Orchestra Leonore VIOLINI PRIMI Daria Zappa**, Tommaso Belli, Esona Ceka, Clarice Curradi, Paolo Lambardi, Na Li, Gian Maria Lodigiani, Silvia Mazzon, Fanny Ravier, Mirei Yamada VIOLINI SECONDI Tania Mazzetti*, Nicola Bignami, Clarice Binet, Massimiliano Canneto, Diego Castelli, Sarah Cross, Teona Kazishvili, Sofia Villanueva VIOLE Danusha Waskiewicz*, Sara Marzadori, Riccardo Savinelli, Francesco Tosco, Francesca Turcato, Marco Venturi VIOLONCELLI Andrea Landi*, Fabio Fausone, Veronica Lapiccirella, Adriano Melucci, Chiara Torselli CONTRABBASSI Samuele Sciancalepore*, Yamila Pedrosa Ahmed, Adriano Piccioni FLAUTI Matteo Evangelisti*, Paolo Ferraris OBOI Andrey Godik*, Gianluca Tassinari CLARINETTI Tommaso Lonquich*, Aljaž Beguš FAGOTTI Andrea Bressan*, Riccardo Papa CORNI Andrea Mastini*, Alessandro Piras TROMBE Vinicio Allegrini*, Matteo Cogoni TROMBONI Giuliano Rizzotto*, Alessio Cristin, Francesco Parini TIMPANI Andrea Bindi*
PROSSIMI APPUNTAMENTI
** Violino di spalla * Prime parti
Domenica 21 febbraio
Mantova, Teatro Bibiena, ore 11.00
Voluta e promossa dalla Fondazione Pistoiese Promusica, l’Orchestra Leonore nasce nel 2014 come espressione dell’idea precisa del fare musica insieme come atto di condivisione autentica, riunendo in questo obiettivo comune musicisti eccellenti attivi in prestigiosi ambiti cameristici e con esperienze in importanti orchestre internazionali (tra cui Lucerne Festival Orchestra, Berliner Philharmoniker, Accademia di Santa Cecilia, Mahler Chamber Orchestra, Chamber Orchestra of Europe, Orchestra Mozart, Sydney Symphony Orchestra) sotto la direzione musicale di Daniele Giorgi. Fin dal suo esordio il “fenomeno Orchestra Leonore” si è guadagnato l’attenzione del mondo musicale per la straordinaria energia e naturalezza delle interpretazioni e per l’intesa gioiosa fra i musicisti distinguendosi anche per lo speciale rapporto che viene instaurato con i solisti, coinvolti attivamente nella prospettiva di un autentico incontro di esperienze volto ad un arricchimento musicale reciproco. La Fondazione Promusica ha istituito il concorso “Listen 2.0” per l’assegnazione di borse di studio, grazie a cui i giovani musicisti hanno l’opportunità di partecipare ad un’importante esperienza formativa suonando nella Leonore al fianco di eccellenti professionisti. «L’Orchestra Leonore è un gruppo da camera allargato, formato da musicisti di altissimo livello, ma prima ancora da persone entusiaste di suonare insieme. Giacché questo è ciò che fa il “valore” di un’orchestra: non solo la somma di splendidi strumentisti, ma anche e soprattutto la loro volontà e capacità di raggiungere, attraverso l’attitudine all’ascolto reciproco, un obiettivo umano e musicale comune; e di condividerlo con il pubblico» (Daniele Giorgi, Direttore musicale).
Domenica 21 febbraio
Gonzaga, Teatro Comunale / ore 18.00 La domenica musicale
Una voce, trenta dita e... una favola a matita Trio Dindo S.p.a.
