Propaganda banchetti prima parte

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MERCOLEDÌ 13 GENNAIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- via F.lli CERVI

L’ALT(r)A DEMOCRAZIA

Renzi tra Leopolde e rottamazioni ha conquistato la scena politica nazionale. Da sindaco di Firenze catapultato a svolgere il ruolo di primo ministro. Un autentico “danno democratico”. La sua maggioranza è meno numerosa di quella Letta ma più solida. Una maggioranza che con il Jobs Act ha distrutto l’art.18, aperto la strada all’introduzione di telecamere sui luoghi di lavoro e in questi giorni assistiamo persino al salvataggio delle banche in nome del familismo più amorale ed spregevole. Nel 2013 l’astensione aveva inoltre raggiunto il 25%, il vero primo partito d’Italia. Con gli 8,6 milioni sostenitori di Bersani, Renzi sta governando 46 milioni di aventi diritto.


Ecco svelata la democrazia in tutta la sua farsa: una dittatura delle classi dominanti che salva i banchieri, regala 500 euro ai figli degli industriali, elemosina 8 euro ai propri dipendenti e rimborsa di 1/3 ciò che aspettava ai pensionati. Una dittatura che se ne frega dei milioni di disoccupati e precari. Una dittatura che criminalizza l’opposizione e le lotte, ancora insufficienti ,che si sviluppano. Bisogna costruire pazientemente un governo dei lavoratori, l’unico che può spazzare via reazionari, razzisti e capitalisti. Il Partito Comunista dei Lavoratori è impegnato per la costruzione di un fronte generale di lotta che sia in grado di esprimere, attraverso una mobilitazione continua, una vera opposizione contro tutte le politiche antipopolari e autoritarie del governo.

MERCOLEDÌ 27 GENNAIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- PIAZZALE EMANUELE FILIBERTO

“ TU LAVORA” “VOI LAVORATE”


Oggi, per il governo Renzi, la disoccupazione, la crisi, i salari sempre più bassi, la scomparsa del welfare sono secondari rispetto al problema vero dei pubblici dipendenti. Sono loro, infatti, secondo il premier, il nord e il sud di ogni male che affligge il belpaese. E’ colpa loro se le cose non funzionano, mica dei padroni e dei loro rappresentanti in parlamento. Licenziamento immediato per chi fa la spesa durante l’orario di servizio! Pubblica gogna per chi timbra il cartellino e poi si assenta. Strano che qualche liberista non abbia ancora proposto il plotone d’esecuzione. Si tratta di comportamenti censurabili, certo, ma che statisticamente interessano davvero poche unità, a fronte di centinaia di migliaia di lavoratori che mandano avanti la cosa pubblica e che non vedono rinnovato il loro contratto da anni. Lavoratori e lavoratrici che grazie al blocco del turnover hanno un’età media che nel 2019 raggiungerà i 53 anni, con un numero di ultrasessantenni (372.932) superiore di 3 volte a quello degli under 35 (101.693), e che ancora una volta vengono utilizzati dai “rottamatori” come arma di distrazione di massa. Dipendenti pubblici contro lavoratori del privato. Giovani contro vecchi. Stabili contro precari. Italiani contro immigrati. Divide et impera. Certe volte però, per non cadere in questi giochetti, basterebbe fermarsi a riflettere sul semplice fatto che chi ci impartisce lezioni di etica il verbo “lavorare” non sa nemmeno come si coniuga. O al massimo lo usa per la seconda persona, singolare o plurale poco importa: tu lavori, voi lavorate…noi sfruttiamo.

MERCOLEDÌ 3 FEBBRAIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Via LUCIANO MANARA

POLITICA DEL FRONTE UNICO


La prospettiva del governo dei lavoratori implica una politica di massa. Non l'auto recinzione settaria dei rivoluzionari, ma la lotta per conquistare le masse, e innanzitutto l’avanguardia, alla prospettiva della rivoluzione. La politica leninista del “fronte unico” è parte di questa politica di massa. Essa ha una base oggettiva: la necessità di unire i lavoratori e attorno ad essi tutti gli sfruttati, in contrapposizione alle classi dominanti. Questa esigenza è tanto più stringente in un quadro di grande crisi, di offensiva contro il lavoro, di unità di tutti i partiti padronali in questa offensiva, di nuove pericolose tendenze reazionarie. Sulla base di questa esigenza avanziamo una proposta incalzante di fronte unico di lotta all'insieme della sinistra. A differenza che in altri paesi europei, in Italia l’attuale assenza di una rappresentanza politica maggioritaria del movimento operaio e la riduzione della sinistra politica ad un arco di forze molto modesto, non consente di tradurre la proposta di fronte unico in una esplicita formula politica direttamente leggibile a livello di massa. Per questo la proposta di fronte unico mantiene ad oggi un carattere generale e indeterminato: come proposta rivolta a “tutte le sinistre politiche, sindacali, associative, di movimento” perché uniscano le forze in una azione di difesa dei lavoratori; rompano ogni collaborazione col padronato e i suoi partiti; sviluppino un piano di mobilitazione di massa unitaria e radicale, proporzionale all'attacco delle forze dominanti; in ultima analisi si battano per una alternativa politica anticapitalista. Questa politica leninista ha un risvolto tattico importante: entrare nelle contraddizioni tra i gruppi dirigenti del movimento operaio e i settori più avanzati e combattivi della loro base di massa; sviluppare la loro attenzione verso la proposta dei rivoluzionari; estendere la conoscenza e influenza della proposta dei


rivoluzionari all'interno del movimento operaio, per costruire una sua direzione alternativa, che è il fattore decisivo per lo sviluppo e il successo della prospettiva di rivoluzione. Al tempo stesso la politica di fronte unico non si limita ad un'azione di propaganda, per quanto fondamentale, ma dentro questo orizzonte generale, si traduce in azione politica:

a)nella partecipazione, col proprio programma, ad ogni movimento o scadenza di lotta che abbia carattere progressivo, al di là dei limiti politici della sua piattaforma e della natura delle forze promotrici. b) nella critica costante alla frammentazione delle scadenze di lotta e mobilitazione, dovuta a logiche di concorrenza, veti reciproci, primogeniture, tanto frequente nella prassi di forze riformiste e centriste, politiche e sindacali.

c) in accordi di unità d'azione con altre sinistre su obiettivi parziali comuni, al di là delle contraddizioni dei nostri temporanei alleati.

