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Una mostra realizzata da Ersel in collaborazione con Viviana Rossi e Max Caffell - www.vivianarossi.com


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Platinum Quando il 31 Studio fu fondato da Paul Caffell nel 1988, era il primo atelier specializzato nella stampa al platino sul territorio inglese. Caffell riscopriva un processo fotografico che tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo aveva rivestito un’enorme importanza, caduto in disuso a partire dagli anni ’20 e apparentemente dimenticato. La stampa al platino si distingue da tutti gli altri metodi di riproduzione fotografica per due principali motivi. Primo, in quanto chimicamente inerte, il platino non reagisce alla luce e non si deteriora col tempo, laddove gli altri processi di stampa sono, per la maggior parte, effimeri; solo la stampa al carbone è altrettanto stabile. La seconda peculiarità - ben più evidente - è che le stampe al platino offrono una particolarissima variazione di toni. I bianchi e i neri assoluti non esistono: la stampa si compone di finissimi toni di grigio, capaci di rivelare un dettaglio anche nell’ombra più profonda. Il metallo, anziché giacere sulla superficie come un’emulsione, viene assorbito dalla carta. Questo implica non soltanto che la stampa reagisce alla luce diversamente dal tradizionale processo in bianco e nero ma che ogni stampa, sebbene della stessa immagine, è assolutamente unica, rivelando il tocco dello stampatore e del suo personale giudizio. Il processo di stampa al platino era quasi scomparso dopo la prima guerra mondiale, quando il costo del metallo (usato nella costruzione dei fusibili per le granate) raggiunse livelli astronomici. Il fotografo americano Irving Penn stampò i propri lavori al platino negli anni Sessanta, ma fu uno dei pochi a riprendere questa tecnica benché si trattasse di un’epoca in cui la fotografia stava rispondendo a nuove sfide e raggiungendo un nuovo pubblico. Così Caffell dovette ricostruire il processo a partire da vecchi appunti trovati nei quaderni dell’inglese William Willis – il primo a mettere a punto una tecnica per adattare il platino alla stampa fotografica – e nessun tecnico poté aiutarlo. “Fu estremamente appassionante”, dice Caffell. “Stavo ripercorrendo i passi originari nello sviluppo del processo e mi rendevo conto di quanto fosse portentoso. Sentivo una forte affinità con Willis e con quello che era riuscito a raggiungere”. Un aiuto giunse, nel 1987, dall’incontro con Borje Almquist, fotografo e stampatore svedese, studente presso The Royal College of Arts. Fu Almquist a suggerire a Caffell l’aggiunta del palladio alla soluzione di platino, in quantità variabili a seconda della tonalità voluta per la stampa. Bryan Adams, Darcey Bussell, Chelsea, 2000

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Eugene Robert Richee (Paramount Pictures), Louise Brooks, 1929 Š John Kobal Foundation

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Uno dei primi a preferire le stampe del 31 Studio fu Bailey, uno dei più noti fotografi di moda, che le scelse per i suoi celebri scatti degli anni ’60, esposti a Londra e Los Angeles. L’interesse di Bailey per il platino fu ben presto seguito da un crescente numero di fotografi alla ricerca di un metodo di stampa distintivo e raffinato per il proprio lavoro. Questo portò, verso la metà degli anni ’90, ad un’espansione dell’attività. Il figlio di Paul, Max Caffell, nonostante le esigenze della propria carriera artistica, sia come scultore che come fotografo, assunse in seguito un ruolo sempre più centrale nella direzione dello studio. Da allora una nuova enfasi è stata data alla pubblicazione di lavori di alcuni tra i più eminenti fotografi che hanno scelto il platino in modo sistematico, riportando alla pubblica attenzione non solo immagini classiche ma anche altre meno conosciute della storia della fotografia. Tra le prime, il celebre “The Sea of Steps”, per la cui realizzazione la conservatrice Pam Roberts diede accesso a Paul Caffell al negativo su vetro originale di Frederick H. Evans, custodito negli archivi della Royal Photographic Society. Insieme alla George Eastman House, il 31 Studio ha prodotto una straordinaria serie di edizioni del lavoro di Alvin L. Coburn – forse il primo vero fotografo modernista, membro del Vorticismo britannico, in un’epoca in cui gli altri movimenti modernisti, tra cui i Futuristi, erano ancora sospettosi nei confronti della fotografia. Numerose esposizioni e pubblicazioni hanno poi creato un solido legame tra lo Studio e gli archivi del fotografo francese Jacques H. Lartrigue o di Lee Miller, esponente di punta del movimento surrealista. Il 31 Studio è così diventato il principale atelier specializzato nella stampa al platino e al palladio, ottenendo una reputazione internazionale. In questi anni ha riportato alla nostra attenzione alcune tra le più grandi immagini della storia della fotografia, spesso maneggiando con grande delicatezza negativi preziosi e a volte danneggiati. Allo stesso tempo una nuova generazione di fotografi vi si è avvicinata, attratta da questa particolre collaborazione: un dialogo creativo con degli stampatori che sono, a loro volta, degli artisti. Se dunque è questo il segreto del 31 Studio, allora possiamo immaginare che, ovunque essi si trovino in questo momento, anche i grandi fotografi del passato ammirino il rispetto e la creatività con cui il loro lavoro viene trattato. Lewis Morley, Christine Keeler, 1963 © Lewis Morley Archive