Olaf John Laneri pianoforte Quintetto di fiati dell’Ocm
Musiche di C. Debussy, A. Piazzolla, A. Diabelli, W.A. Mozart, L.v. Beethoven, J.S. Bach e N. Rota
Musiche di G. Rossini, W.A. Mozart e F. Poulenc
soggetto riconosciuto
Comune di Gonzaga
Comune di San Benedetto Po
Venerdì 12 febbraio 2016 Mantova, Teatro Sociale / ore 20.45
Alban Gerhardt violoncello Orchestra Leonore Daniele Giorgi direttore
Programma N. Burgmüller
Scherzo dalla Sinfonia n. 2 op. 11
R. Schumann
Concerto in la minore per violoncello e orchestra op. 129 Nicht zu schnell Langsam Etwas lebhafter. Sehr lebhaft
*** R. Schumann
Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61 Sostenuto assai Scherzo: Allegro vivace. Trio I et II Adagio espressivo Allegro molto vivace
Note all’ascolto Norbert Burgmüller Scherzo dalla Sinfonia n. 2 Norbert Burgmüller nato a Düsseldorf nel 1810 e drammaticamente scomparso giovanissimo, nel 1836, annegando ad Aquisgrana in conseguenza ad un attacco epilettico, fu un musicista di talento che non ebbe il tempo di dimostrare appieno il suo valore. Appartenente ad una famiglia di compositori - tali erano sia il padre Johann August Franz (1766-1824) e sia il fratello Freidrich (1806-1874) - oggi viene accolto nella schiera dei cosiddetti “minori”, ma a suo tempo godette di ottima considerazione, tanto che non solo Schumann ritenne di dedicarsi all’orchestrazione ed alla rifinitura del terzo movimento (Scherzo) della sua Sinfonia n. 2 in re maggiore, ma anche Mendelssohn (che gli fu amico) intese omaggiarne la memoria dedicandogli una Marcia funebre per banda militare (op.103). Dunque un maestro per lo meno promettente, che aveva licenziato la sua prima Sinfonia nel 1833 dopo una solida formazione condotta fra l’altro sotto la guida di Louis Spohr, e che aveva già realizzato quattro quartetti per archi (il primo a soli quindici anni), alcune raccolte liederistiche ed una Sonata per pianoforte. La Sinfonia n. 2, che Burgmüller lasciò sfortunatamente incompiuta, e che mostra influenze dello stile beethoveniano, fu parzialmente presentata dopo la sua morte, allorquando nel 1837, a Düsseldorf, con la bacchetta di Julius Rietz che era succeduto a Mendelssohn nella conduzione dell’orchestra locale, furono eseguiti i primi due movimenti completi. Schumann s’interessò del lavoro incompiuto verso la fine del 1851, allorché ne rinvenì il manoscritto. Pare che fece un tentativo per completare la partitura con un quarto movimento (del quale sarebbero esistenti poco più di 120 battute), ma l’autentico completamento giunse pochi decenni fa, con una pubblicazione negli anni Ottanta, originata da un lavoro condotto sulle sole 58 misure originali rimaste.
Robert Schumann - Concerto in la minore per violoncello e orchestra op. 129 Nell’autunno del 1850, Schumann giunse a Düsseldorf, invitato a sostituire Ferdinand Hiller – illustre allievo di Hummel - alla guida della locale Società Corale e Sinfonica. A quel tempo egli aveva alle spalle già una copiosa produzione per pianoforte solo, i quartetti per archi op.41, il famoso, unico Quintetto con pianoforte, il poetico Concerto per pianoforte e orchestra in la minore, due sinfonie e altro ancora; ed alla fama di compositore accompagnava quella di valente ed acuto
critico musicale. Ricevuto calorosamente nella nuova residenza, già dal mese di settembre, e parallelamente agli impegni direttoriali, Schumann si dedicò con rinnovato entusiasmo alla composizione realizzando la sua Terza Sinfonia “Renana” (tra i primi di novembre e i primi di dicembre), ed il Concerto per violoncello (in settembre, lavorandolo un paio di settimane). Sul modello del precedente Concerto per pianoforte, anche in questo nuovo lavoro viene stabilita un’organizzazione formale senza soluzione di continuità: i tre movimenti – con la sezione lenta posta al centro – si susseguono infatti sfociando l’uno nell’altro. Ma il proposito coesivo si manifesta anche nell’apparizione iterata di un riconoscibile ceppo melodico, frantumato e variato, tal da esplicare una rete di relazioni tematiche estesa agli episodi di raccordo. In questo lavoro che Schumann incluse nel proprio catalogo personale con il titolo di Pezzo da concerto per violoncello con accompagnamento orchestrale (il che spiega quale sia la preminenza dello strumento ad arco), non riuscendo però a vederlo eseguito prima della sua morte (la prima esecuzione si diede solo nel giugno del 1860, a Lipsia), i ruoli sono effettivamente limpidi, senza antagonismi, e non generano equivoci; ma c’è in più un equilibrio dialogante mai scadente in pesantezza. Nell’ariosità di questo cammino, l’interiorità, la poesia, o le scattanti energie che emergono nel finale, nell’espandersi dell’immaginazione e nell’accentuazione necessaria della bravura strumentale, si manifestano come aspetti armoniosi di un’unica, felice progressione compositiva.