L'essenziale è non confondere mai una espressione, anche organizzata, di unità d'azione su specifici obiettivi con un soggetto politico comune, o concepirla come un accordo di cartello, escludente a priori altri soggetti e componenti del movimento operaio. Per noi ogni espressione di fronte unico va concepita come tassello particolare della proposta generale di fronte unico anticapitalistico. Per i rivoluzionari la bussola di riferimento è sempre l'interesse generale del movimento operaio, nella prospettiva della rivoluzione.

La proposta di fronte unico anticapitalistico, e la politica di fronte unico, si accompagna ad una nostra proposta di svolta del movimento operaio, in direzione della piena autonomia di classe e sul terreno della azione di classe.


La proposta di fronte unico di classe è inseparabile dalla contrapposizione alla borghesia, ai suoi governi, ai suoi partiti.

MERCOLEDÌ 10 FEBBRAIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Viale CREMONA 110

PER UNA ALTERNATIVA OPERAIA ALLA CRISI POLITICA E SOCIALE

Il movimento operaio è il grande assente dello scenario politico, per responsabilità delle sue direzioni. E' clamoroso. Di fronte alla crisi dei vecchi partiti padronali e dell'intero edificio della seconda Repubblica, non esiste sul campo una proposta alternativa della classe lavoratrice. Le burocrazie sindacali difendono i propri interessi di “organismo” senza indicare proposte d'azione per il movimento operaio. Parallelamente ciò che rimane delle sinistre politiche balbetta una recita subalterna. C'è una sola svolta possibile dentro questa crisi politica. E' quella che passa per una aperta irruzione sulla scena del movimento operaio e dei movimenti di lotta, in un grande fronte unitario contrapposto a tutti i loro avversari. E' necessario avanzare una piattaforma di lotta indipendente della classe operaia, contrapposta a tutte le soluzioni borghesi della crisi sociale: una piattaforma che parta dal blocco dei licenziamenti, dall'esproprio di tutte le aziende che licenziano, dalla ripartizione fra tutti del lavoro esistente, da un grande piano del lavoro


finanziato con l'abolizione del debito pubblico verso le banche, con la tassazione progressiva dei grandi redditi, con una patrimoniale ordinaria e straordinaria. E su questa piattaforma indipendente va organizzato un piano di mobilitazione straordinaria e continuativa che unisca in un unico fronte l'insieme del mondo del lavoro, dei precari, dei disoccupati. Solo questa mobilitazione straordinaria può incidere sulle contraddizioni (enormi) del blocco sociale populista, capovolgere i rapporti di forza, aprire dal basso la prospettiva dell'unica possibile soluzione progressiva della crisi politica e sociale: quella di un governo dei lavoratori, basato sulla forza e l'organizzazione degli sfruttati.

Il PCL si batte e si batterà in ogni luogo di lavoro, in ogni movimento, in ogni organizzazione sindacale e di massa, per l'indipendenza del movimento operaio su un programma anticapitalista. Unico fattore possibile di una vera alternativa.

MERCOLEDÌ 17 FEBBRAIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- PIAZZALE TORINO

SCONFIGGERE LE IMPOSTAZIONI BORGHESI

Nella società capitalistica di oggi l’oppressione nei confronti delle donne si esprime, come per il sessismo, in ogni aspetto della vita quotidiana.


L’oppressione delle donne come quella degli LGBT (Lesbiche-Gay-BisessualiTransgender) hanno una provenienza diversa, ma sono comunque legate entrambe al capitalismo. Questo da una parte permette alla donna, diventata ormai forza lavoro salariata, di essere consapevole delle sue possibilità e, quindi, di lottare per la sua liberazione, ma dall’altra parte, dipendendo dalla famiglia, esso dà alla donna un doppio carico di lavoro salariato e domestico. Allo stesso modo, l’incombere del capitalismo industriale comporta sia la creazione di un’identità gay sia l’oppressione degli LGBT. Infatti, da una parte la diffusione del lavoro salariato ha permesso agli LGBT di collegarsi al di fuori dell’ambito familiare, ma dall’altra parte la dipendenza del capitalismo dalla famiglia come mezzo di riproduzione è stata alimentata da un’ideologia che esalta l’eterosessualità e condanna le altre forme di sessualità. La discriminazione si attua nel posto di lavoro, nella società e nella famiglia dove dichiararsi omosessuale è causa di crisi, ricatti e tragedie di varia natura. Infatti, “uscire allo scoperto” da parte degli LGBT continua ad essere doloroso per tanti giovani come dimostrano le elevate percentuali di suicidio tra giovani lesbiche e gay. Spesso si vuole dimostrare ipocritamente che l’oppressione non esiste. E’ il caso di quella tra i generi, dove si vede una sostanziale uguaglianza che non ci potrà mai essere fin quando esiste il sistema capitalistico. Un altro esempio di ipocrisia riguarda l’oppressione razziale. Infatti, un bianco ama premettere ad ogni discorso razzista di “non essere razzista”. Per gay, lesbiche e trans l’atteggiamento consueto da parte dei più è invece quello di discriminarli apertamente. Ciò consente agli eterosessuali di guadagnarsi a basso costo “una patente di normalità”. Ricordare che l’oppressione delle donne è un utile paradigma delle oppressioni generali e che senza una battaglia senza quartiere alla società divisa in classi, questa vicenda farà come tutto quanto, un passo avanti e due indietro. Il nostro compito nel futuro sarà quello di far sentire nuovamente la voce dei comunisti/e, di cercare di sconfiggere le impostazioni borghesi, ma soprattutto di non perdere il contatto con le istanze di metà della popolazione e di conseguenza di metà della classe. “Il movimento comunista femminile deve essere un movimento di massa, una parte del movimento generale di massa, non solo del proletariato, ma di tutti gli sfruttati e di tutti gli oppressi, di tutte le vittime del capitalismo e di ogni altra forma di


schiavitù. In ciò sta il suo significato nel quadro delle lotte di classe del proletariato e della sua creazione storica: la società comunista.” [Lenin in “Lenin e il movimento femminile” di Clara Zetkin, 1925]

MERCOLEDÌ 24 FEBBRAIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Viale CREMONA 110

