muertos pasionales sus dientes –de oro- colombianos En diciembre voy a Cúcuta con mis utilidades y mis embargos Y soy el Rey del Ron Caldas El As de Trébol yo jugador de animalitos rematador de caballos y de nostalgia hago el inventario de esta triste ciudad donde no se consume sal ni cuerno de ciervo donde desaparecemos con insecticidas Yo peleo como un tiburón entre las aguas busco la raíz envenenada del diablo enredada entre joyas salvajes Me lavo la cara en mi gabarra improvisada saco esos encajes brillantes


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palpo tutto il lordume della città e del lago Io vecchio riscattatore mentre affranco tubature il mostro cresce tra le mangrovie Rock-and-doller tra le vetrate colazionano con rane le domeniche un'altra delle sue esclusive Self-Service tra i sacerdoti alticci nelle nostre caffetterie sono deliziosi i loro Sundays I loro Sandwich I loro Roast-beef il tetto coperto di marmellata e una cappa d'aria condizionata i miei bambini polli già cotti che lui divora il petrolio attornia le sue cabine e collauda la crescita delle lattughe in un altro paese Io possiedo i piani della pazzia e le tubature sono ponteggi per intrappolare i barlumi nella costa ho il piano degli armadilli che faranno la rivolta Perché non fuggire dall'inferno Yankee dal culo nero e se lì cresce la carne di cane sublimata e si accumula il pattume nel cuore Perché non fuggire se sappiamo che Cabimas non è un Happy Land Ho i piani delle puttane i loro desideri seppelliti i loro morti appassionati i loro denti-di oro-colombiani A dicembre vado a Cúcuta con la mia tredicesima e i miei riscatti Io sono Il Re del Ron Caldas L'Asso del Quadrifoglio io giocatore di bestioline banditore di cavalli e di malinconia faccio l'inventario di quest'afflitta città dove non si consuma sale, né corno di cervo dove ci dilegueremo con gli insetticidi io battaglio come un pescecane dentro l'acqua cerco la radice avvelenata del diavolo avviluppata tra gioielli selvaggi Mi lavo la faccia nella mia chiatta improvvisata tiro fuori quei merletti luccicanti


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para las cercas de los pobres y en mi camión fantasma distribuyo mi mercancía clandestina estos planos me los regaló la Mene Grande en pago a mis dudosos servicios en reconocimiento a mi desmedida locura de desencuellar de desmantelar de hacer salir chorros de petróleo chorros de cerveza chorros de whiski por las orejas del guachimán También desmantelo las cercas de los campos por eso estoy en el gang del cobre y fundo al país y su miseria en Curazao Miro esos tanqueros fúnebres a travès del humo del gasoil Y estoy en todas partes como mis tuberías Y mi sierra se escucha en Punta Iguana o en Punta de Leiva Y si los guacos se retratan en traje de gala Los llevo al Ancón de Iturria Me muevo en todas las direcciones de la muerte


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per gli steccati dei poveretti e nel mio camion fantasma dispenso la mia mercanzia clandestina questi piani me li ha regalati la Mene Grande29 come corrispettivo ai miei titubanti servigi come riconoscenza alla mia smisurata pazzia di scapezzare di smantellare di far uscire getti di petrolio getti di birra getti di whisky dalle orecchie del guardiano smonto anche le staccionate dei campi per questo motivo sono la gang del rame e fondo il paese e la sua miseria a Curazao Osservo le cisterne a morto attraverso il fumo del gasolio e sono dappertutto come le mie condutture e la mia sega si ascolta fino a Punta Iguana o fino a Punta de Leiva e se gli indigeni si ritraggono in abito da festa gli porto Ancon de lturia Mi muovo in tutte le direzioni della morte

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Centro petrolifero del Distretto Bolivar, nella conca del lago di Maracaibo.


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Fig. 3 Una ballena sonríe y puede suicidarse en cada roca del infierno30

Una balena sorride e può suicidarsi in ogni roccia dell’inferno

Carlos Contramaestre (a cura di Hahuel Valentini), Antología poética, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2007. 30


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Fig. 4


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Últimos poemas31 I La segunda muerte me embriaga en las tavernas olorosas a invierno La distancia descalabra las almas, enmudece las lenguas del destierro entre los titubeos de las estaciones fraudulentas. Retorno a las riberas de la soledad, Virtuosa tañedora de silencios y ecos de la muerte. Moro en esa copa sardónica, incienso de la tribu espectral. Destilo dolores y heridas antiguas en serpentina de cobre dulce. II Ella suele llegar casi siempre desnuda. Su olor sube sobre mis columnas trágicas Y yo empiezo a soñar rosas y algunos animales híbridos. Esa mujer no me pertenece en este continente ni en la otra vida. III Agonizo en tu temblor cotidiano Y la lluvia terminò. Nadie podía adivinar la rudeza del cielo, el pavor de seguir casi vivo casi aliento para retornar al cosmos. Necesito la mudez de la alquimia, el incesto de los Dioses,

Carlos Contramaestre , “Últimos poemas” in Harold Alvarado Tenorio (direttore), Arquitrave. Revista colombiana de poesía , n. 49, Cartagena de Indias, junio de 2010. Carlos Contramaestre scrisse questi versi (i cui frammenti sono apparsi sulla rivista letteraria sopracitata e trascritti da María Eugenia Sánchez) durante un suo soggiorno a Salamanca, ospite dell’amico Alfredo Pérez Alencart. 31


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Ultime poesie I La seconda morte mi ubriaca nelle bettole odorose d'inverno. La distanza schianta le anime, rende mute le lingue dell'esilio tra gli indugi delle stagioni fraudolente. Ritorno alle sponde della solitudine, virtuosa suonatrice di silenzi ed echi della morte. Giaccio su quella cima beffarda, incenso della tribù spettrale. Sudo dolori e ferite antiche in stelle filanti di dolce rame. II Solita è arrivare quasi sempre nuda. Il suo profumo si alza sopra steli tragiche e io comincio a vagheggiare rose e qualche animale ibrido. Quella donna non è mia in questo continente, né nell'altra vita. III Agonizzo nel brivido tuo di ogni giorno e la pioggia è finita. Nessuno poteva indovinare la durezza del cielo, lo sgomento di essere quasi vivo, soffio quasi, per ritornare al cosmo. Ho bisogno del mutismo dell'alchimia, e l'incesto degli Dei,


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la primavera del invierno, el fuego de la invocación. Soy ese exorcismo dormido sobre el llanto: nos une el desatre, el extravío. IV Desprenderse del cuerpo y encontrar a nube marcada que ocupará el espacio medido para el amor sin frutos. Océanos agitados y naufragios decididos. El jordano transportó la dicha y no lo sabía. Recordó a su toledana en silencio. Luego, el arquitecto del lecho académico lo regó con licores y flores churriguerescas. V Mi oficio de basurero me obliga a buscar mis pergaminos, mis escombros perfumados. Y tú eres ese mural que yo invité; tú ese sueño bajo tierra dulce, silencioso para el abandono arqueólogo de amores. VI Dos manzanas asustan cuerpos si son de tierras lejanas, como hijos olvidados, asuntos de tu vihuela en porfía y ese sentimento de astro perdido que no quiere regresar porque no hay constelación sin amor, sin aire. Canta el alma sorda.


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la primavera dell'inverno, il fuoco dell'invocazione. Sono quell'esorcismo assonnato nel pianto: ci stringa il tracollo e lo smarrimento. IV Scrollarsi del corpo e trovare la nube segnata che riempirà lo spazio ponderato per l'amore senza frutti. Oceani in burrasca e naufragi già disposti. Il giordano menò con sé tripudio e l'ignorava. Ricordò alla sua toledana in silenzio. Dopo, l'architetto dell'alveo accademico lo spruzzò con liquori e fiori churrighereschi. V Il mestiere mio di spazzino m'impegna a cercare le mie pergamene, le mie macerie profumate. E tu sei quel graffito che ho concepito; tu sei quel sogno sotto terra dolce, calmo per l'abbandono archeologo di amori. VI Due mele impauriscono i corpi se provengono da terre lontane, come figli dimenticati, faccende del tuo liuto ostinato e quel sentimento di smarrito astro che non vuol riapparire, perché non c'è costellazione senza amore, senza aria. Canta l'anima sorda.


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Lo desperdicio todo, hasta un ratón. Vuelo vegetal sin espejo, frío para siempre, sin sintaxis, traspapelando noches, días, encuentros, amores, doncellas, recuerdos: ése cuerpo reproduce tu cuerpo, tus piernas, tu hilo nostálgico. Insatisfacción. Era otra María, era otro olfato para la belleza, otra línea para vivir y yo era el paraíso, era río con piedras, con árboles. VII Depende de tu muelle y tu ojo amoroso. Vuelvo a las almendras esenciales, a tu silencio demencial. Escarbo en tu vulva, colecciono piedras y licores, acerco cuerpos, carnes puberales, inciensos de ciudad en viaje sin continente. VIII El azar del vuelo inventa el lecho que el jordano transporta para la novia y es él quien decide el norte de los besos, el sur que deslinda el corazón en el tiempo. El jordano desaparece como un fantasma para labrar la materia de los sueños y planta árboles del porvenir en tus sienes. El anillo de tu toledana es nuestro amuleto.


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Io tutto dissipo, finanche un topo. Volo vegetale senza specchio, gelo infinitamente, senza costrutti, consumando incontri, notti, giorni, amori, fanciulle, ricordi: quel corpo riproduce il tuo corpo, le tue gambe, il tuo filo nostalgico. Insaziabilità. Era un'altra Maria, un altro aroma per l'incanto, un'altra linea per vivere e io ero il paradiso, un fiume ero con pietre, con alberi. VII Dipende dal tuo molo e l'occhio tuo amoroso. Torno alle mandorle essenziali, al tuo silenzio insensato. Scavo nel tuo sesso, colleziono pietre e liquori, accosto corpi, carni di adolescenti, incensi di città in rotta senza continente.

VIII L'accidente del volo congegna il letto che il giordano trascina per l'innamorata ed è lui che dispone il nord dei baci, il sud che demarca il cuore nel tempo. Il giordano dilegua come uno spettro a dissodare la materia dei sogni e impianta alberi del futuro nelle tue tempie. L'anello della sua toledana è il nostro amuleto.


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IX Tugurios abandonados a la lujuria de la pobreza. Azar del que sufre en silencio, oculto de los dioses. Niebla peccaminosa sussurrando otro cielo prohibido, alguna voz de mujer profanada. Temblor de carburo alabando los ojos ciegos, la nada del naufragio, el instinto del árbol ahogado en savias alcohólicas, abanicando corazones ramificados en el duelo. X Tengo una constelación y una mujer desnuda que brilla como una hoja de higuera. Amo ese principio que me une A ese gran ombligo de la noche Donde me embriago De tinieblas. XI Espacio ornamentado por mis gorriones dementes, con cielos provisionales y paraíso recién decretado. Arcillas tranquilas en su crecimiento para unificar el latido. Celebro el encuentro.


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IX Tuguri negletti alla lussuria dell'indigenza. Il caso di cui si affligge nel silenzio, occulto degli dei. Bruma peccaminosa stormendo altro firmamento interdetto, qualche voce di donna violata. Tremore del carburo vantando i suoi occhi ciechi, il nulla del naufragio, l'istinto dell'albero affogato in linfe d'alcool, sventolando cuori ramificati nella contesa.

X Ho una costellazione e una donna nuda che luccica come una foglia di fico. Amo quel principio che mi unisce a quel grande ombelico della notte di cui mi ubriaco di tenebre. XI Spazio adorno per i miei passeri dementi con cieli effimeri e paradiso appena consacrato. Argille serene nel suo Sviluppo per appaiare il battito. Celebro l'incontro.


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XII El tiempo desnivela mi silencio. Grito en grieta. Me escuchas más allá de los trópicos. Tu ola anticipa naufragios. Ausencia de navío escarlata que regresa al Caribe. Me indulto y me inmolo en langostas. Techos baldíos, cocodrilo celeste, palma sagrada. El azar-sortilegio implica encuentros, hallazgos fortuitos. XIII Ayer me arrancò la tormenta unos árboles que cantaban melodías antiguas del universo como eco armonioso de un caos. La sangre brotó de la tierra para alimentar los muertos sedientos de vida porque la deja a medias … cuando el amor comenzaba. Esa tormenta desatada por los dioses oscurecía mis sueños y no podía seguir viendo desnudeces de tu cuerpo iluminado por los relámpagos.


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XII Il tempo inclina il mio silenzio. Strillo nella fessura. Mi ascolti al di là di terre tropicali. La tua onda precorre naufragi. Assenza della tua nave rosso vivo che fa ritorno ai Caraibi. Mi assolvo e mi immolo alle aragoste. Tetti aridi, coccodrillo celeste, palma consacrata. Il caso-sortilegio impegola incontri, scoperte accidentali.

XIII Ieri mi ha sradicato la bufera alcuni alberi che intonavano melodie arcaiche dell'universo come un'eco armoniosa del caos. Il sangue schizzato dalla terra per alimentare i morti avidi di vita perché la lascia a metà … quando l'amore cominciava. Questo turbine sbrigliato per gli dei occultava i miei sogni e non poteva seguitare a vedere le nudità del tuo corpo rischiarato dai lampi.


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CAUPOLICÁN OVALLES

Si en vez de dormir32 Si en vez de dormir bailara tango con sus ministros y sus jefes de amor, nosotros podríamos oír de noche en noche su tacón de archiduque o duquesa. Podríamos reír Sólo de verle, ridículo como es, esperar los aplausos de toda la gendarmería frenética. Claro que uno está cansado y quiere un poco de diversión mostruosa, como ésta de verle con la lira en el cuello colgada, como un romano o como una romana ciega de absurdas creencias geniales. Si en vez de prometer el descubrimiento de la piedra filosofal que ha de producir pan y billetes de veinte

Caupolicán Ovalles in J. Calzadila, Israel O. Oropeza, D. González, El Techo de la Ballena. Antología 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2008. 32


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Se invece di dormire...

Se invece di dormire ballasse il tango con i suoi ministri e i suoi generali d'amore noi potremmo ascoltare di notte in notte il suo tacchettio di arciduca e duchessa. Potremmo ridere solo a vederlo, ridicolo com'è, attendere gli applausi di tutta la gendarmeria frenetica. Certo che uno è stanco e vuole un po' di spasso atroce, come questo di vederlo con la lira a tracollo pendula, come un romano o come una romana cieca di assurde credenze geniali. Se invece di stare a promettere la scoperta della pietra filosofale che deve produrre pane e biglietti da venti

se dedicara, por lo soberbio que es, a vender patatas podridas


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o maíz rancio, los indios de esta nación le llamarían Cacique Ojo de Perla. Si en vez de llorar te murieses un día de estos, como una puerca elegante con sus grasas importadas del Norte, nosotros, que estamos cansados de tanta estúpida confesión, pondríamos a bailar las piedras y los árboles darían frutos manufacturados. Con tu vieja y putrefacta osamenta, alimento de ratas, llenaremos un solo lugar de esta tierra y la llamaremos la Cueva Maldita y será proscrita de ver y de acercarse a ella por temor a despertar tus histéricas ternuras. Te llaman José de los sueños, el de las vacas sagradas, el dueño de las vacas más flacas y Presidente de la «Sociedad Condal del Sueño». Tus amigos te llaman Barbitúrico. ¿Hasta cuándo duerme usted, señor Presidente? Si adora la vaca, ¡duerme! s'impegnasse, qual superbone che è, a vendere patate guaste


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o mais rancido, gli indios di questa nazione lo appellerebbero Cacicco Occhio di Perla. Se invece di piagnucolare, crepassi un giorno di questi, come la scrofa sciccosa con il suo grasso importato dal Nord, noi, che siamo stanchi di tanta imbecille ammissione, faremmo piroettare le pietre e gli alberi produrrebbero frutti inscatolettati. Con la tua decrepita e putrida carcassa, rancio per sorci, riempiremo un sol buco di questa terra e lo chiameremo Antro maledetto e sarà proscritto alla memoria e ci sarà il divieto di entrarci per timore di risvegliare le tue isteriche tenerezze. Ti chiamano Giuseppe, quello dei sogni, quello delle vacche sacre, il padrone delle vacche magre e Presidente della “Società Patrizia del Sogno”. I tuoi amici ti chiamano Barbiturico. Fino a quando dorme Lei, signor Presidente? Se adora la vacca, dorme!

Si al becerro adora, ¡duerme!


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y si el General le da su almuerzo, duerme como una lirona o le da una pataleta de sueño. Cara de Barro, Ojo para ver las serpientes y llamarlas, Ojo para hacer compañía y quemarte con el humilde Kerosene, Ojo para tenerse a mi servicio como mozo de alcoba barato. ¿Duerme usted, señor Presidente? Le pregunto por ser joven apuesto y no como usted, señor de la siesta. Ojo de barro y Water de emergencia


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Se adora la vitella, dorme! e se il generale le concede il suo pranzo, dorme come un ghiro le viene una crisi di sonno. Faccia pustolosa, occhi per guardare i Serpenti e chiamarli, Occhio per far compagnia e abbrustolirti con dell'umile kerosene, occhio per stare al mio servizio come uno sguattero da quattro soldi. Dorme Lei, signor Presidente33? Le chiedo in quanto sono un bel giovanotto e non come Lei, principino della pennichella Occhio merdoso e cesso d'emergenza.

Il poeta si riferisce all’allora presidente della Repubblica del Venezuela, Rómulo Betancourt (1958-1964), capo del partito di sinistra socialdemocratico Acción Democrática (AD). 33


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El Presidente34 EL PRESIDENTE vive gozando en su palacio, come más que todos los nacionales juntos y engorda menos por ser elegante y traidor. Sus muelas están en perfectas condiciones; No obstante, una úlcera le come la parte bondadosa del corazón y por eso sonríe cuando duerme. Como es elegido por voluntad de todos los mayoritarios dueños de inmensas riquezas es un perro que manda, es un perro que obedece a sus amos, es un perro que menea la cola, es un perro que besa las botas y ruñe los huesos que le tira cualquiera de caché. Su barriga y su pensamiento es lo que llaman water de urgencia.

34

Ibidem.


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Il Presidente

IL PRESIDENTE vive spassandosela nel suo palazzo, più che tutti i connazionali messi insieme e ingrassa di meno per essere elegante e traditore. La sua dentatura resta immacolata; nonostante, un'ulcera gli mangi la parte più benevola del cuore e per questo sorride quando dorme. Siccome è stato eletto per la volontà di tutti la maggioranza dei titolari di ingenti patrimoni è un cane che comanda, è un cane che ubbidisce ai padroni, è un cane che scodinzola, è un cane che bacia gli stivali e rosicchia le ossa che qualcuno gli tira con squisitezza. La sua pancia e il suo pensiero è quello che chiamano cesso d'emergenza.


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Elegía en rojo a la muerte de Guatimocín, mi padre, alias El Globo (Primera versión) 35 Mi padre ebrio, mi padre se muere A Ernesto Cardenal y Germán Espinoza mi padre ebrio habla con los ojos cerrados camina con los ojos cerrados cualquiera diría que es un muerto que camina si él me pregunta qué haría yo si él muere yo hago pucheros y me le agarro de las piernas si él me vuelve a preguntar sobre lo que yo haría si él se muriera yo mezclo una pequeña risa con un pequeño puchero si él me vuelve a preguntar yo lo digo Que se muera y él un día que le desobedezco y voy a casa de un amigo a solicitar sardinas en su nombre para que se coman las plagas de los estanques de la casa del abuelo y cruzo toda la ciudad con mi caja de galletas llena de sardinas cuando llego a la casa y él está grave mi papá él descontento con mi conducta me recuerda que yo le he dicho un día Que se muera entonces él que está grave mi papá me enseña dos monedas ganadas por mí

Caupolicán Ovalles, in Miranda Julio E. (a cura di), Antología histórica de la poesía venezolana del siglo XX, 1907-1996, Universidad de Puerto Rico, 2001. 35


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Elegia in rosso sulla morte di Guatimocin, mio padre, alias Il Globo (Prima versione) Mio padre ebbro, mio padre muore A Ernesto Cardenal e Germán Espinoza

mio padre parla con gli occhi chiusi cammina con gli occhi chiusi chiunque potrebbe dire che è un morto che cammina se mi chiedesse che farei se lui morisse mi metto a singhiozzare e mi afferro alle gambe se lui tornasse a chiedermi cosa farei se morisse mescolo un piccolo riso a un piccolo pianto se lui torna a chiedermi io gli dico Che crepi e un giorno che gli disubbidisco e vado a casa di un amico a chiedere delle sardine a nome suo affinché si mangino le zanzare dagli stagni della casa di mio nonno e per tutta la città con la mia scatola di biscotti piena di sardine quando arrivo a casa e lui è grave mio padre lui scontento con il mio atteggiamento mi ricorda che gli ho detto un giorno Che crepi allora lui che è grave mio padre mi mostra due monete che si è aggiudicato per me


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recitando aquellos poemas con los ojos cerrados en una escuela y si mis familiares llegan y me dicen “Vaya a casa de su papá y pídale perdón por haberle dicho eso” yo les contesto que él me hacía sufrir con esa pregunta Yo sé mi padre ebrio me quiere mucho a mí Si él viviera sería mi padre vivo Pero ha muerto hace Mucho Y pidió agua de cura antes de morir Pero se confesó con el P. Losano que era su amigo y el P. Losano dijo que no había confesado “a otro mozo tan inteligente” (mi padre ebrio habla de novelas con mi madre y ella le presta atención) Yo lloré como un muchachito de ocho años cuando se le muere su Capitán Mi abuelo se contentò con el Capitán diez minutos Antes de morir y luego hizo grandes alabanzas de él ellos tenían sus problemas desde hacía lo menos veinte años mi padre ebrio es lo mejor que he visto Me da monedas me presenta a sus amigos y dice “este indio promete” y he prometido después de todo y por eso Guati Domingo también se llamaba tenía razón Había nacido el cuatro de agosto y esto lo supe después que sus pulmones nos lo arrebataron Estamos en un pueblo y yo lloro de vez en cuando porque él se ha muerto


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recitando quelle poesie con gli occhi chiusi come a scuola E se i miei parenti arrivano e mi dicono “Vai a casa di tuo padre e scusati per avergli detto questo” io gli rispondo che lui mi faceva soffrire con quella domanda Io so mio padre mi vuol molto bene Se lui vivesse sarebbe mio padre vivo Però è morto Molto tempo fa E chiese l’acqua del prete prima di morire Ma si confessò con Padre Losano che era suo amico E padre Losano disse che non aveva mai confessato “un altro ragazzo così intelligente” (mio padre ebbro parla di romanzi con mia madre e lei lo asseconda) Io piansi come un bambino di otto anni quando gli muore il Capitano Mio nonno si congratulò con il Capitano dieci minuti Prima di morire e dopo gli fece grandi elogi e loro non si parlavano da almeno vent’anni mio padre ebbro il migliore che ho visto Mi dona monete, mi presenta i suoi amici e dice “questo indio promette” e dopo tutto ho promesso e perciò Guati Domingo che anche così si chiamava aveva ragione Era nato il quattro agosto e questo lo seppi dopo che i suoi polmoni ce l’hanno strappato Siamo in un paese e io piango ogni tanto perché lui è morto


