THE FUTURE SOUND OF CLASSICAL
RAI NUOVAMUSICA 2014 AUDITORIUM RAI “ARTURO TOSCANINI” DI TORINO
Indice
Pag. 2
Presentazioni Pag. 4
Calendario Concerti Pag. 8
Note al 1째 Concerto Pag. 14
Note al 2째 Concerto Pag. 20
Note al 3째 Concerto Pag. 30
Biografie dei compositori Pag. 44
Biografie degli interpreti Pag. 54
OSN Rai: biografia, riconoscimenti e discografia per la musica contemporanea Pag. 60
Informazioni e Biglietteria
L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai sta progressivamente intensificando il suo impegno nella produzione e nella diffusione della musica di oggi. Ne è prova l’inserimento di alcune novità nel cartellone della stagione sinfonica, un ritrovato rapporto ideale tra radiofonia e opere di giovani compositori, la ricerca e valorizzazione di interpreti di eccellenza per questo determinato repertorio che però padroneggino pienamente il rapporto con la tradizione, l’ormai consolidato e rinnovato sodalizio con i musicisti e il pubblico di Xplosiva, la ricerca a tutto campo anche nei segmenti più creativi della musica cosiddetta “applicata” (come colonne sonore), la collaborazione con i maggiori protagonisti del jazz (Bollani, Bosso), l’incrocio di generi (con Arturo Brachetti). Insomma, la consapevolezza che le musiche di oggi raccontino un cambiamento che è plurale e sfaccettato è condivisa in modo partecipe da tutti i settori coinvolti nella produzione musicale. Rai NuovaMusica è naturalmente il fulcro di queste iniziative e questa edizione si pone l’obiettivo non solo di offrire una scelta di opere appassionanti, che siamo certi emozioneranno il pubblico per il talento e l’intelligenza di cui sono frutto, ma anche di disegnare una mappa di tendenze, orientamenti, che se da un lato testimoniano la varietà dei linguaggi, dall’altro cercano di riconoscere territori comuni, sintonie sotterranee, radici. Rispetto al big-bang di qualche decennio fa oggi sembra possibile individuare, seppur ancora sfuocato, un quadro più preciso dei percorsi del cammino musicale attuale, non certo una nuova koinè ma una serie di traiettorie distinte e identificabili.
Nel 2014 The Future Sound Of Classical taglia un doppio traguardo: un decennio di Rai NuovaMusica, e un lustro di (fortunata) collaborazione tra Associazione Cult. Situazione Xplosiva / Club To Club Festival e l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Lungo la strada percorsa insieme dal 2010, la sinergia fra OSN Rai ed Xplosiva ha saputo raccontare il fascino della contemporanea e dell'elettronica a un nuovo pubblico; un pubblico trasversale e genuinamente affamato, composto da un mix senza età di appassionati delle sonorità che oscillano fra l'avanguardia e la cultura di derivazione pop. La formula è collaudata, con tre musicisti per tre appuntamenti nel tempio torinese della classica: le serate di Rai NuovaMusica cominciano da loro, con esibizioni dal vivo di brani originali nel foyer dell'Auditorium Rai, a cui fanno ritorno durante l'intervallo per presentare la rielaborazione di una delle composizioni in programma. Sarà il duo di giovani produttori Vaghe Stelle (Astro:Dynamics, Gang Of Ducks) e XIII ad aprire la rassegna il 20 febbraio; il 24 febbraio vedrà l'esibizione di Paolo Dellapiana, figura trasversale della scena musicale internazionale e membro dei Larsen; le sinusoidi a bassa frequenza di Psalm'N'Locker avvolgeranno il pubblico in occasione dell'appuntamento di chiusura del 1 marzo. Vi aspettiamo a Rai NuovaMusica. Ass. Cult. Situazione Xplosiva
Sergio Ricciardone
Dall’omaggio a Maderna (quasi una “prima” assoluta) ai più giovani Gardella e Corrado, dai “Maestri” conclamati come Vandor e Furrer, Sciarrino, Reich, Eötvös, ai nuovi protagonisti della scena musicale internazionale, il programma di questa manifestazione offre occasioni per tornare a scoprire che la musica, come nella migliore tradizione, continua a sorprenderci e a interrogarci incessantemente perché, come diceva Massimo Bontempelli, “la tradizione è una concatenazione di rivoluzioni”.
Direttore artistico dell’OSN Rai
Sovrintendente dell’OSN Rai
Cesare Mazzonis
Michele dall’Ongaro 2
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GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO 2014
LUNEDÌ 24 FEBBRAIO 2014
ore 20.30 e nell’intervallo - Foyer - Rai NuovaLounge Vaghe Stelle + XIII Rework e live set a cura di Xplosiva e Club To Club Festival
ore 20.30 e nell’intervallo - Foyer - Rai NuovaLounge Paolo Dellapiana Rework e live set a cura di Xplosiva e Club To Club Festival
ore 21.00 Auditorium - Concerto
ore 21.00 Auditorium - Concerto
Fabio Maestri direttore Francesco D’Orazio violino
Pietro Mianiti direttore
Michele Tadini ...Je vous en Prix (2013)
Federico Gardella Mano d’erba, per orchestra (2011) (prima esecuzione italiana)
Bruno Maderna Composizione n. 1 per orchestra (1948-49)
Pasquale Corrado Sfera (2012)
Valerio Sannicandro Cori, per violino e orchestra (2008)
Alberto Colla Starlights (Luci stellari), symphonic poem on the life of a star (2002)
(prima esecuzione dell’edizione critica a cura di Angela Ida De Benedictis, 2007)
(prima esecuzione assoluta)
Ivan Vandor Offrande (1993 - rev. 2013)
(prima esecuzione italiana)
Malika Kishino Zur Tiefe (2013)
(prima esecuzione italiana)
(prima esecuzione della versione riveduta)
Steve Reich Section IV, da The Four Sections (1987)
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SABATO 1 MARZO 2014 ore 20.30 e nell’intervallo - Foyer - Rai NuovaLounge Psalm’N’Locker Rework e live set a cura di Xplosiva e Club To Club Festival ore 21.00 Auditorium - Concerto Marco Angius direttore Francesco Dillon violoncello Beat Furrer Phaos (2006)
(prima esecuzione italiana)
Francesco Filidei Ogni gesto d’amore, per violoncello e orchestra (2009 - rev. 2013) (prima esecuzione della versione riveduta)
Emanuele Casale A Victor Hugo Daza (2006) Salvatore Sciarrino Soffio e forma (1995)
(prima esecuzione italiana)
Peter Eötvös The gliding of the eagle in the skies (2011)
(prima esecuzione italiana)
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Note ai concerti
Michele Tadini ...Je vous en Prix
Bruno Maderna Composizione n. 1 per orchestra
Data di composizione: 2013 Prima esecuzione assoluta: 21 settembre 2013 – Torino Durata: 6’ ca. Editore: Suvini Zerboni
Data di composizione: 1948-49 Prima esecuzione dell’edizione critica a cura di Angela Ida De Benedictis, 2007 Durata: 23’ ca. Editore: Suvini Zerboni
Nel vastissimo universo musicale del secolo passato e della più attuale contemporaneità, spesso i titoli offrono una chiave – talora reale, a volte irreale, spesso illusoria – per tentare di comprendere ciò che si cela dietro dei segni che diventeranno suoni. Nel titolo del primo brano in programma, ...Je vous en Prix, Michele Tadini offre in modo scanzonato un indizio genetico: nell’ironica trasformazione del “vi prego” francese (je vous en prie) si cela, infatti, un chiaro rimando alla vittoria conseguita dallo stesso compositore al Prix Italia del 2008 con La musica nascosta, radiofilm Rai (sceneggiato dallo scrittore veneziano Tiziano Scarpa) premiato nella sezione «Radio Music-Composed Work». Il brano per grande orchestra del 2013 prende infatti le mosse dalla sigla iniziale della trasmissione radiofonica e sviluppa quel materiale già esistente in un unico grande gesto che estende e rielabora, secondo strategie melodiche e accordali molto precise, quanto in origine durava poco meno di un minuto. Nel processo di estensione e dilatazione di quel primo nucleo sonoro non deve però individuarsi una semplice operazione di trascrizione o una mera trasposizione; piuttosto, come suggerisce lo stesso Tadini, bisogna vedere «un rapporto all’opera data, simile ad altre trascrizioni fatte da me in passato, in cui la partitura originale, in un patto di non tradimento, offre la sua anima alla rinascita». Un «non tradimento» basato nondimeno su due differenti libertà: la prima concessa dalla citazione (ben occultata) de La musica nascosta, la seconda permessa dal gioco (tanto serio quanto divertito, come ogni gioco che si rispetti) instaurato dall’autore con il suo materiale accordale. In ...Je vous en Prix Tadini trasforma e ridisegna progressivamente singoli accordi, composti anche di nove o dieci suoni, dando vita a colorature armoniche sempre nuove e inattese. Le note degli accordi sono talora estese dal compositore fino a tracciare vere e proprie costruzioni melodiche; altre volte sono invece dilatate in ritardi che non risolvono, all’interno di un’architettura sonora che riecheggia, quasi divertita, soluzioni armoniche del passato. Come afferma il compositore, ne risulta «una sorta di passacaglia» la cui mobilità del ritmo armonico è saldamente e costantemente bilanciata dalla pulsazione quasi ostinata del ritmo percussivo, scandito con differenti figurazioni, timbri e varie ampiezze dinamiche per la pressoché totalità del brano.
Contrariamente a quanto lascerebbe intendere il titolo prescelto da Bruno Maderna per una delle sue più straordinarie pagine sinfoniche giovanili, Composizione n. 1 per orchestra (1948-49) non è da considerare tanto un esordio, quanto la definitiva consacrazione di un talento per anni gravato (più che avvantaggiato) dal mito del “bambino prodigio”. Nato nel 1920, Maderna portò a termine non ancora trentenne Composizione n. 1, brano la cui genesi e le cui vicende esecutive erano considerate solo fino a qualche anno fa incerte e oscure. L’approntamento nel 2007 di un’edizione critica della partitura – eseguita per la prima volta dal vivo in questa rassegna concertistica – ha permesso di illuminare più di una stanza segreta dell’opera, caduta nell’oblio dagli inizi degli anni Sessanta. La genesi di quella che a tutti gli effetti deve considerarsi la prima vera prova sinfonica di Maderna (di qui quel n. 1, vero spartiacque tra un prima e un dopo) è strettamente legata all’amicizia con il direttore d’orchestra Nino Sanzogno, dedicatario dell’opera e suo primo interprete. In una lettera datata 17 dicembre 1948, allorché del brano non esisteva ancora né partitura né titolo, Sanzogno si informa con fare paterno dello stato di avanzamento del lavoro a lui destinato e rivolge al giovane compositore l’esplicita domanda: «Come va la Sinfonia, quella per me?». Non vi è motivo per dubitare che con «Sinfonia» Sanzogno alluda alla futura Composizione n. 1 per orchestra, del cui impianto “sinfonico” fa fede tanto la compagine orchestrale prescelta, quanto la strutturazione dei movimenti interni. Dopo varie vicissitudini e ritardi (il lavoro di ricopiatura e approntamento delle parti, compiuto con l’aiuto dell’amico Luigi Nono, fu messo a punto solo nella seconda metà del 1949), l’opera fu eseguita con il titolo Musica per orchestra in prima assoluta a Torino, il 12 maggio 1950, presso il Conservatorio «Giuseppe Verdi» nell’ambito della Stagione sinfonica 1950-51 dell’Orchestra Sinfonica della Rai. Dopo sessantaquattro anni dalla sua prima (e unica) esecuzione italiana, l’opera torna dunque a vivere nella medesima città e grazie allo stesso corpo orchestrale (e allo stesso ente) che ne segnarono i natali. A capo dell’Orchestra Rai vi era allora lo stesso dedicatario dell’opera, Nino Sanzogno, che tornò a dirigerla nuovamente a Colonia il 28
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settembre 1962; fatta eccezione per l’incisione realizzata nel marzo del 2006 da Arturo Tamayo per la Neos con l’orchestra della radio di Francoforte, la tradizione esecutiva dell’opera termina con questa seconda ripresa tedesca: dal 1962 ad oggi nessuna traccia documentaria parla a favore di altre esecuzioni di Composizione n. 1 per orchestra che, di sicuro, non fu più diretta da Sanzogno, né mai lo fu dallo stesso Maderna durante la sua costante carriera direttoriale. Rileggendo in chiave contemporanea e del tutto personale la forma sinfonica, in Composizione n. 1 Maderna giustappone senza interruzioni di sorta quattro distinte parti, a loro volta variamente articolate internamente. Nella prima parte, per esempio, si susseguono una ieratica e lenta Introduzione dall’andamento prevalentemente accordale, una sezione di mezzo (Un poco meno, scrive Maderna in partitura) in cui affiorano gli elementi tematici dell’opera, e un Allegro in cui le due dimensioni melodiche e armoniche si compenetrano. La seconda parte è costituita invece da un unico Allegro – Quasi lo stesso tempo in stile “tema con variazioni” – opportunamente volto in chiave dodecafonica: il tema (anticipato in modo frammentario dai soli timpani in ff, quindi subito ripreso con forza dagli strumenti a corda) è sottoposto nell’arco di sette distinti «Periodi» a processi di «metamorfosi», «scomposizione», «integrazione», «sintesi», «distruzione» e infine di «dispersione» (i termini sono suggeriti dallo stesso compositore in partitura), fino a divenire del tutto irriconoscibile nel profilo ritmico e intervallare. Seguono quindi, sempre senza soluzione di continuità, la terza e quarta parte, un Andante, aperto dall’amata voce del vibrafono e segnato dalla levità delle linee melodiche, e un Allegro moderato e vigoroso finale, annunciato dagli archi e percussioni in ff, in cui le quattro serie fondamentali dell’opera – mai riconoscibili nel loro assetto originale – sono sviluppate in stretto canonico. Ciò che resta, dopo questa magistrale applicazione della tecnica dodecafonica sapientemente celata nell’inseguirsi delle voci orchestrali, è «solo il ritmo»: le battute finali dell’opera sono affidate infatti alle sole voci delle percussioni e del pianoforte. Ai suoni temperati di quest’ultimo, alternati a quelli di un vibrafono, Maderna affiderà infine la dedica «a Nino Sanzogno», posta direttamente in musica e “intonata” con tredici singole altezze (una per ogni lettera della dedica). Sono, questi, gli ultimi suoni ad altezza determinata di una composizione che svanisce a poco a poco nei fievoli colpi e nei rullii delle percussioni, lasciate vibrare finché «anche il ritmo scompare».