IL REGIME DELLE BANCHE

Stiamo assistendo alla normazione tecnico-giuridica del più grande processo di concentrazione dei capitali da molti anni a questa parte. Il dibattito che ne consegue ci sembra volutamente mantenuto ad un livello di incomprensione capace di annoiare persino i più interessati alla questione. L’obiettivo di tale processo di concentrazione è la gestione del risparmio, dunque non solo andrebbe compreso, ma smascherato. Due riforme hanno destrutturato l’economia pubblica italiana privatizzando il risparmio e avviando la spirale del debito pubblico. Nel 1981 Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi avviavano la separazione della Banca d’Italia dal Ministero del


Tesoro, di fatto sciogliendo ogni vincolo pubblico alla politica monetaria del paese; nel 1990, con lalegge Amato, si avviava la ristrutturazione del sistema bancario italiano, procedendo alla privatizzazione di praticamente tutti gli istituti di credito. Il sistema bancario italiano è completamente in mano privata. ( tutti i protagonisti di questa vicenda erano e sono ancora oggi espressione del centrosinistra.) L’idea della bad bank è poi la ciliegina sulla torta. Si vorrebbero accollare ai debiti pubblici nazionali le perdite prodotte dal sistema bancario privato. La più classica socializzazione delle perdite a fronte della privatizzazione dei profitti. La verità è che l'unica soluzione alternativa seria della crisi bancaria italiana passa più che mai attraverso drastiche misure anticapitaliste. Ogni salvataggio delle banche nell'attuale economia di mercato comporta il sacrificio, comunque distribuito, di lavoratori e piccoli risparmiatori. Cioè delle vittime della rapina bancaria. Solo la nazionalizzazione delle banche, senza indennizzo per i grandi azionisti, e sotto il controllo dei lavoratori; solo la concentrazione delle banche in una unica banca pubblica, possono spezzare alla radice la dittatura del capitale finanziario, a tutela dei lavoratori e dello stesso piccolo risparmio.

Mercoledì 2 marzo dalle 9.30 alle 12.30 PAVIA - Piazzale della Stazione FF.SS.


DOBBIAMO CREDERCI L’unico possibile governo amico è il governo dei lavoratori basato sulla loro forza e sulla loro organizzazione. L’unico governo, che possa nazionalizzare le banche che rapinano, che possa abolire il debito pubblico verso le stesse e liberare una gigantesca massa di risorse pubbliche da investire nella sanità ,nelle pensioni, nel lavoro, nella scuola, che possa, in parole povere, esercitare una democrazia vera. Perché una democrazia vera non c’è. Una democrazia vera c’è quando i lavoratori, gli sfruttati, gli oppressi, una popolazione povera conquistano nelle proprie mani il diritto di decidere della società in cui vogliono vivere e quindi del loro futuro, del destino delle giovani generazioni. Bisogna ricondurre le lotte quotidiane a questa prospettiva di alternativa di rivoluzione, oppure la radicalità della crisi e la crisi storica del capitalismo si riverserà sulle condizioni delle popolazioni della maggioranza dell’umanità con esiti drammatici, più drammatici di quelli che oggi viviamo e dal punto di vista sociale ,e dal punto divista politico. Questo è il bivio cui si trova la nostra forza, la nostra determinazione. Siamo convinti che oggi possiamo aprire un livello di confronto politico, programmatico di prospettiva più avanzato che in passato. Solo una alternativa di società e di potere può liberare l'umanità da questa dittatura. Solo la rivoluzione socialista può cambiare le cose. Il Partito Comunista dei Lavoratori si batte in ogni lotta per questa prospettiva.

MERCOLEDÌ 9 MARZO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- PIAZZALE TORINO


LA CENTRALITÀ STRATEGICA DELLA CLASSE OPERAIA

Sotto la bandiera dell'”unità” e della “lotta alla frammentazione” si moltiplicano, nella sinistra italiana, proposte diverse di “nuovi soggetti politici”. Spesso promossi da gruppi dirigenti corresponsabili, a diversi livelli, della disfatta delle sinistre. E in ogni caso accomunati, in forme diverse, dalla contrapposizione o estraneità alla prospettiva rivoluzionaria socialista: all'unica prospettiva che può indicare agli sfruttati una via d'uscita dalla catastrofe sociale del capitalismo e della sua crisi. Siamo all'eterna riproposizione dell'antagonismo senza rivoluzione. Quando parla di “cambiamento rivoluzionario” lo dissolve in un movimentismo scorporato dal fine, rimpiazzando la centralità strategica della classe operaia e della costruzione attorno ad essa del blocco sociale alternativo, con la sommatoria orizzontale di tutte le istanze di movimento dove le sacrosante rivendicazioni “ambientaliste, femministe, antirazziste..” restano prive di quel polo sociale di ricomposizione che è condizione necessaria per la loro stessa realizzazione. Il risultato paradossale è che in un appello che si vuole fondato su una “proposta di lotta” manca una proposta generale di svolta, unitaria e radicale, proprio sul terreno delle forme di lotta ( occupazione delle aziende che licenziano, vertenza generale,


sciopero generale prolungato..): perché la stessa proposta di lotta è inseparabile dal fine che si persegue. La verità è che nel nome del “nuovo” si ripropone la vecchia soluzione politica “centrista”- “né riformismo, né rivoluzione”, “né carne né pesce”-

La domanda è semplice: dove è il “nuovo”? Il “nuovo” progetto unitario si riduce in realtà ad un'area di provvisorio parcheggio per un ceto politico e intellettuale neo riformista oggi privo di collocazione. Il PCL non si fa abbagliare da queste effimere operazioni “unitarie”. Naturalmente manterremo e svilupperemo una politica di unità d'azione, ma lo faremo a partire dal nostro programma di rivoluzione. Lavorando a sviluppare in ogni lotta la consapevolezza che solo un governo dei lavoratori, su un programma anticapitalista, può segnare una svolta vera per gli sfruttati. Attorno a questo partito lavoriamo ad unificare tutti i militanti d'avanguardia, ovunque oggi collocati, che ne condividano il programma e siano disposti a sostenerlo.

Mercoledì 30 marzo dalle 9.30 alle 12.30 Pavia c.so Garibaldi (ang. v.le Gorizia)

RITORNIAMO NELLE PIAZZE!