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Muchos amigos míos todavía tienen su viejo Yo no he podido tenerlo Dicen que tenemos nuestro aire en común Nuestra cosita Yo sé “Indio” ven y toma tu cerveza Yo sé Guatimocín que estamos en un pueblo Yo sé Salvaje yo (yo sé) lo descubro ahora levanto el velo para darle cerveza y darle otro beso el segundo y decirle “este guati promete” Este es Cuando le van a llevar a Tibisay (que ya es tarde) para que se despida de ella a las seis de la mañana de ese día él con un gesto rechaza tal suplicio Me digo ahora –No, por favor, no se lo lleven a él que se va a morir Este es mi padre en su lecho de rosas veo como su cuerpo se estremece con la muerte Y no me importa si nuestras vidas son los ríos que van a dar a la mar que es el morir sino que he sido fiel a él y he dicho como vivió y murió Sin haber librado una batalla de armas con un solo año de prisión en la Rotunda no habiendo sido gobernador claro sino apermisado para ejercer la odontología que lo trueca por el magisterio y ser curioso de medicina en los pueblos y teniendo como tengo la certeza de que no fue algo así como una persona importante Se entiende murió habiendo casado una vez habiendo visto morir a su madre y a dos hijos y habiéndonos contagiado de sus tisis a Atahualpa –muerto-a Lautaro-vivo y a mí-vivo-El Guati


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Molti amici miei tengono il loro vecchio Io non ho potuto tenerlo Dicono che ci assomigliamo molto La nostra cosetta lo so “Indio” vieni qui e bevi la tua birra Io so Guatimocin che siamo in un paese Io so Selvaggio io (io so) lo scopro ora alzo il velo per versargli birra e dargli un altro bacio il secondo e dirgli “questo guati promette” Questo è Quando lo porteranno da Tibisay (che ormai è tardi) per accomiatarsi da lei alle sei del mattino di quel giorno con un gesto rifiuta tale supplizio Mi dico ora-No, per favore, non portatelo lui che sta per morire Questo è mio padre nel suo letto di rose vedo come il suo corpo è un brivido per la morte E non mi importa se le nostre vite sono i fiumi che sboccano nel mare che è il morire ma sono stato fedele a lui e ho detto come ha vissuto ed è morto Senza aver vinto una battaglia con le armi con un solo anno di prigione nella Rotunda non essendo stato governatore certo ma gli è stato concesso il permesso di esercitare l’odontologia che la scambia per il magistero ed essere curioso di medicina nei paesi e avendo come ho la certezza che non è stato qualcosa di così come se fosse una persona importante Si capisce è morto essendosi sposato una volta e avendo visto morire sua madre e i due figli e avendoci contagiato di tisi a Atahualpa-morto-a Lautaro-vivo e a me-vivo-Il Guati


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Muy triste, muy triste36 Colombia, julio 1963. Zona de la frontera

Cuando llega EL PRESIDENTE dice: «Aduladme, que hoy estoy triste. Buscad a ese guitarrista que me compone los nervios. Es que estoy muy triste». El Mandarín se retira a sus habitaciones interiores diciendo: Muy triste, muy triste. Y se agarra la oreja y dice: Muy triste, muy triste. Y se agarra la barriga y piensa en la tristeza. Se pasa el pañuelo por la frente y dice: «Todos dicen que es mentira que los quiero». Cuando está con su amigo El Yanqui, dentro de su gran gozo, se le rebrotan los labios, siente escalofríos de emoción. Se le nubla la vista y se siente con deseos de amor, muy triste, muy triste.

36

Ibidem.


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Molto triste, molto triste Colombia, luglio 1963. Zona della frontiera

Quando arriva IL PRESIDENTE dice: « Ossequiatemi, che oggi sono triste. Andate a trovare quello con la chitarra che mi concilio i nervi. Perché sono tanto afflitto» Il Mandarino si ritira nelle sue stanze private e dice: Tanto triste tanto triste. E si agguanta l'orecchio e pensa: Che è triste che è triste. Si tocca la pancia e pensa nella tristezza. Si passa il fazzoletto sulla fronte e dice: « Tutti dicono che è falso che li amo». Quando se ne sta col suo amico Il Yankee, nel suo gran trastullo, gli rigermogliano le labbra, sente brividi di trepidazione. Gli si annebbia la vista e si sente tutto gonfio d'amore, molto triste, molto triste.


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Tres Minimodramas37 1 EL CURA El cura se llevó las manos al pecho Y dijo ¡Jesús! ¡Jesús! Y Jesús no lo escuchó porque Jesús no escucha El cura no volvió a decir ¡Jesús! ¡Jesús! porque decía ¡Escuchad cabrón!

Círculo de poesía. Poesía venezolana: Caupolicán Ovalles. URL del sito: www.circulodepoesia.com. 37


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Tre minimodrammi 1 IL PRETE Il prete si portò le mani al petto E disse Gesù! Gesù! E Gesù non lo ascoltò perché Gesù non ascolta Il prete non tornò a dire Gesù! Gesù! perché diceva Ascolta, figlio di puttana!


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2

FRENTE A LA MANIFESTACIÓN38 El policía tomó su revólver en la mano frente a la manifestación Y dijo ¡Buena vaina! Y se pegó un tiro en la nuca El policía dijo después de muerto ¡MUERA EL MINISTRO!

3 LA BRUJA DE VEINTE AÑOS39 La cocinera se pintó los labios y salió como una bruja de veinte años En la esquina le dijo el cartero ¡adiós Bella! La cocinera bruja de veinte años 38 39

Ibidem. Ibidem.


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2 DI FRONTE ALLA MANIFESTAZIONE Il poliziotto si prese il revolver in mano di fronte alla manifestazione E disse Che cazzo di roba! E si sparò nella nuca Il poliziotto disse dopo essere morto CREPI IL MINISTRO!

3

LA MEGERA DI VENT’ANNI La cuoca si pitturò le labbra e uscì come una megera di vent'anni all'angolo le disse il postino cosette belle! La cuoca megera di vent'anni


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con sus labios pintados que parecían los de una vaca primorosa le dijo Que va mi amor hoy no que voy al Partido.


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con le sue labbra pitturate che parevano quelle di una mucca sbarbatella le disse levatelo dalla capoccia tesoruccio oggi no devo andare al Partito.


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EDMUNDO ARAY Carlos Contramaestre 40 Sé que tú inventaste la noche para reconciliarnos en la casa con palomas benditas y rezos encalados sonando pájaros que salían de tus árboles en nevadas donde encendías tu alma generoa y repartías como miel pan de año y un sordo dolor que no querías comunicarnos si no teníamos alpargatas y algún día estrenaríamos piyamas y calzoncillos gold medal Preferías oír las comedias las radio novelas que ponerte a llorar sobre los pasos del viento o sobre nuestra ignorancia que trataste que superáramos era preferible vagar correr por el mundo desnudo como nos habías parido sin conocimientos el aprendizaje se hace entre los barcos el camino y un navío que nunca faltó los consejos que dabas para que no los escucháramos porque nosotros éramos igual de tercos y fíjate donde estás bajo tierra en un paraje solitario que no conozco y no quiero ver [deseo conocer] Pareciera llegada la hora de hacer balance: …no tengo país, no tengo nube océano sí, fantasmas sí que se pintan la boca y el culo nostalgia de no sé que dios de no sé qué noches de no sé qué ángeles cuartetos y piélagos. Rimas que no domino besos que no di que sí di.

Edmundo Aray, “Carlos Contramaestre. El Techo de la Ballena y un homenaje a la poesía”, in Agulha Hispánica. Revista de Cultura, Fortaleza, Ceará-Brasil, março de 2010. URL del sito: http://www.jornaldepoesia.jor.br 40


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Carlos Contramaestre So che tu hai inventato la notte per riconciliarci nelle case con le palme benedette e le suppliche incalcinati cantando uccelli che sgorgavano dai tuoi alberi nelle nevicate dove attizzavi la tua anima munifica e spartivi come miele l'albero del pane41 e un sordo dolore che non volevi rivelarci se non portavamo sandali42 e qualche dì avremmo sfoggiato pigiami e mutande gold medal Preferivi ascoltare commedie e radionovele anziché metterti a piangere sui passi del vento o sulla nostra ignoranza che hai fatto in modo che la superassimo era più opportuno vagabondare precipitarsi per il mondo nudo come se fossimo partoriti senza cognizioni l'apprendistato si fa strada tra le barche e una nave che mai mancò i consigli che davi perché noi non li ascoltassimo perché eravamo ostinati e osserva dove sei sottoterra in un posto solitario che non conosco e non voglio conoscere [desidero conoscere] Sembrerebbe che l'ora sia arrivata di comporre un bilancio: … non ho paese non ho una nuvola oceano sì, fantasmi sì che si pitturano la bocca e il culo nostalgia di non so quale dio di non so che notti di non so che angeli quartetti pelaghi. Rime che non sovrasto baci che non ho dato che sì ho dato.

Pan de año o albero del pane, pianta originaria del Venezuela. Il suo nome scientifico è Artocarpues communis della famiglia moraceae. Produce un frutto commestibile e nutritivo, comunemente conosciuto come “castagna tropicale”. Prende questo nome perchè la polpa del frutto ha un aspetto e un sapore simile a quello del pane. 42 Nell'originale spagnolo “alpargata”, sandalo di canapa con la suola dello stesso materiale che si salda al piede attraverso una fascia passante intorno alla caviglia. 41


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Sólo queda la máscara de entonces43 Sólo queda la máscara de entonces. Me siento inválido, expuesto al reverso, soportando mi propia voz, (habitamos la casa otra) contrariando mis pasos a cada instante, como si faltara lugar, incapaz en el viaje para todo acto de adivinación.

Resta solo maschera di ciò che fu Solo resta la maschera di ciò che fu. Mi sento mutilato, esposto al rovescio, sopportando la mia voce, (abitiamo la casa d’altri) Intralciando i miei passi a ogni istante, come se venisse a mancare lo spazio inabile al viaggio e a ogni atto di divinazione.

Edmundo Aray, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 43


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Fig. 5


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Páramo44 I Puertas abiertas para la contemplación. Purifíquese el entendimiento que de esta / tierra vienen a nuestro encuentro serranos / y serranas gente del sur –geografía de amor / entremetido-, alumbramientos de la imagen. Veamos. La montaña sobre el horizonte, mudo el río sobre las arenas. Debajo del árbol una niña columpia. Delicado vaivén. Un niño a merced de su anhelo. La neblina detrás de la montaña. Papagayos levantando el aire. Mudas las casas como si les llegara la noche. Echada ya, aunque blanco es el cauce. Blanca la vastedad del cielo. Pintura: deidad del artista. II Veamos. Hombre es. Niño es. Manos propiciatorias. Las miradas se dejan escuchar. Luego son muchos, como si posaran: domina la incertidumbre. Deslizan tristeza, amarguras, consentimientos. Cada cual en su cada cual, como si vinieran del exilio. 44

Edmundo Aray, in “Letras”, Revista Casa de las Américas, n.244, julio-septiembre, 2006.


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Landa I Porte aperte per la contemplazione. Si purifichi la comprensione che di questa / terra che al nostro incontro vengano montanari / e montanare, gente del sud, geografia d’amore / inframmezzato – , rischiaramento dell’immagine. Vediamo. La montagna all'orizzonte, muto il fiume sulla sabbia. Delicato andirivieni. Un bambino alla mercé del suo anelito. La nebbia dietro la montagna. Pappagalli che si librano in volo. Mute le case come se arrivasse la notte. Coricata, anche se l’alveo è bianco. Bianca la vastità del cielo. Dipinto: deità dell’artista. II Vediamo. Uomo è. Bimbo è. Mani propiziatorie. Gli sguardi si lasciano ascoltare. Quindi sono molti come si ponessero in posa: domina l'incertezza. Scivolano avvilimenti, amarezze, i consensi. Ognuno nel suo ognuno, come se venissero dall’esilio.


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Un penacho indígena dice de las simas Que urdieron los verdugos. III Veamos. Rostro de mujer -surcado por el tiempo-. Pañolón de rosas, sombrero de moriche. Sobreviene la imagen de Epifania. Ojos de dolor adentro, floración de páramo. IV La mirada punza. Viene de muy lejos: las manos cansadas de aferrar. A cuesta los hombros. ¿Acaso distrae el ojo la mulata del sur del lago: sombrero de ancho cuerpo y mejor tejido, flores, y muchas, en el nacimiento sus orejas? Imagínela todo de blanco, lujoso su negro cuerpo hasta ayer no más desenvuelto y joven. V La otra, de otra edad, reza: las manos sereno puño sobre el pecho. Dios te salve María, llena eres de gracia. Dios te salve, mujer, por el pecado / concebida. Escuchemos: es rumor de golondrinas. Impasible la Virgen. Respira aromas de margaritas, calas, crisantemos y claveles, aunque sean de papel.


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Un pennacchio indigeno racconta delle profondità che ordirono i boia. III Vediamo. Viso di donna -solcato dal tempo-. Scialle di rose, sombrero di palmizi. Sopravviene l'immagine dell'Epifania. Iride di dolore dentro, efflorescenza di landa. IV Lo sguardo perfora. Viene da molto lontano: le mani stanche di afferrare. In groppa le spalle. Forse distrae l’occhio la mulatta del sud del lago: sombrero di falda larga ben tessuto, fiori, e molti, nella nascita delle sue orecchie? Se la immagini tutta di bianco, sontuoso il suo nero corpo fino a ieri disinvolto e giovane. V L’altra, di un’altra età, supplica: le mani sereno pugno sul petto. Dio ti salvi Maria, piena di grazia. Dio ti salvi, donna, dal peccato / concepita. Ascoltiamo: il garrire delle rondini. Impassibile la Vergine. Respira aromi di margherite, calle, crisantemi e garofani, anche se sono di carta.


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En el piso las velas encendidas: Purificación de alma colectiva. VI Suene el tambor. Así lo ordena la mano enguantada. Baila el sonido entre las piernas núbiles ¿Qué oculta la malla? ¿Las gruesas crinejas bajo el penacho portan memoria de algún reino perdido? De Palmarito como de Tumbes. Dolido el rostro, apagados los leños de la Cada cual interroga. Legado el collar sobre el tórax. Un estuario la mirada. Florean el tizne, el pañuelo que suponemos rojo, la cruz que dejó de ser pues la fiesta requiere de ornamento. -Somos negros, mestizos de claroscuro, manos sonoras, cintura ágil, cuerpo presto al amor. Cobrizos de alta dotación. VII Hágase la ofrenda. Enciéndase la mecha. Por los aires el trabuco, la flecha de hendir el cielo. Es muy seria la gestión. Suenen petardos. Alcen diablos su humareda.

/ altivo

/ira.


104

Sul pavimento, candele accese: catarsi di vita collettiva. VI Che suoni il tamburo. Così lo ordina la mano inguantata. Balla il suono tra le gambe nubili. Cosa cela la rete? I grossi crini sotto il pennacchio Sono memoria di qualche perduto regno? Di Palmarito come di Tumbes. Dolente il viso, spenti le braci Ognuno interroga. Legato il collare sul torace. Un estuario lo sguardo. Infiorano i tizzoni, il fazzoletto che immaginiamo rosso, la croce che ha smesso di esserlo poiché la festa richiede apparati. -Siamo negri, meticci di chiaroscuro, mani sonore, fianchi agili, corpo apparecchiato all’amore. Ramati di alti attributi. VII Si compia l’offerta. Si accenda la miccia. Per aria il trabocco, il dardo per fendere il cielo. E’ molto seria la guida. Suonino i petardi. Alzino i diavoli la loro fumata.

/ altezzoso

/ dell’ira.


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VIII Bajo la enramada, para limpiar los aires, manos curtidas, aguzadas vocales de violines. Arrancó el baile. Imagínese las parejas iguales y distintas bajo un mismo signo. A nadie pareciera interesarles. Véase una María, los cuentos inasibles de sus ojos: atractiva es para el regocijo ciudadano. Tampoco a él le importará mañana. (Paréntesis) Llevamos una cámara oculta, un disfraz -manera ingenua de palpitar el corazón-. Por detrás el destino asedia. ¿Acaso eludiremos su látigo implacabile? IX Son muchas las ocultaciones. Dispares los rostros de sus máscaras. De un mismo rubio color sus barbas cabelleras barbas. Vendrá el silencio. ¿En el altar encontrará solaz el alma ayer festiva? Santísima cruz, imágenes sagradas, altas ramas, flores, tragaluz, ardidas lámparas votivas elevarán nuestro pudor al cielo, contrito el corazón.


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VIII Sotto le fronde, per nettare l’aria, mani conciate, aguzze vocali di violini. Si diede inizio al ballo. S’immaginino le copie uguali e dissonanti sotto il medesimo segno. A nessuno sembrerebbe interessare. Si veda a una Maria, le cavità imprendibili dei suoi occhi: attrattiva per la gioia cittadina. (Parentesi) Portiamo una camera nascosta, una maschera -maniera ingenua di battere il cuore-. Da dietro il destino attornia. Forse sfuggiremo dal suo nerbo implacabile?

IX Sono tanti gli occultamenti. Dispari i volti delle loro maschere. Di uno stesso biondo colore Le sue barbe capigliature barbe. Verrà il silenzio. Sull’altare troverà piacere l’anima ieri festante? Santissima croce, immagini sacre, alti rami, fiori, Lucernario Arse lampade votive solleveranno il nostro pudore verso il cielo, contrito il cuore.


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X La hilandera tiene los hojos por dentro. Su madeja es blanca como los socorros del perdón. Cordero de Dios. Su gloria está en las manos de tejer. Así de sencilla es su vida. Su vida está en las manos de tallar. Así de sencilla es su gloria. XI Esos brazos enjutos, esas magruras de manos por años palparon secretos de la arcilla. Terso es su contorno. Un signo alumbra su perfil. XII Ni un lamento. El árbol sin sombra, todo verdor. -Las rejas me separan del mundo. No lo quiera mi abrigo. ¿Podrán acaso con mi llama de ensoñación primera atada a la madera y al cabo que ella quema? XIII Los dedos sobadores anudan, ascienden, pulsan, desanudan: la mueca se escurre por la cara. El dolor hinca sus raíces.


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X La filatrice ha gli occhi in dentro. la sua matassa è bianca come gli soccorsi del perdono. Agnello di Dio. La sua gloria è nelle mani che tessono. Così semplice la sua vita. La sua vita nei fili della trama e dell'ordito. Così semplice la sua gloria. XI Quelle braccia magre, quelle asciuttezze di mani per molti anni palparono i segreti dell’argilla. Terso è il suo contorno. Un segno ravviva il suo profilo. XII Neppure un lamento. L’albero senz’ombra, tutto verde. -Le inferriate mi separano dal mondo. Non lo voglia il mio cappotto. Potranno forse con la mia fiamma di chimera primordiale legata al legno e dopo che si accende? XIII Dita massaggiatrici annodano, s’innalzano, pulsano, si sciolgono. La smorfia scivola dal volto. Il dolore affonda le sue radici.


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Ningún lamento. La luz doró sus sienes. De surco en surco la frente. Mediodía de luz sus cabellos. Su aventura es ese afán. ¡Con qué simpatía| ¡Cuánta nieve ha caído! Mirada franca, soberana. XIV Con el amanecer llegaron a la plaza. Cargados de granos y de flores. ¿Cuánto pesa el ardor de nuestras vidas? Anca, aparejo y silla entroncan con el brazo de labor cumplida. La pupila derrama esparcimientos. Pocas veces la ventura es cotidiana. XV Frescura de melaza en la estancia. Él la vierte. Ella crea su ribera, su cuerpo de moza cobriza y deslumbrante. Toda dulzura su magma, su intimidad / flotante. Punza. Hurga. Manosea. El chimó irradia, aroma, cristaliza.


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Non c'è lamento. La luce dorò le sue tempie. Di solco in solco la fronte. Mezzodì di luce i suoi capelli. La sua vicissitudine è quell'anelito. Con quale simpatia! Quanta neve è caduta! Sguardo franco sovrano. XIV Con l’alba sono arrivati alla piazza. Carichi di grani e di fiori. Quanto pesa l’ardore delle nostre vite? Anca, apparecchio e sedia, si congiungono con il braccio di un lavoro già fatto. La pupilla versa sparpagliamenti. Poche volte la fortuna è quotidiana. XV Freschezza di melassa nella tenuta. Lui la sparge. Lei crea la sua riva, il suo corpo di giovane donna ramata e splendente. Tutta dolcezza il suo magma, la sua intimità. / galleggiante. Punge. Fruga. Sfrega. Il chimò 45 irradia, aroma, cristallizza.

Pasta di estratto di tabacco cotto e sale di urau, che assaporano gli abitanti della Cordigliera Occidentale del Venezuela portandolo alla bocca. 45


111

XVI Altas son las hogueras. Judas arde. Pronto serán cenizas los trapos de su cuerpo. Polvo nuestros huesos consumidos. XVII La eternidad vela nuestro asombro.


112

XVI Alti sono i roghi. Giuda arde.46 Presto diverranno cenere gli stracci del suo corpo. Polvere le nostre ossa consunte. XVII L’eternità vigila sulla nostra meraviglia.

Tradizione religiosa popolare venezuelana che consiste nella costruzione di un pupazzo che rappresenta la figura dell’apostolo Giuda e che viene bruciato in piazza il giorno di Pasqua. 46


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EFRAIN HURTADO

el animal47 A veces me derriba un gran vértigo. A medianoche me veo deshauciado en los espejos, el monstruo me abandona a una muerte atroz. Para olvidarme, ambulo por lugares muy quietos o me voy por años a otros poblados, para olvidarme, aunque soy la víctima de siempre, mi cómplice más cruel.

Efrain Hurtado, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 47


114

L’animale A volte mi atterra una grande vertigine. A mezzanotte mi vedo spacciato negli specchi, Il mostro mi abbandona a una morte atroce. Per dimenticare, me ne vado per luoghi molto quieti, o mi allontana per qualche anno in altri paesi, per dimenticare, anche se sono la vittima di sempre, il mio complice più crudele.


115

FRANCISCO PÉREZ PERDOMO

Somos las máscaras48 Maldigo esta lengua incapaz de murmurarte al oído la palabra evidente Aparte de la economía o derroche del lenguaje toda lengua a la hora precisa pierde el control de sus propias palabras Es la hora en que desde las profundidades ascienden los monstruos dominantes Y por más singular que se afirme todo lenguaje propio en suma carece de propiedades Sólo somos las máscaras en donde resuenan las desaparecidas voces de antaño.

Francisco Pérez Perdomo, in Miranda, Julio E. (a cura di), Antología histórica de la poesía venezolana del siglo XX, 1907-1996, Universidad de Puerto Rico, 2001. 48


116

Siamo le maschere Maledico questa lingua incapace di sussurrarti all'orecchio la parola evidente Oltre che la sobrietà la dissipazione del linguaggio ogni lingua al momento esatto perde il controllo delle sue stesse parole E' l'ora in cui dalle viscere salgono i mostri dominanti e nonostante si affermi in modo singolare ogni loro linguaggio insomma manca di proprietà Solo siamo le maschere in cui risuonano le voci disperse del tempo che fu.