Robert Schumann - Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61 Se è vero che le Sinfonie di Schumann in generale sono intese dagli studiosi come esempi imperfetti di scrittura e concezione orchestrale (la strumentazione e la natura dei materiali tematici, in particolare, vengono additati come elementi deboli: l’una pesante, l’altra condizionante svolgimenti fitti di ripetizioni), è vero anche che esse non mancano di fortissimi elementi di fascino capaci di attrarre l’ascoltatore moderno. La Seconda Sinfonia ad esempio possiede incalzante energia e alta poesia, ritmi scattanti e complessità contrappuntistiche, oltre che un afflato lirico di stupefacente bellezza: il che pone assolutamente in secondo piano quella che è stata definita, sinteticamente, «l’irrisolta contraddizione tra il vagheggiamento della classicità e la tendenza tutta romantica al particolare» (Danilo Prefumo). La Sinfonia in do maggiore, magnifica, lucente partitura dell’età romantica, fu abbozzata in meno di tre settimane nel dicembre del 1845, ma occorse quasi l’intera annata successiva per tradurre la bozza in partitura compiuta. E non solo, dal momento che
dopo una prima esecuzione, non fortunata, datasi al Gewandhaus di Lipsia per mano di Felix Mendelssohn il 5 novembre del 1846, si aggiunsero ulteriori interventi correttivi. Fu insomma un lavoro maturato con lentezza, fatica e molti ripensamenti ( come Schumann stesso ebbe a confessare in una lettera ) protratti fino all’ultimo fra notti agitate, rifacimenti e sofferenze fisiche, conseguenze dell’avanzare della malattia mentale già manifesta: «Ho composto questa sinfonia nel dicembre 1845, ancora per così dire malato; mi sembra che lo si percepisca quando si ascolta. Non è che nell’ultimo movimento che ho cominciato a sentirmi meglio (…) ma mi rammenta un’epoca cupa». Un impegno evidente viene destinato, in questa Sinfonia che rappresenta un’altra tappa importante nella produzione schumanniana per orchestra – dopo una prova scartata ed altri cimenti incompleti come la prima versione di quella che sarà la Quarta Sinfonia – alla coerenza dello svolgimento, cioè alla ricerca di elementi collanti: la singolare introduzione, che accoglie contemporaneamente due motivi contrastanti (un teso richiamo degli ottoni ed un fluido disegno degli archi) anticipa in sostanza i motivi che animeranno anche il seguente Allegro; ma altre riflessioni di questo genere punteggiano l’intera opera se è vero che l’eroico motto iniziale degli ottoni ricompare anche in altri due movimenti; e se l’Adagio presta il suo tema fondamentale al finale. Questo modo operativo ha dei precedenti: proprio la Prima Sinfonia registra similari metodi per correlare momenti diversi della partitura. Ma al di là di tali logiche interne, la Seconda è un trionfo di idee mirabili: dall’irruente inizio («umore caparbio e cangiante» vi riconosceva l’autore), al tagliente Scherzo; dal commovente, ampio Adagio, dolorosa fantasia lirica, al fiammeggiante Allegro conclusivo. Emblema di un maestro e di un’epoca che profetizzava le nevrosi di fine secolo.
