Wushu Web Magazine n.° 00

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CULTURA E ARTI MARZIALI DELLA CINA ANTICA E MODERNA n. 0 - dicembre 2009

by

la ginnastica DAOYIN l’arte cinese del TE’ lingua cinese: parliamo il WUSHU

il glossario del WUSHU il TAIJIQUAN come sport l’allenamento del SANDA


gli scopi Nell’era di internet non è difficile raccogliere informazioni che possano soddisfare il nostro desiderio di conoscenza e le nostre curiosità nei campi che più ci interessano, anche se non sempre il web fornisce attendibilità e qualità nell’informazione. Quando si parla di Cina, cultura e arti marziali spesso si intrecciano e il desiderio di sprofondare in questo immenso universo diventa per gli appassionati una necessità. Esistono numerosi siti e diversi libri, le nostre italiani e stranieri, che forniscono interessanti notizie al riguardo ma ciò che manca, crediamo, è un mezzo che possa servire da regole “filo conduttore” tra le scuole di Wushu, i gruppi sportivi, le Lasciamo spazio a tutti coloassociazioni culturali, le federazioni e i singoli appassionati, ro che hanno articoli interescostituendo un punto di riferimento comune, nonché santi da proporre riservandoci una sorta di “luogo d’incontro”. però la facoltà di deciderne la pubCrediamo che Wushu Web Magazine possa colmare blicazione in base alla supervisione dei nostri esperti e dei nostri tecnici, questa mancanza e costituire un mezzo utile per che terranno conto di aspetti quali la ve“viaggiare oltre i confini” che ci separano, siano ridicità storica, l’attendibilità delle fonti, la essi geografici, culturali o ideologici. Crequalità delle immagini, la proprietà del matediamo inoltre che rendere questo mezzo riale (copyright), la forma ortografica e grammaaccessibile a tutti sia l’occasione, finora ticale del testo e, ovviamente, l’attinenza con le arti mancante, per conoscersi meglio e marziali cinesi e con la cultura cinese in generale. condividere le proprie conoscenze ed esperienze. Nel coinvolgimento di collaboratori esterni non faremo Speriamo con il tempo di nessuna discriminazione in base all’appartenenza a qualsiasi raggiungere sempre più organizzazione o federazione sportiva, italiana o straniera. appassionati e di veder Non vogliamo svolgere un servizio di cronaca nel campo delle arti apprezzato questo momarziali, sostituendoci a testate che di questo fanno il proprio medesto contributo alla stiere, bensì affrontare approfondimenti tecnici, storici e culturali sulle conoscenza e alla discipline cinesi o che con esse abbiano attinenza. diffusione del wushu nel nostro Non vogliamo pubblicare proclami di tal personaggio o autocelebrazioni di tal Paese. altro. Non vogliamo alimentare il fin troppo diffuso egocentrismo presente nel mondo delle arti marziali.

“Wushu Web Magazine” è diffuso gratuitamente. Chi partecipa alla realizzazione di “Wushu Web Magazine” lavora a titolo gratuito. Chi deciderà di collaborare con noi lo dovrà fare quindi solo con lo scopo di contribuire alla promozione della cultura cinese e delle arti marziali, senza pretendere in cambio alcun compenso.

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Gli ideatori

Questo progetto nasce da un’idea di Fabio Smolari, dottore in lingua e letteratura cinese, oltre che esperto di arti marziali cinesi, e di Claudio Gigante, insegnante di wushu e tecnico FIPCF per la preparazione fisica.


di Fabio Smolari

Wushu o Kungfu?

Diversi furono i termini usati nel corso dei secoli per indicare le arti marziali cinesi. Attualmente il più diffuso è wushu 武術 che significa letteralmente “arti marziali”. Altri ricorrenti nelle fonti letterarie sono wuyi 武藝 (arte marziale), quanbang 拳棒 o quangun 拳棍 (lett. “pugno e bastone” – ovvero pugilato e scherma). Frequente è anche l’uso dei termini wugong 武功 (abilità marziale) e gongfu 功夫 (perizia, maestria, abilità). Pur non avendo alcun specifico riferimento “marziale”, quest’ultimo è stato largamente impiegato come sinonimo sottinteso di “arte marziale”, in quanto la maestria, l’abilità è il fine ultimo di ogni praticante. Ecco perché in Occidente le arti marziali cinesi sono note col nome di kung-fu 功夫 (nella trascrizione fonetica inglese) filtrato soprattutto attraverso il cinema. Gongfu e Kung-fu sono la stessa parola 功夫 e si leggono esattamente nello stesso modo – kun-fu. La lingua cinese, come sappiamo, non si scrive con un alfabeto fonetico ma con dei segni – logogrammi – che esprimono un’intera parola senza però indicarne la pronuncia. Ogni segno deve essere imparato a memoria, nei suoi significati e nella sua pronuncia. Quando i primi occidentali iniziarono a studiare il cinese, si scontrarono con il problema di doverne scrivere la Il sistema di trascrizione pronuncia e per far ciò adottarono gli alfabeti delle proprie fonetica più diffuso, prima lingue d’origine: ecco allora che gongfu venne scritto kung-fu che i cinesi creassero il loro dagli inglesi, cunfu dagli italiani, koun-fou dai francesi, ecc. negli anni ’50, era quello In Italia alcuni preferiscono utilizzare il termine kung-fu inglese, detto Wade-Giles per indicare le arti marziali tradizionali e wushu per quelle dai nomi dei suoi inventori. sportive moderne, stabilendo una differenza inesistente ma Oggi il sistema di trascriziorecuperando entrambi i termini. E’ nato così l’ibrido kungfune ufficiale in tutto il mondo wushu, una ridondanza equiparabile a calcio-football, ma tutè quello della Repubblica tavia comprensibile sul piano commerciale. Infatti la parola Popolare Cinese, detto pinyin (suoni combinati) ma non è kungfu la si considera maggiormente conosciuta dalla gente raro trovare ancor oggi nomi e al tempo stesso si introduce il termine wushu, ufficiale e cinesi scritti in Wade-Giles: corretto, per farlo conoscere. Mao Zedong = Mao Tse-tung, A questo punto si potrebbe invertire il binomio, dicendo Zhou Enlai = Chou Enlai. wushu-kungfu 武術功夫, che ha un senso compiuto anche in cinese, significando “abilità nelle arti marziali”. 3