In un paese dove ormai sono milioni le persone a basso reddito che rinunciano a curarsi perché non possono permettersi di pagare i ticket, lo Stato italiano spenderà nel comparto militare, anno per anno, più dei 4 miliardi. Basterebbe questo per giustificare una mobilitazione generale contro la politica “economico-antisociale” dell’enfant prodige fiorentino. Ma c’è molto di più. C’è l’orrore infinito per tutti i focolai di guerra, accesi dal Capitale per difendere i propri profitti, che a poche centinaia di chilometri da noi fanno scorrere il sangue a fiumi. E poi vi sono tutte le altre ragioni, dall’ occupazione al JobAct, al salario, all’orario del lavoro, alle pensioni, alla lotta contro le opere inutili e dannose, come TAV, Muos, eccetera. Spesso si è portati a pensare che nell’era solipsistica e spersonalizzante del web, stare in piazza sia un inutile auto-rappresentazione retrò. Ma poi quando lo si fa anche in pochi ci si accorge che non è così, che ancora forte è la sua capacità evocativa. Occorre ricostruire l'opposizione di classe e la sua rappresentanza, sull'unico terreno possibile: quello della lotta contro il capitalismo. Per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici che liberi la società dalla dittatura dei capitalisti e di tutti i loro ciarlatani. Il Partito Comunista dei Lavoratori è impegnato ogni giorno in questa impresa.


Mercoledì 6 aprile dalle 9,30 alle 12.30 Pavia via dei Mille ( ang. p.le Ghinaglia )

NO ALLA CONTRAPPOSIZIONE DISOCCUPATI/ LAVORATORI

La piattaforma unificante di un fronte di massa deve porre al centro proprio il lavoro. Una logica opposta alla filosofia populista del “reddito di cittadinanza” che ha aperto brecce pericolose a sinistra. Contrapporre apertamente ii reddito di cittadinanza al lavoro come fa il grillismo affermando che “il lavoro non c’è più”, “non ha senso difenderlo”, “vanno aboliti i sindacati in quanto tali”, significa accettare la distruzione capitalistica del lavoro, con l’obiettivo di contrapporre i disoccupati ai lavoratori. L’intera logica va ribaltata. Naturalmente va rivendicato il diritto dei disoccupati a non salario garantito. Ma l’asse di una lotta unificante deve essere la ripartizione del lavoro, attraverso la riduzione generale dell’orario. Che senso ha, a fronte di milioni di disoccupati, l’aumento del tempo di lavoro degli occupati su scala giornaliera (straordinari), settimanale (sabati e domeniche lavorativi), di vita (aumento dell’età pensionabile)? Il lavoro che c’è venga distribuito


fra tutti. Parallelamente va rivendicata l’abolizione di tutte le forme di precarizzazione del lavoro. Fare della battaglia a difesa del lavoro, per la sua ripartizione, per la sua dignità, un fattore di ricostruzione di. coscienza di classe tra gli sfruttati e di un senso comune popolare più ampio: questo è il terreno di lotta di un fronte unico di massa. Non è solo una necessità sociale. E’ anche l’unica via per scomporre il blocco (e l’immaginario) populista. E per ridare credibilità e significato a livello di massa alla lotta per i diritti sindacali e democratici colpiti dal renzismo.

Il PCL attiverà su questo tema una propria campagna di proposta tra i lavoratori, e in tutte le organizzazioni di classe.

Mercoledì 13 aprile dalle 9,30 alle 12.30 Pavia Piazza Emanuele Filiberto

“BLOCCHIAMO IL POTERE”


Verso la fine del 2014 il governo Renzi, tramite il decreto legge 133 definito “sblocca Italia”, ha regalato a Confindustria e alle multinazionali dell’energia un pacchetto di provvedimenti fino a quel momento insperati e mai tentati da precedenti governi. Insieme alle nuove normative favorevoli al capitalismo nostrano ai danni dei lavoratori, spiccavano anche dei veri e propri inviti alle multinazionali per depredare il territorio ai danni dell’ambiente e della salute dei cittadini. Vengono, così, concessi decine di permessi di ricerca e perforazione tra Adriatico, mari siciliani e lo Ionio per un ammontare di circa 130 mila Km quadrati. Coinvolte le principali multinazionali: ENI, Shell, E.On, Edison. Questo micidiale impatto si ripercuoterà sulla fauna marina, sulle specie vegetali acquatiche e sul pescato con una stima di riduzione di almeno il 50% in alcune di queste aree. Sono nati da mesi moltissimi comitati e coordinamenti sul territorio delle aree coinvolte, e si è così aperto lo scontro tra governo e potentati economici, multinazionali da una parte e cittadini e ambientalisti dall’altra. Da dieci regioni (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) sono stati presentati dei referendum contro l'articolo 38


della legge cosiddetta Sblocca Italia del governo Renzi e l'articolo 35 del "decreto sviluppo" varato dal governo Monti per impedire le trivellazioni in mare in un raggio di 12 miglia dalla costa e fermare tutte le norme che permettono al governo di non considerare le decisioni degli enti locali. Uno di questi quesiti è però stato ammesso, e rappresenta un pericolo per i futuri programmi di Renzi. Il premier è perfettamente consapevole del fatto che ci sono buone probabilità che possa perderlo. Con un colpo di mano, quindi, ha imposto la data del referendum ad aprile piuttosto che inserirlo nella data più logica delle elezioni amministrative. Come in precedenti esperienze, il PCL, per la sua tradizione e linea politica, non ritiene il referendum uno strumento sufficientemente valido a contrastare le scelte reazionarie del governo e del capitalismo. il PCL adotterà lo stesso atteggiamento di appoggio critico contro il governo reazionario di Renzi e Confindustria, in difesa dei territori coinvolti e dell’ambiente.

Mercoledì 20 aprile dalle 9.30 alle 12.30 PAVIA - Piazzale Caduti del lavoro

L’antifascismo prerogativa dei militanti comunisti, socialisti ed anarchici


Oggi più che mai assistiamo ad una ripresa politica delle organizzazioni di estrema destra. IL loro "risveglio" trova nella crisi e nella copertura dei vari governi. L’antifascismo è stato nella storia essenzialmente prerogativa dei militanti comunisti, socialisti ed anarchici, i quali hanno pagato al fascismo il prezzo più alto in termini di repressione, mentre altri, come il Partito Popolare (antenato della DC), ha sostenuto l’avvento della dittatura fascista fino a far parte del primo governo Mussolini. Da alcuni anni assistiamo a squallidi tentativi di “pacificazione”... tesi ad affermare il concetto che partigiani e repubblichini fascisti fossero tutti uguali, tutti egualmente italiani e patrioti. Oggi, come ieri, bisogna dunque guardarci da chi tenta di cambiare la storia per affermare nel presente un nuovo autoritarismo fatto di razzismo e discriminazioni nei confronti di ogni “diversità", di negazione dei diritti dei lavoratori, di repressione poliziesca del dissenso, d’annientamento di ogni garanzia sociale. E' necessario, anche, stare attenti anche a chi agita strumentalmente la bandiera dell’antifascismo per nobili calcoli elettorali. Oggi essere antifascisti vuol dire opporsi alle e nelle istituzioni locali e nazionali che molto spesso tollerano le sedi d'estrema destra. Amministrazioni locali che spesso si reggono con il sostegno acritico e prono di forze antagoniste. Anche il consiglio comunale e il Sindaco di Pavia non si sottraggono a questa


condotta, al di là dall’ordine del giorno approvato un anno fa “ misure da attuare contro ogni neofascismo……” L'antifascismo per noi non è un fronte popolare né un blocco per la democrazia, ma un metodo politico eretto sull'internazionalismo e la lotta di classe.