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Para escapar49 Para escapar al pánico de las noches y la incriminación de los vocablos me acuesto me levanto mis pasos resuenan como una fiebre minuciosamente ordenada en el laberinto de las calles me extravío en los barrios apartados Pero el acoso de las voces me sigue como una balada fatal De nada han servido mis arrodillamientos mis silbidos y mis brazos en jarras y estos hojos tan tristes y escamados deslizándose bajo la luna y las bombillas eléctricas hasta una hora tan impropiamente avanzada Sobresale en particular una voz enconada voz anonadante una voz muy estridente que repta como un cáncer por las capas cerebrales En las aceras y sobre las basura que levanta el viento me rindo a mis fantasmas

49

Ibidem.


118

Per scappare Per scappare dal panico delle notti e dall'incriminazione dei vocaboli mi corico mi levo i miei passi riecheggiano come una febbre scrupolosamente ordinata nel labirinto delle strade mi perdo nei quartieri acquattati. Ma il fiato sul collo delle voci m'insegue come una ballata fatale. A nulla son serviti i miei inginocchiamenti i miei sibili e le mie braccia nelle brocche e questi occhi così tristi e squamati scivolano sotto la luna e le lampadine fino a un'ora così impropriamente avanzata Spicca in particolare una voce esasperata una voce che strabilia una voce assai stridente che striscia come un cancro per gli strati del cervello. Nei marciapiedi e sopra il pattume che innalza il vento mi arrendo davanti ai miei fantasmi.


119

m50 Mi mujer y yo nos estiramos y sacamos la cabeza de la urna del sueño sin recursos de magia Y puestos ya en la superficie seguimos aquella larga conversación sin causa que nos lleva en su flujo y nos duerme de nuevo hasta que vuelve el diálogo y se para en medio de nosotros dos a manera de un tercer personaje y nuevamente nos arrastra igual y nos hunde de pronto y nuevamente nos rescata y así…

Francisco Pérez Perdomo, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 50


120

m Mia moglie e io ci stiracchiamo e tiriamo fuori la testa dall’urna del sonno senza ricorrere alla magia E una volta che siamo in superficie proseguiamo con quella lunga conversazione senza scopo che ci trasporta nel suo flusso e ci addormenta di nuovo fino a quando non rispunta il dialogo e si ferma in mezzo a noi due come un terzo personaggio e di nuovo ci trascina uguale e d’un tratto ci sprofonda e di nuovo ci redime e così …


121

Una soledad 51 No, no era un ser humano, era algo incorpóreo, un espectro sostenido por su congoja, un grito más allá del dolor, unos hojos huecos detenidos en la absorta reflexión de la muerte, una forma olvidada de otra forma, sin peso y sin edad y a horcajadas sobre una tierra seca y neutra, sobre una calle como bestia leprosa que olfateara entre los aires podredumbre, no, era más que un quejido, eso, tal vez una soledad inmune a los límites del tiempo y sonando en una extraña dimensión.

Una solitudine No, non era un essere umano, era un che d'incorporeo, uno spettro tenuto in piedi dalla sua angoscia, un grido al di là del dolore, alcuni occhi cavi inchiodati all'assorta riflessione della morte, una forma dimenticata di un'altra forma, senza peso e senza età e a cavalcioni sopra una terra arida e neutra, su una strada come bestia lebbrosa che annusa nell'aria il putridume, no, era più di un lamento, questo, forse una solitudine immune ai limiti del tempo, che risuona in una dimensione inconsueta. Francisco Pérez Perdomo, in Miranda, Julio E. (a cura di), Antología histórica de la poesía venezolana del siglo XX, 1907-1996, cit. 51


122

cl 52 Creciendo, creciendo, desalojando espacio, me desplazaba hacia la superficie. Tenía el hábito de la autoestructuración feroz y del análisis. El desplome de ciertas partes (evoco ahora las piernas) me trasladaba de ese conocimiento frío y cerebral a un sentimiento nostálgico. El último recuerdo personal se instaló no sé por cuánto tiempo en los escombros de mi brazo.

cl Crescendo, crescendo sgomberando lo spazio, mi muovevo verso la superficie. Avevo l’abito dell’autostrutturazione feroce e dell’analisi. Il crollo di certe parti (evoco ora le gambe) mi distaccavo da quella conoscenza fredda e celebrale a un sentimento nostalgico. L’ultimo ricordo personale si è insediato non so per quanto tempo tra le macerie del mio braccio.

52

Francisco Pérez Perdomo, Joven poesía venezolana, nn.6/7, Valencia, 1972.


123

Fig. 6


124

Fig. 7


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GUILLERMO SUCRE

SINO GESTOS 53 plume solitaire éperdue MALLARMÉ

Las notas que tomo en mi memoria y luego olvido o traslado torpemente, desasistido ya de ese relámpago que enardecía mi infancia, las veo llenarme de ruinas, frases que no logro hilvanar con hechizo, y así se deslizan, discurren con crueldad. Lo extraño: su tenaz compañía, los gestos, los sueños que hacen nacer en mí y las furias, las cóleras que en mí sepultan. Para decirlo todo: añaden no la confusión sino el espejo transparente del fracaso. Donde me miro y reconozco mi rostro.

Guillermo Sucre, in Juan Gustavo Cobo Borda, Antología de la poesía hispanoamericana, México, Fondo de Cultura Económica, 1985. 53


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SOLO GESTI

plume solitaire èperdue MALLARMÉ Le note che mi entrano nella memoria e dopo dimentico o metto da altra parte crudelmente, abbandonato ormai da quel lampo che accendeva la mia infanzia, le vedo colmarsi di rovine, frasi che non riesco a imperniare con un sortilegio, e così scivolano discorrono con crudeltà. La stranezza: la loro tenace compagna, i gesti, i sogni, che fanno nascere in me e le furie, le collere che in me sotterrano. A dirla tutta: aggiungono non la confusione bensì lo specchio trasparente della disfatta. Dove mi osservo e riconosco il mio viso.


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a igual podredumbre condenados el poema la mano que lo escribe y la que lo borra la mirada que lo sigue y la que lo rechaza el que lo sueña solamente el que además lo inventa


128

a eguale putridume condannati la poesia la mano che la scrive e quella che la cancella lo sguardo che la segue e quello che la rinnega quello che la sogna soltanto colui che inoltre la inventa.


129

EL ÚNICO ESPLENDOR54 Escribir algo tormentoso y deslumbrante El recuerdo de aquel paraje me hace ser humilde Como el sol declinábamos hacia el poniente Recorriendo alucinados territorios En el espejo del verano la herrumbrada Extesión de un planeta Entre vegas jardines pastizales Figuramos una desconocida primavera Pero en aquel paraje apareció el único Solitario esplendor El clima estallaba en los araguaneyes Otro fuego nunca fue más dorado La soledad el silencio la inmensidad Forjaban allí su cólera Como decir su paciencia No eran pátinas sino bruscas Resplandecientes espadas del tiempo No hubo más sol en ese soleado atardecer Ni más cielo Cetrería inmortal aún vuelan en la memoria Aquellas aves de oro Dama de cuerpo blanco cuando de la cascada del baño sales desnuda (oh delgada) te veo destilando transparencia la penumbra asciende y florece en la frescura de tus piernas las secas las arqueas las alargas piedras lisas en medio del Manacal allí resbalo me baña la felicidad no quiero que te cubras

54

Ibidem.


130

L’UNICO SPLENDORE Scrivere qualcosa di torrenziale e abbagliante Il ricordo di quel luogo mi fa umile Come il sole declinavamo verso ponente Traversando regioni allucinate Nello specchio dell'estate l'arrugginita Estensione di un pianeta Tra lande giardini pascoli Ci figuriamo un' ignota primavera Ma in quel posto apparve un unico Isolato splendore Il clima erompeva tra gli araguaneyes55 Altro fuoco non fu mai più indorato La solitudine il silenzio l'immensità Forgiavano lì la loro collera Come a dire la loro pazienza Non erano patine bensì aspre Rifulgenti spade del tempo Non c'è stato altro sole in quell'assolato imbrunire Né altro firmamento Falconeria imperitura ancora si librano nella memoria Quegli uccelli d'oro Dama dal corpo bianco quando dalla cascata del bagno esci nuda (oh esile) ti osservo stillando chiarezza la penombra sale e sboccia nella frescura delle tue gambe le asciughi, le inarchi le allunghi pietre lisce in mezzo al Manacal56 lì scivolo m'irrora la felicità non voglio che tu ti copra Albero della zona torrida venezuelana. Il suo nome scientifico è tecoma spectabilis, dal legno molto duro e immarcescibile. 56 Da Manaca, nome volgare con il quale si indica una specie di palma il cui nome scientifico è euturpe oleracea. Il Manacal è il luogo dove abbondano le manacas. 55


131

te ríes con un fulgor triste en tus ojos sacudes tu pelo largo todavía empapado helechos del mediodía me besas sabes (me dices) que soy bello (“mi bello”) me abrazas (como me abrasa tu frescor) “tú bella” me llevas en tus brazos me vistes y vamos a jugar al patio (otra vez) bajo el parral rodeados por la pasión del calor Ya uno sólo tiene derecho a muy pocas cosas Sé o algo me lo hace saber que no puedo hablar de la felicidad Abandoné mi casa y no he vuelto a ella la cubrirán ahora las hiedras y en aquel traspatio ni fuego ni mano que lo encienda algún día la borrarán las lluvias y no estaré allí para levantarla de nuevo (qué nos hace partir y cómo podemos partir) Cómo entonces siquiera mencionar esa palabra que necesita del amparo de una fidelidad para ser real Pero sé o creo saber que la felicidad existe justamente allí donde no existe que mantener el calor de su presencia prepara (si) no su destello su limpidez Así pues no puedo hablar de la felicidad pero puedo callarme en ella recorrer su silencio la vasta memoria de no haberla tenido.


132

tu ridi con uno sfolgorio cupo negli occhi scuoti i capelli lunghi ancora impregnati felci del mezzogiorno grava il sopire mi baci sai (mi dici) che sono bello (“mio caro”) mi abbracci (come mi accende la tua ombra) “tu bella” mi porti alle tue braccia mi vesti e andiamo a giocare nel cortile (di nuovo) sotto la pergola serrati nella passione dell'afa Ormai uno ha diritto a pochissime cose So o qualcosa me lo fa sapere che non posso discutere della felicità Ho lasciato la mia casa e non ci sono più tornato la ricopriranno ora le edere e in quel cortile di dietro né fuoco né mano che lo accenda qualche giorno la cancelleranno le piogge e non sarò lì per ricostruirla di nuovo (cosa ci fa partire e come possiamo partire) Come fare a meno di menzionare quella parola che necessita di una fedeltà per essere reale Però so o credo di sapere che la felicità esiste proprio lì dove non esiste che mantenere il calore della sua presenza prepara (se) non il suo bagliore la sua chiarezza Così dunque non posso parlare della felicità ma posso placarmi in lei percorrere il suo silenzio l'ampia memoria di non averla posseduta.


133

La felicidad ahora me doy cuenta no es el tema de un discurso sino el discurso mismo un discurso que siempre se aparta de su tema o que después de haber sido escrito descubre discurre que debe ser escrito de nuevo la ciudad de mi infancia, ha borrado las fronteras, los confines. A veces, en la inminencia del clima, se destronan las grandes lluvias: nos sobrecoge entonces un silencio, anterior y distinto al silencio de estos muros. Nadie que fulgure vive aquí su destello, sino su abismo; cada ser engendra su distancia, su reflejo. Sin cólera tal vez, aislados de paciencia, interrogamos a la noche; su temible imperio pesa como un destino, pero nada amanece que no sea la faz monótona de otro día.


134

La felicità ora me ne rendo conto non è il tema di un discorso che di continuo si allontana dal suo tema o che dopo essere stato scritto svela desume che debba essere riscritto la città della mia infanzia, ha estinto le frontiere, i confini. A volte, nell’imminenza del clima, si detronizzano le grandi piogge: allora ci investe il silenzio, anteriore e diverso dal silenzio di questi muri. Nessuno che risplenda vive qui il suo bagliore, bensì il suo abisso; ogni essere partorisce la sua distanza, il suo riflesso. Senza rabbia forse, isolati di pazienza, interroghiamo la notte; il suo impero temibile pesa come un destino, ma nulla fa spuntare il giorno se non l’aspetto monotono del giorno che segue.


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estamos solos en medio de la tierra 57 Estamos solos en medio de la tierra, en la gestación del verano; ausentes, precipitados, como los días, en el desierto del tiempo. El viento que se levanta del Oeste y estremece la ciudad de mi infancia, ha borrado las fronteras, los confines. A veces, en la inminencia del clima, se destronan las grandes lluvias: nos sobrecoge entonces un silencio, anterior y distinto al silencio de estos muros. Nadie que fulgure vive aquí su destello, sino su abismo; cada ser enegendra su distancia, su reflejo. Sin cólera tal vez, aislados de paciencia, interrogamos a la noche: su temible imperio pesa como un destino, pero nada amancece que no sea la faz monótona de otro día.

Guillermo Sucre, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 57


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siamo soli in mezzo alla terra Siamo soli in mezzo alla terra, nella gestazione dell’estate; assenti, precipitati, come i giorni, nel deserto del tempo. Il vento che si leva da Occidente e scuote la città della mia infanzia, ha dissolto le frontiere, i limiti. A volte nell’imminenza del clima si detronizzano le grandi piogge: allora ci coglie un silenzio, anteriore e diverso dal silenzio di queste mura. Nessuno che sfolgora, vive qui il suo chiarore, ma il suo precipizio; ogni essere partorisce la sua distanza, il suo riverbero. Forse senza collera, isolati di pazienza, interroghiamo la notte: il suo temibile impero pesa come un destino, ma nulla si desta che non sia la faccia monotona del giorno che segue.


137

JESÚS SANOJA HERNÁNDEZ

Dios, es de día, vengo58 Dios no existe en lunes, desenvuelto sobre tierra en tono tierno o abriendo los quejidos del veneno. Dios oculto en su cuchillo y dejando una tinta siena sobre el buey tirado en la sábana, comedor del cielo. Dios que vino a bordo y púsose a oler pasionarias y a escalar muros y a darle vueltas y más vueltas a la casa. Dios mate, Dios que quiso besarte cuando dormías y decirte eres flor, eres sigilo, carga, desamparo. Dios a quien, si lo sorprendo, habrá de hincarse y pedirme perdón y explicarme llagas de los mártires, Dios que prosigue en el ser, pero que atonta. Dios como un sombrero sobre el grito de todo el mundo. Dios y su alfiler, Dios, es de día, vengo.

Jesús Sanoja Hernández, La mágica enfermedad y otros poemas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, Caracas, 1997. 58


138

Dio, è giorno, vado Dio non esiste di lunedì, srotolato sulla terra teneramente o schiudendo gemiti di veleno Dio nascosto nel suo coltello e lasciando un inchiostro ocra sul bue sbalzato sul lenzuolo, mensa del cielo. Dio che è salito a bordo e si è messo a odorare la passiflora e a scalare le mura e a girare sempre di più intorno alla casa. Dio mate, che ha voluto baciarti mentre dormivi e dirti sei un fiore, sei un sigillo, una carica, un abbandono. Dio colui che se lo sorprendo, si dovrà inginocchiare e chiedermi perdono e spiegarmi le piaghe dei martiri, Dio che prosegue nell'essere, ma che istupidisce. Dio come un sombrero sull'urlo di tutto il mondo. Dio e la sua spilla, Dio, è giorno, vado.


139

Máquinas de ahora59 Va naciendo temor en el engranaje, el no de la pausa, y perdiéndose la esperanza de vencer, el sí de la pelea, tragaluz en el candado, herraje en las ciudades, posibilidad trunca en cada cuarto. En un hermoso abrazo el escogido felicita al héroe Y éste se conturba; porque le falta tiempo, porque no puede visitar a su madre, porque junta sueldos y vive en ínfima condición, filtrado por el miedo. A punto de que lo consideren abatido, brinda y exalta y va sentándose con el segundo, con el quinto, y canta como si fuera día de fiesta y en su voz no hay limadura, ni afrenta, ni violencia. Adentro está la máquina. Exaspera. Y por más que él se balance a la derecha, algo lo inclina a la izquierda, y la substancia se hace hiladiza y el aceite se sobrepasa en lo profundo. Allí está la fábrica sacando azules enlatados y amores con tuercas y rígidos maniquíes de pasión. Allí los mecanismos dando saltos salvajes en frascos con mapas de lujuria, en paraísos con serpientes de cien hojas. Y el héroe no alcanza el cielo, lo agarran manos, pinzas, hierros de amplia boca: y así goza, no tanto a solas como fecundado por multitudes que aman con piezas voladoras.

59

Ibidem.


140

Le macchine di adesso Va nascendo il terrore dell'ingranaggio, il no della pausa, e perdendosi la speranza di vincere, il sì della lotta, il lucernario nel lucchetto, ferrature nelle città, possibilità tronca in ogni stanza. In un superbo abbraccio il prescelto ossequia l'eroe e questo si conturba; perché gli manca il tempo, poiché non può visitare sua madre, perché racimola il salario e vive in una condizione infima, filtrato dalla paura. Al punto che lo reputano abbattuto, brinda ed esulta e va sedendosi con il secondo, con il quinto, e canta come se fosse un giorno di festa e nella sua voce non c'è limatura, né affronto, né furia. Dentro c'è la macchina. Esaspera. E per quanto si bilanci a destra, qualcosa lo inclina alla sinistra, e la sussistenza si fa sfilacciata e l'olio sopravanza nella profondità. Là si trova la fabbrica producendo azzurri inscatolati e amori con bulloni e rigidi manichini di passioni. Lì ci sono meccanismi che spiccano salti selvaggi in barattoli con coperchi di lussuria, in paradisi con serpenti di cento foglie. E l'eroe non perviene al cielo, lo agguantano mani, pinze, ferri dall'ampia bocca: e così gode, non tanto da solo come fecondato dalle moltitudini che amano con pezzi volanti.


141

JOSÉ BARROETA

todos han muerto60 Todos han muerto. La última vez que visité el pueblo Eglé me consolaba y estaba segura como yo, de que habían muerto todos. Me acostumbré a la idea de saberlos callados bajo la tierra. Al comienzo me pareció duro entender que mi abuela no me trae canastos de higo y se aburre debajo del mármol. En el invierno me tocaba visitar con los demás muchachos el bosque ruinoso, sacar pequeños peces del río y tomar, escuchando, un buen trago. No recuerdo con exactitud Cuándo empezaron a morir. Asistía a las ceremonias y me gustaba Colocar flores en la tierra recién removida. Todos han muerto. La última vez que visité el pueblo Eglé me esperaba dijo que tenía ojeras de abandonado y le sonreí con la beatitud de quien asiste a un pueblo donde la muerte va llevándose todo. Hace ya mucho tiempo que no voy al poblado No sé si Eglé siguió la tradición de morir o aún espera. José Barroeta, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 60


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tutti sono morti Tutti sono morti. L’ultima volta che ho visitato il paese Eglé mi consolava ed era sicura, come me, che fossero morti tutti. Mi avvezzai all’idea di saperli in silenzio Sotto terra. All’inizio mi fu difficile abituarmi all’idea che mia nonna non mi portasse più i cesti di fichi e si annoia sotto il marmo. D’inverno Mi toccava visitare assieme agli altri ragazzi Il bosco in rovina, tirar fuori dal fiume piccoli pesci e bere, ascoltando, un bel sorso. Non ricordo precisamente quando cominciarono a morire. Presenziavo le cerimonie e mi piaceva disporre i fiori sulla terra appena rimossa. Tutti sono morti. L’ultima volta che ho visitato il paese Eglé mi aspettava disse che avevo le occhiaie da negletto e le sorrisi con l'estasi di chi assiste a un paese dove la morte si porta via tutto. E’ da ormai molto tempo che non vado al villaggio. Non so se Eglé ha continuato con la tradizione di morire o se ancora attende.


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Fig. 8


144

Fig. 9


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JUAN CALZADILLA Oruga 61 Prácticamente estoy obligado a arrastrarme para realizar, como si se tratara de una proeza, hasta la más insignificante de mis maniobras. Mi deslizamiento, empero, es demasiado lento y, encima, se ve que a cada momento es interrumpido por un se má fo ro

Escalera hacia el olvido62 Jerarquizar la memoria atendiendo a los niveles de olvido que nos van alejando en sentido descendiente de ella y conforme a la distancia establecida de mayor a menor por cada uno de sus peldaños.

Juan Calzadilla, Fragmentos para un magma, Caracas, Ministerio de la Cultura, Conac, Artes Visuales, 2005. 62 Ibidem. 61


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Bruco In pratica sono obbligato a strisciare per realizzare, come se si trattasse di una prodezza, fino alla più insignificante delle mie movenze. Il mio scivolìo tuttavia è troppo lento e per giunta, si vede che ogni momento è interrotto da un se ma fo ro

Scala verso l'oblio Gerarchizzare la memoria considerando i livelli della dimenticanza che ci vanno allontanando in senso discendente da lei secondo la distanza stabilita di maggiore e minore da cias cuno dei suoi gradini


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Ran ura63 Entre lo que te propones y lo que puedes hacer hay un gran abismo no lo vas a salvar sal tando de orilla a orilla

Puñal64 Me hacen culpable como si yo Hubiera elegido ser el que soy y como si por haber elegido ser el que soy fuera culpable de haber hecho lo que he hecho. Pretenden ignorar que todo esto fue desde un comienzo una coartada de la provi den cia

Consejo aeronáutico65 Más seguro que volar es caminar. Pero, si puedes, arrástrate.

Ibidem. Ibidem. 65 Ibidem. 63 64


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Fes sura Tra ciò che ti proponi e ciò che puoi fare c'è un grande abisso non lo vai a superare sal tando da una sponda all'altra.

Pugnale

Mi rendono colpevole come se io avessi scelto di essere quello che sono e come se per aver scelto di essere quello che sono fossi colpevole di aver fatto quello che ho fatto pretendendo di ignorare che tutto questo è stato dall'inizio un alibi della provvi iden za

Consiglio aeronautico Più sicuro che volare è camminare, ma, se puoi, striscia.


149

Espiral 66

Fig. 10 Una forma en espiral cuya circonvolución ensanchándose en torno a un centro fijo, avanzando más y más, pone en marcha sin prisa una línea de palabras que permite estructurar – hasta donde lo permiten las palabras – la firma volu(n)ta(d) con que se desplaza este caracol.

Una forma a spirale la cui circonvoluzione dispiegandosi intorno a un centro fisso, avanzando sempre di più, mette in moto senza fretta una linea di parole che consente di articolare – fino al punto in cui lo concedono le parole – la ferma volo(n)t(à) con cui si sposta questa lumaca.

66

Ibidem.


150

POEMA67 POEMA CON FORMA DE TRIANGULO POEMA CON FORMA DE TRAINGU POEMA CON FORMA DE TRIAN POEMA CON FORMA DE TRI POEMA CON FORMA DE T POEMA CON FORMA DE POEMA CON FORMA POEMA CON FOR POEMA CON POEMA C POEMA POE P

67

Ibidem.