Il sistema di ginnastica preventiva

DAOYIN

YANGSHENGGONG di Fabio Smolari prima parte

L

a Cina vanta un’esperienza millenaria nel campo dell’educazione fisica e della ginnastica terapeutica. E’ storicamente documentato che già in epoca feudale (770-221 a.C.) grande importanza veniva attribuita ai cosiddetti “metodi per nutrire la vita” (yangsheng zhi dao), metodi che avevano lo scopo di promuovere un’esistenza longeva, salutare e completa dell’essere umano grazie a ricette dietetiche, farmaceutiche, a esercizi ginnici e di coltivazione spirituale (come lo studio, la poesia, la meditazione, ecc.) Tra i vari metodi per “nutrire la vita” l’esercizio fisico era quasi universalmente considerato indispensabile e di grande efficacia. Con “esercizio fisico” si deve però qui 4

intendere qualcosa di assai più profondo e complesso di quanto oggi suggerisca il termine. Si trattava infatti di esercizi che coinvolgevano sia il corpo che la mente in un’azione integrata e unitaria. Tale esercizio era denominato col termine Daoyin. Nel corso dei secoli il Daoyin è divenuto una parte importante della medicina tradizionale cinese ed è stato ininterrottamente utilizzato in tutto l’Oriente per la prevenzione e la

cura di numerosi disturbi e disfunzioni, ottenendo il vasto apprezzamento della gente. Il professor Zhang Guangde dell’Università per l’Educazione Fisica di Pechino, a partire dagli anni settanta, intraprese un intenso lavoro di studio, ricerca e sperimentazione sulle “tecniche curative delle malattie croniche” (manxingbing yiliaogong) tramandategli dal nonno materno - un rinomato medico - e su altri antichi metodi daoyin, giungendo infine a formulare l’attuale sistema daoyin yangshenggong (esercizi di nutrimento vitale daoyin). Questo sistema ha il pregio di raccogliere il fior fiore della tradizione salutistica cinese a corpo libero in sequenze


simmetriche e bilanciate, di lunghezza ed intensità appropriate, finalizzate alla prevenzione e cura di vari disturbi in organi specifici o apparati del corpo umano. Inoltre, per la prima volta nella gloriosa storia delle tecniche del corpo cinesi, il prof. Zhang condusse un accurato studio sui principi teorici della medicina tradizionale cinese e del daoyin comparandoli con quelli della medicina occidentale. Il sistema risulta perciò essere il primo studio serio e testato a proporre un recupero dell’antica tradizione cinese dimostrandone

le possibilità d’applicazione e l’efficacia anche alla luce delle moderne conoscenze fisiologiche, eziologiche e patologiche della medicina occidentale. Il sistema daoyin yangsheng gong prevede esercizi statici e dinamici in posizione eretta e in posizione seduta, simmetrici e di difficoltà variabile, che si possono effettuare anche con l’accompagnamento di appositi brani musicali al fine di facilitare la concentrazione e il rilassamento. Attraverso un gran numero di prove cliniche in Cina e recentemente grazie alle

conferme di alcuni specialisti e studiosi del mondo medico anche occidentale, il daoyin yangshenggong si è dimostrato efficace nel rafforzamento della salute e nella prevenzione e cura di molte malattie acute e croniche, senza per contro evidenziare alcun effetto collaterale.

Nelle due foto il Prof. Zhang Guangde fondatore del DAOYIN YANGSHENGGONG

Nel prossimo numero di Wushu Web Mag pubblicheremo una biografia di questo illustre personaggio

www.daoyin.it

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WUSHU

didattica

di Claudio Gigante e Giuseppe Gualdani

GLOSSARIO

dei movimenti del WUSHU

prima parte

In questa sezione assoceremo ad ogni immagine tecnica il nome in cinese ad essa corrispondente. Lo scopo non è quello di illustrare l’esecuzione dei movimenti ma più semplicemente di fornire un glossario sulla precisa terminologia adottata oggigiorno per identificare i movimenti nei principali stili di Wushu. Verranno quindi associati alle foto i sinogrammi corrispondenti al nome della tecnica rappresentata, la trascrizione fonetica per gli occidentali (pinyin) e la traduzione letterale del nome in italiano. 2 1

chángquán bùxíng

forma dei passi della boxe lunga

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In cinese bù significa “passo”, in quanto con “posizione”, termine che solitamente adottiamo in palestra per identificare questi movimenti, si intende la struttura che comprende l’intero corpo e non solo le gambe. Con il termine xíng indichiamo la struttura del “passo”. Essendo comunque difficile per noi occidentali associare il termine “passo” ad una situazione statica, riteniamo non necessariamente sbagliato continuare ad adottare il termine “posizione” riferendosi al bù xíng.

