"antiqvitates contra ISIS� classico/necessario/contemporaneo Resilienze
Accademia di Belle Arti di Catania Biennio specialistico in Arti visive cattedra di Storia dell'arte contemporanea Prof. Vittorio Ugo Vicari
"ANTIQVITATES contra ISIS� classico/necessario/contemporaneo resilienze di Santo Bonaccorso / Floriana Bonanno / Venera Castrianni / Tecla Cresci / Davide Nebraska Failla / Veronica Fazio / Giuseppe Giuliano / Alessia Granata / Carmen Grasso / Roberta Grasso / Eugenio Grosso / Carmen Rita Gullotto / Valeria La Rocca / Claudia Leontini / Giona Messina / Michele Naro / Filippo Pulvirenti / Asia Romaniuk / Giada Sanfilippo / Salvatore Spartà / Clara Tumino
dispensa ad uso didattico a.a. 2015-2016
Accademia di Belle Arti di Catania Biennio specialistico in Arti visive Cattedra di Storia dell'arte contemporanea Prof. Vittorio Ugo Vicari "ANTIQVITATES contra ISIS” classico/necessario/contemporaneo
Resilienze di Santo Bonaccorso Floriana Bonanno Venera Castrianni Tecla Cresci Davide “Nebraska” Failla Veronica Fazio Giuseppe Giuliano Alessia Granata Carmen Grasso Roberta Grasso Eugenio Grosso Carmen Rita Gullotto Valeria La Rocca Claudia Leontini Giona Messina Michele Naro Filippo Pulvirenti Asia Romaniuk Giada Sanfilippo Salvatore Spartà Clara Tumino a.a. 2015-2016
Catania, 2016 Foto di copertina: Eugenio Grosso URL: https://issuu.com/vittoriougovicari/docs/antiquitates-contra-isis.resilienze 4
Indice dell'opera
INTRODUZIONE, p. 7
CATALOGO Santo Bonaccorso, p. 11 Floriana Bonanno, p. 23 Venera Castrianni, p. 33 Tecla Maria Chiara Cresci, p. 47 Davide “Nebraska” Failla, p. 61 Veronica Fazio, p. 73 Giuseppe Giuliano, p. 89 Alessia Granata, p. 97 Carmen Grasso, p. 109 Roberta Grasso, p. 121 Eugenio Grosso, p. 135 Carmen Rita Gullotto, p. 147 Valeria La Rocca, p. 159 Claudia Leontini, p. 173 Giona Messina, p. 187 Michele Naro, p. 199 Filippo Pulvirenti, p. 109 Asia Romaniuk, p. 219 Giada Sanfilippo, p. 231 Salvatore Spartà, p. 239 Clara Tumino, p. 253
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INTRODUZIONE
Perché l‟antico nel contemporaneo? È solo una scelta estetica quella di ritornarvi oppure un bisogno, una necessità etica? E per quale via farlo? Dagli anni ‟90 del Novecento assistiamo a preoccupanti fenomeni di iconoclastia che nell‟area geografica più importante e nevralgica dell‟antichità euroasiatica hanno posto fine, in modo sovente irrecuperabile, a larga parte delle testimonianze culturali (architettoniche, scultoree, pittoriche, librarie) che improntano la civiltà umana. Dai bombardamenti del sito indo-ellenico di Bamiyan (nell‟attuale Afghanistan) da parte dei guerriglieri talebani, alle recenti e sistematiche azioni di distruzione dei principali siti pre-islamici (assiro-babilonesi, persiani, greco-alessandrini, romani) ed islamici (se e qualora considerati eterodossi) da parte dei soldati dell‟ISIS. Da un sottofondo documentario che ha analizzato le ambientazioni, i temi e gli stili della classicità del medio e del vicino Oriente pre islamico come di quelle greca e romana, si è intesi passare all`analisi delle forme classiciste che istruirono la civiltà occidentale moderna per via di casi studio e di approfondimenti monografici particolari. In ultima analisi, s‟è inteso fare oggetto d`indagine alcuni autori contemporanei che alla civiltà classica mesopotamica, greca e romana s`ispirano, in tutto o in parte, rinnovando l`interesse per l`antico quale fondamento etico, culturale e politico del XXI secolo. Temi classicisti sono stati attinti al seguente repertorio: la passione latina per le antichità e le prime forme classiciste; il Rinascimento italiano e "all`italiana"; il Neo-classicismo europeo tra Cinque e Seicento; la “seconda eruzione”: Pompei ed Ercolano; il Neo-classicismo dei lumi e del primo Romanticismo; alcune forme classiciste del Novecento e nel contemporaneo. Dall‟analisi dei materiali e dei dati raccolti, s‟è voluta tentare la ricomposizione in un catalogo unitario degli autori contemporanei impegnati nella riscoperta dell‟antico; quindi, addentrarsi nel tentativo di ricostruzione concettuale ed artistica del patrimonio mesopotamico ed in una sua immaginifica restituzione alla pubblica fruizione come contributo dell‟Accademia di Belle Arti di Catania al dibattito sulla salvaguardia del patrimonio mondiale dell‟umanità. Il corso è stato integrato da due tempi ulteriori e propedeutici: -- un invito al viaggio, volto ad esercitare l‟occhio e la memoria all‟estetica delle forme antiche tramite una visita guidata al parco archeologico regionale della Valle dei templi ad Agrigento, dove il dato di scavo si fonde con in paesaggio (giardino di kolymbetra) e con l‟arte contemporanea (Igor Mitoraj) in un tutt‟uno significante. La visita è stata condotta con il sussidio di letture diaristiche dalla letteratura del "Gran tour" tra Sette e Novecento; -- in omaggio ad una metodologia didattica che s'ispira espressamente al Bauhaus, è stato organizzato un rinfresco conclusivo ispirato ai temi e agli argomenti trattati in programma. Essendo questi rivolti alle Antiquitates ed al tentativo di resistenza e resilienza culturale che da più parti si oppone alle barbarie perpetrate 7
dall'ISIS contro il patrimonio di persone ed opere d'arte del Vicino, del medio Oriente e dell'Africa nord sahariana, le ricette proposte sono state tutte ispirate a quelle aree ed alla Grecia in particolare, culla della civiltà classica. Mutuando la metodologia anglosassone del “call for papers” o francese dell' “appel à contribution”, giocando sull'equivoco tra la richiesta di collaborazione alla realizzazione di una festa e quella alla definizione di un tema da dipanare assieme, il rinfresco ha inteso essere occasione per presentate le linee guida di successive proposte didattiche e di ricerca collegate all'esperienza svolta, da sottoporre al vaglio degli organi istituzionali dell'ABACT: -- un seminario didattico da dedicare al valore etico dell'antico e del classico nell‟arte contemporanea; -- un concorso di idee e progetti per la realizzazione di un gadget simbolo della resistenza/resilienza ai crimini terroristici e di guerra contro tutti i patrimoni culturali e artistici. -
Il catalogo che segue è frutto dell‟impegno progettuale degli allievi di Biennnio specialistico d‟Arti visive del corso di Storia dell‟arte contemporanea, a.a 2015-2016. Esso segue un andamento alfabetico e divide ogni ricerca in quattro punti fondamentali: -- la sintetica illustrazione della biografia e della carriera artistica di ciascun allievo; -- l‟esercizio di copia da un reperto archeologico della classicità mesopotamica, simbolo della distruzione da parte dell‟ISIS. Tale esercizio assolve due esigenze fondamentali: da una parte la riappropriazione di una pratica squisitamente accademica (la copia) che tanta fortuna ebbe nella trasmissione della cultura e del sapere storico artistico in età classica e rinascimentale, e che ancora permane come strumento d‟indagine nell‟esperienza del Novecento declinata nell‟idea e concetto di «multiplo»; dall‟altra, la prima e non esaustiva identificazione di due immagini a carattere iconico, dunque fortemente intrise di messaggi simbolici, come il Kudurru ed il Lamassu; -- la presentazione di un prototipo che s‟accosti quanto più è possibile all‟idea di gadget e, per conseguenza, a quella di un futuro concorso di idee da condividere con un ente o associazione impegnati nella tutela del patrimonio materiale ed immateriale dell‟umanità (UNESCO, Amnesty International etc.), secondo una maieutica di cerchi concentrici, ovvero da un concetto generale e comprensibile verso nozioni sempre.più complesse e mirate all‟obiettivo finale. -- l‟individuazione e la presentazione di un artista contemporaneo considerato post classico, ovvero resiliente o resistente ai crimini di guerra contro il patrimonio artistico nell‟area mesopotamica, più in generale opponentesi a tutti i fenomeni di iconoclastia. -
Antiquitates contra Isis. Classico/necessario/contemporaneo è un progetto triennale dell‟Accademia di Belle Arti di Catania, Biennio specialistico d‟Arti visive, cattedra di Storia dell‟arte contemporanea. Il catalogo che sfoglierete rappresenta il suo primo cerchio concentrico, il più largo. -
Vittorio Ugo Vicari 8
CATALOGO
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Santo Bonaccorso Catania (CT), 1991
Si forma a Catania dove attualmente vive e lavora. Nel 2015 ha conseguito il Diploma Accademico di I livello in Scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Catania e adesso frequenta il Biennio Specialistico presso la stessa. Ha partecipato a numerose mostre e concorsi di carattere internazionale; tra le piÚ importanti: Premio Limen, curata dalla Camera di Commercio, Vibo Valentia, Palazzo Comunale E. Gagliardi, dicembre 2014. Collettiva Artisti di Sicilia. Nuovi talenti, a cura di Vittorio Sgarbi, Catania, Palazzo della Cultura, gennaio 2015. FISAD Festival Internazionale delle Scuole d'Arte e Design, a cura dell'Accademia di Belle Arti di Torino, Torino, luglio 2015. Art Factory , sezione Refreshing Art a cura di Daniele Alonge, Catania, Ciminiere , dicembre 2015. Inoltre ha partecipato ad alcuni simposi di scultura in pietra lavica nel territorio etneo. La sua ricerca artistica, legata alla scultura, è improntata ad un linguaggio espressivo concettuale, stravagante e ironico. Fa uso di un linguaggio formale iperrealistico-astratto, con cui affronta tematiche di carattere sociale.
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Santo Bonaccorso, copia di Kudurru, matita su carta, 21 x 29, 2016. Visione frontale. Originale del periodo Cassita, attribuita al regno di Meli-Shipak, II a.C., sito di Susa (Shush in Iran) in pietra calcarea,. Parigi, MusĂŠe du Louvre.. 12
Idem, visione di 2/3
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Idem, visione laterale
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Progetto resiliente
Santo Bonaccorso, Choco History Treasure, tecnica mista su carta, 21x29.7, 2016. Attraverso l'osservazione dell'opera Kudurru ho notato una certa similitudine per forma con l'uovo. Traendo ispirazione dall'artista Hiwa K (infra) ne ho dedotto l'aspetto della "fusione" dei materiali per dare ad essi una nuova vita; ecco com‟è nata l'idea. Secondariamente, prendendo spunto da una nota e fortunatissima produzione commerciale di uova per bambini, ho pensato di creare degli ovetti di cioccolato cavi all‟interno, inserendovi un ciondolo Kudurru. In resina metallica. Quando si aprirà l'ovetto per mangiarlo si avrà l'effetto “sorpresa“. Cibandosi di quel cioccolato, simbolicamente, trasferiamo dentro di noi un messaggio, che è appunto quello del kudurru bene culturale a rischio di dispersione per cause di guerra. In tal modo si ha la possibilità di custodirlo per sé tutta la vita. Alla base vi è l‟idea di poter diffondere il messaggio educativo attraverso il mercato internazionale di aziende dolciarie; per questo motivo ho pensato come titolo a Choco History Treasure. Infine, per il packaging s‟è pensato di riciclare le comuni scatole di cartone per le uova, sottoposte a opportuno restyling grafico-pubblicitario.
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Santo Bonaccorso, Choco History Treasure, bozzetti preparatori 16
Idem, Choco History Treasure, bozzetti preparatori 17
Idem, Choco History Treasure, bozzetti preparatori 18
Idem, Choco History Treasure, bozzetti preparatori 19
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Hiwa K Sulaymaniyah, Iraq, 1975 Dopo aver terminato gli studi alle superiori, ha completato la sua formazione artistica e intellettuale in circoli autodidatti iracheni negli anni Ottanta e Novanta. Trasferitosi in Germania come rifugiato politico, nel 2002 è entrato in una scuola d'arte usando il portfolio di un amico che si era appropriato del suo stile pittorico. Ispirato dalle precedenti esperienze di apprendimento collettivo, l'artista ha cominciato a criticare l'idea del genio individuale. Da allora il suo lavoro mira ad analizzare gli indottrinamenti ricevuti sulla figura dell'artista e sulla forma della pratica artistica. I suoi progetti sono spesso realizzati attraverso collaborazioni e si basano sul sapere informale dell'artista e dei suoi associati. Un punto di riferimento costante per Hiwa K è la storia recente dell'Iraq. Per The Bell (2015), installato alla Biennale di Venezia, ha fuso insieme dei residui bellici trovati sul suolo iracheno per fabbricare una grossa campana, invertendo così la pratica consueta di fondere le campane delle chiese per produrre armi. Posizionata vicino al pavimento, la campana è costretta al silenzio, non può convocare alla preghiera né avvisare di un imminente pericolo. Nei video che accompagnano l'opera incontriamo Nazhad, l'uomo che lo ha aiutato a fondere i residui bellici. Nella sua fonderia alla periferia di Sulaymaniyah, Nazhad ricicla metallo. Nel corso degli anni ha imparato a riconoscere le origini delle armi che gli portavano. Ad oggi ha identificato più di trenta Paesi che hanno fornito armi a diverse fazioni durante i violenti conflitti iracheni. I due video che accompagnano l'installazione
raccontano queste guerre e mostrano la storia del metallo della campana, dalla sua origine in varie parti del mondo fino alla fonderia europea dove è stata forgiata, rendendo così l‟opera ricettacolo della memoria collettiva.
Sito personale http://www.hiwak.net
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Hiwa K, The Bell, 2015 21
Idem, The Bell, 2015 22
Floriana Bonanno Giarre (CT), 1992
Ha frequentato la scuola superiore “ Ipsia Majorana Sabin” di Giarre (CT) conseguendo il diploma di “ Tecnico della Grafica Pubblicitaria”. Durante gli studi scolastici matura l‟interesse per le realizzazioni grafiche nel campo della pubblicità e partecipa ad uno stage d‟istituto realizzando le sue prime stampe pubblicitarie. Successivamente decide di iscriversi all‟Accademia di Belle Arti di Catania, seguendo il corso di “Grafica d‟Arte” nutrendosi di una cultura che è la base di ogni realizzazione grafica dei nostri tempi. Approfondire tale percorso, oltre ad essere interessante, si è rivelato molto utile per le sue conoscenze nel campo di quest‟arte dalle antiche ed intramontabili origini. L‟interesse primario da lei maturato è principalmente per la xilografia, per l‟effetto vellutato dell‟inchiostro sulla matrice lignea, che consente risultati astratti, fra crepe e frammenti dando così all‟inchiostro libero sfogo, senza alcun vincolo. Conseguito il diploma accademico di I livello si è iscritta al biennio specialistico presso la stessa Accademia, proseguendo l‟indirizzo “ Grafica d‟Arte”
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La sua opera grafica è presente alla mostra Segni Agathae, a cura di Liborio Curione, Catania Centro Fieristico Le Ciminiere 19 febbraio - 05 marzo 2016.
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Floriana Bonanno, copia di Kudurru , medio periodo Babilonese, 1125 - 1100 a.C. , calcarenite, dal sito di Gula Eresh, Londra, British Museum, fronte
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Eadem, veduta laterale
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Eadem, veduta frontale
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La lampada Mnemosyne è proposta in tre colori differenti, oltre il colore originale del Kudurru, per un migliore adattamento del proprio arredo. Si può Floriana Bonanno, Lampada Mnemosyne. Diamo luce scegliere tra: rubino scuro, blu baltico e verde scuro. alla storia, accendiamo un ricordo, lega di zama pressofusa, lucidata; policarbonato stampato ad iniezione; tessuto plissée, stampato, h. 62, 2016 Progetto resiliente
Perché una lampada? Un oggetto comune per un ambiente classico, richiama l‟eleganza, la simmetria, la bellezza, la nobile semplicità, qualcosa che resta sempre intatto anche se il mondo va avanti. Una luce si è spenta per i patrimoni artistici vittime degli attentati dell‟ISIS. Riaccenderemo quella luce, riaccenderemo un ricordo. Perché Mnemosyne? I romani la chiamavano Moneta. Il verbo moneo significa ammonire. Il passato, o meglio la memoria del passato, ammonisce a non ripetere gli errori e a trovare nella trascorsa grandezza un riscatto o almeno una speranza per il futuro. D‟essa i greci affermavano che avesse inventato la parola. Come si potrebbe parlare, comunicare o addirittura pensare senza la memoria? Nome dunque degno di un eterno ritorno, quello della musa della memoria, che ci riporta al passato. Un ricordo ormai spento, ma grazie alla sua luce resterà vivo dentro ognuno di noi. Particolarità della lampada sta proprio nel decoro del tessuto: vi è rappresentato il Kudurru, documento in pietra di confine attestante la concessione di terra ai vassalli dei Cassiti nell‟antica Babilonia. La parte anteriore della lampada è rappresentata dalla presenza di esseri fantastici teriomorfi, come ad esempio l‟uomo leone e l‟uomo toro. Nella parte posteriore invece troveremo scritture cuneiformi e ideogrammatiche, cioè segni rappresentanti concetti e fonemi, ovvero simboli con valore fonetico-sillabico. 27
Floriana Bonanno, Lampada Mnemosyne. Diamo luce alla storia, accendiamo un ricordo, progetto ed ipotesi di ambientazione, 2016
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Eadem, Lampada Mnemosyne nei quattro colori proposti. Dalla sin. in alto: rubino scuro, blu baltico, colore originale K, smeraldo scuro.