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Valerio Sannicandro Cori, per violino e orchestra Data di composizione: 2008 Prima esecuzione assoluta Durata: 10’ ca. Editore: Suvini Zerboni
Sebbene si tratti di una prima esecuzione assoluta, la composizione di Valerio Sannicandro, Cori, è datata al 2008 ed è stata sottoposta a una prima revisione nel 2013. Anche in questo caso il titolo non è esente dal fornire alcuni suggestivi rimandi per l’ascoltatore: Cori può infatti richiamare alla memoria un insieme di voci concertanti ma, anche, degli spazi specifici in cui quelle stesse voci (umane o strumentali) intonano i loro suoni. Entrambe queste accezioni sembrano convivere nel brano per violino e orchestra di Sannicandro. Le voci della compagine orchestrale prescelte per accompagnare lo strumento solista creano un impasto timbrico (un “coro”) del tutto particolare: tra i fiati sono presenti in orchestra solo due flauti e due corni; a questi si aggiungono una grande sezione di archi, un’arpa e tre percussionisti. La stessa disposizione spaziale di questo insieme orchestrale è, ugualmente, non convenzionale: sebbene disposti frontalmente rispetto agli ascoltatori, gli strumenti sono collocati in “cantorie” differenti, con il violino solista circondato dai timbri affini degli archi (violini I, II e viole); i sei contrabbassi, esclusi da questo primo “coro”, sono invece collocati dietro la scena e miscelati ai timbri delle percussioni; un ulteriore “coro” a sé, collocato al centro tra questi primi due, è formato quindi dai quattro fiati (due legni e due ottoni) e dall’arpa. Tutto, nella partitura di Cori, conferma l’attenzione che il compositore ha da sempre riservato, nei suoi lavori e nelle sue ricerche, alle differenti declinazioni del concetto di spazializzazione del suono. Dedicato al violinista Francesco D’Orazio (interprete di questa prima esecuzione assoluta), Cori si dipana come un’unica grande architettura sonora articolata al suo interno da una estrema varietà di indicazioni agogiche, metronomiche, dinamiche e timbriche. Le varie stanze di questo caleidoscopico edificio acustico (in partitura se ne possono riconoscere quindici, dal primo «Poco affrettato» al «Drammatico» finale) sono precedute da una suggestiva cadenza introduttiva del solista accompagnato da un tappeto sonoro, indistinto e soffuso, di fiati, arpa e contrabbassi. Si tratta di “finestre” – ognuna circoscritta da un respiro, una breve pausa o un nuovo attacco degli strumenti di accompagnamento – che aprono sul brano lasciando solo intravvedere quello che sarà il mondo e la complessità espressiva del brano. Questa introduzione, giocata nel segno 11
dell’indistinto e del “segreto”, ben anticipa l’atmosfera sonora di Cori e il fluire della sua voce solista, descritta dallo stesso Sannicandro come una «voce sospesa, che a tratti ondeggia e si ripiega in veloci arpeggi», producendo attorno a sé «una serie di strati, colori, echi in continuo movimento. Il violino solista è il vertice di un prisma, l’orchestra, la quale accumula con lo scorrere del tempo una quantità e qualità sempre variabile di riflessi: i suoni si intersecano, si sovrappongono, si affiancano allo strumento solista e ne trasformano sia il timbro che la sua funzione, mentre il discorso musicale attraversa in modo ciclico diversi stati, dalla contemplazione di un lontano orizzonte a improvvise scosse segno di una latente drammaticità».
Ivan Vandor Offrande Data di composizione: 1993 - rev. 2013 Prima esecuzione della versione riveduta Durata: 18’ ca. Editore: Suvini Zerboni
Come nel caso di Composizione n. 1 di Maderna, anche nella genesi di Offrande si cela la presenza di un grande direttore d’orchestra: il brano di Ivan Vandor fu infatti scritto vent’anni fa, su esplicita richiesta di Giuseppe Sinopoli (dedicatario dell’opera), che la eseguì in prima assoluta presso l’Auditorium Mann di Tel Aviv, nell’ottobre del 1993, a capo della Israel Philharmonic Orchestra. In previsione di questa ripresa torinese, il compositore ha apportato alcune revisioni alla sua pagina orchestrale, ridimensionandola nella durata (la versione originale durava infatti 25’ rispetto ai ca. 20’ minuti attuali) e operando minimi cambiamenti che coinvolgono alcuni passaggi dinamici e timbrici. Il titolo, in questo caso, indirizza l’ascoltatore verso una dimensione espressiva: lontano da qualsiasi riferimento implicito o esplicito a Edgard Varèse e alla sua Offrandes, esso allude a un dono di carattere rituale o comunque legato a un orizzonte religioso, difficilmente traducibile nell’italiano “offerta” (di qui la scelta di Vandor di un titolo in francese). Lo stesso compositore ha affermato di aver voluto indicare, con il titolo Offrande, «un’esperienza più profondamente spirituale e introversa, esperienza sottolineata anche da una quasi citazione di un passo della Terza Sinfonia di Mahler in cui il contralto canta un testo tratto da Così parlò Zarathustra di Nietzsche». Il riferimento va al quarto lento movimento (Sehr langsam. Misterioso) della terza mahleriana e all’eterno e profondo monito «O Mensch! Gib acht!» (Sta’ attento, uomo!), usato da Vandor 12
più come “reminiscenza sonora” che in modo letterale: si tratta di un ricordo, di un “momento” destinato non a evocare la fonte mahleriana bensì a creare una suggestione acustica per la quale «chi ascolta ha solo l’impressione di “capire”». Un momento che, al contempo, contiene in sé un ulteriore dono (un’offerta che è omaggio) al dedicatario, Sinopoli, e al suo amore per il grande compositore boemo. Le varie sezioni di Offrande sono caratterizzate da tempi metronomici differenti (dall’iniziale Lento al Lentissimo finale varie tappe intermedie – ora più lente ora più veloci – si susseguono l’una dopo l’altra) e da una sorta di sincretismo di elementi compositivi differenti: l’autore si avvale difatti di vari “linguaggi” musicali, dalla tonalità all’atonalità, dal cromatismo integrale alla serialità alla politonalità, miscelati con grande perizia e talora in modo del tutto indistinto all’ascolto. Tra gli intervalli, e a prescindere dalla procedura compositiva di riferimento, Vandor privilegia quelli di seconda maggiore e minore (di tono e semitono), colori armonici che sono il cuore strutturale della composizione. Solo alla fine, nell’ultima sezione di Offrande, dal magma sonoro dell’orchestra affiora un tema che, nelle parole di Vandor, «porta la composizione alla sua naturale conclusione: un tradizionale bicordo di terza maggiore». Angela Ida De Benedictis
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Federico Gardella Mano d’erba, per orchestra (prima esecuzione italiana)
Data di composizione: 2011 Prima esecuzione assoluta: 27 maggio 2012 – Tokyo Durata: 12’ ca. Editore: Suvini Zerboni
Pasquale Corrado Sfera (prima esecuzione italiana)
Data di composizione: 2012 Prima esecuzione assoluta: 25 giugno 2012 - Parigi Durata: 7’ 30” ca. Editore: Suvini Zerboni/SugarMusic
Alberto Colla Starlights (Luci stellari), symphonic poem on the life of a star
Nebula – Vortices – Blue Star – Expansion – Supergiant Red Star – Collapse – Supernova – Collapse II – White Dwarf – Collapse III – Pulsar – Collapse IV – The Horizon of Events – Black Hole – Radiations
Data di composizione: 2002 Prima esecuzione assoluta: 5 aprile 2003 - Tallinn Durata: 17’ ca. Editore: Ricordi/Ricordi
Malika Kishino Zur Tiefe
(prima esecuzione italiana)
Data di composizione: 2013 Prima esecuzione assoluta: 20 settembre 2013 – Cottbus Durata: 6’ ca. Editore: Suvini Zerboni
Steve Reich Section IV, da The Four Sections Data di composizione: 1987 Prima esecuzione assoluta: 7 ottobre 1987 - San Francisco Durata: 6’ ca. Editore: Boosey/Ricordi 14
Nel 2012 la Biennale di Venezia intitolava il Festival internazionale di musica contemporanea "Minimalismi e massimalismi", per mettere in luce la tendenza della musica d’oggi a esplorare le regioni di frontiera del mondo sonoro. Il panorama musicale attuale, infatti, non è soltanto animato da una variopinta pluralità di linguaggi, ma si spinge fino a toccare le forme più radicali dell’espressione, dalla sottrazione più rigorosa di ogni elemento superfluo fino alle stratificazioni più dense e magmatiche del materiale. Il programma del 2° concerto di Rai NuovaMusica sembra seguire un criterio analogo, presentando un ventaglio di musiche che si collocano, in linea di massima, nella sfera di atteggiamenti radicali di segno opposto. Il più lontano nel tempo, e il più programmatico dal punto di vista estetico, è il lavoro di Steve Reich. The Four Sections venne commissionato per festeggiare i 75 anni della San Francisco Symphony, che eseguì il lavoro per la prima volta il 7 ottobre 1987 con la direzione di Michael Tilson Thomas. Le quattro sezioni del titolo si riferiscono agli analoghi insiemi di strumenti che formano l’orchestra, ovvero gli strumenti ad arco, gli strumenti a fiato, gli ottoni e le percussioni. Steve Reich però sovrappone a questa divisione ulteriori articolazioni, che riguardano il tempo dei quattro movimenti e la struttura armonica di ciascuna sezione. Ogni parte si concentra su un singolo insieme di strumenti, mentre l’ultima sezione, Section IV appunto, presenta l’orchestra nella sua forma completa. L’organico è studiato per proiettare un’immagine compatta e geometrica del suono orchestrale, con tutti gli strumenti a fiato e gli ottoni a 4 e la sezioni di percussioni formata da due vibrafoni, due marimbe, due pianoforti e i timpani. Una simile struttura del lavoro potrebbe far pensare a una sorta di stile concertante, in cui le varie sezioni dell’orchestra assumono di volta in volta un ruolo solistico e si contrappongono alla fine le une alle altre, sulla falsariga del Concerto per orchestra di Bartók. In realtà il linguaggio di Reich si sviluppa attraverso un lento processo di accumulazione sonora, formata da una fitta rete di figure ritmiche e melodiche ripetitive che producono un tessuto contrappuntistico sempre più denso e complesso. La logica del cosiddetto “minimalismo”, di cui Steve Reich è stato uno dei principali esponenti, pur deridendo il termine e rifiutando l’etichetta, nega in maniera radicale i processi narrativi e lo spirito dialettico tipici della musica europea. Dal Settecento in avanti, le forme principali della musica orchestrale, il concerto e la sinfonia, sono improntate sull’idea di seguire un percorso di avvenimenti, che trovano soltanto alla fine la soluzione delle loro contraddizioni. Per Steve Reich, invece, il finale di The Four Sections rappresenta solo il momento di massima espansione 15
del flusso sonoro, che diluisce l’elemento narrativo nel ritmo trascendente del tempo cosmico. In questo lavoro, tuttavia, l’autore aveva trasgredito in parte la rigida estetica minimalista, introducendo per la prima volta nella sua musica un effetto di accelerazione nell’agogica generale, passando via via dal tempo lento del primo episodio alla pulsazione veloce (semiminima = c. 180) dell’ultimo. Ascoltando solo la parte finale, si perde ovviamente il senso di incremento dell’effetto drammatico all’interno del lavoro, ma è importante tener presente anche questo elemento per valutare le trasformazioni avvenute nella musica di Reich a cavallo degli anni Novanta. Section IV riassume e offre una sintesi conclusiva delle varie idee sviluppate nelle precedenti parti, a cominciare dal processo armonico. Il lavoro infatti si snoda mantenendo sullo sfondo una fascia armonica che parte dalla tonalità di mi maggiore, arricchita dalla triade di la maggiore, per giungere a una cadenza generale di tutta l’orchestra sull’accordo di fa diesis maggiore. La traiettoria di questa striscia armonica è attentamente calcolata, in maniera da passare attraverso le forme armoniche usate nelle sezioni precedenti grazie a una serie di impercettibili modulazioni. Agli elementi ritmici e armonici, si aggiunge alla fine anche una linea melodica, sviluppata in maniera onirica dai violini primi divisi a due e dagli strumenti a fiato. L’interesse quasi ossessivo per la struttura e le sue varie articolazioni produce una scrittura calcolata al millimetro, in antitesi a qualsiasi principio improvvisativo. Eppure l’effetto complessivo di questo stile iper-compositivo provoca in effetti una sorta di destrutturazione radicale della forma, in perfetta simbiosi con l’estetica minimalista. Reich evita con la massima cura di conferire a Section IV il carattere di un’apoteosi sinfonica, malgrado ne avesse a disposizione tutte le possibilità, a cominciare dalla riunione di tutte le forze sonore dell’orchestra. Volendo scavare più a fondo nella questione, The Four Section mette in luce le contraddizioni irrisolte di Reich di fronte alla scrittura per orchestra, affrontata soprattutto nella seconda metà degli anni Ottanta. Un organismo nato per esaltare la parabola narrativa come l’orchestra entra subito in conflitto con una concezione astratta e antifigurativa come quella di Reich, che ha bisogno invece di un controllo assoluto e diretto del suono per spremere tutta la forza espressiva della sua musica. In Section IV non si trova una sola indicazione agogica, per esempio crescendo o diminuendo, e la sonorità oscilla costantemente tra mezzopiano e mezzoforte, anche se il lavoro termina come abbiamo detto con un tempo molto più rapido dell’inizio e con un accumulo notevole di tensione contrappuntistica. In definitiva c’è qualcosa di incoerente nell’orchestra di Reich, che ha sotto il sedile una "Ferrari" e la guida come una "500".