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© Prof. Christopher Townsend, 2010


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Bill Brandt, Nude, London, 1952 Š Bill Brandt Archive

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The 31 Studio archive A volte, visitando certe mostre tematiche, dalle pareti affollate di immagini di grande impatto, stampate in digitale e appese alla rinfusa, l’animo aspira a qualcosa di più ragionato, di più perfetto. La qualità, non la quantità; l’armonia, non la discordanza. Qualcosa di più silenzioso, più magico. Benvenuti nel meraviglioso mondo del 31 Studio, in cui la bellezza, l’armonia e la qualità sono componenti essenziali nella produzione delle preziose stampe al platino. Fotografi di fama hanno percorso la strada che porta al 31 Studio da più di 20 anni. Anni in cui Paul Caffell, subito seguito dal figlio Max Caffell e da Dominic Burd, hanno realizzato queste stampe secondo uno dei più raffinati ed eleganti processi di stampa mai inventati. Una stampa al platino è perenne, in quanto chimicamente stabile. Un’immagine al platino si forma tra le fibre della carta piuttosto che sullo strato di emulsione che la riveste, come nel caso della stampa ai sali d’argento. Non sbiadirà, non potrà scolorire né deteriorarsi e, secondo quanto affermato da Mr. WH Smith in una conferenza tenuta presso The Royal Photographic Society nel novembre 1915, resisterebbe a una serie di rozzi trattamenti come l’immersione nel mare o nell’acqua bollente (comunque meglio non provarci!). È dunque resistentissima ma nasconde la sua forza dietro alla morbidezza delle sottili variazioni di tono, alla soffice luminosità che porta da ombre profonde e espressive a impalpabili luci. Una mano di ferro in un guanto di velluto.

William Vanderson, Fox Photos Horse Simulator, Ham Common, Surrey, March 23rd, 1934 © Getty Images

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Jerry Schatzberg, Smoke (Dylan), circa 1965-67

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Linda McCartney, Paul, Stella and James, Scotland, 1982 © Paul McCartney

La stampa al platino è un procedimento che richiede grande manualità, per il quale si usa un negativo a contatto ingrandito fino alla dimensione della stampa stessa, in cui si riflette la maestria e l’intervento personale dello stampatore che fa di ogni stampa un’opera unica. La parola “stampatore” però non è adeguata per gli artisti-artigiani-chimici del 31 Studio che impregnano ogni stampa non soltanto degli anni della loro esperienza di fotografi ma anche delle loro qualità di pittori (come Paul Caffell), scultori (come Max Caffell) e storici del processo fotografico. Se è vero che anche tramite il platino è impossibile creare una splendida stampa a partire da un negativo mediocre, è anche vero che il platino permette di rivelare valori nascosti in un negativo quasi perfetto, laddove gli altri processi di stampa non potrebbero. I fotografi vogliono che il loro lavoro duri nel tempo e, stampato al platino, durerà. Negli ultimi due decenni i fotografi contemporanei hanno sempre più spesso stampato i loro lavori in edizioni limitate e il platino ben si presta a questa forma di diffusione fotografica per via della propria longevità: un fattore apprezzato del resto tanto dai curatori di musei quanto dai fotografi nella selezione delle stampe per una mostra. Per alcuni fotografi contemporanei, tra cui Bryan Adams, Jerry Schatzberg, Terry O’Neill, Lewis Morley e Linda McCartney, la scelta del platino ha permesso di raggiungere un pubblico che era prima loro precluso, quello dell’arte contemporanea. Tra il 1893 e il 1901, quasi la metà delle stampe esposte presso le mostre annuali della Royal Photographic Society erano al platino. I pittorialisti, i cosiddetti ”Fine Art photographers” e i fotografi della Secessione, tra i quali Frederick Evans e Alvin Langdon Coburn, hanno di rado usato un diverso tipo di stampa fino alla Prima Guerra Mondiale, quando il platino venne destinato all’utilizzo militare anziché a fini artistici. Nel dopoguerra, il prezzo del platino salì di oltre cinque volte rispetto a quello del 1900 e il processo cadde in disuso. Oggi invece, nel ventunesimo secolo, numerosi musei i cui archivi conservano negativi storici – quelli provenienti da The John Kobal Collection, George Eastman House, Getty Images, gli archivi di Bill Brandt e quelli di Lee Miller – si rivolgono sempre più al 31 Studio per realizzare stampe al platino, tramite delle matrici ricavate dai loro delicatissimi negativi. In questo modo, ad esempio, le immagini moderniste di New York e Londra di Coburn, partendo dai negativi originali della George Eastman House in Rochester, USA, sono giunte fino a noi, qui, oggi. Pamela G. Roberts Curatrice per The Royal Photographic Society, 1982-2001