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Vincenzo Vallone Talese Terme, (Benevento), 1938 Ha studiato all‟accademia di Belle Arti di Napoli. Vive e lavora come architetto nella sua città natale. Artista consacrato alla progettazione degli spazi urbani, al recupero storico, alla pianificazione territoriale e alle tematiche dell‟ambiente e del paesaggio. Attenzione, c’è attenzione! 2015. Ecco il richiamo, quasi un‟invocazione che l‟artista lancia a tutti noi. Attraverso la sua opera-progetto realizzata in dieci pannelli, ci parla in modo diretto mettendoci di fronte alla distruzione già compiuta, ovvero al rischio che corre il nostro patrimonio culturale e con esso la nostra identità. Siamo di fronte ad un‟opera dalla forte carica di denuncia: l‟emergenza è quella di scuotere i propri contemporanei e indurli a penetrare con attenzione alle vere conseguenze di ciò che sta accadendo nel mondo. E così l‟immaginazione, segnata dagli ultimi tragici eventi legati al terrorismo dell‟ISIS e all‟esodo forzato dei migranti, trasforma clamorosamente le opere d‟arte più preziose del nostro patrimonio nazionale grazie ad una “Mescolanza di intelligenza umana e intelligenza artificiale” Un omaggio “estremo” all‟età aurea della nostra civiltà, il Rinascimento, mentre tutta la sua eredità è messa in pericolo dalle ombre del fanatismo religioso e dell‟oscurantismo culturale che si stagliano all‟orizzonte. Vallone rielabora dieci opere capitali del Rinascimento Italiano attraverso la creazione di rendering fotografici in cui, in un gioco di riflessi esse appaiono immerse in uno strato d‟acqua la cui immersione ed emersione diventa simbolo del coinvolgimento dell‟artista stesso nella tempesta culturale che rischia di abbattersi sulla nostra identità collettiva. Lo spazio pittorico è qui
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ripensato e scomposto con meticolosità architettonica per poi essere reinterpretato con la sensibilità e la delicatezza propria dell‟artista impegnato nel convogliare un messaggio intenso e assolutamente contemporaneo. L‟intervento così concepito non è solo il titolo di un‟opera e di un progetto ma allarme, avvertimento, preoccupazione e quindi meditazione sul patrimonio culturale di Palmyra sotto assedio da parte dell‟Isis, con la conseguente tragedia dei migranti. Contemporaneità in continuo divenire con l‟attualità, la quotidianità.
Vedi https://studiotablinum.com/2015/09/27/attenzionece-attenzione-vincenzo-vallone-a-villa-carlotta-conunopera- denuncia-contro-i-crimini-dellisis/
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Sin. Vincenzo Vallone, da Leonardo da Vinci, La Gioconda, 1517 Ds. Idem, da Michelangelo Merisi, Bacco, 1595 31
Sin. Idem, da Michelangelo Buonarroti, La fine dei tempi, part. da Il Giudizio Universale, 1542. Ds. Idem, da Michelangelo Merisi, Scudo con testa di Medusa, 1597 32
Venera Castrianni Catania, 1991
Nata a Catania, residente ad Acicatena, sin da adolescente ha eseguito gli studi artistici, infatti ha conseguito il diploma in Rilievo e catalogazione (BB.CC.) Prog. Michelangelo; presso il Liceo Artistico F. Brunelleschi di Acireale; successivamente il diploma accademico di I livello in Pittura, presso lâ€&#x;Accademia di Belle Arti Catania. Ivi sta conseguendo la specialistica in Decorazione, affascinata e incuriosita dalle tecniche decorative per ambienti. Ha partecipato a varie mostre collettive.
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Venera Castrianni, copia di Lamassu, matita su carta, 21 x 29,7, 2016, veduta frontale. Originale dal sito di Khorsabad, Palazzo di Sargon II (Iraq), 721-706 a.C. Parigi, Museo del Louvre. 34
Eadem, veduta di 3/4.
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Eadem, veduta laterale
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Progetto resiliente
Venera Castrianni, Breath of memories, ventaglio in legno e stoffa , disegno a mano , 25 x 50 x 10, 2016 Il Lamassu è una divinità relativa a diverse civiltà mesopotamiche (assira in particolare). Era considerato uno spirito benefico e protettivo e per questo veniva posto all'ingresso dei palazzi. Di tale figura mitica esistono varie rappresentazioni: per lo più era raffigurato come un mostro alato dal corpo di toro o leone e testa umana. Questo per identificare in esso la forza di un toro o di un leone, le ali di un angelo e la saggezza dell'uomo. Esso ha la caratteristica di essere scolpito a tutto tondo nella parte anteriore e in altorilievo nel resto del corpo; tra le zampe anteriori e sul dorso reca iscrizioni cuneiformi che danno notizie sulla costruzione del palazzo e maledicono chiunque osi distruggere le opere del re assiro. Due riproduzioni di Lamassu, oggi conservate al Museo del Louvre di Parigi, risalgono all'VIII secolo a.C.: furono scolpite e poste all'esterno del Palazzo di Sargon II, a DurSharrukin, oggi Khorsabad, con la funzione di sorvegliare, oltre che ornare, il palazzo reale. Il volto della creatura, probabilmente, è un omaggio al sovrano a cui era dedicato il palazzo, ovvero Sargon II.
pasta modellante, è concepito per il sostegno oppure come manico. Attraverso uno schizzo iniziale pensato come accessorio da utilizzo, nasce l‟idea di un oggetto d‟arredo, da esporre in ambianti da salotto. Il viso e l‟ala piumata richiamano i decori del corpo, evocano in memoria, il ricordo della divinità. Il ventaglio, da strumento essenziale per soddisfare esigenze quotidiane quali rinfrescare, scacciare insetti, attizzare il fuoco, si è andato trasformando così in prezioso gioiello con forme e decori straordinari; in passato esso era costituito da semplici elementi naturali: foglie di palma, rami intrecciati, piume di struzzo o di pavone di grandi dimensioni. Oggi, attraverso nuovi stimoli, diventa una realizzazione fantasiosa ed infine un'opera d‟arte. Nel corso del tempo si è appropriato di valenze e significati simbolici rappresentativi della regalità, della religione, del potere e del magico. Il mio scopo è quello di aggiungere una nuova valenza cioè la Memoria.
La mia attenzione inizialmente ricade sulle ali, perché ricordano molto un ventaglio piumato; da questo stimolo nasce il progetto: un ventaglio in legno e stoffa dalle caratteristiche pittoresche. Il viso, realizzato in
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Venera Castrianni, Breath of memories, schizzo progettuale dellâ€&#x;idea iniziale
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Eadem, assemblaggio dei materiali
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Eadem, studio delle pose
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IV TAVOLA DI PROGETTO
Eadem, prototipo del ventaglio
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Sabhan Adam Al-Hasakah, Siria, 1972 Sabhan Adam, è nato nel confine siro-iracheno. È Affascinato dalla poesia francese e dai libri. Scrive poesie che non sono espressione di un semplice percorso artistico. È un artista autodidatta: ha iniziato nel suo paese ed oggi la sua arte è diventata una scuola indipendente. Secondo lui è necessario continuare a dipingere fino all'ultimo respiro. In estate, disegna, dipinge e scolpisce, in inverno, gode dei piaceri della vita. I personaggi variopinti delle sue opere, rappresentano una profonda psicologia ribelle, chiamate da lui “entità di isolamento”. Le sue creazioni umane, sono legate al dolore, alla paura che la nostra società subisce costantemente. La sua pittura, varia tra lo scetticismo e l'umorismo, il dolore e il dispotismo. L'artista, raffigura il volto umano insieme a creature distorte, che si riflettono nella protesta, ammutinamento e ribellione, esprimendosi attraverso il disegno. I suoi quadri, sono l'immagine invertita della sua vita. Sabhan Adam, ha cambiato il percorso dell'arte araba; la sua esperienza di pioniere dell'arte è stata fonte di ispirazione per molti artisti della sua generazione e delle successive provenienti da tutto il mondo. La sua arte può essere apprezzata sia da un‟élite sia da gente semplice, rendendolo perciò una persona unica e irripetibile. Le sue opere sono presenti nei più importanti musei e gallerie del mondo. Adam è arrivato all‟apice del successo dopo gli anni Novanta, ed oggi è apprezzato come uno degli artisti più importanti del Post-modernismo.
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Ha partecipato alla fondazione indipendente “Art Residence” dell‟architetto Raghad Mardini, con lo scopo insieme ad altri artisti di creare una sorta di piccolo museo, un posto dove le memorie della guerra siriana possano essere conservate e dove le persone possono venire a riflettere su quanto sta accadendo. Qui lavora e pubblica libri d‟arte con i propri fondi.
Sito personale http://www.sabhanadam.com
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Sabhan Adam, Untitled, 2005, tecnica mista, olio su tela ,188 x 157.5
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Idem, Untitled, 2005 . tecnica mista, olio su tela ,176.5 x 154.9
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Idem, Untitled, 2008, tecnica mista su carta, 100 x 70
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Tecla Maria Chiara Crisci Catania, 1991
Ha compiuto gli studi presso il Liceo Artistico “P.L. Nervi” di Lentini (SR). Si è laureata in Decorazione Product-Design presso “Accademia Di Belle Arti Catania”. Nel 2008 ha partecipato al 150° Anniversario della fondazione dell‟Orto Botanico di Catania Pittori per un giorno all’Orto Botanico. Nel 2012 ha partecipato al Workshop di Media Design “Il lavoro del multimedia designer” nella sede dell‟Istituto Europeo di Design (IED) a Roma. Attualmente è iscritta al Biennio specialistico dell‟Accademia di Belle Arti di Catania.
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Tecla Crisci, copia di LamassĂš, matita su carta, 21x29,7 cm, 2015. veduta frontale; civiltĂ assira, XIII secolo a.C., sito di Nimrud (Iraq), Londra, British Museum
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Eadem, veduta di 3/4
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Eadem, veduta laterale
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Progetto resiliente
Tecla Cresci, Il tesoro dell’arte, il tesoro è arte, matita e matite colorate su carta, 24x33, 2016 Il progetto si basa sulla figura del Lamassù, divinità assira formato dal corpo di un toro o leone e avente la testa umana spirito benefico, protettivo. Per questo veniva posto all‟ingresso dei palazzi. L‟antico è a rischio di dispersione, di distruzione. La mia idea è quella di voler esaltare, nonostante i numerosi tentativi di distruzione, il valore costante ed immutabile dell‟arte arrivando ad una ricostruzione di essa. Nella prima fase, ho elaborato la figura del Lamassù in forma di scatola cubica, studiando le sue possibili aperture. Scelta l‟apertura, nella seconda fase, ho concentrato la mia attenzione sullo studio di: forma, decorazione, colore (oro/rame/blu) e materiale (legno) per la realizzazione finale del progetto, ovvero un Lamassù elaborato, non a caso, in uno scrigno di 50 x 36 x 42 cm, contenitore di oggetti principalmente preziosi utilizzato molto nell‟antichità. Il colore in prevalenza è l‟oro, per evocare preziosità dell‟oggetto. Nella terza fase, ho effettuato lo studio degli elementi da inserire all‟esterno ed interno dello scrigno, per simboleggiare il tentativo di oppressione (catena), sconfitto dal valore fermo dell‟arte (gioielli, libri, stoffe, lego = costruzione) quindi tutti quei simboli che conducono ad una sua rappresentazione (cultura, tradizione, valore) e sua ricostruzione. Nella quarta ed ultima fase ho rappresentato l‟elaborato finale dal titolo Il Tesoro dell’arte. Il Tesoro è arte, in ambientazione.
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Tecla Cresci, Il tesoro dell’arte, il tesoro è arte, matita e matite colorate su carta, 24x33, 2016. Elaborazione della figura
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Eadem, studio della forma, dei colori, dei materiali
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Eadem, Work in progress 54
Eadem, studio degli elementi da inserire allâ€&#x;esterno e allâ€&#x;interno del Lamassu
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Eadem, progetto ultimato 56
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Li Hongbo Jilin (Cina), 1974 Ha conseguito il Bachelor of Fine Arts alla Jilin Normal University nel 1996, laureato in Folk Art nel 2001, laureato infine in Arte sperimentale nel 2010 presso l‟Accademia centrale di Belle Arti di Pechino. Li Hongbo è meglio conosciuto per le sue sculture di carta realistiche, realizzate interamente in carta di favo e colla. Il suo lavoro è stato esposto in musei di tutto il mondo. Attualmente vive e lavora a Pechino, Cina. Inizialmente ispirato all'idea di tradizione e ubiquità che la carta incarna, Li crea un fattore nascosto e di sorpresa nelle sue sculture che si estendono in un numero infinito di modi. Dallo stato statico, le sue sculture si trasformano in immagini imprevedibili, dilatando il limite del possibile tra vincolo materiale e libertà espressiva. Ogni busto comprende circa 7.000-8.000 fogli di carta bianca poggiati uno sopra l'altro. Essi sono incollati manualmente in una struttura a nido d'ape, permettendo sculture di completa flessibilità e robustezza. Esse sembrano di marmo, come tante altre, ed invece sono state realizzate con migliaia di strati di carta. Il solido così ottenuto presenta caratteristiche di plasticità, leggerezza e flessibilità che difficilmente si potrebbero raggiungere con altri materiali.
Vedi https://www.facebook.com/Li-Hongbo228862160569539/ https://www.youtube.com/watch?v=gttdbqX4SWA
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Li Hongbo al lavoro su di una scultura
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Idem
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Idem
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Davide Nebraska Failla Caltagirone (CT), 1991
Conosciuto nel mondo dell‟arte con lo pseudonimo di “Nebraska”, sin dalla tenera età si approccia al disegno, cimentandosi poi, dall‟adolescenza, con diversi rami della sfera pittorica, dell‟illustrazione, della grafica e anche con il mondo della decorazione. Dal 2011 in poi, prende parte a diverse mostre, collettive e personali tra la Sicilia e la Toscana. Qui allestisce la prima personale, nel settembre 2013: Friedrich Nebraska, a cura di Maria Teresa Majoli, Livorno, Melograno Art Gallery, 28-09/04-10-2013. Altre mostre da ricordare sono: Nomadie … in the meantime, a cura di Giuseppina Radice, Catania, centro Fieristico Le Ciminiere, 26-05 / 10-06-2012; Ubi consistam, a cura di Giuseppina Radice, Catania, Galleria Spazio Vitale, 28-04-2012. Dal 2014 ha deciso di non prende parte a nessun‟altra mostra, dato che sta confrontandosi con nuovi percorsi creativi che ritiene coltivare e vivere solo in un rapporto con il pubblico, valicando le dinamiche della mostra consolidata o ufficialmente riconosciuta. Egli attualmente s‟accosta ad una realtà da scoprire, da forgiare e da contestualizzare al di là di quelle che vengono riconosciute come informazioni ufficiali, dai contorni spesso rigidamente religiosi e, paradossalmente, omertosi. Nella natura di questo pensiero rientra anche il neonato rapporto che Nebraska coltiva con diversi esponenti della Street art italiana. Ciò che è stato scritto poc‟anzi - riguardo alle informazioni e dunque agli eventi socioculturali che nell‟arte convergono e dall‟arte stessa partono -, secondo il nostro, viene come narcotizzato da chi, per mezzo d‟un‟espressione artistica che proviene dalla strada e vive per la strada, compone nuovi versi quotidianamente, i quali, fortunosamente,
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per il dibattito culturale e umano risultano diversi.
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Davide Failla, copia di Lamassu, veduta Laterale; periodo assiro, regno di Sargon II ( 713-707. a.C.), scultura da monolite in alabastro, dal Palazzo di Sargon II, Dur-Sharrukin, Parigi, MusĂŠe del Louvre. 62
Idem, veduta di 2/3
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Idem, veduta di . 3/4
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Progetto resiliente
Davide “Nebraska” Failla L.8.C.K. , china su carta, 42 x 29,7 cm, 2016 Il Lamassu è ascrivibile alla categoria degli ibridi. Tale figura, connotata da caratteri mitologici e sacri, somaticamente ed esteticamente è teriomorfa; nel caso specifico dal toro o dal leone. Per le civiltà assirobabilonesi era sinonimo di protezione e di buona fortuna nel senso esteso del termine. Veniva infatti posto all‟entrata dei palazzi di rilievo per far sì che potesse, energeticamente, condurre la corte ad un destino sempre più prospero.
ma completamente nero, nel quale è possibile scorgere suo ogni tratto somatico. Di sfondo, una texture fa emergere significati e significanti; il tutto giacente su un‟ulteriore illustrazione avente una medesima texture su cui si manifesta il volto della bestia e delle nuvole nere. Perché le nuvole sono comunque prodotte dalla magia della creazione e per via delle spinte relazionali che coltivano le nostre vite; ma purtroppo risultano intossicate perché, tra una guerra e l‟altra, un bisogno d‟affermazione e l‟altro, la negatività tende a prevalere sulle istanze positive, anche se l‟arte raccoglie fiera questa dinamica e si appresta a guardare con occhio colmo di sfida ogni male, ogni dolore fine a sé stesso.