1. 并步 pinyin: bìngbù lett. passo unito. 2. 开步 pinyin: kāibù lett. passo aperto. 6


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3. 马步 pinyin: mǎbù lett. passo del cavallo “mǎbù” non significa in verità “posizione del cavallo” ma è l’abbreviazione dell’originaria “qímǎbù” (骑 马步) “posizione del cavalcare” o del “cavaliere”, se vogliamo usare una parola più orecchiabile.

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4. 虚步 pinyin: xūbù lett. passo vuoto. 5. 歇步 pinyin: xiēbù lett. passo di riposo. 8

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6. 弓步 pinyin: gōngbù lett. passo dell’arco “gōngbù” è l’abbreviazione dell’antico “gōngjiànbù” (弓箭步) “passo dell’arco e della freccia”, anche detto “qiángōng hòujiànbù, (箭弓前后步) “passo ad arco davanti e freccia di dietro”. 7. 仆步 pinyin: pūbù lett. passo accovacciato. 8. 坐盘 pinyin: zuòpán lett. sedere attorcigliati. 9. 丁步 pinyin: dīngbù lett. passo del carattere 丁 (dīng) 10. 横裆步 pinyin: héngdāngbù lett. passo con l’inguine orizzontale.

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11. 半马步 pinyin: bànmǎbù lett. “mezzo” passo del cavaliere. 12. 前点步 pinyin: qiándiǎnbù lett. passo puntato avanti.

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13. 后点步 pinyin: hòudiǎnbù lett. passo puntato dietro. 7


RELAX, CONVIVIALITA’ E CONTEMPLAZIONE

L’arte cinese del di Fabio Smolari

l’umile ma straordinario potere di una bevanda gentile

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uò sembrare strano a noi italiani, grandi amanti del caffè, ma il tè è la bevanda calda più consumata al mondo nonché la seconda bevanda in assoluto dopo l’acqua. In noi la parola tè evoca l’immagine di una bevanda zuccherata e limonata, da consumarsi preferibilmente accompagnata da pasticcini, dolci o biscotti; è questo il “tè rosso” (o “nero” – black tea come lo chiamano gli inglesi), un’invenzione piuttosto recente e dal grande successo commerciale, che oggigiorno però raramente corrisponde ad un prodotto di qualità. E la qualità è uno dei pilastri fondanti della cultura cinese del tè, senza di essa vengono a cadere i presupposti

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stessi della sua esistenza. Il tè è infatti prodotto di una grandissima cultura degustativa, estetica, sociale e contemplativa. In Cina, sua terra natale, è stato ed è tutt’ora un ausilio alla salute, una forma di socializzazione, un metodo di coltivazione interiore e un’arte estetica di straordinaria importanza. Ha ispirato la poesia e la pittura, ha cementato e rinnovato amicizie, accompagnato dibatti e discussioni filosofiche, suggellato momenti di intimità. Per i cinesi regalare foglie di tè ad una donna significava dichiararle il proprio amore e prima dell’inizio del banchetto di nozze gli sposi offrivano assieme tè ai genitori in segno di

rispetto. Il tè si può bere da soli ma ancor meglio in compagnia di un ristretto numero d’amici intimi. Da sempre in Cina, e in tutto l’Estremo Oriente di cultura cinese (Corea, Giappone, Vietnam, ecc), un sorso di tè accompagna gli incontri e le conversazioni. Rinfrescante d’estate, riscaldante d’inverno, la tazza di tè accoglie l’ospite e lo mette a suo agio. Il tè incarna i cinque elementi della filosofia tradizionale cinese: acqua, legno, fuoco, terra, metallo e pertanto racchiude in sé e simboleggia l’intero universo. E’ espressione di rispetto e ammirazione nei confronti della natura, riconduce l’animo umano al vuoto e


all’umiltà. Tutto ciò suona a noi distante e quasi incomprensibile, ma basta pochissimo per entrare nell’universo del tè e comprenderlo: iniziare ad assaggiare tè di qualità, apprendere ed applicare le poche semplici regole necessarie ad ottenerne una bevanda corretta. Assolutamente informale, per niente cerimoniale, l’arte cinese del tè è educazione alla degustazione, momento di rilassamento e introspezione, occasione di intimità e socialità, nonché veicolo silenzioso di concetti universali della filosofia cinese. Il tè, in particolare il verde, l’wulong e il pu’er, è una bevanda estremamente salutare. Oltre alle ben note proprietà diuretiche ne possiede altre spesso sconosciute al pubblico occidentale. Nelle foglie di tè sono contenuti trecentoventi componenti dei quali i polifenoli (o tannini) sono i più importanti. Alcuni di essi, denominati catechine, aiutano stoma-

co e intestino nelle loro funzioni digestive ed hanno anche un potente effetto germicida sui bacilli del colon e sugli stafilococchi. Le catechine si comportano inoltre come la vitamina P e possono aumentare l’elasticità del cuore e della cavità arteriosa. E’ stato inoltre sperimentato in Giappone che un polifenolo presente nel tè, dalle forti proprietà antiossidanti, è in grado di frenare la proliferazione di cellule tumorali nei ratti. I sali minerali, sulla cui importanza oggi tanto si insiste, sono presenti in grande quantità nel tè. Ma la ragione prima del gran successo del tè in Oriente sta senz’altro nel suo gusto e nel suo aroma. Avvicinandosi al tè cinese si scopre un mondo di sapori e fragranze sconosciuto. Il nostro palato si raffina e col tempo giunge ad apprezzare le infinite sfumature di gusto di cui solo i migliori tè sono capaci.

