WIRPLUS Settembre 2013

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S U L P WIR settembre 2013 IR W a c n a B a ll e lienti d   Rivista per i c

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22 al 25 novembre 2013


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In vino veritas Editoriale

«Nel vino c’è la verità». – Lo storico romano Tacito racconta che i Germani solevano servirsi generosi calici di vino in occasione delle loro assemblee pubbliche, nella convinzione che gli ubriachi non possano mentire. Il fatto che il consumo di vino in Svizzera si sia leggermente ridotto negli ultimi anni è dovuto a una maggiore consapevolezza della qualità, che ha finito per diminuire la quantità di bottiglie bevute. – Sul Mercato WIR (www.bancawir.ch > Mercato) sono presenti oltre 125 aziende vinicole che operano nel commercio al dettaglio, all’ingrosso o nel settore produttivo. Tra le verità interessanti che Dominique Giroud, viticoltore e imprenditore, ci svela (pag. 20) vi è lo strano fenomeno per cui in Cina vengono vendute più bottiglie di Lafite-Rothschild di quelle effettivamente prodotte… Ancora oggi resistono alcuni «puristi» che, in buona fede, ritengono che la Banca WIR avrebbe dovuto restare entro i confini delle operazioni in WIR continuando la sua attività come Circolo economico. È vero che il fatturato WIR accusa da anni una progressiva flessione, ma il calo non è dovuto a uno scarso impegno della Banca WIR nel sistema WIR, bensì all’attuale situazione congiunturale. Nel suo rapporto semestrale Germann Wiggli illustra tutti gli sforzi compiuti dalla Banca WIR per contrastare l’erosione del fatturato WIR e l’immagine complessiva con cui la Banca WIR intende presentarsi (pag. 7).

La maggior parte dei partecipanti WIR sa perfettamente che l’offerta CHF della Banca WIR non si oppone al sistema WIR, ma ne rappresenta al contrario il completamento ideale. Nessuna azienda può vivere di soli WIR. Persino quelle che esibiscono una quota registrata di accettazione1 del 100% hanno assoluto bisogno di entrate in CHF. Le imposte e gli stipendi, ad esempio, devono essere in genere pagati in CHF. Le entrate provenienti dalle operazioni in CHF aiutano la Banca WIR a ottimizzare il rapporto tra costi e ricavi. Lo si può constatare facilmente nel settore creditizio: gli oneri per l’esame di un credito misto in CHF/WIR sono più o meno simili agli oneri per un credito denominato esclusivamente in WIR. La parte in CHF però porta entrate supplementari. L’importanza dell’attività in CHF per la Banca WIR è posta in rilievo con chiarezza da Georg Anthamatten, vicepresidente del consiglio di amministrazione, nella nostra intervista (pag. 4). Questo segmento ha portato alla Banca WIR circa 40 000 nuovi clienti. Deve essere quindi sviluppato ulteriormente per sfruttarne le grandi potenzialità. L’obiettivo è di affermare la Banca WIR come prima banca per una cerchia quanto più possibile estesa di nostri clienti. Roland Schaub

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Vincolante per i primi 3 000 CHF per ogni stipulazione.

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Sommario

PAGINA 10

PAGINA 20

Il conto investimento con le sue condizioni particolarmente vantaggiose è perfetto anche come regalo a bambini, nipoti o figliocci.

In Svizzera si beve sempre meno vino. Dal Vallese le cantine Giroud Vins partono alla conquista del mercato cinese e russo.

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4 «Vogliamo essere la prima banca dei nostri clienti» Intervista al vicepresidente del CdA Georg Anthamatten

7 Forte crescita dei depositi della clientela e del volume creditizio Relazione semestrale 2013

10 Regalate un conto a un tasso imbattibile! 12 Promozione sui depositi a termine 14 L’anno della sorpresa… Coro Bo Katzman 2013/2014

17 L’affermarsi del calcestruzzo riciclato 20 Vino svizzero: una sfida inter nazionale

24 Trust come strumento di pianifi- cazione successoria 26 Mantenere e consolidare la posizione di mercato 28 Pollo arrosto senza rivali? 32 Contrarre debiti per risparmiare imposte? PAGINA 28 Spesso i divieti di concorrenza vengono posti con facilità, ma possono essere impugnati dai dipendenti con buone possibilità di riuscita.

34 La vera assistenza alla clientela è d’importanza determinante 36 Il nostro miracolo occupazionale sta svanendo? Dott. Richard Schwertfeger 39 I tiratori di campagna appenzellesi Colonna di Willi Näf 40 Cartoon 41 Appuntamenti

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«Vogliamo essere la prima banca dei nostri clienti» Georg Anthamatten, nuovo vicepresidente del consiglio di amministrazione della Banca WIR Nel corso della seduta costitutiva del consiglio di amministrazione, Georg Anthamatten è stato nominato vicepresidente. Originario dell’Alto Vallese, succede a Bruno Berther che ha rimesso il suo mandato per raggiunti limiti di durata della sua carica. Anthamatten, membro del consiglio di amministrazione della Banca WIR dal 2011, vede nel sistema WIR il punto cardine dell’azienda e della sua strategia.

Georg Anthamatten, vicepresidente.

Quali sono i suoi compiti come vicepresidente del consiglio di amministrazione?

una struttura più uniforme. Come vive questa commistione di diversi membri?

Il vicepresidente assume le mansioni del presidente in caso di impedimento di quest’ultimo; per il resto non ha altre incombenze all’interno dell’organizzazione.

Innanzitutto abbiamo due grandi qualità in comune, ora come allora: siamo tutti imprenditori PMI e, come partecipanti WIR, conosciamo a fondo la materia. L’omogeneità è quindi garantita. A parte questo, sono dell’idea che un CdA possa raggiungere la massima efficienza solo quando è composto da persone di diversa provenienza professionale, ciascuna con un proprio curriculum e un proprio bagaglio di esperienze. A questo proposito, la «biodiversità genetica» della cooperativa offre incredibili opportunità:

Per ragioni regolamentari, da alcuni anni devono sedere nel CdA anche esponenti finanziari, mentre prima erano ammessi quasi esclusivamente rappresentanti del commercio e dell’artigianato che davano al consiglio 4


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Il consiglio di amministrazione nella sua nuova composizione, sopra da sinistra: Germann Wiggli (presidente del direttorio) e Marc Reimann (nuovo membro); al centro: Georg Anthamatten (vicepresidente), Karl Baumgartner, Jürgen Bletsch e Oliver Willimann (presidente); davanti: Kornel Tinguely (nuovo membro) e Petra Müller.

basta pensare a un settore qualsiasi e si trova subito una serie di soci attivi proprio in quell’ambito. Il CdA e le discussioni che lo animano sono lo specchio di questa varietà, arricchita da oltre un anno da un tocco di femminilità e dall’ultima riunione anche da una ventata di gioventù. L’attività che vi si svolge è quindi stimolante, istruttiva ed estremamente proficua.

Esattamente quindici anni fa la vecchia WIR Circolo economico soc. cooperativa è stata ribattezzata con il nome di Banca WIR soc. cooperativa. Il cambiamento di

ragione sociale ha coinciso con l’estensione delle operazioni al comparto CHF e con l’apertura ai privati. Guardandosi indietro, come giudica questa trasformazione? È stata l’unica decisione giusta da prendere, anzi un vero e proprio colpo di fortuna per la nostra cooperativa. Senza l’attività in CHF, che finora ci ha fatto guadagnare quasi 40 000 nuovi clienti, la nostra azienda non sarebbe ancorata in modo così profondo tra le fasce di popolazione del ceto medio come lo è oggi e noi non saremmo assolutamente in grado di confrontarci con altri istituti finanziari e di distinguerci da loro. Una solida base in 5


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CHF è indispensabile anche per garantire il funzionamento del sistema WIR.

Dopo quindici anni la Banca WIR possiede ancora i requisiti per proporsi come prima banca, realizzando così quanto previsto dalla sua strategia aziendale? Il consiglio di amministrazione è fermamente convinto che sia venuto il momento di farlo. Non siamo ancora «equipaggiati» di tutto punto, ma ci stiamo «attrezzando». Per i clienti WIR è sicuramente vantaggiosa la nostra partecipazione alla IG Leasing AG, come testimoniano i numerosi nuovi contratti stipulati con soci WIR. In cantiere abbiamo inoltre la possibilità di pagamento in valuta estera e l’introduzione di conti in euro e dollari USA. Ma vogliamo essere la prima banca anche e soprattutto dei nostri clienti CHF: alla fine dell’anno lanceremo un nuovo tipo di conto destinato ai senior e al momento stiamo vagliando ulteriori aspetti del conto stipendio.

convincere: ha di certo un ruolo importante anche la ricerca di titoli sicuri e durevoli da parte degli investitori, divenuti diffidenti verso le operazioni speculative. Un altro motivo che induce ad acquistare la parte ordinaria è il bonus dello 0,8% concesso sul conto investimento. Dalla sua introduzione il numero di depositi con parti ordinarie è salito in modo consistente.

Come hanno reagito i titulari di parti ordinarie nei suoi confronti all’aumento di capitale deciso dall’assemblea generale? Il riscontro è stato assolutamente positivo. L’aumento di capitale serve sia a coprire la nostra crescita con fondi propri aggiuntivi sia a creare già ora i presupposti per adempiere alle future direttive delle autorità in materia di requisiti patrimoniali. Questa lungimiranza è un tratto caratteristico del nostro approccio strategico ed ha sempre trovato largo consenso da parte dell’insieme dei soci cooperativi e dei nostri clienti. Intervista: Daniel Flury

Che posizione occupa il settore WIR nel quadro globale della strategia della Banca WIR? Il settore WIR resta il punto cardine della nostra Banca. Naturalmente la fase di tassi bassi ha un effetto frenante sul sistema di compensazione WIR. Ma grazie a prodotti come il credito LIBOR WIR o il credito di investimento LIBOR WIR – con tassi di interesse a partire rispettivamente dallo 0,019% e dallo 0,269% – la Banca WIR ha dato una risposta efficace alla situazione particolarmente difficile. Anche l’implementazione delle app WIRGASTRO e WIRSHOPPING come supporto per il collocamento WIR rientrano tra le misure volte a sostenere il sistema di compensazione WIR. Non è stato ancora possibile arginare la flessione del fatturato WIR, ma alcuni segnali dimostrano l’attrattiva dei nostri tassi ipotecari facendoci ritenere che le condizioni di base nel comparto WIR torneranno presto ad essere di nuovo tra le più interessanti del mercato. In un workshop dedicato alla prospettive future, tenuto in giugno da rappresentanti della Banca WIR insieme a esperti esterni e clienti, è emerso peraltro con assoluta chiarezza che – in termini di esclusività – la nostra nicchia «WIR» non ha pari e che anche in avvenire dovrà occupare un posto di primo piano nel nostro pensiero e nella nostra azione. Ciò conferma, con mio grande compiacimento, che il cammino intrapreso è quello giusto.

Quest’anno il corso della parte ordinaria è salito notevolmente da meno di 370 CHF agli temporaneamente 430 CHF. Come se lo spiega? Evidentemente è stata colta la vera natura della parte ordinaria di solido valore secondario con potenziale! Ma non sono solo la stabilità della nostra azienda e la fiducia nella Banca WIR a 6

Un ottimo network Georg Anthamatten è stato nominato membro del consiglio di amministrazione della Banca WIR nell’assemblea generale 2011. Originario dell’Alto Vallese, 53 anni, è sposato e ha tre figli. Ha conseguito la laurea in economia aziendale (lic. rer. pol.) e le qualifiche di esperto fiduciario con diploma federale e di revisore dei conti. Dal 1990 è direttore della Treuhand Valesia AG e presidente del consiglio di amministrazione della Anthamatten Bau AG. Anthamatten possiede un ottimo network anche grazie alla sua attività nel settore turistico, tra l’altro come presidente del CdA del FerienArt Resort & Spa, un albergo a cinque stelle a Saas-Fee, e della Torrent-Bahnen Leukerbad-Albinen AG.

Commissione di controllo e comitato Audit & Risk In occasione delle seduta costitutiva il consiglio di amministrazione ha designato i componenti della commissione di controllo e del comitato Audit & Risk. Si tratta di: Oliver Willimann (presidente), Kornel Tinguely, Marc Reimann, Petra Müller (sostituta) per la commissione di controllo Karl Baumgartner (presidente), Georg Anthamatten (vicepresidente), Jürgen Bletsch per il comitato Audit & Risk


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Forte crescita dei depositi della clientela e del volume creditizio Relazione semestrale 2013

La Banca WIR ha chiuso il 1° semestre con un ottimo risultato. Il totale di bilancio è salito a 4,122 miliardi CHF/ CHW (+2,7%), i depositi della clientela sono aumentati a 2,144 miliardi CHF (+4,7%) e il volume complessivo dei crediti a 3,687 miliardi CHF/CHW (+4,6%). Nel settore WIR la ripresa continua a farsi attendere.

