ALEXANDER LONQUICH Pianoforte e direttore Alexander Lonquich è nato a Trier in Germania. Nel 1977 ha vinto il Primo Premio al Concorso Casagrande dedicato a Schubert. Da allora ha tenuto concerti in Giappone, Stati Uniti e nei principali centri musicali europei. La sua attività lo vede impegnato con direttori d’orchestra quali C. Abbado, K. Sanderling, T. Koopman, E. Krivine, H. Holliger, M. Minkowski. Particolare in tal senso è stato il rapporto con S. Vègh e la Camerata Salzburg, di cui è tuttora regolarmente direttore-solista ospite. Intensa la sua attività nell’ambito della musica da camerache lo vede collaborare con artisti del calibro di C. Tetzlaff, J. Bell, H. Schiff, S. Isserlis, I. Faust, J. Widmann, B. Pergamenschikov, H. Holliger e F.P. Zimmermann ed ha ottenuto numerosi riconoscimenti dalla critica internazionale -”Diapason d’Or” (1992), “Premio Abbiati” (1993) e “Premio Edison” (1994). Nel 2003 forma, con la moglie Cristina Barbuti, un duo pianistico che si esibisce in Italia, Austria, Svizzera, Germania e Norvegia. Inoltre, si presenta spesso nella doppia veste di pianista e fortepianista spaziando da C. Ph. E. Bach a Schumann e Chopin. Nel ruolo di direttore-solista, collabora stabilmente con l’Orchestra da Camera di Mantova - con cui in particolare ha svolto un lavoro di ricerca e approfondimento tra il 2004 e 2007 sull’inte-
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grale dei Concerti per pianoforte e orchestra di Mozart - e tra le altre con l’Orchestra della Radio di Francoforte, la Royal Philharmonic Orchestra, la Deutsche Kammerphilarmonie, la Camerata Salzburg, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestre des Champs Elysées e la Filarmonica della Scala di Milano. Si esibisce regolarmente per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con la quale dalla stagione 2011/12 collabora anche come direttore-solista. Dopo aver effettuato incisioni per EMI dedicate a Mozart, Schumann e Schubert, inizia una collaborazione con la ECM registrando musiche del compositore israeliano Gideon Lewensohn, un cd di musica pianistica francese dell’inizio del XX secolo, la Kreisleriana e la Partita di Holliger. Ai numerosi impegni concertistici, affianca negli anni un intenso lavoro in campo didattico tenendo masterclass in Europa, Stati Uniti ed Australia e collaborando con l’Accademia Pianistica di Imola e la Hochschule für Musik di Colonia. Convinto che il sistema educativo in campo musicale sia da integrare e in parte da ripensare, si impegna intensamente nella conduzione di laboratori teatrali/musicali avvalendosi della collaborazione di artisti provenienti da linguaggi artistici diversi. Tra le altre, particolarmente cara l’esperienza del laboratorio Kinderszenen dedicato all’infanzia.
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Mercoledì 09 aprile Mantova, Teatro Sociale, ore 20.45
ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVA Alexander Lonquich, pianoforte e direttore
PROGRAMMA _ L.v. Beethoven “Zur Namensfeier” (Per l’onomastico), Ouverture in do maggiore, op. 115 Concerto n. 1 in do maggiore per pianoforte e orchestra op. 15 Allegro con brio – Largo - Rondò. Allegro
••• L.v. Beethoven Le rovine di Atene, Ouverture in sol minore op. 113 Z. Kodály Danze di Galanta D. Šostakovič Concerto n. 2 in fa maggiore per pianoforte e orchestra op. 102 Allegro – Andante - Allegro
L.v. Beethoven Ouverture da “Le rovine di Atene” op. 113 e “Per l’onomastico” op. 115 L’Ouverture estratta dalle musiche di scena per Le rovine di Atene è quanto rimane, nel comune uso concertistico, di un ben più vasto lavoro a carattere celebrativo commissionato dal teatro di Pest. Un lavoro polimorfo per voci recitanti, solisti, coro e orchestra su un libretto di Anton von Kotzebue, popolato di dei e dee ma destinato, nonostante le apparenze, a sostenere invero la politica imperiale di Francesco I d’Austria in Ungheria con un testo nel quale calano allusioni ed encomi al governo benevolente fra le esultanze del popolo e l’elogio delle virtù. Da ciò ebbe origine un vero e proprio spettacolo con il quale il 9 febbraio del 1812 il teatro, grande investimento imperiale progettato qualche anno prima, giunse al suo corale momento inaugurale. La originale partitura beethoveniana consta di ben otto numeri più l’Ouverture, pagina che dopo due sezioni concatenate “Andante con moto” e “Marcia moderato” - che anticipano parte delle musiche di scena seguenti - elabora un breve “Allegro ma non troppo” dal tono festoso ed energico. Di qualche anno successivo