Fabio Smolari insegna l’arte cinese del tè ad un gruppo di appassionati durante una lezione tenutasi a Sinij Vrh, Slovenia, nel giugno del 2003

Fabio Smolari

Laureato in Lingue e Letterature Orientali all’Università di Venezia, diplomato in Qigong all’ISEF di Pechino, presidente della Daoyin Yangsheng Gong – Italia, segretario della European Daoyin Federation, da anni è impegnato nella ricerca e nella divulgazione della cultura cinese con particolar riferimento alle tecniche del corpo. Ha partecipato a numerosi incontri e seminari, collabora attivamente con riviste di settore nazionali ed estere, insegna Taijiquan, Qigong, lingua cinese e arte del tè. www.serpentebianco.org

Teiera in terracotta iscritta opera di Chen Mansheng, dinastia Qing 9


LA FORZA di Claudio Gigante

miglioramento della FORZA con gli esercizi della PESISTICA La Pesistica (o Sollevamento Pesi) è una disciplina che fa parte della scena olimpica fin dalla prima Olimpiade Moderna (Atene 1896). Da non confondersi con il culturismo, essa ha come obiettivo lo sviluppo della Forza Massimale (FM) e della Forza Esplosiva (FE), al fine di sollevare un carico, costituito da un bilanciere, nel rispetto di precise regole e non il raggiungimento di determinati canoni estetici, come avviene nel body building. Infatti l’aumento del volume muscolare in questa disciplina rappresenta una conseguenza dell’allenamento coi sovraccarichi e non l’obiettivo finale. Deve anzi essere limitato poiché un aumento di massa corporea, essendo le categorie di gara suddivise in base al peso dell’atleta, costituisce in certi casi un ostacolo al raggiungimento del risultato agonistico. In questa disciplina il fattore di maggiore importanza è rappresentato dal livello di Forza Relativa (FR), cioè il rapporto tra FM e peso corporeo del praticante. Tale principio, rapportato alla nostra disciplina, trova un’attinenza nel SANDA dove allo stesso modo vi sono categorie di peso. Ma anche nel TAOLU, se pensiamo ai salti, e nello sport in generale la FR è spesso un fattore determinante nella prestazione fisica di qualità. Sollevare pesi è un “mestiere” che possiamo definire antico quanto l’uomo. Ma anche il sollevamento di carichi sistematico finalizzato al miglioramento della forza ha origini antiche. Ovviamente, in tempi recenti, la tecnica esecutiva e le metododologie di allenamento per migliorare la forza con l’uso dei sovraccarichi si sono evolute in maniera enorme, consentendo risultati, in termini di peso sollevato, di eccezionale spessore rispetto a soli 30 anni fa. Ma purtroppo, come spesso accade quando l’unico premio per sudore e fatica versati è rappresentato dalla semplice soddisfazione personale (mi riferisco anche ad altri sport impropriamente definiti “minori” dai media) questa bella disciplina non gode di grande seguito nel nostro paese: in molte città, come la mia (che negli anni 50 e 60 è stata la più forte d’Italia) si è addirittura estinta la pratica agonistica. Ciò nonostante, soprattutto negli 10

foto Eleonora Gaiba

preparazione fisica


ultimi anni, la pesistica è stata massicciamente inserita nei programmi di sviluppo della FM e FE di tanti sport: pallavolo, rugby, lotta, salti, lanci e sprint dell’atletica leggera, sport da combattimento, ecc. Il motivo è semplice: non rappresenta solo uno dei più efficaci metodi di sviluppo della forza ma anche un eccezionale sistema per sviluppare coordinazione intramuscolare e intermuscolare, controllo neuromotorio (propriocettivo) e migliorare mobilità articolare e postura. Inoltre l’attinenza

biomeccanica degli esercizi di Pesistica con gesti sportivi apparentemente differenti (salto in alto - schiacciata della pallavolo - souplesse nella lotta, ecc) fa si che vengano spesso scelti per

migliorarne l’espressione. Un limite di questa metodica di lavoro è rappresentato dai tempi di apprendimento relativamente lunghi, per poter eseguire correttamente e senza rischi gli esercizi, e in ogni caso nella preparazione fisica per altri sport molto difficilmente si utilizzano le “alzate” olimpiche per intero, bensì esercizi cosiddetti “ausiliari”, cioè frazioni estrapolate dal gesto tecnico della Pesistica. Sono proprio i movimenti “ausiliari” che presenteremo in questa sezione.

ATTENZIONE! Quanto presentato in questo articolo ha il solo scopo di portarvi a conoscenza di metodiche utili al miglioramento della prestazione fisica nel Wushu. Tali metodiche, se messe in pratica senza la guida di un esperto, potrebbero farvi incorrere in gravi infortuni.