Un autore del tutto a proprio agio invece con l’orchestra di tradizione classica e romantica è Alberto Colla. Nella sua produzione, già piuttosto abbondante per un musicista nato nel 1968, spiccano i lavori sinfonici e concertanti, spesso premiati in prestigiosi concorsi internazionali ed eseguiti da orchestre di primo piano in tutto il mondo. Starlights, scritto nel 2002, è un esempio appunto del successo riscosso a livello internazionale dalla musica di Colla, che con questo lavoro si è affermato nel 2003 al Concorso “Sumera” di Tallinn, dove il lavoro venne eseguito la prima volta dalla Estonian National Symphony diretta da Olari Elts. A differenza di Steve Reich, Alberto Colla ha improntato la maggior parte della sua produzione a uno stile narrativo e rappresentativo, a cominciare dall’opera tratta da Kafka Il processo, che nel 2001 gli ha dato la prima notorietà a livello internazionale. Starlights è un poema sinfonico, che intende raccontare la vita di una stella. Dietro al fenomeno delle radiazioni elettromagnetiche visibili a occhio nudo, chiamato volgarmente cielo stellato, si nasconde infatti un complesso insieme di eventi che formano il ciclo vitale di una stella. L’orchestra di Colla cerca di cogliere l’impressione che questa sequenza di fenomeni astronomici giganteschi destano in un osservatore umano, schiacciato dalla smisurata grandezza della loro scala di valori. La musica descrive le fasi principali dei cambiamenti della materia stellare, dalla nascita come nebulosa alla sequenza di trasformazioni della massa, attraverso processi di espansione e di collassamento, nei vari stadi della vita degli astri. Il poema sinfonico infatti è articolato in diversi episodi, che si susseguono senza soluzione di continuità: Nebula, Vortices, Blue star, Expansion, Supergiant red star, Collapse, Supernova, Collapse II, White dwarf, Collapse III, Pulsar, Collapse IV, The horizon of events, Black hole, Radiations. Un sottotesto del genere offre lo spunto per scatenare le sonorità più esplosive dell’orchestra, sfruttando in maniera spettacolare gli strumenti nel loro registro più estremo. Il ciclo di vita di una stella inoltre sembra particolarmente adatto a disegnare un percorso formale, nel quale gli episodi più convulsi si alternano a momenti di stasi lirica, tracciando un arco espressivo che parte dal timido aggregarsi del materiale e ritorna al silenzio siderale delle impalpabili radiazioni finali. Il tema principale, che rappresenta il Leit-motiv della stella, viene esposto in forma compiuta da un motivo di sei note suonato da una tromba, ma era già presente allo stato pulviscolare nelle prime battute del lavoro. Il racconto si sviluppa attraverso la permanente trasformazione di questo materiale primordiale, che alla fine si sfarina nella tenue sonorità della celesta perdendosi nelle infinite risonanze del vuoto. Starlights rappresenta forse il punto culminante della fase massimalista e
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visionaria della musica di Colla, che nei lavori successivi si è orientato verso uno stile più sfumato e meno spettacolare. Si torna di nuovo a forme di linguaggio di stampo minimalista con i lavori di Federico Gardella e della giapponese Malika Kishino. Non accade molto infatti in Zur Tiefe, una recente composizione della Kishino eseguita per la prima volta il 20 settembre 2013 dalla Philharmonische Orchester des Staatstheaters Cottbus con la direzione di Evan Christ. Per meglio dire, accade lo stesso gesto ripetuto più volte, con sfumature sempre diverse e cangianti. Un breve impulso sonoro dell’intera massa orchestrale genera una scia di risonanze che si propagano a macchia d’olio nel tempo, come per esaurire l’energia sprigionata dalla scintilla iniziale, finché una nuova esplosione di suono viene a imprimere un’altra spinta in avanti al meccanismo sinfonico. L’energia dell’orchestra nasce negli abissi mistici del suono, che attrae in maniera irresistibile con le sue misteriose profondità filosofiche la sensibilità dell’autrice. La forma non è articolata sulla narrazione di un contrasto insito nel materiale musicale, bensì dalla contemplazione delle infinite possibilità di rifrazione del suono. La varietà dei timbri orchestrali è sfruttata con un calibrato amalgama di diversi tipi di attacco del suono, di microcontrappunti, di varie tecniche strumentali ormai familiari alla musica contemporanea. Il progetto dell’autrice intende descrivere l’immagine di una goccia d’acqua che cade al suolo e s’infiltra nel suolo, fino a raggiungere le parti più oscure e misteriose della terra. In armonia con la visione filosofica e zen della cultura giapponese, Malika Kishino esprime in un gesto sintetico e nella meditazione il senso profondo della sua ricerca sul suono e sul non-suono. Zur Tiefe si apre su una violenta strappata dell’orchestra in fff e declina lentamente fino a raggiungere il silenzio finale. Il rapporto tra il pieno e il vuoto rappresenta l’asse cardinale del suo lavoro, che rimane un ponte di stile ibrido tra la musica occidentale e il mondo orientale. La visione della natura può ispirare lavori allegorici e drammatici come quello di Colla, ma anche di carattere lirico e contemplativo come Mano d’erba di Federico Gardella. La delicatezza della tinta sonora e il lavoro di cesello sulla scrittura giustificano pienamente il primo premio conferito a questa composizione nel 2012 al Concorso internazionale intitolato a Toru Takemitsu. Mano d’erba è stato eseguito per la prima volta a Tokyo il 27 maggio 2012 dalla Tokyo Philharmonic Orchestra diretta da Naohiro Totsuka. La natura in questo caso diventa una metafora della stessa orchestra, che cresce in maniera organica attraverso l’integrazione progressiva delle diverse famiglie strumentali nel disegno sonoro complessivo. Ciascun strumento aggiunge e 18
toglie di volta in volta il colore della propria voce all’impasto collettivo, in una sorta di delicata e suggestiva melodia di timbri. La metafora della natura indica però un altro tema di riflessione, il rapporto tra la finitezza dell’esperienza umana e l’eterno divenire del mondo. La linea melodica di un flauto in sol, staccandosi dallo sfondo dell’orchestra, mette in luce il contrasto tra la coscienza soggettiva e la neutralità oggettiva dei fenomeni naturali. L’epifania di questa voce isolata provoca nell’intera orchestra una reazione brusca e violenta, che si manifesta poi in forma ancor più drammatica in una nuova espressione del conflitto tra l’individuo e il mondo. Questa dialettica, tuttavia, sfocia alla fine in una sorta di annullamento del canto del flauto nel respiro eterno della natura. Mano d’erba nasce e muore nel silenzio, mentre Sfera di Pasquale Corrado sembra lanciare un urlo infinito e squassante, persino quando la sonorità si smorza e il furore dell’orchestra si placa nel crepuscolare gioco di campane del finale. Il lavoro, come spiega l’autore, è «la descrizione d’una sola figura musicale e delle mille variazioni che la rendono sempre diversa e mutevole: le note Do Si ricorrono durante tutto l’arco del pezzo dando vita a situazioni sempre differenti, nuove». Le note Si e Do formano i due intervalli più estremi e dissonanti del sistema armonico, seconda minore e settima maggiore, segnando subito il desiderio dell’autore di saturare idealmente lo spazio sonoro. In effetti nella partitura non si trova un solo istante di silenzio, tranne il quarto iniziale della prima battuta, che sembra caricare di tensione il poderoso levare dell’orchestra. L’energia di quest’onda di suono si scarica su un grande accordo, da cui si sviluppa un brulicante continuo spazio-temporale riempito di suoni ribattuti e microfigure che formano un reticolo di contrappunti ritmici e incrostazioni timbriche. Il flusso della materia sonora mantiene una velocità costante, articolando la forma attraverso grandi cesure armoniche e ritmiche. La densità del materiale, di volta in volta compresso fino a fondersi in un magma indistinto o dilatato in una scrittura quasi puntillistica, plasma la drammaturgia del lavoro, che è concepito all’interno di una stessa unità di tempo, come una sfera appunto. La prima esecuzione di Sfera è avvenuta a Parigi nell'ambito del Festival Académie ManiFeste, il 25 giugno 2012, con l'Orchestre Philharmonique de Radio France diretta da Leo Hussain. Oreste Bossini
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Beat Furrer Phaos
(prima esecuzione italiana)
Data di composizione: 2006 Prima esecuzione assoluta: 21 maggio 2006 - Stoccarda Durata: 17’ ca. Editore: Bärenreiter/Sonzogno
Anche se è nato in Svizzera (a Schaffhausen nel 1954), Beat Furrer ha legato a Vienna la fase decisiva della sua formazione (nella capitale austriaca è stato allievo di Roman Haubenstock-Ramati) e la sua attività di compositore e di fondatore e direttore del Klangforum Wien. Tra le tappe del suo percorso hanno un posto significativo le esperienze di teatro musicale, un teatro dalla drammaturgia non convenzionale, dall’atto unico Die Blinden (Vienna 1989) a Fama (Donaueschingen 2005), che l’autore definisce Hörtheater (Teatro per l’ascolto) e che è stata presentata anche alla Biennale Musica di Venezia dove Furrer ha avuto il "Leone d’oro" nel 2006. Il titolo si lega alla suggestione di un passo del XII libro delle Metamorfosi di Ovidio, in cui è descritta la casa della Fama, una casa aperta da infinite aperture, dove non c’è mai silenzio, e tutto risuona delle voci che vi giungono. Protagonista di questo teatro dell’ascolto è il suono nello spazio, in uno spazio con caratteri particolari, anch’esso strumento del compositore e “casa” dove trova posto il pubblico; ma c’è un concreto riferimento drammaturgico, perché il testo è formato da frammenti del monologo interiore della signorina Elsa di Schnitzler, affidati a un’attrice. Il percorso musicale di Fama segue con grande finezza, sensibilità e varietà inventiva, e con una qualità di suono sempre personalissima, diversi momenti del delirio di Elsa, fino al mortale spegnersi conclusivo. Phaos per orchestra, che porta in partitura la data di compimento 11 marzo 2006, segue a breve distanza l’esperienza di Fama. La prima esecuzione di Phaos ha avuto luogo a Stoccarda il 21 maggio 2006 con la Staatsorchester Stuttgart, committente del pezzo, diretta da Lothar Zagrosek. Come in lavori precedenti della piena maturità di Furrer molto schematicamente potremmo parlare della filtrata elaborazione di un nucleo concentrato di materiali che sono proiettati nel tempo e nello spazio attraverso complessi procedimenti di variazione, addensamento, combinazione, disgregazione. Phaos in greco significa luce, e la luce evocata da Furrer nel pezzo che porta questo titolo conosce innumerevoli riflessi e iridescenze, sfumature e marezzature, e insieme la densità di grandi ondate. Il lavoro sul suono che è uno degli aspetti caratteristici più originali della musica di Furrer si vale della 20
sottigliezza di filigrane cesellate con finezza, che possono essere interrotte da gesti dirompenti oppure possono addensarsi in combinazioni complesse di forte impatto. Non si intenda l’immagine della filigrana in senso decorativo: a proposito del mondo poetico di Furrer Reinhard Kager con ragione ha parlato di “dolorosa dialettica tra disperazione e utopia”. La luce di Phaos conosce spesso splendori metallici: nel suono complessivo si nota la presenza di tre percussionisti con una trentina di strumenti (prevalentemente legni e metalli). Si nota anche il rilievo solistico del primo violino, del primo contrabbasso e del pianoforte, sia pure con interventi brevissimi, estremamente frammentati. I gesti, i materiali con cui è costruita la musica di Furrer sono “piccoli”, spesso isolati, soprattutto nella prima parte del pezzo (che dura poco più di sette minuti), dove prevalgono trasparenze, rarefazioni, brevi silenzi. Ho parlato di prima parte perché all’ascolto come nella partitura il pezzo appare chiaramente articolato in due sezioni, che non sono separate da alcuna pausa. La seconda, più ampia, segue subito, con un improvviso fortissimo, con le lame di luce metallica dei crotali (che entrano qui per la prima volta) e i glissandi degli archi. Fino alla fine del pezzo, per una decina di minuti, la scrittura diviene più densa e drammatica, anche se non viene meno il minuzioso lavoro sul suono; i materiali si sovrappongono e si intrecciano, ritornano in nuove combinazioni e in costanti trasformazioni, come gesti che si ripetono con continue varianti e danno vita a processi sovrapposti creando ondate di luce che si succedono con ininterrotta tensione. Alla fine un gioco di sottile sfasamento in imitazione accomuna tutta l’orchestra nella ripetizione di figure cromatiche discendenti, che conducono alle battute conclusive.
Francesco Filidei Ogni gesto d’amore, per violoncello e orchestra Data di composizione: 2009 - rev. 2013 Prima esecuzione della versione riveduta Durata: 26’ ca. Editore: Rai Trade
Composto nel 2009, Ogni gesto d’amore per violoncello e orchestra ha avuto la prima esecuzione il 2 maggio 2010 alla “Münchener Biennale” per la quale era stato commissionato dalla città di Monaco. Il solista era Francesco Dillon, cui la partitura è dedicata; Stefan Asbury dirigeva l’orchestra della radio di Vienna (ORF Radio Symphonie-Orchester Wien). Nello stesso concerto era in programma di Filidei Macchina per scoppiare pagliacci (2004), uno dei lavori più rappresentativi di una fase della sua ricerca rispetto alla quale Ogni gesto 21
d’amore rivela aspetti nuovi. La musica di Francesco Filidei (Pisa 1973) nasce da un’esperienza di ricerca al limite, sulle possibilità dell’uso musicale del rumore, che costituisce spesso il materiale del suo linguaggio con inaudito radicalismo e grande forza comunicativa. Sciarrino ha parlato di una musica dove ciò che risuona è ridotto a mormorio, quasi a scheletro, “lieve, ma ricco di rumori quasi meccanici”, capace di trovare adeguato respiro anche nel rigore di questo ambito limitato, con soluzioni prima impensabili: “non si tratta di soluzioni intellettuali, ma del dischiudersi di un prezioso mondo poetico”. Dove si può riconoscere un rapporto con la storia, con il passato, rivissuto ovviamente con libertà inventiva, senza rinunciare alla consapevolezza dell’oggi. In una intervista del 2012 con Marilena Laterza il compositore, che è anche un grande organista, ha osservato: essichi la musica, conservi il suo scheletro, e, come in una natura morta, del suo vissuto resta solo la cenere; una specie di quaresima, in cui si crea una tensione estrema e il desiderio non viene appagato per poter essere desiderato ancora. […] In questo c’è un amore sconfinato per la tradizione.