L‟arte e la creatività in genere sono energie che plasmano le nostre vite, anche se sovente non ufficialmente riconosciute. A tal proposito, mi urge sottolineare come il ruolo del Mercante di nuvole di Franco Audrito sia di importanza cruciale in questo senso. L‟autore si definisce, per l‟appunto, un mercante di nuvole perché esprime idee e concetti che, nella loro non appurata e non definita consistenza, risultavano comunque spostare gli equilibri. Nel progetto ho considerato quanto questi valori siano attuali oggi, nella mia quotidianità e nel mondo con il quale mi confronto. Mi sono abbandonato alla medi(t)azione della creazione e ho raggiunto una piccola meta; che, se confrontata con l‟immenso, è solo l‟incipit un punto cardinale. Mi sono soffermato sulla figura del lamassu, deturpato e poi distrutto dalla barbarie umana, che spesso nasce da un disagio il quale ha radici profonde. L‟ho analizzato dal punto di vista anatomico disegnandone tre copie, e poi ho deciso di dare luce al ritratto di quest‟ibrido tra l‟uomo, l‟animale e ciò che risiede in mezzo a questi due mondi. Il risultato è un volto anatomicamente definito 65
I TAVOLA DI PROGETTO
Davide “Nebraska” Failla, L.8.C.K. , 2016
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Idem, L.8.C.K. , 2016, sviluppi grafici-progettuali
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Idem, L.8.C.K. , 2016, sviluppi grafici-progettuali
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Idem, L.8.C.K. , 2016, sviluppi grafici-progettuali
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Franco Audrito (Studio 65) Torino, 1943 Studia architettura al Politecnico di Torino, dove consegue la laurea nel 1969. Nella Torino degli anni sessanta, segnata dalle manifestazioni proletarie e da un clima sociale e culturale agitato, partecipa con vigore e cognizione di causa, portando avanti i bisogni degli studenti di architettura, suoi compagni di studio, logorati da un sistema che risentiva ancora delle conseguenze del periodo fascista, unendo istanze sociali e culturali all‟arte e, in particolar modo, alla progettazione. Nel 1965 fonda lo Studio 65, voce di popolo e, soprattutto, voce di chi ne sosteneva la poetica progettistica. Lo Studio 65, grazie anche ad altri collaboratori nutrito, continua ad esistere ancora oggi, realizzando progetti di design e di architettura in Italia e all‟estero. Con la nascita di Studio 65, nei primi tempi egli realizza progetti di decorazione di interni per diversi locali milanesi, in particolare di centri estetici, affrontando la committenza in modo alternativo, con un notevole taglio ironico ma, al contempo, fortemente riflessivo. I dogmi, i cliché, vengono da questo periodo in poi sdoganati, lasciando spazio alla sorpresa e ad un felice straniamento che suscita ammirazione piuttosto che sfiducia. Nascono così diverse produzioni dello Studio 65, che saranno apprezzate anche oltre Italia; uno fra i motivi che spinsero Audrito e i suoi collaboratori a trasferirsi in Arabia nel ‟75. Per quanto concerne le opere di natura resiliente, realizzate da Audrito e il suo staff è d‟obbligo ricordare la poltrona Money money, realizzata nel 2013. Tale poltrona, dalle fattezze simili a quelle di un portamonete dorato e di dimensioni umane, è realizzata
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per tutti coloro i quali amministrano le finanze e non solo; specie quando si tratta di andare a reperirli in paesi lontani, scatenando conflitti di diversa natura ed entità. Un‟altra opera senza dubbio resiliente è Mickey dei sogni, realizzata nel 2015. L‟opera è la riproposizione di Mickey,del „73, poltrona rivestita con i caratteri comics in omaggio al peso comunicativo che que sti trasmettevano alla società del tempo. L‟opera del 2015 è resiliente non solo perché riproposizione maggiorata, in quanto è enorme nelle dimensioni, della poltrona del ‟73, ma anche perché ha come obiettivo quello di riportare, mentalmente, chi vi si siede, nel mondo dell‟infanzia; tanto che dietro la poltrona campeggia la scritta: “Siediti per ritrovare il coraggio di tornare bambino”. Sito personale http://www.studio65.eu 70
Studio 65, Money money, 2013
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Studio 65, Mickey dei sogni, 2015 72
Veronica Fazio Catania, 1991
La sua formazione avviene presso il liceo artistico“Emilio Greco”di Catania, dove ottiene il diploma nell‟anno scolastico 2009/2010. Quindi frequenta il corso di Restauro presso l‟Accademia di Belle Arti di Catania. Qui nasce senza dubbio la sua più grande passione, quella per il restauro. Svariati sono stati gli interventi in questo periodo per committenza pubblica, come il restauro della facciata del duomo di Villa S.Giovanni (RC) e della chiesa Madre di S.Gregorio (RC); quest‟ ultimo è poi divenuto oggetto della tesi di diploma accademico triennale, conseguito con lode nel 2013. Nell‟ottobre dello stesso anno inizia a frequentare il biennio di Restauro presso l‟Accademia di Belle Arti di Brera in Milano. Nel mese di febbraio 2014 tiene una conferenza al Salone del restauro di Ferrara sul ripristino da lei condotto su di un affresco contemporaneo dell‟artista tedesco Bernd Zimmer oggi conservato all‟ospedale Paolo Pini di Milano. Nell‟ottobre 2014 inizia il restauro di alcune delle opere di Antonio Canova, come Ercole, Flora e il Gruppo Pasquino oggi conservate presso Brera. Nell‟ ottobre 2015 ritorna nella sua città natale dove frequenta il corso di II livello in Decorazione presso l‟Accademia di Belle Arti.
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Veronica Fazio, copia di Lamassu, matita su carta, 21x29,7 cm, veduta frontale; da un originale del periodo assiro, regno di Sargon II ( 713-707. a.C.), scultura da monolite in alabastro, dal Palazzo di Sargon II, Dur-Sharrukin, Parigi, MusĂŠe del Louvre. 74
Eadem, veduta di 3/4
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Eadem, veduta frontale.
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Progetto resiliente
generazione, solo il tempo è risanatore di ferite che lasciano cicatrici ma che si possono ricucire.
Veronica Fazio, Tempo risanatore, tempera e colore a matita su legno, 62x26 cm, 2016 Il progetto si basa sulla figura del Lamassu, spirito o demone benefico e protettivo caratteristico della scultura assira. Solitamente scolpito in alabastro, era posizionato all‟ingresso della cittadella o del palazzo reale, dove simbolicamente faceva da guardia contro gli spiriti malvagi. Si tratta di mostri alati in forma di tori con cinque zampe, per permettere di vedere l'animale fermo, se visto frontalmente, in movimento se visto di lato. Secondo gli studiosi queste figure rinviano a significati non ancora chiari. E' molto discusso il fatto che esse siano unione dell‟uomo con la sua intelligenza, dell‟aquila regina degli uccelli, del leone signore del deserto e del toro simbolo di fecondità delle mandrie. Gli Assiri del resto non erano estranei a rappresentazioni mostruose, rappresentavano infatti anche animali feroci come i leoni e i geni alati. Questo soggetto mistico ha catturato la mia attenzione sia per la particolarità delle sue forme, della sua ricchezza di simboli, che soprattutto per il valore che aveva per gli assiri, in quanto il senso di protezione credo sia un aspetto che tutti, ognuno in maniera differente, vogliamo provare in qualunque azione compiamo nella nostra vita. Perché un orologio? Quando una popolazione viene colpita da una catastrofe culturale, dopo le emozioni di indignazione e disperazione iniziali, nasce in ogni individuo una capacità autoriparatoria molto forte, una sorta di resilienza, genericamente la capacità di un oggetto di assorbire urti senza rompersi. E‟ solo col tempo però che una civiltà riesce a rialzarsi davanti a questi eventi traumatici, è il suo scorrere che permette la trasmissione mnemonica di generazione in 77
Veronica Fazio, Tempo risanatore, 2016, progetto grafico
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Eadem, prototipo, part.
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Eadem, prototipo ed ipotesi di ambientazione
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Morehshin Allahyari Iran Artista contemporanea, nata e cresciuta in Iran, si trasferisce negli Stati Uniti nel 2007. Il suo lavoro si incentra a lungo sulle contraddizioni politiche, sociali e culturali di ogni giorno. Lei pensa alla tecnologia come un set di strumenti filosofici per riflettere su oggetti; una poetica per documentare le vite personali e collettive in cui viviamo e le lotte degli esseri umani nel XXI secolo. Morehshin ha fatto parte di numerose mostre, festival e workshop in tutto il mondo. Le immagini dell‟ISIS che distrugge il Museo di Mosul sono ancora fresche nella memoria di tutti. L‟artista iraniana lancia un progetto per rispondere con un gesto simbolico a quello scempio, tramite l‟accostamento di terrorismo e opere d‟arte, nell‟era della riproduzione 3D. Material Speculation: ISIS è un esperimento tecnologico nato come risposta agli atti osceni di vandalismo registrati a Mosul. L‟idea è di riprodurre alcuni dei reperti archeologici distrutti, attraverso una ricostruzione digitale e una fedele riproduzione con stampa 3D. Dentro ogni oggetto è inserita una memory card in cui sono custodite tutte le informazioni relative al manufatto originale, mentre, in una futura versione l‟autrice spera di compiere un altro step: pubblicare sul web in open source i file e le istruzioni per la realizzazione delle copie, così che chiunque possa acquisirle e replicare il gesto, per promuovere consapevolezza, memoria e strategie collettive di resistenza culturale.
Sito personale: http://www.morehshin.com/ 81
Morehshin Allahyari, Material Speculation: ISIS , stampe digitali 3D, 2015, allestimento
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Eadem, ricostruzione plastica di una statua guardiana Lemassu, stampa digitale 3D
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Eadem, ricostruzione plastica di una statua dal Museo archeologico di Mossul, stampa digitale 3D, 2015
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Giuseppe Giuliano Lentini (SR), 1960
Si forma a Milano dove vive e lavora fino al 2011. Approda in Sicilia e si tuffa in un‟esperienza nuova che lo assorbe totalmente, ottenendo dopo tre anni di studio il diploma accademico di I livello in Pittura. Alterna le stesure ad olio con la lavorazione del legno. Attualmente è iscritto al Biennio specialistico in Pittura presso l‟Accademia di Belle Arti di Catania. Mostre d‟arte contemporanea: La Grande Madre, a cura di Stefano Puglisi, Siracusa, Galleria di Montevergine, 29/05/2014.
Sito personale http://giuseppegiuliano.wix.com/artist-painter
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Giuseppe Giuliano, copia di Kudurru cassita incompleto, veduta frontale; periodo medio Babilonese, regno Melishipak ( XII sec. a.C.), scultura in calcarenite, dal sito di Susa, Parigi, MusĂŠe del Louvre, Dipartimento di AntichitĂ del Vicino Oriente, Mesopotamia
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Idem, veduta di 3/4
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Idem, retro
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Progetto resiliente
Giuseppe Giuliano, Metamorpheus (Steve Hackett), legno dipinto, chiodi;, matita su cartoncino; elaborazione in viceo-sonoro, misure varie, 2016 Installazione.-Metafora dell’azione coraggiosa che si spende ogni giorno nel tentativo ambizioso di comprendere la profondità della natura umana, per abbattere ogni barriera di indifferenza e pregiudizio verso ogni forma di diversità L‟opera che mi ha colpito è un kudurru privo d‟iscrizione, dalle pareti lisce come fogli bianchi su cui riscrivere una storia. Vi si registravano donazioni reali e la persona a cui era concessa la terra riceveva una copia in argilla da usare come pietra di confine per confermarne la proprietà legale. La sua struttura in basalto irregolare, che ricorda un meteorite, memoria della creazione, errante per lo spazio, e lo ziggurat incisovi, mi hanno ispirato un progetto resiliente che miri ad insinuare un dubbio sull‟efficacia del suo elemento caratteristico: il confine, una limitazione di spazio e tempo all‟interno dei quali l‟uomo sembra cercare una sicurezza solo apparente. Descrizione progetto Il progetto è un‟installazione composta dal video del meteorite e da una scultura piramidale in legno e chiodi dalla superficie in gesso levigato, su cui ricorre il colore rosso. È il modello per un luogo di riflessione e svago: un labirinto. Da esso possiamo guadagnare l‟uscita, condividendo il viaggio sinestetico del nostro prezioso meteorite superando ogni ostacolo - i mille chiodi che come fitte colonne si frappongono fra noi e la libertà - guidati dal suono ritmico dello scalpello sempre più penetrante e dal colore rosso sempre più vivo, laddove il percorso porta alla meta. Il video riproduce l‟immagine elaborata del mio bozzetto
completando la narrazione dell‟opera. Esso è introdotto da un‟esplosione che manda in frantumi antiche vestigia le quali, come preziosi frammenti di schegge impazzite, compongono e decompongono il meteorite.
Vedi http://youtu.be/2OFiSBdVKas
Giuseppe Giuliano, Metamorpheus (Steve Hackett), 2016. Preparazione tavole in abete con stesura di alcuni strati di cementite.
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Idem, levigatura e verniciatura tavole
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Idem, scultura in legno giĂ composta che ricorda lo Ziggurat sulla cui sommitĂ sâ€&#x;ergeva il tempio che custodiva il kudurru
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Idem, bozzetto del meteorite e suo particolare (elaborati e proiettati nel video) - matita su cartoncino Elaborazione del bozzetto. Sonoro composto da un’introduzione che consiste nel suono di un’esplosione preso da un video di propaganda dell’Isis a cui segue la fusione di altri due suoni, di cui il primo è quello ritmico del martello sulla pietra e il secondo è l’Inno alla gioia di Beethoven 92
Idem, bozzetto del meteorite e suo particolare (elaborati e proiettati nel video) - matita su cartoncino
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Tammam Azzam Damasco 1980 Si laurea alla Facoltà di Belle Arti di Damasco in Pittura. Frequenta la Al Kharif Acadamy, seguendo lo stimato maestro siriano Marwan Kassab Bashi, di formazione berlinese. Nel 2008 entra all‟Ayyam Gallery aderendo al progetto per giovani artisti The Shabab Ayyam, che gli da la possibilità di farsi conoscere in mostre collettive. D‟allora Tammam comincia ad esporre in giro per il mondo. Per non correre il rischio di essere richiamato alla leva siriana, nel 2011 deve lasciare il suo paese. Vive e lavora a Dubai e utilizza le sue creazioni come forma di protesta per denunciare la violenza e la distruzione nel suo paese. I drammatici avvenimenti della crisi siriana cambiano il corso della sua vita e della sua arte, tanto da sentire il bisogno di nuovi modi per esprimersi, passando dalla pittura all‟arte digitale. La sua grande notorietà inizia quando entra nel mondo di Twitter grazie a una sua nuova incredibile creazione: il Bacio di Klimt sopra la facciata di un edificio bombardato. L'immagine è un collage fatto con l'elaborazione digitale.
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Vedi www.huffingtonpost.it/2013/02/06/il-bacio-di-klimtnelle-rovine
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Sin. Tammam Azzam, Freedom Graffity; collage digitale; riproduce “Il bacio” di Klimt digitalmente su un muro segnato dai combattimenti in Siria Ds. Idem, Bleeding Siria, dipinto su tela,mt 4,70, Ayyam Gallery di Dubai. La mappa si ripete in altre opere: in una è a brandelli, con pezzi che bruciano e si staccano 95
Sin. Tammam Azzam, Well stay here. collage digitale. Macerie colorate a tinte vivaci, e spiega così la sua scelta: “Per me, anche in questa distruzione c‟è il mio variopinto paese”. Ds. Idem, Aquiloni; collage digitale; Ayyam di Dubay; Al posto dei palloncini sono dei missili a far alzare dal suolo un bambino
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Alessia Granata Acireale (CT), 1990
Ha frequentato il Liceo artistico Filippo Brumelleschi ad Acireale, quindi ha conseguito il diploma di I livello in Pittura presso l‟Accademia di Belle Arti di Catania. Attualmente è iscritta al Corso di II livello in Pittura presso la stessa accademia. Ha partecipato alle collettive: Body world. Artist night, a cura di Gunther von Hagens‟, Roma, Officine Farneto, 14 settembre 2011 – 12 febbraio 2012 (quinta classificata); I Fercoli della devozione, Acireale, Chiesa di S. Antonio, 14-19 gennaio 2016.