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Terry O’Neill, Brigitte Bardot, 1971

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Bryan Adams (1959) Chitarrista, cantautore e fotografo canadese. Come fotografo ha collaborato con riviste quali Interview, Vanity Fair, Harper’s Bazaar, l’edizione italiana di Max. Nel suo libro fotografico “American Women” ha ritratto Kate Moss, Naomi Campbell, Hillary Clinton e molte altre. Nel 2005 ha fotografato Elisabetta II. Nel 2006 ha presentato al Tempio di Adriano a Roma 33 dei suoi scatti.

William England, London Stereoscopic Company, Toll Bridge, Niagara, New York, 1859 © Getty Images

Bill Brandt (1904-1983) È stato assistente di Man Ray. Nel libro fotografico “The English at home“ (1935) evidenzia la disparità sociale acuita dalla Grande Depressione. La sua protesta contro il capitalismo è sottile e pervasiva e la sua denuncia delle devastazioni prodotte dalla guerra ricorre a immagini evocative e non narrative. Dopo la II guerra mondiale, le sue foto di paesaggi esprimono il bisogno di un ritorno alla natura. In “Perspective of Nudes”, (1961) ritrae donne inquietanti, rinchiuse in stanze opprimenti: immagini in cui si confondono paura ed erotismo. I suoi nudi successivi, che spesso fanno tutt’uno con il paesaggio, danno luogo a esiti surreali. L’influenza del cinema, in particolare di Orson Welles (“Quarto Potere”) lo spinge alla sperimentazione nella fotografia di interni. Alvin Langdon Coburn (1882-1966) Nato a Boston, nel 1902 si trasferisce a New York, dove si associa al gruppo fotografico del Linked Ring. Le sue opere appaiono sulla rivista Camera Work di Stieglitz col quale fonda il gruppo della Fotosecessione. Nel 1909 esce il libro fotografico “London”, nel 1910 “New York”. Tra il 1916 e il 1917 sperimenta la fotografia astratta con i Vortograph, nei quali gli oggetti appaiono scomposti in piani. In questi stessi anni inizia a dipingere. Fulcro dell’opera di Coburn - anticipatore del Surrealismo - è la ricerca di quanto si cela oltre la materia e all'interno del suo calco fotografico, e di come il reale si manifesti in forme inaspettate (così un giardino newyorkese si trasforma in "The Octopus"). William England (1830?-1896) Esordisce come assistente in uno studio di dagherrotipi. Unitosi nel 1854 alla London Stereoscopic Company, lavora in America e a Londra. Dopo il 1863 realizza una serie di paesaggi alpini in Germania, Svizzera e Italia come fotografo indipendente. È stato membro della London Photographic Society, della Photographic Society of Great Britain e, nel 1886, è tra i fondatori della Photographic Convention of the United Kingdom. Alla sua morte le sue opere sono state donate alla Hulton Getty Collection.

