Kremerata Baltica Nel 1997, al Festival di Musica da Camera di Lockenhaus Gidon Kremer presenta la Kremerata Baltica, compagine composta da giovani talenti lettoni, lituani ed estoni, che da subito conquista quel pubblico raffinato, donando insieme nuova linfa al festival. La Kremerata Baltica è il modo che Kremer sceglie per trasmettere la propria esperienza ai giovani colleghi provenienti dall’area baltica. Il gruppo nel giro di pochi anni si afferma come una delle migliori orchestre da camera del panorama internazionale, protagonista nelle più prestigiose sale. L’ensemble ha all’attivo più di venti registrazioni e, nel 2002, vince un ‘Grammy Award’ e un ‘ECHO Award’, mentre all’edizione del 2009 del Praemium Imperiale si aggiudica il ‘Grant for Young Artists’. Patrocinata dei governi di Lettonia, Lituania ed Estonia, collabora, tra gli altri, con M. Pletnev, Y. Kissin, T. Zehetmair, V. Repin, Yo-Yo Ma, M. Maisky, Sir S. Rattle, E.P. Salonen, K. Nagano, H. Holliger e V. Ashkenazy, dando spesso spazio a prime esecuzioni di opere composte da autori d’oggi.
Violini / Dzeraldas Bidva**, Agata Daraskaite, Madara Jaugiete, Anna Maria Korczynska, Ruta Lipinaityte, Dainius Peseckas, Madara Petersone*, Dainius Puodziukas*, Marie-Helen Rannat, Andrei Valigura*, Simona Venslovaite, Sanita Zarina Viole / Ingars Girnis, Vidas Vekerotas, Santa Vizine*, Zita Zemovica Violoncelli / Gunta Abele, Peteris Cirksis, Giedre Dirvanauskaite*, Ruta Tamutyte Contrabbassi / Oskar Bokanovs, Kristaps Peterson Percussioni / Andrei Pushkarev *prima parte | **spalla
ORCHESTRA HAYDN DI BOLZANO E TRENTO Alexey Stadler, violoncello Arvo Volmer, direttore
KREMERATA BALTICA Gidon Kremer, violino e maestro concertatore
PROSSIMO APPUNTAMENTO Giovedì 23 gennaio Mantova, Teatro Sociale, ore 20.45
Martedì 14 gennaio Mantova, Teatro Bibiena, ore 20.45
R. Vaughan Williams, The Wasps E. Elgar, Concerto in mi minore per violoncello e orchestra op.85 P.I. ČCajkovskij, Sinfonia n. 5 in minore op. 64
PROGRAMMA L. van Beethoven / V. Kissine
Rondo a Capriccio op. 129 per violino e archi Gidon Kremer, violino M. Weinberg
Sinfonia n.10 per archi op.98 (I. Concerto grosso - II. Pastoral - III. Canzone - IV. Burlesque - V. Inversion) P.I. Caikovskij
Serenata per archi in do maggiore op.48 I. Pezzo in forma di sonatina: Andante non troppo — Allegro moderato II. Valse: Moderato — Tempo di valse III. Élégie: Larghetto elegiaco IV. Finale (tema russo): Andante — Allegro con spirito A. Piazzolla/A. Pushkarev
Suite Punta del Este per violino, vibrafono e archi (Introduccion - Coral - Fuga) Gidon Kremer, violino Andrei Pushkarev, vibrafono
L.v. Beethoven Rondò a capriccio op.129 Nella produzione per pianoforte di Beethoven, realizzata sul filo di un intento spesso sperimentale ed arditamente moderno, il Rondò a capriccio in sol maggiore, noto anche con il titolo non originale, apposto da mano anonima, di “La collera per un soldino perduto”, potrebbe definirsi un caso a parte, isolato. Il Rondò, tecnicamente non facile nella sua scrittura per tastiera, fu probabilmente composto sul finire del Settecento, ma venne pubblicato molto più tardi, nel 1825 (ciò spiega l’alto numero
d’opera) e spicca per i suoi tratti definiti, vivaci, energici, ricercati ma non astrusi; vi si può riscontrare un tono certamente umoristico, ma la spiccata virtuosità richiesta all’esecutore, insieme alla decisa sottolineatura ritmica, portano la pagina in un’area caratterialmente ambigua, interessante proprio per la mancanza di confronti nell’opera del suo autore. Robert Schumann, per questo breve lavoro, che nella sua stesura originale ebbe il titolo provvisorio di Leichte Kaprize (Piccolo Capriccio) scrisse: “È difficile trovare qualcosa di più giocondo di questa bizzarria. Ho dovuto sbottare in una risata quando recentemente l’ho sonata per la prima volta. (…) Oh! È la collera più amabile, più innocua, simile a quella che si prova quando quando non ci si può cavar fuori una scarpa e si suda e si pestano i piedi, mentre essa guarda flemmaticamente in su il suo proprietario”. La trascrizione per violino e orchestra d’archi è firmata dal russo Victor Kissine. M. Weinberg Sinfonia n.10 La Decima Sinfonia opera 98, per soli archi, del maestro russo-polacco Mieczyslav Weinberg, noto anche come Moishei Vainberg (1919-1996) risale al 1968. La prima prova di questo genere fu realizzata nel 1942 e dunque la Decima Sinfonia rappresenta l’esito di un processo evolutivo modernamente aggiornato e proseguito fino agli anni Novanta, inframmezzato da molti altri lavori diversi ma in linea di massima appartenenti alla tradizione classica. Di famiglia ebrea Weinberg conobbe la persecuzione razziale, e molti dei suoi parenti più stretti pagarono con la vita la loro identità religiosa; il suo talento di compositore, nonostante le violenze viste e subite, rimase intatto, tanto da non passare inosservato all’attenzione di Šostakovic il quale, dopo aver conosciuto la sua Prima Sinfonia (1942) procurò a Weinberg uno speciale permesso di residenza a Mosca, fatto che poi favorì una sentita amicizia tra i due ed una reciproca ammirazione sul piano artistico. Ma non avrebbe evitato però a Weinberg, anni dopo, l’antisemitismo staliniano. “Mi fa enormemente piacere – ha detto Gidon Kremer – che il mondo abbia finalmente scoperto in Weinberg un compositore importante. Mi auguro sinceramente che l’eredità di Weinberg possa attirare ancora molti interpreti. Per me personalmente il tesoro delle sue composizioni – non conosciute da molti – è una fonte di costante eccitazione e ispirazione”.