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Alessia Granata, copia di Lamassu, veduta frontale; 713-707 a.C., alabastro, dal sito di Dur Sharrukin, palazzo del re Sargon II , Parigi, Museo del Louvre. 98
Eadem, veduta di 3/4
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Eadem, veduta laterale
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Progetto resiliente
Alessia Granata, I Protettori reali, olio su tela, 2016 Una delle tante divinità relativa alle diverse civiltà mesopotamiche (assira in particolare) era il Lamassu. Purtroppo oggi qualche sua scultura è andata perduta a causa degli attacchi da parte dell‟ISIS contro il patrimonio artistico, come nel caso di Mosul, antica capitale di Ninive, dove gli antichi monoliti sono stati sradicati a colpi di mazza. I Lamassu erano considerati spiriti protettori e benefici, ed erano posti quali statue agli ingressi delle residenze reali o come bassorilievi lungo le mura di cinta dei palazzi reali. Di solito avevano un corpo alato di toro o leone, con testa umana sormontata da un elaborato copricapo. Si consolidava così in questo essere composito la saggezza superiore di un‟entità spirituale (l‟angelo), l‟intelligenza dell‟uomo e la forza di un animale possente (il leone o il toro). Il Museo del Louvre ospita due sculture di lamassu che risalgono al VII secolo a.C. Ritrovate a Dur Sharrukin, all‟esterno del palazzo del re Sargon II. Ricavate ambedue da blocchi di alabastro di oltre 4 metri per 4, sono tra i migliori lavori sia come dimensioni, che accuratezza di esecuzione. La loro funzione era quella di sorvegliare, oltre che ornare, il palazzo reale. Poiché la scultura a tuttotondo non era abbastanza sviluppata, la creatura fu rappresentata con un effetto di sintetismo singolare, dato dalla presenza di cinque zampe, utili a fornire un‟imponente e compiuta visione su due punti di osservazione (anteriore e laterale) e a dare il senso del movimento. Il volto della creatura, probabilmente, è un omaggio al sovrano a cui era dedicato il palazzo, ovvero Sargon II. Con questo mio progetto, voglio esaltare la bellezza e l‟importanza purtroppo repressa della donna che soffre per la sua mancanza d‟espressività. Questa è una delle
tante leggi che soprattutto in gran parte dei Paesi orientali, distrugge la libertà e i diritti delle donne. Le mie opere evidenziano l‟importanza di poter comunicare anche e soprattutto con un semplice sguardo, quest‟ultimo definito da secoli Lo Specchio dell‟anima.
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PROGETTO RESILIENTE
Alessia Granata, I Protettori reali, olio su tela, 2016
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Eadem, I Protettori reali, olio su tela, 2016
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Zhang Xinnyu, Liang Hong Rep. Pop. Cinese, 1977-1979 ca. A quattordici anni di distanza dalla distruzione del Buddha della Valle di Bamiyan in Afghanistan da parte dei talebani, grazie al loro intervento è tornato a risplendere, anche se per poco tempo e in maniera virtuale, uno dei più grandi Buddha del mondo. Era il 2001 quando andavano in onda in tutte le tv le immagini delle esplosioni che hanno frantumato le statue dei Buddha di Bamiyan. I talebani al potere avevano deciso di abbattere dei monumenti “non islamici” che tanto interesse destavano nella comunità internazionale. Le statue erano state scolpite nell‟arco di due secoli (III-V d.C.) da un‟allora floridissima civiltà buddista che prosperava in quell‟incantevole tratto della Via della seta. L‟intervento della coppia cinese ha ridato lustro a quell‟immagine gloriosa attraverso un intervento realizzato tramite la tecnologia di illuminazione 3D. Nelle notti del 6 e 7 giugno 2015 sono state proiettate, lì dove erano state distrutte le immagini 3D del Buddha, per ben otto ore. La gente del posto ha apprezzato molto l‟intervento di rinascita del Buddha, ne è rimasto entusiasta, ha considerato questo evento come un momento di rinascita della storia di quel luogo. La coppia di artisti ha infine donato i dispositivi di illuminazione per la protezione delle “reliquie culturali”, che torneranno a risplendere e illuminare il Buddha ogni anno a marzo.
https://www.youtube.com/watch?v=680BHSFN7eI http://video.corriere.it/afghanistan-buddha-vallebamiyan-rivivono-3d/757b9c06-125a-11e5-85f17dd30a4921d8 https://it.wikipedia.org/wiki/Buddha_di_Bamiyan
Vedi http://video.corriere.it/artista-fa-rivivere-buddhabamiyan-distrutti-il-laser-3d/754c90b6-1028-11e59af2-c0e873d99e21 104
Zhang Xinyu, Liang Hong, ricostruzione 3D del Budda di Bamyan (Afghanistan), 6-7 giugno 2015, visione diurna
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Idem, ricostruzione 3D del Budda di Bamyan (Afghanistan), 6-7 giugno 2015, visione notturna
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Idem, ricostruzione 3D del Budda di Bamyan (Afghanistan), 6-7 giugno 2015, visione notturna, part.
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Carmen Grasso Catania, 1991
Nata a Catania, ha studiato al Liceo Artistico “F. Brunelleschi” di Acireale, conseguendo il diploma di maturità in Rilievo e catalogazione (BB.CC) “Prog. Michelangelo”. Nel 2015 ha ottenuto il diploma di I livello in Pittura presso l‟ Accademia di Belle Arti Catania e oggi ivi continua la specialistica in Decorazione, perché da sempre attratta dalle decorazioni ambientali e per ampliare il proprio bagaglio culturale-artisticoespressivo. Ha partecipato ad alcune mostre collettive.
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Carmen Grasso, copia di Lamassu, matita su carta, 21x 29,7 cm. Veduta frontale; 721-706 a.C., dal sito di Khorsabad, Palazzo di Sargon II (Iraq), Museo del Louvre, Parigi. 110
Eadem, veduta di 3/4 111
Eadem, veduta laterale.
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Progetto resiliente
Carmen Grasso, Game of Memory, plastica, disegno a china su carta adesiva, 5,5 x 5,5 cm. 2016. I Lamassu, divinità della civiltà mesopotamica venivano raffigurati come imponenti statue poste principalmente alle entrate dei palazzi assiri per proteggerli da tutti gli spiriti maligni portatori del male. Essi si presentano con un aspetto ibrido, si nota infatti la testa umana che indossa un copricapo regale, il corpo di toro e le ali di aquila. Queste divinità venivano scolpite a tutto tondo nella loro parte anteriore e in altorilievo nel resto del corpo; tra le zampe anteriori e sul dorso hanno delle iscrizioni cuneiformi che narrano la costruzione dei palazzi e maledicono chiunque osi distruggere le opere del re assiro. Lo studio e l‟osservazione di tali gigantesche statue mi hanno ispirato per la realizzazione del progetto. Mi è venuta, infatti, l‟idea di sfruttare l‟azione rotatoria dei cubi magici di Rubik. Sulle sei facce di due cubi ho raffigurato il Lamassu, scomponendolo in varie parti. Ruotando le facce del cubo si formano le varie visioni proposte dagli antichi artisti assiri, i due cubi si completano tra di loro quando sovrapposti, formando di volta in volta una particolare visione del Lamassu. Scopo del progetto è di comporre l‟immagine di un Lamassu, e con esso la civiltà classica mesopotamica a rischio di perdita, da tenere a memoria attraverso il gioco.
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Carmen Grasso, studio progettuale del cubo, schizzi.
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Sin. Eadem, prototipo del cubo Game of Memory; Ds. Eadem, Scomposizioni: ala 115
Eadem, Scomposizioni: viso frontale e particolare tre quarti.
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Abdul Karim Al- Beik Majdal Al-Hasakah, Siria, 1973 Abdul Karim Al-Beik Majdal ha studiato presso la Facoltà di Belle Arti di Damasco, ottenendo la laurea con lode, nel 2001. La rivoluzione siriana, ha avuto un grande impatto sulla sua pittura, trovandosi davanti ad una realtà che lo ha costretto ad un enorme cambiamento. Precedentemente la sua maniera si basava sull‟effetto del tempo sulle pareti: crepe e alterazioni causate dal calore del sole e della pioggia, scarabocchi di bambini, messaggi comuni. Le nuove opere, rappresentano fatti di uccisione e distruzione. Con l‟introduzione di nuove tecniche e materiali come croci, coltelli, trappole, pallottole, e varie armi, Abdul Karim Al-Beik Majdal esprime il dolore quotidiano e la tragedia inflitti alla città e al popolo. Le sue opere quindi, sono un urlo in faccia di odio, paura e uccisione; indicatore di degrado morale e umanitario. Abdul Karim Al-Beik Majdal, ha partecipato a numerose mostre in centri culturali e gallerie in tutto il Medio Oriente ed ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il secondo premio alla Biennale Lattakia e il secondo posto al concorso Shabab Ayyam per gli artisti emergenti. Sue opere sono state selezionate per mostre personali e collettive presso: Fondazione Giorgio Cini, Venezia (2015); Ayyam Gallery Londra (2014); Ayyam Galleria Al Quoz, Dubai (2014); Ayyam Galleria DIFC, Dubai (20132015); Ayyam Progetti, Beirut (2014); Ayyam Galleria Beirut (2012-2014); Ayyam Galleria Damasco (2008); Museo Nazionale di Aleppo (2006); Biennale di Teheran per l'arte nel mondo islamico
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(2005); UNESCO Palazzo, Beirut (2001); British Council, Damasco (2000). Le sue opere, si trovano in collezioni pubbliche e private in tutto il Medio Oriente ed Europa. Molte sono state presentate in occasione di importanti eventi, come: l‟Art Palm Beach negli Stati Uniti.
Vedi: http://www.ayyamgallery.com/artists/abdul-karimmajdal-al-beik https://www.facebook.com/abdulkarim.majdalalbeik ?fref=ts
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Abdul Karim Al-Beik Majdal, Wall, 2015, tecnica mista su tela, 180 x 180 cm
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Idem, Massacre, 2012, tecnica mista su tela, 150 x 150 cm.
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Roberta Grasso Catania, 1992
L‟arte in tutte le forme è sempre stata al centro della sua vita. Inizia a dipingere da autodidatta, continuando i suoi studi frequentando il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre, diplomandosi nel 2011. Nello stesso anno decide di iscriversi all‟Accademia di Belle Arte di Catania in Pittura, licenziandosi (diploma accademico di I livello) a pieni voti nel marzo del 2015. Attualmente è iscritta al Biennio specialistico presso la stessa Accademia. Durante questo percorso ha avuto modo di acquisire diverse tecniche pittoriche che inserisce nelle sue opere. Ama utilizzare sempre nuovi materiali come silicone acetico, sabbia vulcanica, trucioli di alluminio etc., creando curiosi effetti e imbattendosi in nuove scoperte. Il suo stile pittorico infatti è in continua trasformazione ed evoluzione. In questi anni ha partecipato a diverse estemporanee e collettive artistiche per giovani pittori. I suoi attuali studi si basano sull‟alchimia, concentrandosi in modo particolare sull‟androginia nell‟arte; tale cammino di ricerca interiore e pittorico, come un opus alchemico ricco di emblemi, si cela nelle sue ultime opere. Continuerà gli studi accademici specializzandosi in Grafica d‟Arte per arricchire il suo bagaglio artistico– cultrale, acquisendo così nuove tecniche e l‟utilizzo di nuovi materiali.
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Roberta Grasso, copia di Kudurru, veduta frontale; periodo medio Babilonese, 1125-1100 a.C, dal sito di Gula-Eresh, calcare con iscrizione cuneiforme, Londra, British Museum.
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Eadem, veduta laterale 123
Eadem, veduta di 3/4
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Progetto resiliente
Roberta Grasso, Pack-Art, zaino bianco, poliestere disegnato a mano, 12 x 28 x 38 cm, 2016
L'iscrizione cuneiforme su questo kudurru registra la concessione, da parte del governatore della Sealand (??? È in inglese), di cinque gur di terreno a mais nel distretto di Edina a sud di Babilonia, a un uomo di nome Gula-eresh. Nove Dei sono invocati per proteggere il monumento, insieme a diciassette simboli divini. I simboli delle più importanti divinità mesopotamiche: il disco solare del dio-sole Shamash, la falce della luna dio Sin e la stella a otto punte di Ishtar, dea della fertilità e della guerra, e la tartaruga dea Ea associata all‟acqua. Le caselle quadrate sotto questi segni rappresentano gli altari a sostegno dei simboli divini, tra cui il copricapo cornuto, la vanga triangolare di Marduk, e lo stilo a forma di cuneo di Nabu, il dio della scrittura. Un serpente in primo piano è mostrato su molti kudurru e può, come molti dei simboli, essere messo in relazione alle costellazioni. Il testo si conclude con maledizioni ricadenti su chi toglie, ignora o distrugge il kudurru. Fin da subito ho associato la forma del Kudurru a quello di uno zaino, e così ne ho realizzato un prototipo. Partendo dalla copia a matita precedentemente fatta, ho alleggerito il segno arrivando all‟ essenzialità di questi ultimi incisi sulla pietra, riportando il disegno a mano su uno zaino totalmente bianco in poliestere. Lo zaino non vuole essere un altro anonimo accessorio di moda lanciato sul mercato, bensì uno strumento resiliente: che sia resistente nel suo compito che è di dare un continuo
stimolo alla memoria per non dimenticare tutto il patrimonio artistico dell‟arte mesopotamica e non solo, distrutto o a rischio di distruzione da parte dell‟ISIS. Ecco perché la decisione di eliminare le iscrizioni cuneiformi ed inserire la frase : SAVE THE MESOPOTAMIAN ART ; affinché diventi un messaggio da lanciare in tutto il mondo, come una metafora della di cultura: dobbiamo essere consapevoli di portare sulle nostre spalle l‟importanza del grande patrimonio artistico– culturale. Non è un peso effimero bensì necessario. Per dare ancora più lustro al kudurro, nell‟ipotesi di lanciare il prodotto sul mercato, ho deciso di inserire dei colori insieme allo zaino, affinché,colui che lo acquista sia libero di personalizzare la sacca con il motivo che più desidera. Così facendo, non si ha solo una creazione seriale di fabbrica, che si ferma a un semplice esercizio di copia, ma si avranno moltissimi Kudurru, uno differente dall‟altro, e non solo continuerà a “vivere” nel ricordo delle sue forme e dei suoi segni, ma essi saranno in continua trasformazione. In tal modo lo zaino diventa strumento di coinvolgimento dell‟acquirente e anche strumento di apprendimento, qualora la decorazione venisse attuata non solo da un adulto ma anche da un bambino, il quale non farà altro che conoscere e acquisire il significato del Kudurru. Del resto, per uno zaino, non c‟è mai un‟età prestabilita e gli usi che se ne possono fare sono molteplici: per andare a lavoro,a scuola,in gita, fuori con gli amici e molto altro ancora.
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Roberta Grasso, schizzo di progettazione dello zaino
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Sin. Roberta Grasso, progettazione della stampa bianco e nero del kudurru sullo zaino Ds. Eadem, progettazione di una possibile colorazione del kudurru sullo zaino 127
Roberta Grasso, Visione completa dello zaino prototipo Pack-Art ( frontale,alto,laterale ds e sin )
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Eadem, prototipo dello zaino Pack-Art 129
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Gohar Dashiti Ahvaz (Iran),1980 Gohar Dashti è nata ad Ahvaz (Iran) nel 1980, nei primi anni della Rivoluzione Islamica. Ciò ha insegnato a lei e a tutta la sua generazione a vivere in una costante condizione di pericolo. Negli anni tra il 1996 e il 1997 ha studiato Graphic design. Laureata nel 2003 alla Fine Art University di Tehran, nel 2005 si è poi specializzata con un Master in Fotografia. Ha partecipato a numerose residenze d‟artista e scholarship, al suo attivo ha numerose mostre sia in importanti Musei stranieri. Attualmente vive e lavora a Tehran. Limbo, la sua seconda personale alle Officine dell‟Immagine di Milano, inaugurata il 4 febbraio del xxxx. Il titolo esprime condizione di precarietà esistenziale di profughi ed esiliati: è un luogo d‟attesa privo d‟identità e memoria, dominato dal senso di solitudine e di abbandono. L‟artista non parla solo dell‟Iran, della sua infanzia o del presente ma di tutti i conflitti e di tutte le situazioni in cui la libertà viene meno. Realizzata in un remoto paesaggio desertico nell‟isola di Qeshm, che si affaccia sul Golfo Persico, la serie regala panorami incontaminati, dove una natura quasi prepotente incornicia scenari dal malinconico richiamo. Nonostante l‟innegabile sublimazione del paesaggio circostante, i protagonisti degli scatti sembrano chiaramente abitare un luogo che non appartiene loro. Si riscoprono vulnerabili, davanti ad una strada che non riconoscono. È questo silenzioso senso di abbandono, e il dolore della separazione dalla propria terra, la propria storia e quindi la propria cultura, che hanno
ispirato G. Dashti nella realizzazione di una delle sue serie più poetiche, un progetto che assorbe la sofferenza della difficile condizione di profugo ed esiliato, restituendo l‟identità di una memoria a chi purtroppo, a causa di guerre, malattie o soprusi, è stato costretto ad abbandonarla. È degno di menzione il fatto che Qeshm, molti anni fa, sia stata una terra di esiliati e questa è una delle ragioni principali per cui è stata scelta per le foto.
Sito personale http://www.gohardashti.com
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Gohar Dashiti, Stateless #1, 2014-2015, stampa a getto dâ€&#x;inchiostro, 80 x 120 cm
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Eadem, Stateless #5, 2014-2015, stampa a getto inchiostro, 80 x 120 cm 132
Eadem, Stateless #4, 2014-2015, a getto inchiostro di stampa, 80 x 120 cm
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Angelo Eugenio Grosso Ragusa, 1990
Di origini Modicane, ha compiuto gli studi artistici presso il Liceo Artistico “T. Campailla” di Modica e il Liceo Artistico “E. Greco” di Catania, conseguendo il diploma di maturità e successivamente il diploma accademico di I livello in Pittura presso l‟Accademia Di Belle Arti Catania. Ha lavorato nel campo della pittura (in tutti i sensi), e non ha mai abbandonato la passione del dipingere, soprattutto negli ultimi anni, grazie ai viaggi che lo hanno ispirato e anche all‟uso delle tecniche applicate.
