ROMANIA

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11-21 AGOSTO 2021


. Partiti presto da Linate, arriviamo in tarda mattinata a Bucarest, dove ci accolgono il nostro accompagnatore Vittorio, capo di Azalai, e la nostra guida Ovidiu. Tempo di arrivare in hotel (in pieno centro) per scaricare le valigie ed eccoci riuniti per il nostro primo pranzo rumeno nella famosa «Locanda di Manuc».

Primo impatto con la cucina romena: le porzioni sono gigantesche!

VITTORIO


Il complesso venne eretto nel 1808 sul sito dell’antico palazzo volvodale dal diplomatico e commerciante armeno, fuggito da Istambul, Manuc bei Mirzaian. L’edificio, che ospita oggi ristorante ed albergo, è il miglior esempio di architettura tradizionale romena, con abbondante uso del legno nelle doppie gallerie, nelle finestre e nei rivestimenti


Subito dopo pranzo ci avviamo al Palazzo del Parlamento per la visita guidata. Esso vanta numeri impressionanti che lo rendono il più grande del mondo dopo il Pentagono: occupa un rettangolo di 240x270m, altezza 86m, superficie occupata 66.000mq, 9 piani fuori terra e 9 interrati, 440 uffici e saloni di ricevimento e rappresentanza mentre i misteriosi sotterranei accolgono un bunker nucleare. Nacque, per volere di Ceaușescu, come Casa del Popolo, nella quale dovevano essere trasferite tutte le istituzioni dello Stato. Fu voluta per tenere sotto stretto controllo i principali funzionari, ed è la trasposizione in pietra del faraonico sogno del dittatore e della sua ossessiva ricerca di segni tangibili che certificassero l’importanza della Romania e del potere del suo capo. Essa fu eretta in circa un lustro (ma mai completata poiché intervenne la caduta della dittatura e la morte del leader), mobilitando un’enorme quantità di forza lavoro e di risorse economiche sottratte all’economia del Paese non certo florida. Benchè rimanga il simbolo di un regime dispotico, con elevatissimi costi di gestione e praticamente non utilizzata, il suo fascino è innegabile per la grandiosità delle forme e la ricchezza delle decorazioni. Per la sua realizzazione furono impiegati solo materiali nobili, dall’onnipresente marmo al cristallo dei lampadari, entrambi di provenienza nazionale così come le enormi tende ed i grandiosi tappeti realizzati nei monasteri della Bucovina.






Ritornando in albergo, che si trova non lontano dal Palazzo del Parlamento, sulla piazza delle fontane (che i illuminano di notte) notiamo il contrasto tra i bei palazzi ottocenteschi e le costruzioni del periodo comunista


Breve sosta e poi via per la visita a piedi del centro storico prima della cena nel più famoso ristorante di Bucarest


La chiesa e il relativo monastero vennero eretti nel 1724 per volere dell'archimandrita Ioanichie Stratonikeas, originario dell'Epiro, poi divenuto metropolita di Stavropol' nel 1726,

Capolavoro del primo stile brancovano, rintracciabile nel gusto decorativo che traspare dai capitelli, dall’architrave in pietra lavorata, dal portale in legno scolpito, dalle grate in ferro battuto


Città tipicamente mitteleuropea




Passeggiando si è fatta sera ed è ora di cena


Ristorante CARNE CU BERE


Inizia il nostro percorso circolare che ci porterà a visitare buona parte di questo Paese, Percorreremo in tutto circa 2200 km. Oggi ci spostiamo verso nor-est per raggiungere

. Siamo in Valacchia, nel cuore di una zona collinare di straordinaria bellezza dove gli ampi poggi a nord cedono il passo ai monti Carpazi. La cittadina nel medioevo fu capitale della Valacchia

La chiesa di San Nicola è l’unico edificio conservatosi integro dell’antico palazzo voivodale costruito sotto I regni che vanno dal 1310 al 1377. Le forme architettoniche di rara eleganza che si ispirano al più puro stile bizantino dell’XI-XII sec. ed I cicli di affreschi trecenteschi ne fanno un monumento di grande bellezza.


La leggenda narra di Manole, maestro costruttore, al quale era stato affidato il compito della costruzione della chiesa. Nonostante egli fosse uno dei più bravi della sua epoca quello che veniva eretto di giorno, crollava di notte. Una notte, Manole sognò che per rendere la costruzione solida e porre fine ai lavori fosse necessario sacrificare e murarne all'interno la prima donna, moglie o sorella, che il giorno dopo avesse portato per prima il pranzo al proprio marito o fratello. Manole riferì del sogno e tutti accettarono l'idea convinti che un'opera di così grande valore ed importanza necessitasse anche un grande sacrificio. Il giorno seguente c'era frenesia in attesa della prima donna e ad un certo punto Manole da lontano riconobbe la moglie incinta. La moglie di Manole, fu l'unica quel giorno a portare il pranzo al proprio caro perché gli altri si erano premurati di avvisare la propria moglie o sorella. Venne così murata all'interno dell'edificio ed il giorno successivo la chiesa era ancora in piedi. Negru Vodă felice per la bellezza del monastero decise che nessun altro così bel edificio avrebbe mai dovuto esser costruito e diede ordine ai lavoratori di togliere l'impalcatura quando Manole (mente del progetto) era ancora sul tetto. Manole non si diede per vinto e provò a salvarsi costruendo delle ali con del legname rimasto. Come per Icaro, le ali non funzionarono, precipitò poco distante e morì. La leggenda si conclude raccontando che, commossa per il gesto ed addolorata, la terra fece spuntare un filo di acqua, una lacrima e da allora nel punto dove cadde il povero Manole si trova una fontana.


Percorso del secondo giorno: Bucarest-Curtea des Arges ; viaggio attraverso la

Sibiu. Circa 300 km

Dopo aver visitato il monastero, viaggiamo verso le montagne mozzafiato dei Carpazi lungo la valle del fiume Olt, che è incastonata tra le montagne. I romani forgiarono questa antica via commerciale, che fu in seguito utilizzata dai mercanti del Medioevo durante i loro viaggi in Trasilvania.




La strada lunga 152 km, si snoda attraverso le montagne più alte della Romania: è aperta solo 4 mesi l’anno! Tra le più belle strade del mondo, la Transfagarasan corre per chilometri attraversando riserve naturali fino a raggiungere il lago glaciale Balea. E’ stata costruita per volere del dittatore Nicolae Ceausescu (è anche chiamata la Follia di Ceausescu) tra il 1970 e il 1974 per permettere alle truppe romene di attraversare i Carpazi rapidamente in caso di un’invasione sovietica, la strada collega le Regioni della Transilvania e della Muntenia. Questa strada di montagna attraversa la parte meridionale dei Carpazi rumeni, sezionando le vette più alte della nazione ed unificando la Transilvania e la Valacchia. Tempo di percorrenza 2ore e mezza per fare 35 km! Al passo breve sosta che ci permette di gustare altre specialità culinarie rumene.

Salcicce senza budello di contenimento e palle di polenta ripiene di formaggio, Il tutto alla griglia.




Arriviamo a Sibiu nel tardo pomeriggio e dopo una brevissima sosta in hotel (che si trova accanto alla porta della città storica) per posare le valigie, iniziamo la visita. I colonizzatori «sassoni» hanno costruito questa città medioevale ricca di architettura. Sibiu (anticamente chiamata Hermannstadt) è stata la capitale dei colonizzatori tedeschi della Transilvania. Le corporazioni degli artigiani sassoni hanno accumulato qui una grande ricchezza, portando infine Sibiu a diventare la più grande e prospera delle sette città sassoni fortificate di questa regione.

Di fondazione romana ma di impronta sassone Sibiu costituì nel Medioevo uno dei vertici del triangolo difensivo approntato dai Cavalieri Teutonici per bloccare le invasioni da sud. La piazzaforte si sviluppò come centro mercantile, conoscendo un lungo periodo di prosperità. Quando, tra il Trecento ed il Quattrocento, i commerci entrarono in crisi a causa dell‘espansionismo turco, fiorirono le professioni artigianali, con botteghe che presto si organizzarono in gilde. Le corporazioni divennero centri di potere economico e di gestione dell’amministrazione, tanto che venne affidato loro il compito della difesa della città. Furono proprio le gilde ad erigere le mura (ogni corporazione aveva il proprio tratto di competenza) e i bastioni e a stipendiare gli armati


La nostra guida Ovidiu

Il centro storico colpisce per l’aspetto tedesco e la città è ancora circondata da porzioni dell’antica cinta muraria medioevale che un tempo proteggeva i suoi cittadini. Alcune delle 39 torri originali della città rimangono in piedi ancor oggi. Visitiamo la Grande Piazza, il Palazzo Brukenthal, il romantico Ponte dei Bugiardi e girovaghiamo a piedi per il centro storico sino all’ora di cena.






Percorso del terzo giorno: Sibiu- Unedoara - Alba Iulia Circa 210 km

Dopo colazione ci spostiamo verso sud ovest da Sibiu a


Questa località ospita l’architettura gotico-rinascimentale più sorprendente della regione:

Il Castello dei Corvini è uno dei più grandi d’Europa ed è classificato tra le sette meraviglie della Romania.

il castello dei Huyandi, noto come il


Splendido monumento di architettura civile gotica il castello occupa la sommità della collina lambita dal fiume. Prende il nome che assunse la nobile famiglia a lungo proprietaria della fortezza e sorse nel XV secolo nel luogo ove si trovava il castrum romano; la parte più significativa delle strutture che ancora si ammirano risale all’inizio del Quattrocentro, allorchè il principe romeno Voicu ricevette dal re d’Ungheria Sigismondo I l’autorizzazione ad erigere un grande castello a dominio di quest’area ricca di miniere di ferro. Sotto Mattia Corvino furono inseriti elementi rinascimentali, come gli affreschi. Nel 1600 vennero apportate trasformazioni di gusto barocco.



Iancu di Hunedoara ha imprigionato Vlad l’impalatore, Principe della Valacchia, all’interno del castello per ben 12 anni.


