CAVE DI POMICE/LIPARI/METAMORFOSI DEL PAESAGGIO

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA CORSO QUINQUENNALE IN ARCHITETTURA CLASSE LM4 a.a. 2013/2014

METAMORFOSI DEL PAESAGGIO Tracce della memoria e nuovi segni per la riscrittura di un territorio. Progetto nell’area delle ex cave di pomice di Lipari.

Relatore: Prof.Arch. Vincenzo Melluso Correlatore: Arch.Phd Giuseppina Farina Tesi: Virginia Ministeri


...ai miei nonni, alla mia famiglia unica e speciale a Luigia, alle mie amiche, per gli anni passati insieme e per quelli ancora a venire ad Andrea, a Daniela, ai ragazzi dello studio, per l’amore, la dedizione e la pazienza a Massimiliano, per il percorso straordinario intrapreso insieme....


UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA CORSO QUINQUENNALE IN ARCHITETTURA CLASSE LM4 a.a. 2013/2014

METAMORFOSI DEL PAESAGGIO

Tracce della memoria e nuovi segni per la riscrittura di un territorio. Progetto nell’area delle ex cave di pomice di Lipari.

Relatore: Prof.Arch. Vincenzo Melluso

Correlatore: Arch.Phd Giuseppina Farina

Tesi: Virginia Ministeri


Indice

premessa Capitolo I / le cave di pomice a Lipari 1.1

Storia del luogo

1.2

Descrizione del complesso delle cave minerarie

Capitolo II / elementi per il progetto 2.1

Architettura/archeologia industriale: atteggiamenti e metodi

2.2

Lo spazio architettonico, L'esperienza della land art: landart / landscape, i casi studio: R. Morris, Observatory 1977, R.Smithson, Spiral Jetty 1970, Centrl Park 1973

2.3

Il luogo come esperienza tra suggestione ed illusione, i casi studio: A. Burri, il Cretto 1989, corrispondenze tra Arte

contemporanea e

Architettura 2.4

Superstudio, la Supersuperficie 1970, la decostruzione dell'Architettura

2.5

A.Kiefer e la poetica del paesaggio

2.6

Feld 72, Million donkey Hotel 2005, un ecosistema

culturale, dalla storia al

nuovo contesto 2.7

M.G. Grasso Cannizzo, Il Machu Picchu 2004, progetto di un insediamento e di un percorso 1


2.8

D.Pikionis, I sentieri di fronte all’Acropoli di Atene 1957, dialogo tra architettura e paesaggio

Capitolo III / il progetto e la dimensione di intervento: fra MACRO E MICRO, strategie generali 3.1

Un intervento sensibile, mantenimento di un equilibrio composto

3.2

ripensare un luogo

Bibliografia di riferimento

allegati Tavole progettuali / elaborati di progetto

2


Premessa

Il tema della tesi è la ricerca di un contesto architettonico da recuperare, al quale garantire sopravvivenza e significato attuale, nella continua trasformazione contemporanea di cui tutti noi siamo testimoni ed interpreti. La scelta del luogo, le cave di pomice di Lipari, isola maggiore dell'arcipelago Eoliano, è stata dettata in primo luogo dall’esigenza di pensare il territorio in termini di architettura del paesaggio. Le cave di pomice di Lipari sono la cornice paesaggistica,

accompagnano

e contengono

la

lettura dell'intero approfondimento, e per questo è stato necessario tener conto delle specificità culturali, sociali, oltre le già citate caratteristiche fisiche ed ambientali. Tutti questi fattori hanno determinato delle riflessioni più di carattere formale che compositivo, uno sforzo maggiore per leggere le diverse espressioni del paesaggio e poi le architetture che ne fanno parte. Per cui è necessario stabilire delle gerarchie di intervento che, non alterino, semmai che recuperino i significati già insiti nel territorio. L'obiettivo della tesi è trovare un nuovo significato, un possibile orizzonte dell’abitare, che divenga allo stesso tempo occasione di fruire dello spazio 3


architettonico, ma anche esperienza, reinterpretazione dei luoghi del costruito.

1

L'archeologia industriale, invece, come traccia e forma di un passato produttivo, costituisce un patrimonio culturale ancora in gran parte da interpretare e valorizzare; da questa deduzione emerge l'esigenza della trasformazione e soprattutto rigenerazione dei territori che , altro non è, se non la ri-appropiazione dell'ambiente in primis come paesaggio naturale e poi come spazio collettivo. Se l'arte, come scrive R. Morris "deve espandere il proprio raggio d'azione fino a coincidere con la realtà, sia fisica che mentale", trova sicuramente nelle suggestioni della natura la propria espressione artistica. Come avvenne per la land art che focalizzò la sua attenzione

sugli

spazi

naturali

incontaminati,

favorendoli rispetto allo spazio urbano ed alle sale

1

<<Progettare la morfologia, la forma fisica dello spazio, come ambiente e paesaggio dell’abitare, significa pensare l’architettura del territorio nello scenario intricato della trasformazione contemporanea e verso gli orizzonti di una molteplicità di paesaggi interpreti delle specificità sociali, culturali, fisiche ed ambientali>> <<Pensare l’architettura del territorio significa anche volgere l’attenzione ad alcune parole chiave che la cultura della sostenibilità pronuncia, come basso consumo di suolo, risparmio delle risorse naturali, riuso dell’esistente, condivisione sociale delle trasformazioni, diritto diffuso al paesaggio e alla qualità della vita>> Tratto da: L. Bazzanella, C. Giammarco, Per una architettura del territorio. Progetto, attori, processi, in A. De Rossi (a cura di), Grande scala. Architettura, politica, forma, List, 2009, pp. 62.

4


espositive, cosÏ lo studio che segue, è stato svolto nella consapevolezza che il progetto di architettura può essere senza dubbio, strumento di "recupero e bonifica del territorio" (R. Morris 1980).

5


Capitolo I / le cave di pomice a Lipari 1.1 Storia del luogo

“Su questa poca terra Immensamente io vivo. Smisurati orizzonti al mio cuor fanno guerra.” 2

I versi sopra citati sono una delle tante poesie, che Curzio Malaparte dedicò all'isola di Lipari. L'autore trascorse al confino sull'isola, a partire dal novembre del 1933, un periodo di soli sette mesi, sebbene nei suoi scritti ne parli come se avesse scontato realmente i cinque anni di esilio. 3 Pur soffrendo fortemente lo stato di isolamento

4

,

rimane completamente suggestionato dalla natura

2 Di C. Malaparte, Poesia Isola (1934) L’Arcitaliano e tutte le altre poesie; ed. Vallecchia 1993. 3 <<30 giugno 1947. Ritorno finalmente a Parigi dopo quattordici anni di esilio in Italia. Questi quattordici anni sono stati i più tristi, i più pericolosi della mia vita. Nel 1933 lasciai Parigi, rientrai in Italia, li fui arrestato, chiuso per lunghi mesi nel carcere romano di Regina Coeli, poi condannato a cinque anni di deportazione nell’isola di Lipari. Durante questo triste periodo, fra i numerosi amici che contavo all’estero, in Inghilterra, in America, in Svizzera, soltanto i miei amici di Parigi, perlomeno qualcuno, non mi hanno dimenticato, mi sono sempre stati vicini, mi hanno difeso nei giornali, nelle riviste…>> Curzio Malaparte, Diario di uno straniero a Parigi, a cura di Enrico Falqui, Vallecchi Editore, Firenze 1966. 4 <<Ma in te sola ritrovo la felice/ tristezza dell’esilio…>>

6


selvaggia del luogo, tanto da dedicarle piĂš versi, poi raccolti nei suoi Quaderni di appunti. 5 I versi descrivono alcuni dei caratteri peculiari dell'isola: paesaggi sconfinati, armoniosamente legati, ma sempre diversi, si scontrano con la natura frastagliata

della

costa

e

l'orografia

definita

dall'eruzione dei dodici vulcani. Le Eolie sono infatti una naturale enciclopedia di morfologie geologiche e di facies culturali, una collezione di flora mediterranea ed un archivio di vicende umane, di eventi politici, di funzioni socioeconomiche mai secondarie nelle grandi correnti della storia del bacino mediterraneo. 6 L'isola di Lipari, infatti, è parte dell'arcipelago delle Eolie, che offre sufficienti elementi di conoscenza per la sua identificazione come territorio insulare, un territorio

con

caratteri

peculiari

singolari

essenzialmente nel continuum terra-mare. Le coste alte e scoscese, gli scogli scolpiti dall'erosione marina secondo forme ora potentemente turrite, ora bizzarre e fantastiche, battute dal mare e dal vento, altro non sono che gli smisurati orizzonti per i quali il cuor di Curzio Malaparte si infiamma.

Di C. Malaparte, Poesia Isola (1934) L’Arcitaliano e tutte le altre poesie; ed. Vallecchia 1993. 5 G. la Greca, Curzio Malaparte alle isole Eolie. Vita al confine, amori e opere. Edizioni del Centro Studi Eoliano, Lipari (Messina) 2012. 6 G. Conti, E. Sgroi, Eoliana, Storia e immagini di una civiltà marinara, Immagine Editrice, Industria Poligrafica della Sicilia, Messina, giugno 1977.

7


L'arcipelago Eoliano, situato nel mar Tirreno, a nord est della costa siciliana, comprende sette isole, con una popolazione di circa 13.000 abitanti. Il Comune di Lipari amministra sei isole, definendo un comprensorio di 10.000 abitanti; la parte restante della popolazione

risiede

nell'isola

di

Salina,

in

cui

coesistono tre amministrazioni locali. Lipari è l'isola più estesa, con una superficie di 37,5 kmq ed è la maggiore dell'arcipelago Eoliano; come tutte le altre, è il risultato di una complessa serie di eruzioni vulcaniche che si sono succedute nel corso dei millenni. Montuosa e con le coste frastagliate, ha il suo centro cittadino ai piedi dell'imponente rocca del Castello, l'unica acropoli di origine greca dell’arcipelago, poi vi sono le frazioni di Canneto, Acquacalda, Quattropani e Pianoconte. Il paesaggio è caratterizzato dal suggestivo edificio vulcanico del Monte Pilato, formatosi per l'accumulo di considerevoli quantità di pomice durante l'ultima fase di attività vulcanica che ha interessato, in tempi storici (729 d.c) l'isola di Lipari . Il territorio è definito da una fitta ed elaborata rete di incisioni fluviali, dovuta alla fragilità del materiale pomiceo, sia lungo gli acclivi versanti del Monte Pilato, e nelle vicinanze del cratere stesso. Dopo l'evento esplosivo che ha dato origine al cratere del

Monte

sopra

prevalentemente

citato,

effusiva

è che

seguita ha

un'attività

generato

la

formazione delle Rocche Rosse, ed inoltre rompendo

8


la porzione a nord del cratere, ha fatto si che la colata giungesse fino a mare. 7 Altri bacini nei quali vi è formazione di ossidiana, insieme alle Rocche Rosse, sono il Gran Cratere della Fossa a Vulcano e la Forgia Vecchia, sempre a Lipari, il più anticamente sfruttato, lungo la costa che va da Calandra a Porticello, ormai completamente coperto dalle pomici del Monte Pilato. L'ultimo episodio esplosivo ha dato vita alla colata riolitica ossidianacea, esempio paradigmatico per la vulcanologia di tutto il mondo. L'aspetto dentellato e ruvido della colata, le strutture di flusso, il colore rosso-bruno in contrasto con il bianco della pomice, il susseguirsi di zone acclivi e in falsopiano

lungo

tutta

la

lunghezza,

la

folta

vegetazione a macchia fanno del sistema Monte Pilato - Rocche Rosse - Punta Castagna un unicum paesaggistico e di incomparabile bellezza. 8 In tale sistema, sino a un decennio fa, si individuavano aree a scarsa o totale assenza di copertura vegetale, data la presenza ingombrante delle cave di Pomice. Nella stretta fascia costiera settentrionale e nord orientale, dove sono presenti pochi insediamenti abitativi

e

i

vecchi

impianti

di

estrazione,

il

protagonista incontrastato è stato senz'altro il bianco accecante della pietra pomice.

