PROSSIMI APPUNTAMENTI PAROLENOTE
TEMPO D’ORCHESTRA
Mercoledì 19 marzo Mantova, Sala Norlenghi, ore 18.00
Giovedì 20 marzo Mantova, Teatro Sociale, ore 20.45
Gian Paolo Minardi racconta ŠostakoviC
Junge Deutsche Philharmonie
conferenza di avvicinamento all’ascolto del concerto della JDP Ingresso libero
Renaud Capuçon, violino Stefan Asbury, direttore F. Schreker Preludio dell’opera Die Gezeichneten R. Schumann Concerto in re minore per violino e orchestra D. Šostakovic Sinfonia n. 4 in do minore op. 43
Martedì 04 marzo Mantova, Teatro Bibiena, ore 20.45
Steven Osborne pianoforte I N D I RE T T A D A
Tempo d’O rchest r a
F oto, VI DEO e comm e n ti dai CONCER T I de lla stagio n e
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Programma S. Prokof’ev
Sarcasmes op.17 M. Ravel
Miroirs S. Prokof’ev
Visions fugitives op.22 S. Rachmaninov
Sonata n.2 op.36 S. Prokof’ev Sarcasmes op.17 e Visions fugitives op.22 Pianista formidabile e precocissimo (le sue prime pagine pianistiche le scrisse all’età di soli cinque anni) Sergej Prokof’ev ha lasciato per il suo strumento un consistente numero di opere tra le quali spiccano le 9 Sonate, collocate su un arco temporale che va dal 1909 al 1947. Nel 1953, sul letto di morte, egli contava ancora di poter realizzare due altre sonate, ma la fine prematura gli impedì di portare a termini i suoi nuovi progetti. A memoria di queste intenzioni non rimase che una pagina e mezza della Decima Sonata, che fu tutto quanto riuscì a realizzare realmente. Graffiante, incisivo, percussivo fino all’effetto rumore, eppure anche interprete di un’inventiva affondata nelle estreme propaggini del romanticismo più visionario, Prokof’ev nel pianoforte ha trovato le ragioni di una ispirazione costante, legata strettamente ad una tecnica esecutiva innovativa ed orientata verso le acrobazie ingegnosamente complesse, sulla misura del proprio incredibile talento. Proprio nel suo periodo più provocatorio e selvaggio egli ha firmato le due raccolte qui in programma che affiancano il ciclo delle sonate, individuate da titoli non ordinari: Sarcasmes op.17 (forse ritratti satirici di conoscenti, come ebbe a riferire un’amica di gioventù) consta di cinque pezzi e fu scritta fra il 1912 ed il 1914, mentre Visions fugitives op.22 , il cui titolo fu tratto da due versi del poeta simbolista russo Konstantin Balmont (“In ogni visione, io vedo dei mondi pieni di giochi mutevoli e iridescen-
ti”) fu completata nel 1917 e contiene ben 20 pagine brevi. Due raccolte “complementari”, queste, che raccontano lo scoperto divagare di una pura energia creativa e di un’acuminata intelligenza in un frastagliato percorso nel quale calano schegge di storia e novità impressionanti, come un perenne rigenerarsi al richiamo di una umanissima necessità immaginativa. M. Ravel Miroirs “I Miroirs formano una raccolta di pezzi per pianoforte che segnano nella mia evoluzione armonica un cambiamento piuttosto considerevole, avendo preso alla sprovvista i musicisti più assuefatti fino ad allora alla mia maniera”. E poi, contestando in qualche modo il tentativo di includere I Miroirs nell’estetica impressionista: “Questo vocabolo miroir in tutti i casi non deve lasciar supporre la mia volontà di affermare una teoria soggettivista dell’arte”. Così l’autore si espresse nel suo Schizzo autobiografico dettato a Roland-Manuel nel 1928 (e poi pubblicato l’anno dopo la sua morte, nel 1938, sulle pagine della Revue Musicale) al riguardo della sua importante opera pianistica composta fra il 1904 e il 1905 (dunque dopo la commossa Pavane pour une Infante défunte, dopo i virtuosistici Jeux d’eau e dopo l’argentea Sonatine) e presentata nel 1906 a Parigi dall’interprete prediletto Ricardo Viñes. Miroirs (Specchi) consiste di una collana di cinque titoli, ognuno dei quali dedicati ad un amico scelto fra gli aderenti al cenacolo artistico dei cosiddetti “Apaches”: il poeta Léon-Paul Forgue per Noctuelles (Farfalle notturne), il pianista Viñes per Oiseaux tristes (Uccelli tristi), il pittore Paul Sordes per Une barque sur l’Océan, il critico musicale Michel Cavalcoressi per Alborada del Gracioso (La mattinata del burlone) ed infine il compositore Maurice Delage per La vallée des cloches (La valle delle campane). La varietà delle dediche si riflette in qualche modo nell’estrema fantasiosità di una scrittura pianistica (ovunque di difficilissima esecuzione) che pur mantenendo un rapporto stretto con il titolo manifesta una tendenza ardita, moderna, estremamente raffinata, ordinata e fuggente al tempo stesso, sottilmente ancorata ad elementi tradizionali e contemporaneamente espansa sul piano sperimentale. Di qui, il possibile intento descrittivo si trasforma in una sensazionale, iridescente pittura priva di