151

Legítima defensa68 Mi seguridad termina puertas adentro del ojo del otro Mi odio se diversifica como una red que tiene por eje el núcleo de la tormenta No procedo más que en la legítima defensa de lo que no soy Se me permite situarme en un sitio estratégico de mi cuerpo para vigilarme mejor Mis movimientos son tuyos, ciudad Me habitas cruelmente hostigas mi éxodo orientas mis pasos hacia los estados de postración Armas mis equilibrios con frágiles varas que el fuego alimenta.

Juan Calzadilla, in J. Calzadilla, Israel. O. Oropeza, D. González, El Techo de la Ballena. Antología 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2008. 68


152

Legittima difesa

La mia sicurezza termina alla soglia di casa dell'occhio dell'altro Il mio odio si distingue come una rete che ha per asso il nucleo della tempesta Non procedo oltre che alla legittima difesa di ciò che non sono Se mi si concede di stare in un angolo cruciale del mio corpo per sorvegliarmi meglio I miei movimenti sono tuoi, città mi abiti crudelmente il mio esodo molesti orienti i miei passi verso stati di abbattimento Armi il mio equilibrio con fragili verghe che il fuoco alimenta.


153

Esperando salvación69 Los números ceros atraviesan las paredes de los cráneos limpios de conciencia se internan por el ojo de los funcionarios a quienes atormenta la manía de contar que padecen en silencio sus miopías con sus trajes limpios mientras sueñan despiadadamente en sus aulas comunes sin olvidar sus desvelos de padres múltiples ni su avidez de contar todo lo que está al alcance de sus manos agachándose al recibir la orden cuando por distracción algún número solitario cae al suelo para recogerlo y extenderlo de nuevo sobre la mesa igual que a un hueso de ballena que necesita de una exacta comprobación Allí mismo comienzan a sobrar ceros cifras humillantes que enloquecen al encargado de poner fuego a los billetes de banco sucios arrugados billetes sin dueño que derrite la carnicería de esta llama infamante y ya no hay ceniza en los dientes sino boletos de tren que después de todo se transforman en partidas de defunción en nuestra sociedad de excluidos se ha producido un excedente increíble de ceros a la izquierda los funcionarios no saben qué hacer con sus esqueletos retorcidos como hierro viejo bajo las tormentas de papel sus esqueletos aguardando salvación sus esqueletos demasiado grandes donde ya no caben que no saben qué hacer con su desmedida sed de lucro y su celo ni qué hacer con el tamaño de todas sus desdichas Sus cadáveres exageradamente grandes donde caben todos los difuntos

69

Ibidem.


154

In attesa di salvazione I numeri zero passano attraverso le pareti dei crani lindi di coscienza s'addentrano attraverso l'occhio dei funzionari la cui tortura è la smania di contare che patiscono in silenzio le loro miopie con le loro vesti pulite mentre sognano crudelmente nelle loro gabbie comuni senza scordare le loro insonnie di padri plurimi nella loro avidità di contare tutto quello che per loro è a portata di mano chinandosi a ricevere l'ordine quando per disattenzione qualche numero solitario cade al suolo per raccattarlo e stenderlo di nuovo sul tavolo come se fosse l'osso della balena che bisogna di un preciso accertamento lì stesso iniziano ad avanzare zeri cifre avvilenti che fanno impazzire l'addetto ad appiccare fuoco alle banconote impiastricciati spiegazzati bigliettoni senza possessore che scioglie il macello di questa fiamma obbrobriosa e nei denti con c'è più cenere ma biglietti del treno che in conclusione si tramutano in certificati di morte nella nostra società di esclusi si è prodotta un'eccedenza pazzesca di zeri a sinistra i burocrati non sanno che fare con i loro scheletri ritorti come ferro vecchio sotto i subbugli di carta i loro scheletri che indugiano in attesa di un affrancamento i loro scheletri troppo grandi dove già non entrano che non sanno come agire con la loro smisurata sete di lucro e il loro zelo né cosa fare con la mole di tutte le loro sciagure i loro cadaveri smodatamente grandi dove vanno tutti ad addentrarsi i morti.


155

El invisible sale de casa70 Una vez que se toma el sombrero, la despedida es cosa inevitabile Entonces el invisible sale de casa ¿Volverá? las palabras se juegan la vida, se cruzan acertijos como cartas que otra vez son espadas y así termina el último acto, pistola en mano, pero no antes de que los invitados lleguen trayendo flores con esos ademanes discretos que preceden a la noche de bodas y aun con la gota de vino que salpica sus ojos y aun al mismo féretro que muy pronto se ha cansado de esperar, que ya a nadie mete miedo pues necesita más espacio para respirar, más hormigas que obliguen su paso y los amigos deben volver, han vuelto, ya están en casa sentados con el cuello de la camisa más brillante que mortaja o caminando de puntillas para no hacerse notar, andando de esa manera distinguida que no oculta el brillo de los zapatos detrás de la mesa de comer, mas alguien debe hacer el resto cuando el pesado traje se queda sin cuerpo colgando como res muerta en los ganchos de carnicería cuando falta recoger los vasos rotos, poner la cabeza en grandes negocios, hacer las cuentas del entierro llenar nuevamente las tazas de café que propagan un amable ruido de platos por toda la casa y que piden dar las buenas noches como a inquilino molestoso sin olvidar esa flor en el ojal que de pronto asusta más que al muerto despacio, despacio puesto que la tierra necesita de alimento y suponemos que todo lo que hagan con ese cuerpo ajeno harán luego con el tuyo para conformidad de los asistentes otra vez ese cuerpo enganchado en la noche que no sabría leer su suerte en la hoja que come un bachaco, eso mismo que te preocupa mientras ladra tu cabeza y echas más azúcar en el café arrojando con tu pala tanta tierra, tanta tierra fría sobre el montón que sobresale alegremente como si se acabara de decorar el arbolito y después te callas, te dan por muerto y después te tienes que sentar, guardando un silencio conveniente y apagan la luces y no te mueves y sientes 70

Ibidem.


156

L'invisibile esce di casa

Una volta che si piglia il cappello, il commiato è cosa inevitabile allora l'invisibile esce di casa. Ricomparirà? Le parole si giocano la vita, si scambiano rompicapi come carte che ancora sono spade e così termina l'ultimo atto, pistola alla mano, ma non prima che gli invitati arrivino recando con sé fiori con quei gesti discreti che precedono la notte delle nozze e finanche con la goccia di vino che sprizza i loro occhi e perfino lo stesso feretro che in fretta stancato si è di aspettare e che ormai più a nessuno mette strizza giacché necessita di più spazio per respirare, più formiche che impegnino il loro passo e gli amici devono tornare, sono tornati, già stanno in casa seduti con il collo della camicia più terso di un sudario o avanzando in punta di piedi in quella maniera così distinta che non cela il [nitore delle scarpe dietro il tavolo, ma qualcuno deve compiere il resto quando il vestito pesante langue senza corpo appeso come un bue trapassato ai ganci della macelleria quando bisogna raccogliere i bicchieri rotti, infilare la testa nei grossi affari, fare i conti col sepolcro riempire di nuovo le tazze del caffè che propagano un frastuono placido di piatti per tutta la casa che chiedono di dare la buonanotte come un inquilino irritante senza scordare quel fiore all'occhiello che lesto impaurisce più del morto piano piano perché la terra abbisogna di sostentamento e presumiamo che tutto quel che compiamo con quel corpo alieno lo faranno in secondo luogo con il tuo per conformità dei presenti di nuovo corpo agganciato alla notte che non saprebbe leggere la sua sorte nella foglia che divora un formicone lo stesso che ti turba mentre abbaia la tua testa e ci aggiunga altro zucchero al caffè sbalzando tanta terra con la pala, tanta terra gelida sul cumulo che sporge beatamente come se si completasse di decorare l'alberello e dopo ti ammutolisci, ti spacciano per morto e dopo ti devi sedere osservando un silenzio conveniente e spengono le luci e non ti muovi e senti


157

bajo tus párpados crecer los pelos del difunto cavando en tu frente como un agua lustral; y después estamos sobre la alfombra en esa postura intransigente que molesta como cuerda demasiado ceñida a una garganta Si regresas al otro día mucho tiempo se habrá ido en la amapola seca: las sillas colocadas reflexivamente ante la mesa donde se jugaba anoche una partida, tu retrato que se pudre sin que se altere el rostro teje la araña lo que se desteje en el reloj, mucho tiempo violento marcado por el vuelo de la mariposa negra en el cuarto mucho tiempo que no se sabe si ha pasado realmente por tu rostro o por el lomo del caballo que otro amo con su ojo engorda plácidamente, un día desfigurado por las lluvias en que las hormigas cargan la hoja de tabaco.


158

sotto le tue palpebre crescere i peli del deceduto scavandoti sulla fronte come un'acqua lustrale; e dopo giaciamo sul tappeto in quella postura ostinata che infastidisce come corda troppo stretta a una gola Se torni il giorno dopo molto tempo sarà andato via dal papavero secco: le sedie disposte in modo accorto intorno al tavolo dove ieri sera si giocava una partita, il ritratto tuo che marcisce senza che se ne alteri il volto tesse la ragnatela quello che si distesse dell'orologio, molto tempo crudele impresso dal volo della farfalla nera nella camera molto tempo che non si sa se è trascorso realmente sul tuo viso o sul dorso del cavallo che un altro padrone con il suo occhio impingua sereno un giorno sfigurato dalle piogge in cui le formiche caricano la foglia del tabacco.


159

Sobre el derecho a enloquecer71 Decía Pessoa que enloquecer es un derecho natural. Lo que no me parece natural es que el que enloquezca por derecho proprio no llegue a estar consciente de su locura que pueda dar uso de tal derecho para recobrar la razón. Por eso, debemos estar siempre listos para enloquecer. Eso garantiza que la locura no nos coja por sorpresa ni se convierta en decepción para todos los que esperaban de ti una cordura larga y bien remunerada. Y a tiempo completo.

71

Juan Calzadilla, in Arteliteral. Escritura venezolana hoy. URL del sito: www.arteliteral.com


160

Sul diritto a impazzire Pessoa ha detto che impazzire è un diritto naturale. Quello che naturale non mi sembra è che chi perde il senno per diritto proprio non giunge a essere consapevole della sua pazzia che può far uso di tal diritto per recuperare il discernimento. Per questo, dobbiamo sempre stare attenti a impazzire. Ciò ci assicura che la pazzia non ci colga di sorpresa né si converta in delusione per tutti quelli che speravano da te un buonsenso ampio e ben corrisposto. E a tempo pieno.

Fig. 11


161

Asilo en otro cuerpo72 Mi cuerpo es el lugar donde momentáneamente he encontrado asilo. Lo que más temo en este nuevo estado es que pueda ser víctima de una orden de desocupación y que entonces no tenga yo otro cuerpo a donde ir. A menos que me asignen cupo en un galpón del cielo.

Paradoja del circunloco73 Yo estoy bastante satisfecho de que pueda hablarme a mí mismo y de que, además, pueda ser oído por alguien que como yo es de mi entera confianza. Y que me presta tanta tanta atención como la que yo a mí mismo me presto.

Derecho a réplica74 Cuando la naturaleza respeta tu vida y te salva por un tris en el momento en que estás a punto de perecer es porque ya se habrá arrebatado a otro. La naturaleza no suelta prendas. Pero cuando es a ti a quien, en una segunda vuelta, la arrebata, es porque sabe que no tienes derecho a replica. Ni más alternativa.

Ibidem. Juan Calzadilla, in Revista Festival Internacional de Poesía Medellín. URL del sito: www.festivaldepoesiademedellin.org 74 Juan Calzadilla, in Arteliteral, cit. 72 73


162

Asilo in un altro corpo Il mio corpo è il luogo dove momentaneamente ho trovato asilo. Quello che temo di più in questo nuovo stato è che possa esser vittima di un avviso di sfratto e che in tal caso non abbia io un altro corpo dove andarmene. A meno che mi assegnino un posto sotto il tendone del firmamento.

Paradosso del circumpazzo Sono abbastanza soddisfatto di poter parlare a me stesso e anche di poter essere sentito da qualcuno che come me è di mia completa confidenza. E che mi presta tanta tanta attenzione come quella che io presto a me stesso.

Diritto di replica Quando la natura rispetta la tua vita e ti salva in un battibaleno nel momento in cui stai per cessare di vivere è perché se l'è presa già da qualcuno. La natura non molla l’osso. Ma quando ti becca una seconda volta te l'afferra, è perché sa che non hai diritto di replica. Né più alternativa.


163

Asuntos de economía metafísica75 -

¿Qué buscabas en los semblantes perdidos entre los cuerpos de la multitud?

-

Alguien que, porque nunca existió, no ha desaparecido. O a alguien que, porque no estaba desaparecido, nunca existió o a nadie.

Estética de bolsillo76 Si todo está permitido, nada es imprevisible. Por tanto, no hay secreto, no hay misterio, no hay enigma, no hay originalidad. Apenas un catálogo a la mano.

Las puertas del espacio77 No escribo sobre aquello que pasa por mi cabeza. Más bien escribo sobre aquello por lo que mi cabeza pasa. Vivo solo, enterrado en mi cuerpo. Yo soy mi universo y mi solo firmamento. A veces desde afuera una corriente de aire entra cuando se abre la puerta y un montón de cosas viene a instalarse en mi mesa. ¡Cuánto desearía yo que como la puerta mi cabeza pudiera abrirse siempre! Pero, ay, esto ocurre sólo algunas veces.

Juan Calzadilla, in Fernando Sabido Sánchez, Poetas Siglo XXI – Antología de Poesía Mundial. URL del sito: poetassigloveintiuno.blogspot.it 76 Juan Calzadilla, in Arteliteral, cit. 77 Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, Revista de Literatura Hispánica, cit. 75


164

Assunti di economia metafisica -

Che vai cercando nei visi dispersi dentro le spoglie di una moltitudine?

-

Qualcuno che, poiché mai è esistito, non è sparito. O qualcuno che, giacché non era scomparso, mai è esistito o nessuno.

Estetica della tasca Se tutto è permesso, nulla è imprevedibile. Quindi, non c'è segreto, non c'è mistero, non c’è enigma, non c’è novità Solo un catalogo a portata di mano.

La porta dello spazio Non scrivo su quello che passa per la mia testa. Ma piuttosto sopra quello che per la mia testa passa. Vivo isolato, sotterrato nel mio corpo. E sono il mio universo e il mio solo firmamento. A volte da fuori una corrente d'aria entra quando si apre la porta e un cumulo di cose s'impianta sul mio tavolo. Come vorrei che simile alla porta la mia testa potesse sempre schiudersi! Ma questo, mannaggia, succede solo talvolta.


165

¿Por qué tengo yo que ir más aprisa? 78 A través de la ventanilla del automóvil observo los muros, las casas, las calles, los árboles, los pastos, los cultivos, los baldíos, que ante mí también pasan raudos a la misma velocidad a que yo paso pero en dirección contraria, como si entre la naturaleza y yo se estableciera una pugna para decidir quién se despide y quién se queda. ¡Oh, de ningún modo pretendo ni quiero permanecer fijo! Mi movilidad es lo que hace que viva. Es, así pues, mi carta de triunfo. Pero ¿por qué tengo yo que ir más aprisa y dar cuenta de los frutos de mi rápida incursión en esta vida, de las ganancias y pérdidas que en el trayecto hice? En realidad yo a donde quiero ir es hasta donde mi viaje termine No hasta donde ustedes quieren que yo rápidamente vaya haciéndome creer que con esto me ahorran más dolores y penas y que la partida y el final son igualmente fatales. En realidad, como les digo, yo lo que quiero es que me dejen llegar a donde mi meta se acabe, tranquilo, sin que sienta pena por no haberme ocupado de hacer el balance de ganancias y pérdidas, subido a mí mismo, sí, y apenas tan rápido como me lo permiten mis cuatro extremidades.

Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, Revista de Literatura Hispánica, nn. 49-50, primavera-otoño, Rhode Island, 1999. 78


166

Perché devo correre così in fretta? Attraverso il finestrino dell'auto osservo muri, case, strade, alberi, pascoli, campi, terre incolte, che davanti a me ancora sfilano rapidi alla stessa velocità in cui passo ma in direzione opposta, come se tra me e la natura s'istituisse una lotta per decidere chi si congeda e chi resta. Oh, in nessuna maniera pretendo, né voglio restare inchiodato! Il mio dinamismo mi tiene in vita, dunque questo è il mio asso nella manica. Ma perché io devo andare più in fretta e rendere conto dei frutti della mia rapida incursione in questa vita, di ricavi e perdite che lungo il tragitto ho prodotto? In realtà dove voglio andare e fino a dove il mio viaggio ha termine Non fino a dove voi volete che io vada di corsa portandomi a credere che con questo mi dispensiate più dolori e strazi e che la partita e il finale siano allo stesso modo fatali. In realtà, come io vi dico, ciò che voglio è che mi consentiate di giungere dove la mia meta è compiuta, quieto, in pace senza che mi vergogni di non essermi occupato di stilare un bilancio di ricavi e perdite, salitomi in groppa, e appena così repentino come me lo consentono le mie quattro estremità.


167

Itaca: escrito en el álbum de Emily79 Es más fácil llegar para el que está dentro que para el que viene de afuera. No es menester que avance andando lentamente o a la carrera, que sepa la dirección o que la averigüe. Ni que dé muestra de estar llegando, liviano o exhausto, a campo traviesa, por avenidas, bosques o encrucijadas. No importa el medio de transporte, lento o acelerado, ni la velocidad a que hace el camino ni el paso de las horas. Bien enterado del sitio, no necesitará cruzar la calle ni abrir la puerta para informar, como Ulises, que ha llegado. Y para que, dentro, en el hogar estén junto a él convocados, al calor del fuego, unos brazos, una mirada, unos labios. Bastará que esté en su casa para saber en ese mismo momento que sin necesidad de venir de afuera ya ha llegado ya ha llegado.

79

Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, cit.


168

Itaca: scritto nell’album di Emily E' più facile arrivare per chi sta dentro che per chi viene da fuori. Non è necessario che avanzi camminando lentamente o di corsa, che sappia l'indirizzo o che lo stia cercando. Neppure che mostri di stare arrivando, leggero o affaticato, traverso i campi, i viali, i boschi, o gli incroci. Non importa il mezzo di trasporto, lento o accelerato, né la velocità con cui fai il sentiero, né il trascorrere delle ore. Ben informato del luogo, non ci sarà bisogno di attraversare la strada né aprire la porta per avvisare, come Ulisse, che è arrivato. E perché, dentro, nel focolare, siano radunati insieme a lui al calore del fuoco, delle braci, uno sguardo, delle labbra. E' sufficiente che sia in casa per sapere in quel preciso istante senza bisogno di venire da fuori che già è arrivato, che già è arrivato.


169

No tengo excusas para explicar porque no soy otro80 No tengo palabras no tengo excusas por no haber llegado a tiempo para decir la verdad ni por haber nacido en otro país No tengo motivos de vida especiales No tengo tres manos cien pies nueve bocas siete puñales Lamentablemente no tengo conversación No sé con qué frases hechas puedo calmar la furia de mi doble No tengo tesoro alguno oculto bajo la piedra del espíritu No tengo en mi propio cuerpo una escalera para subir posiciones sobrenaturales No poseo más que la materia inconfundible de lo que nunca ha podido levantar vuelo no tengo inconvenientes en declararme vencido en hacerme el muerto No tengo excedentes de culpas que puedan aminorar la velocidad de mi caída No tengo piel inasible No tengo por cierto disposición para los diálogos duraderos.

80

Juan Calzadilla, in Giovani poeti sudamericani, Torino, Einaudi, 1972.


170

Non ho parole per spiegare perché non sono un altro Non ho parole, non ho giustificazioni per non essere arrivato a tempo a dire la verità né per non essere nato in un altro paese Non ho motivi di vita speciali Non ho tre mani cento piedi nove bocche sette pugnali Malauguratamente non ho dialogo Non so con quali frasi fatte posso domare la furia del mio doppio Non ho alcun tesoro sotto la pietra dello spirito Non ho nel mio corpo una scala per innalzarmi a posizioni soprannaturali Non posseggo altro che la materia inconfondibile da cui mai ho potuto levarmi in volo Non ho complicanze a dichiararmi vinto a fare il morto Non ho eccessi di colpa che possano ridurre la rapidità della mia caduta Non ho pelle inafferrabile Non ho di certo disposizione per i dialoghi durevoli.


171

Con malos modales81 Con malos modales soy tu apariencia interna y externa, tu verdadero ser, tu virus, tu extrema unción, el caníbal en que me convierto sin esperar mucho tiempo en los parques lustrosos me envilezco sin ninguna razón me envilezco por nada, me envilezco más pronto que el odio que actúa bajo el efecto del ácido corrosivo hago de tu traje mi mejor máscara te muestro una rosa dentro de un Volcán bebo para ejercitar mi tino en la escama de la boa en fin encuentro que me tardo, que he perdido mis días, que no hay diferencia entre la potencia y el deseo, entre el deseo y el acto, entre el acto y el crimen huyo de mis antepasados, los encuentro en todas partes en los volúmenes de historia en mis camisas en el barniz de la mesa y en la mesa misma en los paréntesis de lóbulos abiertos, en las carnicerías, en los perros de presa en los ramos de flores en la página 4.

Juan Calzadilla, in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6 Caltanissetta – Roma, Salvatore Sciascia Editore, Settembre-Dicembre 1965. 81


172

Con cattive maniere Con cattive maniere sono la tua apparenza interna ed esterna, il tuo vero essere, il tuo virus, la tua estrema unzione, il cannibale in cui mi converto senza attendere molto tempo in parchi risplendenti mi avvilisco senza nessuna ragione mi avvilisco per nulla, mi avvilisco più lesto dell'odio che agisce sotto l'effetto dell'acido corrosivo faccio del mio abito la mia maschera migliore ti mostro una rosa dentro un Vulcano bevo per esercitare il mio tatto nella squama del boa infine mi accorgo che ci spendo tanto, che ho smarrito i miei giorni, che differenza non c'è tra potenza e desiderio, tra il desiderio e l'atto, tra l'atto e il crimine fuggo dai miei avi, li trovo da tutte le parti nei tomi di storia nelle mie camicie nella vernice del tavolo e nel tavolo stesso nelle parentesi dei lobi aperti, nelle macellerie, nei cani da caccia nei rami dei fiori a pagina 4.


173

Los métodos necesarios82 Las costumbres han hecho de mí un ser abominable impaciente, aguardo todo el día como un funcionario privado del sueño a quien se le obliga a permanecer amarrado eternamente en su silla el empresario ha cubierto el suelo con un paraguas ha hecho del mundo el lugar apto para un crimen he reducido increíblemente a los hombres al tamaño de una bala más valdría hacer algo, te digo dispararlos, remover los scombros para buscar una salida olvidar todo propósito inconcebible y constituir la felicidad a cualquier precio y del modo más inmediato con tablas de toda ley de todo naufragio de toda ferocidad para tener sobre qué morir el día venidero y adaptar esta muerte a un fin necesario hecho a su propia medida reducir la dicha a términos humanos como mueble que entra por casa de pobre y crearla en nombre de todos por todos los medios que estén a la vista por los medios lícitos o ilícitos por medio del bien y por medio del mal utilizando todos los métodos, los métodos pacíficos y los métodos bélicos por los métodos más violentos incluyendo el suicidio.