La persistente forte domanda di proprietà immobiliare ha fruttato alla Banca WIR una robusta crescita nel settore dei crediti. Il sistema WIR offre un grande vantaggio alla banca su questo mercato fortemente conteso grazie in particolare al credito LIBOR WIR, recentemente introdotto e disponibile per tutti i clienti, proposto con un tasso d’interesse a partire da 0,019% (stato 3° trimestre; per nuovi crediti). La Banca WIR è inoltre in grado di vantare condizioni eccezionali, o addirittura imbattibili, anche sul fronte dei passivi. Per quanto l’aumento nel settore dei depositi della clientela sia soddisfacente con circa 97 milioni (+4,7%), il grado di copertura dei crediti in CHF, la cui crescita si è dimostrata ancora più dinamica, è sceso dal 76,58% di fine 2012 al 75,57% di fine giugno 2013.

Attività creditizia Con un aumento del volume complessivo dei crediti in ragione di circa 162 milioni CHF/CHW (+4,6%) a quota 3,687 miliardi CHF/ CHW (cfr. tabella: somma di tutte le posizioni sotto gli attivi) nel 1° semestre l’attività creditizia si è evoluta in modo eccellente: la crescita è più che raddoppiata rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+70,8 milioni CHF/CHW). La quota dei crediti ipotecari rispetto al volume creditizio complessivo è pari a 2,908 miliardi CHF/CHW, il che equivale a un incremento di 126,5 milioni di CHF/CHW (+4,5%). La vera forza motrice sono state ancora una volta le ipoteche in CHF, salite da 2,139 miliardi a 2,287 miliardi CHF (+6,9%), mentre i volumi dei crediti ipotecari in WIR sono scesi da 642,5 a 621,0 milioni CHW (–3,3%). Con una quota del 53% (esercizio precedente 50%) del volume ipotecario in CHF, le ipoteche fisse sono i modelli scelti con maggiore frequenza, seguite da quelle LIBOR (33%; esercizio precedente 36%) e variabili (14%, percentuale invariata).

Depositi della clientela Nel primo semestre i depositi della clientela sono cresciuti da 2,048 miliardi CHF a 2,144 miliardi CHF (cfr. tabella: somma delle posizioni Impegni verso clienti a titolo di risparmio e d’investimento CHF e Altri impegni verso clienti CHF). Questo notevole afflusso di quasi 97 milioni CHF (+4,7%) è ascrivibile per lo più all’iniziativa per depositi a termine della Banca WIR, visto che nel giro di sei mesi le rispettive posizioni hanno registrato un incremento da 59,6 a 101,2 milioni CHF (+69,7%). Date le eccellenti condizioni concesse anche sul conto d’investimento, sul conto di libero passaggio e sul conto TERZO (pilastro 3a) pure questi prodotti hanno archiviato afflussi per circa 49 milioni CHF. Per quanto questo risultato sia soddisfacente, è anche chiaro che la raccolta di nuovi capitali potrebbe essere ancora più ingente in presenza di condizioni di mercato eque. In effetti molti investitori attribuiscono più importanza alla garanzia statale delle banche cantonali che alle condizioni in parte maggiormente interessanti concesse da istituti finanziari come la Banca WIR. Questa distorsione della concorrenza si fa ancora più irritante alla luce del fatto che le banche cantonali non sono più quelle di una volta, ossia le banche statali che nel XIX e XX secolo erano chiamate a concedere crediti alle PMI locali in via di sviluppo. Oggi, piutto­ sto, alcuni di questi istituti cercano con spavalderia di profilarsi anche all’estero e possono quindi anche attirare l’attenzione delle autorità tributarie americane. È scientificamente provato che l’abolizione della garanzia statale in Germania (2001) ha fatto calare la predisposizione al rischio del management; uno sviluppo, questo, che sarebbe decisamente più vantaggioso per gli investitori rispetto alla sicurezza illusoria della garanzia statale.

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Una lieve flessione si registra a livello della quantità di denaro WIR, scesa dello 0,4% a 766,6 milioni CHW (cfr. tabella: Altri impegni verso clienti CHW).

Fatturato WIR Il persistente calo del fatturato WIR non è giunto di sorpresa. Al 30 giugno 2013 questo importo ammontava a 670,4 milioni CHW, il che equivale a una riduzione del 5,5% ovvero di 39,1 milioni CHW rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò è da ricondurre da un lato alla solidità delle PMI svizzere, meno dipendenti dallo strumento di marketing WIR rispetto a quanto non lo siano aziende operanti in un contesto congiunturale interno in difficoltà; dall’altro al fatto che, in un contesto caratterizzato da tassi a livelli minimi, i crediti WIR, a tassi altrimenti imbattibili, perdono attrattiva con una conseguente riduzione della quantità di denaro e del fatturato WIR. Ovviamente la Banca WIR contrasta questi sviluppi lanciando modelli di credito con tassi d’interesse a partire ad esempio dallo 0,019% (credito LIBOR WIR per nuovi crediti, stato 3° trimestre 2013), ma gli effetti sono ancora troppo contenuti per determinare un’inversione di tendenza che si avrà, al più tardi, quando le ipoteche presso altre banche torneranno a costare oltre il 3% laddove in ambito WIR la nostra banca le offrirà ancora all’1,75%.

Germann Wiggli

Dati fondamentali relativi al bilancio al 30 giugno 2013 30.6.2013

Totale di bilancio

31.12.2012

Variazione in %

4 122 330 168

4 012 678 355

2,7

550 685 712 2 286 787 737 228 690 252 621 000 225

530 841 422 2 138 832 043 212 851 189 642 485 274

3,7 6,9 7,4 –3,3

1 828 440 676 315 831 366 766 641 004

1 779 231 301 268 277 807 769 876 621

2,8 17,7 –0,4

Attivi Crediti verso clienti CHF Crediti ipotecari CHF Crediti verso clienti CHW Crediti ipotecari CHW Passivi Impegni verso clienti a titolo di risparmio e d’investimento CHF Altri impegni verso clienti CHF Altri impegni verso clienti CHW

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Parti ordinarie Nel primo semestre la quotazione delle parti ordinarie è salita dai 365 CHF di fine 2012 ai 416 CHF di fine giugno (+14%) – con picchi temporanei di addirittura 430 e 429 CHF ad aprile e maggio – e l’evoluzione è stata eccellente non solo come titolo bancario (cfr. grafico sotto). Ne deriviamo che i risultati e la strategia della Banca WIR vengono ben accolti dagli investitori. In particolare le parti ordinarie della Banca WIR sono lo strumento giusto per coloro che puntano sulla sostenibilità a lungo termine e sulla solidità. A questo proposito vogliamo ricordare che l’assemblea generale della Banca WIR tenutasi il 22 maggio ha deciso di aumentare il dividendo della parte ordinaria da 8.85 a 9 CHF, reddito esente da imposte se le parti ordinarie vengono detenute nel patrimonio privato. Prospettive Anche nel secondo semestre la congiuntura interna svizzera resterà robusta. Se Eurolandia e l’economia mondiale riusciranno a uscire dalla crisi, il prossimo anno anche l’export dovrebbe contribuire a conferire dinamicità alla congiuntura. I segnali positivi lanciati dall’economia hanno già determinato un lieve aumento dei tassi. Qualora dovesse trattarsi di una tendenza destinata a rafforzarsi, per la Banca WIR ciò si tradurrebbe in un aumento dell’attrattiva delle offerte WIR e in una conseguente ripresa sul fronte del fatturato WIR. In particolare con le nuove applicazioni WIRGASTRO e WIRSHOPPING abbiamo dotato i clienti WIR di

strumenti che facilitano il piazzamento degli averi WIR nell’ambito dell’attività quotidiana. Ovviamente, queste applicazioni sono vantaggiose anche per la clientela privata della Banca WIR poiché segnalano alberghi, ristoranti e possibilità di fare shopping nelle vicinanze della località prescelta. L’inasprimento dei requisiti regolamentari per gli istituti finanziari non suscita preoccupazioni nella Banca WIR. L’aumento di capitale di quest’anno – termine ultimo per le sottoscrizioni è il 9 settembre – le fornisce i mezzi atti a favorire l’ulteriore crescita nel settore dei crediti e a soddisfare le future disposizioni più severe in termini di capitale proprio. Anche a livello organizzativo siamo molto ben preparati. L’attivazione della nuova piattaforma bancaria ci consente di reagire in modo rapido e flessibile ai nuovi requisiti del mercato o delle autorità di regolamentazione. Il soddisfacente afflusso di depositi della clientela nel 1° semestre proseguirà anche nella seconda metà dell’anno: una seconda iniziativa per depositi a termine e ulteriori innovazioni nell’ambito dei prodotti – vanno annoverati a questo proposito il conto di vecchiaia e i conti in valuta estera – mirano a generare mezzi supplementari con i quali la Banca WIR potrà avvicinarsi al proprio obiettivo di diventare la prima banca dei propri clienti. Germann Wiggli, Presidente del Direttorio

450 400

+10,1% Inizio crisi immobiliare USA

350

Parte ordinaria della Banca WIR

300 250 200

Indice bancario SPI (adeguato)   Crollo Lehman Brothers

150

–70,9%

100   Inizio crisi del debito pubblico in Eurolandia

50

31.1 2.20 06 30.0 3.20 07 30.0 6.20 07 30.0 9.20 07 31.1 2.20 07 31.0 3.20 08 30.0 6.20 08 30.0 9.20 08 31.1 2.20 08 31.0 3.20 09 30.0 6.20 09 30.0 9.20 09 31.1 2.20 09 31.0 3.20 10 30.0 6.20 10 30.0 9.20 10 31.1 2.20 10 31.0 3.20 11 30.0 6.20 11 30.0 9.20 11 31.1 2.20 11 31.0 3.20 12 30.0 6.20 12 30.0 9.20 12 31.1 2.20 12 31.0 3.20 13 30.0 6.20 13

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Evoluzione della parte ordinaria (in CHF) rispetto all’indice bancario SPI e scostamento percentuale rispetto al corso iniziale di dicembre 2006.

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Regalate un conto a un tasso imbattibile! Il conto investimento particolarmente interessante grazie al bonus su nuovi capitali e su parti ordinarie esiste anche come regalo, destinato soprattutto ai genitori, ai nonni, ai padrini e alle madrine che desiderano fare una bella sorpresa per i 18 anni del loro ragazzo.

L’ammontare e la frequenza dei versamenti viene decisa da chi fa il regalo. Può «alimentare» il conto, ad esempio, in occasione dei compleanni e degli onomastici oppure a Natale. Così nel corso degli anni si accumula una bella sommetta che il ragazzo, al 10

raggiungimento della maggiore età, potrà utilizzare per seguire una formazione professionale, offrirsi un soggiorno all’estero, arredare l’appartamento o comprare la prima macchina.


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Tasso attuale fino all’1,6%

Anche per nonni, padrini e madrine

Per il conto investimento regalo valgono le stesse condizioni del conto investimento normale. Al momento il tasso base è pari allo 0,4% e si raddoppia allo 0,8% se vengono versati almeno 5000 CHF. Il bonus su nuovi capitali dello 0,4% è concesso fino al termine dell’anno civile per somme non superiori a 50 000 CHF. Approfittate inoltre di un ulteriore 0,8% se costituite per il vostro ragazzo un deposito con parti ordinarie della Banca WIR (min. 25 parti ordinarie, interesse bonus fino a 50 000 CHF).

Anche i nonni, i padrini e le madrine possono aprire un conto investimento per il proprio nipote o figlioccio. In questo caso sono loro i titolari del conto. Un mese prima del 18o compleanno del ragazzo, i nonni, il padrino o la madrina ricevono i documenti per il trasferimento del denaro risparmiato al neomaggiorenne.

L’essenziale in sintesi

Potete aprire un conto investimento regalo comodamente online (www.bancawir.ch > Clienti privati > Conto investimento) oppure potete chiamarci al numero: 0848 947 949 (giorni feriali ore 7.30–18.00).

– Se il conto viene aperto dai genitori, il titolare è il ragazzo. Daniel Flury

– Fino al raggiungimento della maggiore età, il ragazzo non può disporre del denaro versato, in altre parole non è autorizzato a effettuare prelievi. I genitori possono usufruire in qualunque momento degli interessi maturati, se sono utilizzati esclusivamente per il mantenimento, l’educazione o la formazione del figlio. – Un mese prima del 18o compleanno del ragazzo i genitori ricevono dalla Banca WIR un attestato regalo e i documenti necessari per togliere il blocco del conto. Non appena la Banca WIR riceve i moduli debitamente compilati, il conto viene sbloccato e il ragazzo può disporre liberamente dei valori patrimoniali depositati.

Il conto investimento come conto bambino I genitori possono aprire per il loro figlio anche un cosiddetto conto bambino. Con questa variante del conto investimento, è il figlio ad avere il diritto di disporre delle somme depositate e non i genitori. Una volta aperto il conto, questi ultimi infatti non sono più autorizzati ad accedervi. Il conto è destinato a bambini che sanno già leggere e scrivere e possiedono una carta d’identità.

Previdenza con la Banca WIR: TERZO con l’1,8% d’interesse! Anche nell’ambito previdenziale la Banca WIR resta tra le migliori. Il conto di libero passaggio e i conti TERZO sono esenti da spese e commissioni.