MERCOLEDÌ 27 APRILE DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- via F.lli CERVI

RENZI DECRETA: LE BANCHE POSSONO ESPRIOPRIARTI LA CASA!

Seppur la casa di proprietà sia il principale obiettivo economico e patrimoniale di ogni famiglia italiana, visto che nessuno protesta, Il governo Renzi ha realizzato un’altra “riforma” epocale: l’esproprio della casa al proprietario in ritardo con il pagamento del mutuo. Il numero delle mensilità arretrate che fanno scattare l’espropriazione è 18 invece delle sei della prima stesura e della legge attuale.


Si potrebbe pensare che si tratta di un allungamento dei tempi, che dunque favorisce il mutuatario in difficoltà ma non è così. Con la nuova legge approvata in via definitiva, dopo 18 mesi di mancati pagamenti, anche non continuativi, la banca mette all’asta l’immobile di propria iniziativa. Senza ascoltare nessuno e senza essere “mediata” da un giudizio. Un altro deciso passo avanti verso l’impoverimento dell’ex “ceto medio”, in realtà del lavoro dipendente di ogni ordine, grado e contratto. Rimane la questione di fondo di una alternativa politica dei lavoratori a tutto campo, che non si limiti a richieste d'elemosina a padroni che non vogliono concedere più nulla e che, anzi, demoliscono tutti i diritti acquisiti con le lotte operaie, portando mano a mano la classe lavoratrice verso una vita precaria, misera, umiliante, da schiavi salariati (per chi ha la “fortuna” del posto di lavoro). Alla forza dei padroni contro i lavoratori va contrapposta una forza uguale dei lavoratori (occupati e no) per rovesciare questo sistema, il capitalismo, e imporre un governo della maggioranza: una repubblica dei lavoratori.

MERCOLEDÌ 4 MAGGIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Viale CREMONA 110 (ang. Via SALIMBENI)

DIRITTO ALL’ABITARE


La casa è un tema prioritario, soprattutto a fronte di una sempre più drammatica crisi economica e sociale che vede, in un comune come il nostro, fasce di popolazione sempre più in difficoltà, ormai non solo ceti popolari ma anche fasce di “ceto medio” in via di impoverimento. L’emergenza casa è dirompente ed è la logica conseguenza della perdita del lavoro. Centinaia di giovani e di famiglie non riescono più a pagare l’affitto o il mutuo ed ora rischiano di trovarsi per strada da un momento all'altro. Da tempo proponiamo. oltre al blocco a tempo indeterminato degli sfratti, anche l’istituzione di un fondo sociale a sostegno di chi richiede aiuto per l’affitto o il mutuo diventato eccessivamente oneroso e per evitare pignoramenti a chi ha perso il lavoro. Occorre in ogni caso mettere al centro dell’azione amministrativa locale le politiche abitative anche attraverso: la creazione di un’”agenzia per la casa” che sappia mettere a sistema e coordinare sotto controllo pubblico tutti gli attori strategici dell’offerta abitativa (oltre al comune, Aler, cooperative Edificatrici, piccoli e medi proprietari, sindacati) per rispondere in modo adeguato al bisogno di casa ed evitare sfratti drammatici. un “osservatorio casa” del comune per la raccolta integrata dei dati necessari alla programmazione di politiche abitative (numero sfratti, case sfitte, contratti di affitto attivi, morosità, valore affitti medi, offerta diverse tipologie affitto, raccolta domande etc).


Presidiare la rete di relazioni sociali all’interno dei quartieri “periferici” in modo da intercettare il bisogno prima che diventi “dramma sociale”; lo sviluppo di comunità consapevoli è il primo passo verso la risoluzione di tale problema.

MERCOLEDÌ 11 MAGGIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- PIAZZALE TORINO

Viviamo in una democrazia ammortizzata

Nell'era dell’imperialismo la borghesia internazionale non può più permettersi di adeguare la propria capacità di gestione degli interessi caso per caso, ma omologando, generalizzando la cultura del controllo e del consenso con i mezzi più avanzati della scienza capitalista. La lotta di classe è quindi sottoposta al tentativo estremamente dispendioso da parte degli stati capitalisti di regolare e deviare su falsi obiettivi le ragioni delle contraddizioni sociali. Il carattere esplosivo della resistenza viene quindi depotenziato, disarticolato, sedato e battuto.


I partiti che un tempo rappresentavano l’alternativa ai partiti dei padroni, le organizzazioni storiche del movimento operaio, trasformate in articolazioni del potere, sono i principali ammortizzatori politici ed ideologici dei proletari metropolitani. La disaffezione dalla politica esprime questo dato scientifico: oltre la metà della popolazione è estranea alla vita politica. Addormentare le lotte per ottenere il massimo consenso. Questa è la nuova formula della democrazia imperialista. Uscire da quest’ordine significa collocarsi automaticamente nel limbo sociale, o nel “privato”. In quest’ultimo caso il rifiuto del rapporto sociale è il derivato di una possibilità economica, nel primo è invece il girone dei miscredenti, di coloro che non credono, che non sono più disponibili ad essere ammortizzati.