La città fu, al tempo del comunismo, la capitale dell’acciaio. Dopo la caduta della dittatura le fabbriche vennero quasi tutte chiuse (eccetto un paio acquistate da società straniere) conducendo allo spopolamento dell’area cittadina ed alla massiccia emigrazione degli anni ‘90. Attualmente entrando ed uscendo dalla città si passa in mezzo al cimitero delle costruzioni industriali abbandonate


Una nutrita comunità rom che ha dato vita, in periferia, a sorprendenti palazzi di forme orientaleggianti, dai tetti in scintillante lamiera a forma di pagoda. Ufficialmente i loro residenti non hanno alcun reddito. Facciamo le foto dall’auto in moto perché fermarsi può essere un po’ pericoloso! Gli abitanti non gradiscono che le loro case siano fotografate



Palinca è una bevanda alcolica tradizionale della Romania, ottenuta soprattutto dalla prugna, ma anche dalla pera, dall’albicocca, dalla pesca, dalla mela, dalla ciliegia, dai frutti di bosco o dalle mele cotogne. La palinca, a differenza della Tuica, è distillata almeno due volte, ma può essere ridistillata perfino 5 volte, raggiungendo così oltre i 50° di alcol. In Romania è la bevanda più diffusa, quasi come il caffè in Italia e quando fa freddo è tradizione iniziare il pasto con una palinca bollita.

Ripartiamo verso nord – ovest e dopo un lauto pranzo raggiungiamo



La conquista della Dacia da parte dell'Impero romano si realizzò negli anni compresi tra il 101 ed il 106, attraverso lo scontro tra l'esercito romano, guidato dall'imperatore Traiano, e i Daci di re Decebalo. L'esito finale della guerra fu la sottomissione della Dacia, l'annessione all'Impero romano e la sua trasformazione in provincia. La guerra conobbe essenzialmente due fasi: nella prima, l'imperatore Traiano, che voleva vendicare le sconfitte subite un quindicennio prima, sotto l'imperatore Domiziano, compì un'avanzata nel territorio dei Daci a scopo intimidatorio, forse anche con l'obiettivo, non tanto nascosto, di rendersi conto delle eventuali difficoltà in caso di conquista; nella seconda fase, il venir meno da parte del re dei Daci agli accordi siglati solo un paio d'anni prima, costrinse Traiano ad occupare la Dacia in modo permanente, inglobandola nel già vasto Impero romano. Questa annessione, però, generò negli anni un problema strategico di non facile soluzione. L'essere stata costretta, Roma, a costituire un "saliente" oltre il Danubio, difficilmente difendibile in quell'enorme e mutevole "mare di barbari" (tra Germani e Sarmati), rese necessario il dispiegamento nell'area di mezzi militari crescenti (fino a 50 000 armati) con il conseguente lievitare degli esborsi finanziari. Nei pressi del Castrum romano vi erano famose miniere di sale .


La città di antiche origini fu il cuore del potere romano in Dacia ed il seguito, tra il cinquecento ed il seicento, capitale del principato di Transilvania. Luogo sacro per la storia romena, qui venne sancita l’unione della Transilvania alla Valacchia ed alla Moldavia. La cittadella, in stile Vauban (cioè prende il nome da Sebastien Le Prestre de Vauban, ingegnere militare francese che costruì con questo stile a forma di stella) è ben nota per il suo design a sette punte, bastioni drammatici e bellissime porte. La fortezza risale al 1711 e fu costruita sulle rovine di una fortezza medioevale e, prima ancora, di un accampamento romano. La storia della città di oltre 2000 anni include il suo ruolo chiave nella grande unità della Romania del 1918, quando la Transilvania, la Bucovina e la Basarabia si unirono al resto della Romania. Ospita anche la più antica cattedrale cattolica del Paese, cattedrale di San Michele, costruita intorno al 1009 d.C., oggi sede dell’Arcidiocesi cattolica romana della Transilvania. Accanto alla Cattedrale cattolica sorge la Cattedrale ortodossa costruita nel 1921 per ospitare la cerimonia di incoronazione dei Fernand I, già re di Romania, e della regina Maria a sovrani della Grande Romania, comprendente anche le terre conquistate all’Impero austro-ungarico dopo la prima Guerra Mondiale Alba Iulia è riconosciuta come la capitale spirituale del Paese.



Dopo aver visitato il museo archeologico romano, alle 18 assistiamo alla rappresentazione storica della conquista romana della Dacia. In tarda serata cena al ristorante medioevale ricavato nella santabarbara della fortezza



Percorso del quarto giorno: Alba Iulia – Tuda - Maramureș Circa 300 km

Dopo colazione ci spostiamo verso nordest da Alba Iulia alla leggendaria e spettacolare miniera di sale di


Reperti archeologici rinvenuti nelle vicinanze dimostrano che l'estrazione del sale incominciò a Durgău-Turda in epoca pre-romana tra il 50 a.C. e il 106 d.C. I giacimenti furono sfruttati anche durante l'Impero romano, tra il 106 e il 274 d.C., quando venne realizzato uno scavo piramidale profondo 17-34 metri e largo fino a 10-12 metri. I Romani, oltre al giacimento di Durgău, sfruttarono anche il sale nella vicina località di Băile Romane. Presso ogni salina romana vennero edificate delle fortificazioni militari a difesa dei preziosi giacimenti, come ad esempio quello di Potaissa che difendeva le miniere di sale di Turda. I Romani, che estraevano il sale in tutta la Transilvania, lo lavoravano solo in superficie, estraendolo da fori rettangolari con una profondità massima di 12-15 m, in modo da rimuovere facilmente il materiale con semplici mezzi di sollevamento. Dopo che i Romani ebbero abbandonato la zona nell'anno 274, non vi sono prove che l'estrazione sia continuata. In epoca medievale, un documento della Cancelleria ungherese nomina un giacimento di sale in un luogo "qui dicitur hungarice Aranas, latine autem Aureus" (attuale città di Arieș,

in ungherese Aranyos). La dogana, attiva dal Medioevo fino alla fine del XVIII secolo), era fortificata e il relativo insediamento venne in seguito chiamato Szentmiklósi (San Nicola). Durante il secolo XIII venne menzionata esplicitamente l'esistenza della miniera, in particolare in un documento datato 1º maggio 1271 che attesta la donazione della miniera di Durgău-Turda/Dörgö-Torda alla Diocesi della Transilvania. Altri documenti storici, redatti dal XIII al XIV secolo, citano le miniere di sale di Turda facendo riferimento ai giacimenti localizzati nella microdepressione di Băile Sărate e sul versante sud-orientale del fiume Valea Sărată: le sale operative di scavo erano collocate dove ora si trovano i laghi salati. Nel XVII secolo iniziarono le prime opere di estrazione del sale sul versante nord-ovest di Valea Sărată, come si può osservare dai pozzi situati sul soffitto della sala Terezia. Poco dopo venne aperta anche la miniera di Sfântul Anton, dove l'attività estrattiva proseguì fino al 1932. Durante la seconda guerra mondiale i tunnel furono utilizzati come rifugi antiaerei, mentre nel dopoguerra vennero utilizzati per la stagionatura di formaggi. Dal 1992, la miniera di sale di Turda è stata aperta al pubblico, divenendo un'attrazione turistica frequentata e un centro di haloterapia. Nel 2008, la miniera di sale è stata oggetto di riammodernamento e miglioramento dei servizi, nell'ambito del programma PHARE 2005 ESC per le grandi infrastrutture regionali/locali, per un ammontare di 6 milioni di euro, che hanno portato alla realizzazione di un circuito turistico, un museo minerario e un parco di divertimento a partire da gennaio 2010.




Dopo la visita alla miniera (affollatissima) riprendiamo il viaggio. Sono ormai le 12, ma dobbiamo fare ancora parecchi km prima di fermarci a pranzo a , città situata ai piedi dei colli precarpatici, sulle rive del fiume. Si trova al centro della Transilvania e ne è il più vasto agglomerato urbano. Il tenore di vita qui è più elevato rispetto ad altre zone del Paese. E’ un prestigioso centro universitario e la zona urbana e suburbana può essere considerata la Silicon Valley della Romania. Qui , a fine maggio, ha luogo il TIFF (Transilvania International Film Festival).


Proseguiamo il viaggio verso i Carpazi nordorientali verso il

Ci inoltriamo in un bosco di grandi faggi

saliamo per una mezz’ora e poi superato un valico montano ci ritroviamo in questa zona

leggendaria per le sue diverse influenze storiche e la ricca bellezza naturale. A causa del suo isolamento, il Maramureș svolge un ruolo unico nella storia della Romania; ed un ultimo autentico esempio di vita rurale in Europa.



«Ecco i resti di un mondo antico, un mondo medioevale»

La zona settentrionale del Maramureș rappresenta il cuore storico della regione. Qui si trovano ancora villaggi di contadini immersi nella campagna, dove l’alternarsi delle stagioni segna il ritmo dei giorni. Qui, ai margini di foreste popolate di lupi ed orsi, sorgono piccoli villaggi di capanne di legno ove, in inverno, con la neve sempre abbondante, i cavalli trascinano le slitte che, ora, vediamo appese ai muri. Qui la gente veste ancora con le bluse ricamate a mano, le donne con le gonne arricciate, il fazzoletto in testa ed ai piedi babbucce fatte con di strisce di cuoio cucite rozzamente e fissate da lacci che salgono fino al ginocchio.


Gli abitanti sono cordiali ed ospitali.


Ogni casa è circondata da una staccionata di legno che inizia da un grande portale d’ingresso di legno, intagliato con figure di animali, croci, stemmi o disegni più o meno complessi e con sempre indicato il nome della famiglia e l’anno in cui è stata eseguito

Oltre allo straordinario artigianato tessile, Maramureș è anche famosa per la sua lavorazione del legno e per la sua eccezionale abilità nell’intagliarlo. L’area è riconosciuta da tempo per la sua «civiltà in legno», con intere chiese erette interamente in legno, senza bisogno di rinforzi in metallo o chiodi. Molti di questi edifici mozzafiato risalgono a 400 anni fa e contengono iconografie dipinte da artisti locali.

il lavoro.

Questa è la terra delle porte di legno Davanti ad ogni casetta c’è la “Porta del Maramures”, tipica porta in legno massiccio, completamente intagliata a mano, ove la simbologia religiosa si alterna a quella pagana, degli antichi Daci. Ogni porta è unica, non si possono fare due porte uguali.