Nella stessa intervista, tuttavia, Filidei racconta che, giunto al limite di un percorso di sottrazione, «a un certo punto non ce l’ho fatta più e ho gettato la maschera». Ogni gesto d’amore non era stato subito concepito come concerto per violoncello e orchestra, e vi doveva essere fondamentale la successione di pagine girate dagli orchestrali (il gesto iniziale, che ritorna più volte nel corso del pezzo), ad aprire uno spazio vuoto: «ma poi sono scoppiato, e tutto il suono che avevo trattenuto per dieci anni è venuto fuori». Il profondo mutamento si riflette anche nella vicenda del titolo del pezzo, che proviene da un verso del Novissimum Testamentum di Edoardo Sanguineti, «Quando è finito ogni gesto d’amore». Nel testo che Filidei ha premesso alla partitura leggiamo, dopo la citazione dei versi di Sanguineti che precedono quello del titolo:
suono. Una forma Rondo ha imbrigliato l’alternarsi di differenti stati emotivi, con possibili scene di vita separate dal richiamo funebre delle grancasse. Un pensiero al Crucifixus di Bach e al Weinen Klagen Sorgen Zagen di Liszt ha forse generato l’impianto globale del lavoro, dilatandone l’inesorabile basso ostinato cromatico in fa minore su tutto il percorso. Ogni sezione della partitura è costruita infatti seguendo semitono dopo semitono la scala cromatica discendente, partendo dalla nota Fa. Ogni melodia, quando non imprigionata nel suo stesso spettro, è costruita semitono per semitono sulla gamma cromatica, gamma che solo sull’ultima sezione della partitura trova un suo rinascere attraverso la scala di Fa diesis maggiore, serialmente, moralmente, tonalmente.
Il vuoto alle soglie del silenzio dell’inizio di Ogni gesto d’amore, che prende avvio dalle pagine girate e dal pianissimo soffocato dei colpi di grancassa, crea subito una tensione che non viene mai meno e che, attraverso sezioni di carattere diverso fortemente individuato, porta anche a momenti esplosivi, culminanti nella sezione “Agitato” (poi “Agitato molto, disperato”) che si colloca poco oltre i due terzi del pezzo. Dopo queste pagine di massima densità (che non rinuncia ad una controllata raffinatezza di scrittura) la graduale rarefazione porta al momento in cui le girate di pagine hanno la maggior frequenza ed evidenza, e infine alla delicatezza del conclusivo “Andantino molto, dolce”. Anche l’anelito al canto che mi sembra caratterizzare la parte del solista appare frutto di una tensione al limite, con una scrittura spinta all’estremo.
Emanuele Casale A Victor Hugo Daza Data di composizione: 2006 Prima esecuzione assoluta: 6 dicembre 2006 - Palermo Durata: 12’ ca. Editore: Ricordi
Per mesi e fino all’ultimo giorno di lavoro ho scritto e cancellato a più riprese dal titolo le prime parole del verso di Sanguineti. Il “Quando” è caduto definitivamente quasi subito, mentre il “Finito” negli ultimi giorni, in una alternanza che ha alimentato e tracciato il percorso della composizione. Prosegue il Novissimum Testamentum: “E così amore finisce in Romanza, / e si chiude in canzone e in cantilena: / Amore muore in strambotto e in rispetto, / spira in stornello, in elegia, in sonetto” Amore muore quindi in musica. E la musica come muore? Cercavo una musica completamente essicata, fra le voltate di pagina, ma a poco a poco, con il titolo, le pagine stesse mi hanno forzato a prendere un’altra strada, imponendo il
Dopo il compimento degli studi di composizione e di musica elettronica, Emanuele Casale (Catania 1974) ha seguito fra l’altro corsi di Aldo Clementi e di Salvatore Sciarrino, e si è rapidamente affermato con una poetica del tutto indipendente da quelle di entrambi questi maestri. La sua musica si è imposta sotto il segno di una volontà di “essenzialità” intesa come nitida concisione, energia, ricerca di idee trasparenti, non prive di diretta immediatezza, e non estranee ad una componente ludica: una musica che “riunisce azione giocosa e una sorta di sistema sonoro geometrico ad incastri: un flusso continuo di microcellule tematiche aggrovigliate e micro-temi con pseudo-imitazioni
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ininterrotte”, come ebbe a dichiarare il compositore. All’inizio le opere di Casale portavano spesso titoli astratti, ad esempio il numero che definiva il posto occupato nel catalogo. Così porta il semplice titolo 6 il pezzo che la Fenice gli aveva commissionato per proporlo nella settimana di inaugurazione del teatro ricostruito dopo l’incendio, nel dicembre 2003. Questa consuetudine si è interrotta con il pezzo in programma oggi, e le opere successive portano quasi tutte un titolo non astratto. Nel caso di A Victor Hugo Daza, commissionato dall’Orchestra Sinfonica Siciliana e composto nel 2006, il titolo è una dedica che non può lasciare indifferenti. Victor Hugo Daza era, ricorda Casale nel suo testo sul pezzo, «un diciassettenne boliviano ucciso mentre scioperava contro la privatizzazione dell’acqua (il popolo non poteva costruire nemmeno degli invasi per raccogliere acqua piovana)». Alla dedica si può collegare un carattere che fa assumere a questo pezzo una posizione particolare nel catalogo di Casale. Il compositore qui si confronta con la tradizione sinfonica classica, ripensandone alcuni aspetti in chiave personale, come in “una specie di gioco con il sinfonismo del passato”. In questo progetto convergono due motivazioni di natura diversa, esplicitate nel titolo e nel sottotitolo (A Victor Hugo Daza. Omaggio a Respighi) e in una frase sulla pagina posta di fronte alla prima della partitura: «La musica è un omaggio a Respighi. Dedicato al diciassettenne Victor Hugo Daza, ucciso in Bolivia per difendere l’acqua della sua città». Il pezzo vuole avere un carattere più “popolare”, rispetto ad altri di Casale, perché si tratta di una composizione «dedicata a un ragazzo del popolo nel vero senso del termine. Volevo che i suoi genitori, molto sprovveduti in fatto di musica, riuscissero a comprendere qualcosa di ciò che avevo scritto», ha precisato il compositore rispondendo a una mia domanda. E il progetto si è incontrato con l’intenzione che Casale aveva da tempo di dedicare un pezzo a Respighi: «quando ho pensato a una musica più "popolare", ma nello stesso tempo con un suo particolare spessore, mi è venuto in mente lui. Mi piaceva l'idea di accostare due persone così differenti sotto un medesimo carattere vagamente "popolare"». L’omaggio a Respighi non comporta citazioni dirette; ma si potrebbe forse dire che il compositore bolognese viene evocato in modo allusivo, attraverso alcuni gesti vigorosi (per esempio degli ottoni) o lirici, che lasciano trasparire l’allusione eppure appartengono a Casale. «Volevo richiamare un senso di rivolta festosa insieme a un tipo di orchestrazione "nostalgica", non tralasciando comunque degli elementi più personali». Che si riconoscono fra l’altro, mi sembra, nella precisione di certe fitte costruzioni contrappuntistiche, nella 24
densità carica di energia. Il pezzo si caratterizza per una particolare evidenza di contrasti, tra esplosioni sonore e zone di delicato lirismo. E su tali contrasti richiama l’attenzione anche il testo di presentazione di Casale, che, dopo aver spiegato la dedica al giovane boliviano, osserva: L’orchestra è trattata in modo da generare l’eco della tradizione sinfonica. Il lavoro esordisce in modo quasi trionfale, si sviluppa con colori piuttosto vari, macigni e carezze. Poi sprofonda in una sorta di baratro di legni e ottoni, come se fosse un potente oblio.
E si conclude “secco e violentissimo” con un fortissimo (ffff) di pianoforte e percussioni.
Salvatore Sciarrino Soffio e forma (prima esecuzione italiana)
Data di composizione: 1995 Prima esecuzione assoluta: 17 novembre 1995 - Colonia Durata: 23’ ca. Editore: Ricordi
“Acuire la percezione di chi suona e di chi ascolta. Giungere a confondere suono e silenzio, suscitare l’incertezza metafisica”: con queste parole Salvatore Sciarrino conclude la premessa alla partitura di Suono e forma, una breve nota in cui, fra l’altro, raccomanda agli interpreti di contenere le dinamiche “in un eccesso di impercettibile pianissimo”, ma anche di non comprimere l’estremo opposto. Fa parte del carattere radicale di Soffio e forma (1995) il fatto che vi è portata all’estremo la contrapposizione tra l’appena udibile e l’esplosione sonora di massima violenza. Si radicalizza, da un lato, un aspetto da sempre presente nella musica di Sciarrino, dove la verginità del suono appare ritrovata in quella regione liminare tra il suono e il silenzio in cui si crea, come dal nulla, il carattere immateriale dei suoi fantasmi sonori.“In generale nella mia musica l'ascoltatore è costretto ad abbassare la sua soglia di ascolto, così che a un certo punto sente di più”, osservava Sciarrino in una intervista del 1990 (apparsa in “Entretemps”). Leggiamo subito la nota di presentazione che il compositore ha scritto su Soffio e forma: Il titolo è di quelli che si spiegano da sé, che attraverso un concetto indicano una poetica ma anche il percorso formale dell’opera. Un titolo ideale, sebbene parrebbe appartenere più a un saggio filosofico. 25
Non ho dunque tanto da aggiungere. Può un fruscio essere possente? Mi viene in mente un passo esemplare della Bibbia: tutti gli amici della musica contemporanea dovrebbero conoscerlo. Elia fugge nel deserto e attende di incontrare Dio. Passa un vento che spacca i monti, ma Dio non è nel vento. Si scatena un terremoto, ma Dio non è nel terremoto. Arde un gran fuoco, ma Dio non è nel fuoco. Ed ecco il mormorio di una brezza leggera. Appena l’ode, Elia si copre il volto con il mantello. Non sono credente, eppure il mio orecchio ha ascoltato cose incredibili; nella notte di Pantelleria, l’attrito di pochi granelli di sabbia, portati da una brezza senza voce.
Peter Eötvös The gliding of the eagle in the skies (prima esecuzione italiana)
Data di composizione: 2011 Prima esecuzione assoluta: 15 ottobre 2012 - Pamplona Durata: 7’ ca. Editore: Schott/SugarMusic
In Soffio e forma (la cui prima esecuzione ha avuto luogo a Colonia il 17 novembre 1995 con la Kölner Rundfunk-Sinfonie-Orchester diretta da Peter Eötvös, cui la partitura è dedicata) si sfiora la soglia dell’impercettibile, ma si tocca anche l’estremo opposto con colpi di pistola che non sono solo “echi di una realtà violenta”, ma “vengono imposti da un’esigenza fonica e costruttiva di contrappeso più che di sproporzione. Infatti quando l'orecchio si affina verso le soglie dell'impercettibile, allora lo stesso silenzio sembra esplodere”, osserva Sciarrino nella premessa alla partitura. Il colpo di pistola, quasi rumore bianco, pura energia senza vibrazioni, produce un inevitabile effetto di shock, e insieme serve a riequilibrare le dinamiche, a raggiungere l’estremo opposto dei pianissimi appena udibili. Del colpo di pistola Sciarrino ha fatto uso in modi diversi già alla fine di Cadenzario (1991) e in altri pezzi, come I fuochi oltre la ragione (1992-97). In Soffio e forma i colpi di pistola hanno il ruolo di un big bang che si imprime sulla forma del pezzo. Nelle prime pagine della partitura il soffio si presenta come un respiro, come un fenomeno fluido quasi senza forma; poi esplodono sette colpi di pistola che lasciano l’impronta formale sul pezzo, facendolo proliferare da qui e proiettandovi la successione di sequenze di sette eventi, minuziosamente definiti in ogni dettaglio, come sempre in una partitura di Sciarrino (i sette colpi avranno un’eco in due colpi poco dopo e in un colpo isolato verso la fine). Nel suo lento procedere il pezzo si presenta come un flusso dall’ampio respiro unitario, dove “l’ossessione della trasformazione e l’ossessione della somiglianza sono legate, anzi una richiama l’altra”, come osserva Sciarrino nella prima frase della citata prefazione alla partitura. Elementi di forte contrasto si inseriscono in modo imprevedibile nel corso del pezzo e, con maggiore evidenza, a segnarne la conclusione.
Si può collaborare con Stockhausen o con Boulez e scrivere una musica nutrita di radici diverse: così ha fatto e fa l’ungherese Peter Eötvös (1944), che è stato per alcuni anni collaboratore di Stockhausen e dal 1979 al 1991 direttore dell’Ensemble InterContemporain. In Italia, a differenza che in altri paesi europei, la sua attività compositiva è meno nota di quella di direttore d’orchestra, nonostante la ricchezza “di pensiero e pratica musicale” fondata sulla sua duplice attività (ed elogiata con queste parole nella motivazione per l’assegnazione del "Leone d’oro" alla carriera alla Biennale 2011 di Venezia): una attività che nonostante la riconosciuta grandezza del direttore è ormai da tempo quella di “un compositore che dirige”. I rapporti con Stockhausen e Boulez non hanno impedito a Eötvös (che a 14 anni ha avuto Zoltán Kodály come insegnante di composizione) di rivendicare la propria appartenenza a una tradizione musicale ungherese che va da Bartók a Ligeti e Kurtág, né di conoscere aperture difficilmente riconducibili ad una definizione unitaria, come mostra anche il successo delle sue numerose opere teatrali, diverse nella concezione drammaturgica e nel linguaggio musicale, da Tre sorelle (da Cechov, Lione 1998) a Die Tragödie des Teufels (Monaco di Baviera 2010). Non sorprende che lo abbia interessato la commissione della Euskadiko Orkestra, l’orchestra nazionale basca fondata nel 1982, che in occasione del trentesimo anniversario della fondazione aveva chiesto a lui e al altri sette compositori di diversi paesi di scrivere ognuno un pezzo che liberamente riflettesse la propria visione del paese basco e della sua cultura. Tra questi c’era anche Ivan Fedele, il cui Txalaparta (nome dello strumento popolare basco impiegato nel pezzo) si è ascoltato a Rai NuovaMusica 2013. Il pezzo di Eötvös è del 1911, è stato eseguito per la prima volta a Pamplona, il 15 ottobre 2012, sotto la direzione di Andrés Orozco-Estrada, subito dopo riveduto nell’ottobre-novembre 2012 ed eseguito nella nuova versione nel gennaio 1913. Il titolo, The Gliding of the Eagle in the Skies (Il volo - o, letteralmente, il planare- dell’aquila nei cieli), allude all’immagine suscitata nella fantasia del compositore dall’ascolto di un canto popolare basco privo di testo, facente parte di una raccolta dello studioso della cultura basca Ximun Haran (1928-2013).
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Eötvös racconta, a proposito della ispirazione ricevuta dal canto popolare basco in cui si era imbattuto: Ascoltando questo canto mi apparve nella mente una immagine: un’aquila che volava in alto nei cieli, e si librava planando senza muoversi, con tutta l’ampiezza delle ali aperta; lo sguardo dell’aquila; il fruscio delle sue ali nell’aria; lo spazio infinito; il senso di completa libertà.
