Lab. Architettura d’interni_Prof. P.Giardiello_Mariateresa Costagliola N15/43_Valentina Fiore N15/49
La stazione ed il passaggio del treno come simboli dell'imponderabilitĂ e della fragilitĂ nell'esperienza umana. Una sorta di enigma legato al trascorrere irrevocabile e casuale del tempo.
La stazione deserta, sede dell'assenza, inatteso palcoscenico del nulla esistenziale, in cui si consuma una . vana attesa
metropolitana _ treno
« […] lo spazio del nonluogo libera colui che vi penetra dalle sue determinazioni abituali. Egli è solo ciò che fa o che vive come passeggero, cliente, guidatore. […] Il passeggero dei nonluoghi non ritrova la sua identità che al controllo della dogana, al casello autostradale o alla cassa. Nel frattempo, egli obbedisce allo stesso codice degli altri, registra gli stessi messaggi, risponde alle stesse sollecitazioni. Lo spazio del nonluogo non crea né identità singola, né relazione, ma solitudine e similitudine. » « È nell’anonimato del nonluogo che si prova in solitudine la comunanza dei destini umani » Marc Augè _ “Nonluoghi”
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“A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l'uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano”. Italo Calvino _ “Le città invisibili”
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“Si fermarono fuori della stazione di Balham. […]Intorno a loro, l’andirivieni delle massaie in giro per le compere del sabato li obbligava, contro la loro volontà, a farsi più vicini. […]Esibì il biglietto e proseguì verso la sporca luce giallastra, fino in cima alla sferragliante scala mobile; quella prese a portarla giù, verso il vento innaturale che saliva dal buio, il respiro di un milione di londinesi che le rinfrescava la faccia e le tirava la mantellina. […]Scivolava sempre più giù, nella densa luce marrone, era quasi in fondo. […]Non si scorgevano altri passeggeri, e l’aria si fece immobile all’improvviso.” Ian McEwan _ “Espiazione”
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“ Si dice che l’attesa sia lunga, noiosa. Ma, è anche, in realtà, breve, poiché inghiotte quantità di tempo senza che vengano vissute le ore che passano e senza utilizzarle”. Thomas Mann
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il cinema e i luoghi di transito
s. spielberg _ prova a prendermi
brad anderson_the machinist (2004)
gabriele muccino_la ricerca della felicitĂ (2006)
jean-pierre jeunet _ il favoloso mondo di amelie
paul mc guigan_slevin (2006)
luc besson_subway (1985)
walter hill_the warriors (1979)
andy and larry wachowski
_matrix revolutions (2003)
feeder_suffocate (1997)
alex parks_cry (2004)
suede_saturday night (1997)
john landis_an american werewolf in london (1981)
vari_subway stories (1997)
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“Come posso progettare ambienti che abbiano quella stessa splendida qualità di presenza e naturalezza che colpisce ogni volta al solo guardarla? Una parola che racconta questa qualità è atmosfera. Si tratta di una cosa che conosciamo tutti molto bene: vediamo una persona e ne abbiamo una prima impressione. L’atmosfera parla della nostra percezione emotiva che funziona più rapidamente perché è quella di cui l’essere umano necessita per sopravvivere. […] Giovedì santo, 2003. Io sono questo. Me ne sto qui, un posto al sole. Un lungo portico con alte arcate. La piazza: le facciate delle case, la chiesa, i monumenti che si aprono davanti a me come un panorama. Alle mie spalle il caffè. La giusta densità umana. Il mercato dei fiori. Il sole. Sono le 11. Il lato della piazza di fronte a me è immerso nell’ombra, piacevolmente azzurrognolo. Rumori meravigliosi: conversazioni vicine, passi sulla piazza, pietra, uccelli, un lieve mormorio di voci, nessuna automobile, nessun frastuono di motori, solo, di tanto in tanto in lontananza, il rumore di un cantiere. Davanti a me una statua di bronzo su un piedistallo mi volge le spalle e guarda, come me, verso la chiesa con le due torri campanarie. Le torri hanno cupole diverse: iniziano uguali in basso, assumono forme autonome verso l’alto. Una è più alta ed ha una corona dorata intorno alla sommità. Insomma, che cosa mi ha emozionato quella volta? Tutto: le cose, la gente, l’aria, i rumori, i suoni, i colori, alcune presenze materiali, le strutture, le forme. E poi cos’altro mi ha colpito? Il mio stato d’animo, le mie sensazioni, il mio stato di attesa mentre ero lì seduto”. Peter Zumthor _ “Atmosfere”