Nella pesistica moderna esistono 2 tipi di “alzate”: lo SLANCIO e lo STRAPPO. Non è ovviamente questo il contesto per descriverne le caratteristiche tecniche e quali siano le regole delle gare di pesistica. Interessante per noi è capire quali siano gli esercizi ausiliari estrapolati dai movimenti di gara per poterli inserire nei programmi di preparazione fisica per il nostro sport. Essi, per i pesisti, hanno lo scopo di migliorare il gesto tecnico e di sviluppare la forza nei vari “angoli” articolari. Per il nostro utilizzo, non essendo dei “professionisti” dell’alzata, se ben eseguiti, sono utili a migliorare il livello di FE, indispensabile per quasi tutti i movimenti del WUSHU. Non è inoltre da sottovalutare, a mio avviso, l’utilità di questi esercizi nell’abituare i giovani ad affrontare gli sforzi mantenendo un atteggiamento posturale corretto, dal momento che nella loro esecuzione vi è una costante e profonda ricerca del corretto posizionamento del corpo, sia prima che durante l’alzata. Per fare un esempio basato sulla mia esperienza, allenando alcuni ragazzi di 13 anni semplicemente con aste da 8/15 kg (a volte i loro zaini scolastici non pesano molto meno) in pochi mesi ho riscontrato un evidente miglioramento nell’atteggiamento di spalle e schiena, oltre che un sensibile della forza generale. Riguardo la preparazione alla forza nei confronti di bambini e adolescenti a una nota è d’obbligo. La letteratura scientifica sportiva, basata su studi e sperimentazione, ha ormai confutato negli ultimi anni la teoria obsoleta che vedeva l’allenamento della forza sui giovani come un tabù. L’allenamento coi sovraccarichi o contro resistenze per i giovani è infatti stato criminalizzato per decenni, mentre allenatori e istruttori non hanno mai escluso salti e movimenti esplosivi a carattere pliometrico, che a una analisi biomeccanica risultano essere di gran lunga più gravosi sulle strutture osteoarticolari e tendinee a causa dell’entità della tensione espressa e del mediamente scarso controllo tecnico del movimento da parte del giovane. Non certo da escludere quindi i salti dalla programmazione giovanile (se inseriti con i dovuti accorgimenti) che nel nostro sport sono elevideo 1 menti tecnici inprescindibili, ma neanche da escludere esercizi di incremento della forza mediante resistenze (es. elastici - carico naturale) e nemmeno con l’uso di sovraccarichi (zavorre - bilancieri e manubri) poichè, con le ovvie cautele, rappresentano un mezzo molto più graduabile nell’entità del carico e controllabile dal punto di vista esecutivo. Le considerazioni sopra menzionate nascono dall’esperienza di un tecnico che si limita ad applicare ciò che professionisti e ricercatori ben più autorevoli hanno ampiamente studiato e dimostrato; è ad essi che rimando chi interessato per conoscere analisi scientifiche dettagliate, materia di cui personalmente mi nutro ogni giorno.

video 2


Confronto tra le caratteristiche del Taijiquan sportivo e tradizionale

il TAIJIQUAN come sport

di Fabio Smolari

prima parte

Breve storia del taijiquan moderno e da competizione

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e prime competizioni sportive di wushu a carattere nazionale si tennero nella Cina repubblicana (1911-1948). Anche il taijiquan venne occasionalmente inserito in questi contesti che prevedevano confronti solo su stili tradizionali, per il taiji prevalentemente gli stili Yang e Wu. Nel 1956 la Commissione per lo Sport e l’Educazione Fisica della Repubblica Popolare Cinese diede inizio ad una grande riforma tesa alla creazione di un wushu sportivo adatto alla divulgazione di massa e alla competizione agonistica. Nacque in questo ambito il “Taijiquan semplificato in 24 tecniche” (jianhua taijiquan ershisi shi), prima sequenza di taijiquan “moderno” o “codificato”. Nel 1962 veniva pubblicato il libro Taijiquan yundong – “lo sport del Taijiquan” – che conteneva, oltre alla “24 tecniche”, anche una “88 tecniche”, rielaborazione codificata della sequenza Yang, una “spada semplificata in 32 tecniche” e il tuishou:: era nato il taijiquan moderno che si rivolgeva principalmente a una popolazione adulta con fini ginnico-salutistici. 12

In Occidente il taijiquan è visto principalmente come disciplina olistica per il benessere psicofisico. In libreria è più probabile trovarlo nella sezione medicine alternative che nel reparto sport/arti marziali, per quanto in Italia si sia diffuso maggiormente a seguito di ambienti marziali. Molti trovano insensato parlare di gare di taijiquan e non mostrano grande considerazione per chi vi ci si dedica. Ciò nonostante le competizioni di taiji sono una realtà ormai consolidata sia

TAIJIQUAN: Ding Jie, il più famoso campione cinese degli anni ‘90

nei circuiti agonistici delle federazioni olimpiche nazionali che in quelli privati. Capita tuttavia abbastanza spesso, nello svolgimento di queste competizioni, che arbitri ed allenatori finiscano per scontrarsi sull’interpretazione dei principi e delle caratteristiche dello stile, cadendo non di rado in una annosa polemica sulle differenze tra taijiquan moderno e tradizionale. A causa dei problemi linguistici e del difficile accesso a fonti originarie attendibili, gli appassionati occidentali si trovano inevitabilmente confusi e privi di orientamento su questo terreno. Cercherò con questo articolo di mettere le mie conoscenze a servizio del pubblico italiano, sperando emergano alcuni elementi utili nella discriminazione tra fatti oggettivi ed affermazioni arbitrarie.


lizzata sino a pochi anni or sono nelle competizioni nazionali ed internazionali del circuito federale “olimpico” (IWF – International Wushu Federation). I modelli esecutivi di questa nuova sequenza furono soprattutto Chen Sitan per i maschi e Gao Jiamin per le femmine. continua sul prossimo numero

Fabio Smolari

Alla fine degli anni ’60 il taijiquan fu inserito tra gli eventi competitivi nelle gare del nuovo wushu. Nel 1976 venne creata la “48 movimenti”, una forma che includeva alcuni movimenti tratti dagli stili Chen,Wu e Sun ma trasformati in una modalità esecutiva ispirata ai canoni della “24” e della quale l’intera forma intendeva essere un’evoluzione ed un approfondimento anche in senso sportivo e agonistico. Negli anni ’80 le gare si aprirono alle forme libere (zixuan quan). Gli atleti di spicco di quel periodo divennero i modelli del taijiquan sportivo nella sua diffusione sia all’interno della Cina che all’estero negli anni ’80-’90. Tra tutti ricordiamo: Ding Jie, atleta dello Henan allenato da famosi maestri di Chenjiagou nello stile Chen, Lin Qiuping, protagonista di una serie di video didattici e Su Zifang. Alla fine degli anni ’80 venne creata la “sequenza da competizione di taijiquan in 42 tecniche” (42shi taijiquan jingsai taolu), uti-

Gao Jiamin, leggendaria campionessa cinese di taijiquan, nata il 26 giugno del 1966 a Fuzhou, Provincia del Fujian.