un vero e proprio soggetto, ma fortemente evocativa; magistrale per la sensibilità timbrica ed armonica, manifestata nel disegno di un’architettura che si compie in un procedere rapsodico. Estatiche visioni che, nei pulviscolari dettagli di cui s’impregnano, si fanno inafferrabili, e dunque seduttive al massimo grado. S. Rachmaninov Sonata n.2 op.36 Scritta nel corso del 1913 e presentata lo stesso anno a Mosca, la Sonata in si bemolle minore è la seconda ed ultima opera di questo genere firmata dal maestro russo e si pone cronologicamente dopo le due serie di Preludi e la prima raccolta di Études-Tableaux; alle spalle, significativi, vi sono anche i tre primi Concerti per pianoforte e orchestra. Questa produzione, estremamente rilevante, indica che all’epoca della Seconda Sonata le caratteristiche tecniche e stilistiche del linguaggio di Rachmaninov appaiono già pienamente
elaborate e mature: tutt’altro che moderniste, per certi versi, ma ben lontane anche da propositi di restaurazione romantica. Il senso dell’epico, del tragico e della grande passione idealistica esprimono il senso di un’originale interpretazione della realtà che non esprime certamente una posizione d’avanguardia, ma tuttavia sfugge al tentativo di accreditarne lo stile all’indirizzo di modi imitativi e ad un ruolo epigonale. Questo è percepibile ed evidente proprio in un lavoro come la Sonata n.2, che costituisce una sfida alla grande forma classica con un contenuto di virtuosismo strumentale fiammeggiante ed al di fuori di ogni immaginazione. Di questa vasta opera esistono tre versioni: la prima è la più ampia e meno eseguita; la seconda fu realizzata nel 1931 ed andò a rivederne, riducendole, le dimensioni; la terza nacque per iniziativa di Vladimir Horowitz che nel ruolo di sommo interprete del lavoro ebbe a studiare qualche soluzione alternativa in accordo con il compositore. Andrea Zaniboni
Steven Osborne, pianoforte Steven Osborne è uno dei più celebri musicisti britannici, apprezzato per il suo approccio idiomatico a un ampio repertorio, dai pezzi classici di Mozart, Beethoven e Brahms alle atmosfere rarefatte di Messiaen, Tippett e Britten. Ha vinto molti premi e riconoscimenti tra i quali, nel 2009, il Gramophone Award con l’incisione delle opere di Britten per pianoforte e orchestra e il primo premio ai Concorsi Naumburg (New York) e Clara Haskil. Osborne si esibisce con le orchestre di tutto il mondo – Yomiuri Nippon Symphony, Berlin Symphony, Deutsches Sinfonieorchester Berlin, Salzburg Mozarteum, Finnish Radio Symphony, Bergen Philharmonic, Residentie Orkest, Sydney Symphony, Hong Kong Philharmonic e Dallas Symphony Orchestra -, collaborando con grandi direttori quali Christoph von Dohnanyi, Alan Gilbert, Vladimir Ashkenazy, Ludovic Morlot, Leif Segerstam, Andrew Litton, Ingo Metzmacher, Vladimir Jurowski e Jukka-Pekka Saraste. Ha partecipato nove volte ai Proms, l’ultima a luglio 2011 con Notte nei giardini di Spagna di de Falla. I suoi partner per la musica da camera sono il violoncellista Alban Gerhardt, Paul Lewis, Dietrich Henschel e la violinista Alina Ibragimova. Tra i più rilevanti impegni orchestrali recenti si ricordano i concerti con la London Philharmonic/Jurowski (Prokof’ev), Vienna Symphony Orchestra/Adam Fischer (Stravinsky), Royal Flemish Philharmonic/de Waart (Britten), Orquesta Sinfonica de Castilla y Leon /Morlot (Messiaen), Oregon Symphony Orchestra/Kalmar (Britten) e Bbc National Orchestra of Wales/Fischer (Ravel). Steven Osborne ha festeggiato di recente il diciottesimo cd prodotto per la casa discografica Hyperion. Oltre al Gramophone Award nel 2009 (Britten), l’interprete ha vinto anche un Schallplattenpreis. Nato in Scozia nel 1971, Steven Osborne ha studiato con Richard Beauchamp alla St. Mary’s Music School di Edimburgo e con Renna Kellaway al Royal Northern College of Music di Manchester. Nel 2013 è stato insignito del premio “Strumentista dell’anno” dalla Royal Philarmonic Society e nel settembre dello stesso anno ha ricevuto il suo secondo Gramophone Award.