• TERZO (pilastro 3a) – effettuare quanto prima i versamenti per usufruire più a lungo dei vantaggi! Il risparmio previdenziale con il pilastro 3a conviene doppiamente: per l’interesse agevolato (al momento 1,8%) e per gli effetti fiscali positivi lungo tutta la durata del risparmio. I contributi versati nel pilastro 3a sono deducibili dal reddito imponibile. I proventi da interessi sono esenti dall’imposta preventiva e da quella sul reddito e sulla sostanza. Soltanto al momento del versamento il capitale previdenziale viene tassato a un’aliquota ridotta. Attualmente gli assicurati con cassa pensione possono versare una somma massima annua pari a 6739 CHF e coloro che svolgono un’attività indipendente senza cassa pensione un importo massimo di 33 696 CHF oppure non oltre il 20% del reddito da lavoro. Se non avete ancora sfruttato interamente l’importo massimo è il momento di agire subito. Quanto prima effettuate i versamenti, tanto più a lungo beneficerete del tasso agevolato concesso dalla Banca WIR. • Conto di libero passaggio: un conto di libero passaggio è una valida soluzione, tra l’altro, quando si avvia un’attività lavorativa indipendente rinunciando all’immediato versamento in contanti del capitale di libero passaggio o nel caso di momentanea incapacità di guadagno. Il conto di libero passaggio della Banca WIR offre un ottimo tasso d’interesse pari all’1,15%. Un aspetto di particolare importanza, soprattutto se il capitale resta investito per un periodo di tempo prolungato. Vale sempre la pena fare un confronto. 11


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PROMOZIONE SUI depositi a termine della Banca WIR Sottoscrivere subito e approfittare

Potete fare completo affidamento sulla Banca WIR quando si tratta di investimenti fruttiferi. Vale la pena fare dei confronti. I depositi a termine a 2 e 8 anni della Banca WIR offrono condizioni particolarmente vantaggiose. Per i depositi a termine a 6 anni è in corso un’iniziativa promozionale che non dovreste perdervi.

La Banca WIR offre depositi a termine con scadenze da 1 a 12 mesi e da 2 a 8 anni1. Nel caso dei depositi a termine a 6 anni potete approfittare da subito e fino alla fine di novembre 2013 di un’iniziativa promozionale d’eccezione.

Promozione: durata di 6 anni al tasso di 8 anni L’iniziativa promozionale è oltremodo interessante e semplice da spiegare: sottoscrivete depositi a termine per almeno 10 000 CHF con una durata di 6 anni, ma beneficiate del tasso attualmente in vigore per i depositi a termine a 8 anni. Attualmente, il tasso d’interesse è pari all’1,375% (stato al 19.8.2013). I tassi d’interesse aggiornati sono sempre disponibili all’indirizzo www.bancawir.ch > Clienti privati o Clienti commerciali > Risparmiare > Depositi termine. Oppure potete chiamarci al numero: 0848 947 949. 1

Paragonabili alle obbligazioni di cassa di altre banche.

Depositi a termine pluriennali della Banca WIR Durata in anni Tasso d’interesse (stato al 19.8.2013) 2 anni

3 anni

4 anni

5 anni

6 anni

7 anni

8 anni

0,625% 0,750% 0,875% 1,000% *1,375% 1,250%

1,375%

1,125% * Iniziativa promozionale sino a fine novembre: sottoscrivete depositi a termine a 6 anni per almeno 10 000 CHF e beneficiate del tasso d’interesse applicato ai depositi a 8 anni. Per depositi a termine a 6 anni inferiori a 10 000 CHF il tasso d’interesse resta invariato all’1,125%.

L’investimento minimo ammonta a 5000 CHF per tutti i depositi a termine della Banca WIR, gli importi superiori devono essere multipli di 1000. Per l’iniziativa promozionale l’investimento minimo è di 10 000 CHF. Tutti i depositi a termine della Banca WIR sono esenti da diritti di custodia o spese di altro tipo. Non esitate e compilate subito il rispettivo formulario www.bancawir.ch > Clienti privati o Clienti commerciali > Risparmiare > Depositi a termine > Domanda. Oppure rivolgetevi al nostro Servizio consulenza al numero 0848 947 949. Anche per il conto investimento e nell’ambito previdenziale la Banca WIR offre condizioni di prim’ordine (vedi pag. 10). Roland Schaub

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WIRPLUS settembre 2013

L’anno della sorpresa… Coro Bo Katzman 2013/2014

Dopo l’anno dell’anniversario, il Coro Bo Katzman ha in serbo un’altra bella sorpresa. La storia di successo, ottenuta da una ricetta fatta di ingredienti autentici e tradizionali, deve proseguire nel tempo ed essere ulteriormente consolidata, spaziando su nuovi fronti. La Banca WIR resta «presenting sponsor» del Coro Bo Katzman.

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Secondo un aforisma dello scrittore Tristan Bernard «la gente ama essere stupita, ma solo con quello che si aspetta». Bo Katzman mette in pratica una variante un po’ diversa: con la sua nuova produzione imbocca una strada «che nessuno si attende, ma che molti hanno sperato», come dichiara a WIRPLUS Edgar P. Lehmann, il suo manager. Dopo venti album, la maggior parte dei quali in inglese, l’artista presenta per la prima volta una raccolta di brani interamente in lingua tedesca.

Nuovi approdi Essere ancora più vicino al pubblico: è l’obiettivo perseguito da Bo Katzman in tutta la sua carriera artistica, ribadito ora nel nuovo lavoro «anglo-afro-germanischen Verschmelzung» (fusione anglo-afro-germanica).

Con il passaggio alla lingua tedesca si vuole arrivare a un nuovo pubblico, in grado di apprezzare non solo la musica ma anche i testi. Il nuovo album è interamente in tedesco, ma nei concerti live il coro si esibirà come sempre in una serie di gospel in inglese – da «Oh Happy Day» ad «Amen». La tournée 2013 porterà sui palcoscenici uno show tutto nuovo, con una scenografia fantastica, uno megaschermo multimedia e innumerevoli momenti di grande effetto. Roland Schaub

(continua a pagina 16)

L’idea di puntare sulla carta tedesca è nata in seguito alla partecipazione di Bo Katzman e del suo gruppo alla trasmissione televisiva «Wetten, dass …?» (Scommettiamo che...?) e al programma di Florian Silbereisen. In quelle occasioni il Coro Bo Katzman ha estasiato milioni di spettatori con alcune canzoni pop in lingua tedesca. «La reazione del pubblico è stata straordinaria», racconta Edgar P. Lehmann. Si sono moltiplicate le richieste a Bo Katzman di cantare più spesso in tedesco. Il desiderio pressoché unanime viene ora esaudito con il nuovo album «Neue Ufer» (Nuovi approdi).

Acchiappa un sogno tutto tuo Per il progetto «Neue Ufer» Katzman si è avvalso della collaborazione di colleghi famosi dal talento ormai affermato che lo hanno aiutato a «riscrivere» per il mondo germanofono la sua musica abitualmente improntata a ritmi afro-americani. Del team fanno parte, tra gli altri, anche Peter Reber e Mia Aegerter. Il nuovo album è arricchito da interventi di celebri cantautori quali Peter Maffay e Herbert Grönemeyer. I motivi in lingua tedesca sono interpretati da Bo Katzman e dai suoi 160 coristi nel travolgente tripudio musicale che li contraddistingue. 15


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Un’ immagine della sua ultima tournée «Glory Day».

Special award nell’anno dell’anniversario La tournée 2012 per celebrare i 25 anni del Coro Bo Katzman si è confermata un vero successo, con una percentuale di prenotazioni di posti in sala mai inferiore al 90%. Il pubblico si è mostrato entusiasta e ha aggiunto così un’altra pagina alla storia del Coro Bo Katzman che continua la sua marcia trionfale. Lo scorso anno Sony Music ha consegnato a Bo Katzman uno special award per le oltre 500 000 copie vendute. Exploit anche editoriale per l’eclettico artista: già nella prima settimana dall’uscita, il suo libro «Zwei Minuten Ewigkeit» (Due minuti di eternità) – Giger Verlag, Altendorf – ha conquistato il sesto posto nella lista dei bestseller.

La copertina del suo nuovo album in lingua tedesca «Neue Ufer».

Prevendita dal 1° ottobre 2013 La prevendita per la nuova tournée si apre il 1° ottobre 2013. Adesso è possibile pagare con il 100% WIR quattro biglietti a persona. Anche le spese di spedizione di 9.50 CHF possono essere regolate in WIR. Il primo concerto avrà luogo l’8 novembre 2013 nella Mühlemattsaal a Trimbach. Tel. 061 717 11 11 (Ticket Line Coro Bo Katzman) Maggiori informazioni sul sito www.bokatzmanchor.ch

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L’affermarsi del calcestruzzo riciclato L’intento di costruire secondo i principi dello sviluppo sostenibile condiziona lo sviluppo del calcestruzzo riciclato. Questo materiale, consigliato o perfino r­ ichiesto per ottenere la certificazione Minergie-ECO, è considerato da alcuni solamente una moda passeggera, per altri invece rappresenta una soluzione dal promettente avvenire.

Alcune insidie attendono i committenti desiderosi di promuovere lo sviluppo sostenibile. Così due anni fa, la cooperativa abitativa CODHA (Coopérative de l’Habitat Associatif), ha presentato a Le Grand-Saconnex (GE) un nuovo immobile con 36 abitazioni certificate Minergie-P ed ECO. Il marchio ECO, meno noto al grande pubblico, implica l’utilizzo di materiali naturali e il divieto di materiali plastici, colle e tutto ciò che possa contenere formaldeidi (per una lista esaustiva consultare www.minergie.ch). Il marchio di qualità prevede inoltre l’impiego di calcestruzzo riciclato per una quantità pari al 50%, purché disponibile in un raggio di 25 chilometri, come nel caso della costruzione ginevrina. «Il pro­ blema è l’inesistenza di una vera filiera», si rammarica Antoine Muller, dello studio d’architettura Ganz e Muller, responsabile dell’immobile. «Questo materiale non dovrebbe costare più di un cemento normale. In assenza di filiera, il prezzo del calcestruzzo riciclato è aumentato dal 40 al 50%», osserva con amarezza l’architetto. A detta di un responsabile della cooperativa, Guillaume Käser, il sovraccosto sarebbe dell’ordine di 130 000 franchi, vale a dire l’1% del budget totale del progetto, costato sui 13 milioni. Altri committenti ginevrini non hanno invece avuto sorprese e hanno acquistato calcestruzzo riciclato a prezzi del tutto competitivi. Sul fronte della fornitura, Juan Balsa – responsabile della qualità e della produzione presso la ditta Pro Béton di Vernier – afferma di fabbricare regolarmente calcestruzzo riciclato ormai da qualche anno. Il prezzo è generalmente più elevato rispetto al cemento tradizionale, poiché il materiale di base necessario alla fabbricazione costa di più. Un altro inconveniente è dato dal fatto che, considerate le incertezze che accompagnano la provenienza dei materiali di recupero, la società preferisce non certificarli. «Per esempio, se il cemento proviene da un ponte, potrebbe essersi alterato a causa dei ripetuti spargimenti di sale», puntualizza Juan Balsa.

Laurent Dorthe, direttore della Gravière de la Claie-aux-Moines SA (GCM) a Savigny, rivela un’altra realtà. L’impresa è attiva nella produzione di ghiaia riciclata dal 1984. Dal 2008 ha messo a punto una metodologia per produrre calcestruzzi riciclati, in base alle norme vigenti, a un prezzo simile, anzi inferiore a quello del cemento tradizionale. La soluzione della GCM con­ siste nell’applicazione di una metodologia che permette di non eccedere nel dosaggio del cemento o degli additivi più onerosi al fine di ottenere le classificazioni auspicate. Altri fattori possono avere un peso sul confronto e influenzare al ribasso il prezzo dei calcestruzzi tradizionali. Il prezzo dei granulati per esempio, più a buon mercato nei ghiaiai francesi, influenzerebbe al ribasso il costo del calcestruzzo tradizionale nelle zone di frontiera.

Impatto delle politiche cantonali Quanto suesposto non toglie nulla al merito della GCM. «Sviluppare prodotti così performanti è stata una vera e propria sfida. Dal momento stesso in cui abbiamo deciso di imboccare questa strada, le cose si sono subito messe a girare per il verso giusto», così Laurent Dorthe. Il processo è stato incoraggiato dalla deci­ sione presa dal Cantone di Vaud di ricorrere al calcestruzzo rici­ clato per l’insieme dei propri edifici. Tale misura ha avuto un impatto decisivo sulla domanda. La generalizzazione della tassa sui rifiuti ha anch’essa avuto un’influenza. A monte della relativa filiera, le imprese di smantellamento e i trasportatori sono incoraggiati a controllare la qualità del materiale fornito, promuovendo un accurato processo di selezione sui cantieri. Per realizzare un calcestruzzo riciclato di qualità, occorre avvalersi di un materiale di base in cui non vi siano né mattoni né pezzi di legno. L’acciaio utilizzato per il ce17


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mento armato non pone invece particolari problemi. «I fornitori devono pagare una tassa di 20 franchi per ogni tonnellata di materiale contenente elementi indesiderati, mentre solo tre franchi a tonnellata, e talvolta niente, se il materiale fornito è pulito», sottolinea Laurent Dorthe. Nel 2010, il calcestruzzo riciclato rappresentava il 17% della produzione della GCM, per un equivalente di circa 16 000 m³.