Riprendendo la poetica immagine del compositore si potrebbe forse dire che egli tiene fisso lo sguardo su frammenti melodici che evocano il sapore improvvisatorio del canto popolare e che affiorano da un tessuto sonoro di complessa raffinatezza: all’inizio sull’arcano sfondo degli archi e tra gli interventi dei percussionisti e delle arpe una melodia comincia a profilarsi agli ottoni gravi (due tromboni, trombone basso, tuba); poi, all’estremo acuto tre ottavini (dall’intonazione lievemente diversa: il primo un poco più acuta, il secondo un poco più bassa rispetto a quella del terzo) giocano imitandosi o sovrapponendosi in una breve pagina che ritroveremo verso la fine. In un pezzo di nitida compattezza mutano colori, sfondi, contesti, la melodia appare e scompare emergendo con diversi gradi di evidenza tra episodi diversi in un seducente succedersi di invenzioni. Paolo Petazzi
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Biografie: compositori - interpreti
Michele Tadini (1964)
Bruno Maderna (1920-1973)
Nato a Milano, si è diplomato al Conservatorio “Verdi” di Milano in chitarra con Chiesa, in nuova didattica della composizione con Gorli e Manzoni, in musica elettronica con Sinigaglia. Ha studiato composizione con Donatoni all'Accademia Chigiana di Siena, dove ha conseguito il diploma di merito e una borsa di studio per il Conservatorio di Parigi. Nel 1991 è stato ospite ai corsi di Darmstadt e nel 1998 è stato selezionato per lo Stage dell'IRCAM. Tra il 1994 e il 1996 è stato docente di musica elettronica ai Corsi di alta formazione dell'Accademia musicale dell'Emilia Romagna (Fondazione A. Toscanini). Dal 1998 è docente di musica elettronica nei corsi di formazione di "Tempo Reale". Ha al suo attivo diverse composizioni eseguite nell'ambito di prestigiose rassegne tra cui: Festival di musica elettronica dell'E.M.S. (Stoccolma), Percorsi di musica d'oggi, Milano Musica, Nuove Sincronie, Spaziosuono - Biennale internazionale di musica e architettura (Genova), Di nuovo musica (Reggio Emilia), Musique italienne (Tolosa), Musica (Strasburgo), "Regola, gioco", Nieuw Ensemble (Amsterdam). Tra i suoi lavori: Testo per ensemble, Testo a fronte per trio d'archi ed elettronica nuova versione, L'albero capovolto schema di improvvisazione per i Virtuosi di Nuova Consonanza, nastro magnetico e live electronics, Teatro della Luce per ensemble ed elettronica, Notturna per tromba ed elettronica, Teatro II per ensemble elettronica e parte video in tempo reale. Dal 1990 è socio di AGON - centro studi Armando Gentilucci, di cui attualmente è direttore generale e responsabile della produzione, collaborando alla realizzazione di numerose produzioni musicali tra cui la parte elettronica dell'opera Blimunda di Corghi, del Concerto Grosso per cinque tastiere ed orchestra di Donatoni, de Il velo dissolto di Mietta Corli su musiche di Donatoni. Ha curato le produzioni ed esecuzioni dei pezzi che AGON ha commissionato tra cui brani di Donatoni, Manca, Cardi, Perezzani, Guerrero, Manzoni, Pisati, dall'Ongaro. Come responsabile della produzione ha curato il progetto "Radiofilm per Radio3 Rai" (1994) e tre cicli della nuova edizione (1996). Ha curato la realizzazione della parte elettronica per le musiche di Commedia dell'Inferno di G. Manzoni e la ricostruzione dei nastri magnetici e la progettazione del live electronics per la riedizione critica di Don Perlimplin di Bruno Maderna. Nel 1998 ha curato l'esecuzione di Isabella di Corghi.
Nacque a Venezia. Diplomatosi in composizione nel 1940 al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, sotto la guida di Alessandro Bustini, si perfezionò a Venezia con Gianfrancesco Malipiero; per la direzione d’orchestra seguì i corsi di Antonio Guarnieri a Siena e Hermann Scherchen a Venezia. Fra il 1948 e il 1952 insegnò al Conservatorio di Venezia. Nel 1949, con le B.A.C.H. Variationen per due pianoforti, partecipò per la prima volta agli Internationale Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, di cui divenne docente a partire dal 1956. Nel 1950 diresse i suoi primi concerti all’estero: a Parigi e a Monaco, invitato da Karl Amadeus Hartmann; ebbe così inizio una faticosa ma incessante carriera che lo vide attivo, oltre che in Italia, in Germania, Svezia, Belgio e Austria. In collaborazione con Luciano Berio fondò nel 1955 lo Studio di Fonologia Musicale presso la Rai di Milano e promosse dal 1956 al 1960 una serie di manifestazioni, gli "Incontri Musicali", per la diffusione della musica contemporanea. Nel 1957-58 tenne, su invito di Ghedini, un corso libero di tecnica dodecafonica presso il Conservatorio di Milano. Tra il 1960 ed il 1962 svolse attività didattica e concertistica alla Summer School of Music del Dartington College di Devon (Gran Bretagna). Dal 1961 al 1966 fu direttore stabile, con Pierre Boulez, dell’Internationales Kranichsteiner Kammerensemble; diresse concerti a Tokyo e a Buenos Aires. Negli anni Sessanta svolse un’intensa attività didattica e concertistica in Olanda e nel 1967 divenne insegnante al Conservatorio di Rotterdam. Tenne corsi di direzione d’orchestra al Mozarteum di Salisburgo e a Darmstadt; tra i suoi allievi figurano Lucas Vis, Yves Prin, Gustav Kuhn. Nagli anni Settanta venne spesso invitato negli Stati Uniti a dirigere il Juilliard Ensemble e le orchestre di Chicago, Boston, Filadelfia, Miami, New York, Cleveland, Washington, Detroit; nel 197172 fu direttore del Berkshire Music Center di Tanglewood. Nel 1971 assunse la direzione stabile dell’Orchestra Sinfonica di Milano della Rai. Nel 1972 vinse il "Premio Italia" con l’invenzione radiofonica Ages. Nell’aprile del 1973, durante le prove della sua opera Satyricon ad Amsterdam, gli venne diagnosticato un cancro ai polmoni, ma continuò ugualmente a comporre e a dirigere fino a pochi giorni prima della sua morte.
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Valerio Sannicandro (1971)
Ivan Vandor (1932)
Nato a Bisceglie, nel 1987 inizia lo studio della viola e della composizione (con D’Amico e Lupone per la composizione, Farulli, Ghedin e Erdelyí per la viola). Nel 1994 consegue il diploma in viola con il massimo dei voti e inizia l’attività di interprete di musica da camera, solista e compositore. Nel 1995 si trasferisce in Germania e consegue un “Aufbaustudium” in viola presso la Folkwang Hochschule di Essen e frequenta masterclasses con Barbara Maurer (Ensemble Recherche) e Garth Knox (ex Arditti Quartet). Come solista esegue composizioni di Sciarrino, Maderna, Grisey, Murail e Scelsi. Dopo un periodo dedicato all’interpretazione, frequenta un workshop tenuto da Vinko Globokar e Johannes Kalitzke e prosegue gli studi di composizione a Colonia nella classe di York Höller, dove si diploma nel 2000 con la tesi Komposition alssemiotischer Prozess. Alla Musikhochschule studia direzione con Peter Eötvös e debutta con l’orchestra della WDR di Colonia nella prima esecuzione assoluta di Hoch Zeiten di Stockhausen. Dirige per la Triennale di Colonia, i Ferienkurse di Darmstadt, il Festival delle Canarie e il Festival Acanthes e riceve commissioni dalla Bayerische Staatsoper e dal Donaueschinger Musiktage. Partecipa a workshops tenuti da Lachenmann, Harvey, Magnus Lindberg; nello stesso periodo prosegue gli studi con Hans Zender a Francoforte e inizia un corso di musica elettronica con Dirk Reith ad Essen e privatamente con Emmanuel Nunes a Parigi. Vince vari concorsi di composizione in Germania (Lipsia, Rostock, Francoforte e Musica Viva - Monaco 2002) e in Italia (Udine), una borsa di studio dal CDMC di Parigi, nonché il "Kranichsteiner Musikpreis 2000" dei Ferienkurse di Darmstadt. Ha tenuto conferenze alla HumboldtUniversität di Berlino, all'Accademia di Musica di Praga ed è stato docente presso i Ferienkurse di Darmstadt nel 2002. Riceve un "Arbeitsstipendium" della Heinrich-Strobel-Stiftung per l'anno 2003. È stato invitato al Cursus de composition dell'IRCAM, dove poi in qualità di compositeur associé lavora in un gruppo di ricerca sulla spazializzazione. I suoi lavori sono stati eseguiti da Kammer, Veale, Ensemble Modern, Ensemble Intercontemporain, Kroumata, Musikfabrik NRW, Ensemble Aleph, Ensemble Resonanz, Orchester des Bayerischen Rundfunks, Hilversum Radio Kamerorkest, e diretti da Eötvös, Stockhammer, Rivolta, Hirsch, Valade, registrati e trasmessi da varie emittenti radiofoniche e incisi su cd.
Nasce a Pécs in Ungheria e oggi vive a Roma. Si trasferisce in Italia nel 1938 e inizia lo studio del violino e due anni più tardi quello del pianoforte e della composizione. Dai sedici ai vent'anni è uno dei più stimati sassofonisti jazz in Italia. Riprende lo studio della composizione, prima con Guido Turchi, e successivamente al Conservatorio di Santa Cecilia, a Roma, con Goffredo Petrassi. Diplomatosi nel 1959, si reca a Parigi dove studia con Max Deutsch, l'allievo di Schönberg. Ritornato a Roma, segue il corso di perfezionamento di Petrassi all'Accademia di Santa Cecilia, dove si diploma nel 1962. Lo stesso anno vince il Primo Premio (sezione Musica da camera) del Concorso Internazionale di Composizione della Società Italiana di Musica Contemporanea con Quartetto per archi. Due anni dopo, allo stesso concorso, viene segnalata la sua composizione Canti Sacri (Primo Premio Ligeti, Secondo Premio Kagel). L'anno precedente, i Moti per orchestra ottenevano il Secondo Premio (Primo Premio non assegnato) al Concorso Internazionale dell'AIDEM (Associazione Italiana per l'Educazione Musicale). E' quindi membro dei gruppi d'improvvisazione "Nuova Consonanza" e "Musica Elettronica Viva". Con quest'ultimo effettua numerose tournée e registrazioni in Europa. Nel 1969, dopo essersi trasferito negli Stati Uniti, vince il Premio Taormina con Dance Music per orchestra. Nel 1970 si laurea in Etnomusicologia all'Università della California di Los Angeles (UCLA) e intraprende una ricerca sulla musica del Buddismo tibetano presso le comunità monastiche rifugiate nel Nepal e nell'India del Nord, ricerca i cui risultati verranno condensati nel suo libro La Musique du Bouddhisme tibétain (Buchet/Chastel, Paris, 1976). Dal 1974 al 1983 è vice-direttore e poi direttore dell'International Institute for Comparative Music Studies di Berlino. Nel 1983 rientra in Italia per insegnare composizione al Conservatorio di Musica di Bologna e al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Ha scritto numerosi articoli, è stato vice-presidente della Società Italiana di Etnomusicologia, "Visiting Professor" all’Università del Michigan e le sue composizioni sono state e sono eseguite in numerosi festival, stagioni concertistiche e trasmesse sulle stazioni radio nazionali ed internazionali.
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Federico Gardella (1979)
Pasquale Corrado (1979)
Nato a Milano, ha compiuto gli studi di pianoforte diplomandosi al Conservatorio di Milano con Piero Rattalino e Riccardo Risaliti e alla Universität der Künste di Berlino con Klaus Hellwig; parallelamente ha studiato composizione al Conservatorio di Milano diplomandosi con Sonia Bo. In seguito si è perfezionato con Azio Corghi presso l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e l'Accademia Chigiana di Siena e con Alessandro Solbiati ai Corsi di Perfezionamento Musicale di Sermoneta e al Conservatorio di Milano, dove si è laureato con il massimo dei voti e la lode. Particolarmente importanti per la sua formazione sono stati gli incontri con Brian Ferneyhough e Toshio Hosokowa. Nel 2009 gli è stato conferito in Giappone il premio internazionale di composizione “Takefu”. Ha ricevuto commissioni da numerose istituzioni tra cui il Divertimento Ensemble, la Fondazione Spinola Banna per l'Arte, l'Orchestra I Pomeriggi Musicali e il Takefu International Music Festival. La sua musica è stata eseguita in diversi festival e stagioni concertistiche quali Accademia Filarmonica di Bologna, St. Paul's Hall di Huddersfield, Middleton Hall di Hull, Festival Pontino/Teatro Cafaro di Latina, Sala Verdi del Conservatorio di Milano, Accademia Internazionale della Musica/IRMus, Teatro Dal Verme, Festival Arena/Great Guild Concert Hall di Riga, Auditorium Parco della Musica di Roma, Voix Nouvelles di Royaumont, Accademia Musicale Chigiana di Siena, Bunka Center. Tra gli interpreti della sua musica figurano gruppi quali l’Orchestra Nazionale della Lettonia, l'Orchestra Filarmonica del Conservatorio di Milano, l'Orchestra de “I Pomeriggi Musicali”, i Neue Vocalsolisten Stuttgart, l'Ensemble Algoritmo e il Freon Ensemble oltre a musicisti come Alfonso Alberti, Irvine Arditti, Luca Avanzi, Avi Avital, Maria Grazia Bellocchio, Carlo Boccadoro, Mauro Bonifacio, Guillaume Bourgogne, Amit Dolberg, Mirko Guadagnini, Adriano Martinolli D'Arcy, Zsolt Nagy, György Györyványi Ráth, Benny Sluchin, Barrie Webb. Sue composizioni sono state trasmesse da emittenti radiofoniche (Kol Hamusica, Radio Classica, Radio France, Radio3) e incise da "La Bottega Discantica".