Si avvicina al taijiquan all’età di 14 anni. Nel 1987 a Pechino apprende la “24” e la “48” movimenti, nonché la “32” di spada e i primi rudimenti di tuishou. Nel 1989 inizia la carriera agonistica. Dal 1992 al 1993 frequenta un anno di specializzazione all’Istituto di Educazione Fisica di Pechino. E’ stato: 5 volte campione italiano (’92, ’94, ’95, ’96, ’97) vice campione europeo (’94) campione europeo (’96) 6° piazzamento ai campionati del mondo (’95) www.serpentebianco.com 13


didattica

SANDA di Claudio Gigante

SANDA

l’allenamento ai bersagli (prima parte)

Una delle più importanti forme di allenamento nelle discipline da combattimento riguarda il lavoro ai bersagli. Per i pugni si usano i colpitori a guanto, detti anche focus o guanti da passata, mentre per tutti gli altri colpi (calci , ginocchiate, gomitate) e le combinazioni gambe-braccia, vengono utilizzati abitualmente i coplitori a braccio.

I guanti da passata

La versatilità di questi attrezzi consente di proporre innumerevoli “figure” e “schemi” simili a quelli ricorrenti nel combattimento reale. A seconda delle finalità che si vogliono perseguire si scelgono determinate tecniche o sequenze nonchè differenti modalità esecutive che vanno dal semplice colpo singolo a serie e combinazioni di colpi. Generalmente si parte con sequenze brevi e semplici, per poi, a seconda dell’esperienza dell’atleta, l’istruttore proporrà combinazioni di colpi sempre più complesse e prolungate, inserendo a sua volota simulazioni d’attacco verso l’atleta alle quali quest’ultimo farà fronte applicando tecniche difensive (schivate, parate, spostamenti) e conseguenti contrattacchi. Questa pratica ha una valenza tecnico-tattica, ma ha anche lo scopo di incrementare capacità quali: potenza, coordinazione, resistenza, precisione, percezione, reazione ecc. Ovviamente l’allenamento alle “figure” può essere realmente produttivo solo se colui che indossa i focus ha buona padronanza tecnica. Infatti chi offre i bersagli dovrà mettere in pratica schemi del tutto simili alle azioni di combattimento, “chiamando” i colpi e le sequenze oppure, ma solo per i più esperti, improvvisando le “figure” al momento. Il concetto di “serie” e “combinazioni” Maggiormente applicabile al lavoro con i pugni, il termine “serie” si riferisce ad una successione di 2 o più colpi che seguano la stessa traiettoria (es. 3 pugni diretti - chongquan - o 2 pugni montanti chaoquan - in sequenza). Parlando di “combinazioni”, invece, si intende il susseguirsi di colpi di diversa natura (es. pugni e claci) o con traiettorie differenti (es. pugno diretto destro, gancio sinistro - gouquan - clacio circolare destro - hengtitui) 14


LE PROIEZIONI DEL SANDA - tecnica n° 1 Atterramento afferrando la gamba avanzata dell’avversario

1. Chiudere velocemente la distanza afferrando la gamba anteriore dell’avversario. La spalla sinistra deve battere forte contro l’anca e la testa deve essere posizionata oltre il fianco dell’avversario. Flettere completamente i polsi creando una sorta di “gancio” per trattenere la gamba afferrata.

2. Eseguire un “passo incrociato” avvicinando il piede posteriore a quello anteriore. Allo stesso tempo sollevare la gamba dell’avversario compiendo un movimento di trazione. La gamba deve essere trattenuta con forza contro il proprio busto il quale deve esercitare torsione e una pressione in basso.

Accorgimenti per l’uso dei

GUANTI DA PASSATA 1. E’ necessario mantenere una posizione di guardia analoga a quella di chi colpisce, in modo da avere una buona mobilità sulle gambe per poter variare rapidamente la distanza di attacco e le angolazioni dei bersagli in funzione di schemi differenti. (dettaglio. 1)

3. Senza sollevare il tronco continuare la trazione, trasferendo parte del peso sulla gamba posteriore e ruotando anche e busto con forza verso destra. Con la gamba sinistra spazzare energicamente la gamba di sostegnodell’avversario, premendo verso il basso con la spalla sinistra.

Chi indossa i “focus” manterrà una certa scioltezza articolare a livello di polsi, gomiti e spalle. I muscoli decontratti tra un colpo e l’altro, in modo da muovere agilmente e velocemente i bersagli.