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Nel 2013 ha partecipato al collettivo espositivo, Marte Casa D’Artista, 31-03/07-04, Scicli (RG).
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Eugenio Grosso, copia da Lamassu , matita su carta, 21x29,7 cm, veduta di 2/3; civiltĂ assira, XIII secolo a. C., sito di Nimrud (Iraq), Londra, British Museum. 136
Idem, veduta di 3./4
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Idem, laterale
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Progetto resiliente
Angelo Eugenio Grosso, Lamassù su treno, china e pastelli colorati, 21x29,7 cm, 2016 Il progetto si basa sulla figura del Lamassù, spirito o demone benefico e protettivo. Un mostro alato dal corpo di leone, con testa umana, posto all‟ingresso delle città e dei palazzi per sorvegliare e proteggere gli abitanti, dagli spiriti maligni e dal male. La sua natura polimorfa identificava in esso la forza di un leone, le ali di un angelo e la saggezza dell‟uomo. Un'altra importante particolarità di tale figura è la rappresentazione a cinque zampe, molto probabilmente per rappresentare le statue in due diverse posizioni e dare alla stesse una impressione di maggiore stabilità, oltre a dare una visione prospettica della figura stessa. Esso ha catturato la mia attenzione non solo per la sua particolare rappresentazione e natura, ma anche per quello che rappresentava per la popolazione Assira. Ne è derivato un progetto che si articola in cinque fasi: 1. stilizzazione della figura del Lamassu: eliminazione di tutta la parte decorativa, lasciando il semplice contorno della figura; 2. studio della figura e del colore, ovvero rappresentazione del Lamassu su due diverse visoni (ds. e sin.) e colorazioni (verde, a simbolizzare la speranza; blu, protezione e sicurezza). 3-4. Disposizione della figura sulla motrice di un treno (FS Italia, littorina 668.1000). La figura viene posta all‟estremità laterali della macchina, da una parte a simboleggiare protezione (figura di colore BLU), dall‟altra speranza (figura di colore Verde). La motrice scelta è un mezzo ancora molto usato in Sicilia e in altre province italiane, visto da tante persone. Essa potrebbe portare ad una trasposizione moderna del simbolo: come in passato proteggeva gli abitanti dagli
spiriti maligni nell‟antica civiltà assira, oggi fungerebbe da buon auspicio per i passeggeri durante il loro tragitto. 5. Disposizione della figura del Lamassu su un treno in dotazione alle Ferrovie dello stato irachene (IRR Iraq, DEM 2730). La simbologia ed il carattere protettivo della bestia verrebbe maggiormente amplificato se impiegato in una motrice ed in un territorio di riferimento che è direttamente interessato ai conflitti in atto.
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I TAVOLA DI PROGETTO
Angelo Eugenio Grosso, LamassĂš su treno, china e pastelli colorati, 21x29,7 cm, 2016 . Studio sul colore 140
II TAVOLA DI PROGETTO
Idem, LamassĂš su treno, china e pastelli colorati, 21x29,7 cm, 2016 . Simulazione grafica
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Idem, LamassĂš su treno, china e pastelli colorati, 21x29,7 cm, 2016 . Simulazione fotografica 142
Idem, LamassĂš su treno, china e pastelli colorati, 21x29,7 cm, 2016 . Simulazione fotografica 143
Ispirazione da altri artisti resistenti o resilienti
Raghad Mardini Daraa (Siria) Ha conseguito un Master in Ingegneria Strutturale e un BSS in Ingegneria Civile presso “l'Università di Damasco”, dove ha lavorato come docente. Ha progettato e supervisionato progetti di costruzione residenziale e commerciale oltre ad aver ripristinato le vecchie case ed alberghi a Damasco. La Mardini ha lasciato Damasco con la sua famiglia nel 2008 e si è stabilìta in Libano prima del conflitto del Marzo 2011. Amante dell‟arte, tra il 2011/2012 ha riabilitato una casa in stile ottomano della fine dell‟800 ad Aley (Monte Libano), ristrutturando la struttura di 150 mq a proprie spese, trasformandola in una residenza d'arte, a metà tra rifugio e atelier. L‟attuale fondatrice e direttrice della residenza, ospita diversi artisti che, scappando dalla guerra in Siria, trovano all‟interno della struttura un loro spazio e la libertà di esprimersi attraverso l'arte. Esso è, pertanto, 'un luogo di trasformazione e di ispirazione oltre che di amicizia e di scambio sociale. La residenza prende si chiama (ARA)”Art Residence Aley”. La guerra civile e la violenza politica in Siria hanno portato in fuga gli abitanti verso i paesi vicini, tra cui molti artisti che trovando rifugio in Libano. Gli artisti diventano testimoni di eventi traumatici e la maggior parte di loro cerca di elaborare queste esperienze nel proprio lavoro. La residenza non è soltanto un rifugio, è una sorta di piccolo museo, un posto dove le memorie della guerra siriana possano essere conservate e dove le persone possono venire a riflettere su quanto sta accadendo, perché in maniera diretta o indiretta nel lavoro degli artisti di Aley traspare la violenza degli ultimi due anni e l‟angoscia di un conflitto che in molti
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reputano andrà avanti ancora per diversi anni. La missione di Raghad è soprattutto quella di aiutare gli artisti siriani che ospita ad integrarsi con il mondo dell‟arte contemporaneo.
Vedi http://www.artresidencealey.com/ https://www.facebook.com/raghad.mardini.1 https://www.facebook.com/ArtResidenceAley
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Raghad Mardini, (ARA)�Art Residence Aley�, Monte Libano, particolari. 145
Eadem, (ARA)”Art Residence Aley”, Monte Libano, particolari. 146
Carmen Rita Gullotto Biancavilla di Sicilia (CT), 1992
Consegue la maturità classica e prosegue il suo percorso culturale iscrivendosi all'Accademia di Belle Arti di Catania. Svolge con elevata capacità le tecniche decorative e grafiche di doratura ed incisione xilografica, così come a lei gradite risultano per di più le pitture ad olio, ad acquerello e ad affresco. Durante il triennio accademico, prende parte alla mostra di pittura collettiva Fascination Body Worlds, dedicata a Gunther Von Hagens, Catania, Palazzo della Cultura, 2012. Inoltre è protagonista delle estati Randazzesi del 2012 e 2013 esponendo le proprie opere a "Randazzo Arte". Nel marzo 2015 conclude la prima fase del proprio percorso accademico, conseguendo il diploma di I livello in Pittura con la votazione di 110 e lode. Attualmente partecipa alla collettiva denominata Arte in Libertà, Capri Leone (ME), 2016.
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Carmen Rita Gullotto, copia Lamassu, veduta laterale; periodo assiro, regno di Saragon II (713-707. a.C.), scultura da monolite, in alabastro, dal Palazzo di Saragon II, Dur Sharrukin, Parigi , MusĂŠe del Louvre.
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Eadem, veduta frontale
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Idem, veduta di 3/4
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Progetto resiliente
Carmen Rita Gullotto, New polimaterico, 60 x 80 cm, 2016
Atlantis,
plastico
Il Lamassu è una bestia diffusa in diverse civiltà mesopotamiche, in particolare assiro babilonese, rappresentato come un “mostro” alato dal corpo di toro o leone (la forza) e con la testa umana (la saggezza); veniva considerato uno spirito benevolo e protettore, per questo gli assiri erano soliti apporre le sue statue all‟ingresso dei palazzi. I Lamassu ad oggi rappresentano i segni lasciati da un‟antica civiltà, la sua cultura, la sua storia, che purtroppo giorno dopo giorno viene distrutta dall‟ignoranza umana. Con questo progetto mi sono soffermata sul loro significato principale, perché chi li veda possa imparare a conoscerli e a ricordarli per ciò che rappresenta. Principalmente ho analizzato il soggetto riproponendone tre copie a matita su carta; successivamente ho realizzato con pasta di Das e Fimo una copia tridimensionale del Lamassu e cinque modellini in scala raffiguranti: la Torre Eiffel a Parigi, la Medina di Tunisi, la Moschea Blu di Istanbul, una piramide d‟Egitto e la testa di una statua greca classica. Ponendo il tutto su due ruote orizzontali legate tra di loro, ho provato a ricreare l‟immagine di una piazza sulla quale sorgono i monumenti simbolo delle città colpite dell‟ISIS, e al centro della piazza il Lamassu che si erge come protettore di tutti i luoghi del mondo, a maggior ragione di quelli colpiti da attentati terroristici. La pianta circolare, simbolo di infinito - ma anche di perfezione, con il Lamassu distrutto dall‟ignoranza umana messo a protezione dell‟arte come simbolo di resilienza - intende rievocare la struttura della città di Atlandide, per cui ho deciso di intitolare il progetto New Atlantis. 151
Carmen Rita Gullotto, New Atlantis, plastico polimaterico, 60 x 80 cm, 2016
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Eadem, New Atlantis, plastico polimaterico, 60 x 80 cm, 2016
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Eadem, New Atlantis, plastico polimaterico, 60 x 80 cm, 2016, particolare del Lamassu in pasta
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Eadem, New Atlantis, plastico polimaterico, 60 x 80 cm, 2016, particolare di tutti gli elementi in pasta
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Akram Abu al – Fawz (Mohammad Douma) Douma, sobborgo di Damasco, Siria 1979 Artista resistente costretto a vivere da rifugiato in quanto la sua casa è stata data alle fiamme dalle forze del regime siriano; realizza opere con le quali si fa portavoce dei valori estetici umani. Egli dipinge sui resti di armi, proiettili da mortaio, razzi, trasformandoli da strumenti di morte in opere pervase da una vibrante bellezza artistica. Decorare i proiettili da mortaio e ciò che rimane delle pallottole con disegni brillanti, una qualità e dei colori che li rendono unici, è un‟arte insolita per un ambiente in cui il colore dominante è diventato quello della morte. Gli strumenti per dipingere sul materiale utilizzato per fabbricare le armi possono respingere gli atti perpetrati dalle armi stesse. Libertà e bellezza si mescolano così come lo spirito siriano attuale si lega al retaggio della sua patria. L‟esperienza artistica può così esplorare l‟ambizione siriana a una libertà maggiore. Dal suo punto di vista, il sottrarre la gente alla schiavitù si raggiunge anche con le diverse forme d‟arte. La forza di Akram Abu al – Fawz è la capacità di trasformare “oggetti di morte” in materiali di vita e gioia. Inoltre le sue opere riflettono lo spirito di un popolo che riesce a spezzare la morte. Vedi: http://www.syriauntold.com/en/creative/akram-abu-alfawz/
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Akram Abu al – Fawz (Mohammad Douma) allâ€&#x;opera su di un proiettile
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Opere di Akram Abu al – Fawz Akram Abu al – Fawz (Mohammad Douma)
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Valeria La Rocca Catania, 1993
Dopo aver conseguito nel 2011 la maturità artistica in Scultura presso il Liceo Artistico “M.M. Lazzaro” di Catania, nel 2015 consegue il diploma accademico di I livello in Scultura presso l‟Accademia di Belle Arti di Catania. Attualmente frequenta il Biennio Specialistico in Scultura nella medesima Accademia. Nel 2012 espone per la prima volta ad una mostra collettiva a cura dell‟Accademia, dal titolo Disegninsegni, a cura di Concetto Guzzetta, Catania, Museo Emilio Greco, 7-21 luglio 2012. Ad oggi ha partecipato a mostre di scultura a livello nazionale. Nel 2013 partecipa alla V edizione del Premio Ugo Guidi “Il Maestro presenta l'allievo”, a cura di Enrica Frediani, Massa Carrara, Villa Schiff; e al XVII Concorso Internazionale Scultura da Vivere, organizzato dalla Fondazione Peano della città di Cuneo. Nel 2014 con Art Factory 04, è in mostra al centro fieristico Le Ciminiere di Catania e partecipa al Premio Internazionale Limen Arte, a cura di Lara Caccia, Vibo Valentia, Palazzo Comunale E. Gagliardi. Nel 2015 espone a Catania, Palazzo Platamone, in, Artisti di Sicilia. Nuovi Talenti, strutturata all‟interno di un unico progetto artistico di grande rilevanza culturale che è la mostra “Artisti di Sicilia: da Pirandello a Iudice”, a cura di Vittorio Sgarbi.
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Valeria La Rocca, copia di Kudurru, matita su carta, 24 x 33 cm, veduta rontale; periodo medio babilonese, 1125-1100 a.C., calcarenite con iscrizione cuneiforme, dal sito di Gula-Eresh, Iraq meridionale, Londra, British Museum 160
Eadem, veduta di 3/4
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Eadem, veduta laterale
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Progetto resiliente
Valeria La Rocca, Memoria della perdita/scultura multistrato,pellicola a specchio, plastilina grigia, 41 x 17 x 17 cm, 2016 Il Kudurru, sterile dai suoi contenuti è l‟opera che diventa metafora del linguaggio sbiadito dal tempo, cancellato dalla storia, reso illeggibile agli occhi di chi lo vorrebbe distruggere, creando un contenitore, “memoria della perdita”, simbolo della resilienza. Il modellato poggia su un parallelepipedo bianco rivestito con della pellicola a specchio, da simboli e scritte. È una superficie sufficientemente lucida tanto da permettere il riflettersi del bianco della parete interna e di un ulteriore secondo parallelepipedo, aperto dall‟alto. Questo annulla i caratteri predominanti della cultura babilonese e fa si che rievochi valori e simboli sconosciuti al contemporaneo. Il progetto è resiliente anche in ordine alla scelta del materiale.
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Valeria La Rocca, Memoria della perdita, scultura, multistrato, pellicola a specchio, plastilina grigia, 41 x 17 x 17 cm, 2016 164
Eadem, veduta prospettica 165
Eadem, veduta di scorcio 166
Eadem, veduta dallâ€&#x;alto 167
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Christine Kettaneh Beirut (Libano), 1982 Dopo un master in Economia e Finanza presso la London School of Economics, l‟artista ha conseguito i suoi studi in belle arti alla Central Saint Martins School di Londra. Ha partecipato a diverse mostre di gruppo in Libano e nel Regno Unito. Dopo aver già collaborato con artisti internazionali nel progetto Coin: A Gift for Wealth, con Clare Whistler in East Sussex (UK), nel 2014 la Kettaneh ha preso parte al Premio «Arte Laguna» di Venezia (2015), a cura del critico e presidente di giuria, Igor Zanti, ricevendo gli ambiti premi per le categorie in concorso “Scultura e Installazione" e "Artist in Gallery". Con un vocabolario artistico concettuale, Kettaneh concentra la sua ricerca sul valore e il ruolo del testo nell‟arte contemporanea, utilizzando il pane tipico del Libano (Il Beirute) come un foglio bianco su cui è possibile scrivere, per indurre a riflessione mediante una serie di brevi testi riguardanti la complessa situazione politica e sociale della sua città natale. Così, attraverso la scrittura lei prova un collegamento tra il panino tipico, farcito di maionese che considerata “nauseante”, ed il modo in cui si sente a volte nella sua città. Kettaneh risponde alla situazione politica nel suo paese che vive sotto la costante minaccia di un conflitto, con l‟uso del testo, formando un legame con altri progetti che esplorano la fragilità e la debolezza del linguaggio. Detto testo costituisce parte integrante dei progetti precedenti, tra cui Echo, Soap Coins e Mute Melodies.
Sito personale http://www.christinekettaneh.com/ Vedi anche http://www.premioartelaguna.it/comunicati-stampa1415/1653-21032015-premio-arte-lagunaproclamati-i-6-vincitori-della-nona-edizione http://www.galeriejaninerubeiz.com/ArtistDetails/11 9/Christine%20Kettaneh/
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Cristine Kettaneh, A Beirute, with a mayo blessing, incisione laser su pane arabo, 2014, Beirut, Galerie Janine Rubeiz 169
Eadem
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In alto: Christine Kettaneh, Echo-Floor, installazione, carta e gel acrilico. 2012 In basso: Eadem, Mute melodies, incisione laser su plastica (7 pezzi). 2013, installazione permanente a Sidgwick Site, Cambridge (UK)
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Claudia Leontini Catania, 1987
Claudia Leontini si diploma nel 2006 presso l‟ISA di Catania. Nello stesso anno risulta idonea all‟accesso presso L‟Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di Roma e nel 2010 ne consegue il diploma di “Incisore”. Dal 2011 al 2015 continua gli studi presso L‟Accademia di Belle Arti di Catania, Scuola di Pittura, diplomandosi al I livello col massimo dei voti. Attualmente vi frequenta il biennio in Grafica D‟arte. Partecipa a molti eventi di carattere artistico. L‟8 Dicembre 2009 realizza in bassorilievo la Madonna degli Alberetti (da Jacopo Bellini) per il Papa in occasione della festa dell‟Immacolata in P.zza di Spagna. Nel 2007 realizza la locandina per il XXIX Convegno nazionale Giovani verso Assisi. Nel 2012 realizza il modello per la prima medaglia in vetro (B.A.M.S.). Nel 2013 partecipa al workshop di Anatomia facciale organizzato dall‟Università La Sapienza di Roma presso l‟Université René Descartes (Parigi) dove tutt‟oggi è esposta la sua opera. Attualmente vive e studia a Catania.
