L’Onu annuncia che quest’anno sono 5 mila i migranti morti nel Mediterraneo Un nuovo record di vittime. L’Europa ha qualche buon proposito per il 2017?
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Sabato 24 dicembre 2016 – Anno 8 – n° 355
e 1,50 – Arretrati: e 3,00
Redazione: via di Sant’Erasmo n° 2 – 00184 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
ECCIDIO DI BERLINO Anis Amri spara al controllo di polizia e viene colpito
Invito a scomparire
Milano, ucciso lo stragista E Minniti “svela” gli agenti p Il killer del Tir è stato ferito a morte nella notte. Era arrivato in Italia giovedì, in cerca di documenti forse per un viaggio sicuro verso Sud. Polemiche per la scelta del responsabile degli Interni
IL NUOVO VIMINALE
q COEN E MILOSA A PAG. 4 - 5
q BARBACETTO A PAG. 6
» MARCO TRAVAGLIO
L’
La prima gaffe e il pericolo di ritorsioni Fine della fuga Il cadavere di Amri e, a sinistra, Minniti Ansa/Reuters
MAZZETTE&TALPE Il ministro: “Subito dai pm”. In Procura però non c’è nessuno
Lotti è indagato, ma tutti zitti Tranne l’amico che lo accusa ESCLUSIVO I verbali di Descalzi & C.
Eni: “Quelle mazzette in contanti nascoste in due trolley sull’aereo” p Mentre i big del governo e del Pd tacciono imbarazzati, i magistrati romani studiano il confronto incrociato fra il ministro e l’ad renziano di Consip, Marroni, che lo indica come autore della soffiata sulle cimici q LILLO, MARRA E VECCHI A PAG. 2 - 3 q MASSARI A PAG. 10 - 11
La cattiveria Il governo tedesco si congratula con la polizia italiana. Non succedeva dal 1943 WWW.SPINOZA.IT
GUERRA TRA INPS E WELFARE
CONFLITTI D’INTERESSI
Pure Boeri contro Poletti: “Vigilanza intimidatoria”
La Boschi ficca ancora il naso: banche popolari, no proroga
q A PAG. 14
q PALOMBI A PAG. 9
IL REPORTAGE Australia: bestie, replicanti e Suv
GABRIELE LAVIA
Te lo do io il canguro!
“L’arte non ha più risposte, resta la merda”
» SELVAGGIA LUCARELLI
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o trascorso undici giorni in Australia e posso dire ufficialmente che l’ultimo continente a essere stato scoperto è un po’ come Venezia. No, non nel senso che è circondato dall’acqua. Nel senso che è bello, ma non ci vivrei. Se invece è il viaggio dei vostri so-
gni o il regalo del viaggio di nozze dei suoceri o avete un vecchio zio da andare a trovare che è migrato 60 anni fa a Perth e oggi è il re delle pizze surgelate nell’emisfero australe, eccovi qui di seguito una lista di cose da sapere se state per recarvi nella terra dei canguri.
q PAGANI A PAG. 20 - 21
BUON NATALE , cari lettori, da tutta la redazione. Il Fatto Quotidiano, come tutti i giornali, non uscirà né domani 25 dicembre, né lunedì 26 e tornerà in edicola martedì 27.