7

L. Bernabò Brea, Isole Eolie: vulcanologia, archeologia, Muggiò, Milano 1991, pag.85,86.

8

Arena Giuseppe, Panorama geografico economico dell'isola di Lipari, Tip. G. Puglisi, Messina 1960, pag.20.

9


Oggi, questo paesaggio presenta delle evidenti alterazioni: il Monte Pilato sembra quasi del tutto cavo e privo della forza prorompente che lo ha generato; e l'impatto visivo di cui tutti i gli scopritori delle isole Eolie ci raccontano

9

è assolutamente mitigato

dall'avanzare della macchia mediterranea. L'Isola di Lipari da sempre legata ad economie in primis agricole, poi alla pesca e alla viticoltura, inizia la sua esportazione di pomice alla fine del Settecento. 10 Nonostante la vasta letteratura, non sono molte le notizie pervenuteci sull'inizio dello sfruttamento della pietra pomice nell'antichità; al contrario, conosciamo molto dell'utilizzo e sull'esportazione dell'ossidiana: la nera pietra a cui è legato lo sviluppo e, in certi periodi, la ricchezza dell'arcipelago Eoliano. I più antichi insediamenti umani finora individuati durante gli scavi archeologici nelle isole Eolie appartengono al neolitico medio e sono testimonianza dello sfruttamento delle colate di ossidiana, il materiale più tagliente fino ad allora conosciuto. 11 La pomice ha la stessa composizione chimica dell'ossidiana e differisce da questa per il processo di raffreddamento che avviene in presenza di ossigeno. Entrambe coesistono negli stessi giacimenti e la presenza dell'una è indice dell'esistenza dell'altra.

9

Houel Jean, Viaggio pittoresco alle isole Eolie, Introduzione di Leonardo Sciascia, traduzione di R. Cincotta, Marina di Patti, Pungitopo, 1987, pag. 42. 10 Arena Giuseppe, L'economia delle isole Eolie dal 1954 al 1961, Tip. G. Puglisi, Messina 1960, pag.35. 11 Zagami Leopoldo, Lipari ed i suoi cinque millenni di storia, D'amico, Messina 1960, pag.149.

10


Sappiamo da varie fonti che pomice e ossidiana si trovano a Lipari sin dal neolitico e che sono frutto di eruzioni di oltre seimila anni fa; cronologicamente però quel che vediamo oggi , ciò che rimane, è dovuto alle eruzioni delle Rocche Rosse (Monte Pilato) e della Forgia Vecchia e, a ritroso nel tempo, quelle di Monte Giardina, Monte Guardia, Monte Sant'Angelo, Monte Rosa Timoni, Monte Chierica, e Monte Mazza Caruso. Sebbene sul pianeta siano presenti numerosi altri giacimenti di pomice come in Grecia, Turchia, Giappone, la qualità della pomice dalle cave di Lipari è stata da sempre considerata di particolare pregio. 12 L'attività di estrazione e commercio della pomice abbraccia la più antica traditionem dell'isola. Fin dalla seconda metà dell'Ottocento, quantità rilevanti di pomice venivano estratte dalle grotte, trasportate in riva al mare, commercializzate e utilizzate per la levigazione del marmo e la concia delle pelli.

12

<<Signore, colla presente mi pregio richiamare la vostra cortese attenzione intorno alla impresa seguente: In tutti i paesi commerciali, specialmente in America, Ungheria, Russia, ecc sono usate grandi quantità di pietra pomice per macinare e per manifattura di pietra litografica, marmo, vetro, bottiglie verniciate, metalli d'artiglieria , pelle, legno, bottoni, corna, vagoni, casse forti, motori, mercanzie di metallo, ecc.. La pietra pomice si trova in pochi distretti vulcanici, ma per macinare vi è solamente quella di Lipari. Per accertare se la pietra pomice di altri distretti può essere usata a questo proposito, ho scritto ai Consolati in parecchie parti del mondo per informazioni. Dalle differenti piazze del mondo dove vi sarebbe la possibilità di ottenere una simile produzione io ho ordinato campioni e dopo provatili li trovo inservibili per macinare. >> Teodoro Hann di Dresda, Lettera aperta ai capitalisti liparoti, Dresda, 29 Maggio 1923

11


Lo sfruttamento delle terre pomicifere si è intensificato nel tempo, assumendo nel 1884 la piena fisionomia industriale. Per cui avanzarono gli interessi privati; primo fra tutti fu il generale Marchese Vito Nunziante che ottenne nel 1813, direttamente da Ferdinando III di Borbone, Re di Sicilia, la concessione per lo sfruttamento a scala industriale. Nel 1825 sono 700 le tonnellate esportate in Italia e all'estero, con un progressivo aumento si arriva nel 1887 a 4.915 tonnellate di pomice provenienti dalle cave di Lipari. 13 Alla fine del XIX secolo, tra le continue appropriazioni indebite di terreni demaniali e i prezzi concorrenziali relativi

al

commercio

della

pomice,

l'industria

pomicifera non ha potuto piĂš garantire la stabilitĂ economica dell'arcipelago Eoliano. Il mercato si riprese nel primo e nel secondo dopo guerra

14

; la pomice si diffuse nell'edilizia come

materiale per la coibentazione, nel secondo dopo guerra, invece, la pomice comincia ad essere sfruttata anche nel settore chimico, ed infine negli anni cinquanta, nella produzione di apparecchi elettronici.

13

<<Nel 1825 si esportarono (in Stati italiani ed esteri) da Lipari ben 700 tonnellate di pomice, e in seguito le esportazioni aumentarono di anno in anno. (...) Dal 1888 al 1900 l'esportazione annua si aggirò sulle 5.000 tonnellate. >> Arena Giuseppe, L'economia delle isole Eolie dal 1954 al 1961, Tip. G. Puglisi, Messina 1960, pag.56. 14 <<Le esportazioni aumentarono, non costantemente, dal 1901 al 1912, diminuirono dal 1913 al 1918, crebbero dal 1919 al 1935, si abbassarono nel 1936, ripresero a seguire>>. Arena Giuseppe, L'economia delle isole Eolie dal 1954 al 1961, pag.46 opera sopra citata.

12


L'attività estrattiva della pomice mantiene il suo primato fino alla fine degli anni '50, per poi cedere il posto dal 1960 in poi, alle attività economiche del settore terziario; quindi una buona parte di forza lavoro emigrò dalla produzione agricola al settore edilizio, comunque legato all'industria della pomice.

G. La Greca, La storia della pomice di Lipari, vol. III, pag.86, Centro Studi Eoliano, Lipari, (Messina) dicembre 2009.

13


1.2

Descrizione

del

complesso

delle

cave

minerarie L'arcipelago

Eoliano

viene

dichiarato

patrimonio

dell'Umanità nel dicembre 2000 15;detto riconoscimento ha certamente contribuito a sviluppare una maggiore sensibilità ed attenzione nei confronti dell'industria pomicifera e dell'impatto ambientale da quest'ultima determinato sull'isola di Lipari. Gli edifici che sorgono in località Porticello Acquacalda,

in

passato

aventi

la

funzione

di

stabilimenti per la lavorazione della pomice, vengono completamente dismessi nel 2007, a seguito del sequestro dell'intera struttura industriale da parte della Procura di Barcellona P. G (Me), la quale ha bloccato l'attività estrattiva e di cavazione della pomice. All'industriale

Enzo

D'Ambra,

presidente

e

amministratore delegato della PUMEX S.P.A, e al direttore

tecnico

Francesco

Galvagno,

vengono

contestati una serie di reati, tra i quali attività estrattiva abusiva, modifica morfologica delle aree di Porticello, distruzione e deterioramento di bellezze naturali, abbandono e deposito incontrollato dello scarto dell'attività estrattiva abusiva ed infine furto aggravato di pietra pomice di proprietà demaniale. 16

15

Tratto da "Sequestrate le Cave di pomice di Lipari", Gazzetta del Sud, di Nuccio Anselmo, Messina, 1 settembre 2007. 16 Da sito UNESCO, Report of the 24th Session of the Commitee, Dicembre 2000

14


Le ultime ditte, presenti sul luogo, che hanno operato nel settore della pomice sono state la Pumex spa a Porticello e l'Italpomice spa ad Acquacalda. Le strutture, riunite e concesse in appalto all'industria "Pumex Spa", ultima fra tutte, costituiscono uno tra i più estesi ed importanti patrimoni industriali, oggi completamente abbandonato. Possiamo individuare quattro diversi gruppi di edifici, situati

sulla

fascia

costiera

nord-est

di

Lipari:

Stabilimento Eolpomice, La Cava sopra strada e sotto strada, quindi gli insediamenti Ferlazzo e Papisca. L'intero sistema si sviluppa da nord-est a sud-est: le strutture realizzate in diverse epoche descrivono le varie fasi di lavorazione. 17 A nord, in località Porticello, adiacente all'ultimo pontile tuttora presente, rileviamo il complesso produttivo più recente, esteso su un'area pianeggiante, nella quale vi è stato un concentramento delle attività degli ultimi anni. In questi grandi capannoni si è operata, fin quando è stato possibile, sia la fase di smistamento che quella di imballaggio. 17

<<lavorazione industriale : 1) prima cernita (a mano o per gravità in acqua) tra ossidiana e pomice; 2) frantumazione in mollazze e macine metalliche; 3) essiccazione in forni a legna o coke; 4) abburratmento con stacci oscillanti a mano, buratti piani o rotativi, ecc e generalmente recupero del rifiuto; 5) insaccamenti nei sacchi all'uscita dei vari buratti; 6) trasporto dei sacchi fino alle barche accostate alla riva e poi li trasbordano sulle navi in rada. particolare pericolo costituiscono le operazioni di cui al punto b/4>>. Incoronato Oreste, L'industria della pomice e i suoi risvolti economico sociali, Palermo 1950, pag.6.

15


I quattro gruppi di edifici sopra citati, appartengono alla prima, se non primissima, fase di sviluppo dell'industria della pomice; lo stabilimento Eolpomice, ha una cubatura complessiva di circa di 3.590 mc e non è accessibile via terra ma esclusivamente via mare. Gli edifici La Cava sopra strada e sotto strada, accumunati per la posizione, appartengono però a due epoche diverse e da sempre forniscono servizi differenti. Il primo, piÚ vicino alle cave, nella moderna fase di lavorazione della pomice, dal 1930 in poi, era direttamente collegato a queste attraverso il sistema delle gru; il secondo, prospicente il mare, precedente di molti anni al primo, era luogo di smistamento e in parte di lavorazione vera e propria della pomice. Sempre nello stesso luogo venivano anticamente confezionati e trasportati i sacchi di pietra pomice sulle spalle, per poi essere imbarcati sulle navi. 18 La superficie totale che gli stabilimenti la Cava occupano, complessivamente, è di circa 4.170 mq. La struttura designata con il nome Ferlazzo - Angelo Emilia, perchÊ appartenuta alla suddetta famiglia, una tra le moltissime che si contesero il monopolio sulla produzione della pomice, attualmente non si presenta con la stessa struttura originaria.

18

Incoronato Oreste, L'industria della pomice e i suoi risvolti economico sociali, pag.8, opera sopra citata.