Juan Calzadilla, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, Departamento de Literatura de la U.C., Valencia (Venezuela), mayoagosto, 1972. 82


174

I modi necessari Le abitudini hanno fatto di me un essere abominevole smanioso aspetto il giorno come un funzionario privato del sonno a cui è imposto di rimanere legato in eterno su una seggiola l'impresario ha coperto il cielo con un ombrello ha reso il mondo un luogo acconcio al misfatto ha ridotto per assurdo gli uomini alla dimensione di un proiettile, sarebbe meglio far qualcosa, ti dico di sparargli, sgombrare le macerie per trovare un'uscita, dimenticare proponimento impensabile e costruire la felicità a qualsiasi prezzo e alla maniera più diretta con le tavole di ogni legge di ogni naufragio di ogni efferatezza per avere qualcosa su cui perire il giorno appresso e conformare questa morte a un fine necessario fatto su misura ridurre la felicità in termini umani come un mobile che entra attraverso la casa di un povero e plasmarla in nome di tutti con tutti i mezzi che sono in vista con i mezzi leciti e illeciti mediante il bene e mediante il male adoperando tutti i metodi, i metodi pacifici e i metodi di guerra traverso i metodi più efferati compreso il suicidio.


175

Andamio sin alas83 “Agárrese de la brocha y deme la escalera”. Eso me dijeron que hiciera, durante tantísimos años. Y junto con decirlo pasaban a la demostración. ¿Y cómo tubiera podido darles la escalera estando yo subido en ella, en el más alto de los peldaños? Por eso mis caídas fueron fatales pues ni siquiera tuve tiempo de pintar unas alas para, cual Icaro, agarrarme a ellas .

Impalcature senza ali “Afferri il pennello e mi dia la scala”. Mi hanno detto di farlo, per tantissimi anni. E dicendolo passavano alla prova. E come avrei potuto dare la scala standoci io sopra, nel più alto dei suoi gradini? Per questo mi sono state fatali perché neppure ho avuto il tempo di pitturare delle ali per, come Icaro, afferrarmi a queste.

Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, Revista de Literatura Hispánica, cit. 83


176

Fig. 12


177

JUAN SÁNCHEZ PELÁEZ Filiación oscura84 No es el acto secular de extraer candela frotando una piedra. No. Para comenzar una historia verídica es necesario atraer en sucesiva ordenación de ideas las ánimas, el purgatorio y el infierno. Después, el anhelo humano corre el señalado albur. Después, uno sabe lo que ha de venir o lo ignora. Después, si la historia es triste acaece la nostalgia. Hablamos del cine mudo. No hay antes ni después; ni acto secular ni historia verídica. Una piedra con un nombre o ninguno. Eso es todo. Uno sabe lo que sigue. Si finge es sereno. Sin duda, caviloso. En la mayoría de los casos, uno no sabe nada. Hay vivos que deletrean, hay vivos que hablan tuteándose y hay muertos que nos tutean, pero uno no sabe nada. En la mayoría de los casos, uno no sabe nada.

Juan Sánchez Peláez, in Juan Gustavo Cobo Borda, Antología de la poesía hispanoamericana, México, Fondo de Cultura Económica, 1985. 84


178

Filiazione oscura Non è l'atto secolare di estrarre fuoco strofinando una pietra. No. Per iniziare una storia autentica è necessario attrarre in ordine successivo di idee le anime, il purgatorio e l'inferno. Dopo, l'anelito umano corre verso il destino segnato. Dopo, uno sa ciò che è da venire o l'ignora. Dopo, se la storia è triste subentra la nostalgia. Parliamo del cinema muto. Non c'è prima né poi; né atto secolare né storia autentica. Una pietra con un nome o nessuno. Questo è quanto. Uno sa quel che cerca. Se finge è sereno. Se tentenna, contorto. Nella maggior parte dei casi, uno non ne sa nulla. Ci sono vivi che scandiscono, ci sono vivi che parlano dandosi del tu e ci sono morti che ci danno del tu, ma uno non ne sa niente. Nella maggior parte dei casi uno non ne sa niente.


179

Mi padre partió una tarde a España85 Antes de partir, me dijo: Hijo mío, sigue la vía recta, Tú tienes títulos. En esta época tan cruel No padecerás. Por dicha experiencia de años anteriores Van y vienen voces ligadas a ti, Padre. Y me basta ahora y siempre El salvoconducto de tu sangre Mi partida de nacimiento con las inscripciones dúctiles Del otro reino. Ahora te digo: No tengo títulos Tiemblo cada vez que me abrazan Aún No cuelgo en la carnicería. Y ésta es mi réplica (Para ti): Un sentimento diáfano de amor Una hermosa carta que no envío.

85

Ibidem.


180

Mio padre partì un pomeriggio per la Spagna Prima di partire, mi disse: Figlio mio, segui la retta via, Tu hai titoli. In quest’epoca così spietata Non soffrirai. Riguardo a cose già dette in tempi passati Vanno e vengono voci che ti riguardano Padre. E mi basta ora e per sempre Il salvacondotto del tuo sangue Il mio atto di nascita con le iscrizioni duttili Dell'altro regno. Ora ti dico: Non ho titoli Tremo ogni volta che mi abbracciano Ancora Non sono appeso nella macelleria. E questa è la mia risposta (Per te): Un sentimento diafano d'amore Una bella lettera che non spedisco.


181

Y todas las chimeneas nostálgicas86 Y todo el pajarillo de existir Y todo el verde ribazo marítimo (En las bahías el zumbido de una flor) Y todo cómplice Preciso Creciente Y uno exclama Y se envanece Al margen De rodillas en el país.

86

Ibidem.


182

E tutti i camini nostalgici E tutto questo spappagallare sull’esistenza e tutta la verde ripa del mare (e nelle baie il ronzio di un fiore) E tutto complice Preciso. Crescente E uno esclama E si monta la testa al margine Prostrato nel paese.


183

LUIS ALBERTO CRESPO Espejismos87 De qué aguas las tejas el largo sobre nosotros El paso del lino por las manos, el paño mojándonos O más de noche, en lo último Y las palabras de agua con que hablábamos y los relámpagos entre los dientes, por última vez

Entre nosostros el áspero La puerta, su marca en las manos, llaves perdidas Esta, la otra, su polvo El día, en el reloj, igual de noche De cuarto en cuarto, caminos cerrados Hablando como tierra Palabras de quedarse, de irse, pero, adentro, más adentro

87

Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, Caracas, Monte Ávila Editores, 1977.


184

Miraggi88 Di che acque le tegole la lunghezza su di noi Il passo del lino sulle mani, il panno impregnandoci O ancora più notte in ultimo E le parole d'acqua con le quali parlavamo e i lampi tra i denti, per l'ultima volta

Tra di noi l'aspro La porta, la sua impronta nelle mani, chiavi perdute Questa l'altra, la sua polvere Il giorno, nell'orologio, pari alla notte Di stanza in stanza, strade serrate, Parlando come terra Parole per restare, per andare, ma dentro, più addentro.

88

Luis alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.


185

Me doy con amargura Me doy con amargura donde dice Aregue Y me arde aquel sucio como una herida Digo palabras con cabras El viento apura todo Sólo el crujido del monte es como ser.

Mi riconsegno all'amarezza89 Mi riconsegno all'amarezza dove dice Aregue90 E mi brucia quello sporco come una ferita Scambio parole con le capre Il vento affretta tutto Solo lo scricchiolo dell’erbaccia è come essere.

Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit. Villaggio che si trova nei pressi della città di Carora, capitale del municipio Torres dello stato Lara. Fondato nel 1616 dal governatore della provincia del Venezuela, Francisco de la Hoz Berrio. 89 90


186

Fig. 13


187

Mucha luz91 Hice fundos con cachos de ganado en lo último del solar. A golpes los saqué de las vacas muertas del matadero. Venía de la escuela, el bulto de piedras atrás, y me miré en los espejos del recibo, debajo del sombrero de hacendado. Ordeñaba con unos potes amarillos y embrollé el algodón de mi abuela al abrirme la mano buscando entre los peroles una res perdida. De los albañales salieron los gatos recién paridos y se bebieron la leche de agua de mi fundo. Mi hermanito estaba detrás de los pilares. Para espantarlo, le di en la frente. Se le perdió la cara. Me dejaron encerrado con los bichos de la despensa. Vi cuando tiraron mi fundo a la basura, asomado a la rendija, como un perro.

91

Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.


188

Molta luce Ho creato un fondo con le corna del bestiame nella fetta recondita della casa. A colpi gliel'ho estratto dalle mucche morte del mattatoio. Giungevo dalla scuola, uno zaino tirato a tracolla come un macigno, e mi sono guardato negli specchi della sala, sotto il cappello del latifondista. Mungeva con vasetti gialli e ho intricato il cotone della nonna mentre aprivo la mano cercando tra i barattoli una bestia smarrita. Dalle fogne sono usciti i gatti nati che è poco e hanno bevuto il latte d'acqua del mio fondo. Mio fratello stava dietro i pilastri. Per impaurirlo, lo centrai sulla fronte. Gli sparì la faccia. Mi han rinchiuso con gli insetti delle dispense. E ho visto quando han gettato il mio fondo nell’immondizia, affacciato alla grata, come un cane.


189

Señales92 Vengo de lugares ásperos, de sitios quemados hasta lo último, hasta los palos de la luz. El día no siguió en la parte de hojas Donde estuve hundido, en las puyas de la quebrada. Grande, la mitad oscuro, el camino me va a dejar baboso, rayado. ¡Quién cantara La canción que hace correr a los duendes! Esos señores me siguen y mueven cerros para perderme. Desde mi casa me llaman. Hasta en el humo de la comida. Allá, sobre unos terrones, me esperarán con un rejo.

El temblor93 Cuando vinieron los temblores y la gente se mudó para la calles, los zaguanes; aquel aguacero de dos días y las matas rotas, tu familia tenía las camas, los chinchorros enfrente. Estaba tapada con sábanas, con cobertores. Vi cuando te echaron la colcha Y la amarraron en las puntas de la cama, cuando te levantaste, embatada, muy tarde y escuché tu bulla, en los nísperos.

92 93

Ibidem. Ibidem.


190

Segnali Vengo da luoghi asprigni, da posti bruciati del tutto, persino i pali della luce. Il giorno non andò avanti dalla parte delle foglie dove me ne stavo affondato, nei pungoli del torrente. Grande, la metà oscura, il cammino mi lascerà bavoso, raschiato. Chi canterebbe la canzone che fa correre gli gnomi! Quei signori mi tallonano e smuovono le montagne per smarrirmi. Dalla mia casa mi chiamano. Fino al vapore del cibo. Là, sopra alcune zolle, mi attenderanno con una spranga.

Il terremoto Quando son giunti i terremoti e la gente sfollò per strada negli atri; quell'acquazzone di due giorni e le piante spezzate, la tua famiglia aveva i letti, le amache, di fronte. Era protetta con le lenzuola, con le sovraccoperte. Ho visto quando ti hanno gettato la trapunta e l'hanno legata alle punte del letto, quando ti sei alzata con la vestaglia, molto tardi e ho ascoltato il tuo strepito, tra i nespoli.


191

Mi cama, un carro de mula con aquella sábana amarrada a los copetes; y tú de venida, sin tocar el suelo, ese bulto, esa mujer que te volviste, se perdió en el corredor y no volvió más.

El oro94

Los encandilados que fuimos. Nadas tantas veces, sin volver al patio. Sin la sombra, sobra la carta, la sequedad Agarrados a los techos distintos y no así, pálidos, sin aparecer, tocados de ceniza.

94

Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.


192

Il mio letto, un carro di mula con quel lenzuolo legato alle strisce; e tu che venivi, senza lambire il suolo, quel fardello, quella donna che sei diventata, si è persa nel corridoio e non è tornata.

L’oro

Gli abbagliati che fummo Nuoti tante volte, senza tornare dal cortile Senza l'ombra, avanza la faccia, la siccità Aggrappati ai tetti diversi e non così, pallidi, senza apparire, cosparsi di cenere.


193

LUIS CAMILO GUEVARA

diablo de verdún95 Es el final de la calle y ni siquiera hay rosas la candela brinca de un lugar a otro Nadie osa mirar ni las rejas ni los portones abiertos ¿Para qué se hicieron esas telarañas esos ventanales esos jardines y esas intensas amapolas al aire? Anda conmigo sombra de los vendavales y condúceme condúceme pronto a la mansión donde retienes mi otra parte inmortal

Luis Camilo Vergara, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 95


194

diavolo di verdun Qui finisce la strada e nemmeno ci sono le rose il fuoco saltella da un posto all’altro nessuno osa guardare né le inferriate né i portoni aperti Perché sono state fatte quelle ragnatele quei finestroni quei giardini quegli intensi papaveri per aria? Vieni con me Ombra dei venti e portami presto alla dimora dove trattieni la mia altra parte immortale


195

LUIS GARCÍA MORALES

ciertos instantes96 A pesar de los errores del tiempo, a pesar del tiempo que ordena y desordena la vida persiguiendo idéntico fin, hoy es marzo detrás de esas paredes azules, hoy es marzo alrededor de esa llama que brota en los suburbios. A pesar de la carne que se esfuma en el tiempo y del tiempo que levanta sus ruinas mezclando los placeres a la súplica hay un árbol que no da sombra sino luz, hay un océano sin término cuyo oleaje es la luz, hay una palabra en la tiniebla y la tiniebla es luz. Te esperaba. He aguardado entre semejantes y la semejanza con el otoño fue llegar y partir, regresar y partir como un río invisible que el tiempo arrastra. Y he visto las ciudades cambiar su mercadería en la sombra, envejecer los puertos, el agua sonando sus náufragos contra las rocas, los seres cada vez más iguales al viento. No esperaba este delirio de casas ahogadas ardiendo No esperaba estos perros aullando en la bahía detrás de silbidos que nadie oye. Y el fuego duerme en la penumbra, la nieve entre las rosas, la huella de los peces y el rastro de las aves se esfuman en los mismos corredores de invierno.

Luis García Morales, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 96


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certi istanti Nonostante gli errori del tempo, nonostante il tempo che combina e scombina la vita. Inseguendo un medesimo fine, oggi è marzo dietro a quelle pareti azzurre, oggi è marzo intorno a quella fiamma che sboccia tra i borghi. Nonostante la carne che si dilegua nel tempo e del tempo che leva le sue rovine mischiando i piaceri alla supplica c’è un albero che non fa ombra ma luce, c’è un oceano senza fine, il cui ondeggiare è la luce, c’è una parola nella tenebra e la tenebra è luce. Ti aspettavo. Ho atteso tra simili e la similitudine con l’autunno è stata arrivare e partire, tornare e partire come un fiume invisibile che il tempo trascina. E ho visto le città mutare la loro mercanzie nell’ombra, degradare i porti, l’acqua che rievoca col suono suoi naufraghi tra le rocce, gli esseri sempre simili al vento. Non mi aspettavo questo delirio di case affogate mentre bruciano Non mi aspettavo questi cani ululanti nella baia dietro ai fischi che nessuno ascolta. E il fuoco dorme nella penombra, la neve tra le rose, l’impronta dei pesci e la traccia degli uccelli si dileguano negli stessi corridoi d’inverno.


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MIYÓ VESTRINI

deja que el periódico resbale bajo el brazo97 Deja que el periódico resbale bajo el brazo, para ganar tiempo, recogerlo, buscar la llave, entrar, evitar el sofá roto y los platos sucios, mientras en el otro extremo de la ciudad, pese al brusco estupor que lo asalta, el hombre está a punto de despertarse. No podías entonces, Giovanna, sino guardar silencio en la oscuridad recordando lo leído en la revista, como una historia confusa y extraña, de un hombre que había muerto en el sur.

Miyo Vestrini, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 97


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fa’ che il giornale scivoli sotto il braccio Fa’ che il giornale scivoli sotto il braccio, per guadagnare tempo raccattarlo, cercare la chiave, entrare, evitare il divano rotto e i piatti sporchi, mentre dall’altra parte della città, nonostante il busco stupore che lo assale, l’uomo è quasi per svegliarsi. Allora non potevi, Giovanna, se non tacere nell’oscurità ricordando quanto letto sulla rivista, come una storia confusa e strana, di un uomo che era morto a sud.


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Fig. 14


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Fig. 15

Fig. 16


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RAFAEL CADENAS

Derrota98 Yo que no he tenido nunca un oficio que ante todo competidor me he sentido débil que perdí los mejores títulos para la vida que apenas llego a un sitio ya quiero irme (creyendo que mudarme es una solución) que he sido negado anticipatamente y ayudado de manera humillante y escarnecido por los más aptos que me arrimo a las paredes para no caer del todo que soy objeto de risa para mí mismo que creí que mi padre era eterno que he sido humillado por profesores de literatura que un día pregunté en qué podía ayudar y la respuesta fue una risotada que no podré nunca formar un hogar, ni ser brillante, ni triunfar en la vida que he sido abandonado por muchas personas porque casi no hablo que tengo vergüenza por actos que no he cometido que poco me ha faltado para echar a correr por la calle que he perdido un centro que nunca tuve que me he vuelto el hazmerreír de mucha gente por vivir en el limbo pues no encontraré nunca quien me soporte que fui preterido en aras de personas más miserables que yo que seguiré toda la vida así y que el año entrante seré muchas veces más burlado en mi ridícula ambición que estoy cansado de recibir consejos de otros más aletargados que yo («Ud. es muy quedado, avíspese, despierte») que nunca podré viajar a la India que he recibido favores sin dar nada en cambio

Rafael Cadenas, in Jole Tognelli, Gianni Toti (a cura di), “Poesia contemporanea del Venezuela”, in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6 Caltanissetta – Roma, Salvatore Sciascia Editore, Settembre-Dicembre 1965. 98


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Fallimento

Io che mai ho avuto un mestiere che davanti a ogni rivale mi son sentito fragile che ho perso i migliori attestati per la vita che appena arrivo in un luogo già voglio andarmene (credendo che mutar baracca sia una soluzione) che sono stato rifiutato anzitempo e aiutato in maniera umiliante e schermito dai più idonei che mi addosso alle pareti per non cadere del tutto che sono oggetto di sarcasmo per me stesso che ho creduto che mio padre fosse eterno che sono stato avvilito dai docenti di letteratura che un giorno ho chiesto in cosa potessi aiutare e la replica fu una risata che non ho potuto mai farmi una famiglia, né essere brillante, né esultare nella vita che sono stato mollato da molte persone perché quasi non parlo che mi vergogno degli atti che non ho commesso che poco ci mancava che mi buttassi a correre per la strada che ho perduto un centro che mai ho avuto che sono tornato ad essere lo zimbello per molta gente per annaspare nel limbo che mai incontrerò qualcuno che mi sopporti che fui escluso da persone più miserabili di me che ho passato la vita in modo tale che l’anno prossimo sarò molte volte beffato nella mia ridicola ambizione che sono stanco di ricevere consigli da altri più letargici di me («Lei è molto indietro,si dia una mossa, si svegli») che non potrò mai viaggiare in India che ho ricevuto favori senza ricambiare nulla che vado per la città da un capo all'altro come una piuma che mi lascio condurre dagli altri che non ho una personalità né voglio averla che tutto il giorno tappo la mia ribellione che non mi sono aggregato a una guerriglia


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que ando por la ciudad de un lado a otro como una pluma que me dejo llevar por los otros que no tengo personalidad ni quiero tenerla que todo el día tapo mi rebelión que no me he ido a las guerrillas que no he hecho nada por mi pueblo que no soy de las FALN y me desespero por todas estas cosas y por otras cuya enumeración sería interminable que no puedo salir de mi prisión que he sido dado de baja en todas partes por inútil que en realidad no he podido casarme ni ir a París ni tener un día sereno que me niego a reconocer los hechos que siempre babeo sobre mi historia que soy imbècil y más que imbécil de nacimiento que perdí el hilo del discurso que se ejecutaba en mí y no he podido encontrarlo que no lloro cuando siento deseos de hacerlo que llego tarde a todo que he sido arruinado por tantas marchas y contramarchas que ansío la inmovilidad perfecta y la prisa impecable que no soy lo que soy ni lo que no soy que a pesar de todo tengo un orgullo satánico aunque a ciertas horas haya sido humilde hasta igualarme a las piedras que he vivido quince años en el mismo círculo que me creí predestinado para algo fuera de lo común y nada he logrado que nunca usaré corbata que no encuentro mi cuerpo que he percibido por relámpagos mi falsedad y no he podido derribarme, barrer todo y crear de mi indolencia, mi flotación, mi extravío una frescura nueva, y obstinadamente me suicido al alcance de la mano me levantaré del suelo más ridículo todavía para seguir burlándome de los otros y de mí hasta el día del juicio final.


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che non ho fatto nulla per il mio popolo che non sono delle FALN99 e mi dispero per tutte queste cose e per altre che a enumerarle sarebbe interminabile che non posso uscire dalla mia prigione che sono stato esentato come inutile da tutti che in verità non mi sono potuto sposare né andare a Parigi né avere un giorno sereno che mi nego di riconoscere i fatti che farfuglio parole sempre sulla mia storia che sono imbecille e più che imbecille fin dalla nascita che ho perso il filo del discorso che eseguivo dentro di me e non ho potuto riprenderlo che non piango quando sento il desiderio di farlo che arrivo di continuo tardi a tutto che sono stato rovinato da tante marce e contromarce che ho bramato l’immobilità perfetta e la premura impeccabile che non sono quel che sono né quel che non sono che ciononostante ho un orgoglio satanico anche se a volte sono stato umile fino a equipararmi alle pietre che ho vissuto quindici anni nello stesso cerchio che mi sono inventato predestinato per qualcosa d’altro fuori dal comune e non ho ottenuto niente che non indosserò mai una cravatta che non trovo il mio corpo che ho percepito a sprazzi la mia ambiguità e non ho potuto abbattermi, spazzare via tutto e creare della mia indolenza, il mio stare a galla, mi sono dirottato verso un vigore nuovo, e ostinatamente mi suicido con ciò che mi è a portata di mano mi leverò dal suolo più ridicolo che mai per seguitare a sbeffeggiare gli altri me stesso fino al giorno del giudizio finale.