2. I bersagli, visti dalla prospettiva di chi colpisce, devono essere contenuti entro i margini che delimitano la propria “sagoma”. L’obiettivo rimane sempre quello di offrire dei riferimenti riconducibili ai vari punti del corpo da colpire. Distanziare troppo i “focus” tra loro vorrebbe dire offrire bersagli improbabili, di conseguenza falsare il lavoro di chi colpisce.(dettaglio. 2)

www.wushuferrara.com

4. Sollevare il busto solamente quando l’avversario è al suolo. Abbassando il baricentro premere col ginocchio sinistro all’interno della coscia destra dell’avversario per bloccarne la gamba libera, la quale potrebbe essere usata per reagire.

3. I bersagli devono essere posti ad altezze diverse, corrispondendo a punti differenti del corpo dell’avversario e ad avversari di altezza diversa rispetto a quella di chi colpisce. Ciò presuppone una certa prontezza e rapidità nel cambiare “figure”. (dettaglio 3)

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Parliamo il di Fabio Smolari

WUSHU

LA LINGUA CINESE Lezione 1

caratteristiche principali L’invariabilità Il cinese è una lingua isolante generalmente classificata nel gruppo sino-tibetano, che comprende il cinese, il tibetano, il tailandese, il birmano, il laotiano, ecc.). “Isolante” è un termine della linguistica che sta ad indicare l’invariabilità delle parole; nel cinese, e nelle lingue dello stesso gruppo, sono infatti assenti le flessioni, cioè quelle parti delle parole – in genere le “code” – che mutano in base al ruolo svolto all’interno della frase.

Esempio: in italiano i verbi coniugano

in cinese no L’invariabilità è una delle caratteristiche che distingue le lingue sino-tibetane da tutte le altre e le rende, sotto quest’aspetto grammaticale, molto semplici. Si comprenderà ora perché i cinesi, nel

io ho tu hai egli ha

noi abbiamo voi avete essi hanno

wo you 我有 ni you 你有 ta you 他有

women you 我们有 nimen you 你们有 tamen you 他们有

parlare altre lingue, tendano spesso a tralasciare le flessioni e coniugare tutte le persone alla voce della terza singolare, la più corta (es.: io va, tu fa, noi va, ecc.).

I toni shengdiao 声调 Un’altra caratteristica peculiare del ceppo sino-tibetano è la presenza del tono. Mentre in italiano il tono ha solo un valore espressivo, in cinese ha un valore distintivo: una parola pronunciata con toni diversi ha diversi significati. Nel cinese standard esistono 5 toni (nel cantonese, in altri dialetti cinesi e nel vietnamita ne esistono ben 8).


Esempio: ma mamma má canapa ma cavallo mà imprecare, insultare ma interrogazione ma bù posizione del cavaliere

Lingua e scrittura

Putonghua 普通话

la lingua standard dei cinesi Il termine col quale i cinesi indicano la loro lingua è putonghua 普通 话 (lingua di comune diffusione) ma si usano anche le parole: Zhongguohua 中国话 (lingua della Cina) e zhongwen 中文 (lingua cinese). In Cina si parlano moltissimi dialetti. Dopo la Rivoluzione Repubblicana del 1911 le autorità competenti in materia d’educazione si sforzarono di diffondere una lingua comune basata sul dialetto settentrionale, parlato dai funzionari dell’amministrazione pubblica e dalle persone di cultura (proprio come accadde dopo l’unità d’Italia nel 1870). Prima di allora questa lingua era solo parlata, mentre i documenti ufficiali erano scritti in wenyen 文 言, cinese classico, una lingua ereditata dal passato e paragonabile al nostro latino medievale o ecclesiastico. www.serpentebianco.org

Come molti sanno la lingua cinese non si scrive con un sistema alfabetico ma logografico, ogni parola è cioè rappresentata da un preciso segno grafico che ne indica il significato ma non necessariamente dà indicazioni sulla pronuncia dello stesso. Furono gli studiosi occidentali a porsi il problema di come trascrivere la pronuncia delle parole del cinese in alfabeto. Nacquero così vari sistemi fonetici basati sulle pronunce delle lingue d’appartenenza dei singoli ricercatori, il più diffuso dei quali fu l’inglese, detto WadeGiles dai nomi dei suoi ideatori. Nel 1958 fu approvato dalle autorità cinesi un sistema di trascrizione fonetica noto come pinyin 拼音 (costituito da 26 lettere latine) che è oggi la trascrizione ufficiale della lingua cinese della RPC. Siccome alcuni paesi, in particolare quelli anglosassoni, tendono a conservare i loro precedenti sistemi di trascrizione, succede spesso che le parole cinesi ci si presentino in forme diverse, es.: pinyin

毛泽东 Mao Zedong 功夫 gongfu 气功 qigong

Wade-Giles 毛泽东 MaoTze-tung 功夫 kung-fu 气功 ch’i-kung Nonostante le differenze grafiche la pronuncia è la stessa.


La Via del

GUERRIERO Analisi comparata del

SUNZI BINGFA PRIMA PARTE di Cesare Cossa

Non si può leggere la storia della Cina senza restare impressionati dalle innumerevoli guerre che hanno travagliato la “terra di mezzo” sin dalla prima dinastia. E quando non si tratta di guerre si trovano sempre complotti, avvelenamenti, intrighi, faide interne. Il pensiero cinese ha creato il Taoismo ed il Buddhismo Chan e, tuttavia, le epoche più fiorenti di tali filosofie si sono attuate durante i periodi più cupi e sanguinari. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, il pensiero marziale, a differenza del vicino Giappone, è assai poco presente nella tradizione culturale cinese; la letteratura cinese è sì assai ricca di romanzi di cavalieri e dame, ma in essi la guerra è solamente uno spunto per mostrare l’abilità e la rettitudine morale dell’eroe, Wu Xia, il cavaliere che difende i poveri dai tiranni ed agisce per ristabilire l’ordine morale. Ed allora dove inquadrare lo spirito di un combattente, di un praticante di arti marziali, che studia come colpire ed annientare un avversario, che 18