Caratteristici sono i cancelli in legno finemente intagliati. Un paesaggio naturale che non ha eguali: un mare infinito di verdi colline, vette montuose e covoni di fieno.


Arriviamo in serata a Cena in un ristorante tipico ove assaggiamo questa «focaccia» ripiena di formaggio, tipica della zona. Nel menù e 10 tipi di , tipica grappa di frutta, fatta di mele, di prugne, di mirtilli, o di frutta mista. In tutto il Maramures, ogni famiglia produce circa 100 lt. di palinca, per il consumo personale nell’anno. Incontriamo un gruppo di turisti francesi e passiamo la serata a conversare con loro bevendo la «palinca» locale.


Percorso del quinto giorno: Maramureș

Giornata

dedicata

a

scoprire in

il una

giornata di festa molto sentita dal popolo. Oggi, per il popolo rumeno, molto religioso (cristiano ortodosso), non è Ferragosto, ma è la


Oggi abbiamo modo di vedere gli uomini e le donne vestiti nei loro costumi tradizionali, davanti alle chiese o mentre seguono il rito religioso ortodosso che dura alcune ore e viene qui celebrato all’aperto nei giorni di festa per poter accogliere più fedeli.


Se si arriva il giorno di Ferragosto in questo borgo a 19 km da Sighetu si percepisce immediatamente quanto la religione sia sentita in questa regione della Romania. In questo giorno colonne di persone si avviano a piedi per raggiungere il monastero ortodosso di Barsana, un esteso complesso ecclesiastico.

Si tratta di una struttura in gran parte moderna, ma in legno naturalmente, risalente agli anni ‘90 del 900 edificata sul sito dell’ultimo monastero ortodosso dell’area, risalente al 1711, prima che il patriarca si convertisse al cattolicesimo di rito greco. Il monastero è dotato di 3 grandi chiese e di una torre campanaria di 56 m.



opinci


Verso Nella regione la vita segue un ritmo antichissimo, scandito dalle stagioni e dai riti ispirati dal mistero della natura. Nel sorriso della sua gente si può vedere la saggezza di un modo di vivere diverso, un’armonia ed un equilibrio che nei nostri tempi viene dimenticato. La regione è il cuore antico ed incontaminato della Romania, dove si vive ancora secondo ritmi, costumi e tradizioni antiche. Testardi ed indipendenti, isolati nelle loro valli protette dai monti Carpazi, tra la Transilvania e l’Ucraina, gli abitanti della zona sono contadini per necessità ed artigiani ed artisti del legno per passione.


Villaggio di un migliaio di abitanti, quasi addormentato in una vallata con ordinati campi punteggiati di covoni, ospitò per qualche anno lo scrittore inglese William Blacker autore di «lungo la via incantata», romanzo autobiografico di questa esperienza. E’ diventato un piccolo villaggio-museo, con molte case di legno dagli articolati portali d’ingresso. La piccola antica chiesa del villaggio fu costruita nel 1531. Le chiese in Romania, sono normalmente modeste perché, secondo i rumeni, a Dio piacciono le chiese piccole


Le chiese in legno spesso venivano spostate (anche più volte, secondo le esigenze della popolazione), come quella antica di Barsana spostata ben due volte


Ci rechiamo alla funzione religiosa nella chiesa nuova, anch’essa di modeste dimensioni, con il risultato che all’interno, non c’è posto per tutti. Per tradizione gli uomini devono stare davanti e quindi molte donne e ragazze rimangono fuori, sull’erba. La chiesa è divisa in due zone: la zona anteriore, il naos, il corpo principale della chiesa, destinata agli uomini e la zona posteriore, il nartece, destinata alle donne, Questa consuetudine ha una motivazione pratica: evita che gli uomini vengano distratti, durante la funzione, dalle forme avvenenti delle ragazze!





Le donne vestono tutte coi fazzoletti in testa, bluse ricamate, sottane a pieghe e sottogonne; gli uomini con la blusa bianca ed il tipico cappello di paglia che, in chiesa, si tolgono e appendono ai ganci.


A casa della tessitrice Qui la gente è accogliente e benevola con una tranquilla saggezza antica.

Entriamo in questa casa, arredata secondo l’antica tradizione dei Daci, con tappeti di lana di pecora tessuti a mano, con disegni di colore rosso e bianco. Tutto l’arredamento è di legno massiccio pregiato, caldo, forte, stabile. Il pavimento è completamente ricoperto da pregevoli tappeti, tessuti da loro e che si tramandano da madre in figlia. Alle pareti icone di Santa Parascheva (la Santa Rita da Cascia), a cui tutta la Romania è devota, il Cristo e, su di una panca, le foto ed i ritratti dei familiari defunti, confortati da una candelina.


Questa è l’unica zona della Romania che non fu mai conquistata dai Romani e per certi versi la sua cultura rimanda a quella degli antichi daci. Persino l’avvento del comunismo non portò grandi cambiamenti. I contadini si opposero con forza alla collettivizzazione. I comunisti vennero coi trattori e cancellarono le divisioni tra le strisce di terreno. Ma la notte i contadini estirpavano le pianticelle di mais dai nuovi enormi campi e abbattevano gli alberi da frutta di Stato, piantati su quella che consideravano l loro terra. Alla fine lo Stato lasciò perdere e loro, soddisfatti, tornarono alla tradizione.


Dietro la casa c’è un pezzo di orto, per coltivare le verdure, in un’altra area tutti gli animali da cortile, i maiali nella porcilaia, due mucche con un vitello nella stalla, di fianco due cavalli poderosi, che lavorano duramente nel tirare i carri, carichi di tronchi, che dovranno essere trasformati. In un angolo del giardino delle croci, sono quelle dei familiari defunti, che la tradizione vuole siano sepolti “in casa”, perché essi continuano a fare parte della famiglia, anche da morti. Essi non sono dimenticati come i nostri defunti, ma ogni giorno ricevono una visita, una preghiera, dei fiori, un lumino. Le anziane si soffermano a parlare con i loro defunti, come se fossero presenti fisicamente e come tipicamente si fa “filò” nelle stalle, l’inverno, al caldo. IL marito nella stalla produce . il Brnza. Questo formaggio è

l’ingrediente principale di molti piatti tipici, somiglia un po’ al “primo sale” italiano; è solo molto più saporito, perché il latte appena munto viene lavorato così com’è. In queste zone montane, si ingeriscono molti cibi grassi, per avere le energie necessarie ad affrontare giornate di durissimo lavoro, che durano dall’alba al tramonto. A quell’altitudine, circa 800 metri slm. cade circa un metro e mezzo di neve. Le temperature possono arrivare a -30°. D’inverno ci si sposta con la “Sania”, tipica slitta tirata da due possenti cavalli, perché le poche e vecchie auto Dacia, hanno difficoltà a procedere. In questi luoghi non si hanno problemi di diabete o di malattie cardiache. Se non ingerissero cibi molto grassi, morirebbero in breve tempo. Questa zona è famosa anche per le bufale. Ogni famiglia ne possiede un certo numero, in funzione ai bisogni alimentari della famiglia ed all’attività commerciale svolta.


Lo squisito maiale di Bazna Bazna fino al XIX secolo è risultata un’isola sassone nel cuore della Transilvania. La cittadina prima della seconda guerra mondiale e del regime comunista risultava di lingua e cultura tedesca. Questo ha fatto sì che la razza ungherese Mangalica, molto apprezzata per il gusto ma poco produttiva, venisse in contatto con quella sassone Berkshire, più redditizia e resistente, dando vita al maiale di Bazna. Questa razza è caratterizzata da un colore scuro di pelle e setole con un caratteristico collare più chiaro.

Finalmente si pranza! Con lo squisito lardo, i formaggi (il “Brnza”, tipico formaggio fresco dell’ex Unione Sovietica, che ogni contadino produce, con l’eccesso di latte fresco invenduto) e la focaccia ripiena di formaggio, i cipollotti e pomodori. Birra romena e HORINCÂ, la grappa di prugne del Maramureș, distillata in casa da ogni famiglia di contadini,


Satolli riprendiamo il cammino verso La chiesa di legno del piccolo borgo, quasi alla fine della valle di Casău, è dedicata a San Nicola ed una di quelle tutelate dall’Unesco. Costruita nel 1643 utilizzando legno di quercia, all’interno custodisce una piccola collezione di icone di vetro e legno ed un dipinto ben conservato che rappresenta il « Giudizio universale». Attorno alla chiesa c’è sempre il cimitero con le belle croci antiche e…


Il culto dei morti ed i cimiteri nel Maramureș Girando per i villaggi capita di vedere bandiere nere sul portale del cancello in legno della casa. Il corpo del defunto rimane 3 giorni in casa così che tutti possano venire a portare il loro saluto e le donne a cantare le loro preci lamentose

Molti si fanno costruire la tomba mentre sono ancora in vita, ci mettono una bella foto mentre sono ancora giovani, la data di nascita e una zona vuota in cui, al momento opportuno sarà scritta l’ultima «Qui la morte di una persona è un fatto che coinvolge ancora tutto il data. villaggio e i morti devono essere accompagnati nell’aldilà con le Ne abbiamo viste dovute pratiche per evitare che se ne abbiano a male e tornino a parecchie, quindi è creare scompiglio.» un’usanza diffusa Quando muore qualcuno, per evitare sventure, i parenti devono offrire preghiere e pomană a tutto il villaggio. La pomană è un banchetto a cui sono invitati tutti quelli che sono stati al funerale, ma non solo. Anche chi passa nelle vicinanze è invitato “per l’anima del morto” e rifiutare l’invito è un’offesa.»


È una delle chiese lignee più rappresentative della regione e nel 1999 fu inserita dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità insieme ad altre sette chiese lignee del Maramureș.





Ci dirigiamo verso

, un

pittoresco villaggio famoso per i suoi storici mulini e distillerie ingegnosi, molti dei quali sono ancora in funzione, e dove vi sono caratteristi cancelli in legno finemente intagliati

IL MULINO


LA DISTILLERIA

L’albero delle pentole

La falegnameria è un’arte che si tramanda da padre in figlio, perché la zona è circondata da rigogliose foreste.