L’attrattiva della norma L’assenza di una filiera, denunciata dal Cantone di Ginevra è dunque relativa e in ogni caso non generalizzata. Ma di fatto, quali

Laurent Dorthe (GCM): «Lo sviluppo di prodotti riciclati performanti presenta una sfida.»

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sono i vantaggi del calcestruzzo riciclato? «Il ricorso a tale materiale permette di minimizzare il consumo di una materia prima non rinnovabile e dunque di prolungare la vita delle cave di ghiaia», risponde Blaise Périsset che lavora presso l’ufficio romando di certificazione Minergie e offre assistenza per tutte le questioni relative a Minergie-ECO. Il centro, creato nella Svizzera francese nel marzo 2011, ha già dato risposta a decine e decine di domande. I quesiti più frequenti concernono la performance del calcestruzzo riciclato, la scelta dei materiali e dei prodotti, nonché la procedura e la metodologia applicate. «Minergie-ECO richiede che il committente utilizzi il calcestruzzo

Tali materiali attestano risultati compatibili con le esigenze della costruzione e costantemente ottimizzati.


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La GCM propone da tre anni calcestruzzi riciclati a un prezzo inferiore rispetto ai calcestruzzi tradizionali.

riciclato laddove le circostanze lo permettano, ovvero che il calcestruzzo sia preparato a meno di 25 chilometri di distanza, perché superato un certo tempo di percorrenza esso rischia infatti di solidificarsi nel camion. Vi è dunque una doppia esigenza: quella della prossimità al cementificio e quella della qualità», spiega Blaise Périsset. Alcuni ingegneri prediligono il calcestruzzo rici­ clato per la costruzione delle fondamenta. Nel caso dell’edificio CODHA, tutti gli elementi verticali, dunque tutti gli elementi portanti, sono stati realizzati in calcestruzzo riciclato. Si è preferito invece il calcestruzzo tradizionale per le solette che devono resi­ stere ad altri tipi di tensioni. In Svizzera, i ricercatori di diversi laboratori continuano a lavorare per ottenere risultati ancora migliori. In vista dell’ottenimento di una norma, l’utilizzo del calcestruzzo riciclato è logico e sensato. È sufficiente che vi sia un minimo di metodo. «È molto importante tenere conto delle esigenze Minergie-ECO a partire dalla concezione del progetto, con tutti gli attori che ne fanno capo. Le esigenze che ne conseguono devono

dunque essere ben definite nelle offerte di appalto. È altresì importante seguire accuratamente la fase di realizzazione effet­ tuando controlli continui sul cantiere», insiste Blaise Périsset. La soluzione migliore consiste nell’incaricare un progettista che si prenda carico delle peculiarità di questo tipo di costruzione in senso globale. L’esperto è categorico: «Se si integrano le esigenze nell’idea stessa del progetto, non ci sono supplementi di costi.» Tale affermazione non incontra però ancora piena unanimità. Guillaume Käser, che è anche Presidente della cooperativa Cigüe, ha recentemente espresso rammarico per il fatto che il Cantone di Ginevra, che sostiene i progetti Minergie-P versando sussidi, non faccia altrettanto per i progetti Minergie-ECO. Se ciò cam­ biasse, per il mercato del calcestruzzo riciclato, per i ricercatori attivi in tale ambito e per le imprese pronte a innovarsi per profilarsi in questo settore, sarebbe tutto di guadagnato. Vincent Borcard

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Vino svizzero: una sfida internazionale Il vallesano Dominique Giroud, a capo dell’azienda Giroud Vins, è un viticoltore e imprenditore di successo. Dopo avere esteso la propria attività in Europa, ha aperto una filiale a Singapore e ora sta perfezionando la strategia che gli permetterà di insediarsi sul mercato cinese. «In Asia i miei concorrenti non sono i vini spagnoli o italiani ma i Bourgogne e i Bordeaux.»

Dominique Giroud: «Cinque anni fa credevo che l’eldorado esistesse davvero. Ma ho dovuto ricredermi dopo solo tre mesi. Ogni mercato deve essere costruito con una strategia ben definita.»

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Se Dominique Giroud è un uomo di cifre, non lo è di certo con la stampa! Infatti non parla del suo fatturato, dell’importo dei suoi investimenti o delle sue relazioni bancarie. Tanto meno del suo volume di produzione, che chiunque può tentare di stimare, sapendo che il territorio di famiglia si estende su 50 ettari, contro 1,5 ettari nel 1992. Eppure, si distingue da altri eccellenti viticoltori vallesani non tanto per il suo fare misterioso quanto per la sua volontà di esportare i suoi vini. «Da qualche anno il mercato svizzero si è stabilizzato. Lavoro con dieci rappresentanti del settore gastronomico. Gli altri puntano sui grossisti. Cos’altro si può fare?», soggiunge evasivamente.

Da 3 a 600 bottiglie Dal 2011 la società Giroud Vins si profila sul mercato europeo tramite un distributore. «Collaboro con Grands Chais de France che rappresenta una rete di 300 commercianti con cui sono in contatto. I quantitativi degli ordini che riceviamo variano da 3 a 600 bottiglie. Le spese per la logistica che altrimenti potrebbero ammontare a 3 a 5 franchi a bottiglia scendono così a 20–30 centesimi.» Ma un produttore svizzero può far valere i suoi interessi presso un tale gigante? La risposta è immediata: «Grands Chais de France non mi riprende 10 000 bottiglie per vedere se si vendono da sole!» Il viticoltore può agire a sostegno, con una partecipazione a delle fiere.

La crisi è già in atto Il sistema funziona nei due sensi. Dominique Giroud acquista presso il suo partner prodotti francesi e stranieri. Le sue enoteche di Sion, Losanna e Ginevra si limitano alla valorizzazione dei

vini locali. Viva l’Europa, quindi! «Questo mercato è fermo!», dichiara l’imprenditore. La crisi è già in atto, la tendenza è verso la saturazione. «La sola cosa che permette di fidelizzare la clientela, sono i prezzi e le promozioni», aggiunge un po’ provocatorio. Sebbene sia contento di essere presente su questo mercato non pensa di aumentare i suoi sforzi sul Vecchio Continente.

Rotta verso l’Oriente «I mercati del futuro sono la Russia, la Cina e altri Paesi asiatici. La clientela asiatica ama oramai fare nuove scoperte, mentre fino al 2002 i ristoranti gastronomici servivano ancora del whisky per accompagnare i piatti. La cultura del vino si è ampiamente evoluta da allora.» In alcune città cosmopolite si è affermata nel giro di cinque anni. Il direttore di Giroud Vins si è affacciato a questo nuovo mondo creando una filiale a Singapore per la quale ha ripreso il nome delle sue enoteche di Losanna e Ginevra, ossia Wine Universe. La società impiega venti persone di cui una quindicina nel ristorante inaugurato nel 2009. «È uno dei migliori della città. Contemporaneamente ho aperto un’enoteca e il primo wine bar del Paese.» Tutto ciò nel centro nevralgico di questa metropoli con i suoi sei milioni di abitanti. E il successo non si è lasciato attendere. Ma le cose cambiano velocemente. A Singapore ogni mese chiudono 500 e aprono 750 ristoranti. E i wine bar si moltiplicano. Dominique Giroud ha capito che per potere sopravvivere doveva rinnovarsi. Infatti è in preparazione un nuovo concetto, più mirato. «Il nostro valore aggiunto rimane la valorizzazione dei prodotti svizzeri.» Si ferma qui rifiutando di rivelare ulteriori dettagli. 21


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«A Singapore, il mio problema principale sono le risorse umane. I clienti non destano alcuna preoccupazione!»

Un supplemento di audacia Originariamente allevatore di mucche di razza Hérens, Dominique Giroud sostiene che alle volte bisogna agire rapidamente. Infatti, per l’apertura della sua filiale non ha richiesto aiuto a nessuna amministrazione o camera di commercio. «Ritengo più efficiente capire subito qual è la realtà del mercato.» E quindi ha investito lui stesso in questa avventura. «Per un imprenditore non esistono formule magiche. Arriva il momento in cui bisogna assumere dei rischi e lanciarsi.» Inizialmente ha lavorato con dei soci di Singapore le cui quote ha poi rilevato. «Gli affari sono andati subito bene. Dopo un anno avevamo già ammortizzato la metà dell’investimento. Dopo due la curva si è stabilizzata. Ora siamo in positivo.»

Tassa di 7 dollari a bottiglia! Ad ascoltarlo tutto ciò può sembrare facile. «Cinque anni fa credevo che l’eldorado esistesse davvero. Ma ho dovuto ricredermi dopo solo tre mesi. Ogni mercato deve essere costruito con una strategia ben definita.» Si è dovuto quindi confrontare con un 22

sistema fiscale che tassa con 7 dollari di Singapore (ca. 5 franchi) qualsiasi tipo di bottiglia. A fronte di questa realtà c’è minore interesse ad esportare i vini di qualità inferiore. «Considerati i suoi prezzi di produzione, la Svizzera può esportare soltanto i vini migliori. Di conseguenza in Asia i miei concorrenti non sono i vini spagnoli o italiani ma i Bourgogne e i Bordeaux.» Da qui nasce la necessità di produrre soprattutto vini di elevata qualità, un salto di qualità che non lo spaventa. È peraltro nei piani di molti altri viticoltori della Svizzera romanda.

Adeguarsi alle difficoltà del posto A Singapore ha dovuto imparare a confrontarsi con un’amministrazione alquanto puntigliosa. «Le risorse umane costituiscono il problema principale.» È molto complicato fare assumere stranieri. È quindi stato necessario formare personale in loco. E questo si inserisce perfettamente nella mentalità degli svizzeri, sempre felici di trasmettere il proprio know-how. Se non fosse che... «le relazioni tra il datore di lavoro e il dipendente sono molto diverse da quelle che conosciamo noi. La persona che


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Dal 2009 a Singapore, Dominique Giroud intende accedere al mercato cinese nell’imminente futuro.

formate vi lascerà non appena un concorrente gli proporrà condizioni migliori». Risultato: i suoi collaboratori sono istruiti sui prodotti proposti alla vendita. Per informazioni più dettagliate bisogna rivolgersi al direttore! Quest’ultimo che lavora da diversi anni con Dominique Giroud si è insediato a Singapore di recente dove ora gestisce la filiale e sonda gli altri mercati come la regione del Sudest asiatico.

I progetti vengono sviluppati dai suoi collaboratori a Sion. Egli si avvale anche delle competenze locali di cui trae vantaggio tramite la sua rete di vendite. «Ogni mercato presenta le sue peculiarità. Quello europeo richiede principalmente Fendant e poco Dôle. I cinesi sono interessati ai vitigni tradizionali, alle specialità. Aspetto una quindicina di importatori. Degusteranno principalmente dei Petite Arvine, Cornalin, Heida...»

La prossima tappa

Ancora per qualche mese si occuperà delle modalità per conquistare i consumatori cinesi, dopodiché toccherà alla clientela russa!

La prossima tappa sarà ben presto la Cina. Anche in questo caso Dominique Giroud si rifiuta di parlare di un progetto non ancora finalizzato. «Si tratta di un mercato molto diverso da quello di Singapore. È facile cadere in qualche trappola. Ogni anno vengono prodotte all’incirca 300 000 bottiglie di Lafite-Rothschild. Ma in Cina se ne vendono 2,6 milioni all’anno!» Per cautela ha già rifiutato una proposta di wine bar in franchising. A suo avviso la soluzione ideale è quella della filiale di vendita. Non a Pechino o Shanghai, dove il mercato è già saturo, ma nelle città minori (con comunque qualche milione di abitanti!).

Vincent Borcard

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Trust come strumento di pianificazione successoria

Spesso, soprattutto in ambito finanziario, si legge o si sente parlare dei cosiddetti trust. Ma che cosa sono esattamente? I trust vengono utilizzati in particolare nell’ambito della pianificazione successoria. Presentano alcuni paralleli con le fondazioni svizzere, dalle quali comunque differiscono anche in modo notevole.