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Vedi: https://www.facebook.com/Claudia-LeontiniLa-pitturanon-%C3%A8-un-mestiere-ma-un-modo-di-stare-almondo-857425804268771/?ref=hl
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Claudia Leontini, copia di Kudurru (pietra miliare, cippo), seconda dinastia di Isin, 1155-1025, basalto, Londra, British Museum,. Laterale
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Eadem, veduta di 3/4
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Eadem, veduta dallâ€&#x;alto 176
Progetto resiliente
Claudia Leontini, Metterci le mani, struttura geodetica, Ø 3,5 metri, 2016 Il tempo non scorre senza lasciare traccia. Qualsiasi materia che riesce a sopravvivere al tempo e all‟ “uomo” porta con sé segni tangibili: una foto ingiallita, uno specchio ormai opaco, muri ingrigiti, crepe, graffi. Il cippo, sopravvissuto ai secoli, porta con se quei graffi che ne svelano l‟anima. Esso ci indica la meta. E Noi? Abbiamo il coraggio di seguirla? Di lasciarci “graffire” e al contempo “graffiare”? Metterci le mani è divenire parte di quel tempo ormai passato, vivendo attivamente il presente verso un futuro che vogliamo diverso! Metterci le mani è fare memoria di un antico ormai in pericolo di disgregazione. La mia cupola Geodetica ha il compito, non solo di aiutarci in questo, ma anche di avvolgerci, introducendoci all‟interno di uno spazio circolare e fermare così il tempo. Abbiamo il dovere di fermare questo stato di distruzione perenne, ove le testimonianze rimaste non stanno che disperdendosi in maniera ormai irrecuperabile A guidarci verso il Kudurru sarà una passerella con delle frecce che ci indicano la mèta. Il visitatore troverà al suo interno come una grotta, illuminata da luci a neon, fredde, e ai lati dell‟ingresso degli oggetti su semplici tavole, utili per scolpire, graffiare, incidere. Il visitatore dovrà lasciare il suo contributo sulle pareti, precedentemente lavorate con tela e gesso.
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Dettagli tecnici per il montaggio Diametro, 6,1 mt Altezza, 3,5 mt Peso Struttura, 312,5 Kg Peso Copertura, 40 Kg Peso Complessivo xxx Posti in piedi, 45 Tempi di costruzione, 4 h 30 m Tempi di smontaggio, 2 h 30 m Personale, 3 unità Fornitura materiali: http://www.domesitalia.com
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Claudia Leontini, Metterci le mani, struttura geodetica, Ă˜ 3,5 metri, 2016; modello di geodeta della ditta Domes Italia
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Eadem, Metterci le mani, struttura geodetica, Ă˜ 3,5 metri, 2016; geodeta della ditta Domes Italia, dettagli tecnici e di assemblaggio 179
Eadem, Metterci le mani, struttura geodetica, Ă˜ 3,5 metri, 2016; geodeta della ditta Domes Italia, modelli grafici
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Eadem, Metterci le mani, struttura geodetica, Ă˜ 3,5 metri, 2016; ipotesi progettuale 181
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Wafaa Bilal 1966, Iraq Attualmente è docente presso la “Tisch School of the Arts” dell‟Università di New York. Sin da piccolo sognava di fare l‟artista, ma in Iraq gli fu proibito di studiare arte. Studiò invece Geografia. Ha lavorato nel campo dell‟arte per lungo tempo, finché non è stato arrestato come dissidente per la sua critica nei confronti di Saddam Hussein. Nel 1991 è fuggito dall‟Iraq vivendo in un campo profughi in Arabia Saudita per due anni, insegnando arte ai bambini. Nel 1992 si è laureato presso l‟Università del New Mexico. Ha viaggiato per il mondo con lo scopo di diffondere la condizione del popolo iracheno. Bella rosa, 2015 Si tratta di riproduzioni in miniatura dell‟antica iconografia occidentale. La superficie scolpita e poi ricoperta da un pesante smalto nero, allude ad una lunga storia di lotte animate che tutt‟ora vengono vissute e rievocano il passato. Queste miniature, che grondano di nero, ricoprono i volti e gli organi, soffocandoli come a ricordare tutte le vittime causate dalla fuoriuscita del petrolio in mare aperto; alla maniera di un guscio che nasconde, protegge e forse schiavizza. Alcune miniature sembrano dei veri e propri giocattoli per bambini, un modo per dire che quelle armi, strumenti di morte, vengono utilizzate come se non sortissero conseguenza alcuna. Materiali: resina, smalto termoretraibile, tessuto, lattice e petrolio.
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Vedi anche https://www.google.it/search?q=traduttore&oq=trad &aqs=chrome.0.69i59j69i57j0l4.1305j0j8&sourceid =chrome&es_sm=93&ie=UTF-8
Sito personale http://wafaabilal.com/ 182
Wafaa Bilal, Bella rosa/1, resina, smalto termoretraibile, tessuto, lattice e petrolio, 2015
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Idem, Bella rosa/2, resina, smalto termoretraibile, tessuto, lattice e petrolio, 2015
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Idem, Bella rosa/3, resina, smalto termoretraibile, tessuto, lattice e petrolio, 2015
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Giona Messina Terni, 1993
Si diploma nel 2012 presso il Liceo Artistico “Santa Lucia” di Adrano e si laurea nel 2015 all‟Accademia di belle arti di Catania con il massimo dei voti; attualmente frequenta il biennio in Pittura all‟Accademia di Belle Arti di Catania, seguito dal docente Salvo Russo. Nel 2013 realizza un dipinto murale all‟interno dei locali de La Rinascente di Catania. Nello stesso anno viene scelto per partecipare al laboratorio libero istituito dall‟ABA di Venezia e al workshop di anatomia organizzato da L‟Università La Sapienza di Roma, quindi presso l‟Universitè Renè Descartes di Parigi. Di recente ha partecipato al restauro della riproduzione storica della “Provvidenza”, barca del romanzo di Verga I Malavoglia. Esposizioni Collettive 2013: La folla di Sant’Agata, Palazzo della Cultura, Catania. 2013 Accademia in mostra, Centro fieristico Le Ciminiere, Catania. 2014: La Devozione di S. Agata. Omaggio alla Santa - I luoghi agatini, Palazzo della Cultura, Catania. 2014: Orrore o opera Divina, Palazzo della Cultura, Catania. 2014: Omaggio a Bronte, Pinacoteca Nunzio Sciavarrello, Bronte. 2014: Art Market, Budapest. 2014: Gran Circo Catania, omaggio al testo di Giuseppe Lazzaro Danzuso, Palazzo della Cultura, Catania. 2015: Artisti di Sicilia . Nuovi talenti, Palazzo della Cultura, Catania. 2015: La Sicilia dentro La Sicilia. 70 anni del nostro quotidiano, Palazzo della Cultura, Catania, Palazzo Zacco, Ragusa, Palazzo Bellomo, Siracusa, Palazzo dei Filippini, Agrigento. 2015: Expo-arte contemporanea, villa Bagatti Valsecchi, Varedo. 2015: inDoor, Centro Culturale Polivalente di Catania, iArt, Catania. 187
Giona Messina, copia di Lamassu, Parigi, MusĂŠe del Louvre, Dipartimento di AntichitĂ del Vicino Oriente, Mesopotamia. Fronte, veduta frontale.
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Idem, veduta laterale
189
Idem, veduta 3/4
190
Progetto resiliente
Giona Messina, Proiezioni. Sopra l’ombra, matita su carta proiettata, misure variabili, 2016 Il mio progetto mette le radici nella storia e nella consuetudine che l‟uomo ha di distruggere e, di contro, di valorizzare ciò che lo circonda. Esso prevede la proiezione di un disegno, il quale, nella fruizione, viene distrutto dall‟ombra del fruitore che si frappone tra il proiettore e la parete. Colui che così agisce, di contro ha su di sé proiettata quella parte di immagine che ha distrutto. Questo a voler valorizzare la responsabilità di chiunque fruisca un immagine, perché in quel preciso istante l‟opera fruita inizierà a vivere in lui creando con il ricordo un doppio. Chi apprezza, chi distrugge, chi passa senza fermarsi troppo, chi fotografa e chi gode l‟opera, tutti hanno la responsabilità del proprio ricordo e dunque dell‟opera che in esso vive.
Giona Messina, Proiezioni. Sopra l’ombra, happening, 2016
191
Idem 192
Idem
193
Idem
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Ispirazione da altri artisti reslilenti o resistenti
Heath Satow USA, 1969 Heath Satow è un artista americano che lavora principalmente con i metalli. Mentre frequenta la Scuola di Design in North Carolina lavora come apprendista presso Clearscapes, studio di architettura e scultura. Laureatosi nel 1991 viene messo a capo del settore scultura della suddetta impresa. Il 1994 è l‟anno in cui Satow lascia lo studio per dare inizio al proprio progetto: uno studio di scultura sito oggi a Los Angeles. Esso progetta e fabbrica arte pubblica da oltre venti anni, accogliendo la sfida di creare arte per un pubblico eterogeneo, dai bambini ai critici d'arte. La sua scultura Ripple ha vinto nel 2012 il Public Art Network Award “per il suo contributo innovativo e creativo nel campo dell'arte pubblica”; da allora l‟autore ha esplorato il tema della “riflessione” sia letteralmente (capacità riflessiva dei metalli) che in senso metaforico. La produzione avviene interamente nello studio di Los Angeles, utilizzando tecniche di fabbricazione diretta che riducono al minimo gli sprechi di materiale. Da allora ha realizzato sculture permanenti in tutto il mondo. Reflect - 9/11 Memorial, Rosemead, CA Questa scultura in acciaio inox incorpora un I-beam danneggiato recuperato dal World Trade Center. L‟opera è composta da 2.976 pezzi singoli assemblati come in una maglia. Il numero dei pezzi non è casuale, infatti rappresenta il numero delle vittime dell‟attacco terroristico dell‟11 settembre 2001; ogni pezzo in più ha la forma stilizzata della silhouette di una colomba che vola libera.
L'intenzione di Satow di abbinare il numero di colombe al macabro numero delle vittime dell‟11 settembre è quello di dare allo spettatore un punto di riferimento concreto per una viva riflessione. Si tratta infatti di un memoriale che offre l'esperienza emozionale di visualizzare e toccare i pezzi, rendendosi conto che ciascuno rappresenta una persona cara persa. Ogni colomba è unita insieme a spirale verso l'alto, in modo da formare delle mani che sorreggono una trave del World Trade Center. L‟opera è stata commissionata dal Comune di Rosemead per onorare le vittime dell‟attacco terroristico al World Trade Center, a dieci anni dall‟accaduto. Sito personale : www.publicsculpture.com Link inerenti all‟opera: http://www.publicsculpture.com/911memorial.html https://en.m.wikipedia.org/wiki/Heat_Satow 195
Heath Satow , Reflect - 9/11 Memorial, un I-beam danneggiato e arrugginito tratto dalle macerie di uno degli edifici del World Trade Center, Acciaio inox lucido, 7 piedi di altezza, larghe 10 piedi, e 3 piedi di profonditĂ , Rosemead, CA
196
Idem
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Michele Naro San Cataldo (CL), 1985
Da sempre interessato all‟arte, in particolare al mondo dell‟arredamento d‟interni e al design. Diplomato all‟Istituto Regionale d‟Arte «Rosario Assunto» di San Cataldo. Diploma accademico di I livello in Decorazione, conseguito a Catania presso Accademia di Belle Arti nel marzo 2009. Attualmente frequenta il biennio specialistico di Decorazione della medesima, con lo scopo di affinare ancor di più senso estetico e sensibilità artistica. Ha partecipato ad alcune mostre collettive.
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Michele Naro, copia Lamassu, Khorsabad, Palazzo di Sargon II (Iraq), 721-706 a.C. Museo del Louvre, Parigi. Matita su carta, 21x 29,7 cm. Veduta di 3/4 200
Idem, veduta di 2/3
201
Idem, veduta laterale.
202
Progetto resiliente
Michele Naro, Giant Light, elaborato grafico inserito un Light Screen, 35,7 x 48 cm, 2016. Il Lamassu sono statue di diversi metri che venivano poste vicino alle entrate o lungo i principali passaggi o corridoi degli altrettanto giganteschi e straordinari Palazzi assiri, per sorvegliarli e proteggerli da tutti gli spiriti maligni e malvagi che potevano portare il male a corte. Per questi antichi popoli le statue dei Lamassu riunivano in sé tutta la forza che si trovava in cielo e sulla terra e quindi avevano un grande potere soprannaturale. Le statue hanno un aspetto ibrido in quanto hanno la testa e il volto umani con indosso un copricapo regale che sta ad indicare i poteri divini, e un corpo di un animale a quattro zampe con degli artigli o degli zoccoli e con due grandi ali. Nel mio progetto ho voluto rappresentare queste imponenti divinità in chiave più contemporanea, ossia modificando la grafica dell‟immagine, cercando di lasciare intatto significato e carica espessiva. L‟immagine sarà poi inserita in un Light Screen, cioè un pannello illuminato a led. Questo tipo di illuminazione è molto particolare: ogni led viene attraversato dalla corrente, una parte di essa viene trasformata in luce a differenza delle comuni lampade. Lo scopo finale del mio lavoro è creare una sinergia tra antico e moderno con un pannello luminoso; quindi una istallazione luminosa che vada a ad aggiungere nuovi significati e carica espressiva.
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II TAVOLA DI PROGETTO
Michele Naro, Giant Light, 2016, file finale 204
Idem, elaborato finale inserito in un Light Screen
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Nizar Ali Badr Siria scultore straordinario Ali Badr esprime il suo talento e visione della vita attraverso i mezzi di comunicazione essenziali che si trovano proprio sotto i piedi: i ciottoli. L'artista, che vive in una città portuale della Siria, Latakia, lavora con le rocce e le pietre. La guerra è un tema riccorente nei suoi lavori, tramite i quali rappresenta la triste condizione umana: la perdita di persone care, i lutti e le tante difficoltà che attanagliano il suo paese, tutto questo non poteva non influenzare il lavoro dello scultore siriano. Egli ricrea situazioni che ogni giorno vede accadere sotto i propri occhi, nell'antica città di Latakia trasmette il dolore delle persone che devono morire, e la disperazione di coloro i quali sono costretti a lasciare il proprio paese. Rappresenta anche la speranza per il rilancio della propria gente, il ritorno dei valori umani, l'amore, la casa, la famiglia. L‟artista fin dall‟infanzia è stato attratto dalle pietra, dalle rocce che andava a raccogliere dal vicino torrente, per scolpire su di esse le facce degli animali. Adesso, da adulto, ha il sogno di arrivare con le sue opere al cuore delle persone, per consegnare loro il suo messaggio. L‟intenzione non è mai stata quelle di creare per un proprio tornaconto materialistico. L‟unico scopo della sua arte è quella di servire l‟umanità ed è interessato ad esprimere le emozioni umane: La tragedia, la felicità la vita quotidiana, l‟amore, il destino, il dolore, il terrorismo. Egli si definisce un eremita, crea le sue opere in completa solitudine ed è ripagato dei suoi sforzi nel vedere che le tante persone che rimangono profondamente colpite dai suoi lavori carichi di emozioni umane, e di un
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grosso contenuto sociale.
Vedi: https://syriancreativehavens.com/portfolio/syrian-artistnizar-ali-badr/ https://www.facebook.com/nezar.badr64
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Sin. Nizar Ali Badr, Amore, composizione di ciottoli; Ds.Idem, Infant, composizione di ciottoli
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Sopra. Izar Ali Badr Guerre, composizione di ciottoli; Sotto. Idem, Guerre, composizione di ciottoli
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Filippo Pulvirenti Acicatena (CT), 1955
Ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico “Gulli e Pennisi” di Acireale ed il diploma di I livello in Pittura presso l‟Accademia di Belle Arti di Catania. Attualmente è iscritto al biennio specialistico presso la stessa Accademia.
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Sue mostre personali: 1981, Azienda Autonoma Stazione di Cura, Acireale (CT); 1984, Locali comunali, Aci S. Filippo (CT); 1987, Cine Teatro Maugeri, Acireale (CT); 1998, Palazzo di Città, ivi. Sue mostre collettive: 1976, Torino, Artisti in via Roma; 1978, Cordenons (PN), Galleria d‟arte del Corso; 1981, Gravina di Catania (CT), Pittura in Piazza; 1982, Prima Rassegna Nazionale D’Arte, Catania; 1983, Prima Mostra della Miniatura, Hotel Nettuno, ivi; 1984, Galleria D‟Arte L‟Angolo, ivi; 1998, Simposio D’ Arte: Segno ed Espansione, Chiostro Comunale, Aci Catena (CT); 2004, Prima collettiva di pittura e scultura, Palazzo di Città, Acicatena (CT); 2004, Prima rassegna d‟Arte Contemporanea “Bohemien”, Antisala Consiliare del Comune, ivi; 2006, Seconda edizione I figli dell’Etna . Percorsi artistici – culturali, ivi; 2006, Biennale d’Arte Internazionale, VI ed., Sale del Bramante, Roma. In questi ultimi anni di formazione ha avuto modo di partecipare ad ulteriori collettive di pittura, organizzate dall‟Accademia di Belle Arti di Catania: Gran Circo Catania, Palazzo della Cultura, Catania; La grande Madre, Siracusa; Artisti di Sicilia. Nuovi Talenti, Catania; per la ricorrenza della fondazione dei 70 anni del giornale La Sicilia, Taormina (ME), e ad EXPO Italia.