16


Tale stabilimento è stato notevolmente ampliato nel corso degli anni, fino ad assumere, oggi, una struttura completamente diversa. Dapprima una sola elevazione che, come alcune delle precedenti descritte, godeva del solo accesso dal mare; oggi dalle sembianze quasi di un rampicante, il più resistente nel tempo. La sua cubatura è di circa 29. 740 mc. E'

ormai

difficile

immaginare

questo

luogo

straordinario privo degli edifici descritti; la loro presenza, infatti, caratterizza fortemente il contesto, ed è soprattutto simbolo dell’aggressività del gesto (fare) umano. Va poi citato l'ex mulino Papisca, il quale si affaccia a nord est sulla fascia costiera di Lipari, ed è l'ultima testimonianza della produzione di pomice che ha interessato la frazione di Canneto; l'ingombro a terra, è di 2.167 mq circa. Le strutture comprendono attrezzature esterne: scivoli, gallerie, discese a mare che conferiscono senz'altro maggiore forza al paesaggio e possono rappresentare elementi di natura progettuale, di conservazione rispetto alle proposte future. Le tessiture murarie, la dimensione delle strutture, l’austera disposizione dei volumi alti sul mare, disposti a

gradoni

serrati

e

connessi,

attribuiscono

ai

complessi costruiti un'altissima dignità figurativa e conseguentemente suggeriscono progetti di riutilizzo che ne limitino le contaminazioni e trasformazioni. 17


Gli edifici industriali dismessi, godono oggi di una localizzazione invidiabile, in un contesto di grande suggestione; in primo luogo, rappresentano un unicum per la natura che li circonda, ed in secondo luogo sono nei confronti dell'umanità, testimonianza dei segni ingombranti e delle sofferenze legate alle pratiche estrattive della pomice. 19 Il PTP apre un ampio ventaglio di possibilità di riuso, sempre che siano in accordo con l'organizzazione strategica che figura nel quadro dei vincoli a cui sono sottoposte le varie zone: minerarie, a tutela orientata, a tutela orientata speciale, a tutela integrale e al recupero edilizio conservativo . I rimandi ai diversi piani strategici come anche le descrizioni delle strutture delle cave sopra citate sollevano più ampi temi; in primis il significato che il paesaggio assume nel linguaggio contemporaneo e, in secondo luogo, i riflessi generati da quest’ultimo, inteso

come

esperienza

fenomenologica,

sul

paesaggio costruito, l’architettura. E’ giusto riflettere su quale sia il ruolo dell’architettura nelle diverse scale d'intervento, tanto nella tutela del paesaggio, quanto nella progettazione; si consideri 19

<<Si è considerato, infatti, che le operazioni di abburrattamento vengono eseguite manualmente mediante setacci piani e scoperti fatti oscillare a mano da un operaio, mentre un altro provvede alla alimentazione versando il macinato da un sacco. Insalubre ed inammissibile è pure il sistema di essiccamento normale adottato, nei forni aperti sopraccennati, per il funzionamento de quali è richiesta la presenza costante di un operaio per l'operazione di agitazione e di altri due operai per quelle di alimentazione e di scarico. In entrambi i casi è evidente la grande dispersione di polveri nelle vicinanze e le perniciose conseguenze per la salute degli operai>>. Incoronato Oreste, L'industria della pomice e i suoi risvolti economico sociali, Palermo 1950, pag.6.

18


inoltre, che il paesaggio possiede almeno due accezioni fondamentali, del tutto differenti tra loro, i cui presupposti sono nel primo caso una concezione estetico-percettiva, nel secondo la natura geografica del territorio. 20 L’ambiente in quanto oggetto di salvaguardia, di valorizzazione o riqualificazione o più specificatamente della progettazione architettonica o paesaggistica, si identifica nella storia, talora nella tradizione della landscape,

paesaggio-territorio,

talvolta

nel

suo

duplice significato biologico e storico-culturale, legato al vissuto dell’uomo. 21

Per questo motivo, la conoscenza del valore storicoarchitettonico del contesto, unita all'analisi delle caratteristiche tipologiche dei singoli manufatti, risulta nel presente studio, di fondamentale importanza.

20

<<Questa duplice connotazione del concetto del concetto di paesaggio, peraltro esemplificata nella storica distinzione di R. Biasutti del 1947 fra “paesaggio sensibile o visivo”- definito come “ciò che l’occhio può abbracciare in un giro d’orizzonte o, se si vuole, percettibile con i sensi”- e “paesaggio geografico”, come “sintesi astratta di quelli visibili>>. Paola Gregory, La dimensione paesaggistica dell’architettura nel progetto contemporaneo, Laterza, Roma 1998, pag.6. 21 <<Schematizzando potremmo affermare che, sul versante scientifico-ecologico, soprattutto nell’interpretazione geografica che più direttamente ha coinvolto l’architettura, la dimensione acquista il significato prevalente di estensione fisico-ambientale (…) nella tradizione della landscape architecture - il paesaggio tende ad identificarsi ora con il territorio, ora con l’ambiente nel suo doppio significato biologico (ecologico) e storico – culturale Paola Gregory, La dimensione paesaggistica dell’architettura nel progetto contemporaneo, pag.16, già sopra citata.

19


Ricucire il distacco avvenuto tra l'intervento umano e il topos, è per l'architettura l'occasione di tradurre la metafora

del

paesaggio

22

,

considerata

come

rappresentazione visiva, interpretazione analogicoassociativa, o ancora come espressione simbolicoevocativa.

20


Capitolo II / elementi di progetto 2.1 Architettura / Archeologia industriale: atteggiamenti e metodi Molti luoghi trovano parte della loro identità in ciò che resta di storie, tracce e forme di un passato produttivo. Archeologie diverse, che costituiscono un patrimonio culturale ancora da interpretare e valorizzare, nonché da riattivare e rendere collettivo, al fine di porre in essere un'adeguata rigenerazione e trasformazione di territori oggi compromessi ed esclusi da quanto riconosciamo come paesaggio. Tracce e intersezioni di varia complessità, con edifici e manufatti spesso di pregio; suoli, luoghi, macchine e sistemi interrotti; strutture estese e ramificate, costruite per particolari produzioni non più attive; forme determinate da processi ormai superati. Tutto ciò interseca caratteri geografici, geologici e topografici,

assumendo

una

valenza

tanto

di

archeologia del paesaggio, quanto di struttura di fondazione e di importante risorsa del territorio. La tesi si rivolge agli ex stabilimenti di estrazione e lavorazione della pomice, di cui i primi manufatti risalgono

alla

metà

dell'ottocento;

la

capacità

industriale, raggiunta nella seconda metà del secolo, determina profondi cambiamenti, sia strettamente legati alle dimensioni delle strutture industriali, ma anche e soprattutto alterazioni di tipo geo-fisico. La vicenda della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia, tralasciando i pochi casi fortunati, 21


analizzata

nei

suoi

risvolti

architettonici,

rivela

drammaticamente i limiti della storiografia disciplinare e dei suoi strumenti; in particolar modo quando essa è chiamata a confrontarsi con problematiche a scala urbana e territoriale. Non è possibile procedere solo per casi, per unicum, ma bisogna tenere in considerazione la dimensione e la diversità dei processi di trasformazione; si deve prevedere in primo luogo lo studio degli ambienti territoriali, le possibili strategie di ri-localizzazione, ancor prima delle soluzioni tecniche legate ai singoli edifici. Se, ci rivolgiamo al passato, ci rendiamo conto che le opzioni di trasformazione legate alla dismissione, hanno rappresentato una tra le principali forme di modificazione del paesaggio antropizzato, ma di sicuro non la migliore e non la più opportuna. L'area di progetto, così come ci appare oggi, si estende sulla fascia costiera nord-est dell'isola di Lipari, per circa 2 chilometri; un complesso del tutto abbandonato, come sono abbandonate anche le attrezzature interne ed esterne, i macchinari, le gallerie tecniche. Accessibile a chiunque sia da mare che da terra,

in questo luogo sembra essersi fermato il

tempo; le cave dismesse continuano ad affascinare lo spettatore, ma questi spazi, proprio perché lasciati andare, sono anche preda dei più scellerati interventi abusivi. Come e perché il fenomeno della dismissione abbia coinvolto

nel

secolo

scorso

gran

parte

della

produzione industriale non può rintracciarsi nella voce 22


del singolo; troppi e diversi interessi, contributi di differente autonomia e specificità. Inoltre il soggetto pubblico/privato, è tra le tante motivazioni che oggi devono invece essere risolte nella definizione di obiettivi, finalità, visioni, condivise dalla città urbana (Carlo Alberto Barbieri, il carattere "polisemico" del progetto urbano, Torino 2005) Nella seconda metà degli anni novanta si parla di quasi 100 milioni di metri quadrati nei soli capoluoghi di provincia. 23 Il vuoto funzionale si pone come problema urbano ma anche di gestione territoriale, da provare a misurare, al di fuori di una mera logica di valorizzazione fondiaria. 24 La lettura del paesaggio come sistema complesso, in continua evoluzione, diviene una stratificazione, e testimonia non soltanto trasformazioni e dinamiche naturali, ma anche quelle di usi e pratiche antropiche susseguitesi nel tempo. I luoghi dell'archeologia industriale sono peraltro realtà ampiamente diffuse, ma non sempre riconosciute come risorsa, per il valore storico, architettonico e paesaggistico o per la loro posizione strategica e le potenzialità di qualificazione che mettono in campo. Manufatti isolati entro il recinto della fabbrica, aree estrattive, come nel caso di studio, aree di stoccaggio, destinate alla produzione di materia prima e di energia, sistemi per la produzione agricola, sistemi di 23

Cfr Andrea Bondonio, Guido Callegari, Cristina Franco, Luca Gibello, Stop&Go, Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia, trenta casi studio, Alinea editrice, Firenze 2005 24 Carlo Olmo, Roberto Gabetti, La città industriale, protagonisti e scenari, Einaudi, Torino 1982, pag 21.

23


vasche, condotti, strade e linee ferroviarie, luoghi di approdo,

in

molti

casi

hanno

alterato

ma

contestualmente determinato paesaggi che rivelano una stratificazione densa di elementi identitari. Eppure oggi, nella reinterpretazione delle archeologie dei paesaggi post-produttivi, prevalgono soprattutto due realtà: da un lato la cancellazione delle tracce, dovuta all'evoluzione delle modalità di produzione, dall'altro la museificazione diffusa di quanto ritenuto di pregio, con scarsa considerazione delle dinamiche ecologiche e delle continue trasformazioni delle componenti identitarie. Inoltre, una particolare attenzione dovrebbe indirizzarsi verso le strutture industriali dismesse sorte ai margini delle città, molto spesso in prossimità del mare, o in aree

direttamente

interessate

dalla

tutela

del

paesaggio. Distese di ettari e alle quali solo da pochi anni è riconosciuta una rilevanza paesaggistica, oltre le ormai possibili, diverse opportunità di riconversione. Queste aree, come nel caso di studio, sono soggette a un duplice interesse: architettonico e paesaggistico. Se il processo di recupero di strutture ex industriali vede, da un lato, l'utilizzo del progetto architettonico come strumento in grado di raccogliere esigenze di carattere economico privato e pubblico, infrastrutturali e urbanistiche, quindi un metaprogetto, dall'altro deve essere anche e soprattutto strumento di conoscenza, di esplorazione, di ricerca tra forma e linguaggio. 24


Alcune di queste aree, conosciute specialmente per le caratteristiche intrinseche, architettoniche, naturali che presentano, sono in alcuni casi testimonianza di un passato che non può e non deve essere cancellato. Il rischio è che dopo interventi progettuali di varia natura, non vi si aggiunga alcuna qualità, e questo può considerarsi al pari del vuoto funzionale seguito al fenomeno della dismissione delle sudette fabbriche in Italia nel secondo dopoguerra. 25 L'interesse che dagli anni novanta ad oggi si è registrato nei confronti di questo tema non deve esaurirsi nell'avanzamento, che di certo è stato compiuto, attraverso gli specifici strumenti urbanistici, PP o PRG, o anche attraverso il contributo di particolari comunitarie;

forme

di

piuttosto

finanziamento, l'esito

soprattutto

architettonico

deve

sforzarsi di garantire la difficile ma indispensabile rigenerazione sociale e territoriale. I processi di trasformazione che interessano interi settori ex industriali, sfruttano la retorica della costruzione di una nuova parte di città, oppure tentano di riconfigurare i contenitori della città fisica, attraverso i diversi contenuti, ovvero le funzioni urbane. Tuttavia, queste operazioni, hanno in sé un carattere sia compositivo che qualitativo che spesso risente di una certa debolezza, talvolta nei confronti del progetto vero e proprio, talora verso il progetto urbano. 25

Sono dati relativi ai documenti raccolti dall'organismo dell'Audis (Associazione delle aree urbane dismesse) pubblicati nella rivista Audis. Documenti & Informazioni.