In effetti «fondazione» è una delle varie possibilità per tradurre la parola inglese «trust», che significa, tra le altre cose, anche «fiducia, gruppo, patrimonio amministrato in modo fiduciario». Un trust, però, presenta differenze sostanziali rispetto a una fondazione ai sensi del diritto svizzero. Tra i punti principali sono da annoverare: – un trust non ha obblighi formali; – una fondazione deve assolvere a uno scopo di pubblica utilità; – essenzialmente la fondazione non può rimborsare al fondatore il capitale da questi apportato; il trust invece può essere sciolto in qualsiasi momento dal «settlor» (fondatore) e il patrimonio restante può essere restituito. (Vedi anche WIRPLUS luglio 2013, p. 34: «La fondazione di pubblica utilità in Svizzera»)

Patrimonio segregato Se utilizzato e strutturato in modo corretto, un trust può essere una soluzione interessante per la pianificazione successoria. Nell’ambito di un trust, un «settlor» (fondatore) trasferisce a un terzo («trustee» o fiduciario/amministratore) un patrimonio a favore di uno o più beneficiari ai fini della gestione. Caratteristica peculiare di un trust è il trasferimento del patrimonio al trustee. In altre parole, con un trust la proprietà dei valori patrimoniali in questione viene trasferita al trustee che ne diventa quindi formalmente il proprietario; il proprietario originario resta più o meno a mani vuote. La summenzionata cessione della proprietà può dare adito a 24

qualche dubbio, ma la legge pone limitazioni ben chiare. Presso il trustee il patrimonio ceduto rappresenta un patrimonio segregato, ossia separato dal patrimonio personale del trustee. Per quanto quindi il trustee ne sia formalmente il proprietario, i suoi creditori personali non possono avanzare pretese sul patrimonio segregato che, inoltre, non figura nella massa successoria del trustee e dunque non può essere trasferito ai suoi eredi. Il capofamiglia facoltoso che desidera che al proprio decesso quanto è stato accumulato durante la vita propria e dei suoi predecessori passi all’ampia cerchia dei familiari può quindi partire dal presupposto che il trustee, per quanto sia il proprietario formale, non può abusare del patrimonio per ripagare i propri debiti privati o trasmetterlo ai propri eredi. Il trustee è inoltre tenuto a ottemperare a un esteso regolamento che ne disciplina i diritti e doveri, come spiegato più avanti.

Le parti del trust Il trust è composto da due gruppi di persone. Il fondatore del trust è il cosiddetto «settlor» (fiduciante) che trasferisce il patrimonio a un «trustee» (fiduciario) sulla base dei documenti del trust (il regolamento). Importante al riguardo è che i valori patrimoniali provengano direttamente dal settlor e che quindi vengano trasferiti al trustee a suo nome e da un suo conto. Funge poi da terza parte il gruppo di beneficiari, in cui vengono definiti i beneficiari durante la vita e in caso di decesso


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del settlor. Il gruppo di beneficiari è suddiviso generalmente in beneficiario prioritario, secondi beneficiari e beneficiari terzi. • Beneficiario prioritario: beneficiario prioritario durante il periodo in cui è in vita è in genere lo stesso settlor. In altre parole il settlor è l’unico ed esclusivo beneficiario prioritario del patrimonio e dei redditi del trust. Visto che però il settlor non è più il proprietario formale dei valori patrimoniali, come può accedere ai valori patrimoniali? Può presentare al trustee una domanda in cui chiede di versargli un determinato importo dal patrimonio del trust ad uso personale, ad esempio l’acquisto di un immobile o di un’automobile. Affinché il pagamento in questione venga autorizzato il trustee deve accettare la richiesta in via formale. Ai sensi della legge sui trust, il trustee è l’unico a disporre del potere di disposizione sui valori patrimoniali del trust, quindi è anche il solo ad avere l’autorizzazione alla firma per i relativi conti. La figura giuridica del trust impedisce che il settlor disponga direttamente del conto. Una possibilità è invece rappresentata da una procura di gestione limitata che gli consente di gestire e investire il patrimonio, ma non di effettuare pagamenti. Questi processi tecnici vanno rispettati con il massimo rigore. • Secondi beneficiari: questi intervengono in caso di decesso del settlor e sono spesso i figli di quest’ultimo. A seconda dei casi può o meno essere coinvolto il coniuge. Qualora i secondi beneficiari non dovessero sopravvivere al settlor, in genere si ricorre alla prole dei secondi beneficiari deceduti prima, ossia ai nipoti del settlor. La regolamentazione dei beneficiari è libera, ma sussiste l’obbligo di ottemperare a determinate disposizioni del diritto successorio.

La struttura del trust Tra i paesi che presentano una lunga tradizione nell’ambito dei trust e prevedono altresì normative in merito fanno parte la Nuova Zelanda, Singapore, Hong Kong e le Bahama. La fondazione del trust avviene in funzione di un apposito regolamento, le cui radici affondano nel diritto anglosassone. Detto regolamento è vincolante per il trustee e definisce, tra le altre cose, i motivi per i quali il trustee può effettuare distribuzioni dal patrimonio del trust. Spesso detto regolamento è integrato da un documento in cui il settlor stabilisce la propria volontà per quanto concerne le distribuzioni, i beneficiari o il modo di

procedere in caso di una sua eventuale incapacità di intendere e volere. Questa «lista dei desideri», tuttavia, non è vincolante per il trustee. Il trustee ha la facoltà, ma non l’obbligo, di tenere conto di questi desideri nella misura in cui giudicherà soddisfatte le premesse necessarie al riguardo. Ovviamente questi documenti integrativi sono spesso formulati in sintonia con il regolamento del trust, per cui il problema non si pone.

Riconoscimento del trust in Svizzera La Svizzera non prevede nella propria normativa la figura giuridica del trust. Ciononostante da tempo i trust esteri vengono riconosciuti in Svizzera nell’ambito del diritto civile. Dall’entrata in vigore della Convenzione dell’Aia il 1° luglio 2007 la certezza del diritto è ulteriormente aumentata in quanto essa prevede il riconoscimento del trust come forma giuridica anche in Svizzera. I beneficiari svizzeri di trust esteri possono quindi avvalersi dei trust come strumento di pianificazione successoria.

Vantaggi e svantaggi del trust Un aspetto vantaggioso è dato dalla grande flessibilità nella strutturazione della clausola sui beneficiari rispetto alle possibilità offerte dal diritto successorio. Il patrimonio segregato ceduto al trustee gode di una grande tutela e la neutralità del trustee dovrebbe garantire il proseguimento e il trattamento corretto di tutti i beneficiari. Inoltre, i beneficiari del trust possono godere di vantaggi fiscali che non sussistono invece nel caso dell’eredità classica. La cessione del patrimonio a terzi può senz’altro comportare determinati svantaggi o suscitare qualche perplessità. Un aspetto importante al riguardo è che il rapporto tra settlor, trustee e beneficiario sia caratterizzato dalla massima fiducia. Un altro aspetto criticato è che i trust possono offuscare i rapporti di proprietà o, eventualmente, violare i diritti di parti legittime.

Conclusione Vale la pena occuparsi di questo strumento di pianificazione successoria alternativo di sempre maggiore diffusione. Il ricorso a un trust potrebbe imporsi soprattutto nel caso di situazioni complesse in merito al patrimonio familiare, come nel caso di un’impresa familiare. MIRCO LOMBARDI WWW. LOMBARDIPARTNERS.COM

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Mantenere e consolidare la posizione di mercato L’impresa è stata fondata, la visione e i principi guida formulati e l’orientamento strategico definito. Dopo un periodo di avviamento l’impresa comincia a produrre risultati positivi – grazie all’impegno di ogni singolo collaboratore.

Come riesce un dirigente di una PMI a tutelare il suo posizionamento sul mercato conquistato duramente? Quali sono i fattori determinanti? Quali elementi assumono un ruolo di rilievo?

Bruno Bianchi e il suo ottimismo L’impresa fondata da Bruno Bianchi* e il suo lavoro quotidiano gli danno molte soddisfazioni anche se a volte lo stress non manca. Fondamentalmente è essenziale essere ottimisti. Si tratta di tro26

vare il giusto equilibrio, ovvero restare dinamici senza perdere la calma. Sono numerosi gli interlocutori di Bruno Bianchi: clienti, fornitori, banchieri, rappresentanti comunali, collaboratori e così via. Ma Bruno Bianchi deve anche prendersi il tempo per lo sport, altre attività di svago nel tempo libero e le vacanze. In qualità di imprenditore è indispensabile recuperare le forze per realizzare gli obiettivi commerciali ma anche per tenere debito conto degli aspetti della salute psicofisica.


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Il lavoro assume un ruolo primario per cui è necessario trovare sempre nuove fonti di energia. Nei colloqui con colleghi Bruno Bianchi sottolinea spesso che in veste di imprenditore a volte si tende a sottovalutare ciò che accade nel quotidiano lavorativo e a sopravvalutare le proprie capacità. Come imprenditore è fondamentale essere sempre consapevoli della propria esperienza. Se prevalgono la motivazione e la fiducia, tutto procede in modo molto più soddisfacente, la passione per il proprio lavoro è un elemento chiave. Chi alzandosi la mattina è contento di andare a lavorare sbriga meglio e con maggiore facilità i propri compiti. Chi dice di sì a un’attività indipendente dice di sì a un progetto. A volte però è anche necessario dire di no e tornare sui propri passi. Ad esempio un timing sbagliato o aspetti legali possono incidere negativamente su un progetto. Si ha comunque sempre il diritto di cambiare opinione qualora emergano nuovi aspetti imprevisti. In essenza, si tratta quindi di riconoscere e sfruttare le opportunità.

Promuovere i collaboratori Bruno Bianchi vuole che i suoi collaboratori partecipino attivamente al contesto professionale: il suo obiettivo è comprenderli, accompagnarli, sostenerli e promuoverli. I collaboratori devono potersi sviluppare sia dal lato specialistico sia da quello umano. Sono quindi aumentati i requisiti posti ai collaboratori. L’obiettivo primario di una gestione di successo è quello di stimolare i collaboratori a livello professionale e personale affinché diano «volontariamente» il loro meglio e si identifichino con gli obiettivi convenuti congiuntamente. Bruno Bianchi e il suo team dirigenziale si prendono molto tempo per definire gli obiettivi insieme ai loro collaboratori attraverso una comunicazione aperta e sincera. È importante individuare le esigenze di ogni singolo collaboratore e creare le premesse per poterle soddisfare.

Orientamento alla qualità e ai clienti Bruno Bianchi e i suoi collaboratori sono consapevoli del fatto che il concetto di qualità può essere interpretato in vari modi.

alle esigenze e aspettative del cliente, tra cui si annovera pure un rapporto prezzo-prestazioni equo. Un prezzo elevato può essere giustificato unicamente da una buona qualità. Il grado qualitativo di un’offerta è determinato significativamente dalla sua affidabilità o sicurezza, ma anche i vari servizi che la accompagnano possono essere di grande importanza per il cliente, ad esempio le condizioni di pagamento vantaggiose o l’elevata competenza di consulenza. Altri elementi di particolare rilievo per la soddisfazione durevole dei clienti sono il servizio e le garanzie. Anche la puntualità fa parte di un buon servizio alla clientela. Al più tardi quando si tratta di far valere i diritti di garanzia si rivela quanto sia credibile l’impresa e quanto ci tenga a soddisfare i propri clienti a lungo termine. Problemi e reclami dei clienti possono avere ripercussioni negative sull’immagine dell’impresa. A volte è necessario convenire una soluzione di compromesso con il cliente. Per quanto possibile e sostenibile si dovrebbe sempre venire incontro al cliente: qui si tratta della correttezza. Nella nostra era dell’informazione e comunicazione è altresì importante essere raggiungibili facilmente per il cliente (telefonicamente, via e-mail). Risultati positivi consolidano la fiducia del cliente in un’impresa e rafforzano la sua fidelizzazione. Peraltro, anche il passaparola ha effetti che non devono essere sottovalutati. Se, da un’ottica oggettiva, le buone prestazioni vengono accompagnate dalla cortesia dei collaboratori, le prospettive di soddisfare il cliente sono ottime. Bruno Bianchi e il suo team si dedicano in permanenza al raggiungimento di questi obiettivi.

Conclusione Quanto più la filosofia della qualità è correlata all’orientamento alla clientela, tanto più il valore aggiunto è elevato per tutte le parti interessate. L’atteggiamento personale della direzione dell’impresa e dei suoi collaboratori contribuisce in modo determinante alla creazione di effetti sinergici positivi tra l’offerente e il cliente.

La domanda prioritaria è dunque: che cosa vuole il cliente? Per l’impresa si tratta di capire a quali aspetti qualitativi o «parametri di valutazione» è necessario dare la debita considerazione.

Enrico Lombardi intra dm ag, training & marketing, Zurigo

La prestazione di un prodotto o di un servizio rappresenta un primo parametro di valutazione. La prestazione deve rispondere

* Nome scelto casualmente. 27


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Pollo arrosto senza rivali?

Chi decide di mettersi in proprio può fare concorrenza al suo ex datore di lavoro, a meno che il contratto di lavoro non preveda un divieto esplicito in questo senso. Tale divieto, però, non solo non può essere troppo restrittivo, ma può persino venire annullato involontariamente o attraverso qualche formulazione retorica, apparentemente innocua, nel certificato di lavoro.