Ancora oggi, si ripete la tradizione, secondo la quale, chi ha delle figlie femmine, in età da marito, deve “pubblicizzare” questa notizia, affinché i giovani possano aspirare a prenderle in moglie. E lo si fa capire con l’albero delle

pentole


Proseguiamo e ci imbattiamo in un


Al matrimonio si invitano tutti i parenti prossimi e lontani, gli amici, i vicini del villaggio e quelli dei villaggi vicini, così alla fine, in un matrimonio in questa regione, gli invitati sono più o meno 2000 e forse anche di più!!


«Tutte belle cose (la campagna, i covoni, le chiese, la placida vita contadina), ma il cuore del Maramureș è altrove; sta nei riti di vita e di morte, nei matrimoni e nei funerali. Se ne incroci uno, non fartelo sfuggire.»


Lo stendardo nuziale

Palinka x tutti (o meglio «horincă» come si chiama nella regione). Nell’uso comune tutte le giacche, sia da lavoro che da festa, sono provviste di una tasca interna ove riporre una fiaschetta di horincă



Anche il matrimonio, come il funerale, è un evento molto importante nella cultura della regione al punto che se una persona in età di matrimonio muore prima di essersi sposata, viene addirittura tenuto un Matrimonio del Morto contestuale al funerale con musica, canti balli, coniuge vivente (offertosi volontario), damigelle e testimoni.


Ora siamo arrivati al La realizzazione del cimitero immaginato da Edgard Lee Master a Spoon River

Il Cimitero allegro o cimitero gaio (in rumeno Cimitirul vesel) si trova nel paese di Săpânța, nel distretto di Maramureș, nella Romania settentrionale. Situato presso la chiesa ortodossa della Nascita della Vergine Maria (Nașterea Maicii Domnului), il cimitero ha la particolarità di avere le sue tombe decorate con steli funerarie in legno dipinte a colori vivaci in stile naif-balcanico: ognuna di essa rappresenta una scena della vita, dell'attività o delle cause di morte della persona sepolta, accompagnata da una poesia, a volte nostalgica, spesso umoristica, dedicata alla memoria del defunto. Con più di 800 tombe colorate, il cimitero allegro è diventato un museo etnografico all'aperto e una delle principali attrazioni turistiche della regione. Nel 1935 l'artigiano locale Stan Ioan Pătraș (1908-1977) scolpì un primo epitaffio su una croce di quercia decorata con colori vivaci. Così facendo, fece rivivere le antiche tradizioni valacche che prevedevano funerali felici, riti funebri festosi, libagioni e brindisi durante i pasti commemorativi, a lungo dimenticate sotto l'influenza della Chiesa, che, come altrove in Europa, considera la morte come un momento drammatico e solenne. Questo cimitero è diverso perché i rumeni considerano la morte un momento molto solenne. Il cimitero è anche associato alla cultura degli antichi Daci, la cui filosofia si basa sull'immortalità e che considerano la morte un momento di gioia perché il defunto approda ad una vita migliore. Oggi esistono diverse centinaia di stele gioiose: alcune di forma rettangolare e riccamente cesellate con motivi geometrici, floreali o astronomici, altre sono coronate da una croce con due o tre stendardi, sormontate da un piccolo tetto. Su uno sfondo prevalentemente blu, sono raffigurate scene della vita e della fine del defunto, solitamente sormontate da poesie allegoriche, spesso umoristiche, che evocano il suo personaggio. I motivi su alcune stele descrivono le circostanze accidentali della morte o rappresentano scene collettive della vita del villaggio. Alla morte di Pătraș nel 1972, la tradizione della tombe colorate è stata seguita da Dumitru Pop.



Qui i carnefici di Cristo sono soldati ungheresi, eterni nemici dei romeni



Non distante dal villaggio nel 2003 è stato

concluso

il

con un’alta torre di 75 metri che lo ha reso l’edificio in legno più alto d’Europa. Qui ci vivono soltanto una decina di monache in uno spazio enorme! Però tutto è curatissimo, sia gli edifici che i giardini che circondano il monastero con un tripudio di fiori in cui spiccano le rose, che ritroviamo nei tappeti della tradizione.


Ultima visita della giornata

Il Museo di Sighet è uno di quei luoghi che aiutano a imparare la storia recente del mondo. Così come l' S21 in Cambogia, è un museo che mostra gli orrori della repressione del comunismo davanti al popolo. Il museo è un ex carcere e i suoi tre piani e il giardino sono stati trasformati in uno spettacolare museo dove il tempo della visita è di almeno un paio d'ore. La prigione di Sighet era il posto dove venivano interrogati, imprigionati e uccisi molti intellettuali e cittadini della Romania. Un museo davvero fantastico ed emozionante. Nella parte inferiore è possibile vedere i volti di migliaia di cittadini rumeni, mentre agli altri piani viene mostrata la vita e la repressione in quel periodo sotto il giogo comunista.


• Ciorba de fasole cu afumatura • Cosi come per la cucina italiana esiste la pasta, che viene mangiata quasi ogni giorno e può essere cucinata in mille modi, per la cucina rumena esiste la ciorba. È il piatto tipico rumeno più cucinato in assoluto sia dentro le case dei rumeni ma anche nei ristoranti. È un tipo di minestra (molto più ricca) che può essere preparata in tantissimi modi e con tanti ingredienti diversi.

Noi abbiamo mangiato la ciorba di fagioli con la carne di maiale affumicata, servita nel pane .

Papanasi

Sarmale Sicuramente la star tra i piatti tipici rumeni. Un piatto delizioso, degli involtini fatti di riso, carne macinata, verdure e spezie, avvolti nella foglia di verza o a volte anche nella foglia di vite, abbinata sempre con la polenta

Probabilmente il dolce tipico romeno più popolare in assoluto, è uno spettacolo!

A vederlo sembra un vulcano delizioso simile a una ciambella, ma l’impasto è diverso e contiene formaggio simile alla ricotta. Sopra viene ricoperto di una crema bianca, che a dire il vero è panna acida (non fatevi ingannare, la panna acida romena e molto buona), e da una deliziosa marmellata di mirtilli di bosco, che in Romania si trovano in abbondanza.


Percorso del sesto giorno: Maramureș ( Sighetu) - Bucovina ( Suceava) Percorso totale del giorno: 300 km

Concludiamo

la

nostra

visita

in

con la visita ad un famoso intagliatore di legno ed ad una splendida antica Biserica di legno. Poi saliremo sui Carpazi e dopo aver superato il passo Tihuta, il più alto dei Carpazi orientali, ci ritroveremo in un’altra splendida regione: la


Il signor BERSAN TEODORO

Questo incredibile artigiano, che produce ed esporta in tutto il mondo case e chiese in legno realizzate a mano, ha inventato anche una tecnica che permette di creare catene senza giunte da un sol blocco di legno (vedi anche pagina seguente)









MAGNIFICA!


Riprendiamo il cammino ed arriviamo alla di una contadina della regione che, alla sua morte, ne fece un lascito al comune affinchè restasse la memoria della civiltà rurale .


Il portale di accesso


«L’uomo iniziò a parlare dell’albero delle pentole. La sua origine non la ricorda, egli afferma che è sempre stato lì, da sempre. Su ogni ramo viene appesa una pentola smaltata e colorata. Se l’albero ha molte pentole significa che le figlie, da sposare, sono di famiglia benestante, perché hanno molte pentole e quindi porteranno una ricca dote. Inoltre tutte queste pentole indicano che le signorine nubili sono state formate non solo culturalmente nelle università romene, ma hanno grande dimestichezza nel

gestire la casa, il marito, i figli (a Dio piacendo), gli animali e le attività agricole.»



Iniziamo a salire ed arriviamo a


Oggi la ferrovia forestale a scartamento ridotto del distretto di Maramureș, che va da Viseu de Sus, attraverso Valea Vaserului, fino ai Carpazi, al villaggio di Comanu, nei pressi della frontiera con l'Ucraina, detta Mocănița, è una importante attrazione turistica grazie alle vecchie locomotive a vapore ancora funzionanti. Il treno, quando siamo arrivati, era già partito. Possiamo solo immaginare. Proseguiamo e ci fermiamo a pranzare in una località turistica di sci invernale.



Siamo arrivati nelle località sciistiche e continuiamo a salire verso il valico. Attorno foreste con orsi, lupi, bisonti ed altra selvggina. Il

il più alto

dei Carpazi orientali

A qualche decina di chilometri dalla città di Bistrita (nord della Romania), si trova il Passo Tihuta, noto anche come la “Terra del Conte Dracula”... La leggenda del conte-vampiro che ispirò lo scrittore irlandese Bram Stoker nel suo celebre romanzo continua a stuzzicare la fantasia dei turisti. Dietro il mito letterario si cela però la storia vera del principe romeno Vlad Tepes, principe della Valacchia, passato alla storia come Vlad Dracul (ossia figlio del Dragone). Il soprannome veniva dal padre, insignito del titolo dell’Ordine del Dragone, istituito dall’imperatore tedesco e re d’Ungheria Sigismundo di Lussemburgo. Era inoltre chiamato Vlad Tepes, cioè l’Impalatore, perchè l’impalamento era il supplizio con cui puniva i nemici turchi. Fu, quindi, un personaggio ideale per Bram Stoker, che prima di scrivere il romanzo cominciò a raccogliere storie su personaggi spietati e orrendi e a cercare un’ambientazione per la storia che voleva scrivere, e il quale fu impressionato dal principe romeno e dal soprannome “Dracula”.


Al di là del passo la strada attraversa il comune di

dalle belle case dipinte



Siamo in

, regione situata nel

nord-est della Romania il cui nome, risalente al 1774, significa «paese coperto da foreste di faggi». La regione è famosa per i suoi bellissimi paesaggi, e per i suoi monasteri affrescati costruiti nei secoli XV e XVI sotto i principi moldavi Stefano il Grande e suo figlio Petru Rares. E’ l’unico posto al mondo dove si possono visitare un gruppo di monasteri ortodossi coperti con pitture murali esterne ed interne, raffiguranti scene della Bibbia insieme a scene di vita e storia locali e dove sono raffigurati tutti i 365 giorni dell’anno attraverso la raffigurazione giorno per giorno del santo onorato.