Nato a Lavello in provincia di Potenza, tra il 2001 e il 2008 si diploma in composizione (con Alessandro Solbiati), direzione d’orchestra (con Daniele Agiman) presso il Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano; in pianoforte (con Gabriele Ottaiano) presso il Conservatorio di Potenza e in direzione di coro e musica corale (con Carmine Moscariello) presso il Conservatorio di Bari. Continua il perfezionamento in composizione sotto la guida di Ivan Fedele presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diplomandosi con il massimo dei voti e la lode e ricevendo il prestigioso Premio "Petrassi" 2011, consegnato in Quirinale dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. In seguito viene selezionato per il Cursus 1 al centro di ricerca musicale parigino IRCAM. Ha diretto le seguenti orchestre e ensemble: Bayerisches Symphonieorchester di Monaco, Orchestra Sinfonica “I Pomeriggi Musicali”, Orchestra di Kharkov, Divertimento Ensemble, le orchestre sinfoniche “Umberto Giordano” di Foggia, “G. Rossini” di Pesaro, Cantelli, U.E.C.O., Orchestra Opera da Camera, Orchestra del Teatro Coccia di Novara, Orchestra Camerata dei Laghi, Orchestra Sinfonica Amleto, Nuova Cameristica di Milano. Ha diretto ed arrangiato le musiche per diversi programmi televisivi trasmessi dalla Rai, collaborando con molti cantanti pop nazionali ed internazionali. I suoi pezzi sono stati eseguiti in festival nazionali ed internazionali ricevendo commissioni da: Ensemble Intercontemporain – IRCAM, Festival Internazionale di Musica Contemporanea Biennale di Venezia 2010 e 2011, Fondazione Arena di Verona, Radio France, Festival Nuova Musica, OSN Rai, Divertimento Ensemble, Festival Koinè di Milano, Festival “Pomeriggio tra le muse” di Vicenza, Play-it! di Firenze, Festival Pontino 2010, MITO SettembreMusica, Unione Musicale Torino. Attualmente insegna presso il Conservatorio di Musica “S. Giocomantonio” di Cosenza.
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Alberto Colla (1968)
Malika Kishino (1971)
Si diploma in composizione, pianoforte, musica corale e direzione di coro ad Alessandria e si perfeziona in composizione con Azio Corghi all’Accademia “G. Petrassi” di Parma e all’Accademia di Santa Cecilia di Roma ottenendo la borsa di studio SIAE. Autore di oltre 80 composizioni, si impone in Italia nel 2001 con l’opera lirica Il processo, vincendo il concorso internazionale indetto dal Comitato per le Celebrazioni Verdiane, opera messa in scena nel 2002 per le stagioni del Teatro alla Scala di Milano e de “I Teatri” di Reggio Emilia e poi ripresa, in tedesco, in un nuovo allestimento al Teatro d’Opera di Kiel. La sua musica viene trasmessa per radio e televisione in Europa, Scandinavia, Israele, USA, Russia e Canada e viene incisa in Italia, Austria, Canada e Giappone. I suoi lavori sinfonici sono interpretati da: Los Angeles Philharmonic, Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra del Mozarteum di Salisburgo, Orchestra di Santa Cecilia (Roma), Bayerischen Rundfunks (Monaco), Juilliard Symphony (New York), Orchestra e Coro dell’Arena di Verona, Orchestra of Colours (Atene), Orchestra Sinfonica della Radio Norvegese, Orquestra Sinfónica Portuguesa do TNSC, Orchestre de Nancy, Orchestra di Stato di Ulyanovsk e Cheljabinsk in Russia. Nel 2002 Luciano Berio gli commissionò un lavoro per coro e grande orchestra per l’inaugurazione del grande Auditorium di Renzo Piano a Roma. Nel 2003, il poema sinfonico Le rovine di Palmira viene eseguito dalla Chicago Symphony Orchestra, diretta da Roberto Abbado, e Starlights a Tallinn dall’Orchestra Nazionale dell’Estonia. Nel 2004 gli viene dedicato un concerto monografico al “Festival Autunnale di Musica Contemporanea” a Mosca e nello stesso anno la Albany Symphony e l’Orchestra Regionale della Toscana gli commissionano due nuove composizioni. Nel 2006, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e l’Arena di Verona gli commissionano un grande oratorio sacro in occasione del III Convegno Ecclesiale Italiano e il “Concorso Trio di Trieste” cinque composizioni da camera. Nel 2005 ha realizzato la riduzione per piccola orchestra di Aida e Rigoletto di Verdi in versione integrale. È docente del Corso di Alto Perfezionamento in Composizione presso l’Accademia Internazionale Superiore “L. Perosi” di Biella e coordina una equipe di ricerca dedicata alla teoria compositiva, artefice del testo Riflessioni Esacordali.
Nata a Kyoto, ha iniziato lo studio della composizione dopo essersi laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Doshisha nel 1994. Ha conseguito il Diploma Superiore di Composizione nella classe di Yoshihisa Taira presso l’École Normale de Musique de Paris (1998), il Diploma Nazionale di Studi Superiori Musicali in Composizione nella classe di Robert Pascal presso il Conservatoire National Supérieur de Musique et Danse (2003). Ha preso parte al Corso di Composizione e Informatica Musicale presso l'Ircam negli anni 2004/2005 sotto la direzione di Philippe Leroux. La sua ricerca si concentra su composizioni puramente strumentali e composizioni miste (strumenti e elettronica). Ha ricevuto commissioni da diversi centri di ricerca elettroacustica fra cui Technische Universität di Berlino, Groupe de Recherche Appliquée en Musique Electroacoustique Grame, Experimentalstudio für akustische Kans. e. V di Friburgo, Zentrum für Kunst und Medientechnologie (ZKM) di Karlsruhe, Groupe de Recherches Musicales (l´Ina GRM). È stata premiata in importanti concorsi: Terzo premio al 70° Japan Music Competition nel 2001, Primo premio al 6° concorso (Grame) e dell‘Ensemble Orchestral Contemporain nel 2006. E‘ stata compositrice in residenza all‘Academy Schloss Solitude (Stoccarda) nel 2008-2009. Ha ricevuto una borsa di studio dal Landesregierung Nordrhein-Westfalen (Germania) per un progetto di installazione sonora con vetro da realizzare in Giappone nel 2010/2011. Le sue composizioni sono state eseguite in occasione di importanti festival internazionali fra cui Présences, Festival de Création Musicale di Radio France, 23° Multiphonies dell´Ina GRM, Musica di Strasburgo, Biennale Music en Scène di Lione, Ultima Festival di Oslo, Alicante Festival, Ultraschall Festival di Berlino, Klangaktionen di Monaco, Festival Piano+ a Karlsruhe, Festival Estivo di Stoccarda, Festival Takefu (Giappone). I suoi lavori sono stati eseguiti dall‘Orchestra Nazionale di Lione, Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, OSN Rai, Symphoniette di Oslo, Ensemble Orchestral Contemporain, Christopher Chamber Orchestra di Vilnius (Lituania), Caput Ensemble, MusikFabrik, Ensemble Ascolta, Ensemble 2x2, Das Klarinetten Duo von Beate Zelinsky und David Smeyers, Daniel Kawka, Pascal Rophé, Fabrice Pierre, Christian Eggen, Wolfgang Lischke, Daniel Gloger, Carin Levine, Camilla Heutenga, Isao Nakamura e Makiko Goto. Nel 2011 l'emittente radiofonica Deutschlandfunk ha prodotto il suo primo CD monografico con l'Ensemble Ascolta; è del 2012 il CD monografico della collana Edition Zeitgenössische Musik (WERGO) promossa dal “Deutscher Rat”.
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Steve Reich (1936)
Beat Furrer (1954)
È stato definito “il miglior compositore vivente americano” (The Village VOICE), "il pensatore musicale più originale del nostro tempo” (The New Yorker) e "tra i migliori compositori del secolo" (The New York Times). The Guardian ha scritto: “Sono solo una manciata i compositori viventi che possono legittimamente acclamare di aver alterato il corso della storia della musica e Steve Reich è uno di quelli”. La sua musica ha influenzato compositori e musicisti: è stato pioniere del minimalismo, essendosi distaccato in gioventù da quell’istituzione che era il serialismo. La sua musica è conosciuta per la pulsazione costante, la ripetizione: Reich combina rigorose strutture con ritmi propulsivi e colori strumentali seducenti. Abbraccia le armonie della musica non occidentale e locale americana (specialmente il jazz). I suoi studi hanno incluso il gamelan, i tamburi africani (all’Università del Ghana) e le forme tradizionali della salmodia ebraica. Different Trains e Music for 18 Musicians hanno ottenuto il Grammy award e i suoi video-documentario-opera The Cave e Three Tales, hanno spinto i confini del mezzo lirico. Nel 2007 Reich ha ricevuto il Premio Pulitzer per Double Sextet. La sua musica è stata suonata da New York e Los Angeles Philharmonic, orchestra di Londra, San Francisco, Boston e BBC, London Sinfonietta, Kronos Quartet, Ensemble Modern, Ensemble Intercontemporain, Bang on a Can AllStars e eighth blackbird. Molti coreografi hanno lavorato con la sua musica come Anne Teresa de Keersmaeker, Jirí Kylían, Jerome Robbins, Wayne McGregor e Christopher Wheeldon.
Nato in Svizzera, ha ricevuto le sue prime lezioni di pianoforte alla scuola musicale di Schaffhausen. Si trasferì a Vienna nel 1975 dove studiò direzione d’orchestra con Otmar Suitner e composizione con Roman Haubenstock Ramati alla Hochschule für Musik und Darstellende Kunst. Nel 1985 fondò la Klangforum Wien, che diresse fino al 1992 e di cui è ancora direttore e associato. Sotto commissione dell’Opera di stato di Vienna, compose la prima opera Die Blinden. Narcissus fu eseguita per la prima volta nel 1994 come parte del Festival “Steirischer herbst” all’Opera di Graz. Nel 1996 fu compositore in residenza al Festival di Lucerna. Il suo lavoro per teatro Begehren fu eseguito a Graz nel 2001, l’opera Invocation a Zurigo nel 2003 e il brano Fama a Donaueschingen nel 2005. Nel 1991 divenne professore di composizione alla Hochschule für Musik und Darstellende Kunst di Graz. È stato docente ospite di composizione alla Hochschule für Musik und Darstellende Kunst di Francoforte dal 2006 al 2009. Nel 2004 ha vinto il Premio Musicale della Città di Vienna e nel 2005 è diventato membro dell’Accademia delle Arti di Berlino. Ha vinto il “Leone d’Oro” alla Biennale di Venezia del 2006 per il brano Fama. Nel 2010 il lavoro teatrale Wüstenbuch venne eseguito a Basilea.
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Francesco Filidei (1973)
Emanuele Casale (1974)
Si è diplomato in organo e in composizione al Conservatorio di Firenze e di Parigi, seguendo il Cursus IRCAM in informatica musicale. Come solista e compositore è stato invitato, e la sua musica eseguita, in sale quali la Filarmonica di Berlino, la Theaterhaus di Vienna, la Suntory Hall e l’Opera House di Tokyo, la Cité de la Musique di Parigi, l’Auditorium Nazionale di Madrid, la Sala Rachmaninov di Mosca e la Tonhalle di Zurigo, e in Festival importanti quali Milano Musica, Biennale di Venezia, Archipel di Ginevra, World Music Days di Stoccarda, Mata di New York, Donaueschinger Musiktage, Ferienkurse di Darmstadt, Festival di musica contemporanea di Huddersfield, Proa di Buenos Aires, Printemps des Arts di Monte-Carlo, Wien Modern. Le sue opere sono pubblicate da Rai Trade ed eseguite da ensemble quali Itineraire, Alter Ego, Instant donné, NEM, EOC, Intercontemporain, Le Percussion di Strasburgo, Klangforum, Musikfabrik, Linea, 2E2M, Recherche, Ascolta, Next Mushroom Promotion, Tokyo Synfonietta, Ars Ludi, Icarus, Ictus, Signal ensemble e da orchestre quali l’OSN Rai di Torino, l’ORT, la WDR di Colonia e l’Orchestra della Radio di Vienna che dedica alla sua musica un concerto per la Biennale di Monaco. Nel 2006 è compositore in residenza della Akademie Shloss Solitude a Stoccarda, riceve il Musikpreis Salzburg Förderpreis e la Commande del "Reading Panel" dell'Ircam. Nel 2007 vince il premio internazionale "Takefu" e diventa membro de La Casa de Velazquez di Madrid per due anni, nel 2009 ottiene il prestigioso Siemens Förderpreis e una commissione di stato dalla Francia. Nel 2011 il suo pezzo per orchestra Macchina per scoppiare Pagliacci vince l’International Rostrum of Composer di Vienna e ottiene la Medaglia PicassoMiró dell’UNESCO. Numerosi concerti monografici dedicati alla sua musica sono programmati in Giappone, Germania, Stati Uniti, Svizzera, Svezia, Francia. Ha insegnato composizione e organo alla Iowa University, all’Università di Santander, all’Accademia di Takefu in Giappone, a Voix Nouvelle di Royaumont, all'Accademia Musicale Toscana ed è stato “Pensionnaire” dell’Accademia di Francia a Villa Medici.
Compone musica dall’età di tredici anni. Ha studiato contrabbasso con Sebastiano Nicotra, composizione con Eliodoro Sollima, musica elettronica con Alessandro Cipriani. Ha completato gli studi musicali presso l’Istituto “Bellini” di Catania. Ha frequentato corsi di perfezionamento con Aldo Clementi, Salvatore Sciarrino (composizione), Giorgio Nottoli e Barry Truax (musica elettronica). Ha vinto numerosi concorsi di composizione tra cui “Irino Prize” di Tokyo,”Reading Panel” di Parigi (IRCAM - Ensemble Intercontemporain), Concorso Internazionale di Musica Elettroacustica di Bourges, “Grame” del Centre National de Création Musicale di Lione, tribuna IREM dell’International Music Council – UNESCO (Copenaghen - Parigi) nella sezione Juniores e Senjores: è stato premiato dal Segretario Generale ai Beni Culturali della Repubblica Italiana con il premio UNESCO. Al Concorso di Composizione dell’Opera di Francoforte, una commissione presieduta da Wolfgang Rihm e George Benjamin gli ha conferito il Primo Premio. È inoltre vincitore del Premio CEMAT di Roma e della selezione per l’Accademia delle Arti di Berlino. Nel 2003 il Teatro La Fenice di Venezia gli ha commissionato un lavoro per grande orchestra per inaugurare il teatro restaurato. Vari interpreti hanno suonato sue musiche in rassegne concertistiche, associazioni e istituzioni quali Accademia Sibelius, Musica Nova, Memorie Sonore, Media Artes, Ny Music, Sveriges Radio, Conservatorio di Parigi, Centre Pompidou, Salle Cortot, Radio France, Synthèse, Maison de la Culture (Bourges), Radio della Repubblica Cèca, CEMAT - Sonora, Nuova Consonanza, Radio3 Rai, Istituto di Cultura Svizzera, Mappe (Catania), Palermo di Scena, Università di Palermo e Musica su più dimensioni, CBC Radio Music (Canada), Accademia Musicale Chigiana, Teatro Malibran, Radio Nazionale Svizzera, Tuchfuhlung 2, Klang Aktionen, Erlebnis Music, Im Lichthof, Inventionen, Akademie Der Künste (Germania), Radio Nazionale Ungherese, Danese, Olandese e Norvegese, Iowa University, University of Maryland, Fine Art Studio (USA), Radio Classica (Spagna), Siglo XX - Radio Beethoven (Santiago del Cile), Festspiele Erl, Radio ORF (Austria), Agon (Milano), CIRM (Nizza), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Strasburgo, Place d’Armes (Lussemburgo), International Gaudeamus Music Week, Vpro Radio (Amsterdam), Voce della Musica IBA (Israele), Radio Nazionale (Argentina), Festival Internazionale Cervantino (Città del Messico), BBC Radio. È direttore artistico dell’Associazione Musicale Etnea e docente di musica elettronica all’Istituto Musicale “Bellini” di Catania.