Claudio Fiori*, titolare di una piccola catena di chioschi per spuntini che hanno la fama di vendere i migliori polli allo spiedo della città, fuma di rabbia: un’azienda sua cliente ormai da molti anni gli ha appena annunciato che, per la festa d’estate, ha deciso di rivolgersi alla concorrenza. Il gerente di Claudio Fiori, il signor G., che ha lasciato la ditta del signor Fiori appena un mese fa, ha aperto un chiosco di polli allo spiedo alla periferia della città che offre praticamente gli stessi prodotti. In più, propone anche un servizio di catering a prezzi imbattibili. Claudio Fiori non aveva accettato la richiesta del gerente, che voleva diventare partner e socio della ditta. Ecco il motivo per cui il signor G. se n’è andato. Perdere un collaboratore competente di lunga data è già un colpo abbastanza duro, ma l’apertura di un chiosco di polli arrosto equivale a una dichiarazione di guerra. Claudio Fiori tira però un sospiro di sollievo: fortunatamente in tutti i suoi contratti di lavoro ha fatto inserire un divieto di concorrenza! Presto il suo avvocato comunicherà al signor G. che, in virtù di questo divieto, non può continuare a gestire il chiosco e che deve addirittura versargli 50 000 CHF di risarcimento...

mercato. La concorrenza, inoltre, obbliga a innovarsi costantemente, mantiene sotto controllo i prezzi e nella maggior parte dei casi migliora anche la qualità dell’offerta. Uno dei principi fondanti dell’economia di mercato e della libertà economica è proprio la concorrenza, a cui si unisce la libertà di imitazione. Copiare, sviluppare e migliorare sono iniziative auspicabili. Ma dove tutto viene copiato, il finanziamento di ricerca e sviluppo finisce per esaurirsi: si investono milioni, infatti, soltanto se c’è la possibilità di ottenere un congruo tornaconto. Ecco perché sono necessari i brevetti, che conferiscono all’autore di un’invenzione il diritto, limitato nel tempo, di godere dell’esclusiva nello sfruttamento della sua invenzione. La libera concorrenza trova poi un altro limite quando sconfina nell’utilizzo di mezzi sleali e nello sfruttamento delle debolezze dei detentori di un monopolio. La Legge federale contro la concorrenza sleale (LCSI) è stata allestita per arginare questo genere di derive. La LCSI svolge una funzione importante soprattutto per quanto riguarda la sottrazione di clienti nella misura in cui vieta di sottrarre in modo ingannevole o fallace i clienti.

La concorrenza vivacizza il mercato

Concorrenza da parte dei dipendenti

I consumatori hanno tutto da guadagnare quando sono in due a offrire lo stesso prodotto, perché più concorrenza vivacizza il

La necessità di conciliare libero sviluppo economico da una parte e tutela degli investimenti nei mercati di sbocco dall’altra si

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rispecchia anche nel diritto del lavoro. In linea di principio il dipendente deve avere modo di realizzarsi liberamente dal punto di vista professionale e nessuno può impedirgli di applicare con successo le competenze acquisite sul posto di lavoro. Nella libera concorrenza anche i contatti basati sulla sua persona sono inviolabili. Quando invece, attraverso il rapporto di lavoro, il dipendente è venuto a conoscenza di vantaggi competitivi che il datore di lavoro ha sviluppato o potenziato con notevole dispiego di risorse, il loro utilizzo si traduce in un atto di concorrenza e in un danno a carico del datore di lavoro.

Obbligo di fedeltà Per tutta la durata del rapporto di lavoro il dipendente non può fare concorrenza al datore di lavoro in virtù dell’obbligo di fedeltà. Tuttavia può, già durante il rapporto di lavoro, cercare un nuovo datore di lavoro o avviare le pratiche per mettersi in proprio. L’apertura del chiosco appena un mese dopo la fine del contratto significa una cosa sola, e cioè che il signor G. ha pianificato l’apertura dell’impresa concorrente e avviato le pratiche necessarie mentre si trovava ancora alle dipendenze di Claudio Fiori, il tutto in modo perfettamente legale. A Claudio Fiori non resta che ingoiare il rospo e prendere atto che il signor G., nonostante abbia messo in piedi l’infrastruttura della sua ditta mentre lavorava ancora per lui, non ha contravvenuto ai suoi obblighi.

Divieto di concorrenza Ad eccezione dell’obbligo di segretezza, tutti gli obblighi del dipendente cessano con l’estinzione del rapporto di lavoro. Pertanto, una volta che il contratto di lavoro non è più in vigore, è possibile fare concorrenza all’ex datore di lavoro senza limitazioni di sorta. Tuttavia, una volta che il rapporto di lavoro è finito, un dipendente, che soltanto per l’esercizio delle sue mansioni, senza controprestazione alcuna, è venuto a conoscenza di segreti del suo datore di lavoro, non deve cagionargli danno sfruttando le conoscenze acquisite. Ecco perché, in questi casi, la legge prevede in via eccezionale un divieto di concorrenza che, per essere valido, deve soddisfare cinque premesse: 1. capacità di agire del dipendente; 2. carattere scritto del divieto; 3. conoscenza da parte del dipendente della clientela o dei segreti di fabbricazione e commerciali del datore di lavoro; 4. eventuali danni a carico del datore di lavoro derivanti dell’utilizzo di questa conoscenza; 5. nessun ostacolo ingiusto al progresso economico del dipendente, ragione per la quale il divieto deve essere limitato territorialmente, temporalmente e funzionalmente all’attività svolta. 30

G. si era impegnato per iscritto a non fare concorrenza a Claudio Fiori sull’intero territorio della città «con un’attività di chioschi per spuntini» per un periodo di un anno. Adesso bisogna accertare se questo divieto soddisfa tutte le premesse di cui sopra. Basta infatti che ne manchi una per renderlo nullo. La limitazione territoriale, temporale e funzionale all’attività svolta deve essere definita nel modo più circoscritto possibile e in rapporto diretto con l’attività stessa. Le limitazioni troppo ampie non inficiano la validità del divieto, ma vengono drasticamente ridotte dai tribunali. La limitazione al territorio della città coincide con il territorio nel quale Claudio Fiori svolge la sua attività ed è pertanto corretta. Anche la limitazione temporale a un anno sembra consona. Il termine massimo previsto dalle legge, pari a tre anni, presuppone circostanze particolari. Solitamente i tribunali riducono la durata a un periodo compreso tra 6 e 18 mesi. Soltanto un atto di concorrenza in competizione diretta con l’ex datore di lavoro può essere escluso per contratto. La limitazione funzionale all’attività svolta descrive l’attività oggetto del divieto. Il campo di applicazione del divieto di concorrenza – «attività di chioschi per spuntini» – è troppo ampio. Vista la gamma variegata di chioschi per spuntini che esistono sul mercato, il signor G. potrebbe ad esempio gestire un chiosco di kebab senza sfruttare i segreti commerciali di cui è venuto a conoscenza. Segreti che potrebbe invece utilizzare a suo vantaggio nel caso di un chiosco di pollame. Introducendo un divieto di concorrenza troppi datori di lavoro vogliono mettersi al riparo dalla concorrenza che gli ex dipendenti potrebbero esercitare nei loro confronti senza aver veramente creato qualcosa che meriti di essere tutelato. E troppi dipendenti sottoscrivono alla leggera un divieto di concorrenza dando per scontato che comunque non verrà applicato. È proprio la mancanza di un’attenta riflessione sulle conseguenze di un divieto di concorrenza a portare a diatribe legali che finiscono spesso davanti ai giudici.

In caso di dubbio, a fare le spese è il datore di lavoro Molti patti di non concorrenza falliscono perché si scontrano con enormi ostacoli, ovvero l’effettiva possibilità di venire a conoscenza dei veri segreti commerciali di un’azienda e gli ingenti danni che queste informazioni potrebbero causare. Da questo punto di vista, in caso di dubbio i tribunali decidono a sfavore del datore di lavoro e per la libertà economica. Il riconoscimento di un segreto commerciale o di fabbricazione che merita di essere protetto non presuppone né la brevettabilità né alcuna altra forma di tutelabilità. Sono invece necessarie com-


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petenze tecniche, organizzative o finanziarie speciali che siano segrete e che il datore di lavoro voglia mantenere tali. A questo proposito deve risultare chiaro che il datore di lavoro ha dovuto investire notevoli risorse in termini di tempo, denaro e know-how per acquisire tali competenze, che possono essere competenze di natura tecnica, piani, scoperte di laboratorio, fornitori, calcoli di prezzo, strategie di marketing ecc. Tra queste competenze non rientrano tuttavia quelle acquisite attraverso l’esperienza lavorativa e neppure le conoscenze settoriali meno generiche. Claudio Fiori sostiene che la sua salsa speciale, da lui stesso creata e famosa in tutta la città, le informazioni relative alle esigenze dei clienti sistematicamente valutate negli anni, le basi di calcolo e l’elenco clienti per gli ordini ricorrenti di catering aziendale sono segreti meritevoli di protezione. Poiché la salsa non solo è davvero speciale, ma è anche parte del suo successo, Claudio Fiori non ne ha mai svelato la ricetta. Il signor G. ha effettivamente avuto modo di venire a conoscenza di un segreto di fabbricazione che merita di essere tutelato. La produzione della salsa da parte di terzi può danneggiare gli interessi finanziari di Claudio Fiori. A essere protetti sono anche i contatti con la clientela nel ramo del catering, contatti che Claudio Fiori ha costituito e curato in anni di attività. In qualità di gerente il signor G. è stato anch’egli in contatto con i clienti aziendali per diverso tempo e ha quindi avuto la possibilità di farsi un’idea delle caratteristiche e dei bisogni di questi clienti. Perciò oggi il signor G. è in grado di sottrarre clienti al suo ex datore di lavoro. Determinante ai fini della validità del divieto di concorrenza è l’intensità della relazione: un contatto normale o la semplice conoscenza degli elenchi con i nominativi dei clienti non basterebbero. Claudio Fiori deve invece dimostrare che cosa c’è di così speciale nelle sue basi di calcolo che impedisce di classificarle tra le semplici conoscenze settoriali.

Indennità per perdita di guadagno Il divieto di concorrenza è dunque valido nonostante il signor G. dia per scontato il contrario. Non è tuttavia escluso che un tribunale ritenga i segreti commerciali di Claudio Fiori non meritevoli di protezione e la loro conoscenza tale da non costituire una minaccia. Claudio Fiori avrebbe fatto meglio a introdurre nel divieto di concorrenza un’indennità: i divieti di concorrenza con una controprestazione vengono di solito più facilmente difesi dai giudici. In Germania l’indennità per perdita di guadagno è addirittura obbligatoria.

Sanzioni Tra le sanzioni contemplate in caso di violazione di un divieto di concorrenza figurano il risarcimento del danno, il pagamento di una penale e l’adempimento in natura. L’adempimento in natura è escluso nei casi di divieto di concorrenza ordinari. Esso può essere invocato soltanto di fronte ad azioni del dipendente in netto contrasto con il principio della buona fede, per le quali il datore di lavoro può subire un danno particolarmente ingente. Un danno concreto deve essere dimostrato dal datore di lavoro, cosa che nella prassi è difficilmente realizzabile. Per questo si raccomanda di convenire una somma forfettaria per sanare la violazione. Naturalmente l’importo concordato non può venire scelto a caso, ma deve essere proporzionale al danno più elevato possibile. A partire da questo massimo assoluto la soglia superiore può essere pari alla metà fino a un anno intero di salario.

Soppressione del divieto di concorrenza in caso di disdetta del rapporto di lavoro La disdetta del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro comporta di solito la soppressione automatica del divieto di concorrenza. Lo stesso vale quando è il datore di lavoro a licenziarsi adducendo una motivazione fondata, ad esempio un salario di gran lunga inferiore a quello offerto abitualmente sul mercato o un clima sgradevole all’interno dell’azienda. Il fatto che Claudio Fiori abbia respinto la richiesta del signor G. di diventare socio a pieno titolo della ditta non costituisce una motivazione fondata per la disdetta data dal signor G. Da questo punto di vista, quindi, il signor G. non sarebbe messo molto bene...

L’errore di Claudio Fiori Claudio Fiori avrebbe insomma buone possibilità di far valere il divieto di concorrenza inserito nel contratto di lavoro con il signor G. Purtroppo, però, si è giocato questa chance a causa di una formulazione poco accorta nel certificato di lavoro rilasciato al signor G., dove è scritto nero su bianco: «Il signor G. lascia la nostra ditta libero da ogni obbligo.» Questa frase può essere interpretata come una rinuncia vincolante al divieto di concorrenza. Molti tribunali hanno già deliberato in questo senso. Claudio Fiori può quindi continuare a prendersela, ma deve farlo soprattutto con sé stesso. Infatti, malgrado abbia inserito nel contratto di lavoro un divieto di concorrenza valido che avrebbe soddisfatto tutti i severi requisiti posti dai tribunali, ha di fatto annullato i suoi diritti attraverso l’uso poco accorto di una formulazione standard nella stesura del certificato di lavoro. Prof. Ursula Guggenbühl

* Nome fitizzio

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Contrarre debiti per risparmiare imposte? Beato chi non ha problemi di soldi. Tutto sommato, il benessere materiale contribuisce a rendere la vita più piacevole. Ma conviene davvero contrarre dei debiti per risparmiare sulle imposte? La domanda si riferisce a una ristrutturazione ottimale del patrimonio dal punto di vista fiscale. Con un giudizio specifico viene sfatato un pregiudizio generale.