Intanto siamo arrivati a

. Lasciamo

le valigie in hotel e andiamo a visitare la chiesa di SAN GIOVANNI NUOVO, una delle 8 chiese moldave Patrimonio dell’Umanità. Iniziata nel 1514 e finita nel 1522.


Questa sera cena speciale nel miglior ristorante di cucina internazionale della città. Una delizia. Al ristorante incontriamo per caso altre due coppie di viaggiatori italiani e ci fermiamo a lungo a raccontare le reciproche avventure di viaggio.


Percorso del settimo giorno: - Bucovina Percorso totale del giorno: 190 km

Oggi

visitiamo

la

con i suoi paesaggi lussureggianti, le dolci colline ed i fiumi tortuosi e sopratutto i suoi magnifici monasteri dipinti, unici al mondo, Patrimonio dell‘Umanità, che l’hanno fatta definire « il Monte Athos» della Romania. Noi visiteremo oggi i 4 monasteri più belli.


Tra gli edifici più spettacolari della Romania troviamo i

, nel

nordest del Paese, dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Stefano il Grande, re di Romania dal 1457 fino alla sua morte avvenuta nel 1504, combatté 36 battaglie contro l'Impero ottomano, vincendone 34. Egli era molto religioso e costruì chiese dopo molte delle sue vittorie. Il suo figlio illegittimo, Petru Rareș, che regnò sulla Romania dal 1527 al 1538 e ancora dal 1541 al 1546, promosse una nuova visione per le chiese della Bucovina. Egli commissionò a numerosi artisti di decorare le pareti interne ed esterne delle chiese con affreschi (ritratti di santi e profeti, scene dalla vita di Gesù). Nel XV e XVI secolo per spiegare e ricordare la vita dei più importanti santi ortodossi e dei profeti del passato, questi venivano raffigurati in scene e momenti tratti dai racconti biblici sulle facciate dei monasteri. Gli affreschi venivano eseguiti esternamente in modo che tutti, anche i viandanti, potessero ammirare sia la loro bellezza artistica sia il messaggio e le tematiche che stavano raccontando; in particolare venivano rappresentati dei cicli decorativi completi, dove al fianco delle figure importanti per la religione venivano inseriti anche principi e regnanti del tempo, in una sorta di propaganda collettiva per ricordare l’importanza della Cristianità contrapposta ai Turchi nemici storici sia del romeno, sia del cristiano. Nelle stesse scene proprio i rappresentanti dell’Impero Ottomano, condottieri conosciuti all’epoca, sultani e popolazione erano considerati e rappresentati come demoni e destinati loro malgrado agli Inferi, proprio per un fattore principalmente religioso e sociale, volto a mantenere alto il morale in un'importante fase che vedeva contrapposti i due popoli e le due religioni.


I monasteri ortodossi della Bucovina, una delle più importanti bellezze artistiche della Romania, sono stati edificati nel XIV e XV secolo per affermare la resistenza della fede ortodossa contro l'espansionismo musulmano



l monastero di

è un monastero di suore

dedicato alla dormizione della Vergine Maria o Theotókos. Venne costruito nel 1530 dal Voivoda Petru Rareş e dal suo cancelliere Teodor Bubuiog. Il monastero venne edificato sulle fondamenta di un altro precedente, datato intorno al 1415


Quello di Humor fu il primo dei monasteri della Bucovina ad essere affrescato, ed assieme a quello di Voroneţ, è probabilmente il meglio conservato. Il colore dominante degli affreschi è il rosso ed il pittore che realizzò i dipinti, nel 1535, fu Toma di Suceava.


Il soggetto degli affreschi di Humor comprende L'assedio di Costantinopoli e L'ultima cena, scene comuni a tutti i monasteri della Bucovina, ma anche L'inno alla Vergine ispirato al poema del patriarca Sergio di Costantinopoli, legato alla miracolosa intercessione di Theotókos nel salvataggio della città dai persiani nel 626. I persiani sono però rappresentati come turchi, che è un elemento ricorrente in questi monasteri, i cui affreschi venivano in parte utilizzati per la propaganda politica in aggiunta al loro significato spirituale.






Nel 1487, in meno di 4 mesi, il regnante Stefano il Grande, proprio per celebrare una vittoria contro i Turchi, faceva costruire il più famoso dei monasteri, quello di

che

per

la

complessità dell’opera e per la vivacità dei colori con un blu predominante, tanto da essere chiamato soprattutto nella zona ‘blu Voronet’, è stato ribattezzato come la Cappella Sistina d’Oriente. Questo monastero ha una grande varietà di affreschi sia esternamente, in un modo che lo accomuna con gli altri monasteri, sia internamente, tanto da renderlo particolare nel gruppo di costruzioni; lo rende inoltre caratteristico proprio il colore che nella sua specifica tonalità è stato ottenuto grazie all’utilizzo di lapislazzuli. Tutti gli affreschi sono ricchi di dettagli e rappresentano scene tratte dalla Bibbia tra cui il meraviglioso Giudizio Universale e la Genesi, preghiere e inni sacri, ed è rappresentato anche l’albero di Gesù, o albero di Jasse, dove si possono scorgere i ritratti di antichi filosofi greci come Aristotele e Platone oltre ad altre importanti figure del passato.


Il monastero si trova lungo le sponde di un fiume e coniuga elementi bizantini e gotici visibili nella torre, nelle finestre ad arco gotico e nelle cornici rettangolari delle porte; il paesaggio circostante rende ancora più magnifico lo spettacolo della visione artistica specialmente in occasione di giornate piene di luce e di riflessi.


L'elemento caratteristico sono in ogni caso gli affreschi, con il caratteristico colore azzurro. Il principale affresco raffigura il Giudizio universale (facciata ovest dell'edificio), motivo per cui il monastero viene spesso chiamato la "cappella Sistina d'Oriente".



Finita la visita a questo meraviglioso monumento visitiamo, prima di recarci a pranzare, una zona di bancarelle che vendono prodotti per i turisti tra cui le famose uova dipinte


Ci fermiamo per un pranzo succulento (intanto inizia a piovere)

Hribi cu mamaliga

Salata de vinete Funghi porcini con polenta, uno dei piatti poveri della cucina rumena. è una deliziosa crema di melanzane, perfetta da spalmare sul pane o sui crostini. Probabilmente d’influenza orientale si incontrano versioni simili in Israele, Turchia e nei Balcani ma ovviamente da nessuna parte cosi buona come in Romania.


Un altro bellissimo monastero è quello di

, costruito per volere del principe

Petru Rares nel 1532 e dipinto solamente 5 anni dopo, decorato con stupendi affreschi ispirati a una poesia dedicata alla Vergine Maria e al suo intervento a protezione della città di Costantinopoli durante l’attacco persiano del 626 a. C. Per similitudine con quel ricordo storico, visto che nel 1500 la minaccia ottomana era forte in Moldavia, attraverso l’opera pittorica si voleva invocare l'intervento divino sperando in una intercessione. Decorate principalmente in giallo ocra, rosso, verde e blu, le pareti del monastero di Moldovita, costruito nel bel mezzo della foresta, ospitano anche una rappresentazione della genealogia di Cristo. La chiesa combina elementi bizantini e gotici e presenta un portico aperto, 3 absidi, una torre ottagonale, e una serie di piccole nicchie, ce ne sono ben 105, ciascuna dedicata a una figura angelica. A pochi passi si trova un edificio a due piani al cui interno è ospitato il Museo del convento dove sono conservati gli arazzi realizzati con fili d’oro e d’argento, icone, libri liturgici e reperti archeologici. Il complesso è custodito all’interno di una cinta muraria quadrangolare, fortificata con delle torri angolari, e rappresenta un’opera architettonica che, oltre a un messaggio di tipo religioso, dona sicurezza spirituale e interiore utilizzando la forza e la potenza data dalla presenza fisica sul territorio.

Gli affreschi del monastero di Moldovița furono dipinti da Toma di Suceava nel 1537. Essi sono dipinti nella tonalità del giallo


Tra i Monasteri visitati sicuramente il Moldovita è quello con gli affreschi esterni conservati meglio. E' di una bellezza unica rutilante di colori. Nella prima e nella seconda sala sono raffigurati tutti i santi che si festeggiano per ciascuno dei 365 giorni del calendario,






il Monastero di

è

uno tra i più bei monasteri dipinti della Romania; venne fondato nel 1581 dal vescovo di Raduti e in seguito ampliato da suo fratello, il principe regnante della Moldavia. Anche questa è una struttura fortificata per sottolineare la situazione in cui versava l’aerea in quel periodo, è circondata da mura e torri difensive. La muratura è spessa e lunga quasi 100 metri, le torri complessivamente sono 5, e bastioni e contrafforti amplificano il deterrente difensivo; inoltre sulla chiesa, l’ultima ad essere costruita delle 22 chiese affrescate della Bucovina, svetta un significativo campanile con funzione di osservatorio. Affrescato a fasi alterne tra il 1595 e il 1604, il monastero di Sucevita ha il maggior numero di immagini dipinte, anche se il versante occidentale non è decorato. Tra le raffigurazioni troviamo la Scala del Paradiso, un percorso ascensionale di collegamento tra Terra e Cielo, ornata da angeli dalle ali rosse, e dove confluiscono sentieri con iscrizioni delle importanti virtù monastiche. La chiesa ha 5 sale e due portici che non sono identici perché costruiti in una seconda fase e anche qui troviamo un museo con reperti e manufatti del periodo.












Ultima visita della giornata ad un laboratorio di ceramica tradizionale nera. Poi cena in un ottimo ristorante internazionale.


Percorso dell’ottavo giorno: Sucevara-Agapia-Gole di Bucaz-Sighișoara Percorso totale del giorno: 330 km

Oggi, dopo un breve percorso che ci porterà a visitare il Monastero di Agapia, passeremo dalla

alla viaggiando verso ovest. Attraverseremo ancora una volta i Carpazi Orientali, passando per le gole di Bicaz.