prova e riprova tecniche che possono provocare la morte, o comunque gravi danni, se applicate realmente. La tradizione cinese e quella orientale in generale ci ha lasciato alcune risposte che possono essere rintracciate ed applicate anche oggi. Con riferimento al Buddhismo Mahaiana si può sostenere che nessun uomo ha il diritto di prevaricare un altro essere umano; parlando di lotta e combattimento, il praticante esperto di arti marziali deve partire dal presupposto che è sempre meglio evitare lo scontro, anche se si è nel giusto, scegliendo piuttosto la

mediazione. La lite: sei nel giusto e vieni osteggiato. Fermarsi a metà strada reca salute. Condurre a termine porta sciagura.(1) Sempre secondo la saggezza cinese, se non si è sicuri di vincere è meglio evitare lo scontro, o almeno rimandarlo. La tradizione orientale ci ha lasciato un altro insegnamento fondamentale, che potrebbe essere banale se non nascondesse una profonda verità, ovvero che è sempre meglio vincere senza arrivare allo scontro diretto. Zhuge Liang, stratega dell’an-


tica Cina riprende le parole di Sun Tzu quando ricorda che: Chi è abile in battaglia non agisce in base all’ira, chi è abile nella vittoria non soggiace alla paura. Così il saggio ha vinto prima di combattere, mentre l’ignorante deve combattere per vincere.(2) Un proverbio popolare cinese sostiene che “tre buone parole non valgono quanto un buon pugno”, ciò per mostrare che anche se si adottano tutte le migliori precauzioni vi può essere sempre qualcuno che aspira a danneggiarci. E quindi alla domanda: perché combattere? Perché praticare le arti marziali? La risposta è semplice, se si è attaccati o se si deve attaccare un avversario prima che sia lui a prendere l’iniziativa. Non si può contare sul mancato arrivo del nemico, ma si deve fare affidamento sulla capacità di affrontarlo; non si può contare sul mancato attacco del nemico ma si deve procurare di essere inattaccabili.(3) La strategia dell’abile combattente prevede che sia essenziale la valutazione di base, ovvero come essere sicuri di vincere lo scontro. Gli antichi testi sostengono che un abile combattente è chi, oltre a vincere, vince con facilità, ovvero colui che vince un avversario che è già sconfitto in partenza; in tal caso, per vincere, non c’è nemmeno necessità di usare la forza. Un avversario troppo forte va, invece, rifuggito. Tenendo in debita considerazione che “chi ha

poca forza è in preda di chi ne ha molta”, se si è nettamente inferiori all’avversario si deve cercare di evitare lo scontro. Le cose non possono dimorare durevolmente al loro posto. Per questo segue il segno: la ritirata. La ritirata significa cedere.(4) Si deve essere in grado di valutare attentamente i fattori

in gioco per poi seguire la strategia migliore di attacco o di ritirata. La ritirata: riuscita! Per il piccolo è propizia la perseveranza.(5)� Molto esplicito a tale proposito è l’ultimo dei 36 Stratagemmi, libro canonico della tradizione marziale cinese, ove si afferma senza mezze misure che: La fuga è lo stratagemma migliore.(6) La fuga non è indice di sconfitta ma di attento ragionamento ed analisi; finché non si è vinti si conservano sempre le proprie forze per attacca-

re in un secondo momento. Secondo la teoria yin e yang, all’apice della potenza l’energia dell’avversario inizia la sua diminuzione e la “ritirata” consente propriamente di attendere il momento propizio per attaccare. Se si gioca si può vincere ma si può anche perdere, se non si gioca non si vince ma nemmeno si perde! Nel combattimento è lo stesso: se si incontra un avversario di pari capacità si può combattere e si può vincere, ma si può anche essere sconfitti. Detto altrimenti: la vittoria può essere prevedibile, ma non si può avere la certezza di ottenerla; dal momento che l’invincibilità dipende da noi stessi e che il suo opposto dipende dall’avversario, gli abili combattenti possono rendersi invincibili ma non possono far sì che l’avversario sia, per questo, sconfiggibile. E’ quindi di fondamentale importanza essere in grado di valutare lo yin e lo yang ovvero i vantaggi e le perdite. (continua sul prossimo numero) 1.Wilhelm Richard, a cura di, “I Ching”, Adelphi, 1991. 2. Cleary Thomas, a cura di, “Sun Tzu”, Ubaldini, 1990. 3. Fracasso Riccardo, a cura di, “Sun Tzu,TEN, 1994. 4.Wilhelm Richard, a cura di, “I Ching”, Adelphi, 1991. 5.Wilhelm Richard, a cura di, “I Ching”, Adelphi, 1991. 6. Magi Gianluca, a cura di, “I 36 stratagemmi”, Il punto d’incontro, 2003.

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WUSHU WEB MAGAZINE numero 0 - dicembre 2009 consultazione gratuita solo su internet all’interno del sito: www.wuitaly.com Hanno partecipato alla realizzazione di questo numero: Fabrizio Bernardi Alessio Boarini Cinzia Cervi Cesare Cossa Eleonora Gaiba Claudio Gigante Giuseppe Gualdani Piercarlo Romeo Fabio Smolari Zhang Guangde Responsabile: Claudio Gigante Progetto e realizzazione grafica Claudio Gigante Contatti Redazione: redazione.wwm@wuitaly.com

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