P.I. Čajkovskij Serenata in do maggiore op.48
A. Piazzolla Suite Punta del Este
Con il titolo di Serenata, che rimanda ai lavori settecenteschi di intrattenimento, Cajkovskij scrive nell’autunno del 1880, nel pieno della maturità artistica (alle spalle ha già quattro sinfonie, il Concerto in re maggiore per violino ed il Primo Concerto per pianoforte e orchestra) una partitura per soli archi di suggestiva, vibrante eleganza e di aristocratico stile strumentale, dove l’accesa anima popolare si fonde con la più fervida e levigata ispirazione lirica. Presentata a San Pietroburgo nel 1881 tra felici accoglienze, la Serenata consta di quattro movimenti di diverso carattere ma individua nell’iniziale sezione Andante del “Pezzo in forma di sonatina” una sorta di leit-motiv: viene infatti utilizzata non solo come contrappeso speculare nel citato primo movimento, ma anche nel Finale. Se il primo tempo, come specificò lo stesso Cajkovskij in una delle oltre dodicimila lettere indirizzate alla propria protettrice Nadežda von Meck, “è un tributo alla mia devozione per Mozart, un’imitazione voluta del suo modo”, il seguente dà luogo ad una vera musica da ballo di tenera luminosità. L’Elegia, invece, stabilisce il necessario contrasto nel segno di un patetismo nobilmente pronunciato, mentre una spumeggiante gioia creativa impregna l’energico Finale. Della bellezza dell’opera, Cajkovskij fu perfettamente consapevole: “L’ho sentita profondamente e nutro una fiduciosa speranza in proposito”.
Punta del Este è una famosa stazione balneare uruguaiana che Piazzolla frequentò e presso la quale ebbe anche un’abitazione. Nel corso dei primissimi anni Ottanta il maestro argentino omaggiò questo luogo amato con un lavoro in forma di breve suite: una successione di tre sezioni intitolate Introduzione (che finì per essere utilizzata, nel 1995, nel film L’ esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam), Corale e Fuga” evocando così le forme della suite barocca. La commistione fra anima popolare ed espressioni colte, fra la radice nazionale e lo sperimentalismo internazionale, si spiega qui in un lavoro complesso, il cui fascino è mediato dalla ricercatezza della scrittura che s’impregna di toni intimi, asciutti, non esteriori, in particolare nel religioso Corale. D’altronde cala immancabile anche in questa composizione lo spirito, rivisitato, del tango. “Ho fatto una rivoluzione nel tango, questo è certo”, diceva di sé stesso Piazzolla. Ed aggiungeva: “Ho rotto vecchi schemi, per questo mi hanno aggredito e ho dovuto difendermi dicendo, a volte, qualche parola in più, ma ciò che nessuno potrà mai negare è la mia origine: ho il tango marcato sulla pelle e ne sono orgoglioso”.
Andrea Zaniboni
Gidon Kremer Nato a Riga, in Lettonia, inizia gli studi a 4 anni con il padre e il nonno, musicisti eccellenti, entrando a 7 alla Scuola di musica di Riga. A 16 anni riceve il Primo Premio della Repubblica Lettone e a 18 inizia a studiare con D. Oistrakh al Conservatorio di Mosca. Si aggiudica, tra gli altri, i Concorsi “Queen Elisabeth”, “Paganini” e “Caikovskij”. Kremer si afferma a livello internazionale come uno dei più originali e ambiziosi artisti della sua generazione: si esibisce sui palcoscenici più importanti del mondo, con le più grandi orchestre d’Europa e d’America e collabora con i più rinomati direttori. Il suo repertorio, eccezionalmente ampio, abbraccia opere classiche e romantiche come la musica dei compositori del XX e del XXI secolo, con attenzione alla produzione di compositori viventi russi e dell’est europeo, di cui Kremer esegue spesso nuovi brani, a lui stesso dedicati. La sua discografia annovera più di 120 registrazioni, insignite di premi internazionali, mentre lui si aggiudica di recente anche ‘Premio alla Carriera’ (Festival Musicale di Istanbul) e ‘Premio una vita nella musica “A. Rubinstein”’ (Venezia, 2011), l’equivalente del Premio Nobel in campo musicale.
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