Manastirea Agapia, Romania. ossia Agapia Noua, è un monastero ortodosso di suore, situato nei pressi della città di Targu Neamt. Fù costruito nel periodo 1641-1643 ed include vari edifici, tra cui la Chiesa dei Santi Voivodi, la Chiesa di legno di Sf. Ioan Bogoslov, la Torre del campanile e le celle, l’Infermeria del Transito della Madonna e tante altre. Gli edifici più importanti, aventi valore sia religioso che artistico, sono gli affreschi dipinti dal grande pittore romeno Nicoale Grigorescu. Il monastero ha preso il nome di un eremita, Agapie, il quale, secondo la leggenda, avrebbe costruito nel XIV secolo una chiesetta di legno, a soli due chilometri dall’attuale monastero. Il nome del frate fu dato poi ai monti circostanti, al ruscello e al villaggio della valle. Attualmente un centinaio di suore vivono in questo monastero, e altre 240 nel villaggio monacale. In una di queste case vecchie, costruite, sembra, nel XVII secolo, è stato inaugurato nell’estate di quest’anno il primo museo vivente della Romania.





Un tripudio di fiori!!


Ripartiamo per lasciare la Bucovina attraverso le


Parte del bellissimo parco nazionale, questa strada è una delle più suggestive della Romania. La parte più stretta è conosciuta come «il collo dell’inferno». Proseguiamo verso il «lago rosso», che dicesi macchiato dal sangue degli abitanti dei villaggi locali che sono morti in un terribile terremoto che ha devastato la regione nel 1838.


Kürtőskalács o Cozonac secuiesc

Un dolce tipico della Transilvania, molto semplice che piace a tutti.

Il nome complicato ha che fare con l’origine ungherese, da sempre considerato la specialità dei siculi (secui in rumeno), gruppo etnico che vive a Est della Transilvania da circa 1000 anni, da non confondersi con i siculi della Sicilia. Vi raccomando non solo di provarlo, ma di guardare anche la preparazione che è molto particolare. Si avvolge l’impasto su un cilindro di legno, si copre di zucchero e viene fatto ruotare sulla brace per 5 minuti. Quando il kurtos e quasi pronto si aggiunge la noce speziata, che si appiccica allo zucchero, che nel fra tempo si è caramellato. Ha un sapore e un gusto semplice e delizioso, assolutamente da assaggiare quando è ancora caldo.

Mici/Mititei Non è un kebab, non è un hamburger ma è un gusto totalmente nuovo. Un misto di carne macinata alla griglia, il più delle volte si tratta di maiale, in varie combinazioni con pecora o vitello. Molto ricco di spezie e condimenti


Riprendiamo la strada ed incontriamo i primi I primi sassoni furono chiamati dal re degli ungari nel dodicesimo secolo per difendere il territorio dalle razzie dei cavalieri nomadi provenienti da oriente, che minacciavano i confini meridionali del regno. I sassoni sono restati più di ottocento anni a vivere in questa regione, fra rumeni ed ungheresi, e sono orgogliosamente restati un’etnia distinta. Si sposavano solo tra di loro e davano nomi tedeschi ai figli; i loro villaggi assomigliavano a quelli che si erano lasciati alle spalle, nel Nord Europa, e avevano mantenuto il loro arcaico dialetto, le usanze medioevali tramandate nei secoli e gli abiti tradizionali che ricordavano quelli dipinti dai pittori fiamminghi del Rinascimento


Le solide case sassoni dipinte nelle varie tonalità d’azzurro, verde, giallo e rosa, abbandonate dai loro abitanti che sono ritornati in massa in Germania (dopo la rivoluzione e la caduta del governo comunista la Germania ha offerto il passaporto ai Sassoni che volevano ritornare nella loro antica Patria) stanno andando in rovina a causa dell’incuria. Tra il crollo del regime di Ceausescu nel dicembre 1989 e la primavera del 1990, mezzo milione di nativi cosiddetti “Sassoni” se ne andarono dalla Romania verso la Germania Occidentale. Fu la più sorprendente, e meno nota, migrazione etnica nell’Europa moderna. Nelle sette cittadine e 250 paesi della Regione Sassone, nel Sud della Transilvania, non meno del 90% della popolazione di lingua tedesca fece i bagagli lasciando alla memoria otto secoli di storia. Si diressero a ovest verso un paese, che pochi di loro conoscevano, allettati dal famoso discorso del “ritorno in patria“ del politico tedesco Hans-Dietrich Genscher. L’esodo lasciò dietro di sé un paesaggio disabitato della dimensione del Galles, centinaia di miglia quadrate di boschi ondulati di faggi, orsi, pascoli lussureggianti e fiori selvatici, antichi luoghi della leggenda di Dracula. Questo paesaggio è punteggiato da villaggi medievali recintati, con chiese luterane, scuole, case decorose, fienili e piccole aziende agricole, le loro tradizioni che richiamano alla mente gli olandesi della Pennsylvania. Per 800 anni, da quando furono invitati dai re magiari per formare un baluardo contro l’infedele, i sassoni della Transilvania mantennero le loro tradizioni germaniche. Parlavano un tedesco di alto livello che si diceva fosse simile al vecchio lussemburghese. Abbracciarono la Riforma e resistettero al duro comunismo di Ceausescu. Tutto questo finì bruscamente nel 1990. Mentre la gente se ne è quasi tutta andata, i villaggi rimangono, per lo più colonizzati dagli zingari romeni in rapida espansione. Si stima che circa un milione occupino questa parte della Transilvania, facendo sì che, un giorno, questa sarà l’unica provincia a maggioranza gitana. Il risultato è la più emozionante e sconfortante sfida culturale in Europa.


I sassoni della Transilvania sono annoverati, assieme agli Amish Mennoniti, ai Gallesi della Patagonia ed ai Tedeschi del Volga, fra le comunità europee dislocate. Sono durate incredibilmente per otto secoli. Lasciando intatte testimonianze di una cultura distinta, nonché integrante della storia europea.

Gli Zingari in Romania costituiscono circa il 2,46% (dati relativi al censimento della popolazione del 2002) della popolazione e sono organizzati in varie comunità, ciascuna con un proprio nome che normalmente fa riferimento all'attività lavorativa tradizionale: gli Zingari "aurari" lavoravano l'oro, i "rudari" erano artigiani del legno, gli "ursari" allevatori di orsi, i "caldarari" costruttori di contenitori di rame, i "laudari" musicisti.



La città ha origini sassoni; nel XII secolo, infatti, artigiani e mercanti sassoni vennero invitati dai Re d'Ungheria a trasferirsi in Transilvania, oltre a creare delle colonie che potessero anche provvedere alla difesa dei confini del regno. Questo gruppo di coloni formò la popolazione oggi nota come Sassoni di Transilvania. Le cronache del XVII secolo riportano la fondazione di un insediamento sassone nella zona dell'attuale Sighișoara nel 1191, tuttavia i primi documenti che citano la città con il nome latino di Castrum Sex risalgono al 1280. Le ricerche archeologiche e paleontologiche effettuate nella zona hanno comunque evidenziato una presenza umana, anche se non continuativa, fin dall'Età del ferro. Per molti secoli la città ha avuto un ruolo strategico sia sul piano politico che su quello commerciale, divenendo una delle città più importanti della Transilvania. I suoi artigiani sassoni erano noti in tutta Europa e frequenti erano le visite di mercanti provenienti da tutto il Sacro Romano Impero, mentre gli abitanti continuavano a costruirne e rinforzarne le difese. Gli artigiani e i mercanti tedeschi dominavano l'economia della città e si prodigarono nella costruzione delle fortificazioni per proteggerla. Si stima che durante il XVI e il XVII secolo a Sighișoara ci fossero ben 15 corporazioni e 20 laboratori d'artigianato. Il Principe di Valacchia Vlad Dracul visse in esilio nella città, fece coniare delle monete (sebbene il conio della moneta fosse monopolio del Regno d'Ungheria) e lasciò il primo documento nel quale la città viene citata con il nome romeno Sighișoara. Il nome della città è stato attestato in romeno per la prima volta nel 1435 e deriva dall'ungherese Segesvár, in cui vár significa "fortificazione". Sighișoara fu sede dell'elezione di Gheorghe Rákóczi I a Principe di Transilvania e poi a Re d'Ungheria nel 1631. Tra il XVII ed il XVIII secolo la città venne travagliata da occupazioni militari, incendi ed epidemie di peste, che tuttavia non ne frenarono più di tanto lo sviluppo. Un'importante fonte per la storia della città nel XVII secolo sono le cronache del notaio Georg Kraus.


Sighișoara mantiene un centro storico perfettamente conservato, con la struttura urbanistica e gli edifici caratteristici di una cittadella medievale, che è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO e dove ogni anno si tiene un Festival medievale nell'ultima settimana di luglio. Nell'est Europa Sighișoara rappresenta una delle poche città fortificate ancora abitate. La città è divisa in due parti: la zona medievale (cittadella, in rumeno cetate), che si trova in cima alla collina, e la parte bassa, nella valle del fiume Tarnava Grande. Tra gli edifici che formano il centro storico, di particolare interesse sono le case degli artigiani che, sotto il controllo di una fondazione e con l'apporto del Governo romeno, conservano ancora i laboratori ed i relativi attrezzi di lavoro. L'edificio che rappresenta il simbolo della città è la Torre dell'Orologio, costruita nel 1556 ed alta 64 m, che oggi ospita un museo storico. Numerosi sono comunque gli edifici storici, tra cui la cittadella medievale, la cosiddetta Chiesa sulla collina, che contiene una cripta ed interessanti affreschi, alla quale si giunge salendo una scalinata interamente coperta da un tetto di legno, ed il piccolo Museo delle armi, che accoglie una collezione di spade, frecce, armature ed altri equipaggiamenti militari medievali.


La piccola, bellissima e la meglio conservata cittadella medioevale della Romania si trova sulla cima di una collina. E’ la città natale del celebre VLAD l’Impalatore, noto a tutti come «IL CONTE DRACULA». Fu costruita, dopo le distruzioni tartare del 1241, ed ampliata nel secolo XIV. Si conservano ancora 9 delle 14 torri originarie.




Qui visitiamo il luogo di nascita nel 1431 di Vlad Teples, il Principe di Valacchia del XV secolo che ispirò l’immaginario Conte Dracula di Bram Stoker.