25


Di fatto mancano, se non in rari casi, anche strategie progettuali

e

gestionali

che

combinino

la

reinterpretazione delle diverse archeologie con la loro reintegrazione nelle dinamiche sociali ed economiche del contemporaneo.

Le cave di Lipari, in particolare gli ex stabilimenti di estrazione e raccolta della pomice, sono nelle descrizioni storiche spesso indicati con il nome di baracche 26, perchĂŠ simili a baracconi; furono scenario della varie fasi della lavorazione della pomice, dalla primissima pulitura alla molatura 27 , delle terribili e disumane condizioni lavorative dei "naturali dell'isola", gli operai. (G. La Greca, Storia delle Cave di pomice di Lipari). Nel loro complesso costituiscono un patrimonio industriale di circa 100.000 mc, oggi del tutto abbandonato.

26

<<Tale lavorazione, piuttosto artigianale, era svolta normalmente nel centro di Canneto in appositi locali chiamati baracche appunto perchè avevano l'aspetto di un baraccone, alcuni dei quali sopravvissuti sino a tutto il 1970>>. G. La Greca, La storia della pomice di Lipari, Centro Studi Eoliano, Lipari, (Messina) dicembre 2009, vol. III, pag.86. 27 <<La molatura era fatta per preparare speciali pezzi sagomati che a secondo la forma, assumevano la denominazione di topolini, sigari, navette, ecc.(...) La pomice in pezzi ottenuta nei modi anzidetti, era imballata in sacchi, fusti o sacchi, e venduta sia in Italia che all'Estero. In commercio essa infatti trovava molteplici impieghi: per marmisti, falegrami, carrozzieri, pittori, nonchè per levigatura, delle pietre litografiche, per la pulitura delle corde di violino, ecc. >>. G. La Greca, La storia della pomice di Lipari, opera, già sopra citata.

26


Attraverso decenni,

diversi dovuti

ampliamenti alle

fasi

più

susseguitesi o

meno

nei

floride

dell'industria della pomice 28 , giungono a noi privi di una specifica qualità architettonica, ma determinano di certo un'esclusività legata alla loro presenza sul luogo. A seguito della sospensione definitiva dell’ attività estrattiva, gli stabilimenti sono senz'altro la massima testimonianza di un’ attività industriale a cui è legata la storia evolutiva, sociale ed economica, dell'arcipelago eoliano, per non dire del territorio nazionale. 29 Tali monopoli sono parte del patrimonio industriale italiano e come tali sono al centro di un dibattito che si prolunga

ormai

da

cinquant'anni:

il

tema

dell'interpretazione dell'archeologia industriale, non solo come patrimonio ma anche come risorsa. Il progresso che in tal senso è stato compiuto nello studio di casi di architettura industriale, deve, oggi più

28

<< (...) il ruolo economico di questa nuova risorsa naturale che l'inesauribile fecondità del territorio eoliano aveva offerto ai suoi abitanti, fu tale che fino al 1935 a Lipari non si pagarono tasse, essendo sufficiente il gettito della tassa di imbarco della pomice a far fronte alle esigenze di spesa del Comune>>. G. Conti, E. Sgroi, Eoliana, Immagine editrice, Industria poligrafica della Sicilia, Messina, giugno 1977, pag.26. 29 "Il valore del prodotto inviato all'estero nel 1948 fu di 126 milioni e nel 1949 di 172 milioni di lire, per cui si può agevolmente calcolare il contributo che annualmente l'isola da al miglioramento della bilancia commerciale italiana, tanto più che trattasi di esportazioni verso Paesi e valuta pregiata." Incoronato Oreste, L'industria della pomice e i suoi risvolti economico sociali, Palermo 1950, pag.11.

27


che mai, assicurare delle soluzioni che vadano oltre le piĂš immediate ed istintive considerazioni di riuso. Queste aree rappresentano quindi, un' occasione per la quale lo studio e la definizione di una strategia progettuale, possono fornire una risposta ad una condizione paesaggistica ormai critica. Soprattutto la modalitĂ

di

intervento

condizioni

non

attraverso

grandi

sono

deve

verificare

che

necessariamente

progetti,

che

tali

risolte

potrebbero

sovraccaricare le strutture esistenti di funzioni diverse, o ancor piĂš che vi siano previsioni di polifunzionalitĂ .

28


2.2 Lo spazio architettonico, l'esperienza

della

land

art:

R.Morris,

Observatory 1977, R.Smithson, Spiral Jetty 1970, Central Park 1973 Gli edifici delle ex cave di pomice di Lipari appaiono oggi come un luogo ancora suscettibile ad ogni tipo di contaminazione, reale o simbolica, sebbene sia evidente il segno distintivo dell'uomo, legato alla storia. L'architettura di questo luogo, infatti, è caratterizzata dalla compresenza di memorie diverse e, per questo motivo, possiede senz'altro una certa dose di eclettismo, la cui forza è evidente nell'impossibilità di rintracciare,

nelle suddette

strutture,

un codice

stilistico. Prevale,

nel

complesso,

una

frammentazione

dell'insieme, un'esuberante articolazione delle masse cui fa riscontro una complessità tipologica e spaziale. Un primo approccio percettivo ed estetico di questi manufatti architettonici, evidenzia la ricchezza dei materiali e delle tecniche costruttive; sembra di trovarsi di fronte ad una costellazione di molteplici episodi, ognuno con la propria identità, distinta ed evidenziata. Appartiene

a

questo

luogo,

un

concetto

di

riverberazione dell'ambiente che senz'altro influenza l'intervento architettonico, soprattutto per la presenza sul luogo di elementi specifici e particolari; un 29


atteggiamento che non deve però assumere un carattere vernacolare, piuttosto deve reinterpretare la tradizione, con innovazione e sensibilità. E' più opportuno parlare non di mimesi, ma di una rinnovata coscienza del luogo, che possa davvero restituire una concreta misura dello spazio. In questo senso, meritano una certa attenzione, le esperienze compiute nel mondo dell'Arte, a partire dagli anni sessanta, settanta, ad esempio la corrente del Minimalismo, e poi le sperimentazioni di Land Art 30 e poi di Land Scape. L'ansia minimalista, il cui unico obiettivo sembra essere l'assoluta semplicità, si pone come condizione limite

dell'architettura;

il

concettualismo

invece,

rivisitato in continuo riferimento allo spazio naturale, ha dato vita ad esperienze, come quelle della land art o earth art, in cui arte ed architettura si incontrano nel segno minimalista, definendo tuttavia un'indissolubile relazione tra creazione e contesto. Il

carattere

interventi

di

simbolico-emozionale, questo

genere,

proprio

coincide

degli

con

la

sensazione di sgomento e di meraviglia che lo spettatore avverte nel momento in cui approda dal

30

<<La Land Art fa riferimento a molti valori classici della cultura americana: la dimensione del sublime naturale, come territorio incontaminato e senza confini, la cui durezza solitaria intimorisce ed esalta la libertà dell'uomo; una dimensione che si contrappone a quella artificiale, nevrotica, degli spazi strutturati urbani. Dal punto di vista del linguaggio artistico, secondo Morris, i riferimenti sono al paesaggio americano dell'800;alla concezione del sublime di Newman, e all'impulso di libertà e grandiosità dell'Espressionismo Astratto fuso con le forme emblematiche del Minimalismo>>. Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza, Roma 1995. pag.20.

30


mare, ma anche e soprattutto quando si attraversano gli ambienti lavorativi e i sentieri che da terra giungono agli ex stabilimenti della pomice. Le superiori argomentazioni, suggeriscono, nello studio del presente sito architettonico, richiami alle esperienze di land art e land scape.

31


"There is nothing there, yet it is still a sculpture."

(Michael Heizer 1967)

Michael Heizer, Double Negative, doublenegative.tarasen.net, 1969

Cave di pomice di Lipari, Ingresso nord, scatto del luglio 2014

32


Come nasce l'architettura? Da dentro. Giò Ponti, 1957

I

primi

passi

della

pratica

artistica

moderna,

conosciuta come Land Art, si possono rintracciare nei diversi atteggiamenti che alcuni artisti iniziarono a mostrare tra il 1967 e il 1968, nei confronti di spazi naturali, specie se incontaminati come deserti, laghi salati e praterie. Il contesto storico-culturale di quel periodo contribuì alla formazione di tale ispirazione artistica, che partendo da premesse minimaliste, connesse alla Process Art, istaura con l'ambiente una relazione profonda ed evocativa. 31 Gli anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, sono anni di particolare sfiducia e confusione nei confronti dello Stato che, per quanto principale strumento di azione sociale, deve mirare innanzitutto ad una piena ristrutturazione interna, prima ancora di potere esercitare influenza sulla società. La tendenza è di stravolgere i tradizionali confini dell'arte: oltre i confini della scultura e della pittura, la provocazione rivolta alla cosi detta cultura d'elìte,

31

Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza, Roma 1995.

33


assume

sempre

più

significato;

sembra

imminente il confronto con la cultura di massa.

ormai 32

Inoltre Il rapporto uomo-natura cambia; l'ambiente torna ad avere importanza primaria: non è più solo contorno, ma diviene palcoscenico della nostra esistenza. La nuova arte americana ed europea risente di varie tendenze compresenti e legate tra loro: Pop Art, Fluxus ed Happening, Performance Art e Body Art, Minimal Art, Land Art-Earth Works, Process Art, Arte Povera, Arte Concettuale. Delusi dall'ultima fase del Modernismo, artisti di tutto il mondo, si esprimono in concezioni e realizzazioni spesso contrastanti, ma con un unico intento: come e quanto l'arte possa esprimersi al di fuori di una sala espositiva e dell'ambiente urbano. “I musei e le collezioni sono stracolmi, i pavimenti stanno per cedere, ma lo spazio reale esiste”. Con queste parole Michael Heizer, nel 1968, sottolinea come l'espressione artistica debba assolutamente uscire dai confini deputati dalle gallerie e dai musei per intervenire direttamente nel territorio naturale. La ricerca

del

sublime

naturale,

è

costantemente

contrapposta alla fredda e geometrica monumentalità della città e, per questo motivo, i land-artisti non istallano sculture nella natura ma ri-utilizzano lo spazio 32

Francesco Poli, Corginati Martina, Dizionario dell'arte del Novecento, Movimenti, artisti, opere, tecniche e luoghi, ed. Mondadori, Milano 2008, pag.342.