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Salvatore Sciarrino (1947)
Peter Eötvös (1944)
Si vanta di essere nato libero e non in una scuola di musica. Ha cominciato a comporre dodicenne, da autodidatta; il primo concerto pubblico è nel 1962. Ma Sciarrino considera apprendistato acerbo i lavori anteriori al 1966, perché è allora che si rivela il suo stile personale. C’è qualcosa di veramente particolare che caratterizza questa musica: induce un diverso modo di ascoltare, un’emozionante presa di coscienza della realtà e di sé. E dopo quarant’anni il gigantesco catalogo delle sue composizioni è tuttora in una fase di sorprendente sviluppo creativo. Compiuti gli studi classici e qualche anno di università nella sua città, nel 1969 il compositore siciliano si è trasferito a Roma e nel 1977 a Milano. Dal 1983 risiede in Umbria. Vastissima la sua discografia, che conta circa ottanta CD, editi dalle migliori etichette in ambito internazionale, più volte segnalati e premiati. Oltre che della maggior parte dei libretti delle proprie opere teatrali, è autore di una ricca produzione di articoli, saggi e testi di vario genere; alcuni sono stati scelti e raccolti in Carte da suono (Cidim – Novecento, 2001). Di rilievo il suo libro interdisciplinare sulla forma musicale: Le figure della musica, da Beethoven a oggi (Ricordi, 1998). Ha insegnato in conservatorio a Milano (1974-1983), a Perugia (1983-1987) e a Firenze (1987-1996). Parallelamente ha tenuto corsi di perfezionamento e masterclass; da segnalare quelli di Città di Castello dal 1979 al 2000. Fra il 1978 e il 1980 è stato direttore artistico del Teatro Comunale di Bologna. È stato accademico di Santa Cecilia (Roma), delle Belle Arti della Baviera e delle Arti (Berlino). Sciarrino ha vinto numerosi premi tra cui: Prince Pierre de Monaco (2003), il prestigioso Premio Internazionale Feltrinelli (2003) ed è stato il primo vincitore del Musikpreis Salzburg (2006).
Compositore, direttore d’orchestra e insegnante: l’ungherese Peter Eötvös combina queste tre funzioni in un unico profilo professionale. Nato in Transilvania nel 1944, è a stato considerato una delle personalità più significative e influenti della scena musicale, riconosciuto sia come direttore d’orchestra che come compositore di opere di successo, lavori orchestrali e concerti, composti per artisti riconosciuti in tutto il mondo. Ha insegnato alla scuola di musica di Colonia e Karlsruhe e ha tenuto masterclass e seminari regolarmente in tutta Europa. Ha fondato l’ “International Eötvös Institute” nel 1991 e l’ “Eötvös Contemporary Music Foundation” nel 2004 a Budapest per giovani compositori e direttori d’orchestra. È inoltre regolarmente invitato come direttore ospite dalle più importanti orchestre e teatri d’opera. Tra i premi per la composizione che ha ricevuto figurano: "Officier de l'Ordre des l'Arts et des Lettres" (1988), "Bartók-Pásztory” (1997), "Christoph und Stephan Kaske" (2000), "Gundel arts" (2001), Royal Philharmonic Society Music Award (2002),"Kossuth" (2002), Prize SACD Palmarès nella categoria "Prix Musique" (2002), "Commandeur l´Ordre des Arts et des Lettres" (2003),"Freeman of Budapest" (2003), Premio Classical Cannes (2004), "Pro Europa" (2004), Gran Premio della PMI - Prix Antoine Livio, "Im memoriam Béla Bartók" e "Hungarian Arts Prize" (2006), "Frankfurter Musikpreis" (2007) e il “Leone d’Oro” per i successi in vita (2011).
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FABIO MAESTRI
FRANCESCO D'ORAZIO
Si è diplomato in pianoforte presso l’Istituto musicale pareggiato “G. Briccialdi” della sua città col massimo dei voti e la lode. Inizialmente autodidatta per la composizione, ha poi seguito, diplomandosi, il Corso di perfezionamento tenuto da Franco Donatoni all’Accademia Nazionale di S. Cecilia (Roma). E’ stato allievo di Franco Ferrara nel Corso di Direzione d’orchestra presso l’Accademia Chigiana di Siena nel 1979. Sue composizioni sono state eseguite da solisti quali Fabbriciani, Ancillotti, Scarponi, pubblicate dalla Ricordi, Ricordi - Francia, BMG, radiotrasmesse (Radio3), premiate e segnalate in diversi concorsi e rassegne: Filarmonica Umbra (1979), Venezia Opera Prima (1981), “G. B. Viotti” di Vercelli (1981), Ente concerti di Belveglio (1982), Concorso Achantes di Parigi (1983). Ha curato numerose revisioni di opere di Pergolesi, Haendel, Padre Martini, Morlacchi, Vaccaj, Haydn. Dal 1984 al 1990 è stato assistente al Corso di Composizione tenuto da Donatoni all’Accademia Chigiana di Siena. Ha diretto al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, ai Corsi Internazionali di Lanciano, alla Sagra Musicale Umbra, al Maggio Musicale Fiorentino, al Festival di Fermo, al Festival Operaincanto (Narni), al Belcanto Festival Dordrecht (Olanda), al Teatro dell’Opera di Nizza, all’Atelier Lirique de Tourcoing (Francia), al Teatro di S. Carlo di Napoli, al Teatro Comunale di Bologna, al Festival delle Nazioni (Città di Castello), al Ravenna Festival, al Teatro Massimo di Palermo; è stato ospite dell’Orchestra di Sanremo, dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana, dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali (Milano), dell’Orchestra regionale del Lazio, dell’Orchestra “Tito Schipa” di Lecce, dell’Orchestra del Teatro di San Carlo , dell'Orchestra Sinfonica Siciliana, dell’Orchestre Philarmonique de Nice, dell’Orchestra del Petruzzelli (Bari). Molto attivo come esecutore di musica contemporanea, ha più volte diretto alla Biennale di Venezia, al Festival “Musica d’oggi”, al Festival Pontino, al Festival di Nuova Consonanza, al Festival di Villa Medici (Roma), all’Accademia Filarmonica Romana (Teatro Olimpico), al Sinopoli Festival (Taormina), al Festival Play.it! (Firenze, ORT). Tra gli autori di cui ha diretto prime assolute si ricordano: Panni, Pennisi, Donatoni, Bortolotti, Brouwer, Manzoni, Galante, Cardi, Ambrosini, Sbordoni, Tutino, Betta, Del Corno, Boccadoro, D’Amico, dall’Ongaro, Pedini, Vacca, Panfili. Ha al suo attivo 19 produzioni discografiche, dal ‘600 ai contemporanei.
È stato insignito del XXIX Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana quale “Miglior Solista” dell’anno nel 2010, unico violinista italiano a ricevere questo prestigioso riconoscimento dopo Salvatore Accardo nel 1985. Laureato in Lettere, ha studiato violino e viola sotto la guida del padre, perfezionandosi con Denes Zsigmondy al Mozarteum di Salisburgo e Yair Kless presso l'Accademia Rubin di Tel Aviv. Il suo vasto repertorio spazia dalla musica antica eseguita con strumenti originali alla musica classica, romantica e contemporanea. Tra i compositori che hanno scritto per lui figurano Ivan Fedele, Terry Riley, Michele dall'Ongaro, Michael Nyman, Alessandro Solbiati, Lorenzo Ferrero, Gilberto Bosco, Marco Betta, Luis De Pablo, Fabian Panisello, Nicola Campogrande. Per molti anni ha collaborato con Luciano Berio, del quale ha eseguito Divertimento per trio d'archi in prima mondiale al Festival di Strasburgo, e inoltre Sequenza VIII al Festival di Salisburgo e Corale per violino e orchestra alla Cité de la Musique a Parigi e all'Auditorium Nacional de Musica di Madrid diretto dall'autore. Ha eseguito in prima italiana i concerti per violino e orchestra di John Adams (The Dharma at Big Sur), Unsuk Chin, Kaija Saariaho, Aaron Jay Kernis, Luis De Pablo, Michael Daugherty e Michael Nyman. Si è esibito in tutta Europa, Nord e Sud America, Messico, Cina e Giappone e ha inciso per Decca, Opus 111, Hyperion, Stradivarius e Amadeus. E’ stato ospite della Philarmonie a Berlino, del South Bank Centre di Londra, del Teatro di Aix-en-Provence, dell’Accademia di Santa Cecilia e dei Festivals MITO, Ravello, Pontino, Innsbruck, Cervantino, Istanbul, Montpellier, Ravenna, Urbino, Postdam, Radio France, Salisburgo, Siena, Strasburgo, Stresa, Tanglewood e Biennale di Venezia. Nel marzo 2011, diretto da Lorin Maazel, ha tenuto a Washington il concerto celebrativo negli Stati Uniti per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Suona il violino di Giuseppe Guarneri “Comte de Cabriac" del 1711.
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VAGHE STELLE
XIII
Vaghe Stelle è lo pseudonimo di Daniele Mana, producer di base a Torino fra i più insoliti nel suo genere. Campioni di voci trasformati in linee di basso, videoclip di cyber-viaggi in Vaticano realizzati con “Google Streetview”, dj set che mescolano cosmic garage e Justin Timberlake sono solo esempi di cosa aspettarsi da lui. Dalla techno carica di synth ai numeri più lo-fi, Vaghe Stelle padroneggia il concetto di musica di sogno e lo persegue come un folle scienziato.
XIII è il progetto artistico musicale di Alessio Capovilla. Le sue composizioni sono allegoria della depressione artistica dell’ultimo decennio, sintetizzata in arpeggi psicotici e ritmiche sincopate. Tappeti sonori diretti alle viscere del disagio urbano.
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PIETRO MIANITI
Paolo Dellapiana
Nato a Fidenza, ha studiato viola, composizione e direzione d’orchestra. Nel 1998 è stato Direttore principale dell’Orchestra Das Beiras in Portogallo e dal 1999 al 2003 ha diretto al Teatro Segura di Lima varie produzioni liriche e concerti sinfonici, su invito di Luis Alva. Ha diretto prime assolute e collaborato con compositori quali: Michele dall’Ongaro, Matteo D’Amico, Giovanni Mancuso, Gabrio Taglietti, Virgilio Savona, Maurizio Fabrizio, Alejandro Nunez Allauca, Marco Betta e Giovanni Mancuso. Nel 2003 è stato insignito dell’onorificenza di "Cavaliere della Repubblica del Perù" per meriti artistici. Nel 2004 ha ricoperto il ruolo di consulente artistico del Teatro Massimo Di Palermo e fino al 2010 ha collaborato con il circuito A.S.L.I.C.O. dirigendo alcune produzioni operistiche. Dal 2005 al 2012 è stato Direttore Musicale dell’Orchestra dell’Università di Roma Tre e dal 2008 ha iniziato la sua collaborazione con l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala. Nel 2009 ha debuttato con l’OSN Rai nel concerto inaugurale per le festività dell’Unità d’Italia e l’anno successivo ha diretto la prima edizione dell’Oscar della Lirica all’Arena di Verona e debuttato al Teatro di San Carlo di Napoli con Tosca e un concerto con Ute Lemper. Nel 2011 al Teatro alla Scala dirige il concerto per i 50 anni di carriera di Renato Bruson e nel 2012 a Istanbul dirige la finale del Concorso Internazionale Leyla Gencer. Seguono concerti con l’Orchestra della Radio Svizzera Italiana e nel 2013 con l’Orchestra O.S.I. dirige all’Estival Jazz di Lugano con la P.F.M., Mefistofele di Boito al Teatro Regio di Parma, Barbiere di Siviglia al Teatro di Kaliningrad con l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala. Con l’OSN Rai ha effettuato registrazioni per l’archivio storico. Ha collaborato in qualità di prima viola con importanti orchestre liriche e sinfoniche italiane. è docente di esercitazioni orchestrali e direttore ospite dell’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala ed è titolare della cattedra di viola presso il conservatorio “Verdi” di Milano. è stato il fondatore dell’Italian Piano Quartet con il quale si è esibito al Festival dei due Mondi di Spoleto, al Lygon Arts Festival di Melbourne, alla Carnegie Hall di New York, alla Kleine Musikhalle di Amburgo, alla Filarmonica di San Pietroburgo e alla Dixon Gallery di Memphis.
Figura trasversale della scena sperimentale internazionale nonché componente della cult-band Larsen, ha all'attivo numerosissime collaborazioni tra le quali progetti specifici con Nurse With Wound, Little Annie, David Tibet, Johann Johannsson, Baby Dee, z'ev, Xiu Xiu, Julia Kent, Carolina Eyck. Le produzioni musicali Larsen sono realizzate dalla Young God Records di Michael Gira così come da Important Records, Tin Angel ed altre etichette europee e americane di chiaro profilo di ricerca. Sia con Larsen che individualmente, ha presentato la sua musica in lunghi tour e concerti in tutta Europa, così come negli Stati Uniti. Ha condiviso il palco con con Einsturzende Neubauten, Neurosis, Breach, Crash Worship, Ulan Bator, Michael Gira, My Cat Is An Alien, Allun, Ronin, The Living Jarboe, Backworld, Xiu Xiu, Thalia Zedek, Dresden Dolls, Amber Asylum, Current 93, Johann Johannsson, Baby Dee Fovea Hex, Piano Magic, The Dead Texan. Nel 2013 con i Larsen ha condiviso il palco insieme agli Swans di Michael Gira in varie date europee. Paolo Dellapiana prosegue, inoltre, la sua ricerca sullo spazio/spazi in qualità di architetto con pubblicazioni e progetti sul territorio internazionale.