Sigla per Fuerzas Armadas de Liberación Nacional, braccio militare del movimento rivoluzionario venezuelano che negli anni Sessanta guidò la guerriglia contro i governi filo americani di Betancourt e di León, con l'ambizioso proposito di scatenare l'insurrezione militare per abbattere il sistema capitalista venezuelano, sostituendolo con uno Stato socialista. 99


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Fracaso100 Cuanto he tomado por victoria es sólo humo. Fracaso, lenguaje del fondo, pista de otro espacio más exigente, difíil de entreleer es su letra. Cuando ponías tu marca en mi frente, jamás pensé en el mensaje que traías, más precioso que todos los triunfos. Tu llameante rostro me ha perseguido y yo no supe que era para salvarme. Por mi bien me has regalado a los rincones, me negaste fáciles éxitos, me has quitado salidas. Era a mí a quien querías defender no otorgándome brillo. De puro amor por mí has manejado el vacío que tantas noches me ha hecho hablar afiebrado a una ausente. Por protegerme cediste el paso a otros, has hecho que una mujer prefiera a alguien más resuelto, me desplazaste de oficios suicidas. Tú siempre has venido al quite. Sí, tu cuerpo llagado, escupido, odioso, me ha recibido en mi más pura forma para entregarme a la nitidez del

Rafael Cadenas, da False Manovre (1966), in Gina Saraceni (a cura di), Un’isola e altre poesie, Roma, Edizioni Ponte Sisto, 2007. 100


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Disfatta Quel che ho considerato vittoria era fumo soltanto. Disfatta, linguaggio del fondo, pista di un altro spazio più pretenzioso, difficile spulciare tra le righe la tua lettera. Quando mettevi il tuo marchio sulla mia fronte, non ho mai pensato al messaggio che portavi più prezioso di tutti i trionfi. Il tuo fiammante viso mi ha incalzato e io non ho saputo che poteva salvarmi. Per il mio bene mi hai relegato agli angoli, mi hai negato facili successi, mi hai sottratto ogni uscita. Ero io che volevi difendere non dandomi lustro. Con sincero amore mi hai condotto il vuoto che tante notti mi ha fatto parlare nel farneticamento di una febbre a un'assente. Per proteggermi hai ceduto il passo ad altri, hai fatto sì che una donna scegliesse qualcuno più risoluto, mi hai disorientato da mansioni suicide. Tu sei sempre venuto per scansarmi. Sì, il tuo corpo piagato, da sputarci addosso, odioso, mi ha ricevuto nella mia chiara forma per consegnarmi alla nitidezza del


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desierto. Por locura te maldije, te he maltratado, blasfemé contra ti. Tú no existes. Has sido inventado por la delirante soberbia. Cuánto te debo! Me levantaste a un nuevo rango limpiándome con una esponja áspera, lanzándome a mi verdadero campo de batalla, cediéndome las armas que el triunfo abandona. Me has conducido de la mano a la única agua que me refleja. Por ti yo no conozco la angustia de representar un papel, mantenerme a la fuerza en un escalón, trepar con esfuerzos propios, reñir por jerarquías, inflarme hasta reventar. Me has hecho humilde, silencioso y rebelde. Yo no te canto por lo que eres, sino por lo que no me has dejado ser. Por no darme otra vida. Por haberme ceñido. Me has brindado sólo desnudez. Cierto que me enseñaste con dureza ¡y tú mismo traías el cauterio!, pero también me diste la alegría de no temerte. Gracias por quitarme espesor a cambio de una letra gruesa. Gracias a ti que me has privado de hinchazones.


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deserto. Per pazzia ti ho maledetto, ti ho strapazzato, ti ho bestemmiato contro. Tu non esisti. Sei stato concepito da una vaneggiante superbia. Quanto te ne sono obbligato!

Mi hai alzato a un nuovo rango strofinandomi come una spugna ruvida, scaraventandomi al mio vero campo di lotta, concedendomi le armi a cui il trionfo si piega. Mi hai condotto per mano all'unica acqua che mi rifletta. Grazie a te conosco l'angoscia di recitare una parte, mantenermi a forza su un gradino, arrampicarmi con le mie forze, lottare per le gerarchie, pomparmi fino a scoppiare. Mi hai fatto umile, silenzioso, ribelle. Non ti canto per quello che sei, ma per quello che non mi hai lasciato essere. Per non avermi offerto altro vivere. Per avermi avvinghiato. Mi hai concesso solo nudità. Certo che mi hai istruito con asprezza e tu stesso portavi al cauterio! Però oltre a ciò mi hai dato la gioia di non temerti. Grazie per avermi tolto consistenza in cambio di una scrittura fitta. Grazie a te che mi hai privato di gonfiori


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Gracias por la riqueza a que me has obligado. Gracias por construir con barro mi morada. Gracias por apartarme. Gracias.

El otro veredicto101 Tu patria, la vida no concede premios. Sólo te sostiene. Cuanto más suyo, más extranjero. Así te afianzas y dices: hay algo en lo que no puedo equivocarme: sobre mi país de origen.

3 Como quien camina según un designio que no es suyo y diseña una figura que él mismo no puede leer, hace un trayecto el que debe explicar.

Rafael Cadenas da Intemperie (1977), in Gina Saraceni (a cura di), Un’isola e altre poesie, Roma, Edizioni Ponte Sisto, 2007. 101


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Grazie per la ricchezza a cui mi hai obbligato. Grazie per aver costruito col fango la mia dimora. Grazie per avermi messo da parte. Grazie.

L’altro verdetto La tua patria, la vita non dispensa premi. Solo ti tiene su. Quanto più suo, più straniero. Così ti aggrappi e dici: c'è un che su cui non mi posso sbagliare: sul mio paese d’origine.

3 Come chi cammina secondo un disegno che non è suo e abbozza una figura che lui stesso non può intuire, compie il suo tragitto chi deve esplicitare.


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4 ¿Cómo pudo volverse tribunal de su vida (no es sino la sala donde se reúne a rumiar fallos) el que menos juzga, el que existe desde su cuerpo, el menos concluyente de los nacidos?.

5 Flacos dedos me asuelan. El cielo se estanca en mi pozo. La magia está herida. Vivo como la tierra como la tierra de donde vine, la tierra que recorrí con mi padre. Las palabras no dicen en este confín.

18 Es tan corta la distancia entre nosotros y el abismo, casi inexistente, una delgada lujuria. Basta detenerse y ahí está. Somos eso. Ni necesitamos mirarlo de cerca. Que no haya engaño. La separación nos pertenece.


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4 Come ha potuto divenire tribunale della sua vita (non è se non la sala dove si raccoglie a rimuginare sentenze) colui che meno giudica lui che esiste dal suo corpo, il meno concludente tra i nati?

5 Magre dita mi abbattono. Il cielo s'impaluda nel mio pozzo. La magia è ferita. Vivo come la terra da dove arrivo, la terra che ho attraversare con mio padre. Le parole non dicono in questo confine.

18 E' tanto corta la distanza tra di noi e il baratro, quasi insussistente, una sottile libidine. Basta arrestarsi ed è lì. Siamo quello. Non occorre che lo osserviamo da vicino. Che non ci sia un imbroglio. La separazione ci appartiene.


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20 Somos los jornaleros incansables. Cavamos, cavamos y mientras más cavamos más crece nuestra tarea. Cavamos buscando un agujero. Nuestra marca en este caminar tropezado. Estamos hasta los huesos de tinieblas.

24 Tuve que disentir, ocultarme desaparecer. Tuve que ser una disonancia. Tuve que dejarme ir a la deriva sin explicar. Tuve que esconder el rostro, volverme huidizo, callar, acallar (cuando acaso era útil una simple aclaración). Se me juzgaba con ley de hombre pero nunca fui interrogado. Todo fue por ti, y no te he visto.


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20 Siamo i braccianti infaticabili. Scaviamo, scaviamo e mentre scaviamo, si accresce di più il nostro compito. Scaviamo cercando un buco. Il nostro marchio è questo camminare incespicando. Siamo sino alle ossa di tenebre.

24 Ho dovuto dissentire, occultarmi, scomparire. Ho dovuto divenire una dissonanza. Ho dovuto lasciarmi andare, alla deriva senza esplicazioni. Ho dovuto celare il viso, diventare, fuggiasco, ammutolire, azzittire (quando forse era utile una spiegazione chiara). Mi si giudicava con leggi umane ma mai fui interrogato. Tutto è accaduto per te, e non ti ho visto.


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25 Se hunde uno, se atasca, se desoye, y vuelve a unirse. Un pantano. No es broma. Hay encallamientos peores que la ilusión. Se ahoga uno en su magno deseo y alguien lo levanta, exhausto, confundido, disperso y sin haber aprendido. Se queda uno a mitad de camino, reptando bajo el resplandor.

26 Hazte a tu nada plena. Déjala florecer. Acostúmbrate al ayuno que eres. que tu cuerpo se la aprenda.

29 Vida Arrásame, barre todo, que sólo quede la cáscara vacía, para no llenarla más, limpia, limpia sin escrúpulo y cuanto sostuviste deja caer sin guardar nada.


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25 Uno sprofonda, si arresta, si disattende e torna a ricongiungersi. Un pantano. Non è uno scherzo. Ci sono intoppi peggiori dell'illusione. Uno affoga nel suo vasto desiderio e qualcuno lo solleva, esausto, confuso, disperso e senza aver imparato. Uno resta a metà strada, strisciando sotto lo splendore.

26 Fatti al tuo nulla pieno. Lascialo fiorire. Abituati al digiuno che sei. Che il tuo corpo lo apprenda.

29 Vita sfasciami, spazza tutto, che solo rimanga la scorza vuota, per non colmarla più, pulita, tersa senza scrupolo e quanto hai sostenuto ignoralo senza conservare nulla.


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32 Que cada palabra lleve lo que dice. Que sea como el temblor que la sostiene. Que se mantenga como un latido. No he de proferir adornada falsedad ni poner tinta dudosa ni añadir brillos a lo que es. Esto me obliga a oírme. Pero estamos aquí para decir verdad. Seamos reales. Quiero exactitudes aterradoras. Tiemblo cuando creo que me falsifico. Debo llevar en peso mis palabras. Me poseen tanto como yo a ellas. Si no veo bien, dime tú, tú que me conoces, mi mentira, señálame la impostura, restrégame la estafa. Te lo agradeceré, en serio. Enloquezco por corresponderme. Sé mi ojo, espérame en la noche y divísame, escrútame, sacúdeme.


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32 Che ogni parola porti quel che dice. Che sia come il tremito che la sostiene. Che si mantenga come un palpito. Non ho da esprimere agghindata menzogna neppure da porre tinta incerta né aggiungere chiarezza a quel che c’è. Questo m'impegna ad ascoltarmi. Ma siamo qui per dire la verità. Siamo reali. Voglio esattezze terrificanti. Tremo quando suppongo di contraffarmi. Devo portare di peso le mie parole. Loro mi possiedono come io loro. Se non vedo bene, tu dimmi, tu che conosci, mia menzogna, segnalami l’impostura, strusciami l'inganno. Ti sarò grato, seriamente. Impazzisco per corrispondermi. Sii il mio occhio, aspettami nella notte e scorgimi, scrutami, sbattimi.


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Reconocimiento102 Me veo frente a este paisaje parecido al que protejo. No soy el mismo. Debo comprenderlo de una vez. He de encajar en mi molde. He acechado la aceptación súbita de mi realidad. Despedí la poesía que se cuelga en los brazos. Incendié los testimonios falaces. Adopté la forma directa. Una convergencia prospera en mí. Abandono mi caminar intrincado. Me dilato en vastedades blancas. Sirvo en silencio a un solo rey. He sentido ráfagas de otra region sin culpa. Me hago a la lentitud, al gesto consciente, al rumor del desierto.

102

Ibidem.


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Riconoscimento Mi osservo di fronte a questo paesaggio affine a quello che proteggo. Non sono lo stesso. Devo capirlo una volta per tutte. Devo adattarmi alla mia forma. Ho paventato l'accettazione repentina della mia realtà. Ho dato congedo alla poesia che mi si è appesa alle braccia, Ho incendiato i testimoni ingannevoli. Ho adottato la forma diretta. Una convergenza prospera in me. Abbandono il mio camminare intricato. Mi dilato in bianche vastità. Servo in silenzio un solo re. Ho sentito raffiche di un'altra regione senza colpa. Mi arrendo alla lentezza, al gesto cosciente, al frastuono del deserto.


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Routine103 Me fustigo. Me abro la carne. Me exhibo sobre un escenario. Allí no ofrezco el número decisivo. Devorarme ¡Mi gran milicia!, pero soy también un armador tenaz. Sé reunirme pacientemente, usando rudos métodos de ensamblaje. Conozco mil fórmulas de reparación. Reajustes, atornillamientos, tirones, las manejo todas. A golpes junto las piezas. Siempre regreso a mi tamaño natural. Me deshago, me suprimo, displicente, me borro de un plumazo y vuelvo a montar, montar al carafresca. (No se trata de rearmar un monstruo, eso es fácil, sino de devolverle a alguien las proporciones.) Planto mi casa en medio de la locuacidad. Me reconstruyo con un plomo inefable. Calma. Ya está. Entro a la horma.

103

Ibidem.


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Routine Mi fustigo. Mi lacero la carne. Mi ostento sulla scena. Lì non mostro il numero decisivo. Dilaniarmi, il mio grande reggimento! Ma sono anche un armatore tenace. So riunirmi con pazienza, usando modi rudi di assemblaggio Conosco mille formule di riparazione. Ritocchi, avvitamenti, strappi, li manovro tutti. A suon di colpi riassemblo i pezzi. Sempre ritorno alla mia dimensione normale. Mi disfaccio, mi sopprimo, cinico, mi depenno e torno e mi rimonto in un faccia tosta. (Non si tratta di riarmare un mostro, questo è facile, ma di ridare a qualcuno le proporzioni). Pianto la mia casa in mezzo alla loquacità. Mi ricostruisco con un piano ineffabile. Calma. E' fatto. Penetro nell'impronta.


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RAFAEL GUERRERO

Intento a Vallejo104 intento ir a tu palabra tan llena de nostro irme con ella por las calles. Desnudar los seres y las cosas y darles la vestidura de su estatura Americana. Sorprendo un instante de un eco suyo que resuena como anegado pleamar un poco de tu perfil. perfil peruano del perú de venezuela de cuba intento entonces en atestiguar de cada célula, de cada hueso la legalidad de su existencia. Verificar la solidez de cada paso quebrado en arcos desiguales. intento desmentir los decires de mi sangre disfrazada de decires. Las voces que de oídas engañan cada instante y que como un alcohol de mala ley enturbian la ebriedad de vida y muerte de que somos prueba. intento refugiarme en mi piel y sus arrugas, en la vastedad abrasiva de su abrazo. En su hambre de superficie que sostiene a duras penas su edad, de hambre una vez, de hambre siempre, de mi siempre. intento cegarle las pupilas a la luz para que sin paisajes la pueda conducir nuestra mirada y descubrir qué hay de nosotros en cada uno de nosotros y esculcar en la sombra para saber qué roba de nostro. intento encontrar otro párrafo. De añadirme a otro párrafo a continuación del punto final de mi ataúd.

Pablo Mora, “Rafael Guerrero, poeta venezolano descubierto en España”, in Espéculo. Revista de estudios literarios, n.20, Facultad de Ciencias de la Información, Universidad Complutense de Madrid, marzo-junio, 2002. URL del sito: http://www.ucm.es/info/especulo/numero 20/guerrero.html 104


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Intento verso Vallejo mi sforzo di tendermi alla tua parola così gonfia di noi uscire con lei per le strade. Svestire gli esseri e le cose e porgergli la veste della loro grandezza Americana. Sorprendo un istante di una sua eco che risuona come affogata alta marea un poco del tuo profilo. profilo peruviano del perù del venezuela di cuba cerco allora di attestare in ogni cellula, in ogni osso la legittimità del suo esistere. Sondare la saldezza di ogni passo interrotto in archi disuguali. cerco di smentire le voci del mio sangue mascherato di voci. Le voci che per sentito dire irretiscono ogni istante e come un liquore clandestino intorbidiscono l'ebbrezza della vita e della morte di cui siamo la verifica. cerco di rifugiarmi nella mia pelle e le sue rughe, nella vastità abrasiva del suo abbraccio. Nella sua fame di superficie che sostiene a malapena la sua età, di fame una volta, di fame di sempre, di me sempre. cerco di accecare le pupille alla luce acciocché senza paesaggi possa condurre il nostro sguardo e scoprire cosa è rimasto di noi in ciascuno di noi e scrutare nell'ombra per sapere cosa ci depreda. cerco di rinvenire un altro paragrafo. Di aggiungermi a un altro paragrafo. dopo il punto terminale della mia cassa da morto.


225

intento de camarada para denunciar lo que esté falsificado y con los metales nuestros en piezas encontradas fundir el metal de nuestro propio grito su acerada consistencia. intento intento no de llanto ni sollozo intento de borrar la pena la familia de penas abatidas intento.


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cerco da compagno di smascherare ciò che è contraffatto e con i nostri metalli raccattati dai rottami fondere il metallo del nostro grido nella sua consistenza d'acciaio. cerco cerco non di pianto né di singhiozzo cerco di espungere la pena la stirpe delle pene demolite cerco.

Fig. 17


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Oda a U.S.A. 105 United States. Testimonio 1965 Cualquier año de este siglo USA. Cohetes espaciales y negros apaleados. USA. Desgraciadamente Walt Whitman Y fósforo asesino en Viet Nam De tal manera que venimos a decirte: Déjanos en paz! Guarda tus bombas asesinas USA guarda tu mundo para USA. United States Carnicería Lava tu alma de matarife déjanos soñar no pesadillas sino sueños! Somos jóvenes Millones de jóvenes Con una novia y una canción en el recuerdo. Porque tú United States nos robas el derecho a vivir Y para recobrar lo que no pertenence ya empezamos a empuñar fusiles por culpa de tu instinto homicida! USA Vete! Lía tu fardo de miseria o te echaremos. 105

Pablo Mora, “Rafael Guerrero, poeta venezolano descubierto en España”, cit.


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Ode agli U.S.A. United States. Testimoni 1965 Qualsiasi anno di questo secolo Usa. Razzi spaziali e negri bastonati. USA. Per sfortuna Walt Whitman e il fosforo killer in Viet Nam a tal punto che ti diciamo: Lasciateci in pace! Riponi le tue bombe assassine USA riponi il mondo vostro per gli USA United States Mattatoio. Nettate la vostra anima di beccaio lasciateci sognare non turbamenti ma sogni! Siamo giovani Milioni di giovani con una fidanzata e una canzone nei ricordi. Perché voi United States ci rubate il potere di vivere E per riottenere ciò che ci appartiene stiamo già iniziando a brandire i fucili per colpa del vostro istinto omicida! USA andatevene via! Avvolgete il vostro fardello di miseria o vi sbatteremo fuori.


229

Te largaremos no vamos a permitir que sigas destruyendo nuestras vidas saqueando nuestra tierra. USA John y Jane a orilla de cualquiera de tus ríos o del mar Unidos para el amor para la vida Y al mismo instante en cualquier parte de la Unión Unidos Ku Klux Klan crucificando un hombre de color USA Sangriento tramposo inquilino de nuestra geografía que has hecho inhabitable por la ponzoña que destilas Alimaña! Eso eres USA Y así te conocemos Ni te podemos decir: USA eres un matón de siete suelas No sabes ni siquiera de la dignidad del matón Que no utiliza golpes bajos y cobardes Por eso te decimos Yanki go home Vete o te echaremos No quisiéramos que nuestras manos


230

Vi licenzieremo Non consentiremo che persistiate a distruggere le nostre vite razziando la nostra terra. USA John e Jane sulla sponda di qualsiasi dei tuoi fiumi o del mare Uniti per l'amore per la vita E allo stesso tempo in qualsiasi luogo dell'Unione Uniti Ku Klux Klan crocifiggendo un uomo di colore USA Sanguinari e impostori inquilini della nostra geografia che avete reso inospitale dal veleno che distillate Bestiacce! Quello siete USA E così vi conosciamo Nemmeno vi possiamo dire: USA siete un teppista lestofante che non vale un moccolo Non conoscete nemmeno la dignità del teppista che non fa uso di colpi bassi e vigliacchi Perciò vi diciamo Yankee go home Andatevene o vi cacceremo Non vorremmo che le nostre mani


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en vez de acariciar la vida De construir en el campo en el taller en la escuela el futuro tengan que cerrarse en un puño para golpearos!

Canto al acero106 Canto al acero del fusil materia ciclópea del arado Al metal de azuladas resonancias proletarias. Constructor de cohetes y tractores para defender el mundo conquistado. Canto al metal de ígneos resplandores que forja nuestro corazón y nuestro pensamiento. Al metal con temple de amor y barricada. Para ganar el mundo que florece solidario y terrestre en otras latitudes. Al metal de azuladas resonancias proletarias, con timbre de sudor y de combate.

106

Pablo Mora, “Rafael Guerrero, poeta venezolano descubierto en España”, cit.


232

invece di carezzare la vita Di erigere nella campagna nell'officina nella scuola il futuro si debbano chiudere in pugno per malmenarvi!

Canto l'acciaio Canto l'acciaio del fucile materia ciclopica dell'aratro Al metallo dalle azzurrognole risonanze proletarie Costruttore di razzi e trattori per difendere il mondo conquistato. Canto il metallo dagli ignei bagliori che ci forgia cuore e pensiero il metallo con tempra d'amore e di barricata. Per conquistare il mondo che fiorisce solidale e terrestre in altre latitudini. Il metallo dalle azzurrognole risonanze proletarie, con timbro di sudore e di combattimento.


233

RAMÓN PALOMARES

El Patiecito107 A Pedro Parayma Me dijo mi padre el Dr. Ángel —¿Qué haces Rómulo? —Estoy desyerbando el patiecito voy a sembrar Pero … —¿Adónde está lo que te di Rómulo? ¿De qué estás viviendo? —Bueno soy escribiente padre Escribiente —Entonces no fuiste lo que yo soñé lo que soñaste se lo llevaron las aguas Ahora sólo hay malezas malezas ¿ves? Estoy limpiando el patiecito

Ramón Palomares, in Juan Gustavo Cobo Borda, Antología de la poesía Hispanoamericana, México, Fondo de Cultura Económica, 1985. 107


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Il cortiletto A Pedro Parayma

Mi disse mio padre il Dr. Angel  Che fai Romolo?  Sto diserbando il cortiletto  voglio seminare Ma... Dov'è quello che ti ho dato Romolo? Di cosa vivi? - Beh sono scrittore, padre Scrittore  Allora non sei quello che avevo sognato  Ahimè padre quello che hai sognato l'acqua se l'è portato  Ora ci sono solo erbacce Erbacce. Vedi? Sto pulendo il cortiletto


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Abandonado108 A Vicente Gerbasi y Augusto Payares

Ay, que no tengo un patio para asolearme, que no tengo cuarto, que no tengo ni una ventana; yo que tenía tantos patios como limones, tantos naranjos, tantos zapotales; que era rico, que tenía animales en casa, que me acostaba en el café y me reía y me ponía rojo de reír y me estaba bajo las matas oliendo el monte, pero ya se me fue, ya me quedé solito, ya el sol me dijo que no. —¿Y qué vas a hacer ahora? —me dijeron los gallos—, ya nosotros nos vamos, ya te dejamos, aquí no nos vamos a estar. Voltié de la cama y miré y me dijo la cama que se iba, y quedé en el suelo y me dijo el suelo: —Me voy, y quedé en el aire y me dijo el aire: —No te sostengo, y me quedé en los naranjos y los naranjos me dijeron: —Nosotros nos vamos. Yo que tenía tanta luz, yo que me vestía con lunas y tenía la fuerza en mi nuca. Una vez me vi en las montañas como piedra encendida y tenía coraje y vigor, ay, que me metí en la niebla, que estoy apagado: —Qué se me hicieron las casitas, qué se me hicieron? Yo tenía tanto ganado que se veía 108

Ibidem.