SEGUE A PAGINA 19
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altro giorno l’ho scritto sul filo del paradosso. Ma più passano i giorni più il discorso mi pare serio. I 5Stelle non ce la possono fare a governare Roma, né tantomeno l’Italia. Un po’ per i loro errori e carenze, evidenti e noti a tutti. Ma soprattutto perché non si può governare una nazione corrotta e una capitale infetta soli contro tutti. Quindi lo ammettano onestamente, si scusino per non essere all’altezza delle aspettative, si ritirino in un eremo a studiare e prepararsi per una prossima occasione e nel frattempo lascino il campo agli altri: gli uomini di mondo e di partito, quelli bravi, competenti e capaci. Esaminiamo a mente fredda tre scene. 1) Virginia Raggi al Quirinale saluta mesta decine di sedie vuote attorno a sé mentre i politici veri, quelli che hanno spolpato l’Italia e depredato Roma, si avvinghiano e si abbracciano per augurarsi un nuovo anno pieno di soddisfazioni (per loro) e grassazioni (per noi). Gentiloni salva Mediaset dai francesi cattivi, B. lo aiuta a salvare Mps disossato dalla banca del buco, una mano lava l’altra, e chissenefrega se B. è un pregiudicato circondato da condannati (Cuffaro, Dell’Utri, Previti, e ora anche Formigoni e Scopelliti). 2) L’Oref (i revisori dei conti) boccia il bilancio della Raggi dopo aver avallato tutti quelli (perlopiù falsi) delle giunte precedenti che hanno disossato la Capitale, con le opposizioni e i giornali che evocano lo spettro del commissariamento (e pazienza se il parere dell’Oref non è vincolante e se per approvare i bilanci comunali c’è tempo fino al 27 febbraio, tant’è che in 20 anni nessuna giunta ha mai rispettato la scadenza del 31 dicembre). 3)Giornaloni e tg amplificano i casi giudiziari dei 5Stelle e nascondono quelli, infinitamente più gravi, dei partiti. Intendiamoci: non è una novità, nè un complotto. È un fatto culturale, una forma mentis (anzi dementis) che impregna tutto l’establishment e non si lascia scalfire neppure dall’evidenza. Quasi tutti i politici, i giornalisti, i manager pubblici e privati si sentono inquilini esclusivi di un mondo a parte, chiuso in se stesso, impermeabile a ogni intrusione esterna. Basta osservarli nei Porftolio di Pizzi e nei Cafonal di Dagospia: si fiutano, si strusciano, si palpano, si baciano, si riconoscono anche a occhi bendati, al tatto e all’olfatto. E non ammettono estranei. Con i barbari a 5Stelle speravano di cavarsela come 25 anni fa coi leghisti: comprandoseli. Per ora non ci sono riusciti. SEGUE A PAGINA 24
2 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
VERSO LE ASSISE DEL PD
ANCORA POLEMICHE sul mancato congresso del Pd a Roma. Al centro delle critiche il commissario, Matteo Orfini, che ieri risponde: “Leggo documenti e dichiarazioni sul futuro del Pd romano. Non entro nel merito ma forse è utile ricordare a tutti le nostre regole, dato che a quanto leggo evidentemente qualcuno le ha dimenticate. La data del congresso di Roma non la fissa il commissario, ma
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Orfini assediato: “Sul congresso non decido io”
l’organizzazione nazionale. Il vicesegretario Guerini aveva fissato una finestra, recentemente spostata al 12 marzo”. E poi spiega: “Il regolamento congressuale non lo approva il commissario, ma la commissione nazionale di garanzia. Stesso discorso vale per il regolamento di organizzazione e del tesseramento”. Orfini poi va oltre: “Il congresso non lo gestisce il commissario, ma una apposita commissio-
ne formata secondo i criteri stabiliti da statuto e regolamento nazionale. Come già detto in più occasioni, appena il nazionale licenzierà il regolamento congressuale, potrò indire il congresso e procedere agli adempimenti richiesti. Queste sono le nostre regole. Non da ora. Da sempre. Capisco che in passato a Roma le regole siano state spesso considerate poco importanti. Ma non è più così”.
