Depressione e farmaci antidepressivi in gravidanza: è presente un rischio di autismo nei figli?

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Depressione e farmaci antidepressivi in gravidanza: è presente un rischio di autismo nei figli? Rai D, Lee BK, Dalman C et al. Parental depression, maternal antidepressant use during pregnancy, and risk of autism specrum disorders: population based casecontrol study. BMJ 2013; 346:f2059 http://www.bmj.com/content/346/bmj.f2059 (Published 19 April 2013) Quando inizia l’attività del pediatra? Tradizionalmente abbiamo sempre iniziato al momento della nascita, sia per contratto sindacale, o perché si pensava che il periodo della gravidanza fosse il momento della crescita genetica, con la placenta che filtrava qualsiasi avversità e dove potevano occorrere solamente patologie sindromiche o teratogeniche, legate fondamentalmente a un danno genetico. Ora sappiamo che non è più così: il Fetal Programming e l’ereditarietà epigenetica ci dicono chiaramente che il feto vive in un ambiente ricco di stimoli e modifica l’attività dei suoi geni in base allo specifico tipo di ambiente in cui vive. In altre parole, il bambino programma il suo futuro in base all’ambiente con cui viene a contatto durante la vita in utero. Background Le malattie dello spettro autistico hanno presentato un drammatico aumento di incidenza in tutte le età pediatriche (in USA da 5/10.000 nel 1980 a 1/88 nel 2008). Ancora non si conoscono le cause di questa patologia gravemente disabilitante, ma sono presenti trattamenti di elevata efficacia soprattutto se la malattia è diagnosticata precocemente Scopi Valutare l’associazione tra la depressione del genitore, l’utilizzo di farmaci antidepressivi in gravidanza con la presenza di malattia autistica nei figli. Metodi Studio caso-controllo su una popolazione di quasi seicentomila bambini svedesi di età 0-17aa residente a Stoccolma tra il 2001 e il 2007. Sono stati valutati complessivamente 4429 casi di autismo (1828 con deficit e 2601 senza deficit intellettivo) e un gruppo di controllo di 43.277 bambini tra cui 1679 con autismo e 16845 con dati sull’uso di farmaci antidepressivi della madre in gravidanza. Per l’aggiustamento dei dati sono stati considerati numerosi effetti confondenti tra cui l’età dei genitori, il reddito familiare, altre patologie psichiatriche familiari, lo stato occupazionale dei genitori, l’etnia materna, la parità, diabete, fumo e ipertensione arteriosa materna, l’età gestazionale, il peso alla nascita e l’Apgar. Risultati Una storia di depressione materna (ma non paterna) era associata a un aumento del rischio di autismo nella prole (OR 1.49; 95%IC 1.08-2.08). Il rischio era più elevato nel campione con autismo senza disabilità mentale (OR 1.86; 95%IC 1.25-2.77). La presenza di depressione paterna non era correlata significativamente ad un particolare rischio di malattia dello spettro autistico (Tabella1). Nel sottocampione con dati disponibili sull’uso di farmaci antidepressivi in gravidanza (9 casi e 27 controlli) l’OR è risultato 3.34 (95%IC 1.50-7.74; p=0.003). Conclusioni L’esposizione in utero agli inibitori del reuptake della serotonina (SSRIs) o delle monoamine (antidepressivi triciclici) è associato ad un incremento del rischio di presentare una malattia autistica, soprattutto alle forme di autismo senza disabilità


intellettuale. I risultati dello studio affermano che la correlazione tra consumo di farmaco antidepressivo in gravidanza e autismo nella prole è una semplice associazione e non indica che il trattamento farmacologico in gravidanza è un processo causale dell’autismo. Le differenze riscontrate tra autismo con o senza disabilità intellettive fanno presupporre diversi meccanismi etiopatogenetici tra questi due sottogruppi di autismo

Tabella1: Odds Ratio della relazione tra depressione nei genitori (madre o padre) e autismo, con o senza disabilità mentale. Model 3 si riferisce all’analisi aggiustata del model 2 sulla presenza di altre patologie psichiatriche nell’altro genitore. Da BMJ 2013; 346:f2059

Commento Uno studio retrospettivo complesso, eseguito su un data base, quello svedese, dove già dal 1995 tutti i dati di screening, diagnosi, terapia sono registrati su database nazionali, regionali e amministrativi. I ricercatori hanno meticolosamente incrociato i dati dei diversi registri sanitari per ottenere una importante quantità di dati e la maggior precisione sulle informazioni sanitarie delle famiglie selezionate per lo studio. Come giustamente sottolineato anche dai ricercatori, non è possibile affermare che l’utilizzo di farmaci antidepressivi in gravidanza sia una possibile causa di autismo: lo studio è osservazionale retrospettivo, quindi segnala un’associazione e non afferma un rapporto di causa-effetto. Anche se così fosse, spiegherebbe un solo 1% dei casi di autismo, mentre l’incidenza di questa patologia sta drammaticamente aumentando ovunque. Nell’ipotesi che la possibile causa dell’autismo sia da ricercare nella depressione in gravidanza, il farmaco potrebbe addirittura assumere il volto di un mezzo di difesa verso questo drammatico destino del bambino. In altre parole, non è possibile concludere se l’associazione tra l’uso dell’antidepressivo ed il disturbo dello spettro autistico riflette una grave depressione in gravidanza o è l’effetto diretto del farmaco.


Cosa ci portiamo a casa, quindi, di questo interessante studio? Innanzi tutto, dal punto di vista operativo, chiedere se durante la gravidanza la mamma ha sofferto di depressione: la correlazione statisticamente significativa tra depressione e autismo potrebbe farci programmare una CHAT per l’autismo durante il secondo anno di vita del bambino. Questo articolo ci fa venire anche in mente che i disturbi mentali sono ormai riconosciuti essere al primo posto tra le condizioni disabilitanti in età pediatrica (Tabella 2) (Slomski A. Chronic Mental Health Issues in Children Now Loom Larger Than Physical Problems. JAMA 2012;308:223) anche se il pediatra spesso ha una formazione accademica inadeguata nell’affrontare, riconoscere e indirizzare la famiglia verso una giusta direzione.

Tabella 2: in USA, per la prima volta, le primi cinque condizioni disabilitanti sono correlate alla salute mentale e non più a disturbi fisici. Da: JAMA 2012;308:223

Ultimo, ma non meno importante, è capire quando il pediatra deve iniziare ad affiancare la famiglia nella sua azione di protezione e promozione del bambino. Ormai sono numerose le ricerche che confermano come comportamenti del genitore influiscono sullo sviluppo fetale. Fumo, alcol, esposizione a idrocarburi aromatici, modalità di alimentazione in gravidanza, depressione, ansia o eccesso di peso della futura mamma fanno parte delle esperienze prenatali che forgiano corpo e mente del bambino al di là di possibili influenze che agiscono direttamente sul genoma. Possiamo dire con serenità che l’infanzia inizia nel grembo materno e il pediatra dovrebbe conoscere questa parte così importante della vita di ogni suo piccolo paziente.


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