34


e i materiali naturali direttamente come mezzi fisici dell'opera, attraverso interventi a scala gigante. Questo aspetto, nell' oggetto di studio, rappresenta un tema molto significativo; la tecnologia delle strutture delle cave, ma soprattutto la presenza ingombrante, anche se mitigata nel tempo della pietra pomice, consolida l'idea per cui il segno dell'uomo deve poter reintegrarsi nei processi sempre affascinanti ma irreversibili della natura. Earth Works è invece il titolo della mostra organizzata da Robert Smithson, nell’ottobre del 1968, presso la Dwan Gallery di New York, ispirata ad un romanzo di fantascienza di B. Weiss; questa è un'altra etichetta con cui si indicano sempre le esperienze artistiche di questo periodo, che non possono essere considerate nell'accezione di un movimento tradizionale.

Gli elementi compositivi della Land Art, non sono certo le geometrie, il codice o il formalismo, e di conseguenza, questi, non possono essere classificati, come corrente o stile, come fu nel caso del Modernismo.

La capacità dell'arte, è stata nei secoli, la possibilità di reinventarsi

sempre,

a

volte

persino

di

autodistruggersi, ma comunque riflesso di forze

35


sempre diverse; la migliore propaganda di tutti i tempi. 33

Tra i protagonisti che hanno individuato nella Land Art la nuova comunicazione espressiva, vi sono Michael Heizer (Berkeley, 1944), Robert Smithson ( Passaic, New Jersey 1938 – 1973), Walter De Maria (Albany 1935 – New

York 2013),

Richard

Long

(Bristol 1945), Dennis Oppenheim (Electric City 1938, New York 2011), James Turrel (Los Angeles, 6 maggio 1943) Christo

e

Jeanne-Claude

(Gabrovo 1935)

(Casablanca 1935, New York 2009), Robert Morris (Kansas City, Missouri 1931), ed infine Alberto Burri (Città di Castello 1915, Nizza 1995). Tutti instaurano una relazione intensa con la natura, ne indagano le potenzialità, e provano a definirne i nuovi confini. Credono fermamente nella spiritualità e nella superiorità della natura e, per questo, iniziano un percorso conoscitivo, approfondito e appassionato.

33

<<Ciò di cui si occupa l’arte è qualcosa di mutevole, che non ha bisogno di arrivare in un punto che sia definitivo rispetto al tempo e allo spazio. L’idea che il lavoro sia un processo irreversibile che si conclude con uno statico oggetto-icona, ormai è superata(...) L'arte è sempre stata una forza estremamente distruttiva, nè è esempio migliore la sua costante capacità di autodistruggersi: il Modernismo , per esempio crolla quando diventa un insieme di norme consolidate che codificano una procedura, uno stile di vita>>. Robert Morris, Notes on Art as/and Land Reclamation, «October», n. 12, Cambridge (MA), 1980 (trad. it., Note sull’arte come/e rivendicazione della terra in «Lotus international», Reclaiming Terrain, n. 128, novembre, Milano 2006, p. 85).

36


L'arte, così scrive R. Morris, deve espandere il proprio raggio d'azione fino a coincidere con la realtà, sia fisica che mentale, e investigare ancora sul rapporto uomo-natura. Nel 1980, già lontano dalle sue esibizioni anti-form, in cui

la

dialettica

minimal

ha

ceduto

il

posto

all'accumulazione informale di residui di materiale di ogni genere, R.Morris parlando dell'arte, ne descrive le potenzialità a cui attribuisce la capacità di bonifica di migliaia di ettari. Il citato autore parla del contesto non esclusivamente in termini

di ambiente, piuttosto di contenitore di

contenuti, nei quali l'arte, da una parte come fardello polico dall'altra come recupero del suolo, assicura il ciclo risorse-energia-merci-consumo. 34

34

<<L’arte come attività di bonifica ha un potenziale di sponsorizzazione da milioni di dollari e possibili localizzazioni su centinaia di migliaia di ettari in tutto il paese (…). Il contesto può essere interpretato come servizio, in quanto assicura il fardello politico di qualsiasi opera d’arte. In un senso più profondo, tuttavia, il contesto è anche contenuto. Il tema dell’arte come recupero del suolo (…) è un incentivo alla costante accelerazione del ciclo risorse-energia-merci-consumo, visto che il recupero - definito dal punto di vista estetico, economico e geofisico – serve a rendere accettabile un precedente atto di estrazione delle risorse>>. Robert Morris, Notes on Art as/and Land Reclamation, «October», n. 12, Cambridge (MA), 1980 (trad. it., Note sull’arte come/e rivendicazione della terra in «Lotus international», Reclaiming Terrain, n. 128, novembre, Milano 2006, p. 85).

37


Robert Morris, Observatory 1977, Olanda www.architetturadipietra.it

Robert Morris, Senza titolo, 1968/69, istallazione con pezzi sparsi di feltro, gomma, zinco, nickel, alluminio, acciao, e altro, Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, pag.19, Laterza, Roma 1995

38


L’oggetto

è

chiaro:

l’arte

si

presta

all’intento

progettuale e diviene site-specific delle numerose possibilità che l ‘ambiente naturale e artificiale offre. In un paesaggio urbano o antropizzato, invece, l’intervento artistico o propriamente di Land Art, genera altre riflessioni sulla reinterpretazione del significato del costruito stesso. Nel presente studio, il contenitore ovvero le strutture delle cave di pomice, gli annessi percorsi, e l'unicità del contesto naturale circostante, sono gli elementi distinti di un unico quadro; l'intervento di land art, vissuto come vera e propria esperienza artistica, ne diviene chiave di lettura.

Un altro esponente che, attraverso la land art, ricrea le suggestioni che la natura generosamente offre, è Robert Smithson. Inizialmente combattuto tra la vastità dell'ambiente esterno e le occasioni dello spazio espositivo, di cui ne indaga i limiti e le possibilità, nel 1970 , dopo un viaggio nello Yucatan, riesce a portare a termine il suo più grande intervento di land art, lo Spiral Jetty. Un grande molo a forma di spirale nel Great Salt Lake (Utha),

costruito

accumulando

più

di sessanta

tonnellate di terreno circostanti tra cui fango, cristalli di sale e rocce. Il movimento della terra stimolato attraverso la forza delle macchine moderne, genera però un simbolo primordiale di vita, la spirale. 35 35

Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza, Roma 1995, pag.124.

39


Smithson è affascinato dai grandi processi di trasformazione naturale, dall'entropia dell'ecosistema, tuttavia ciò che fa riflettere nel presente studio, è la volontà da parte dell'autore di recuperare attraverso gesti puntuali, il più intimo significato di quel luogo. Il caos del disordine della materia, ad esempio i detriti piuttosto che i resti delle cave sono, per Smithson l'inizio di un percorso conoscitivo che porterà lo spettatore a ricongiungersi con il paesaggio. 36 Nella sua opera in Central Park del 1973, l’autore, indaga il tema con riferimenti ancora più espliciti; legge il parco come un infinito labirinto di relazioni ed interconnessioni da reinterpretare, servendosi di una nuova dialettica che approfondisca le relazioni tra soggetto/oggetto e natura/cultura. Gli oggetti utilizzati per la realizzazione dell'opera, sono infatti, un vecchio rimorchiatore, una chiatta arruginita, tutti elementi che per quando destinati all'opera in se stessa, hanno degli evidenti richiami con il passato industriale di New York. 37

36

Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, pag.125,opera sopra citata. 37 <<Parco come un infinito labirinto di relazioni ed interconnessioni, in dialogo con la sua esplorazione di processi non causali nell’ordine storico-materiale della natura. (…) L’uso di strutture antiquate, come un vecchio rimorchiatore e una chiatta arrugginita, sottolinea che tutti gli elementi usati per dislocare un frammento di Central Park sono in relazione con il passato industriale di New York. (…) Smithson, nei suoi scritti e progetti fa riferimento a processi di creazione e distruzione porgendo attenzione alle risonanze tra grandi cicli storici e minuti spiazzamenti temporali>>. Sandro Marpillero. Arte come paesaggio come architettura, pag.65.

40


Robert Smithson, Spiral Jetty, 1970, Great Salt Lake, Utha. Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza, Roma 1995.

Robert Smithson, Floating Island 1973, Central park, New York, USA www.monocolo.com

41


2.3 il luogo come esperienza tra suggestione ed illusione:

A.

Burri,

il

Cretto

1989,

corrispondenze tra Arte contemporanea e Architettura L’opera di Burri, il cretto, fu commissionata all’autore in memoria delle vittime del terribile terremoto che colpì la valle del Belice e rase al suolo Gibellina il 14 gennaio del 1968. Il perché la cittadinanza abbia trovato nell’arte il proprio interlocutore, induce a riflettere ancora una volta

sui

distinguono

temi le

che

accomunano

corrispondenze

e

viceversa

tra

l’arte

contemporanea e l’architettura. La prima, come già è stato sottolineato in precedenza, intesa come espressione delle ricerche artistiche avviate tra gli anni ’60 e ’70, principalmente il Minimalismo e quindi la land art; la seconda, l’architettura in quanto scala di rappresentazione e ridisegno del suolo, nel confronto avviato da tempo tra il valore del paesaggio e gesto compositivo. L’opera doveva assolutamente avere un profondo significato commemorativo rivolto alle vittime del terremoto, e il luogo prescelto, le macerie della Gibellina vecchia, hanno certamente influenzato le scelte progettuali e plastiche del maestro Burri. Il cretto si discosta delle geometrie degli avanguardisti americani ma istaura un’equilibrio intimo con la terra, il

42


vuoto non è più astratto, ma figura come materia da plasmare.

38

Il cretto ha una forte carica evocativa - simbolica, la cui evidenza si rintraccia nel ridisegno degli antichi percorsi di Gibellina, il decumano, ad esempio, descrive il principio insediativo della città. Inoltre la scala architettonica, dodici ettari di terreno, include l’opera nelle molte trasformazioni di land scape, in cui il contesto fa parte dell’opera, talvolta è l’opera stessa. Questi sono i princìpi guida per cui, lo studio di quest’opera può, all’interno della ricerca fin qui svolta, suggerire dei richiami e degli atteggiamenti indicativi nel modus operandi. Il minimalismo, di cui si è fin qui parlato, si traduce nell’opera di Burri, nell’atteggiamento di assoluto rispetto espresso nei confronti del luogo, in cui la memoria è la vera e indiscussa protagonista, non l’opera in se stessa. In egual modo, anche nell’oggetto di studio, il confronto avviene con un altro luogo della memoria, le cave di pomice di Lipari. Si tratta della storia di un’industria che, nei secoli, ha rappresentato, nel significato autentico del termine, la linfa vitale dell’isola; un luogo nel quale al candore bianco della pomice si è contrapposta la sofferenza dell’attività estrattiva delle cave da parte di migliaia di braccianti, morti per inalazione della polvere. 38

F.Poli, Alberto Burri, equilibrio, struttura, ritmo, luce, Castelbasso, Palazzo Clemente, 21 giugno – 30 agosto 2009, , Mazzotta, Milano 2009, pag.45.

43


Per questo motivo nasce l’esigenza di conoscere la storia,

di

approfondire

gli

eventi

che

hanno

determinato le attuali condizioni in cui questi edifici versano,

per

trovare,

oggi,

un’appropriata

interpretazione. L’architettura di questo luogo si mescola al carattere simbolico ed evocativo del fare artistico e genera nuovi orizzonti, paesaggi mentali.

39

Il contesto, in questo caso le rovine di Gibellina vecchia, immerse negli orizzonti della valle del Belice, e nel caso di studio, invece, l’unicità della condizione nel

panorama

dell’arcipelago

eoliano,

sono

occasione per riflettere in todo l’importanza della fruizione dell’architettura da parte dello spettatore. Come per Gibellina, se si osserva il cretto dall’alto, è possibile leggere la forza ed insieme l’organicità dell’opera, così l’approdo dal mare verso gli edifici delle cave di pomice, in una visione frontale, determina senz’altro un’esperienza emotiva; tuttavia il coinvolgimento è certamente maggiore all’ interno di questi luoghi, nei quali lo spettatore, coinvolto nella dimensione temporale ed esistenziale, diviene prima interprete e poi attore di nuovi scenari.