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John Haynes, Beckett, 1973

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Frederick Evans (1852-1943) Dopo aver esordito con foto di paesaggi, sceglie come tema dei propri scatti le cattedrali medievali, come quella di Wells (“The Sea of Steps”, 1903), studiando gli effetti della luce su di esse nelle varie fasi del giorno. La luce rappresenta per lui un’illuminazione spirituale. Ha sempre rifiutato di manipolare sia il negativo sia la stampa in nome di una fotografia ”pura” ed ha sempre preferito i risultati ottenuti con la stampa al platino. Le sue foto sono state pubblicate sulla rivista Camera Work di Alfred Stieglitz. John Haynes (1937) Ha lavorato soprattutto per il teatro. Nel 1965 ha cominciato a fotografare, folgorato dalle immagini di Cartier-Bresson pubblicate nel libro “Les Européens”. È stato poi invitato come fotografo ufficiale per il George Devine Actor’s Studio. Dal 1968 al 1970 ha lavorato come freelance al Sunday Times. Dal 1970 al 1994 è stato fotografo presso il Royal Court Theatre ed ha ritratto Samuel Beckett mentre dirigeva le sue opere teatrali. Hulton Archive - Getty Images Dalle immagini storiche create nei primi dell’Ottocento alle foto più attuali degli anni ’90, dagli scatti dedicati ai movimenti politici degli anni ’30, fino alla cultura pop degli anni ’60, l’Hulton Archive, in collaborazione con Getty Images, offre una collezione mondiale di fotografie dai primi dell’Ottocento ad oggi. Barry Lategan (1935) Nato in Sudafrica, si trasferisce in Inghilterra nel 1950 per studiare teatro al Bristol Old Vic. Aperto il suo primo studio fotografico a Londra, nel 1965, incontra una modella sconosciuta di nome Leslie Homby. È lui a suggerirle di prendere il nome d’arte Twiggy. Nel 1966 il ritratto di Twiggy è pubblicato in The Express che la proclama “Il volto dell’anno” e la rende un’icona. Nel 2007 è stato dichiarato membro onorario di The Royal Photographic Society. Linda McCartney (1941-1998) Linda Eastman diventa fotografa professionista nel campo del rock lavorando per la Filmore East di New York. Ritrae Aretha Franklin, Jimi Hendrix, Bob Dylan, Janis Joplin, Eric Clapton e altri. Incontra Paul McCartney sul set di un servizio fotografico sui Beatles nel 1967. Incoraggiata a sviluppare la sua capacità musicale, inizia a comporre e registrare la propria musica. Le sue foto sono state esposte in più di 50 gallerie internazionali come il Victoria and Albert Museum di Londra. Angela Williams, Audrey Hepburn at the Ritz, Paris, circa 1966

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Barry Lategan, Twiggy, 1966

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Lewis Morley (1925) Nato a Hong Kong, durante l’occupazione giapponese è stato internato per quattro anni in un campo di prigionia. Trasferitosi a Londra, si afferma come fotografo nel 1954, collaborando con Tatler, Go! e She. Nel 1963 scatta numerose foto pubblicitarie di Christine Keeler per un film mai prodotto a causa del coinvolgimento della modella nello “scandalo Profumo”. Le sue foto divengono un’icona. Dotato di stile spontaneo e originale, ha fotografato, tra gli altri, Salvador Dalì, Charlotte Rampling, Peter O’Toole. Terry O’Neill (1938) Ha ottenuto i suoi più grandi successi fotografando le celebrità degli anni ’60 (Judy Garland, The Beatles, The Rolling Stones), ma anche membri della famiglia reale britannica ed eminenti uomini politici, mettendone in evidenza il lato umano. Una serie dei suoi scatti in bianco e nero è nella collezione permanente della National Portrait Gallery di Londra. Eugene Robert Richee (1896-1972?) Ha lavorato come fotografo con la Paramount Pictures, la Warner Brothers, la MGM. Durante il suo lavoro con la Paramount tra il 1925 e il 1935 fotografa più volte Louise Brooks. Non abbiamo sue notizie dopo il 1940 e non sappiamo esattamente quando sia morto. Jerry Schatzberg (1927) Inizia la sua carriera come freelance. Collabora con Vogue, Glamour, Life. Ha realizzato grandi ritratti di personalità degli anni ’60 (Bob Dylan, Andy Warhol, Fidel Castro, Jimi Hendrix), cogliendone il lato più intimo grazie al lungo tempo trascorso con loro. Come regista, nel 1971 fa esordire Al Pacino. Nel 1973 vince la Palma d’Oro a Cannes con “Lo spaventapasseri”. Sua la copertina di “Blonde on blonde” di Bob Dylan (1966). Angela Williams (1941) È stata assistente personale dal 1962 al 1967 di Norman Parkinson e poi, come freelance di successo, ha fotografato Audrey Hepburn, Sarah Miles, i Pink Floyd e Marianne Faithfull. Il suo archivio documenta la fotografia di Parkinson dal 1950 al 1964. Alcuni dei suoi ritratti più celebri sono nella collezione della National Portrait Gallery di Londra. Alvin Langdon Coburn, The Octopus, 1912 © The George Eastman House & 31 Studio

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Frederick Evans, The Sea of Steps, 1903 Š The Royal Photographic Society & 31 Studio

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Piazza Solferino, 11 - 10121 Torino tel. +39 011 5520111 - fax +39 011 5520334 Via Santa Maria Segreta, 7/9 - 20123 Milano tel. +39 02 30574811 - fax +39 02 801558 Via Massimo d’Azeglio, 19 - 40123 Bologna tel. +39 051 273232 - fax +39 051 228042 5 AllÊe Scheffer L - 2520 Luxembourg tel. +352 476 74600 - fax +352 476 75500

www.ersel.it


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