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Idem, part.
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Progetto resiliente
Filippo Pulvirenti, Resilienze. 1, olio su tela, cm 120 x100, 2016 Idem, Resilienze. 2, olio su tela, cm 120 x100, 2016 «Resilienza» è un termine legato alla capacità di autorigenerarsi. Il progetto ideato e voluto dal docente prof. Vittorio Ugo Vicari è indirizzato alla “rinascita” o meglio alla sopravvivenza, alla custodia nella memoria artistica di opere d‟arte andate distrutte a causa del gruppo integralista dell‟ISIS. Ho scelto come soggetto da far rivivere e custodire nella comune memoria il Lamassu: “ il guardiano”; una figura androcefala alata dalla grande bellezza artistica. Divinità adorata da diverse civiltà mesopotamiche, era considerata soccorritrice e per questo veniva posta a protezione dei palazzi o delle porte cittadine. Veniva raffigurato come un mostro alato dal corpo di toro o di leone e testa umana raffigurante il sovrano. Simboleggiavano la forza e la saggezza dell'uomo. La distruzione di alcuni di questi esemplari da parte delle milizie ISIS, ha fatto scattare l‟idea di resilienza: per non dimenticare, ovvero la rinascita attraverso l‟arte per conservare dei Lamassu distrutti se non altro la memoria artistica (Andrè Parrot, Assiri I conquistatori della Mesopotamia, Rizzoli ed., Milano 2005).
memoria che dalla fine degli anni Settanta sono stati completamente stravolti. Un lavoro resiliente inconsapevole, puramente emotivo. Il cambiamento di oggi, quindi non è solo quello fra la pittura del paesaggio tradizionale con quello del particolare focalizzato, ma soprattutto è una presa di coscienza, una maggiore consapevolezza e volontà di resistere, di salvare e custodire. Come luogo di custodia il mare (nella rappresentazione pittorica). Un mare che, durante il mio triennio di formazione, non è passato inosservato specialmente per le tragedie legate all‟immigrazione clandestina. La morte di migliaia di vite umane non può non scuotere le coscienze e gli animi. Il mare è simbolo di collegamento, di comunicazione. E‟ incertezza, dubbio, vita eppure morte. E‟ ponte fra spirito e materia, fra speranze e sogni, fra superfici e profondità. E‟ legato alla terraferma come l‟inconscio alla ragione. Ultimo ostacolo alle nostre aspirazioni. E‟ abisso e tramite, sonno e ragione. Il mare, dunque, per setacciare il nostro inconscio alla ricerca di nuovi approdi, nuove certezze, nuove speranze. Oggi esso ha assunto altre e nuove simbologie: diventa il custode e protettore di memorie storico artistiche: «A futura memoria» avrebbe detto Sciascia … se la memoria ha un futuro.
La fonte dell‟opera si ricollega ad una serie di lavori che focalizzano l‟immagine del mare accostandosi alla macrofotografia in relazione all‟arte fotografica contemporanea. Lo spunto è soggettivo e deriva dall‟abitudine dei dipingere all‟aperto, secondo lo spirito dei pittori impressionisti. Come Monet,, che nelle sue opere intrappolava luci ed immagini di una Parigi che andava scomparendo, Anch‟io nella pittura en pleine air che ha accompagnato la fase giovanile della mia espressività, ho dipinto i luoghi della mia 211
I TAVOLA DI PROGETTO
Filippo Pulvirenti, Resilienze. 1, olio su tela, cm 120 x100, 2016, intero
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II TAVOLA DI PROGETTO
Idem, Resilienze. 2, olio su tela, cm 120 x100, 2016, intero
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IV TAVOLA DI PROGETTO
Idem, particolare
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Ayad Alkadhi Bagdad, IRAQ, 1971 Laureato con un master alla New York University, Tisch School of the Arts, oggi vive e lavora a New York. Ha ricevuto il suo MFA dalla ITP Tisch School of the Arts. Sue opere sono esposte in Medio Oriente, Nuova Zelanda, Europa e Stati Uniti. Tra le principali: Sono Baghdad, serie (2008-2015), con riferimento al tema dell‟occupazione in Iraq dopo la I e II guerra del Golfo e la lotta emotiva del popolo iracheno. Se le parole possono uccidere, serie (2012-2015); in queste opere, la parola scritta assume la forma di una spada, pugnale, pistola. Il tema è il potere delle parole e il loro impatto sul sé e degli altri. Umbilical, serie (2012), quest‟ultima fa riferimento alla primavera araba. Ho soffermato la mia attenzione su questo artista iracheno per svariati motivi. Non solo per la sua originale creatività o per la bellezza e profondità di pensiero che emergono dai suoi lavori, ma soprattutto perché in lui ritrovo tutte quelle credenziali che il nostro docente ci ha dato come traccia per un completo inserimento al progetto da Lui voluto e ideato. In Ayad Alkadhi, infatti, ritrovo sia la resistenza alla guerra, sia la resilienza che l‟approccio alla classicità mesopotamica. Resistenza che si intravede soprattutto nel dolore delle vedove del conflitto. I vari dipinti, infatti, mostrano le stesse ergersi a simbolo della Pietà michelangiolesca e umana o accompagnate da contorni del Cristo sofferente, come ad esternare il dolore più grande che la guerra infligge alle madri e al genere umano tutto. La resilienza è palese nelle fotografie che le stesse mostrano.
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Per non scordare, per far non far morire, per far rivivere, attraverso il ricordo, le vittime degli orrori dell‟uomo e con essi i loro esempi, il loro martirio. La classicità (non facile da rintracciare fra gli artisti da me esaminati) è espressa dai fondali artistici alle spalle delle figure. Resilienza dunque nei confronti degli uomini, dell‟arte e verso tutto ciò che scompare o lo potrebbe grazie all‟odio e alla violenza. Una resilienza nei confronti dell‟Arte sottolineata, ancora una volta, dagli autoritratti dell‟artista nei riquadri fotografici. L‟arte in sostanza, come l‟umanità, non va smarrita, non va eliminata essa deve sopravvivere se non altro nella memoria.
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Sin. Ayad Alkhad, Pietà Iraq. Una nazione di Vedove 1, tecnica mista su tela, cm 183 x183. Ds. Idem, Pietà Iraq, Una nazione di vedove 2, idem
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Sin. Ayad Alkhad, Pietà Iraq, Una nazione di vedove 3, tecnica mista su tela, cm 183 x183. Ds. Idem, Pietà Iraq, Una nazione di vedove 4, idem.
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Asia Romaniuk Knuròw, Polonia,1977
Conclusi nel suo paese nativo l'iter liceale artistico, si è trasferita in Sicilia dove attualmente vive dedicandosi professionalmente alla produzione e decorazione artigianale della ceramica. Attenta alla dimensione della natura, ha sviluppato un'attività artistica minuziosa e intenta ad indagare gli aspetti meno evidenti del reale, nel quale, bandito ogni clamore, l'elemento poetico s'insinua silenzioso e con grande discrezione. Ha eseguito gli studi presso l'Accademia di Belle Arti di Catania, conseguendo il diploma accademico di I livello in Scultura. Il suo particolare interesse è per la grafica d'arte e la fotografia. Ha illustrato Novembre, di Attilio Fortini, Temperino Rosso ed., Brescia s.d., e realizzato alcune copertine per la stessa casa editrice. Mostre, workshop, premi: 2012, Disegninsegni", 707/21-07, Museo Emilio Greco, Catania. 2013, Art Factory 03,16-05/19-05 Centro fieristico Le Ciminiere, Catania. 2013 XVII Concorso Internazionale Scultura viva, 21-09/27-09, Cuneo. 2013, progetto come tutor Civitatis artifices. Protagonisti della Città, Acireale (CT). 2014, Art Factory 04 , 8-05/11-05, Centro fieristico Le Ciminiere, Catania. 2014, Internazionale Triennale del disegno MTRS, 15-05/13-06, Katowice, Polonia. 2014 progetto per Ri Kéramos Lab, workshop di design della maiolica,.30-05/07-06, Studio Le Nid, Paternò (CT). 2015 Premio speciale III Studenckie biennale malej formy rzezbiarskiej im. Jòzefa Kopczynskiego, 12-05/18-05, Poznan, Polonia. 2015, Biennale Arte ceramica al femminile, 7-05/30-01, Caltagirone (CT). 2015, Mostra collettiva d‟incisione CHARTAE, 9-05/16-05, ivi. 2015, Secondo Premio delle Arti Visive di Claudio Abbado, 29-05, Roma;
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2016, Mostra Segni Agathae, 2-02/07-03, Centro fieristico Le Ciminiere, GAM, Catania.
Vedi http://www.temperino-rosso-edizioni.com/catalogocasa-editrice/novembre www.biennale.rzezba.pl
219
Asia Romaniuk, copia di Kudurru, Middle Babylonian Asia, Iraq, South Iraq, Abu Habba (Sippar), London, British Museum, matita su carta, 21 x 29,7 cm,, 2015, veduta frontale 220
Eadem, veduta laterale
221
Eadem, veduta posteriore
222
Progetto resiliente
Asia Romaniuk, EX LIBRIS, Kudurru, xilografia, 12x 12 cm , 2016 Eadem, Segnalibro, china acquerellata su cartoncino, 2016 Sul cippo sono rappresentate in seria ascendente le manifestazioni delle divinità sui sei livelli della montagna del Mondo: in alto troviamo la dea Ishtar (il pianeta Venere), la falce di luna del dio Sin e il disco solare del dio Shamash. Sono queste le potenze supreme che governano l'universo: la fluidità del serpente richiama l'acqua e la sua lingua rossa fiammeggiante ricorda il fuoco vivificante contenuto nelle acque primordiali; la luna appare come una coppa, continuamente riempita e svuotata dal nettare infuocato da cui vengono estratte le sacre bevande intossicanti, lasciandosi dietro la sua ombra come il serpente la pelle essa è il simbolo del rinnovamento delle forze vitali e procreative.
edizioni a conferma della necessità di salvaguardare ciò che è in pericolo con immediatezza visiva, simbolo della resilienza. Un sigillo presente sul libro, perché il libro è da sempre mezzo per tramandare e salvaguardare ciò che è in pericolo.
Bibliografia Jeremy Black, Anthony Green, Gods, Demons and Symbols of Ancient Mesopotamia, ill. by Tessa Rickards, The British Museum Press, London 1992 www.britishmuseum.co.uk Egisto Bragaglia, Ex libris, Enciclopedia Tascabile, Associazione Italiana Biblioteche, Roma 1996
La scelta del soggetto Kudurru ha come motivazione il vasto contenuto di simboli di questa pietra-documento; la ricerca sulla sua storia mi ha portato a sintetizzare un progetto riferito proprio ai simboli, molto importanti nella civiltà della Mesopotamia. Oggi abbondiamo di figure e simboli che inseriamo nella comunicazione per trasmettere i nostri sentimenti, gli stati d'animo, le nostre paure. Il Kudurru rappresentato come un EX LIBRIS, pieno di simboli composti in una sorta di racconto visivo, sarà utilizzato nelle pubblicazioni degli scritti riferiti alla storia e cultura dei luoghi dove oggi gli attacchi terroristici distruggono tutto ciò che è giunto fino a noi: un percorso visivo e sintetico dove ogni lettore sarà coinvolto nella storia della pietradocumento. L‟Ex Libris è simbolo da applicare sulle 223
Asia Romaniuk, EX LIBRIS, Kudurru, xilografia, 12x 12 cm , 2016, disegno preparatorio, 8 x 8cm
224
Eadem, EX LIBRIS, Kudurru, xilografia, 12x 12 cm , 2016
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Eadem, Segnalibro, china acquerellata su cartoncino, 2016
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Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Makoto Maebashi, Giappone. Nel 1987 si diploma al corso di Grafic design dell‟Higashinihon School of Art & Design di Maebashi. Nel 1988 si trasferisce a Carrara per frequentare L‟Accademia di Belle Arti. Nel 1991 la prima nukegara ottenuta ingessando il tessuto direttamente sul corpo umano, stabilisce il suo tema principale e la tecnica di base. Si diploma in scultura nel 1992. Nel 2012 ha vinto il primo premio del Zank & Marks NY Award, The 5th 100 Artist Exhibition, New York. Nel 2013 ha vinto il concorso nazionale Premio Ora Italia 2012, il primo premio del Number X di Milano e il concorso internazionale Premio Ora International 2013, Buenos Aires. Attualmente vive e opera a Milano. Il 18 novembre 2015 Makoto crea l'installazione bianca di Ulisse per Museo Archeologico Nazionale di Venezia. Grazie alla tecnologia di Virtualgeo s.r.l. è stato scansionato l'Ulisse Grimani in 3D ed è stata creata una replica in scala 1:1. Con questa replica Makoto ha creato la sua opera Ulisse II. L'Ulisse Grimani è uno dei beni culturali d'Italia e non si può ingessare la statua, dunque la tecnologia impegata è stata propedeutica alla creazione dell‟opera, altrimenti irrealizzabile. Ulisse II è sottile e leggero come tutte le sue sculture, è una spoglia dell'Ulisse Grimani. Il materiale principale è la stoffa, con gesso, resina, washi (carta tradizionale giapponese) e pittura bianca. Il compositore giapponese Hiroshi Sato ha composto la musica originale per la mostra Mare di Ulisse-libro 1, interpretando la storia di Ulisse e il tema dell'acqua.
Vedi http://www.ulyssesproject.eu/ tmpst.music.coocan.jp/hsweb www.codice-bianco.it 227
Makoto, Ulisse, Venezia, Museo Archeologico Nazionale, in collaborazione con di Virtualgeo s.r.l., musiche originali di Hiroshi Sato, fasi del rilevamento dallâ€&#x;originale Ulisse Grimani. 228
Makoto, Ulisse, Venezia, Museo Archeologico Nazionale, in collaborazione con di Virtualgeo s.r.l., musiche originali di Hiroshi Sato, fasi ricostruttive ed interpretative dallâ€&#x;originale Ulisse Grimani. 229
Makoto, Ulisse, in collaborazione con di Virtualgeo s.r.l., musiche originali di Hiroshi Sato, Venezia, Museo Archeologico Nazionale, 2015 230
Giada Sanfilippo San Cataldo (CL), 1992
Conduce gli studi superiori presso l‟Istituto Statale d‟Arte “F. Juvara” diplomatasi in Progettazione della Moda. Successivamente, dopo aver appreso con questi studi anche l‟arte del riciclo, decide di continuare gli studi, all‟Accademia di Belle Arti di Palermo, in un primo momento entrando al Corso di I livello in Progettazione della moda, ma successivamente costretta a cambiare in Decorazione, scopre la sua dote di riciclo e di poter decorare tutti i materiali con tecniche diverse, dando loro una nuova vita. Diplomatasi con una tesi sull‟Ecosostenibilità in Sicilia, attualmente è specializzanda di II livello in Decorazione presso l‟Accademia di Belle Arti di Catania.
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Giada Sanfilippo Kudurru (pietra miliare, cippo), seconda dinastia di Isin,1155-1025, basalto, Londra, British Museum, veduta frontale 232
Eadem, veduta di 3/4
233
Eadem, veduta dallâ€&#x;alto
234
Progetto resiliente
Giada Sanfilippo, Across of memory, legno e balsa, 2016 Il Kudurru,è una pietra miliare risalente alla II dinastia di Isin. L'impiego di immagini che raffigurano animali serve per rappresentare in maniera privilegiata attributi divini e elementi simbolici. Tra i primi, abbiamo un associazione su basi epigrafiche, il cane con Gula (dea della medicina) il volatile sull'asta con Suqamuna e Sumalia (tutelari della dinastia). Il serpente e lo scorpione associato alla dea Isara, e i simboli della triade astrale (mezzaluna, disco solare e stella, simboli rispettivamente di Sin, Samas e Istar) collocati o nella sommità o sulla base dei monumenti. Erano poste ai limiti dei campi, agli incroci - considerati pericolosi perché ti trovi davanti ad una decisione su quale strada prendere come nel mito di Edipo, che da ritorno dall'oracolo di Delfi si imbatte in un bivio e lì deve scegliere se scappare da Corinto o andare verso Tebe. Per me il Kudurru rappresenta l'aiuto nel percorrere un percorso; per questo che ho deciso di utilizzare il particolare del serpente e farlo diventare il miopercorso museale, una guida all'interno dei vari spazi in cui saranno esposti i lavori dei miei colleghi. A tal fine ho visionato vari siti di musei interattivi per vedere come sono stati risolti alcuni problemi di comunicazione e didattica per i portatori di handicap fisici e mentali. Nello specifico, cito il V&A Museum di Londra, il MET di New York ed il Museo dei Popoli e delle Culture di Milano. Quindi sono passata a dividere gli spazi espositivi. Per il progetto ho preso spunto da un particolare del kudurru già esistente: si tratta del serpente intagliato sulla sua parte superiore. Ho pensato di proiettare in
loop un video fatto con il linguaggio dei segni LIS dove io, vestita da jihadista, formulo la frase: ANTIQVITATES CONTRA ISIS. CLASSICO / NECESSARIO / CONTEMPORANEO. PROGETTI RESILIENTI. Il soggetto serpente ho pensato potesse essere perfetto come percorso, una via da seguire per visitare lo spazio espositivo che conterrebbe le opere dei miei colleghi. Dunque ho creato un modellino per facilitare le proiezioni e le diverse scale di misura utili a disegnare il progetto.