MERCOLEDÌ 18 MAGGIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Viale Camillo Golgi (difronte al Policlinico San Matteo lato

L’UNITÀ DEI COMUNISTI


La questione della difesa degli interessi dei lavoratori dovrebbe essere il paradigma universale di una politica comunista L'autonomia di classe per un partito comunista o si coniuga per una prospettiva per l'alternativa di potere o è altra cosa. È possibile essere comunisti anche nella lotta di classe quotidiana cercando di utilizzare ogni varco di questa lotta per opporre la questione della proprietà privata, per opporre la questione della alternativa di potere? I comunisti possano rivendicare la prospettiva della nazionalizzazione delle aziende che licenziano senza indennizzo a questi padroni e a questi sfruttatori? Noi crediamo sia il modo più efficace per rintrodurre la prospettiva anti-capitalista non in termini ideologici ma partire dall'esperienza dal dramma concreto delle lotte. E se qualcuno dice che la coscienza delle masse non è a questo livello, che la dinamica della lotta non è a questo livello, noi rispondiamo che i comunisti sono tali non se abbassano il programma alla coscienza ma se cercano di elevare la coscienza all’altezza del programma che è l’unico capace di far fronte alla radicalità della crisi capitalista. L’unità dei comunisti noi la vogliamo e la rivendichiamo ma è sul comunismo oppure è un inganno come è stato venticinque anni fa.

MERCOLEDÌ 25 MAGGIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Via LUCIANO MANARA

LAVORO PER TUTTI


Dare lavoro significa due cose fondamentalmente: significa intanto ripartire il lavoro che c'è. Il lavoro che c'è in tempo di crisi deve essere ripartito fra tutti in modo che nessuno sia privato del lavoro riducendo progressivamente l'orario a parità di paga, in particolare nei momenti di crisi soprattutto a fronte del tentativo padronale di prolungare sempre più la prestazione lavorativa. Dare lavoro significa anche costruire un piano di nuovo lavoro in opere sociali di pubblica utilità in settori fondamentali. Creare un grande cantiere che parte dal risanamento dell'ambiente, del territorio, dalla riparazione della rete idrica, dal riassetto di un sistema di trasporti degno di questo nome, dallo sviluppo di un piano di edilizia popolare. Un piano di lavoro che potrebbe dare occupazione qualificata e socialmente utilissima a milioni di lavoratori di lavoratrici, di lavoratori italiani come di lavoratori migranti. Tutto questo costa? Basta finanziarlo con l'abolizione degli sprechi veri che non sono la sanità, pensioni, diritti ecc… Sono le varie infinite forme di assistenza pubblica al capitale al suo profitto, al suo parassitismo finanziario. Avanziamo, nella nostra proposta, tutte le voci di possibile finanziamento di queste spese non solo un intervento ordinario e straordinario sui grandi patrimoni ma ad esempio un abbattimento dei trasferimenti pubblici alle grandi imprese private, abbattimento delle spese militari, cancellazione dei privilegi clericali. Il nostro intervento politico di ogni giorno è finalizzato allo sviluppo della coscienza, della consapevolezza delle classi subalterne per portarla al livello della comprensione della necessità di una rivoluzione sociale di una grande ribellione


come l'unica possibile via di liberazione da un capitalismo che non ha piĂš niente da dare ma solo da togliere alla maggioranza della societĂ .

MERCOLEDĂŒ 1 GIUGNO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- PIAZZALE TORINO

Il Partito Comunista dei Lavoratori presente, con proprie liste nei principali capoluoghi, alle amministrative di Giugno 2016.

Il Partito Comunista dei Lavoratori partecipa alle elezioni amministrative del 5 giugno con un punto di vista alternativo: quello dei lavoratori, degli operai, dei nativi e degli immigrati, dei giovani, degli studenti, dei precari, dei disoccupati, delle casalinghe e dei pensionati, in contrapposizione ai partiti degli industriali, di Confindustria e dei banchieri, che si spendono solo per la difesa degli interessi della borghesia e dei poteri forti.


Non è attraverso il ricorso alle urne elettorali che il mondo del lavoro si libererà dallo sfruttamento. Tuttavia, le elezioni possono dare visibilità e risonanza ad una prospettiva rivoluzionaria di alternativa, quella del governo dei lavoratori. Questa è la ragione della nostra presenza in opposizione a tutti gli altri partiti. A differenza di ogni altra forza politica, noi non siamo a caccia di assessorati e cariche, non siamo alla ricerca di legittimazione. L’unico interesse che abbiamo è tutelare i diritti dei lavoratori. Non facciamo politica per prendere voti, bensì chiediamo voti per una politica intransigente in difesa del lavoro. Siamo stati - e saremo sempre - dalla parte degli sfruttati contro gli sfruttatori, contro i loro governi nazionali, contro le loro giunte locali. Abbiamo un’ambizione ben più grande: unire tutti gli sfruttati contro tutti i loro avversari, per realizzare una società a misura d'uomo, socialista. Ci presentiamo da soli non per settarismo, ma perché siamo gli unici a presentare un programma anticapitalista. La sinistra non ha perso perché divisa, ha perso perché ha cessato di essere opposizione alle classi dominanti.

Mercoledì 8 giugno dalle 9,30 alle 12.30 Pavia Piazza Emanuele Filiberto

LIBERIAMOCI DA UNA DITTATURA DEL PROFITTO


Il capitalismo non può risolvere i problemi che crea. Ma non può pretendere di nascondere i propri crimini dietro recite umanitarie. Il movimento operaio europeo ha davanti a sé una grande sfida. Che non è solo quella della battaglia, comunque prioritaria, per i diritti democratici elementari dei migranti , a partire dal diritto alla vita e alla accoglienza, contro tutte le politiche oppressive , discriminatrici, securitarie, che i governi europei e i movimenti xenofobi, praticano o sollecitano contro di essi. Ma è e deve essere anche una battaglia anticapitalistica, attorno a rivendicazioni che possano unire lavoratori italiani e migranti contro i comuni sfruttatori: la ripartizione fra tutti del lavoro esistente con la riduzione progressiva dell'orario di lavoro; grandi piani di nuovo lavoro per opere sociali; requisizione di grandi patrimoni immobiliari sfitti. I migranti “sono troppi” per questa organizzazione capitalista della società basata sullo sfruttamento. Non sono troppi per un'altra organizzazione della società, finalmente liberata dalla dittatura del profitto. La lotta per un governo dei lavoratori, in ogni paese e su scala continentale, è parte integrante della nostra battaglia al fianco dei migranti, come di tutti gli oppressi.