Vlad III di Valacchia Hagyak (Sighișoara, 2 novembre 1431[1] – Bucarest, dicembre 1476/10 gennaio 1477), meglio conosciuto solo come Vlad, o con il suo nome patronimico, Dracula[2], fu un membro della Casa dei Drăculești, un ramo collaterale della Casa di Basarab. Era figlio del voivoda di Valacchia Vlad II Dracul, membro dell'Ordine del Drago, fondato per proteggere il cristianesimo nell'Europa orientale. Noto anche come Vlad Țepeș (in rumeno: Vlad l'Impalatore), fu per quattro volte voivoda di Valacchia, rispettivamente nel 1448, dal 1456 al 1462, e infine nel 1476. Il soprannome l'Impalatore, deriva dalla sua predilezione a impalare i nemici.[3] Durante la sua vita, la reputazione di essere un uomo crudele e sanguinario, si diffuse in tutta Europa e, principalmente, nel Sacro Romano Impero. Vlad III è venerato come eroe popolare in Romania, così come in altre parti d'Europa, per aver protetto la popolazione rumena sia a sud che a nord del Danubio. Per la sua brutalità e per il suo patronimico, Vlad fu celebre fonte d'ispirazione per lo scrittore irlandese Bram Stoker nella creazione del suo personaggio più famoso, il vampiro Conte Dracula, protagonista dell'omonimo romanzo del 1897.[3]




DORMIAMO IN UN ALBERGO SITUATO NELL’ EDIFICIO RESTAURATO SEDE DEL VECCHIO MUNICIPIO, IN PIENO CENTRO.


Leggerissimo piatto a base di polenta con formaggio, uovo fritto e salsicce


Percorso del nono giorno: Sighișoara-Viscri-Brașov Percorso totale del giorno: 140 km

Oggi, dopo aver visitato la cittadina inizieremo il percorso che ci porterà a , villaggio sassone salvato da Carlo d’Inghilterra, e poi proseguiremo verso la bella e vivace città di , che visiteremo in serata.



E’ uno dei tanti splendidi villaggi sassoni sparsi in tutta la Transilvania


Il villaggio di Viscri si trova in una sperduta valle dei Carpazi nei pressi della città del 17° secolo Sighisoara, le cui mura medievali e nove torri si erigono nel cuore della regione di Dracula. La chiesa fortificata del villaggio si erige nel centro come un castello, circondata non da una ma da due alte mura con le feritoie dei moschetti e le postazioni degli arcieri ancora intatte. Fu costruita per proteggere gli abitanti dalle scorribande dei Tartari ed ha ancora la soffitta dei prosciutti con i ganci numerati per ogni casa, una assicurazione contro un improvviso assedio. L’interno mostra le sue gallerie, il pulpito protestante e la volta barocca. Il cimitero della chiesa è ricoperto di alberi di mele e susine incolte. Dalla sgangherata torre della chiesa la geometria del villaggio arriva fino ai boschi circostanti. Ampie strade, case bianco calce a due piani riflettono i lotti identici assegnati ad ogni famiglia sassone nel Medio Evo. Gli archivi indicano un continuo possedimento familiare dal 13° secolo al 1990. Solo tre sassoni sono rimasti. Il municipio del 18° secolo e la scuola di Viscri sono caduti nell’incuria. Poiché le famiglie impiegavano pochi servitori non ci sono case povere o sobborghi. Non c’è acqua o rete fognaria e nemmeno strade asfaltate. Il pozzo del villaggio e alcuni sparuti cavalli e calessi sono guardati da giovani zingari. Per i nuovi abitanti di questi villaggi, gli scomparsi sassoni rappresentano una cultura aliena. Ma i loro fantasmi volteggiano ancora fra le case che nella maggior parte dei casi sono rimaste inalterate da quando, da legno, furono convertite in pietra nel 17° secolo. Sono come le residenze delle località collinari di villeggiatura nell’India Britannica che mantengono ancora l’atmosfera del luogo. I fantasmi si soffermano anche nella campagna intorno, ironicamente preservata dagli ordini di Ceausescu che proibiva ogni sviluppo oltre i confini degli insediamenti esistenti. Ciò produsse una delle più efficienti politiche ambientali in Europa tutelando miglia di prati e foreste, ora vulnerabili allo sfruttamento. Le strade sono già ingombrate di boscaioli che trasportano con carri carichi di legname proveniente da alberi da noce, faggi e querce.


Il Principe di Galles ha comperato e restaurato due case nel villaggio sassone. Nel villaggio di Viscri del 13° secolo, la fondazione Met ha intrapreso 160 restauri, condotti dal suo responsabile locale Caroline Fernolend, vincendo il premio europeo per il miglior lavoro di conservazione. Sono state installate le fogne ed è stata costruita una nuova fornace per produrre mattoni fatti a mano, gestita da un artigi ano del posto. La fondazione sta anche ripristinando alberi di mele e sostituendo una piccola ferrovia a scartamento ridotto. Questi lavori di conservazione non sarebbero possibili senza in consenso dei locali o in assenza di mano d’opera locale speci alizzata. Se questa fosse importata da fuori, causerebbe risentimento e ostruzionismo. La causa principale dell’esodo dei sassoni fu la mancanza di ris orse dei moderni benefici della civiltà, ciò che non può essere negato a suoi successori. Tuttavia la conservazione di culture contadine e di paese attraverso l’Europa dimostra che l’antico e il moderno possono coesistere col vantaggio per entrambi.


Viscri è particolarmente suggestiva e nota per la sua chiesa fortificata luterana, che i sassoni della Transilvania costruirono tra il 1141 ed il 1162, quando il Regno di Ungheria governava l’area. Inizialmente cattolica, la chiesa si convertì al luteranesimo in seguito alla Riforma. Questo straordinario edificio è Patrimonio dell’Umanità.


Varchiamo la cinta muraria della chiesa, circondata da arbusti di rose ed alberi da frutto. Abbiamo superato una doppia cerchia muraria fortificata da imponenti baluardi - tutti muniti di feritoie- e altre feritoie ci sono sulla chiesa stessa, insieme ad ulteriori sistemi di difesa e a scivoli per scagliare le pietre contro gli assedianti che avessero tentato di minare le mura. Le fortificazioni sono una testimonianza della pericolosità di questa parte del mondo nel Medioevo. I sassoni vi si erano stabiliti nel dodicesimo secolo sotto la protezione del re degli ungari. Ma il re era una figura lontana e i sassoni erano costretti a badare a se stessi. In qualsiasi momento potevano apparire all’orizzonte e imperversare nel villaggio bande di razziatori tartari stanziatesi sulle coste del Mar Nero soldati ottomani lasciati senza paga e perciò incoraggiati a colonizzare le terre di nuova conquista, vicini ungheresi mossi dall’invidia o anche semplici bande di predoni. Avvertiti dal suono delle campane o di un enorme tamburo, gli abitanti del villaggio correvano a rifugiarsi dietro le mura delle loro chiese-fortezza, sempre rifornite di provviste d’acqua e cibo, e vi rimanevano per tutto il tempo che gli aggressori erano disposti a perdere. Nel sedicesimo secolo i sassoni divennero luterani. Per secoli e secoli generazioni di scalpellini, conciatetti, carpentieri e fabbri sassoni avevano mantenuto le chiesefortezza nelle condizioni originali. Adesso che sono andati via quasi tutti, le strutture stanno andando in sfacelo. Gli interni delle chiese sassoni sono abbelliti da delicati dipinti di fiori, uccelli, boschi o semplici paesaggi di chiese e villaggi.


Il formaggio che ci viene servito a tavola viene trasportato in secchielli di plastica senza coperchio e

poi spostato a mano in altri contenitori. Non molto igienico e sterilizzato!


Dopo pranzo ripartiamo alla volta di

Breve sosta in hotel e via a visitare il centro storico di questa città medioevale


I primi documenti che citano la città, con il nome latino di Corona, risalgono al XIII secolo. Gli attuali nomi rumeno e ungherese derivano probabilmente dall'antica parola turca barasu, che significa "fortezza", o dalla parola turca boro-sug, ossia "acqua grigia", nome assunto da una cittadella chiamata Brassovia ubicata sulla collina di Tâmpa, sul lato meridionale della città. Lo stemma della città trae invece origine dal nome medievale latino Corona e da quello tedesco Kronstadt (città della corona); comunque nel Medioevo venivano usati tutti e tre i nomi per designare la città. Tra il 1950 ed il 1960, durante il regime comunista, la città assunse il nome Orașul Stalin (Città di Stalin), in onore del leader sovietico.

Gran parte dello sviluppo di Brașov fu merito dei sassoni che vennero chiamati dal re Géza II in diverse riprese tra il 1141 ed il 1162 per fondare città, avviare miniere e coltivare la terra in Transilvania. I tedeschi divennero il fulcro della difesa dei confini meridionali del Regno d'Ungheria sotto il re Andrea II. I tedeschi che vivevano a Brașov erano soprattutto artigiani e commercianti i quali riuscirono a sfruttare la favorevole posizione della città, all'incrocio delle principali vie di comunicazione tra l'Impero ottomano e l'Europa occidentale, e anche qualche agevolazione fiscale dai re d'Ungheria, ottenendo un consistente arricchimento economico e una forte influenza politica. Questo portò anche a uno sviluppo dell'architettura cittadina. Ma poiché la città era esposta alle incursioni punitive di Vlad Țepeș e dei tartari, vennero costruite importanti fortificazioni, continuamente ampliate e potenziate con diverse torri, ognuna delle quali era curata e sorvegliata da una delle

congregazioni di artigiani.


La presenza dei sassoni di Transilvania e il dominio ungherese privarono per molto tempo i cittadini romeni di molti diritti politici e civili, costringendoli a vivere fuori delle mura della città ed a dedicarsi ad attività agricole, riuscendo comunque a raggiungere un benessere economico tale da consentire loro di riguadagnare una certa influenza e ristabilire in parte la loro cultura, anche grazie all'avvio della prima tipografia della Transilvania (1558) ed alla successiva apertura di una biblioteca.

Brașov fu la sede più importante dell'avvio del protestantesimo in Transilvania, grazie all'umanista Johannes Honterus che fondò qui la scuola protestante dove venivano giovani studiosi da tutta la Transilvania. I sassoni tradussero parti della Bibbia anche in romeno ma la chiesa ortodossa fece una forte opposizione dichiarandoli eretici. Nel 1689 la città non volle sottomettersi alle forze austriache. Per punirla il generale Caraffa ordinò d'incendiare la città, furono distrutti molti palazzi e la grande chiesa gotica divenne Nera.