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Abbandonato A Vicente Gerbasi y Augusto Payares

Ah, che non ho un cortile dove prendere il sole, che non ho una stanza, non ho una finestra; io che avevo tanti cortili quanto limoni, tanti aranceti, tanti sabotigli; che facoltoso ero, che avevo animali in casa, che mi coricavo all'ora del caffè e ridevo e divenivo rosso dal ridere e che stavo sdraiato sotto i cespugli odorando l'erba ma ormai tutto è finito, ormai sono rimasto solo, persino il sole mi ha detto di no.  E cosa farai ora? - mi dissero i galli ormai noi ce ne andiamo, ormai ti abbandoniamo, qui non staremo ancora. Mi sono girato nel letto e ho osservato e il letto mi ha detto che se ne andava, e sono rimasto a terra e il pavimento mi disse – Me ne vado, e sono rimasto in aria e l'aria mi disse: - Non ti sostengo, e sono rimasto negli aranceti e gli aranceti mi dissero:  Noi ce ne andiamo. Io che avevo tanta luce, io che mi vestivo con le lune e avevo il vigore nella nuca. Una volta mi sono visto sulle montagne come pietra infuocata e avevo coraggio e vigore, ah, che sono finito nella nebbia, che sono spento: - Dove sono finite le casette, dove sono andate a finire? Io possedevo tanto bestiame che si vedeva


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como un pueblo cuando llegaba, y se veían montes en el polvo y se entusiasmaban los días, y era que tenía tantas casas que cada sueño lo vivía en una y no se me acababan. Hasta que me fuera dejando y fue esa luna roja, esa piedra negra, esa rosa que me venía iluminando, iluminando.


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come un paese quando giungeva, e si vedevano le colline nella polvere e si galvanizzavano i giorni, ed era perché avevo tante case che ogni sogno lo vivevo in ciascuna e mai finivano. Fino a quando mi abbandonavo e fui quella luna rossa, questa pietra nera, quella rosa che mi andava illuminando, illuminando.

Fig. 18


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Mi padrino oye unos forasteros109 A Pancho Crespo

— ¡Encarnación!, ¡Encarnación! —dijeron de la calle—. ¡Encarnación, salga rápido que hay un muerto! —Vienen a matarte Encarnación Son ellos! Me acuerdo de mis comisiones Me acuerdo de mis deudas Por los andurriales de El Callao, San José de Guaribe, Río Negro, Barlovento… —Encarnación! Al momento dieron las doce —Encarnación salga que allá lo esperan por el muerto. “Son ellos –me dije-. Al fin vienen. Cierto Cierto…” Oímos relinchos y la inquietud de los caballos Crujían los arreos Ai nos quedamos quietos Yo en el portón Oyendo Y ellos fijos también Espera que te espera Pasaron horas de horas Nos quedamos dormidos Todavía estamos dormidos Todavía me esperan Todavía Estoy detrás del portón Oyendo…

109

Ibidem.


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Il mio padrino ascolta dei forestieri A Pancho Crespo

 Incarnazione! Incarnazione! - fecero dalla stradaIncarnazione esca subito che c'è un morto! Vengono a ucciderti Incarnazione Sono loro! Rammento i miei affari Rammento i miei debiti a casa del Diavolo, di El Callao, San Josè di Guaribe, Rio Negro, a Barlovento...  Incarnazione! Sono appena scoccate le dodici  Incarnazione esca che l'aspettano per il morto. “Sono loro-mi dissi-alla fine vengono. Certo Certo...” Ascoltiamo i nitriti e le inquietudini dei cavalli Stridono gli arnesi. Ahi siam rimasti sereni e nel portone io ad Ascoltare e anche loro fissi Ad aspettare e ad aspettare Ore e ore passarono Noi stiamo ancora a dormire Siamo rimasti a dormire Ancora mi aspettano Ancora Sono dietro al portone Ad aspettare...


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Asuntos de teatro: máscaras110 He aquí que existimos en el límite de la mentira que nuestra vida es impalpable que estas personas representadas pertenecen a un dueño de otro orden. Cumplidos cabalmente en escena ante el gran público. Así recreamos bajo los astros y acudimos a una cita en los vientos saliendo al paso de nuestras fiestas. Nuestro corazón está prestado a otros personajes murmuramos un sueño y nuestros labios no son responsables, somos bellos o nobles según la circunstancia. Nos asalta un delirio azaroso Y caemos en los escenarios bajo una voluta extraña. Y no tenemos vida, pues andamos sobre ruedas en un país desconocido cuyas flores nos interesan de manera frívola y cuyas mujeres nos aman en alcobas de falsedad. Producimos un fuego y su corazón azul crepita con más fuerza que el nuestro en tanto arden los leños a la manera de sangre. Nos permitimos ser extraños. Falsos. Llevar una emoción no sincera. Mientras andamos, desterrados de nuestro cuerpo en un interminabile paseo.

Ramón Palomares, in Hugo García Robles, Umberto Bonetti (a cura di), Giovani poeti sudamericani, Torino, Einaudi, 1972. 110


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Argomenti sul teatro: maschere Ecco che esistiamo al limite della menzogna che la nostra vita è impalpabile che queste persone rappresentate appartengono a un titolare di altra specie. Realizzati a pennello in scena davanti alla grossa platea. Così ricreiamo sotto gli astri e ci rechiamo a un appuntamento nei venti uscendo al passo delle nostre feste. Il nostro cuore è stato dato in debito ad altri personaggi sussurriamo un sogno e le nostre labbra non sono responsabili, siamo belli o nobili a seconda delle circostanze. Ci assale un delirio incerto e precipitiamo nei palcoscenici sotto una volontà estranea. E non abbiamo vita poiché andiamo su ruote in un paese ignoto i cui fiori ci allettano in maniera frivola e le cui donne ci amano in alcove di falsità. Elaboriamo un fuoco e il suo cuore blu crepita con più forza del nostro intanto arde la legna alla maniera del sangue. Ci permettiamo di essere estranei. Falsi. Rinserrare un'emozione non sincera. Mentre andiamo esiliati dal nostro corpo in un interminabile passeggio.


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Muerte111 Vas a poner tus pies en mi casa vas a dejar tu bastón vas a decir: ¡Hipa! ¿No hay gente? Me toqué la frente y me encontré como vidrio y miré mis pierna y vi dos torcaces negras en vez de piernas y me fui nadando y me encontré en una música. Yo vi antes este zaguán que le cantaban al ángel y escuché silbar por entre las cortinas y me senté y puse cuidado: escuchaba conversar, escuchaba la noche.

111

Ramón Palomares, Vuelta a casa, Caracas, Biblioteca Ayacucho, 2006.


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Morte Metterai piede a casa mia lascerai il tuo bastone dirai: Ehilà! Non c’è gente? Mi son toccato la fronte e mi ritrovai come vetro e mi guardai le gambe e vidi due colombi neri dov’erano le gambe e mi misi a nuotare e mi scoprii dentro una musica. Ho già visto prima questo cortile che gli cantavano all’angelo intesi un fischio tra le tende e mi sedetti e rimasi in attenzione: ascoltavo conversare, ascoltavo la notte.

Fig. 19


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RAMÓN QUERALES

si comenzaras un viaje112 Si comenzaras un viaje no te detendrías hasta agotar la vida en algún país parecido al otoño recibirías la vejez pero no podrías ocultar la nostalgia por las montañas de oro que enriquecieron tu piel de inigualables soles y ya próxima tu vida a agitar su último y más viejo pañuelo una cabra melancólica bailaría parada sobre tu corazón.

Ramón Querales, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit. 112


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se tu cominciassi un viaggio Se tu cominciassi un viaggio non ti fermeresti fino a esaurire la vita in qualche paese simile all’autunno riceveresti la vecchiaia ma non potresti celare la nostalgia per le montagne d’oro che accrebbero la tua pelle d’incomparabili soli e la tua vita già prossima ad agitare il suo ultimo e più logoro fazzoletto una capra malinconica belerebbe dritta sul tuo cuore.


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VÍCTOR VALERA MORA El martillo de los utópicos113 El socialismo no existe pero de que vuela vuela El capitalismo sí y hay que matarlo

Puntos sobre las iiiiii114 En este país las putas no son algunas mujeres desgraciadas por el execrable sistema En este país las putas son y han sido hombres honorables y larga es la nómina

Luciana Mc Namara, “Víctor Valera Mora: Chino de amor y revolución”, in Encontrarte, fascículo 105, edición del 16 de abril de 2014. URL del sito: http://www.encontrarte.aporrea.org/105/personaje/ 114 Ibidem. 113


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Il martello degli utopici Il socialismo non esiste ma di sicuro vola Il capitalismo sì e bisogna freddarlo

Punti sopra la iiiiiii In questo paese le puttane non sono delle donne afflitte dall'esecrabile sistema In questo paese le puttane sono e sono stati uomini d'onore e lunga è la lista


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Comienzo115 La lucha de clases. Los grandes monopolios imperialistas. Los malditos muñones de la generación del 28 que tanto daño nos han hecho. El policía del parque, los enamorados están en la posibilidad de iniciar el terrorismo. El recuerdo desde la llanura, caballo llorando sangre recomenzada. Triste cuestión. Este asunto de llevar una guitarra bajo el brazo. La libertad de morirse de hambre doblemente. Aquiles el escudero de la ternura últimamente se ha dado muy duro en el alma. Esto nos obliga a hablar el más terrible de los lenguajes. Hacer de la poesía un fusil airado, implacable hasta la hermosura. No hay otra alternativa, la caída de un combatiente popular es más dolorosa que el derrumbamiento de todas las imágenes. Cuando el pueblo tome el poder, veremos qué hacer, mientras tanto sigamos en lo nuestro.

115

Ibidem.


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Inizio La lotta di classe. I grandi monopoli imperialisti i dannati monconi della generazione del 28116 che tanto danno ci hanno fatto. La polizia del parco, c’è possibilità che gli innamorati si diano a fare i terroristi. Il ricordo dalla pianura, cavallo piangere sangue risgorgato. Lugubre circostanza. Questa faccenda di portare una chitarra sotto il braccio. La libertà di schiattare di fame doppiamente. Achille lo scudiero della tenerezza ultimamente si è picchiato duro l'anima. Questo ci impegna a parlare il più atroce dei linguaggi. Fare della poesia un fucile furente, impietoso fino alla bellezza. Non c'è altra alternativa, la caduta di un combattente popolare è più penosa del tracollo di tutte le immagini. Qualora il popolo prenda il potere, vedremo il da farsi, mentre persistiamo con il nostro operato.

Si riferisce alla generazione di poeti precedenti a quella degli anni ’60 (Guzmán Blanco), fortemente criticati dai poeti avanguardisti, perché considerati modelli che non consentivano un’evoluzione stilistica della letteratura venezuelana. 116


251

Relación para un amor llamado amanecer117 En la galaxia espiral de Andrómeda existe un florido planeta donde los ríos no ahogan el mar Donde fuego y hielo queman las contradicciones Donde no hay necesidad de regreso Donde 0 x 0 es más que el infinito Donde los puntos cardinales son más de 100 millones Norte y Lia Sur y Símbolo Espliego y Araceli Miguel y Adriana Orfeo y Atabal Cedro y Valquiria Misterio y Prodigio Neón y Asfalto Rosa Ercilia y Dionisius Antonio y Elena mis pobres padres mis pobres Virreyes de Indias Mi viaje a Europa Este y Adelfa Oeste y Clavicordio Donde todos viven en éxtasis Donde nada ni nadie es vil Donde el sol es anillo y ritual de bodas Donde somos ráfagas de luz y nos desplazamos en silbos Un planeta limpio y pulido Donde los enamorados viven en palacios flotantes Donde Dios tiene un puesto de revista mal atendido y mata el tiempo hablando del pasado con Buda y Mahoma y el Vendedor de verduras de la esquina y la gente ya los conoce y la gente cuando pasa dice “esos cuatro vagos son panita burda” Donde el hijo de Dios y los ángeles del desenfado Beben el aire de las avenidas sobre sus motos trepidantes Donde no hay academias militares ni policías ni cárceles ni monedas Donde somos sabios Donde somos Buenos Donde los últimos insidiosos escaparon por un túnel y cayeron al vacío Astro paradisíaco amado y defendido por francotiradores y poetas Donde la muerte está de capa caída Donde los hombres son gentiles Donde las mujeres son ramos de jacintos de labios y de ojos cambiantes de colores

Víctor Valera Mora, dal poemario Amanecí de Bala (1971), in Luciana Mc Namara, “Víctor Valera Mora: Chino de amor y revolución”, cit. 117


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Relazione per un amore chiamato alba Nella galassia a spirale di Andromeda esiste un florido pianeta dove i fiumi non affogano il mare Dove fuoco e gelo ardono le contraddizioni Dove non si sente la necessità di un ritorno Dove 0x0 è più che l'infinito Dove i punti cardinali sono milioni e milioni Nord e Lia Sud e Simbolo Espliego e Araceli Miguel e Adriana Orfeo e Atabal Cedro e Valchiria Mistero e Prodigio Neon e Asfalto Rosa Ercilia e Dioniso Antonio ed Elena i miei poveri genitori i miei poveri Viceré delle Indie Il mio viaggio a Europa Est e Adelfa Ovest Clavicordo Dove tutti vivono in estasi Dove niente né nessuno è abietto Dove il sole è anello e rituale di nozze Dove siamo raffiche di luce e ci trasliamo in fischi Un pianeta chiaro e pulito Dove gli innamorati vivono in palazzi fluttuanti Dove Dio tiene un chiosco trasandato e ammazza il tempo conversando del passato con Buddha e Maometto il Venditore di verdure dell'angolo e la gente già li conosce e la gente quando passa dice: “quei quattro scioperati sono dei gran amiconi” Dove il figlio di Dio e gli angeli del gran portamento bevono l'aria dei viali sulle moto trepidanti Dove non ci sono accademie militari né polizia né carceri né monete Dove siamo assennati Dove siamo buoni Dove gli ultimi agitatori d'insidie sono fuggiti per un tunnel e sono caduti nel vuoto Astro del paradiso amato e custodito da franchi tiratori e poeti Dove la morte sta piantata lì Dove gli uomini son gentili Dove le donne sono rami di giacinto dalle labbra e occhi dalle tinte cangianti


253

Un astro moderato cantabile Donde la noche es vino y alegría hasta el amanecer Su capital es una ciudad resplandeciente llamada Estefanía Donde tú tienes señorío Donde eres reina Ese planeta es mi corazón errante


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Un astro moderato cantabile Dove la notte è vino e allegria fino all'alba la sua capitale è una città splendente chiamata Estefania Dove tu hai potestà Dove tu regni Quel pianeta è il mio cuore errante

Fig. 20


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Amanecí de bala118 Amanecí de bala Amanecí bien magníficamente bien todo arisco hoy no cambio un segundo de mi vida por una bandera roja mi vida toda la cambiaría por la cabellera de esa mujer alta y rubia cuando vaya a la Facultad de Farmacia se lo diré seguro que se lo diré asunto mío amanecer así esta mañana cuando abrí las puertas con la primera ráfaga alborotando tumbando todo entraron a mis pulmones los otros poetas de la Pandilla de Lautréamont grandes señores tolerados a duras penas por sus mujeres al más frenético le pregunto por su libro vagancia city como me gusta complicar a mis amigos los vivo nombrando el diablo no me llevará a mí solo ella antiguamente se llamaba Frida y estaba residenciada en Baviera en una casa de grandes rocas levantadas por su amante vikingo sus locuras en el mar de los sargazos hay sol hasta la madrugada y creo que jamás moriré sin embargo deseo que este día me sobreviva soy desmesurado o excesivo y no doy consejos a nadie pero hoy veo más claro que nunca y quiero que los demás participen hermoso día me enalteces desenfrenada alegría no tengo comercio con la muerte no le temo llevo en la sangre la vida de cada día soy de este mundo bueno como un niño implacable como un niño guardo una fidelidad de hierro a los sueños de mi infancia en este punto soy socrático él y yo elevamos volantines restituimos la edad de oro el “qué habrá” al final del arco suspendido ahora mismo se está mudando un río

Víctor Valera Mora, in Harold Alvarado Tenorio (direttore), Arquitrave. Revista colombiana de poesía, n.42, vol.8, abril de 2009. 118


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Mi sveglio tutto carico Mi sveglio tutto carico Mi son svegliato bene magnificamente bene tutto scontroso oggi non scambio un secondo della mia vita per un vassoio rosso tutta la mia vita la do in baratto per la chioma di quella donna alta e bionda quando andrà alla Facoltà di Farmacia glielo dirò sicuro che glielo dico è affar mio se mio mi sveglio così stamane quando ho aperto le porte con la mia prima raffica scombinando abbattendo tutto mi sono entrati nei polmoni gli altri poeti della Pandilla de Lautrémont119 grandi signori a mala pena tollerati dalle loro donne al più frenetico gli chiedo del suo libro vagancia city siccome mi piace complicargli la vita agli amici li vivo nominandoli il diavolo non si porterà solo me lei tempo fa si chiamava Frida e abitava in Baviera in una casa di grandi rocce messe su dal suo amante vichingo le sue pazzie nel mar dei Sargassi c’è il sole fino all’alba e credo che non morirò mia tuttavia voglio che questo giorno mi sopravviva sono senza misura o smodato e non do consigli a nessuno ma oggi ci vedo più chiaro e voglio che gli altri partecipino un bel giorno mi esalti sfrenata allegria non ho rapporti con la morte e non la temo porto nel sangue la vita di ogni giorno sono di questo mondo mite come un bambino implacabile come un bambino conservo una fedeltà di ferro verso i sogni della mia infanzia sotto questo aspetto sono socratico lui e me facciamo volare gli aquiloni restituiamo l’età d’oro quel “cosa ci sarà” alla fine dell’arco sospeso in questo preciso istante sta traslocando un fiume

Nelle cantine del quartiere commerciale più in della Caracas degli anni ’60 (Sabana Grande), Víctor Valera Mora, Luis Camilo Guevara, Mario Abreu, Pepe Berroeta e Caupolicán Ovalles, fantasticavano appartenere a una immaginaria “Repubblica dell’Est”. Mossi da questa idea, essi spiegheranno una intensa attività culturale dando vita al gruppo di poesia che prenderà il nome di “La pandilla de Lautréamont”. 119


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hoy una morena de belleza agresiva me dijo pero si estás lindo entonces yo le dije acaso no sucede cada dos mil años pierdo el hilo día de advenimiento de locos combates de amor a altas temperaturas desnudos nos hundimos en las aguas del mismo río

despedida con metales120 Reconocerme marcado por las pasiones y por mi culpa confundido tu corazón borro al agónico de alas frenéticas sin cielo ni ubicación zoológica coronado sobre una silla de ruedas ya que tú lo has querido Pero no más te pongas así de triste y menos esos ojos para llorar Porque reconozco mis manos sin gobierno mis canciones por mis estridencias mis sales por mis agujas de oro No más por eso te lo digo y estas ganas locas de pegarle bien duro a la vida cuando me sobra vida para regalar y mucha más vida para matarme al pie de las ventanas de Campo dei Fiori desde donde dices quererte abrirte al sueño y ver pasar abrigos y bufandas en busca de los vagabundos equivocados de planeta o planetas ellos mismos o qué se yo No más por eso te reconozco y parto como una armadura vestida de caballero.

Víctor Valera Mora, in Gabriel Jiménez Emán (a cura di), Antología de Víctor Valera Mora, Caracas, Fundarte, 1987. 120


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oggi una mora dall'indocile incanto mi ha detto ma sei proprio bello allora gli ho risposto forse non succede ogni duemila anni perdo il filo giorno d’avvento di pazzi combattimenti di amore ad alte temperature nudi affondiamo nelle acque dello stesso fiume

commiato con metalli Riconoscermi segnato dalle passioni e per colpa mia confuso il tuo cuore cancello l'agonico delle ali frenetiche privo di cielo e di tassonomie sopra una sedia a rotelle incoronato poiché tu lo hai deciso Ma non appena ti fai così afflitto con gli occhi quasi alle lacrime Perché riconosco le mie mani senza comando le mie canzoni dalle mie stonature, i miei sali dai miei aghi d'oro Così te lo dico e questa smania di prendere a pugni la vita quando mi avanza vita da offrire e molto più vita per farmi fuori ai piedi delle finestre di Campo dei Fiori da dove dici di volerti schiudere al sogno o vedere sfilare cappotti, sciarpe alla ricognizione dei vagabondi sbagliati di pianeta o loro stessi pianeti. O che ne so solo per questo ti riconosco e mi avvio come un'armatura vestita di cavaliere.


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Si llueve o llueve entonces llueve121 A Carlos Contramaestre y Luis Cornejo

La muerte mientras más muerte más necia invitar a Alberto Brandt a semejante jolgorio Cuchillo para su necia garganta de muerte Cuando Alberto le consiga su lado flaco que por regreso sabemos la muerte tiene un solo gesto suyo bastará para derribar las tiranías del terror armará tal zafarrancho que la muerte ya no podrá escapar y la muerte saltará en su ley en su proprio insulto Así nosotros lo hacemos con la vida

Víctor Valera Mora, in Obra poética de Víctor Valera Mora, Caracas, Talleres de la Asamblea Nacional, 2006. 121


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Se piove o piove allora piove A Carlos Contramaestre e Luis Cornejo

La morte in quanto più morte più idiota invitare Alberto Brandt122 a una simile baldoria pugnale per la tua stolta gola di morte quando Alberto gli colga il suo lato scoperto che sappiamo la morte possiede quando si ripresenta un solo gesto basterà per abbattere le tirannie del terrore metterà in piedi un subbuglio tale che la morte non potrà scappare la morte salterà nella sua legge nella sua stessa ingiuria Così come noi ci adoperiamo vivendo

Alberto Brandt (1924-1970), artista plastico, pittore autodidatta, iconoclasta, pioniere dell’astrazionismo e dell’informalismo in Venezuela. Molto legato ai movimenti artistici e letterari come Sardio ed El Techo de la Ballena. 122


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Hasta cuando123 Hasta cuándo seguir gritando a esta gente que el rey y la reina yacen bajo la tierra Hasta cuándo seguir gritando que no cedo en hipoteca mis sueños Hasta cuándo seguir gritando que soy incorregible Hasta cuándo seguir gritando que no reniego de mis actos Hasta cuándo seguir gritando que nada de lo que tengo está en venta ni quiero que ningún imbécil corte la soga Hasta cuándo seguir gritando que no cumplo mis deberes en la tormenta Hasta cuándo seguir gritando que no exijo futuro Hasta cuándo seguir gritando a esta gente que me son despreciables Hasta cuándo seguir gritando que estoy con los que no tienen la razón porque la tienen a mares llenos Hasta cuándo seguir gritando que jamás abandonaré mi capa de insurgente Hasta cuándo si desde siempre mis cartas están sobre la mesa.

Luciana Mc Namara, “Víctor Valera Mora: Chino de amor y revolución”, in Encontrarte, fascículo 105, edición del 16 de abril de 2014. URL del sito: http://www.encontrarte.aporrea.org/105/personaje/ 123


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Fino a quando Fino a quando urlare a quella gente che il re e il regina giacciono sotto terra Fino a quando urlare che non ipoteco i miei sogni Fino a quando urlare che sono ostinato Fino a quando urlare che non sconfesso nessuna delle mie azioni Fino a quando urlare che nulla di quello che possiedo è in vendita né voglio che nessun cazzone tagli la corda Fino a quando urlare che non assumo i miei obblighi nelle intemperie Fino a quando urlare che non esigo futuro Fino a quando urlare a questa gente che mi sono spregevoli Fino a quando urlare che sono Dalla parte di chi ha la ragione perché ce l’hanno in abbondanza Fino a quando urlare che giammai abbandonerò la mia cappa d’insorgente Fino quando se da sempre le mie lettere sono sul tavolo.