Mercoledì 15 Giugno dalle 9.30 alle 12.30 Pavia- via Trento (fronte farmacia)


LA CENTRALITÀ STRATEGICA DELLA CLASSE OPERAIA

Sotto la bandiera dell'”unità” e della “lotta alla frammentazione” si moltiplicano, nella sinistra italiana, proposte diverse di “nuovi soggetti politici”. Spesso promossi da gruppi dirigenti corresponsabili, a diversi livelli, della disfatta delle sinistre. E in ogni caso accomunati, in forme diverse, dalla contrapposizione o estraneità alla prospettiva rivoluzionaria socialista: all'unica prospettiva che può indicare agli sfruttati una via d'uscita dalla catastrofe sociale del capitalismo e della sua crisi. Siamo all'eterna riproposizione dell'antagonismo senza rivoluzione. Quando parla di “cambiamento rivoluzionario” lo dissolve in un movimentismo scorporato dal fine, rimpiazzando la centralità strategica della classe operaia e della costruzione attorno ad essa del blocco sociale alternativo, con la sommatoria orizzontale di tutte le istanze di movimento dove le sacrosante rivendicazioni “ambientaliste, femministe, antirazziste..” restano prive di quel polo sociale di ricomposizione che è condizione necessaria per la loro stessa realizzazione. Il risultato paradossale è che in un appello che si vuole fondato su una “proposta di lotta” manca una proposta generale di svolta, unitaria e radicale, proprio sul terreno delle forme di lotta ( occupazione delle aziende che licenziano, vertenza generale, sciopero generale prolungato..): perché la stessa proposta di lotta è inseparabile dal fine che si persegue. La verità è che nel nome del “nuovo” si ripropone la vecchia soluzione politica


“centrista”- “né riformismo, né rivoluzione”, “né carne né pesce”La domanda è semplice: dove è il “nuovo”? Il “nuovo” progetto unitario si riduce in realtà ad un'area di provvisorio parcheggio per un ceto politico e intellettuale neo riformista oggi privo di collocazione. Il PCL non si fa abbagliare da queste effimere operazioni “unitarie”. Naturalmente manterremo e svilupperemo una politica di unità d'azione, ma lo faremo a partire dal nostro programma di rivoluzione. Lavorando a sviluppare in ogni lotta la consapevolezza che solo un governo dei lavoratori, su un programma anticapitalista, può segnare una svolta vera per gli sfruttati. Attorno a questo partito lavoriamo ad unificare tutti i militanti d'avanguardia, ovunque oggi collocati, che ne condividano il programma e siano disposti a sostenerlo.

Mercoledì 22 Giugno dalle 9,30 alle 12.30 Pavia via dei Mille ( ang. p.le Ghinaglia )

Rivoluzione socialista o reazione politica


Nell'attuale quadro della crisi politico istituzionale, una eventuale ripresa reale del movimento di massa potrebbe trasformarsi in un fattore dirompente. Ciò che sinora ha consentito il dispiegarsi indolore del caos della seconda Repubblica, è stata la relativa pace sociale. Proprio per questo una rottura sociale sarebbe gravida di effetti destabilizzanti, più che in altri paesi. Sino a configurare una possibile crisi pre rivoluzionaria. Ma è vero anche l'inverso. Senza una reale ripresa del movimento operaio e dei movimenti di massa, la profondità della crisi italiana rischia di alimentare una deriva reazionaria. Dinamiche reazionarie sono già operanti. E si vanno aggravando. La repressione sta conoscendo in alcuni contesti un salto di qualità, sul terreno del cosiddetto ordine pubblico: col ricorso inedito a configurazioni di reato obiettivamente abnormi (“terrorismo”, “devastazione e saccheggio “) contro ordinarie manifestazioni di conflitto. L'intero dibattito sulla “Riforma istituzionale” rivela che la tendenza informale al bonapartismo e alla rottura con la tradizione costituzionale ha fatto obiettivamente un passo avanti. Queste tendenze reazionarie non compongono un unico disegno. Sono anzi segnate da contraddizioni. Ma certo siamo in presenza di una massa critica di spunti reazionari obiettivamente nuova. Che misura la profondità della crisi, e il drammatico ritardo del movimento operaio a imporre la propria soluzione. Rivoluzione socialista o reazione politica: questa è dunque in termini storici la vera alternativa di prospettiva.

Mercoledì 29 giugno dalle 9.30 alle 12.30 PAVIA - Piazzale Caduti del lavoro

In Italia si muore di lavoro


Dalla relazione annuale Inail del 2015 emerge che il numero degli infortuni mortali sono complessivamente 1246. Alla soglia quindi di vent'anni dal primo recepimento della direttiva europea sulla prevenzione negli ambienti di lavoro la mortalità per causa lavorativa registra ancora un dato drammatico di circa 4 morti al giorno. La crisi ha accentuato l'accettazione di ogni condizione per accettare un lavoro, la società si sta facendo prendere dal "dio denaro" che tutto condiziona, e dalla tendenza a considerare i lavoratori, tutti, come merce o meglio semplici strumenti di lavoro da utilizzare come e quando serve, con o senza una giusta ricompensa, sebbene in tanti casi non esista neanche questo. L'intera dirigenza del mondo lavorativo italiano ha incassato nei vari anni, sotto ogni forma di governo, sia esso di centro sinistra sia di destra e con l'avallo di sindacati concertativi e quindi corresponsabili, tutti i vantaggi derivanti dalla precarizzazione del lavoro, dalla frammentazione dell'unità sindacale, dal condizionamento del ricatto individuale nei confronti dei singoli lavoratori riguardo paghe differenziate, fuori busta, vantaggi personalizzate per chi dice sempre “sì" sotto ricatto, dal ridotto numero dei controlli sulla sicurezza, sull'estensione della necessità di dovere produrre e lavorare anche nei giorni di festa, in sfregio in particolar modo a quelle definite "giornate di festa politiche" come il 25 Aprile e il 1° maggio, come necessità importante per la "competitività".


Fino a quale limite ci si spingerà per assoggettare i lavoratori alle nuove direttive che ci giungono da tutte le leggi formulate da tutte le compagini governative? Fino a quando il limite di sopportazione della classe lavoratrice terrà?

MERCOLEDÌ 6 LUGLIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Viale CREMONA 110 (ang. Via SALIMBENI)

Scomparsa della classe operaia? Superamento della forma partito?