39

<< (…) Con la Land Art, possiamo dire quindi, che si sono posti in discussione alcuni concetti rivelatisi fondativi anche per l’Architettura, per le ricerche da essa condotte parallelamente e per il paesaggio in particolare: la modalità dell’esperienza dei luoghi , il rapporto tra contesto ed azione, l’attribuzione di senso attraverso gesti minimi e comunque elementari, l’assunzione del paesaggio come immagine innanzitutto mentale>>. (Atti del convegno Alberto Burri, nel panorama della land art internazionale, Gibellina 9 – 10 ottobre 1998, a cura di G. De Simone, G: Farina, S.Fazzi, scritto di G. Marzullo, Burri- Land Art – Architettura, pag.73, Architectural Noise, Palermo 2004 Museo Civico d’Arte Contemporanea – Gibellina.)

44


Dunque

la suggestione

nell’approccio

in

primo

di quest’opera induce, luogo

analitico

e

poi

progettuale dello studio in esame, a ripensare le modalità dell’esperienza dei luoghi, il difficile rapporto tra contesto e azione ed infine il valore attribuito ai gesti nel confronto con il paesaggio .

45


Alberto Burri, il Cretto 1989, Gibellina vecchia, Sicilia www.priski.it

46


2.4 Superstudio, la Supersuperficie 1970, la decostruzione dell'Architettura

1966, nasce a Firenze Superstudio. Il gruppo, formato da giovani laureati, si distingue subito nell’ambito delle neo-avanguardie

europee

e

raggiunge

un

riconoscimento internazionale con la mostra “Italy: The New Domestic Landscape” al MoMa di New York nel 1972.

La loro produzione è ancora oggi fonte di ispirazione per molti dei più noti architetti contemporanei, da Rem Koolhaas a Zaha Hadid. Gli interessi dei Superstudio spaziano dal campo del design, all’architettura; indagano nel contesto culturale degli anni Sessanta e Settanta, le infinite possibilità dell’architettura, intesa come strumento descrittivo e divulgativo.

Tra i primi a parlare di globalizzazione, i Superstudio, vogliono

raccontare

il

destino

dell’architettura

attraverso i loro progetti scolastici, gli oggetti, il Monumento Continuo, gli istogrammi di Architetttura. La Supersuperficie, le 12 Città ideali. 40 40

<<Racconti di fantascienza, armosfere da nght club, visioni di paesaggi orientali, oggetti da favola ed esseri fantastici alimentano le nuove proposte del design di Superstudio (…) Il cinema costituisce un’importante fonte di ispirazione per l’invenzione di oggetti e per la possibilità di immaginare una sceneggiatura che li renda protagonisti del racconto, aldilà della loro funzione. L’elemento tecnologico anche più elaborato

47


L’opera dei Superstudio è senz’altro più un’opera di ricerca che di vera e propria composizione, ma rappresenta nel panorama mondiale, e soprattutto negli anni in cui è stata concepita, un ponte anche questo metafisico tra le esperienze di Land Art oltre oceano e l’apoteosi dell’aspirazione del gruppo. Con il concorso di idee dedicato al tema Architettura e libertà, indetto nel 1969 dalla Biennale trinazionale di Granz, Tringon 69, è manifesto il pensiero dei Superstudio; il Monumento Continuo e poi il Viadotto dell’Architettura sono il risultato di una distruzione apocalittica delle principali metropoli del mondo, per cui viene immaginata la ricostruzione attraverso due sole strutture lineari. L’aspirazione dei Superstudio, è fare di quel viadotto un monumento a scala paesaggistica e territoriale, ogni volta con destinazioni diverse41. Le

possibilità

indagate

dai

Superstudio

sono

certamente avanguardistiche; l'architettura per loro non ha confini prestabiliti, ma attraverso il disegno unico esplora le possibilità dell’architettura non fisica, ma riflessa, topografica, nascosta, interplanetaria. appare sempre subordinato all’invenzione di un’ immagine unitaria, forte ed eloquente. >>. Roberto Gargiani, Beatrice Lampariello Da grandi Opere, gli architetti, Superstudio, Design d’evasione, edizioni Laterza, prima ed.maggo 2010, Roma,italia, cap 1.4,pag.19. 41 <<In altri fotomontaggi, Superstudio raffigura le forme del suo monumento lucente quando, anziché essere Viadotto dell’Achitettura, assume la scala dell’edificio. (…) sull’Acropoli è decorato con la loggia delle Cariatidi; a Vicenza si propone come ampliamento in simmetrie palladiane di Palazzo Chiericati; a Roma subissa con la sua massa i resti del Colosseo; a Firenze prosegue la serie storica di ingrandimenti di palazzo Pitti>>. Roberto Gargiani, Beatrice Lampariello, Da grandi Opere, gli architetti Superstudio, Genesi del Monumento Continuo: il Viadotto dell’Architettura, edizioni laterza, prima ed.maggo 2010, Roma,italia, cap 2.1,pag.26.

48


Un

altro

decisivo

passo,

viene

compiuto

dai

Superstudio nella dissoluzione della “fisicità della costruzione”, verso un’architettura non fisica; una Supersuperficie,

una

griglia

generatrice

degli

istogrammi di Architettura, un sistema di pianificazione per l’occupazione del territorio, senza più delimitazioni fisiche, senza architetture e oggetti. La struttura urbana viene meno, l’ipotesi è di ricostruire microambienti artificiali, si compie la dissoluzione dell’architettura non fisica. Dunque, una provocazione in ascesa, capace di immaginare persino la scomparsa di città intere. 42

L’approfondimento condotto sulla produzione del gruppo Superstudio, all’interno dello studio della tesi, vuole indagare la possibilità di una vista senza architetture,

provocare

delle

riflessioni

sulle

architetture già esistenti, perché risulti evidente la non necessità di intervenire compositivamente; piuttosto recuperare

significati

evidentemente

oscurati,

e

ricondurre l’intervento architettonico alla scala umana.

42

<<New domestic Lanscape, organizzata dal 26 maggio al 11 settembre del 1972 al Museum of Modern Art di New York. L’allestimento di Superstudio è accompagnato dalla proiezione del film Supersuface. An alternative model for life on the earth>>. Roberto Gargiani, Beatrice Lampariello, Da grandi Opere, gli architetti, Superstudio, Genesi del Monumento Continuo: il Viadotto dell’Architettura, edizioni laterza, prima ed.maggo 2010, Roma,italia, cap 2.1,pag.78.

49


Superstudio, 12 Città Ideali, 1971, Cittè 2000 t.

Superstudio, Supersuperficie, 1971-72 Fotomontaggi.

50


2.5 A.Kiefer e la poetica del paesaggio Anselm Kiefer (Donaeshingen, marzo 1945), dopo essersi avviato agli studi artistici e aver abbandonato quelli giuridici, inizia un percorso sulla memoria; lo studio intrapreso ha le sue radici nella ricerca dell’identità nazionale tedesca a cui, negli anni Settanta, dedica diverse retrospettive e, travalicando i confini, estende la sua analisi anche alla cultura ebraica. Nelle diverse istallazioni artistiche che propone, dalla costruzione dei Sette palazzi celesti, nell’Hangar Bicocca, alle sculture in piombo realizzate nei magnifici spazi della fabbrica di mattoni, nel ’92 a Barjac,() l’artista avverte la responsabilità della memoria; ovvero inizia un viaggio che deve prima di tutto ricondurre lui stesso e poi il visitatore che verrà, all’essenza dei luoghi, a coloro i quali li hanno abitati e vissuti. “Un accumulo claustrofobico di lavoro che percepisco fisicamente poiché li vi anno lavorato decine di migliaia di persone lasciandovi una parte della loro vita” (…) “ Un viaggio verso l’infinito, sia per quanto riguarda il cosmo sia con riferimento al viaggio all’interno di noi stessi.” (…)

Il locus mnemonico per eccellenza che Kiefer utilizza è la riconversione dell’edificio industriale, che ha dismesso la sua funzione originaria e risulta pronto ad 51


assumere una nuova identità ed un rinnovato significato.

Che sensazione avrebbe suscitato nell’artista la vista dei fabbricati industriali della pomice, potremmo anche in questo caso parlare di luoghi mnemonici? Avrebbe probabilmente, come ha già fatto a Barjac, considerato una grande scena teatrale, un atelier spettacolare, nel quale riproporre delle suggestioni, stimolo per lo spettatore di domande a posteriori. “A non prepararsi, ma a trovarsi di fronte, all’opera, e sentire l’effetto che fa. Ma poi, magari a posteriori potrebbe essere interessante leggere qualcosa, (…) informarsi sulla storia che c’è a monte,(…) in fondo l’artista fa soltanto metà dell’opera, l’altra metà, è composta dalla partecipazione del pubblico, dagli osservatori, e, quindi sono gli osservatori che, per così dire, completano l’opera; ed è a quello che io sono interessato.” (Tratto da Anselm Kiefer, il libro salverà l’edificio?,

a

cura

di

Fabrizio

Tramontano,

da

d’Architettura, rivista di cultura italiana del progetto, I valori dell’Arte, numero 32, aprile 2007, Motta Architettura, Milano.)

52


Elettra, scenografie e costumi di Anselm Kiefer, Teatro S.Carlo, Napoli, 2003

I sette palazzi celesti, istallazione Hangar, Bicocca, Milano,2004

53


2.6 Feld 72, Million donkey Hotel 2005, un ecosistema culturale, dalla storia al nuovo contesto

"L'Arte ci porta, oltre alle parole, in un altrove che ci permette di ri-vedere i nostri luoghi e con ciò noi stessi...." Lain Chambers

Dopo le già citate suggestioni architettoniche e artistiche lo studio si è concentrato su alcuni interventi progettuali che, hanno invece indagato, soluzioni in parte rintracciabili durante il percorso progettuale della tesi. Il Million donkey Hotel è un progetto pensato e realizzato dai Feld 72, un team di architetti austriaci e italiani che, nel 2005 interviene a Prata Sannita, nella Media Valle del Volturno all'estremo limite della provincia di Caserta. L'obiettivo, prima durante il workshop, poi in fase progettuale, è ricreare o meglio rigenerare un nuovo ecosistema culturale nel quale le due parti di Prata,

54


quella medievale e quella nuova, possano coesistere, incontrarsi. 43 Nel panorama dei diversi interventi previsti su tutto territorio del parco del Matese, il pensiero portato avanti dagli architetti austriaci pone attenzione su alcune problematiche di carattere antropologicosociale, ad esempio: come riattivare questi luoghi, raccontandone da una parte la storia ma rivolgendosi al futuro dall'altra? L'espediente trovato è pensare ad un vero e proprio villaggio dell'Arte, che possa attivarsi anche solo ripristinando i vecchi percorsi e quindi mettere in collegamento tutti gli spazi abbandonati, di cui solo pochi saranno oggetto di un pensiero progettuale. I restanti spazi saranno il racconto della storia del luogo, di un passato che deve dialogare con possibili soluzioni future. Da questo nasce anche l'idea di affittare gli spazi, come in un hotel, nel quale soggiornare e dunque entrare in contatto con un passato ma allo stesso tempo indagare nuove potenzialità .

43

<<(...) Il fatto che il territorio urbano e sociale di Prata Sannita è divisa in due parti non ancora connesse, cioè il borgo medioevale e la nuova Prata, ci ha ispirato a porgerci le seguenti domande: come si possono collegare questi luoghi e farli rientrare nella coscienza quotidiana>>. Da http://www.milliondonkeyhotel.net/, the cencept of the Million Donkey Hotel, Prata Sannita (CE), Italy.