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Notizie sui poeti

ALFREDO CHACÓN: San Fernando, Apure, 1937. Poeta, ricercatore, saggista. Studiò Sociologia e Antropologia (1954-58), Filosofia (1954-56) all’UCV. Ha realizzato dei master in Antropologia all’Università di Parigi (!958-60). Formò parte del gruppo Los unánimes (Parigi). Dal 1960, professore titolare in pensione della Escuela de Sociología y Antropología presso l’UCV. È stato direttore generale del CELARG e Presidente della Fondazione “Biblioteca Ayacucho”. Libri di poesia pubblicati: Saloma (1961); Materia bruta (1969); Principio continuo (1982); Actos personales (1986); Acta del presagio (1986); Los espacios cálidos (1987, 1992); Decir como es deseado (1990); Palabras asaltantes (1992); Por decir así (2003); Y todo lo demás (2005). ALFREDO SILVA ESTRADA, Caracas, 1933. Poeta. Laureato in Filosofia (UCV124). Master all’Università della Sorbona, Parigi. Ha formato parte del gruppo Los Unánimes (Parigi). Professore della UCV (1960 - 1965). Parte della sua produzione letteraria è stata tradotta in francese. Libri di poesia pubblicati: De la casa arraigada (1953); Cercos (1954); Del traspaso (1962); Integraciones, 1954-1957. De la unidad de la fuga (1962); Arácnidos (1963); Literales (1963); Transverbales I (1967); Lo nunca proyectado (1967); Invisibilia (1967); Acercamientos: obra poética, 1952-67. Antología (1969, 1977); Transverbales II (1972); Transverbales III (1972); Los moradores. 1970-74 (1975); Los quintetos del círculo (1978); Contra el espacio hostil (1979); Variaciones sobre reticuláreas (1979); Dedicación y ofrenda (1986); De bichos exaltado (1990); Foulées d’exil (1984, antologia); Acercamientos. Antología poética, 1952-1991 (1992); Saveur des traces (1996). Por los respiraderos del día,1980-1992 / En todo un momento, 1989-1993 (1998); Al través (2000). ÁNGEL EDUARDO ACEVEDO: Valle de la Pascua, Guarico, 1937. Poeta. Laureato in Lettere (UCV, 1972). Professore della ULA. È stato membro del gruppo letterario Tabla Redonda (1959). Collaboratore d’importanti riviste letterarie: Tabla Redonda (caracas, 1958); En Letra Roja (Caracas, 1963); Sol Cuello Cortado (Caracas, 1963). Libri di poesia pubblicati: Mon Everest [Soles y Mont Everest] (1973); Papelera. Tanteos estéticos sobre el vivir (1991); Flor diversa (2005). CARLOS CONTRAMAESTRE SALAS, Tovar, Mérida, 1933 – Caracas, 1997. Poeta, cineasta, pittore. Medico chirurgo (Università di Salamanca, Spagna). È appartenuto ai gruppi letterari Sardio ed El Techo de la Ballena. È stato direttore della Cultura della ULA125. Associato culturale dell’ambasciata del Venezuela in Spagna.

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UCV: Universidad Central de Venezuela, Caracas. ULA: Universidad de los Andes, Mérida.


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Libri di poesia pubblicati: Salve amigo, salve adiós (1961); Cabimas zamuro (1977); Como piel de ángel (1980); Metal de soles (1983); Eros y Tánatos - La torre de Babel (1986); Tanatorio (1993); Costumbre de piedra. Antología poética (1996). CAUPOLICÁN OVALLES, Guarenas, Miranda, 1936 – Caracas 2001. Poeta, giornalista, bibliofilo. Avvocato (Università di Salamanca, Spagna). Fondatore dei gruppi El Techo de la Ballena e Tabla Redonda. Libri di poesia pubblicati: ¿Duerme usted señor Presidente? (1962); En uso de razón (1963); Elegía en rojo a la muerte de Guatimocín, mi padre, alias El Globo (1967); Copa de huesos (1972, antologia); Sexto sentido o diario de Praga (1973); Ha muerto un colmenar de la colmena (1973); Canción anónima (1980); Para canción y canción de Evita Paraíso (1980); Convertido en pez viví enamorado del destino (1989). EDMUNDO JOSÉ ARAY, Maracay, Aragua, 1936. Narratore, poeta, cineasta. Laureato in Scienze Economiche (UCV). Formò parte dei gruppi letterari Vasudeva (Barquisimeto, 195657) Sardio (Caracas, 1957-1962) ed El Techo de la Ballena (1962-1969). Professore della Facoltà di Economia della UCV e Direttore della Cultura della ULA (1979). È conosciuto con lo pseudonimo di Atilio Rey. Libri di poesia pubblicati: La hija de Raghú (1957); Los huéspedes del tiempo (1959); Nadie quiere descansar (1961); Twist presidencial: todo está en regla (1963, satire); Salve, amigos, salve y adiós (1968); Cambio de soles (1968); Tierra roja tierra negra (1968); Cuerpo de astronauta, convecino al cielo (1969); Libro de héroes (1971, 2004, coautore.); Crónica de nuestro amor (1973, selezione); Cantata del Monte Sagrado (1983); Efraín, no te duermes (1986); Versos toscanos (1987, 1997); Lilí, siempre Lilí. Memoria de Peter Weiss (1987); Siempre febrero (1990); De la identidad. De la integración. Del espacio audiovisual (1993,poesia-prosa); José Martí, ese soy yo (1997); Una y otra edad. Antología poética(1956-1990) (1997); Heredades (2001); Simón Bolívar (Desde su nacimiento hasta la Batalla de Carabobo) (2002); Mi amado Martí (2003). EFRAÍN HURTADO: Las Mercedes, Guarico, 1934 – Caracas, 1978. Poeta, autore di racconti, saggista. Antropologo. Professore della UCV e dei Master dell’IPC. Formò parte dei gruppi letterari Sardio (Caracas, 1958) e El techo de la Ballena (1961). Cofondatore delle riviste Rocinante e Uno y múltiple. Libri di poesia pubblicati: Papeles de condenado (1964); Redes maestras (1966, 1969); Salve amigo, salve y adiós (1968, co-aut.); Libro de héroes (1971, 2004, co-aut.); A dos palmos apenas (1972); Transparencia del signo (1973); Ojo de buey (1974); Escampos (1979). FRANCISCO PÉREZ PERDOMO, Sabana Libre, Trujillo, 1930. Poeta e saggista. Avvocato (UCV). Integrante dei gruppi letterari Sardio (1958), Tabla Redonda (1959) ed El Techo de la Ballena (1961). Ha svolto la mansione di addetto culturale. Capo redattore della Revista Nacional de Cultura. Libri di poesia pubblicati: Fantasmas y enfermedades (1961); Los venenos fieles (1963); La depravación de los astros (1966); Huéspedes nocturnos (Antología) (1971, 1983); Ceremonias (1976); Círculo de sombras (1980); Los ritos secretos (1988); El sonido de otro tiempo (1991); También sin espacio (1996); El límite infinito (1997); La casa de noche (2001); Antología mínima (2003). GUILLERMO SUCRE (Guillermo Sucre Figarella), Tumeremo, Bolívar, 1933. Poeta, critico letterario, saggista e docente universitario. Laureato in Lettere e Filosofia (Santiago del Cile) e


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in Lettere (UCV, 1958). Dottorato all’Università di Parigi. Professore della USB 126, UCV e IPC127. Ha coordinato i Laboratori Letterari nel CELARG128. Ha formato parte dei gruppi letterari Sardio e Cantaclaro. Fondatore e redattore della rivista Sardio (Caracas, 1959). Ha diretto le pagine letterarie del quotidiano La República (Caracas, 1963) e la rivista Imagen. Cofondatore e redattore della rivista Zona Franca. Libri di poesia pubblicati: Mientras sucedan los días (1961); En la profundidad del verano (1962); La mirada (1970); Aproximaciones a Octavio Paz (1974); En el verano cada palabra respira en el verano (1975); Serpiente breve (1977); La vastedad (1988); La segunda versión (1993). JESUS SANOJA HERNÁNDEZ, Tumeremo, Bolívar, 1930. Poeta, saggista, critico letterario, redattore e giornalista. Laureato in lettere (UCV). Professore di Letteratura nella Escuela de Letras y Comunicación Social (UCV). fondatore dei gruppi letterari Cantaclaro e Tabla Redonda. Co editore delle riviste: En letra Roja, Tabla Redonda, Qué pasa Venezuela, Cantaclaro, El Venezolano. Libri di poesia pubblicati: La mágica enfermedad (1969); La mágica enfermedad y otros poemas (1997). JOSÉ BARROETA (José María Barroeta Paolini), Pampanito, Trujillo, 1942. Poeta. Avvocato (UCV). Dottore in Letteratura Iberoamericana (Università di Parigi, 1981). Dal 1975 professore della Escuela de Letras dell’ULA. Formò parte dei gruppi letterari Tabla Redonda (1959), El Techo de la Ballena (1961), Tropico Uno (1964, Puerto La Cruz) ed En Haa (1965). Collabora in numerose pubblicazioni periodiche nazionali ed estere. Libri di poesia pubblicati: Perfiles (1959); Poemas (1966); Todos han muerto (1971); Cartas a la extraña (1972, poesie in prosa); Arte de anochecer (1975); Fuerza del día (1985); Antología (1985); Culpas de juglar (1996); Obra poética, 1971-1996 (2001). JUAN ALBERTO CALZADILLA ÁLVAREZ, Altagracia de Orituco, Guarico, 1931. Poeta, saggista, disegnatore, critico d’arte. Si è diplomato nella Escuela de Artes Plásticas. È stato direttore del Museo Emilio Boggio e vicedirettore della Galería de Arte Nacional. Prese parte nei gruppi letterari Sardio e Tabla Redonda. Ha diretto la rivista Imagen. Libri di poesia pubblicati: Poemas (1953); Primeros poemas (1954); La torre de los pájaros (1955); Los herbarios rojos (1958); Dictado por la jauría (1962, 1994); Primero poemas (1964); Malos modales (1965, 1994); Las contradicciones sobrenaturales (1967); Ciudadano sin fin. Antología (1970); Manual de extraños (1975); Oh, smog (1977); Tácticas de vigía (1982); Una cáscara de cierto espesor (1985); Diario para una poesía mínima (1986); Antología paralela (1988); Agendario. Cuerpos escritos (1988); Diarios, aproximaciones a un decir siempre aplazado (1990); Tema para el próximo silbido (1991); Curso corriente (1992); Minimales (1993); El fulgor y la oquedad (1994); Lugar de paso (1996); Principios de urbanidad (1997); Diario sin sujeto (1997); Corpolario (1999); Notario al garete (2000); Aforemas (2004). JUAN SÁNCHEZ PELÁEZ, Altagracia de Orituco, Guarico, 1922 – Caracas, 2003. Poeta. Studiò Pedagogia a Santiago del Cile. Ha lavorato come addetto culturale nelle ambasciate di Colombia e Spagna.

USB: Universidad Simón Bolívar, Caracas. IPC: Instituto Pedagógico de Caracas. 128 CELARG: Centro de Estudios Latinoamericanos Rómulo Gallegos, Caracas. 126 127


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Libri di poesia pubblicati: Elena y los elementos (1951,2001); Animal de costumbre (1959); Filiación oscura (1966); Un día sea (1965, antologia); Lo huidizo y lo permanente (1969); Rasgos comunes (1975); Por cuál causa o nostalgia (1981); Poesía, 1951-1981 (1984,1993); Aire sobre el aire (1989); Obra poética (2003). LUIS ALBERTO CRESPO, Carora, Lara, 1941. Poeta, saggista traduttore. Laureatosi in Scienze della comunicazione (UCV). Ha seguito corsi di specializzazione nella Scuola di Alti Studi di Parigi. È stato direttore del Foglio Letterario del quotidiano El Nacional e della rivista Imagen. Dirige la Casa Nazionale delle lettere Andrés Bello. Libri di poesia pubblicati: Cosas (1968); Si el verano es dilatado (1968); Novenario (1973); Rayas de lagartija (1974); Costumbres de sequía (1977); Resolana (1980); Entreabierto (1984); Señoras de la distancia (1988,1996); Mediodía o nunca (1989); Sentimentales (1990); Como una orilla. Antología poética (1968-1990) (1991); Más afuera (1993); Duro (1995); Solamente (1997); Lado (1999); Ninguno como la espina (2000); El país ausente (2004). LUIS CAMILO GUEVARA: Tucupita, Delta Amacuro, 1938. Poeta. Collabora in numerose pubblicazioni periodiche nazionali. Libri di poesia pubblicati: Festejos y sacrificios [opera premiata con il titolo di Vestigios rurales] (1971); Las cartas del verano (1973); Murales de la tarde (1973); Travesol (1986); Inocente de los bestiarios (1999). LUIS GARCÍA MORALES, Ciudad Bolívar, 1929. Poeta. Si è laureate in giurisprudenza presso la UCV. Formò parte del gruppo e del comitato di redazione della rivista Sardio (Caracas, 1958). Fondatore e redattore della pagina letteraria del quotidiano La República (Caracas, 1961). Cofondatore della rivista Zona Franca. Capo redattore della Revista nacional de Cultura. È stato presidente del CONAC129 (1975-1978). Libri di poesia pubblicati: Lo real y la memoria (1962); El río siempre (1983); Poesía (1992); De un sol a otro (1997). MIYÓ VESTRINI (pseudonimo di María Josefina Fauvell Ripert). Nimes, Francia, 1938 – Caracas, 1991. Poetessa, saggista, narratrice, articolista. Ha risieduto in Venezuela dal 1947. Formò parte dei gruppi letterari Apocalipsis, 40 grados a la sombra (Maracaibo) e Sardio (Caracas). Iniziò a lavorare come giornalista nel 1948 con il quotidiano Diario de Occidente (Maracaibo). Diresse le pagine d’arte dei quotidiani La República, El Nacional e la rivista Criticarte (Caracas). È stata addetta culturale dell’ambasciata in Italia. Libri di poesia pubblicati: Poesías (1964); Las historia de Giovanna (1971); El invierno próximo (1975); Pocas virtudes (1986); Valiente ciudadano (postumo, 1994); Todos los poemas (postumo, 1994). RAFAEL CADENAS, Barquisimeto, Lara, 1930. Poeta e saggista. Formò parte del gruppo Tabla Redonda (1959). Professore pensionato della Escuela de Letras dell’UCV. Libri di poesia pubblicati: Cantos iniciales (1946); Una isla (1958); Los cuadernos del destierro (1960, 2001); Derrota (1963); Falsas maniobras (1966); Anotaciones (1973); Antología (1977); Intemperie (1977); Memorial (1977); Los cuadernos del destierro; falsas maniobras; derrota (1979); Amante (1983); Dichos (1992); Gestiones (1992); Poemas escogidos - Poemes choisies (1994); Antología, 1958-1983 (1996, 1999).

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CONAC, Consejo Nacional de la Cultura de Venezuela, organismo incaricato nel promuovere e di<ondere il patrimonio culturale venezuelano.


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RAFAEL GUERRERO, San Cristóbal, Táchira (1938 - 1969). Poeta autodidatta. Fondatore del gruppo letterario Cueva Pictolírica (1963). Contribuì a rinnovare i canoni culturali della sua regione attraverso il confronto, la divulgazione culturale, la creazione letteraria e pittorica. Negli anni sessanta rende nota la sua produzione poetica che vedrà la luce sul quotidiano El Centinela, nelle cui pagine, ogni settimana, insieme ai compagni del gruppo letterario, pubblicava i suoi versi. Profondo conoscitore della poesia venezuelana. Il componimento Derrota di Rafael Cadenas nei cui versi si spoglia gli uomini in modo viscerale davanti a certe scelte esistenziali come quella della lotta armata, lo colpì profondamente. È stato anche un assiduo lettore di César Vallejo e di Pablo Neruda; dei poeti europei Cesare Pavese, Giuseppe Ungaretti, Artur Rimbaud, Rainer Maria Rilke, Miguel Hernández, Rafael Alberti, Federico García Lorca; del russo Vladimir Majakokskij e dell’americano Walt Whitman. Guerrero è stato un poeta dalle profonde convinzioni politiche e umanistiche, un ribelle nei confronti dell’ingiustizia subita dal popolo latinoamericano. Questo sentire, forse, ha determinato la sua evasione dall’esistenza. RAMON DAVID SÁNCHEZ PALOMARES, Escuque, Trujillo, 1935. Poeta, critico letterario, narratore. Ha studiato per il conseguimento del diploma di maestro nella Escuela Normal Federal di San Cristobal. Si è laureato nell’IPC come professore di Lingua e letteratura Spagnola (1958). Formò parte del gruppo letterario Sardio (Caracas, 1958) ed è stato direttore della rivista culturale Rayado sobre el Techo. Libri di poesia pubblicati: El reino (1958, 2001); El ahogado (1964); Paisano, 1961-1962 (1964); Honras fúnebres (1965); Santiago de León de Caracas (1967); El vientecito suave del amanecer con los primeros aromas (1969); Poesía (1973, 1977, 1985, antologia); Adiós Escuque (1974); Mérida, elogio de sus ríos (1975, 1983, 1986); Poemas varios (1979); Elegía 1830 (1980, plaquette); Antología poética (1985); El viento y la piedra (1985); Alegres provincias (1988); Lobos y halcones (antología) (1997); Antología mínima (2003); Antología poética (2004). RAMÓN QUERALES (Alberto Ramón Querales Montes). Matatere, Lara, 1938. Poeta, saggista, ricercatore letterario, storico, compilatore. Fondatore delle riviste Tal, Ciudad Mercuria, La Espada Rota, El búho dinámico e Sin Límite. Ha collaborato in importanti pubblicazioni periodiche del paese. Cronista di Barquisimeto. Libri di poesia pubblicati: Aguas negras (1970); Exiliado del alba (1977); La Guaroa (1978); Letras secretas y otros poemas (1980); Habitación de olvido (1982); Pájaros de amor por tierra (1987); No pronuncio tu nombre en vano (1992). VICTOR VALERA MORA, Valera, Trujillo, 1935 – Caracas, 1984. Poeta. Sociologo (UCV). formò parte del gruppo El Techo de la Ballena. Libri di poesia pubblicati: Canción del soldado justo (1961); Amanecí de bala (1971); Con un pie en el estribo (1972); 70 poemas stalinistas (1980); Antología poética (1987); Del ridículo arte de componer poesía (1994); Antología poética (2002); Nueva antología (2005).


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BIBLIOGRAFIA

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IMMAGINI

In copertina: Carlos Contramaestre, “Manuscrito”, in Crear en Salamanca. www.crearensalamanca.com Figura 1. “Defensores del Folleto con Aberraciones Sexuales Obedecen al Complejo del Salvaje Que Goza Comiendo Inmundicias …”, Diario Últimas Noticias, Caracas, jueves 22 de Noviembre de 1962, in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 865836, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Figura 2. Caupolicán Ovalles, 1961, in in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Figura 3. Carlos Contramaestre, da Antología poética, Caracas, Monte Ávila, 2007, p. 100. Figura 4. Serie Asfalto-Infierno, 1963, in in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Figura 5. “Cambiar la vida, transformar la sociedad”, in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 1060254, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Figura 6. Disegno di Peña, “¿Por qué te Ríes?”, in Documents of 20thcentury Latin American and Latino Art, ICAA 1279450, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Figura 7. Serie Asfalto-Infierno, 1963, in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Fig. 8. Ángel Luque, “Cuartel San Carlos, maggio 1965”, in Galleria, rassegna

bimestrale di cultura, nn.5-6, Salvatore Sciascia Editore, SettembreDicembre 1965.


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Figura 9. Dámaso Ogaz, “Esquema majamánico de uso profiláctico” in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 1279450, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Figura 10. Juan Calzadilla, “Espiral”, in Fragmentos para un magma, Dirección General Sectorial de Artes Visuales Consejo Nacional de la Cultura (CONAC), Caracas, 2005. Figura 11. Juan Calzadilla, 1962, in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Figura 12. “Postales”, Caracas, Ediciones del Techo, 1967, in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 1279450, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Figura 13. Daniel González, “Collage” (1963), in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6, Salvatore Sciascia Editore, SettembreDicembre 1965. Figura 14. Carlos Contramaestre, “Los Caballeros de San Vicente”, in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 1279450, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Fig. 15. Edmundo Aray, 1964, in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Figura 16. Francisco Pérez Perdomo, 1962, in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Figura 17. Dámaso Ogaz, disegno per «El huevo estéril», in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008. Figura 18. Lawrence Ferlinghetti, "Obbligato del Chatarrero”, Rayado sobre el Techo de la Ballena: letras, humor, pintura n°3, Caracas, Ediciones de la Ballena, Agosto 1964, in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 1279450, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org


276

Figura 19. Carlos Contramaestre, “Confinamientos”, in Documents of 20th-century Latin American and Latino Art, ICAA 1279450, Houston. URL del sito: http://icaadocs.mfah.org Fig. 20. Serie Asfalto-Infierno, 1963, in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D. González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores, 2008.


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Indice

Prefazione Introduzione 1.POESIA E AVANGUARDIA NEL VENEZUELA DELLA POSTDITTATURA PEREZJIMENISTA di Vincenzo Paglione 1.1.Venezuela immaginario (I) 1.2.Venezuela immaginario (II) 2.Contestualizzazione della poesia d’avanguardia venezuelana 2.1.Il dibattito ideologico e letterario: Sardio, Tabla Redonda, El Techo de la Ballena 2.2.La poesia del dissenso, la poesia come di (s) senso 2.3.Parola … (in)dipendenza orgiastica 2.4.Geografia della morte 3.IL VUOTO DELLA STORIA, IL VUOTO DELLA PAROLA: IL RITMO DELLA LACERAZIONE di Roberto Sapienza 3.1. Una poetica dell'abuso 3.2. Lo smontaggio estremo, le dissezioni dell'io e dell'insufficienza. 4.CRITERI DI SELEZIONE

pag. 5 7 7 7 12 13 18 20 21 22 24 26 28 33


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Antologia dei poeti

pag.

Alfredo Chacón Alfredo Silva Estrada Ángel Eduardo Acevedo Carlos Contramaestre Caupolicán Ovalles Edmundo Aray Efraín Hurtado Francisco Pérez Perdomo Guillermo Sucre Jesús Sanoja Hernández José Barroeta Juan Calzadilla Juan Sánchez Peláez Luis Alberto Crespo Luis Camilo Guevara Luis García Morales Miyo Vestrini Rafael Cadenas Rafael Guerrero Ramón Palomares Ramón Querales Victor Valera Mora

35 37 47 51 73 95 113 115 125 137 141 145 177 173 193 195 197 201 223 233 245 247

Notizie sui poeti Bibliografia Immagini

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