Chiariamo subito: non ha alcun senso accendere un debito solo per pagare meno imposte. E nemmeno spendere più di quello che si guadagna per abbattere l’imposta sulla sostanza. Senza contare che tale imposta incide pesantemente solo a partire da un determinato ammontare. Occorre un patrimonio di almeno sette cifre per cominciare a riflettere su come contenerla. Così facendo, è possibile realizzare senza problemi un consistente risparmio senza temere gravi ripercussioni fiscali. Chi comunque contrae un debito – sotto forma di prestito o di credito al consumo – può detrarre gli interessi passivi dal reddito dichiarato.

Acquistare in contanti in genere costa meno Gli interessi passivi sono un’arma a doppio taglio. Nei crediti al consumo o nei contratti di leasing possono far lievitare il prezzo dei beni acquisiti del 30%–60%. Anche se si considera la deducibilità fiscale, resta comunque un rincaro del 20%–40% rispetto all’acquisto in contanti. Si tratta di un calcolo approssimativo: l’esatta maggiorazione dipende dal tasso creditizio, dalla durata di vita dell’oggetto trattato e dall’aliquota dell’imposta sul reddito. In generale, un acquisto in contanti è meno costoso di un acquisto a credito. Il risparmio in termini fiscali ottenuto mediante detrazione degli interessi passivi è in ogni caso inferiore all’importo degli interessi passivi da pagare. Questo perché in Svizzera le aliquote fiscali ammontano a meno del 100% e i costi 32

supplementari possono quindi essere dedotti solo nella misura della percentuale applicata. Se l’aliquota fiscale fosse superiore al 100% la valutazione cambierebbe, pur lasciando invariato il ragionamento teorico.

Reddito da sostanza vs interessi passivi Un’altra domanda che si pone è se conviene contrarre debiti pur avendo una disponibilità patrimoniale. Un esempio: qualcuno con 1 milione di franchi CHF accende un prestito di un altro milione per aumentare i redditi conseguiti sulla sostanza e poter detrarre gli interessi passivi dal reddito dichiarato. Anche in questo caso ribadiamo che non è opportuno ricorrere a un trasferimento patrimoniale solo allo scopo di ridurre le imposte. Nella nostra ipotesi l’aumento del patrimonio in titoli da uno a due milioni porta a un raddoppio dei redditi da sostanza, che devono essere dichiarati. A fronte di ciò è ammesso effettuare solo la detrazione degli interessi passivi. Se entrambi hanno lo stesso importo le conseguenze fiscali si neutralizzano. Se i proventi ricavati sono minori degli interessi pagati, allora il ritorno fiscale è negativo. Ma un «contentino» lo abbiamo in tutti i modi: possiamo dedurre la perdita (nel nostro caso la differenza tra gli interessi passivi e quelli attivi) dal reddito imponibile. Questo risponde anche alla domanda relativa all’opportunità di rimborsare i debiti ipotecari. Nella maggior parte dei casi si tratta della soluzione migliore,


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dato che un privato non consegue gli stessi interessi di una banca. La situazione cambia se il rendimento risulta maggiore rispetto agli interessi bancari. Ma a questo punto non sarebbe più una valutazione di carattere fiscale, ma puramente commerciale.

Ottimizzare la composizione del patrimonio L’aspetto fiscale non è che una delle componenti di cui tenere conto, come avremo modo di dimostrare nel seguito. Sia chiaro una volta per tutte: indebitarsi per risparmiare imposte non conviene. Un ulteriore punto particolarmente complesso da vagliare riguarda il trasferimento patrimoniale che ha come obiettivo la ristrutturazione ottimale del patrimonio sotto il profilo fiscale ed economico. Ad esempio mediante la stipulazione di una polizza sulla vita con versamento unico. Una simile operazione genera un reddito che, a seconda delle condizioni tributarie applicate, è esentasse (o tassato a un’aliquota ridotta). O con la creazione di un portafoglio titoli. Ciò consente, a seconda delle condizioni tributarie applicate, di realizzare utili di capitale o – come insegna l’esperienza in passato – perdite di capitale, entrambe non soggette a imposizione.

Limiti per la detrazione degli interessi passivi Con l’acquisto di un terreno si assume – al posto di un capitale mobiliare e dei redditi connessi – una proprietà immobiliare con i

redditi connessi e gli interessi ipotecari. In una prima fase ciò si riflette in un minore carico fiscale. Si fa osservare a questo proposito che per la detrazione fiscale degli interessi passivi vigono dei limiti che devono essere tassativamente rispettati. In linea di massima, i redditi imponibili del capitale mobiliare sono più elevati del valore locativo proprio al netto dei costi di manutenzione e degli interessi passivi. In un’ottica di lungo periodo però il discorso si fa incerto. In funzione di diverse variabili come immobilizzazione, inflazione, livello dei tassi, utili da sostanza immobiliare ecc. i risultati possono variare sensibilmente. Anche in questo contesto, l’aspetto fiscale non è che una delle componenti di cui tenere conto. Pertanto la proprietà immobiliare deve essere acquisita non tanto per motivi fiscali, quanto per considerazioni di altro tipo. Se si vogliono ottenere dei risparmi consistenti occorre procedere a un’analisi personalizzata. A una prima lettura, i debiti non sono fiscalmente convenienti, ma è possibile che nel quadro di un esame della situazione individuale si rivelino una valida alternativa. Dott. iur. Bernhard Madörin L’autore è laureato in giurisprudenza e diplomato esperto revisore dei conti e fiscalista. Ha pubblicato oltre venti libri, gran parte dei quali su temi nell’ambito del diritto societario, fiscalità e auditing. È membro di circa cinquanta comitati esecutivi.

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La vera assistenza alla clientela è d’importanza determinante I servizi alla clientela di un’azienda come per esempio l’assistenza e la garanzia sono molto importanti ma possono anche essere costosi. Attualmente, il cliente ha buone possibilità d’informarsi e di fare confronti, p. es. su piattaforme d’informazioni su Internet. Una buona assistenza deve necessariamente essere costosa?

È sufficiente il modo in cui si risponde a una semplice domanda a fornire un’immagine positiva o al contrario negativa di un’azienda. Se il venditore non ascolta attentamente o non ascolta affatto la domanda di un cliente, quest’ultimo può sentirsi non capito. Una consulenza alla clientela veramente buona è un processo interattivo complicato. Studi confermano che molti clienti sono disposti a pagare di più per far fare ai clienti un’esperienza positiva, anche in una situazione economica difficile. Un’esperienza particolare potenzia la fiducia del cliente e la sua fedeltà nei confronti dell’azienda. Oltre a questo, la propaganda a voce svolge un ruolo molto importante. Il cliente parla delle esperienze fatte con l’azienda a parenti, conoscenti o colleghi di lavoro, i quali vengono informati velocemente in merito a esperienze positive ma anche negative. Se un’azienda è in grado di comunicare esperienze positive si posiziona meglio sul mercato. Ma una buona assistenza è un qualcosa di più che un semplice servizio adeguato.

Servizi extra significano valore aggiunto • Da 5 anni, Angela Monti* va sempre dallo stesso parrucchiere nel centro città. È entusiasta del taglio di capelli ma soprattutto anche dei servizi extra speciali. Su richiesta, il personale del parrucchiere va a fare piccoli acquisti per Angela Monti, ma anche per altre clienti. Questo comporta un prezioso risparmio di tempo per le clienti. Oppure ordina un taxi per le clienti ecc… • L’azienda Garage Mobil S.r.l.* offre ai suoi clienti un servizio automobili «tutto compreso» che consiste nel venirle a prendere e nel riportarle indietro. Su richiesta si mette a disposizione anche un’auto a noleggio. • Nel negozio Outdoor Spirit*, il cliente può rendersi conto in una stanza con «effetto pioggia» se la giacca o le scarpe sono effettivamente impermeabili. Questo servizio crea fiducia nei prodotti ed è quindi un ottimo argomento di vendita. 34

Per le imprese o per i rispettivi collaboratori è quasi sempre molto utile immedesimarsi nei loro clienti.

Anche le esperienze negative hanno effetti a lungo termine Un’esperienza negativa e deludente porta nuovi clienti alla concorrenza: • Carla Botta* ha promesso alla figlia quattordicenne un nuovo cellulare come regalo di compleanno. Ordina il cellulare su Internet. Il cellulare dovrebbe esserle recapitato entro cinque giornate lavorative. Dopo 8 giorni non è ancora arrivato. L’offerente non si fa vivo, né con una lettera, né con una telefonata. Carla Botta cerca più volte per telefono di ricevere informazioni, chiedendo dove sia il cellulare, ed è costretta ogni volta a spiegare la situazione a un interlocutore sempre diverso – invano. Il compleanno è imminente e il cellulare continua a non essere arrivato. Continuano ad essere fatte promesse che non vengono mantenute. Carla Botta è delusa. Passa un’altra settimana. La figlia non crede più che arrivi il cellulare. L’offerente non si fa vivo e tutti i tentativi intrapresi dalla signora Botta non servono a nulla. Dopo tre lunghe settimane arriva il cellulare, senza essere accompagnato da una lettera di spiegazione o di scuse. L’unico vantaggio è che vengono detratti 50 CHF dalla fattura a causa dei problemi di fornitura ma tutto sommato rimane un’esperienza negativa, il cui ricordo rimane a lungo. Si può essere sicuri che la prossima volta che la signora Botta ordinerà un cellulare si rivolgerà a un altro offerente. • Le famiglie Torre e Pedrotti sono felici di trascorrere insieme il fine settimana pianificato. L’hotel li accoglie con cordialità e sembra essere un posto accogliente. Le due famiglie si ritrovano per cenare insieme nel ristorante «Bellavista». Trascorrono la lunga attesa chiacchierando, ci sono


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molte cose di cui parlare. L’antipasto arriva dopo circa 30 minuti e senza scuse da parte del personale. Come portata principale, Mario Torre* e Giuseppe Pedrotti* hanno ordinato stinco di vitello, che però è troppo salato e immangiabile. A questo punto non hanno quasi più voglia di mangiare. Mentre porta via i piatti, il cameriere afferma, come se fosse praticamente normale, che può succedere che gli stinchi di vitello siano troppo salati per via della salsa e non aggiunge altro. Quello che conta qui è portare via velocemente i piatti in modo da potere finire al più presto. Deluse, le due famiglie vanno a prendere il dessert da un’altra parte. Il giorno dopo alle due famiglie capita di nuovo un’esperienza particolare. In un altro ristorante hanno mangiato bene e hanno appena finito di consumare la portata principale. A questo punto il personale mette davanti ad ognuno il menu dei dessert senza chiedere. Il gesto viene accettato ed entrambe le famiglie ordinano i dessert o i caffè. Appena hanno bevuto il caffè, il cameriere passa in fretta e mette il conto (che non è stato richiesto) sul tavolo senza commenti. Giuseppe Pedrotti dice: «Ma io adesso avrei voluto ordinare qualcos’altro…» Leggermente contrariato, il cameriere porta altre due grappe, con un altro conto, è chiaro! Usare i tempi giusti quando si serve qualcuno, avere una cer-

ta sensibilità e una cordialità naturale non costano molto ma possono essere molto apprezzate dall’ospite. Non è sufficiente che sia buono quello che si è mangiato – anche il servizio ha un influsso importante su tutto l’evento gastronomico.

Concludiamo: i «contorni» sono decisivi… Il prodotto in sé o il servizio concreto sono molto importanti per il cliente ma il modo in cui si viene accolti, serviti, accompagnati, interpellati, aiutati e congedati ha un effetto decisivo sull’esperienza fatta dal cliente. Se il cliente parla spesso e volentieri dei servizi offerti dalla nostra azienda e se li consiglia ad amici e conoscenti, siamo sulla strada giusta. Non è un caso che si parli di mondo di avventure, vacanze avventura, evento ga­ stronomico o esperienza d’acquisto. Con più attenzione e un’autentica «cultura dell’assistenza» si possono superare anche tempi difficili. Sentire da qualcuno che la propria azienda è stata raccomandata da un cliente che si ha già è una bella esperienza che ci indica che la propaganda a voce è molto efficiente, anche ai nostri giorni. Enrico Lombardi Intra dm ag, training & marketing, Zurigo

* Tutti i nomi sono di pura fantasia 35


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Il nostro miracolo occupazionale sta svanendo?

Nel primo trimestre 2013 il numero di coloro che esercitano un’attività lucrativa in Svizzera è nuovamente salito dell’1,5% mentre nell’Unione europea, durante lo stesso periodo, è sceso dello 0,4%. Di tutti gli Stati dell’UE, al momento la Germania è l’unico a vantare uno sviluppo simile al nostro, ma con un incremento dell’occupazione molto più contenuto.

Secondo il metodo di calcolo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), in Svizzera il tasso di disoccupazione è comunque aumentato dal 4,3% al 4,6%, nell’UE dal 10,6% all’11,4%. In base allo stesso metodo, la disoccupazione giovanile risulta dell’8,3% a fronte del 24,1% nell’UE.

part-time per le donne e forse anche alla conservazione, assai frequente, del proprio posto di lavoro dopo l’età di pensionamento ordinaria. Il miracolo occupazionale in Svizzera è direttamente correlato allo sfruttamento dell’offerta di lavoro disponibile; in questo contesto svolgiamo un ruolo esemplare per gli altri paesi europei.

