Frank Horvat g l i
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b i a n c o
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n e r o
Una mostra realizzata da Ersel in collaborazione con Viviana Rossi - Lost and found - www.vivianarossi.com
Oggi come all’inizio, la fotografia mi sembra allo stesso tempo troppo facile e troppo difficile. Troppo facile avere davanti a sé tutta la ricchezza del visibile, non dovere fare altro che premere l’otturatore per appropriarsene. Troppo difficile dover trovare, nel vertiginoso disordine delle possibilità, l’istante e il punto di vista unico in cui le cose si ordinano, per corrispondere rigorosamente, senza un dettaglio in più o in meno, all’archetipo che abbiamo in mente. L’ordine è certamente una delle mie parole chiave. Ho un terrore viscerale dell’entropia, del disordine del mondo in genere e del mondo contemporaneo in particolare. Se c’è qualcosa che vorrei lasciare dietro di me, è un poco più di ordine, non oserei dire nell’universo, ma almeno nella piccolissima parte d’universo che posso inquadrare nel mio mirino. Fermare potrebbe essere la seconda parola chiave. Il tempo, evidentemente. Fu certamente questa la mia prima e profonda motivazione, quando all’età di sedici anni ho scambiato la mia collezione di francobolli con un Retinamat di seconda mano. Questa illusione – di fermare il tempo premendo un otturatore – non ha niente di originale: è quella che ha fatto guadagnare centinaia di milioni di dollari agli azionisti di Kodak. È come una droga che comporta alti e bassi; a proposito di questi ultimi, potrei citare le migliaia di provini e di diapositive di cui traboccano i miei cassetti, che non oso né buttare né riordinare, un po’ perché non amo sentire la polvere sotto le dita, ma soprattutto perché non sopporto l’idea di tutti questi istanti che non esistono più. La terza parola chiave - esito un poco a pronunciarla ma le cose non si possono spiegare senza di lei – è la grazia. Mi sono divertito a fare il conto: in cinquant’anni di vita professionale, con una media di un migliaio di rullini da 36 pose all’anno, il mio dito ha premuto l’otturatore più di un milione e mezzo di volte. A forza di impegnare la mia testa e le mie gambe, a forza d’astuzie, di tecnica, di accanimento o testardaggine, sono riuscito abbastanza spesso a far coincidere, più o meno, l’immagine nel mirino con l’immagine potenziale, l’archetipo che avevo in mente. Ma ci sono alcune delle mie foto, non tante, forse cinquanta, al massimo cento, di cui so che non le ho fatte io: mi sono state donate. E sono probabilmente queste che meritano di essere trasmesse. Frank Horvat
Frank Horvat
1951, Firenze, Haute Couture
gli anni del bianco e nero
Nato il 28 aprile 1928 a Abbazia (Italia) – attualmente Opatija (Croazia) – da genitori medici, ebrei e originari dell’Europa Centrale, Frank Horvat vive successivamente in Svizzera, in Italia, in Pakistan, in India, in Inghilterra e in Francia. Qui si stabilisce alla fine degli anni ’50, recandosi regolarmente negli Stati Uniti e viaggiando spesso in Europa, in America Latina e in Asia. Il suo percorso di fotografo è influenzato, nel 1950, dall’incontro con Henri Cartier-Bresson, che lo convince a procurarsi una Leica e a intraprendere un viaggio di due anni in Asia, come fotogiornalista indipendente. Le sue immagini in bianco e nero gli valgono i primi successi come la partecipazione all’esposizione The Family of Man, al MOMA di New York. A partire dal 1957, Horvat applica la sua esperienza di fotoreporter alla fotografia di moda, con uno stile più realista e meno manierato di quello delle riviste dell’epoca. Le sue pubblicazioni su Elle, Vogue e Harper’s Bazaar, in Europa come negli Stati Uniti, influenzano profondamente la fotografia di moda ma attirano le critiche di Henri Cartier-Bresson per il quale la sua combinazione di direttività e di non-direttività è semplicemente “un pastiche”.
1959, London, Couple dansant
Frank Horvat
1957, Paris, Le Chien qui fume
gli anni del bianco e nero
Gli anni tra il 1965 e il 1975 sono un periodo di crisi per le riviste d’attualità e per i loro fotografi. Horvat si cimenta nell’illustrazione, nella pubblicità e brevemente nel cinema e nel video. A partire dal 1976, trova la sua nuova direzione con tre saggi fotografici, intrapresi senza committenza (“per una volta, sono stato il cliente di me stesso”), destinati a esposizioni e libri. Ritratti d’alberi, Vraies Semblances e New York sono tre progetti, molto diversi tra loro ma complementari, eseguiti e presentati quasi simultaneamente. Horvat li considera un trittico. Rispetto alla dottrina di Cartier-Bresson, essi rappresentano un’ulteriore trasgressione – in quanto tutti e tre a colori. Nel 1985 Horvat, a causa di una malattia degli occhi, passa temporaneamente dalla fotografia alla scrittura con una raccolta d’interviste di altri fotografi (tra cui Edouard Boubat, Robert Doisneau, Mario Giacomelli, Josef Koudelka, Don Mc Cullin, Sarah Moon, Helmut Newton, Marc Riboud, Jean-Loup Sieff e Joel Peter Witkin). Gli anni ’90 lo portano a una rottura ancor più radicale mediante l’utilizzo del computer e delle manipolazioni digitali.