(sebbene i primi schizzi risalgano al 1809) è invece la Ouverture “Per l’onomastico”, inizialmente prevista per l’onomastico di Francesco I (autunno 1814) ma poi effettivamente conclusa qualche mese dopo, nel marzo del 1815. Si tratta di una breve ed autonoma pagina orchestrale la cui generica ma sempre festosa destinazione è riflessa nel luminoso, felice ed esuberante carattere. L.v. Beethoven Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra op. 15 Il Concerto in do maggiore, catalogato come numero 1, è in realtà il secondo della serie di cinque ma si colloca ancora nella fase di apprendistato, per quanto incisiva, del compositore tedesco. Lo stesso Beethoven, a quel tempo già ammirato per i talenti esecutivi ed improvvisativi, eseguì l’opera nel marzo del 1795 a Vienna. Una versione lievemente rimaneggiata fu poi presentata nell’aprile del 1800. Il Primo è un Concerto che si colloca nella tradizione di quelli scritti per il godimento del pubblico, con la sua brillante orchestrazione ed una nitida scrittura pianistica di bravura: scrittura che apre tuttavia una ispirata parentesi di contrasto poetico con un centrale, ampio ed eloquente “Largo” in mi bemolle maggiore, di suggestiva pensosità. Sebbene l’ancor vicino modello settecentesco mozartiano fosse pienamente influente, suscitando senz’altro l’interesse di Beethoven, questa partitura accentua il senso di dinamismo ed essenzialità adottando uno stile che è stato definito “militare”, sia per l’energia che pervade ritmi e disegni melodici, sia per le caratteristiche dell’orchestrazione dove trombe e timpani provvedono a caratterizzare fortemente l’atmosfera. Ne risulta, con questa somma di elementi, una composizione architettonicamente stagliata, capace di accogliere in bell’equilibrio l’aspetto estroverso, affermativo e brillante, sospinto da spunti di vitalismo elettrizzante, e l’attitudine alla meditazione sul filo di una fremente emotività che rappresenta, con la vocazione costruttiva, la sua modernità. Z. Kodály Danze di Galánta Una quarantina di chilometri ad est di Bratislava, in Ungheria, si trova Galánta, piccolo
centro evocato dal titolo della celebre composizione firmata da Zoltán Kodály. Il maestro ungherese, nelle sue Danze per orchestra vi si riferisce con due intenti: elevarlo a luogo della memoria, con il suo carico di ricordi infantili – giacché a Galánta egli trascorse alcuni anni, tra il 1885 e il 1892 - e proseguire nella valorizzazione ed attualizzazione della cultura tradizionale, rivissuta nel senso della più orgogliosa appartenenza. Le Danze di Galánta, che lambiscono sul piano formale lo schema del rondò per il fatto di far riaffiorare più volte, alternato ad altri, uno stesso motivo, compongono un quadro variopinto, coloratissimo, di irresistibile sapere evocativo e magnifica, lussureggiante scrittura orchestrale; furono composte e presentate nel 1933 per festeggiare l’ottantesimo anniversario di fondazione della Società Filarmonica di Budapest, attingendo ad un repertorio di origine zingara che si manifesta in taglienti e trascinanti virtuosità, fra pregnanze tematiche di deciso profilo e ritmi incalzanti. Pur non incluso tra gli innovatori del linguaggio musicale novecentesco, Kodály con il suo innegabile enciclopedismo musicale ha guadagnato il riconoscimento dei suoi connazionali, il rispetto elogiativo dei posteri e, aspetto non secondario, il favore del pubblico. Tutto ciò basta e avanza per perdonargli di non essere stato un esponente rivoluzionario dell’avanguardia.
D. Šostakovič Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra op. 102 Oltre un ventennio dopo il Primo Concerto “per pianoforte con accompagnamento di orchestra d’archi e tromba” nasce a Mosca – il 10 maggio del 1957 è la data della prima esecuzione – il Concerto n.2 in fa maggiore per pianoforte e orchestra, che Šostakovič destina in prima battuta al figlio pianista Maxim, il quale presentando quest’opera con l’assistenza del padre, all’età di diciannove anni completa brillantemente i suoi studi di conservatorio. Se si possa intendere un intento didattico in questa pagina che, senza ruvidi strappi sperimentali, e anzi con sguardo retrospettivo, appare come il solare e giocoso ritratto di un maestro che s’intrattiene pacificamente con i suoi straordinari doni inventivi, non è detto o suggerito. Il Concerto, piuttosto, è divenuto uno fra i pochi, dell’età moderna, baciati dal successo nelle sale di tutto il mondo per la chiarezza della comunicativa, l’assenza di complicazioni formali e la piacevole e frizzante leggerezza delle idee. Fra i ritmi indiavolati e le abilità velocistiche che sorreggono il primo e l’ultimo movimento, emerge, come oasi di serena riconciliazione con il mondo, il centrale e poetico “Andante”, d’impronta pudicamente romantica.
ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVA
CONTRABBASSI: Massimiliano Rizzoli*, Giorgio
VIOLINI I: Carlo Fabiano*, Filippo Lama*, Gra-
zia Serradimigni, Alessandro Conrado, Cesare Carretta, Stefano Biguzzi, Luca Braga, Igor Cantarelli, Carlotta Conrado, Giacomo Tesini VIOLINI II: Pierantonio Cazzulani*, Eugjen
Andrea Zaniboni
Galvan, Luca Bandini
FLAUTI: Maurizio Saletti*, Roberto Fabiano*,
Comaci Boschi (ottavino)
OBOI: Rossana Calvi*, Federico Verzeletti
Gargjola, Chiara Spagnolo, Laura Riccardi, Agnese Tasso, Giacomo Invernizzi, Renata Spotti, Gabriele Mollicone
CLARINETTI: Aljaz Begus*, Igor Armani
VIOLE: Alfredo Zamarra*, Klaus Manfrini, Ma-
CORNI: Andrea Leasi*, Dimer Maccaferri, Ugo
ria Antonietta Micheli, Luca Serpini, Claudio Cavalletti, Tamami Sohma VIOLONCELLI: Paolo Perucchetti*, Gregorio
Buti, Federico Bracalente, Claudio Marini
FAGOTTI: Francesco Bossone*, Luigi Sabanelli
Favaro*, Maurizio Cavallini
TROMBE: Marco Braito*, Stefano Flaibani PERCUSSIONI: Danilo Grassi*, Pedro Perini
*prima parte
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