La discrepanza è ancora più grande I calcoli dell’Organizzazione internazionale del lavoro si discostano notevolmente dalle statistiche svizzere. La discrepanza è riconducibile soprattutto al fatto che, a differenza delle statistiche internazionali, in Svizzera l’idoneità al collocamento sul mercato del lavoro è considerata un requisito per il riconoscimento dello stato di disoccupazione. Sulla scorta delle cifre nazionali, a metà 2013 il tasso di disoccupazione si è attestato al 2,9%, pari a un rialzo non trascurabile dello 0,1% rispetto all’anno scorso. Si può quindi affermare che la nostra economia può tuttora vantare un miracolo occupazionale, seppure con una tendenza in leggero calo. È tuttavia indiscutibile che la Svizzera sia l’unico paese in Europa con una disoccupazione giovanile di gran lunga inferiore alla media.

Che differenza fa un 1,5%? Distribuito sui quattro milioni di posti di lavoro nel nostro paese, un aumento dell’1,5% si traduce in ben 60 000 nuovi impieghi, occupati prevalentemente da persone immigrate. Ma il picco massimo è ormai stato superato: gli anni in cui 80 000 lavoratori affluivano in Svizzera appartengono al passato. In effetti, sembra che anche la potenziale forza lavoro nazionale venga utilizzata meglio, non da ultimo grazie alla maggiore offerta di lavori 36

60 000 posti in più non significano automaticamente una maggiore crescita Si potrebbe giungere alla conclusione che se un’economia è in grado di creare 60 000 nuovi impieghi in un anno, dovrebbe anche registrare una crescita proporzionale. Purtroppo non è così. Le prospettive congiunturali più ottimiste per l’anno in corso prevedono una progressione dell’1,4%, quelle più pessimiste dell’1% circa. La crescita non tiene il passo con l’incremento dell’occupazione. Perché?

L’economia perde produttività L’aumento dell’occupazione in Svizzera è riscontrabile soprattutto nei segmenti del mercato del lavoro la cui domanda è generata dal fabbisogno interno e non dagli ordinativi dall’estero, ad esempio nei settori della sanità, dell’istruzione e, fino a poco tempo fa, dell’edilizia. Tuttavia, l’andamento nell’ambito delle costruzioni indica a chiare lettere che il culmine è ormai alle spalle, per cui non ci si può aspettare un’ulteriore domanda di manodopera. I nuovi posti sorgono soprattutto in comparti economici che non producono una crescita degna di nota. L’aumento dell’occupazione nel 2013 non rappresenta pertanto alcuna garanzia di un analogo sviluppo economico nel 2014.


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Ciò che conta sono i punti di forza I sintomi della crisi avvertiti dai nostri vicini accelerano i cambiamenti strutturali dell’economia nazionale. La Svizzera si trasforma sempre di più da paese industrializzato orientato alle esportazioni a paese specializzato nel terziario. Ci troviamo quindi in una fase di sviluppo che altre nazioni europee, soprattutto la Francia, hanno già vissuto per diversi motivi prima di noi. Negli Stati limitrofi occidentali, la sovraregolamentazione del mercato del lavoro ha profondamente danneggiato le industrie orientate all’export. Dobbiamo quindi restare vigili per non scivolare su questa china pericolosa, ad esempio attraverso l’introduzione da parte dello Stato di minimi salariali.

Situazione ancora soddisfacente Semplici paragoni dimostrano che stiamo ancora bene, nonostante il livello dei prezzi sia più elevato rispetto a quello dei nostri vicini. Infatti, i salari risultano molto più forti, in termini di potere d’acquisto, se paragonati a quelli dei paesi limitrofi. Uno strumento di misurazione empirico, ma efficace, è il cosiddetto «indice Big Mac». Con la paga oraria tutt’altro che esorbitante dei

collaboratori di MacDonald’s, in Svizzera si possono comprare perlomeno tre Big Mac, mentre nella media dei nostri quattro paesi limitrofi solo due. Persino tenendo conto della differenza dei prezzi rispetto all’estero, ovvero se si paragona il rispettivo potere d’acquisto, i salari svizzeri superano in media di un terzo circa quelli dei nostri vicini. Nel confronto non sono considerate le differenze del carico fiscale.

Quali sono le prospettive? I salari non pregiudicheranno il miracolo occupazionale svizzero nel 2014, poiché viene data di nuovo maggiore importanza alle prestazioni. L’Ufficio federale di statistica ha analizzato i contratti collettivi di lavoro più importanti per il 2013 da cui emergono aumenti salariali nominali pari allo 0,7%, di cui lo 0,3% ascrivibile a rialzi generalizzati mentre lo 0,4% a riconoscimenti individuali dovuti alle performance. Nell’industria, penalizzata dal calo delle esportazioni, gli incrementi ammontano a un modesto 0,3%. Non bisogna dunque temere che gli aumenti salariali compromettano il miracolo occupazionale. 37


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Anche le difficoltà delle esportazioni non sono così gravi da mettere in pericolo l’occupazione. Benché nel primo semestre 2013 l’export sia salito solo dello 0,4%, è stato ancora possibile conseguire una crescita grazie ai settori della chimica, della farmaceutica e della biotecnologia che hanno registrato un aumento del 3,9%. Il crollo nell’industria orologiera, le cui vendite in Cina e a Hong Kong hanno accusato una pesante flessione, è stato quindi più che compensato. Da un paio di mesi però, sia l’indice della produzione che l’indice dello sfruttamento delle capacità per l’intera industria svizzera segnano nuovamente un rialzo malgrado la crisi dell’euro ancora in atto. I rami economici orientati al mercato interno svolgono un ruolo chiave per la salvaguardia del nostro miracolo occupazionale. I fatturati delle vendite al dettaglio continuano ad aumentare e il commercio crea costantemente nuovi posti di lavoro controbilanciando le difficoltà nel turismo. Al momento l’edilizia risente di due fattori contrapposti. La flessione del tasso di immigrazione ha già provocato una riduzione dell’aumento dei prezzi degli immobili residenziali dal 7,2% nel 2012 al 3,5% nell’anno in corso. Sarà quindi necessario effettuare calcoli ancora più stringenti nel timore che una parte delle nuove licenze di costruzione, tuttora numerose, non venga più utilizzata, e non solo a causa dell’iniziativa sulle abitazioni secondarie. Di certo non vi sarà una crisi dell’edilizia come nel 2004. Ciò nondimeno, su tutti i fronti economici si dovrà lottare con ancora maggiore incisività per conservare intatto il miracolo occupazionale – a nostro parere con buone possibilità di riuscita.

Commento

Cosa deve accadere nel 2014 L’economista Dott. h. c. Beat Kappeler, stimato e riconosciuto per il suo spirito critico, ha dichiarato di recente che la politica di aiuti congiunturali adottata dai paesi dell’eurozona sono fuorvianti poiché puntano a una ripresa economica «dall’alto» a favore unilateralmente delle grandi imprese, trascurando le PMI che sono i pilastri dell’occupazione. E ha ragione.

Per noi in Svizzera è decisivo non fare gli stessi errori degli Stati dell’euro. È già abbastanza allarmante che non abbiano ancora trovato una via d’uscita dalla loro politica monetaria estremamente espansiva e che non siano stati in grado di porre rimedio né ai mali congeniti che affliggono l’euro né alla disoccupazione – in particolare quella giovanile – nonostante le tante dichiarazioni piene di belle parole ma spesso vuote di contenuti e i ripetuti moniti da Berlino. Per noi in Svizzera è decisivo mantenere la nostra politica dei tassi di cambio collaudata da anni. Possiamo anche convivere con effetti secondari come, ad esempio, il fatto che la nostra Banca nazionale sia diventata la maggiore proprietaria di titoli di Stato tedeschi. Ma, al momento di un’inversione di tendenza della politica monetaria dei tassi bassi, è necessario che la Svizzera non agisca in modo affrettato. Per questo motivo nei prossimi mesi l’andamento dei tassi ipotecari deve essere monitorato con la massima attenzione. Se per contrastare il cedimento nel settore edile si rende opportuno un ridimensionamento, dovrebbe essere realizzato attraverso regole più rigorose in materia di verifica della solvibilità dei richiedenti di crediti e non mediante aumenti dei tassi. È importante che non vengano fatti esperimenti a scapito del nostro valido sistema di formazione professionale. L’apprendistato e il perfezionamento professionale nel nostro paese sono tra i fattori determinanti del nostro miracolo occupazionale. Sarebbe auspicabile inoltre accrescere la domanda di apprendisti nell’artigianato. Se vogliamo mantenere l’odierno livello dell’occupazione e, al contempo, generare una crescita economica perlomeno accettabile non possiamo permetterci una società composta da insegnanti e infermieri. Va da sé che anche gli enti pubblici non dovranno continuare a dilatarsi come negli ultimi anni. Disponiamo degli strumenti idonei – tagli al debito e riduzione della spesa – e anche cantoni e comuni devono usarli scrupolosamente. Nell’attuale contesto economico internazionale tutt’altro che roseo non cade certo la manna dal cielo. Tocca a noi difendere e portare avanti il miracolo occupazionale a cui ci siamo abituati con tanta facilità. Dott. Richard Schwertfeger

«Le PMI sono i pilastri del miracolo occupazionale.» 38


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I tiratori di campagna appenzellesi La società di tiro di campagna del mio paese di origine nel Canton Appenzello mi ha invitato a partecipare alla festa di anniversario con tiro al bersaglio per gli ospiti. Appartengo, per così dire, al gruppo target. Bisogna sapere che i tiratori di campagna del mio paese in 250 anni di storia dell’associazione si sono comportati sempre in modo tipicamente appenzellese: si incontravano, mangiavano, bevevano e sparavano. Attorno al 1830 pagava una multa chi «a inizio cena non era accompagnato da una donna». Terminato il torneo di tiro a segno, i tiratori che andavano a cena al «Bären» erano obbligati a «farsi accompagnare dalle loro dolci metà, e chi non è felicemente accoppiato deve procurarsi una compagna per la serata». Ah, i bei vecchi tempi, verrebbe da dire. Oggi non tutte le dolci metà sono dolci e non tutti i felicemente accoppiati sono felici. Spesso non sono nemmeno più accoppiati. Rimangono soltanto le metà meno dolci. Purtroppo negli annali dell’associazione non vi è alcuna indicazione su come facesse 200 anni fa un tiratore di campagna celibe di un paese delle montagne appenzellesi a procurarsi una compagna in affitto. Eventualmente presso l’associazione delle donne contadine? Perché no, magari vi erano anche donne nubili che per un dato evento avevano bisogno di un compagno in affitto. Avevano così la possibilità di affittarsi a vicenda e saldare la pigione anziché in denaro con tempo dedicato oppure, se il contratto di affitto durava oltre l’orario di chiusura, in natura (ebbene sì) come dolce supplemento.

Quando nel 1911 l’associazione dovette cercare un nuovo indicatore, lo fece pubblicando un annuncio nell’«Appenzeller Zeitung». Evidentemente nessun compaesano si era presentato volontariamente. In più nell’annuncio non veniva spiegato il motivo della dipartita dell’indicatore precedente. Se non altro, gli indicatori in servizio erano assicurati per un importo di 1000 franchi ciascuno. Così, dopo un tiro mortale, la vedova dell’indicatore poteva permettersi il lusso di affittare un compagno per un paio di cene dell’associazione delle donne contadine. Era mia intenzione partecipare al tiro a segno per gli ospiti organizzato in occasione dell’anniversario. Ma la mia dolce metà non aveva voglia di accompagnarmi. Diceva che si sarebbe divertita molto di più a vedermi in preda alla disperazione nel procurarmi una compagna in affitto. Poi però il comitato organizzativo mi ha confermato che la presenza delle signore è sempre gradita, ma che non è più obbligatoria. Ma siamo sinceri: senza le donne ci si diverte la metà. E quindi, a meno che non mi pervenga una gentile richiesta per un contratto di affitto reciproco da parte dell’associazione delle donne contadine, rimango a casa. Anche perché non ho neanche un giubbino antiproiettili.

Per quanto riguarda i premi vinti nelle feste di tiro, sarebbe esagerato attribuire ai baldi tiratori troppi successi straordinari a livello internazionale. Nel 1901 scriveva il segretario: «Sebbene quello trascorso non sia stato un anno di grandi risultati per l’associazione, riteniamo che sia stato abbastanza movimentato in quanto abbiamo partecipato a ben 21 feste di tiro, seppure senza alcun successo.» Bisogna inoltre sapere che i tiratori di campagna di una volta non disponevano ancora del display che segnala automaticamente i tiri messi a segno. Accanto al bersaglio erano posizionati due uomini, denominati «indicatori», poiché il loro compito era appunto quello di indicare i tiri effettuati. Quando uno degli «indicatori» cadeva, voleva dire che il tiratore aveva fatto centro.

Willi Näf WILLi NÄF È AUTORE INDIPENDENTE, SCRITTORE e cabarettista. VIVE NELLE REGIONI DI BASILEA E DI APPENZELLO. www.willinäf.ch

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Primo gli orologi, dopo il vino e adesso copiate il nostro tempo?!

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Assemblea generale della Banca WIR 28.4.2013 a Basilea (per cooperatori/cooperatrici)

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