Vedi http://www.vam.ac.uk/page/d/disability-ad-access/ http://www.metmuseum.org/learn/for-visitors-withdisabilities. 235
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Ayad Alkadhi Baghdad, IRAQ, 1971 Lascia l'Iraq dopo la I guerra del Golfo e si trasferisce a New York City dove si laurea con un master alla NY University, Tich School of the Arts. Tutt'ora abita a NYC. Tra le sue opere più conosciute citiamo Io sono di Baghdad. Una serie (2008-2015). Essa ha come riferimento il conflitto settario tra Sciiti e Sunniti, che è andato sempre più crescendo dopo l'invasione dell'Iraq nel 2003. Ayad Alkadhi reinterpreta la storia attraverso la calligrafia araba; in tal modo vuole creare una memoria futura per il mondo arabo simile a un collage. La calligrafia è illeggibile sul volto autoritratto dell‟artista; essa è un mix di tanti nomi di personaggi storici dalla fondazione dell'Islam ed alle sue due sette principali. Il catalogo completo della serie comprende: I am Baghdad- Shie’i e Sunni I (2014); I am Baghdad – Shie’i e Sunni I I (2014); I am Baghdad- Shie’i e Sunni III (2014); I am Baghdad- Shie’i e Sunni IV (2014).
Vedi http://arabpress.eu/dieci-artisti-che-hanno-cambiatolimmagine-del-medio-oriente-nel-2014/53299/# https://en.wikipedia.org/wiki/Ayad_Alkadhi http://aalkadhi.com/content/baghdad_ss
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I ILLUSTRAZIONE OPERA DELL’ARTISTA
Ayad Alkadhi, I am Baghdad- Shie’i e Sunni I, acrilico, carboncino e penna, su base di giornale arabo riportata su tela, 122 cm x 122 cm, 2014 237
II ILLUSTRAZIONE OPERA DELL’ARTISTA
Idem, I am Baghdad- Shie’i e Sunni II, acrilico, carboncino e penna, su base di giornale arabo riportato su tela, 122 cm x 122 cm, 2014
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Salvatore Spartà Biancavilla (CT), 1991
Salvatore Spartà, figlio d‟arte, incomincia la sua vita fra i colori e l‟argilla. A soli dodici anni partecipa ad una esposizione di giovani artisti con due acquarelli e viene premiato. Nel 2004 è presente alla rassegna internazionale Il volo, Santa Maria di Licodia (CT). Nello stesso anno partecipa ad Acireale (CT) alla prima collettiva internazionale di pittura e scultura organizzata dai Cavalieri di Federico II. Nel 2005 riscuote l‟ammirazione di Sarah Angelico - artista e gallerista catanese - che lo fa esporre fuori concorso ad una mostra tenuta nella sua galleria. Nel 2010 si iscrive all‟Accademia di Belle Arti di Catania e nel 2012 partecipa a Disegninsegni, mostra didattica di opere grafiche organizzata dall‟Accademia stessa. Nell‟aprile del 2014 viene selezionato e partecipa al simposio di scultura tenutosi a Riposto (CT), realizzando l‟opera Morte Esposta. A maggio partecipa alla fiera d‟arte Art Factory, Centro fieristico Le Ciminiere, Catania, con l‟opera Ogni periodo ha la sua croce. A luglio dello stesso anno partecipa al simposio Oro nero dell’Etna, Belpasso (CT), realizzando l‟opera Rigenesi. Il 20 luglio del 2015 si laurea in Scultura col voto di 110 e lode. Nel 2015 ha partecipato con l‟opera Ogni periodo ha la sua croce al premio Limen di Vibo Valentia e vinto uno dei primi premi in palio. Il pensiero artistico che ha ispirato le creazioni di Salvatore Spartà negli ultimi anni scaturisce da un‟attenta analisi del contesto socio-politico contemporaneo. Con le sue egli opere vuole trasmettere un messaggio che aiuti la società a riflettere sul mondo e sulle sue dinamiche, spingendo il fruitore a prendere parte attiva nella società contemporanea, a non esserne passivo spettatore. Lo si vuole esortare a condurre una vita dove la duttilità mentale sia l‟elemento cardine per
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la consapevolezza di ciò che accade attorno a noi.
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Salvatore SpartĂ , Kudurru, matita su carta, 21x29 cm, copia da un originale, della seconda dinastia di Isin, sec 1157-1025 a.C.,. veduta di 3/4. 240
Idem, veduta frontale.
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Idem, veduta dallâ€&#x;alto 242
Progetto resiliente
Salvatore Spartà, Anima errante, istallazione, tecnica mista, misure variabili, 2016
possono essere distrutte, la cultura continua a vivere, e lo farà in eterno, nel cuore della società, che è figlia di quella cultura, anche se talvolta fa finta di essersene dimenticata.
I kudurru sono pietre su cui venivano incise figure e testi in lingua cuneiforme. A volte sono stati considerati come "marcatori di confine", in realtà erano i documenti di concessione dei terreni utilizzati dai re per premiare i loro servi migliori. Ogni kudurru è unico; una delle variazioni che più saltano all‟occhio è il numero e la selezione delle divinità che vi appaiono incise. L‟iconografia del pantheon mesopotamico si utilizzava per testimoniare e garantire la concessione della terra. Il kudurru dal quale ho tratto ispirazione è in pietra calcarea nera, decorato in altorilievo con simboli e animali sacri che rappresentano un grande gruppo o "raccolta" di dei e dee della Mesopotamia. Nella forma di un ovoidale cilindrico, questo particolare oggetto non è stato iscritto, forse perché la persona che doveva ricevere la concessione della terra era morta prima di entrarne in possesso, o per un ripensamento del re che decise di non concedere la terra. Anima errante ha come obiettivo il far riflettere sulla forza dell‟arte e della cultura in generale, che trascende la materia e non può essere eliminata. Si distruggono le sculture, i dipinti, i libri; esempi di iconoclastia nella storia ne abbiamo moltissimi: dal Rogo dei libri cinese nel periodo della dinastia Qin (212 a.C.), passando per il Rogo di opere Maya e Azteche, Messico (1562), fino ad arrivare al XXI secolo, con la distruzione del sito di Bamiyan (2001) e i recenti avvenimenti scaturiti per mano dell‟Isis. Ma bisogna sempre ricordare che l‟anima delle opere d‟arte e dell‟ingegno umano non 243
Salvatore SpartĂ , Anima errante, istallazione, tecnica mista, misure variabili, 2016, disegni preparatori
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Idem, Anima errante, istallazione, tecnica mista, misure variabili, 2016
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Idem 246
Idem 247
Ispirazione da altri artisti resilienti o resistenti
Moataz Nasr Alessandria d‟Egitto, 1961 Moataz Nasr attualmente vive a Il Cairo. È un artista poliedrico che si avvale di pittura, scultura, fotografia e video al fine di creare installazioni che permettono allo spettatore di rapportarsi con esse con grande libertà. Il suo lavoro è fortemente condizionato dalla cultura del suo paese e descrive un fenomeno universale che tocca le persone in tutto il mondo: la diffusione di afflizioni come la solitudine, l'impotenza contro i cambiamenti che si stanno affrettando e la paura dell‟epilogo incerto di tali cambiamenti. Moataz Nasr ha un approccio elegante e poetico, assumendo il ruolo di osservatore delle trasformazioni su vasta scala che stanno interessando il mondo contemporaneo; i suoi numerosi riferimenti alla cultura tradizionale servono a sottolineare questi problemi. Nasr si è affermato come uno dei più importanti artisti egiziani della sua generazione, vincendo numerosi premi, come il Gran Premio nel 2001, in occasione dell'ottava Biennale de Il Cairo; il premio alla Biennale di Dakar 2002, e il Gran Premio alla Biennale di Sharjah nel 2004. Ha partecipato a molti altri eventi internazionali come la Biennale di Venezia nel 2003, di Seul nel 2004, di San Paolo del Brasile e nello stesso anno. Nel novembre 2008 Moataz Nasr ha creato «Darb 1718», un centro culturale con sede nel centro storico de Il Cairo che mira a promuovere ampiamente l'arte contemporanea in Egitto. Nel dicembre del 2013 a Pisa, per Villa Pacchiani, ha sviluppato il progetto The journey of a Griffin: una riflessione intorno al grifo, animale mitologico di cui si conserva una straordinaria scultura bronzea nel Museo dell'Opera di
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Pisa, che ha stuzzicato la curiosità dell'artista. L'opera centrale di questo lavoro, dal titolo The retourn of a Griffin, da Pisa viene idealmente traghettata a Santa Croce sull'Arno. Si tratta della riproposizione del grifo pisano, realizzato interamente in cuoio, materiale che rappresenta l'identità del territorio.
Catalogo della delle opere resilienti Tears, 2004; Oxymoron, 2010; The towers of love, 2011; The journey of a griffin, 2013; Vacanze Romane, 2013;
Sito personale http://www.moataznasr.com
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Moataz Nasr, Oxymoron 2, 2011, Installazione, Green Neon Diptych, 89.9 x 125 x 7.6 cm 249
Idem, The tower of love, 2011, installazione, materiali misti 250
Idem, The journey of a griffin, 2013, poliuretano e cuoio, 160 x 130.5 x 64.4 cm, Villa Pacchiani, Santa Croce sullâ€&#x;Arno 251
Clara Tumino Ragusa (RG), 1992
Ha il primo approccio con il disegno al Liceo Artistico di Modica. Dopo aver conseguito il diploma, si trasferisce a Catania per iniziare un nuovo percorso di formazione all'Accademia di Belle Arti, in cui tutt'ora è studentessa. Affascinata dall'atteggiamento fluido dell'acqua, della “macchia” e dal dominio che l'artista ha su di esse, non perde occasione di dare vita ai suoi soggetti con gesti veloci ed essenziali, plasmando la materia pittorica e traducendo le atmosfere del suo bagaglio visivo. Le sue ricerche usualmente indagano il paesaggio naturale, urbano e intimo adoperando le tecniche grafiche e pittoriche più consone ad esprimerne i concetti. Partecipa a varie mostre come: Agrigento Arte, Palacongressi, Agrigento, 5-7ottobre 2012; Anatomia nell’arte, 2012, Palazzo della Cultura, Catania; La Febbre dal 3 al 6, 26 gennaio – 28 febbraio 2013 ivi; Gender Society, 2013, ivi; Agosto con Agata, 2013, ivi; Art Factory 3, 2014, Centro fieristico Le Ciminiere, Catania; Affinità elettive, 2014 Fondazione Mazzullo, Taormina (ME); Orrore ed opera divina, 2014, Palazzo della Cultura, Catania; Gender Society II, 2014, Palazzo della Cultura, Catania; Art Market, 2014, Budapest; Artisti di Sicilia. Nuovi Talenti” a cura di, Vittorio Sgarbi, 2015, Palazzo della Cultura, Catania; 1693/2015. Renascentia. Omaggio a Giovanni Battista Vaccarini, 2015, Casa Vaccarini, Catania; Art Factory 4, 2015, Centro fieristico Le Ciminiere, Catania; Segni Agathae, 2015, ivi; Nero come l'ebano. Il mondo delle forme tra materia e tecnica, 2016 Pinacoteca comunale di Arte contemporanea, Ruvo di Puglia; AFAIK, 2016, Accademia di Belle Arti, Catania Alcune delle sue opere sono attualmente esposte alla
galleria “OZ galleria d'Arte” via Etnea 38 Nicolosi, Catania.
Sito http://claratumino.tumblr.com/
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Clara Tumino, copia di Kudurru cassita incompleto, periodo medio Babilonese, regno Melishipak ( XII sec. a.C.), scultura in calcarenite, dal sito di Susa, Parigi, MusĂŠe del Louvre, Dipartimento di AntichitĂ del Vicino Oriente, Mesopotamia. Veduta frontale 254
Eadem, veduta laterale
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Eadem, retro
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Progetto resiliente
Clara Tumino, Patto d'avorio, centrino di cotone egiziano doppio ritorto 25, 43x54,5 cm, 2016 Il titolo dell'opera è Patto d'Avorio. Essa è un centrino realizzato all'uncinetto in cotone color avorio che vuole richiamare i tappeti annodati a mano dalle donne afghane in risposta a quelli realizzati nell'ultimo decennio, raffiguranti scene di guerra che hanno colpito il Medio Oriente. Al centro, la trama ospita la sagoma del kudurru con sopra raffigurato il marchio del Patrimonio mondiale dell'umanità. Il kudurru è presente nel disegno con le sue funzioni antiche di documento, in passato di pietra e ora di cotone, utilizzato come piliere di confine e come registro delle concessioni di terra. I kudurru potevano contenere immagini simboliche di divinità che proteggevano il contraente e il contratto, maledicendo la persona che lo avrebbe infranto. In relazione alle violenze sui beni Patrimonio dell'umanità subite dall'Isis, nel centrino progetto viene usato il marchio di tale denominazione sulla sagoma della pietra miliare kudurru, per ribadire che chiunque non rispetti la loro protezione sarà “maledetto”. Il marchio UNESCO del Patrimonio dell'umanità sembra raffigurare un «Albero», simbolo universale e in quanto tale adatto a rappresentare l'unione di più culture. La scelta del colore avorio non è casuale: oltre a richiamare alla memoria l'antico, esso vuole incarnare la disfatta purezza (ovvero la mancanza di rispetto) verso la Convenzione sulla Protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato del 1954, perpetrata dagli estremisti islamici.
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Sin. Clara Tumino, Patto d'avorio, centrino di cotone egiziano doppio ritorto 25, 43x54,5 cm, 2016; sagoma del kudurru, elaborazione digitale su disegno. Ds. Marchio UNESCO del Patrimonio mondiale dell'UmanitĂ 258
Eadem, Patto d'avorio, centrino di cotone egiziano doppio ritorto 25, 43x54,5 cm, 2016; disegno su carta millimetrata
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Eadem, Patto d'avorio, simulazione digitale
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Ispirazione da artisti resilienti o resistenti
CooperAction Onlus, Calpesta la guerra, network, Afghanistan La campagna Calpesta la guerra è ideata e promossa dall‟associazione CooperAction Onlus. L'intento è quello di creare un network di persone, associazioni ed enti per diffondere le conoscenze e le informazioni sulla realtà afgana e per raccogliere fondi necessari per promuovere e gestire progetti di sviluppo sostenibile in paesi in guerra ed in crisi attraverso eventi di sensibilizzazione in Italia e nel mondo. Calpesta la guerra è il frutto di uno studio effettuato da Edoardo Marino nell‟ambito del master universitario in Peacekeeping and Security studies presso la Facoltà di Scienze Politiche di Roma Tre. Durante la stesura della tesi di master, matura l‟idea di scrivere un progetto di ricostruzione dell‟identità tradizionale afgana attraverso la manifattura di tappeti. Diverse sono le dinamiche che hanno innescato la produzione di tappeti di guerra sia a livello storico che dal punto di vista socio economico. Con i tappeti di guerra assistiamo alla nascita di una nuova e macabra tradizione. Non vi troviamo raffigurati fiori ma armi o periodi storici scanditi da date o da eventi particolarmente cruenti, come ad esempio la rappresentazione dell‟attacco terroristico alle torri gemelle dell‟11 settembre 2001, o l‟inizio della campagna militare Enduring Freedom. Non possiamo parlare di tappeti di alta qualità tessile o che conferiscono un aurea di prestigio per chi li possieda; nonostante ciò, essi hanno suscitato particolare interesse da parte di collezionisti. I loro prezzi infatti sono particolarmente alti, considerando che la maggior parte è di piccolo formato, la qualità delle lane e la densità di nodi è piuttosto bassa E‟ iniziata una ricerca e una raccolta di tali manufatti
che in poco tempo è diventata un‟importante collezione. Da qui l'iniziativa di esporre i tappeti di guerra e a farli calpestare; ad esempio è Ponte Sisto a Roma, che l‟8 dicembre 2008 è stato coperto di tappeti facendoli calpestare da tutti i passanti per affermare il NO più deciso alla guerra. Oggi Calpesta la Guerra è una realtà che si è estesa in tutto il territorio italiano e inizia il suo viaggio verso il resto del mondo con iniziative volte alla sensibilizzazione dell‟opinione pubblica, raccogliendo fondi per realizzare progetti di micro credito in Afghanistan, con le associazioni femminili locali. Sito http://www.calpestalaguerra.org/ Vedi anche: https://www.youtube.com/watch?v=kt0iYcoUlms 261
CooperAction Onlus, Calpesta la guerra, network, Afghanistan; tappeto afghano
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Idem, Calpesta la guerra, network, Afghanistan; tappeto afghano
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ex libris
PIUâ€&#x; CHE LA BUCCA INGEGNO E CUORE NUTRIRAI PARMENTI
dispensa ad uso didattico finita di redigere nel mese di dicembre 2016 LXX dalla fondazione della Repubblica Italiana LXVIIII dalla promulgazione della sua Carta costituzionale
Resilienza In ecologia e biologia è la capacità di un materiale di auto ripararsi da un danno, o di un ecosistema di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stato sottoposto ad un evento traumatico e modificatorio. In caso di specie animali e vegetali, quando queste presentano alti tassi di resilienza esse vengono definite specie r-strateghe.