Il passaggio più stretto di tutta la Romania e forse di tutta Europa; la larghezza varia tra 111 e 135 cm ed è lunga circa 80 metri.


La

(la Chiesa Nera) è un luogo di culto evangelico. La chiesa era inizialmente cattolica, conosciuta sotto il

nome di Biserica Sfânta Maria Costruita tra il 1385 e il 1477, parzialmente distrutta dopo il grande incendio nel 1689, prese il nome attuale a causa del colore dei muri esterni anneriti dalle fiamme. E’ la Cattedrale gotica più grande situata nell’Est Europa, ha un famoso organo con oltre 4000 canne ed ha la più grande campana della Romania. In un piazza antistante, c’è una statua dedicata a Johannes Honter, uno dei più grandi geografi e cartografi rumeni, raffigurato mentre tiene in mano un libro.

Poco oltre la statua, ci siamo imbattuti in quella che è il più grande mistero della struttura: la leggenda del bambino della Chiesa Nera La guida ci ha raccontato che all’epoca della costruzione, il capomastro notò le abilità di un ragazzino che riusciva a rivaleggiare con lui, e molte volte a superarlo. Avvolto dall’invidia, diede appuntamento al suo allievo sopra le mura della torre, e con un brutale stratagemma lo spinse di sotto, uccidendolo e facendo sembrare tutto un incidente. Alla fine dei lavori, preso dal rimorso, costruì la statua del bambino in cima, che guarda verso il basso. Un modo per riscattarsi dal suo reato.


La statua di Johannes Honter



Circondata da case del XVIII e XIX secolo splendidamente conservate,

è stata il mercato della città

dal XIV secolo, ospitando mercanti provenienti da tutto il mondo essendo una tappa significativa lungo le storiche rotte commerciali tra l’Europa occidentale e l’Impero Ottomano




Percorso del decimo giorno: Brașov-Bran-Sinaia-Bucarest Percorso totale del giorno: 220 km

Oggi, dopo colazione, ripartiamo

verso

ove visiteremo il castello, famoso a causa della sua imprecisa associazione con Vlad l’Impalatore, alias Vlad Dracula. In realtà non ci sono prove che Bram Stoker sia stato influenzato da questo castello che, per altro, non ha associazioni comprovate con il condottiero. Proseguiremo poi verso

,

località

turistica

di

montagna ove visiteremo lo splendido castello di Peleș, e in serata arriveremo a Bucarest per l’ultima cena insieme poiché domattina all’alba si riparte per l’Italia.


• Il

è

un castello della Romania costruito in stile medievale e gotico. Si trova presso il comune di Bran (vicino Brașov) e sorge sull'antico confine tra la Transilvania e la Valacchia. • Nella cultura di massa il castello deve parte della sua fama all'autore Bram Stoker. Si presuppone che egli abbia ambientato il suo romanzo gotico Dracula proprio in questo luogo, dal momento che quello di Bran è l'unico castello della Romania la cui architettura coincide con quella descritta da Stoker. Pertanto, esso è comunemente conosciuto come il "castello di Dracula«.


L'origine della fortezza risale al 1211, anno in cui Andrea II d'Ungheria assegnò all'ordine dei Cavalieri Teutonici una locazione strategica. Dapprima venne eretta una costruzione in legno sulla cima di un picco roccioso a guardia dell'antico limes tra Valacchia e Transilvania. Il passaggio da secoli permetteva il transito dei mercanti e lo scambio delle merci; tuttavia la struttura venne abbandonata nel 1226. Il 19 novembre del 1377 Luigi I d'AngiòValois riconobbe alla popolazione della città di Brașov la libertà di costruire a proprie spese una struttura fortificata in pietra che sarebbe poi divenuta il castello di Bran. La costruzione del castello proseguì fino al 1388, anno in cui venne sfruttato dal Regno d'Ungheria come baluardo contro l'espansione dell'Impero ottomano. Le roccaforti medievali di questo genere aiutarono a scongiurare le continue incursioni del XIV-XV secolo e a proteggere le popolazioni locali. Nel 1407 la rocca fu donata dal re d'Ungheria Sigismondo di Lussemburgo a Mircea I di Valacchia per assicurargli un luogo protetto in caso di attacco. Successivamente la proprietà venne ceduta ai Principi di Transilvania. Nel 1441 il condottiero Giovanni Hunyadi bloccò l'avanzata dei turchi nei territori circostanti.


Nel 1448 si insediò nel castello il voivoda di Valacchia Vlad III, conosciuto anche come "Vlad l'Impalatore" per la sua reputazione di uomo sanguinario. In seguito a numerose controversie con la vicina Brașov, la quale appoggiava un altro candidato al trono e richiedeva di versare tasse doganali molto alte, Vlad III nel 1459 attaccò la città e appiccò incendi nei sobborghi. Nel conflitto vennero uccisi migliaia di Sassoni di Transilvania.

A partire dal 1920, dopo l'unione della Transilvania alla Romania avvenuta il 1° dicembre 1918, attraverso una decisione del consiglio della città il castello di Bran divenne una residenza dei sovrani del Regno di Romania. Vi soggiornarono a lungo la regina Maria di SassoniaCoburgo-Gotha, che ristrutturò gli interni secondo l'allora gusto arts and crafts rumeno, e la figlia, la Nel 1948 Ileana di Romania, Antonio d'Asburgo-Lorena e tutta la famiglia reale principessa Ileana di Romania, la quale ereditò il castello rumena vennero esiliati dal governo comunista. Il castello, occupato dalla nel 1920. Il castello rimase una residenza reale estiva fino al servitù, fu nazionalizzato 1932. Il 1° giugno 2009, dopo svariati anni di trattative, la famiglia reale si vide restituire l'intera proprietà dalle autorità rumene come parte dell'eredità materna


Proseguiamo il viaggio verso

dove arriveremo all’ora di

pranzo

Sinaia è una delle più belle località montane della Romania, notevole anche per l'architettura pittoresca. La città prende il nome dal Monastero di Sinaia, intorno al quale fu costruita; il monastero prende a sua volta il nome dal Monte Sinai. Re Carlo I di Romania costruì presso la città la sua dimora estiva, il Castello di Peleș. Sinaia sorge a circa 60 km a nord-ovest di Ploiești e a 50 km a sud di Brașov, in un'area montagnosa nella valle del fiume Prahova, subito ad est dei Monti Bucegi. L'altitudine varia da 767 a 1055 m s.l.m. La città è una popolare meta turistica per gli sport invernali e per le escursioni. Tra le attrazioni turistiche vi è il Castello di Peleș, quello di Pelișor, il Monastero di Sinaia, il Casinò e la stazione ferroviaria. Sinaia è anche stata la residenza estiva del grande compositore rumeno George Enescu, che soggiornava alla villa Luminiș.


Pranzo «leggero» prima della visita al Castello


Re Carlo I di Romania (1839-1914), sotto il cui regno il paese ottenne l'indipendenza, visitò il sito dove ora sorge il castello nel 1866, e si innamorò anche del magnifico scenario di montagna. Nel 1872, la corona acquistò 1.300 chilometri quadrati di terreno nei pressi del fiume. Il possedimento venne nominato Tenuta reale di Sinaia. Nella tenuta venne commissionata, da parte della monarchia, la costruzione di una riserva reale di caccia e di una residenza estiva, gettando, il 22 agosto 1873, le prime fondamenta anche per il castello di Peleș. Contemporaneamente, adiacenti al castello vennero costruiti diversi edifici ausiliari: la Sala delle guardie, il Palazzo Economat, il Casino di caccia Foișorul, le scuderie reali e una centrale elettrica. Il castello di Peleș divenne il primo castello al mondo completamente alimentato da energia elettrica prodotta localmente. I primi progetti del castello, erano copie di altri palazzi già presenti in Europa occidentale: il re Carlo I li respinse tutti come privi di originalità, e troppo costosi. L'architetto tedesco Johannes Schultz (1876-1883) vinse il progetto, presentando un piano più originale, qualcosa che fece appello al gusto del Re: una grande villa sontuosa nello stile alpino, in grado di unire diverse caratteristiche dei classici stili europei, per lo più seguendo l'eleganza italiana e l'estetica bavarese lungo le linee del Rinascimento. I lavori vennero portati avanti anche dall'architetto Carol Benesch. Tra il 1893 e il 1914 vennero eseguite ulteriori aggiunte, dall'architetto ceco Karel Liman, che ha progettato le torri, tra cui quella centrale, alta 66 metri. Liman dovette costruire anche l'edificio del vicino castello di Pelișor (1889-1903), la futura residenza del re Ferdinando I di Romania e la regina Maria di Sassonia-Coburgo-Gotha. Il costo dei lavori del castello tra il 1875 e il 1914 è stato stimato in 16 milioni di Leu rumeni in oro (circa 120 milioni di dollari di oggi). Lavorarono alla sua costruzione tra i tre e quattrocento uomini.



Elisabetta di Wied, consorte del re Carlo I di Romania, durante la fase di costruzione, scrisse nel suo diario:

«Gli italiani erano muratori, i romeni costruivano terrazze, gli zingari erano coolie. Gli albanesi e greci lavoravano la pietra, i tedeschi e gli ungheresi lavoravano il legno. I turchi costruivano mattoni. Gli ingegneri erano polacchi, mentre gli scalpellini erano cecoslovacchi. I francesi erano disegnatori, gli inglesi erano alle misure. Si potevano osservare centinaia di costumi nazionali e parlavano, litigavano e cantavano in quattordici lingue in tutti i dialetti e desinenze, un mix gioioso di uomini, cavalli, carri, buoi e bufali domestici.»





Questa è l’ultima visita della giornata e del viaggio . Riprendiamo il cammino verso la capitale.


Siamo ritornati a Bucarest. E’ ora di cena. Ci rechiamo nel ristorante accanto all’hotel dove abbiamo gustato i primi piatti rumeni. Questa sera, sabato, c’è anche uno spettacolo di danze folcloristiche ad addolcirci l’addio a questo splendido Paese. Domattina all’alba partenza per Linate.


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