Andrea Zaniboni
Alban Gerhardt violoncello Negli ultimi dieci anni, Alban Gerhardt si è affermato tra i più grandi violoncellisti del nostro tempo. Il suo suono è inconfondibile e le sue interpretazioni del repertorio si distinguono per la loro originalità. Gerhardt affascina il pubblico con la combinazione di un istinto musicale infallibile, un’intensa emotività e una presenza naturale sul palcoscenico. Di particolare interesse per lui è il desiderio di aiutare il pubblico a spezzare le vecchie abitudini di ascolto e di concerto e di aprire la musica classica ad un pubblico più giovane. Tra i suoi primi successi in concorsi e il debutto con i Berliner Philharmoniker diretti da Semyon Bychkov, Gerhardt ha suo-
nato con quasi 250 diverse orchestre in tutto il mondo con direttori quali Kurt Masur, Christoph von Dohnanyi, Christoph Eschenbach, Sir Neville Marriner, Marek Janowski, Sir Colin Davis, Leonard Slatkin, Michael TilsonThomas, Fabio Luisi, Kent Nagano, Sakari Oramo, Paavo Järvi, Neeme Järvi, Christian Thielemann, Esa-Pekka Salonen, David Zinman, Vladimir Jurowski e Andris Nelsons. Il repertorio di Alban Gerhardt include più di 70 diversi Concerti per violoncello. Le sue collaborazioni con compositori come Thomas Larcher, Peteris Vasks, Brett Dean, Jörg Widmann, Osvaldo Golijov, Mathias Hinke e Matthias Pintscher dimostrano il suo impegno per il repertorio contemporaneo e nel 2009 ha tenuto la prima mondiale del Concerto di Unsuk Chin che è stato composto per lui. Collabora nella musica da camera con Steven Osborne, Cecile Licad, Lars Vogt, Christian Tetzlaff, Lisa Batiashvili, Arabella Steinbacher, Gergana Gergova e Emmanuel Pahud. Gerhardt ha vinto tre premi Echo Classic per il disco dedicato a Reger (2009). Incide in esclusiva con Hyperion. Suona uno strumento unico, di Matteo Gofriller. Scrive sui suoi viaggi e i suoi concerti nel suo blog, a cui si accede dalla sua pagina web www.albangerhardt.com.
Daniele Giorgi direttore Direttore d’orchestra, compositore e violinista, Daniele Giorgi considera una ricchezza irrinunciabile dedicarsi alla musica da più prospettive. Nato a Firenze nel 1970, si diploma in violino con il massimo dei voti presso il Conservatorio Luigi Cherubini perfezionandosi in seguito al Conservatorio della Svizzera Italiana. Dal 1999 violino di spalla dell’ORT – Orchestra della Toscana, nel 2003 inizia a dedicarsi alla direzione d’orchestra sotto la guida di Piero Bellugi e Isaac Karabtchevsky. Nel 2004 vince il 2° premio assoluto al Concorso Internazionale per direttori d’orchestra “Pedrotti” di Trento, aggiudicandosi inoltre il premio speciale del pubblico ed il premio per la migliore esecuzione del brano di musica contemporanea. Da allora collabora con numerose orchestre fra cui la Haydnorchester di Trento e Bolzano, l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’ORT, la Czech Chamber Philharmonic. Nel 2008 è stato preparatore della Symphonica d’Italia per i concerti diretti dal maestro Lorin Maazel. Dal 2004, anno in cui è nata la Stagione Sinfonica della Fondazione Pistoiese Promusica, ha collaborato regolarmente con l’Orchestra Promusica come direttore per nove Stagioni. È direttore artistico de L’Antidoto, rassegna di musica da camera della Fondazione Pistoiese “Jorio Vivarelli”. Dalla Stagione 2014/2015 è il Direttore Musicale della Stagione sinfonica della Fondazione Pistoiese Promusica.