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MARCO ANGIUS
FRANCESCO DILLON
Marco Angius è un direttore di riferimento per il repertorio moderno e contemporaneo. Dopo aver concluso gli studi musicali a Roma e quelli universitari a Bologna, si dedica prima alla direzione d’ensemble fondando lo storico gruppo “Algoritmo” e in seguito con orchestre quali l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, il Maggio Musicale Fiorentino, La Fenice, il Teatro Comunale di Bologna, l’Orchestra della Toscana, il Teatro Petruzzelli di Bari, l’Orchestra “Giuseppe Verdi” di Milano, l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Orchestre de Chambre de Lausanne. Nel 2012 il debutto con l’Ensemble Intercontemporain e la Filarmonica di Tokyo. Angius è stato invitato da festival quali Biennale Musica di Venezia, MITO SettembreMusica, Milano Musica, Warsaw Autumn Festival, Ars Musica di Bruxelles, Biennale Zagreb, deSingel di Anversa (con l’Hermes Ensemble di cui è principale direttore ospite), Traiettorie, Romaeuropa Festival. Nella ricca produzione discografica spiccano opere di Sciarrino (tra cui Luci mie traditrici per Stradivarius/Euroarts), Ivan Fedele (Mixtim e Mosaîque), Cage, Evangelisti, Schoenberg (con l’Ensemble Prometeo) e innumerevoli prime esecuzioni dei maggiori compositori italiani. È autore di una monografia sull’opera di Salvatore Sciarrino (Come avvicinare il silenzio, Rai Eri, 2007) e di numerosi scritti sulla musica contemporanea tradotti in varie lingue. Tra le produzioni più recenti: Aspern di Sciarrino (Teatro La Fenice), Jakob Lenz di Rihm e Don Perlimplin di Maderna (entrambi col Teatro Comunale di Bologna), L’imbalsamatore di Battistelli (inciso per Stradivarius con l’Icarus Ensemble), L’Italia del destino di Luca Mosca al Maggio Musicale Fiorentino, La volpe astuta di Janáček (Accademia Nazionale di Santa Cecilia/Opera Studio), e l’impegno come direttore musicale principale e coordinatore artistico dell’ensemble “Giorgio Bernasconi” dell’Accademia Teatro alla Scala.
Nato a Torino, si diploma a Firenze sotto la guida di Andrea Nannoni e si perfeziona con Anner Bijlsma, Mario Brunello, David Geringas e Mstislav Rostropovich, studiando composizione con Salvatore Sciarrino. Nel 1993 è tra i fondatori del Quartetto Prometeo, vincitore di numerosi premi (Prague Spring, ARD Münich, Bordeaux), insignito del “Leone d'argento” alla carriera (Biennale Musica di Venezia 2012). È membro stabile dell'ensemble Alter Ego. La sua passione per la musica da camera lo ha portato ad esibirsi con interpreti quali Irvine Arditti, Mario Brunello, Giuliano Carmignola, Piero Farulli, David Geringas, Veronika Hagen, Alexander Lonquich, Enrico Pace, Jean-Guihen Queyras. L’interesse per la contemporaneità lo vede collaborare con Gavin Bryars, Ivan Fedele, Luca Francesconi, Stefano Gervasoni, Philip Glass, Vinko Globokar, Sofija Gubaidulina, Jonathan Harvey, Toshio Hosokawa, Giya Kancheli, Alexander Knaifel, Helmut Lachenmann, David Lang, Alvin Lucier, Arvo Pärt, Henri Pousseur, Steve Reich, Fausto Romitelli, Kaija Saariaho, Salvatore Sciarrino e con musicisti sperimentali come Matmos, Pansonic, William Basinsky, e John Zorn. Come solista si è esibito alla Konzerthaus di Vienna, al Muziekgebouw di Amsterdam, alla Philharmonie di Berlino, all'Herkulessaal di Monaco, alla Laeiszhalle di Amburgo, alla Jordan Hall di Boston, al Teatro Colon di Buenos Aires, con orchestre quali SWR Radio Sinfonieorchester di Stoccarda, Radio Symphonie Orchester di Vienna, Orquesta Estable del Teatro Colon, Ensemble Resonanz, Oulu Sinfonia in Finlandia. Recente l'acclamato debutto presso il Teatro alla Scala di Milano con l'Orchestra Filarmonica della Scala diretta da Susanna Mälkki. Le sue esecuzioni sono trasmesse da BBC, Rai, ARD, Radio France, ORF, ABC Australia, WDR. Ha inciso per le etichette ECM, Kairos, Ricordi, Stradivarius, Die Schachtel e Touch. Recenti le registrazioni con l’OSN Rai in prima assoluta delle Variazioni di Sciarrino (“Diapason d'or”) e della Ballata di Scelsi. Con il pianista Emanuele Torquati ha realizzato tre cd di rarità schumanniane e l'integrale delle opere per violoncello di Liszt per Brilliant Classics. All'attività concertistica affianca esperienze didattiche presso la Scuola di musica di Fiesole, il Conservatorio Čajkovskij di Mosca, la Pacific University (California), l’ Untref - Buenos Aires, la Manchester University. Dal 2010 è il direttore artistico della stagione di musica contemporanea Music@villaromana di Firenze.
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Psalm'N'Locker
PSALM'N'LOCKER è uno strumento musicale e visivo, minimale e meditativo. Il principio di funzionamento si basa sull'osservazione e lo studio, in condizioni di scarsa illuminazione, di oggetti in movimento rotatorio o oscillatorio costante, illuminati da brevissimi lampi di luce di forte intensitĂ . I suoni puri utilizzati, generati e processati con strumentazione analogica e digitale, si sommano e sottraggono. La gamma di frequenze utilizzate si muove all'interno della cosiddetta “banda alfaâ€?, la stessa delle oscillazioni elettriche emesse dal cervello in stato di rilassamento o in assenza di stimoli esterni.
osn rai: biografia, riconoscimenti e discografia per la musica contemporanea
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Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Riconoscimenti per la musica contemporanea
L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nacque nel 1994 dall’unificazione delle orchestre dell’ente radiofonico pubblico di Torino, Roma, Milano e Napoli, divenendo una delle compagini più prestigiose d’Italia. I primi concerti furono diretti da Georges Prêtre e Giuseppe Sinopoli, seguiti da Jeffrey Tate, Rafael Frühbeck de Burgos, Eliahu Inbal e Gianandrea Noseda. Dal novembre 2009 Juraj Valčuha è il Direttore principale. Tra le altre presenze significative sul podio: Carlo Maria Giulini, Wolfgang Sawallisch, Mstislav Rostropovič, Myung-Whun Chung, Riccardo Chailly, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Yuri Ahronovitch, Marek Janowski, Semyon Bychkov, Dmitrij Kitaenko, Aleksandr Lazarev, Valery Gergiev, Gerd Albrecht, Yutaka Sado, Mikko Franck, James Conlon, Roberto Abbado e Kirill Petrenko. Grazie alla presenza dei suoi concerti nei palinsesti radiofonici (Radio3) e televisivi (Rai1, Rai3 e Rai5), l’OSN Rai ha contribuito alla diffusione del grande repertorio sinfonico e delle pagine dell’avanguardia storica e contemporanea, grazie a commissioni e prime esecuzioni che hanno ottenuto riconoscimenti artistici, editoriali e discografici. Esemplare dal 2004 la rassegna di musica contemporanea Rai NuovaMusica. L’Orchestra tiene a Torino regolari stagioni concertistiche e cicli speciali, ed è spesso ospite di importanti festival quali MITO SettembreMusica, Biennale di Venezia, Ravenna Festival e Sagra Maletestiana di Rimini. Tra gli impegni istituzionali si annoverano i concerti di Natale ad Assisi trasmessi in mondovisione e le celebrazioni per la Festa della Repubblica. Nel 2006 è stata invitata al Festival di Salisburgo e alla Philharmonie di Berlino per celebrare l’ottantesimo compleanno di Hans Werner Henze. Tra i recenti impegni: Abu Dhabi Classics, una tournée in Germania, Austria e Slovacchia, concerti al Festival RadiRO e al Festival Enescu di Bucarest. Importante il debutto al Musikverein di Vienna e il ritorno alla Philharmonie di Berlino. Ha partecipato ai film-opera Rigoletto a Mantova, con la direzione di Mehta e la regia di Bellocchio, e Cenerentola, una favola in diretta, trasmessi in mondovisione su Rai1. L’orchestra si occupa, inoltre, delle registrazioni di sigle e colonne sonore dei programmi televisivi Rai. Dai suoi concerti dal vivo sono spesso ricavati cd e dvd. 54
2004 XXIV edizione del “Premio Abbiati” Premio per la «Miglior iniziativa musicale» al progetto Rai NuovaMusica dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, per la coraggiosa ideazione di un cartellone di musica contemporanea basata su prime assolute e italiane, e la pregevole realizzazione musicale che ha integrato l’impegno della programmazione concertistica ordinaria a documentare la creativita di oggi, assolto con rilevanti commissioni tra cui Sembianti di Giacomo Manzoni e Rest di Luca Francesconi. 2007 XXVI edizione del “Premio Abbiati” Novita assoluta: Ausklang per pianoforte e orchestra (Torino, Rai NuovaMusica) e Concertini (Venezia, Biennale Musica) di Helmut Lachenmann, due momenti di grande rilievo della ricerca del compositore tedesco. 2008 “Diapason D’Or” della rivista «Diapason» Al triplo cd Orchestral Works prodotto da Kairos con Rai Trade, e dedicato a Salvatore Sciarrino, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Tito Ceccherini. 2009 Premio nazionale della rivista «Classic Voice» categoria “Contemporanea” Al triplo cd Orchestral Works prodotto da Kairos con Rai Trade, e dedicato a Salvatore Sciarrino, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Tito Ceccherini.
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Discografia per la musica contemporanea
Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pascal Rophé direttore - Giampaolo Pretto flauto Jean Guihen Queyras violoncello Fedele, Scena-Ruah per flauto e orchestra Fedele, Concerto per violoncello e orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Roberto Abbado direttore - Anssi Karttunen violoncello Francesconi, Cobalt Scarlet Francesconi, Rest Amadeus - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Tito Ceccherini direttore - Francesco D’Orazio violino Daugherty, Fire and Blood Nyman, Concerto per violino e orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Peter Rundel direttore - Donatienne Michel-Dansac soprano Romitelli, Dead City Radio Romitelli, EnTrance Romitelli, Flowing down too slow Romitelli, The Nameless City Neos - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Ensemble Modern, Ars Nova Ensemble Nürnberg, Ensemble Spectral Tito Ceccherini direttore - Peter Sadlo percussioni Borboudakis, Archégonon Orfeo - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Gerd Albrecht direttore - Mari Midorikawa, Jun Takahashi, Tsuyoschi Mihara, Teruhiko Komori, Zvi Emanuel-Marial, Kwang-Il Kim, Yasushi Hirano voci Henze, Gogo no Eiko Incisione effettuata dal vivo presso la Großes Festspielhaus di Salisburgo il 26/08/2006
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Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Tito Ceccherini direttore - Francesco Dillon violoncello Scelsi, Aiôn Scelsi, Hymnos Scelsi, Quattro pezzi per orchestra Scelsi, Ballata Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pascal Rophé direttore - Jean-Guihen Queyras violoncello Dallapiccola, Due pezzi per orchestra Dallapiccola, Variazioni per orchestra Dallapiccola, Dialoghi per violoncello e orchestra Dallapiccola, Three Questions with two Answers VideoRadio - Percussionisti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Maurizio Bianchini, Claudio Romano, Carmelo Gullotto, Riccardo Balbinutti, Claudio Cavallini, Matteo Moretti Luigi Arciuli flautista Ravel, Ma mère l’oye Bianchini, Tribalis Jolivet, Suite en concert Peck, Lift-Off Bianchini, 5 frammenti sospesi Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Daniel Kawka direttore Solbiati, Sinfonia seconda Solbiati, Sinfonia Solbiati, Die Sterne des Leidlands Ricordi Oggi - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pierre-André Valade direttore Battistelli, Aftertought Battistelli, Begleitmusik zu einer Dichtspielszene Battistelli, Anarca Kairos - Rai Trade - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Tito Ceccherini direttore - Daniele Pollini, Moni Ovadia, Mario Caroli, Francesco Dillon, Marco Rogliano solisti Sciarrino, composizioni per orchestra 57
Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Marco Angius direttore - Francesco D’Orazio violino Corinna Mologni soprano Fedele, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pierre-André Valade direttore Verrando, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Daniel Kawka direttore - Giampaolo Nuti pianoforte Barber, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Lothar Koenigs direttore Gervasoni, composizioni per orchestra Manzoni, composizioni per orchestra Webern, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Arturo Tamayo direttore - Alfonso Alberti pianoforte Petrassi, composizioni per orchestra Anemos - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Juanjo Mena direttore Gianandrea Noseda direttore Georg Nigl baritono - Roberto Balconi controtenore De Pablo, Casi un espejo De Pablo, Passio
Frammento dell’orchestrazione di Bruno Maderna di Aspettare (da Allez-hop!) di Luciano Berio e firma di Bruno Maderna. Autografi conservati nell’Archivio storico dell’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino.
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Biglietteria e Informazioni Biglietto intero adulti con assegnazione del posto in ogni ordine di settore: 5 euro Biglietto ridotto giovani (dal 1984) con assegnazione del posto in ogni ordine di settore: 3 euro BIGLIETTERIA Auditorium Rai “A. Toscanini” – piazza Rossaro – 10124 Torino Tel. 011/8104653 – 8104961 Fax 011/8170861 e-mail: biglietteria.osn@rai.it DATE E ORARI DI APERTURA Prevendita biglietti dal 3 febbraio 2014 La biglietteria è aperta dal martedì al venerdì con orario continuato 10.30 - 18.30 e le sere dei concerti a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. VENDITA ON LINE Su www.osn.rai.it è possibile acquistare i biglietti a partire dal 3 febbraio 2014 Tutti i concerti sono trasmessi da Radio3 e in streaming audio-video su www.osn.rai.it.
www.facebook.com/osnrai @OrchestraRai CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2013/14 che utilizzeranno il VITTORIO PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA. Redazione a cura di Irene Sala
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www.osn.rai.it
Tutti i concerti sono trasmessi da
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