Per anni la totale inerzia del movimento dei lavoratori aveva cancellato dalla discussione la questione del lavoro a tutti i livelli, anche nelle avanguardie di sinistra, dove all'arretramento della classe operaia è corrisposto un arretramento


della proposta politica delle stesse. I partiti come SEL e PRC si sono insabbiati nel tentativo di coalizzarsi con i governi della borghesia sperando di poterli "spostare a sinistra". Assistiamo, inoltre, alla riproposizione di tesi e teorie piccolo borghesi circa una presunta "scomparsa della classe operaia" o del "superamento della forma partito”, ecc, unite alla più totale disorganizzazione. Insomma, diverse sono le strategie di riorganizzazione della sinistra, ma tutte hanno un minimo comun denominatore: cancellare il marxismo e il comunismo come patrimonio storico e come proposta politica. Perché dunque, in controtendenza, poniamo la questione della centralità del lavoro? Il problema è che ai proclami di lotta di Landini non è corrisposta un’azione conseguente e coerente, un’opposizione intransigente contro il Jobs Act. Di fabbriche occupate nemmeno l’ombra e sparisce anche la proposta dello sciopero generale. Abbiamo necessità di costruire un partito dei lavoratori, che sia indipendente dal mondo della borghesia, che difenda in maniera netta i diritti dei lavoratori, che non dica bugie su presunti interessi comuni tra padroni e classe lavoratrice. Abbiamo bisogno del proletariato organizzato, non di coalizioni tese a rilanciare la figura individuale di questo o quel dirigente della sinistra borghese. Il PCL in questo quadro auspica che siano sempre più i lavoratori, i giovani e le avanguardie di sinistra ad assumere questa consapevolezza, che si uniscano al Partito e contribuiscano a farlo crescere.

MERCOLEDÌ 13 LUGLIO DALLE ORE 9,30 ALLE ORE 12,30 PAVIA- Viale Camillo Golgi (difronte al Policlinico San Matteo lato edicola)

ROMPERE LE CATENE CHE CI AVVINCONO!


I lavoratori francesi hanno ingaggiato uno scontro campale contro il governo di Manuel Valls, contro il presidente François Hollande, contro la nuova Loi Travail fotocopia del famigerato Jobs act renziano. A differenza della stupefacente inerzia del sindacato italiano che ha digerito in questi anni ogni sorta di porcherie senza battere ciglio, il sindacato francese sta guidando un imponente movimento di massa a colpi di scioperi che stanno intensificandosi ed estendendosi ad ogni settore produttivo e non produttivo del Paese. Evidentemente il conflitto sociale non è stato messo al bando, non è stato bollato come sinonimo di disordine di patologie dei rapporti sociali come invece è accaduto da noi da parte delle stesse organizzazioni che avrebbero dovuto promuoverlo e dirigerlo. Contro la sopraffazione è giusto e necessario liberarsi, combattere, non attraverso sporadiche e poco più che simboliche manifestazioni, ma attraverso una mobilitazione di massa e il ricorso sempre più esteso allo sciopero come fondamentale strumento di difesa è di attacco che i lavoratori hanno a disposizione per difendersi e contrattaccare. Si capisce la preoccupazione della classe capitalista europea che dopo la Grecia vede esplodere la rivolta nel cuore dell'Europa mettendo seriamente in discussione il dogma imposto a tutti i popoli del Vecchio Continente: quello secondo cui non c'è diritto non c'è conquista sociale non c'è bene comune che non possano essere sacrificati al superiore interesse privato, al profitto che non riconosce altra regola se non quella propria e cioè la ricerca della massima remunerazione del capitale investito con ogni mezzo e abbattendo ogni ostacolo che gli si frapponga.

Forse mai come in questa fase della storia contemporanea è venuto in chiaro il carattere ideologico mistificatorio dell'apparato di dominio che sta espropriando i popoli della loro vita e del loro futuro. L'espressione più alta di solidarietà e di condivisione non può che venire dalla capacità di realizzare nel nostro paese la battaglia che invece ancora langue, ristagna.


Renzi e il Pd appartengono alla stessa famiglia liberale, alla stessa oligarchia capitalistica di cui fanno parte Hollande, Merkel, Cameron. Capirlo e farlo capire fino in fondo è il primo passo necessario per rompere le catene che ci avvincono.

Mercoledì 20 luglio dalle 9.30 alle 12.30 PAVIA - Piazzale Caduti del lavoro

CARAMELLE AVVELENATE”

Il governo Renzi è un governo pericoloso. Pericoloso perché è segnato da un nuovo corso politico che segna effettivamente una discontinuità con i precedenti governi di unità nazionale, anche se formalmente ha la stessa maggioranza di governo, lo stesso Parlamento. La discontinuità sta nella ricerca di un consenso populista ad una politica lacrime e sangue contro i lavoratori e la maggioranza della società. Un'aspirante Bonaparte ,come noi abbiamo definito Matteo Renzi, che ha concentrato nelle proprie mani e nelle mani del suo staff tutte le leve fondamentali dell'esecutivo, che scavalca


qualsiasi mediazione politica all'interno del Pd, all'interno della maggioranza politica che lo sostiene, nel rapporto con le rappresentanze sindacali, per cercare un rapporto diretto con l'opinione pubblica interclassista "io parlo al paese, alla pancia del paese". Cerca di vendere alla "pancia del paese", che in realtà bastona, le sue caramelle avvelenate come la svolta buona. Quello che sta avvenendo sul terreno sociale e sul terreno politico da parte del governo Renzi è veramente inquietante. Sul terreno sociale, dietro lo specchietto per allodole degli 80 euro in busta, che in realtà sono pagati dagli stessi beneficiari attraverso i tagli sociali, sì persegue uno sfondamento sul terreno della precarizzazione del lavoro. Parallelamente una riforma reazionaria della legge elettorale e dell'assetto istituzionale in direzione di un bipartitismo coatto che peggiora il quadro di riferimento della legge Acerbo dei fascisti del 1923 e che potenzialmente garantisce una piccola minoranza del 20% di prendere la maggioranza dell'unica camera con un Senato non abolito ma trasformato in un Senato di nominati come Camera dei Lords. In realtà custodia protettiva di una camera sotto il controllo di un partito padrone. Che un bel po' di capitalisti saluti Matteo Renzi come l'uomo ritrovato della svolta italiana è del tutto comprensibile, che le sinistre italiane capitolano a Matteo Renzi, questo fa particolarmente specie. Occorre una nuova direzione politica e sindacale del movimento operaio. Il Partito Comunista dei Lavoratori lavora, controcorrente, ogni giorno, a costruire questa prospettiva.



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