55


Parte di questo pensiero ha guidato molte delle riflessioni rivolte ai luoghi oggetto della tesi; come può il passato industriale delle cave di pomice dialogare con il visitatore d'oggi, giunto sul luogo suggestionato dalla storia di un'era industriale, di cui la natura come gli edifici portano i segni? Nel progetto per Prata Sannita risulta fondamentale riappropriarsi della comunicazione con la gente del luogo, memoria storica vivente, ma è anche nelle scelte di carattere progettuale che rintracciamo tracce del passato. La scelta dei materiali, ad esempio, rappresenta la volontà di portare segni tangibili del passato in nuovo ecosistema culturale, che siano oggetti della memoria ma allo stesso tempo funzionali. 44 La diversità di ogni singolo intervento dà una specificità maggiore, le diverse atmosfere di cui ogni spazio gode, prima ancora di divenire camere d'albergo . Ma ancora più interessante è la volontà di convertire questi luoghi in spazi collettivi, aperti alla popolazione; la possibilità, dunque, da parte degli abitanti di Prata Sannita

di

riappropriarsi

della

propria

storia,

contribuendo allo stesso tempo nell'intento, auspicio, che questi spazi vengano nuovamente vissuti. 45 44

<< (...) La metodologia sará quella di un' archeologia fittizzia – da una parte saremo alla ricerca del passato, dall' altra anche di un futuro che potrebbe verificarsi>>. 45 << (...)2005 – 73% of the European population are living actually in cities. This constantly increasing number does not result only in a constant enlargement of the cities and suburbia, but has a direct reflection in the disintegration of large areas of cultivated landscape by migration which in its complexity and negative

56


Feld 72, Million Donkey Hotel 2005, Prata Sannita (CE), Italia www.milliondonkeyhotel.net

consequences for the larger eco- and social system is hard to predict. The future of that areas is also the future of Europe. “PaeSEsaggio – Azione Matese>>. Da http://www.milliondonkeyhotel.net/, the cencept of the Million Donkey Hotel, Prata Sannita (CE), Italy.

57


2.7 M.G. Grasso Cannizzo, Il Machu Picchu 2004,

progetto di un insediamento e di un

percorso Un altro approfondimento progettuale di cui si è tenuto conto per l'elaborazione dei principi progettuali è l'intervento proposto dall'Arch. M.G. Grasso Cannizzo per il Machu Picchu, sito archeologico inca situato in Perù. Il progetto è stato sviluppato in occasione del concorso di idee, indetto dalle autorità peruviane, in seguito alla candidatura del sito archeologico a patrimonio dell'Unesco. Il sito, visitato da più di 400 mila persone l'anno, ha indotto le stesse autorità a bandire un concorso le cui caratteristiche fossero la tutela del paesaggio e contestualmente la possibilità di generare un percorso che agevoli la risalita del monte, permettendo delle soste temporanee. Il progetto intrapreso dall'Arch.MG Cannizzo ha i suoi cardini nella proposta di una sede temporanea e di una traccia permanente; la conseguenza è un'analisi approfondita

da

cui

si

evincono

dei

caratteri

fondamentali e poi lo stravolgimento degli stessi, dalla frantumazione dello Scenario, al recupero del Vuoto. Scelte che hanno un comune denominatore nel concetto di temporaneità, unica espressione di monumento possibile prevista nell'articolazione del progetto. 46

46

<<(...) Praticato nella roccia, infatti, il volume di scavo dura anch'esso, oltre ogni casualità, come atto da cui non si torna indietro: il fronte naturale su cui si presenta l'intero sistema

58


Il progetto Propone dunque l'inserimento di volumi lungo il percorso di risalita, che garantiscano la possibilità di sostare almeno alcune ore durante l'ascesa individuale verso la vetta. Questi, altro non sono che

segni artificiali, un

recupero del vuoto, il cui contenitore massimo è sempre quello roccioso, il promontorio del Macchu Picchu; è l'esperienza singola, propria di ogni visitatore che, portata all'estremo, rappresenta la variante,

ogni

volta

diversa,

a

determinare

la

circostanza. "(...) in questo senso la trasferibilità dei volumi d'insediamento temporaneo, malleabili alla volontà e all'esperienza come tende nomadiche, li rende pedine di una scacchiera contemporaneamente astratta e concreta: ogni giocatore vi getta la propria sfida, che coincide con l'area della posizione che sceglie di occupare della vertigine." 47 Tutto

ciò

è

pensato

in

relazione

al

progetto

dell'insediamento, tuttavia il percorso da individuare

di cavità artificiali destinate a permanere come tracce sulla montagna le porta sopra di sè precisamente come segni.(...) Perciò, paradossalmente, il recupero del Vuoto a conclusione di ogni insediamento temporaneo lungo la pendice e sulla vetta del Putucusi, è l'unica forma di monumento possibile prevista dal progetto>>. Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Vuoto Attivo,Tratto da Saggi critici di Luciana Rogozinski, Vuoto Attivo/Active Void, in, di Collana aria nuova, prima edizione novembre 2010, casa editrice Libria, Melfi (Italia). 47 Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Vuoto attivo, Tratto da I Saggi critici, di Luciana Rogozinski, Vuoto Attivo/Active Void, di, Collana aria nuova, prima edizione novembre 2010, casa editrice Libria, Melfi.

59


risulta essere il primo step, attraverso il quale, si procede all'occupazione parziale dei volumi di scavo. Per cui la ricerca di alcuni piani di sedimentazione e di estrazione precede l' obiettivo di imprimere dei segni nel terreno, nella singolarità di questo contesto. Dunque

un

percorso

comune

che

tuttavia

accompagna il visitatore verso esperienze sempre diverse. Nel sito oggetto di studio, le cave di pomice di Lipari, i percorsi rappresentano un altro tema approfondito, in relazione alle preesistenze che hanno condizionato ma allo stesso tempo generato alcune delle scelte progettuali. 48 I sentieri della pomice sono leggibili ancora oggi, nonostante l'attività estrattiva sia interrotta da anni, per la presenza, ancora forte sul territorio, delle gru di escavazione, confluenti al cratere. Come una linea disegnata sul terreno, il sentiero che ancora oggi percorriamo dalla quota della strada (+58.00 slm) alla battigia sul mare, è il solco scavato nella montagna, una gola bianca che permette di leggere le varie fasi di maturazione della pomice, e

48

<<Al percorso è demandato l'incarico di condurre, e di istituire il giusto compromesso tra spazio abitabile ed elementi dati. E' un mediatore tra architettura e terreno. (...) La sua centralità è la messa a fuoco di una volontà di dialogo con il contesto non in termini pittorici o formali ma come ancoramento dei nuovi segni alle regole trovate o dettate dalla macchina abitativa>>. Tratto da Saggi critici di Sara Marini, La profondità del nero/the depht of black in Vuoto Attivo, di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Collana aria nuova, prima edizione novembre 2010, casa editrice Libria, Melfi (Italia).

60


dunque le diversità materiche e anche cromatiche dovute alle fasi di ossigenazione. Anche gli edifici che si articolano lungo la costa, luoghi di lavorazione e smistamento della pomice erano, per la loro disposizione sul terreno, collegati attraverso percorsi interni, molti dei quali oggi non più agibili. L'ipotesi di progetto recupera completamente e amplia la possibilità di accedere agli edifici, e determina nuovi spazi abitativi che, entrano a far parte di un nuovo scenario collettivo. Allo stesso modo nel progetto per il Macchu Picchu il percorso tracciato sul terreno individua la possibile formazione della cava sotterranea e della cava di superficie, dove alloggiare le strutture provvisorie. In questo passaggio si fa evidente il processo della costruzione dello spazio attraverso la materia dei luoghi.

L’architetto associa, in questo caso, la ricerca della dimensione e del senso dei materiali, trovati e immessi, all’esplorazione delle operazioni utili a modificare per rendere abitabile; quest’incontro, come scrive Sara Merini, nei saggi critici, attiva il vuoto. 49

49

<<(…) Con lo schizzo di une petit maison (1923) Le Corbusier definiva la “macchina per abitare” prima di aver chiarito quale terreno, ai bordi del lago Lèman, l’avrebbe ospitata. Presa a priori la decisione sulla migliore posizione per la nuova architettura, il luogo assente viene comunque inserito nel disegno: una sorprendente densa linea nera circonda la casa. Attraverso tratti fortemente differenziati, Le Corbusier denuncia due possibili nature del segno: quella sicura dell’architettura fissata, e quella decisamente scabra, volutamente incerta, ma fisicamente necessaria dello spazio avvolgente, tradotta in autonomia di segno a narrare un dato a venire>>.

61


Prevede inoltre lo smantellamento delle opere di occupazione, dunque il recupero del vuoto, quasi ad evidenziare una tra le possibilità, attraverso la quale, l’idea si nutre di materia.

Il lavoro di dell’Architetto M.G.Grasso Cannizo è rintracciabile in una linea nera sul foglio bianco; apparentemente, questo gesto, sembra non restituire informazioni sulla materia, invece ne vuole indagare le possibilità, attraverso il recupero del vuoto, risarcire profondità al nero. 50

Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Vuoto attivo, Tratto da I Saggi critici, di Luciana Rogozinski, Vuoto Attivo/Active Void, di, Collana aria nuova, prima edizione novembre 2010, casa editrice Libria, Melfi. 50 << (…) il recupero del vuoto e la decisione di confrontarsi con un territorio impraticabile testimoniano una posizione che non nasconde il piacere della ricchezza nel nero, di quella riga nera che ancora può stabilire, formare, determinare un’architettura>>. Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Vuoto attivo, Tratto da I Saggi critici, di Luciana Rogozinski, Vuoto Attivo/Active Void, di, Collana aria nuova, prima edizione novembre 2010, casa editrice Libria, Melfi.

62


Progetto per il Macchu Picchu 2004 Vuoto Attivo, collana aria nuova

63


2.8 D.Pikionis, I sentieri di fronte all’Acropoli di Atene

1957,

dialogo

tra

architettura

e

paesaggio Lo studio dell'esperienza di Dimitris Pikionis sul rapporto tra architettura e paesaggio si inserisce, in realtà, in una più ampia riflessione sull’universalità dell’architettura;

affronta

l’evolversi

generale

dell’espressione artistica, in relazione alle vicende economiche della storia e soprattutto rispetto

alle

tradizioni proprie di ogni cultura. L’opera progettuale di D.Pikionis, formulata sulla convinzione di rinnovare la cultura nella quale si era formato, di cui tuttavia tutelare la ricchezza delle tradizione, nel suo caso la grandezza dell’Attica, è rintracciabile

durante

l’intero

percorso

lavorativo

dell’architetto. 51 L’impesa

magistrale

dell’architetto

D.Pikionis

si

concentra nel progetto per la sistemazione del parco dell’Acropoli di Atene, dal 1954 al 1957. E’ qui che tutta l’opera del maestro greco converge, il luogo a cui dedica tutti i suoi sforzi e dove le sue teorie

trovano

la

massima

espressione,

nella

51

<< (…) a questo riguardo, (…) Pikionis, influenzato da Sikelianos , scrive nel periodico che accompagnerà la genesi della vicenda: “ogni studioso delle tradizioni popolari giungerà prima o poi a certe conclusioni di base: 1.Quelle tradizioni sono sopravvivenze di ordini o forme antichissime che, nonostante le trasformazioni subite nel tempo, mantengono inalterata la loro forma primordiale. 2.Ogni tradizione è un’autentica espressione dell’anima di ogni popolazione, della sua fondamentale autonomia, ma tutte appartengono alla famiglia universale della sola e unitaria tradizione di tutti i popoli della terra>>. Da Le strade di Pikionis, di Alberto Ferlenga, prima edizione marzo 2014, Lettera Ventidue Edizioni, Siracusa, Italia.