1959, Paris, Métro
Frank Horvat
1959, Paris, Gare Saint-Lazare
gli anni del bianco e nero
Con il Bestiario e le Metamorfosi d'Ovidio, Horvat esplora un territorio ignoto tra la fotografia e la pittura: è una ricerca che suscita molti entusiasmi e molte critiche e che egli presto abbandona per limitarsi a interventi più sottili, che solo il computer permette, ma che rimangono nel registro dell’istante decisivo. In ogni caso queste esperienze precorrono i tempi e sono altrettanto innovatrici quanto lo erano state le tecniche del reportage nella fotografia di moda. Nel 1996 Horvat, cambiando ancora una volta registro, applica le possibilità del digitale a una documentazione sulla scultura romanica, pubblicata nel 2000 con un testo dello storico Michel Pastoureau. I suoi due progetti seguenti, 1999 Photo-Diary (il diario fotografico dell'ultimo anno del millennio) e La Véronique (i 30 metri attorno alla sua casa in Provenza), sono considerati da alcuni come i suoi contributi più originali alla fotografia. Il primo ottiene una risonanza assai vasta, il secondo rimane in un raggio più intimo. Nell’uno come nell’altro, Horvat esplora le meraviglie del quotidiano, all’opposto della tendenza, molto diffusa tra i fotografi, a mettere in risalto il superlativo e l’eccezionale.
1958, Paris, Chapeau Givenchy
Frank Horvat
1961, New York, Harper’s Bazaar - B
gli anni del bianco e nero
Sono opere di maturità, caratterizzate da una tecnica raffinata ma discreta e da una grande ricchezza di riferimenti e di associazioni d’idee. Dal 2006, Horvat lavora a una serie chiamata Un occhio alla punta delle dita con la quale esplora – come suggerisce il titolo – le possibilità creative dei nuovi apparecchi digitali compatti. Nel 2009 realizza De-bocche-tette-culi-cazzi-e-mone, illustrando i poemi erotici di Zorzi Baffo, aristocratico veneziano del XVIII secolo, e in parallelo compone la sua prima pièce teatrale, Ai-je embrassé Nietzsche sur le Monte Sacro? dedicata alla figura di Lou Andrea Salome, rappresentata nel suo studio fotografico a Boulogne Billancourt.
1959, London, Homme qui cours
Frank Horvat
1962, Roma, Deborah Dixon, Harper’s Bazaar
gli anni del bianco e nero
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 1979 THE TREE, Aurum Press, London (con un testo di John Fowles). 1990 ENTRE VUES, Editions Nathan, Paris (pubblicato anche in cinese e in giapponese). 1991 LES SCULPTURES DE DEGAS, Imprimerie Nationale, Paris. 1994 ARBRES, Imprimerie Nationale, Paris. 1994 LE BESTIAIRE D'HORVAT, CNP e Actes Sud. 1996 PARIS-LONDON, Editions de la Ville de Paris. 1998 51 PHOTOGRAPHIES EN NOIR ET BLANC, Peliti, Roma; 51 PHOTOGRAPHS IN BLACK AND WHITE, Dewi Lewis, Manchester. 1999 VRAIES SEMBLANCES, Peliti, Roma; VRAIES SEMBLANCES, Fotovision, Sevilla; VERY SIMILAR, Dewi Lewis, Manchester; DER WAHRE SCHEIN, Braus, Heidelberg. 2000 PHOTOPOCHE N 88, FRANK HORVAT, Delpire et Nathan, Paris. 2000 1999, UN JOURNAL PHOTOGRAPHIQUE, Actes Sud, Arles; 1999, A DAILY REPORT, Dewi Lewis, Manchester; 1999, EIN TAGEBUCH, Braus, Heidelberg. 2001 FIGURES ROMANES, Éditions du Seuil, Paris. 2006 LE LABYRINTHE HORVAT, Éditions du Chêne, Paris. 2008 LES VOIES D’UN REGARD, L’oeil en Seyne, La Seyne. PRINCIPALI ESPOSIZIONI 1989 Esposizione personale CÔTÉ MODE (Espace Paris-Audiovisuel, Paris). 1989 Esposizione RÉTROSPECTIVE alla Galerie du Chateau d’Eau, Toulouse. 1994 Esposizione personale LE BESTIAIRE D'HORVAT, (Centre National de la Photographie, Paris). 1996 Exposition PARIS-LONDRES (Musée Carnavalet, Paris). 2000 Exposition 1999, UN JOURNAL PHOTOGRAPHIQUE al Musée Maillol, Paris Film “Frank Horvat, 1999” sulla rete ARTE. 2006 Esposizione retrospettiva LE LABYRINTHE HORVAT, all’Espace Landowski, Boulogne-Billancourt. 2008 Esposizione retrospettiva LES VOIES D’UN REGARD, alla Villa Tamaris, La Seyne. 2009 Esposizione DE-BOCCHE-TETTE-CULI-CAZZI-E-MONE, alla Gallerie Dina Vierny, Paris. COLLEZIONI PUBBLICHE Bibliothèque Nationale, Paris. Fonds National d'Art Contemporain, Ministère de la Culture, Paris. Musée de Nantes (France). Victoria and Albert Museum, London. Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris. Centre Pompidou, Paris. Fondation Cartier, Jouy-en-Josas, France. Maison Européenne de la Photographie, Paris. Museum of Modern Art, New York. Eastman House, Rochester, New York. Ludwig Museum, Colonia, Germania. Kunstbibliothek, Berlin. Musée Carnavalet, Paris. Musée Galliera, Paris. High Museum of Art, Atlanta, USA. Fundation Vila Casas, Barcellona.
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