64


concretezza di gesti sostanziali, affidati alla memoria del significato. Qui il progetto si fa paesaggio, e il paesaggio, progetto.

52

L’intervento, inizialmente, doveva ripensare l’area circostante l’ingresso dell’Acropoli

53

, poi trasformata

nell’occasione di realizzare uno tra gli interventi più importanti del Novecento. I pochi disegni esistenti testimoniano un progetto sempre in itinere, fortemente suggestionato dalla peculiarità del luogo , un affresco, come lo definisce il Prof.Arch A.Ferlenga, il cui supporto è rappresentato dall’ambiente circostante e dalla sua storia. Il disegno non si limita al percorso di pietra, ma coinvolge tutto ciò che si trova ai margini, in un restauro complessivo; ogni componente è parte di un quadro pensato affinché il visitatore compia a fondo

52

<< (…) L’architettura, senza dubbio, ha un ruolo importante che si esprime soprattutto nella sistemazione realizzata attorno a San Dimitris Lounbardiaris...(…) E l’arte di costruire paesaggi è la seconda evidente capacità che Pikionis mette in campo nell’Acropoli. Dal momento che nessuna finzione può restituire ciò che costituiva nell’antichità il necessario completamento dei templi, il paesaggio deve essere evocato, ricomposto per frammenti, per relazioni episodiche attraverso la messa in evidenza di parti che sappiamo rappresentare il tutto>>. Da Le strade di Pikionis, di Alberto Ferlenga, prima edizione marzo 2014, Lettera Ventidue Edizioni, Siracusa, Italia. 53

<< Pikionis was assigned the task of replanning and landscaping the entire area surrounding the Acropolis, the Hill of the Muses and the Hill of the Nymphs. The project included the design of the pavilion next to the small church of the St Dimitris Loumbardiaris, as well as improvements to the priest’s house and church itself. >>. Savas Condaratos, Dimitris Pikionis, Agnis Pikionis , Alison Smithson, Peter SmithsonDimitris Pikionis, Architect 1887-1968, A SENTIMENTAL TOPOGRAPHY, Kenneth Frampton Dimitris Antonakakis, Thalis Argyropoulos, Architectural Association Publications, giugno 1989, Londra.

65


l’esperienza quasi mistica di vivere il giardino dell’Acropoli, di evocare un passato glorioso. Il maestro Pikionis per compiere questa impresa mette in

pratica

una

sensibilità

evidente,

anche

nel

trattamento della vegetazione che, deve partecipare e mai oscurare la vista dei templi. Un’altra prerogativa del progetto per l’Acropoli è la pratica di un’archeologia fuori dal comune; nel lastricato di pietra, protagonista principale senz’altro del progetto, si manifesta un’attitudine del tutto personale dell’autore; sono presenti non solo pezzi nobili, ma lastre di pietra, reperti rinvenuti nel corso dello scavo o sottratti al buoi di oscuri depositi museali, compaiono materiali edili o scarti di cava. Tutto è riconoscibile, anche il rosso laterizio di epoca neoclassica, ma ogni elemento deve dialogare col l’altro, perché non venga ignorata nessuna delle diverse identità passate. I princìpi adoperati nella restituzione di questa importante opera sono rintracciabili nelle scelte architettoniche compiute all’interno del paesaggio delle cave di pomice di Lipari. Il ripristino dei percorsi come anche la scelta di adoperare ogni tipo di inerte rinvenuto sul posto, vogliono generare delle vie e dei luoghi della memoria e dunque recuperare significati, altrimenti in perduti. I luoghi, l’Acropoli di Atene come anche le cave di pomice, per quanto densi di una storia diversa, entrambi possono definirsi unici per le loro peculiari caratteristiche, e pertanto richiedono una trattazione esclusiva. 66


D.Pikionis evoca il passato con la stessa pratica adoperata nei giardini Zen, da cui è visibilmente affascinato; restituisce un’opera personale, minima ma estremamente complessa, in cui è scongiurato il rischio di insignificanza di ogni preesistenza storica.

67


Progetto per il parco archeologico di Atene, Dimitris Pikionis, Architect 18871968, A SENTIMENTAL TOPOGRAPHY

68


Capitolo III / il progetto e la dimensione di intervento: fra MACRO E MICRO, strategie generali

3.1 Un intervento sensibile, mantenimento di un equilibrio composto Si individuano nel progetto due dimensioni di intervento: una scala MACRO ed una MICRO.

MACRO poichè il progetto si confronta con la vastità dell’area, e con la difficoltà di intervenire in un contesto fortemente caratterizzato da una natura paesaggistica ingombrante; inoltre è anche definito dalle preesistenze industriali che, per quanto prive di una specifica qualità architettonica, descrivono in modo incisivo diversi chilometri della costa nord-est dell’isola di Lipari.

MICRO è invece la scala di intervento del progetto che determina

alcune

ipotesi

puntuali

previste

per

un’interpretazione odierna di un percorso della memoria; la pomice, come prima l’ossidiana, hanno sin dal neolitico determinato la ricchezza ma anche le sofferenze di una popolazione legata da sempre all’attività estrattiva della pietra pomice dell’isola di Lipari.

69


Lo sforzo consiste nel prendere atto di un equilibrio composto, già esistente, uno scheletro imponente al quale cercare di dare forma e significato. Per forma non si intende necessariamente nuove composizioni architettoniche, ma rinnovati significati, cercati e trovati nelle preesistenze, nella ricchezza dei materiali presenti nel sito. Queste modalità di intervento riguardano gli edifici Ferlazzo, ovvero parte del complesso che si articola su tutto il fronte a mare, ultimo passaggio della catena di montaggio del prodotto della pomice, il trasporto sulle imbarcazioni destinate al commercio della stessa. Per questo luogo, lo studio della tesi si è concentrato su

alcune

delle

suggestioni

precedentemente

descritte; ad esempio quelle dettate da esperienze di tipo evocativo-emozionale, rispetto alle quali si è giunti ad una possibile interpretazione del luogo. In questo caso il contenitore è già presente, e nel rispetto dell’esistente, l’intervento è di tipo puntuale. Il percorso della memoria si snoda alle diverse quote, attraverso l’inserimento di elementi, scatole che talora individuano nuove funzioni, talvolta invece delimitano ancora lo spazio, ma recuperano alcuni dei significati e delle provocazioni del luogo, attraverso gesti misurati, sempre sulle tracce di un passato ancora eloquente.

70


I materiali sono strumento di questa interpretazione, il ferro industriale, la pomice e i suoi derivati, ed infine il vetro che delimita e ricuce come una pelle, lascia trasparire le preesistenze. La volontà è di raccogliere sensazioni, suggestioni, tracce riconoscibili del passato in un solo incontro, nell’esperienza

di

rievocare

movimenti

perduti

attraverso l’uso intrecciato di traiettorie, sia fisiche che visive.

3.2 Ripensare un luogo Diverso è l’atteggiamento di intervento che, tuttavia, convive all’interno dello stesso contesto: un edificio ripensato ex novo che tenga conto delle esigenze e delle insufficienze delle strutture esistenti ma anche della zona nord est dell’isola di Lipari. La nuova struttura è accessibile dalla strada principale che costeggia l’intera isola, questa si articola su differenti quote, in conformità rispetto all’orografia del paesaggio; un grande contenitore, una piastra permeabile al terreno che, accoglie funzioni differenti, in ordine: una caffè-ristorante, una zona shop, un sala espositiva/ricettiva ed i relativi servizi. Procedendo

nella

direzione

verso

il

cratere,

individuiamo un’altra struttura destinata solo alla area wellness, dalla quale è poi possibile accedere ai sei alloggi,

distinti

sia

nella

posizione

rispetto

al

paesaggio, che nella loro articolazione interna. 71


La volontà è di imprimere nel paesaggio un segno nuovo che definisca altro rispetto ad un fronte mare così fortemente caratterizzato, che dia anche avvio a riflessioni ancora diverse rispetto alle economie di quest’area, in termini soprattutto di qualità del turismo. Per questo motivo si è pensato ad una struttura ricettiva di dimensioni controllate, che garantisca però una serie di servizi anche in previsione di una riconversione complessiva dell’area delle cave di pomice. Una grande piastra nella quale sono accolte le diverse funzioni, articolata su una maglia di acciaio, diventa una galleria, una zona d’ombra nelle giornate torride d’estate, un punto di vista privilegiato, ma sempre all’interno dello scenario straordinario delle cave di pomice dell’isola di Lipari.

72


Bibliografia di riferimento

Capitolo I / le cave di pomice a Lipari Arena Giuseppe, Panorama geografico economico dell'isola di Lipari, Tip. G. Puglisi, Messina 1960 Arena Giuseppe, L'economia delle isole Eolie dal 1954 al 1961, Tip. G. Puglisi, Messina 1960 L. Bazzanella, C. Giammarco, Per una architettura del territorio. Progetto, attori, processi, in A. De Rossi, Grande scala, Architettura, politica, forma, List, 2009

L.

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Gregory,

La

dimensione

paesaggistica

dell’architettura nel progetto contemporaneo, Laterza, Roma 1998

G. la Greca, Curzio Malaparte alle isole Eolie. Vita al confine, amori e opere. Edizioni del Centro Studi Eoliano, Lipari (Messina) 2012

73


C. Malaparte, L’Arcitaliano e tutte le altre poesie; ed. Vallecchia 1993 Incoronato Oreste, L'industria della pomice e i suoi risvolti economico sociali, Palermo 1950

Houel Jean, Viaggio pittoresco alle isole Eolie, Introduzione di Leonardo Sciascia, traduzione di R. Cincotta, Marina di Patti, Pungitopo, 1987

Zagami Leopoldo, Lipari ed i suoi cinque millenni di storia, D'amico, Messina 1960,

Capitolo II / elementi di progetto Andrea Bondonio, Guido Callegari, Cristina Franco, Luca Gibello, Stop&Go, Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia, trenta casi studio, Alinea editrice, Firenze 2005 G. Conti, E. Sgroi, Eoliana, Immagine editrice, Industria poligrafica, della Sicilia, Messina, giugno 1977 Alberto Ferlenga, Le strade di Pikionis, di prima edizione marzo 2014, Lettera Ventidue Edizioni, Siracusa, Italia

74


Roberto Gargiani, Beatrice Lampariello, Da grandi Opere, gli architetti, Superstudio, Design d’evasione, edizioni laterza, prima ed.maggo 2010, Roma,italia Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Vuoto Attivo, Collana aria nuova, prima edizione novembre 2010, casa editrice Libria, Melfi La Greca, La storia della pomice di Lipari, Centro Studi Eoliano, Lipari, (Messina) dicembre 2009 Carlo Olmo, Roberto Gabetti, La città industriale, protagonisti e scenari, Einaudi, Torino 1982 Incoronato Oreste, L'industria della pomice e i suoi risvolti economico sociali, Palermo 1950 Francesco Poli, L'arte contemporanea, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza, Roma 1995. Francesco Poli, Corginati Martina, Dizionario dell'arte del Novecento, Movimenti, artisti, opere, tecniche e luoghi, ed. Mondadori, Milano 2008 F.Poli, Alberto Burri, equilibrio, struttura, ritmo, luce, Castelbasso, Palazzo Clemente, 21 giugno – 30 agosto 2009, , Mazzotta, Milano 2009 Alison Smithson, Peter Smithson, Dimitris Pikionis, Architect 1887-1968, A SENTIMENTAL TOPOGRAPHY, Kenneth

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Antonakakis,

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sitografia Da http://www.milliondonkeyhotel.net/, the cencept of the Million Donkey Hotel, Prata Sannita (CE), Italy.

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