L’INCHIESTA
Il numero 1 dell’Arma Il generale Tullio Del Sette, comandante dei carabinieri Ansa
Lo scoop del “Fatto” Spetta ai magistrati di Roma fare luce su chi informò la Consip degli accertamenti sulla commessa da 2,7 miliardi. Indagati Lotti e due generali di carabinieri » MARCO LILLO
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uigi Marroni è partito. Dopo avere terremotato i vertici dei carabinieri e quelli del Pd e del governo, ha lasciato Roma mentre invece Lotti ieri è rientrato nella Capitale, appena letto l’articolo del Fatto con la notizia dell’indagine per rivelazione di segreto e favoreggiamento su di lui, sul comandante dei carabinieri Tullio Del Sette e sul comandante della Toscana, Emanuele Saltalamacchia. Il comandante generale Tullio Del Sette si è presentato ieri alla Procura per dare la sua versione sui fatti. Il generale ha negato di avere masi svelato al presidente della Consip Luigi Ferrara l’esistenza dell’indagine sulla Consip. Ad accusarlo più che il presidente di Consip Ferrara (che aveva confermato solo un colloquio in cui il generale lo mise in guardia dall’incontrare l’imprenditore Alfredo Romeo) era stato l’amministratore delegato. COME PER LOTTI e Saltala-
macchia, la ragione dell’iscrizione sul registro degli indagati è proprio il verbale di Marroni. Durante un esame a sommarie informazioni durato quattro ore, i pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano ed Enrica Parascandolo si sono fatti dire dall’amministratore di Consip tutti i nomi di quelli che gli riferirono dell’esistenza di un’i nchiesta su Consip. Tra questi ci sono i tre indagati per rivelazione di segreto ma anche altri soggetti istituzionali. L’amministratore delegato della società controllata dal ministero dell’Economia, è quindi il punto debole, la falla nella diga, che ha fatto scricchiolare il Giglio magico di Renzi e l’Arma dei carabinieri. Il Fatto ha scritto da tre giorni che Marroni ha “cantato” martedì notte davanti ai pm di Napoli. Quando si è visto chiedere perché avesse fatto fare una bonifica contro le microspie, avrebbe raccontato chi gli rivelò l’esistenza dell’indagine sulla Consip. Il grande accusatore non ha smentito nulla finora ed è tuttora amministratore delegato di Consip. Sostanzialmente la principale stazione appaltante del governo italiano è retta da un manager che accusa uomini chiave dei Carabinieri, nonché del governo e del suo partito di riferimen-
Magistrato Il procuratore Giuseppe Pignatone, sotto, Luigi Marroni (Consip) LaPresse
L’accusa del capo degli appalti Due versioni sulle soffiate to di avergli svelato un’indagine. Delle due l’una: o Marroni mente o dice la verità. In entrambi i casi non si comprende come possano restare al loro posto tranquillamente sia lui sia Lotti sia Del Sette. Se il ministro e il comandante, come affermano, non sapevano nulla delle indagini e non hanno mai detto nulla a Marroni e Ferrara, stiamo mantenendo a capo della centrale acquisti della pubblica amministrazione un vile traditore che infilza con le sue bugie anche l’amico e sponsor politico. Se il ministro sapeva e Marroni ha detto il vero, è Lotti a non potere più rivestire il ruolo formale di mi-
IL PERSONAGGIO
» DAVIDE VECCHI inviato a Scandicci (Firenze)
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ice di non saperne nulla, Carlo Russo. E non vuole parlare né dell'amicizia con Tiziano Renzi e Laura Bovoli – padre e madre dell’ex premier –né dei rapporti con Luigi Marroni, amministratore delegato della centrale acquisti della Pubblica amministrazione. “Ho letto il giornale, non so altro”, dice al Fatto durante un colloquio di pochi minuti. Un po’ frastornato, colpito dal clamore che lo ha coinvolto, Russo preferisce prendere tempo. “Non ho contattato nessun avvocato perché ancora non ho ricevuto alcun avviso, non so quale sia la mia posizione quindi preferisco prendere tempo
L’avviso e la bonifica La fuga di notizie consentì di individuare le microspie piazzate negli uffici nistro e quello sostanziale di rappresentante del leader del Pd Renzi nel governo Gentiloni. La situazione è surreale: l’indagine danneggiata dalla fuga di notizie riguarda l’appalto più grande d’Europa, quello da 2,7 miliardi di euro del cosiddetto facility management 4, per l’acquisto di beni e servizi degli uffici della
pubblica amministrazione. Indagati per corruzione sono il dirigente dell’area sourcing per i servizi e le utility, Marco Gasparri e Alfredo Romeo. A rendere difficile la situazione dal punto di vista politico è il merito dell’indagine madre della Procura di Napoli, ancora segreta. Nel mirino dei pm partenopei c’è un imprenditore, Carlo Russo, 33
anni di Scandicci, che aveva contatti da un lato con il padre dell’ex premier, Tiziano Renzi, e dall’altro con Alfredo Romeo. La fuga di notizie che – secondo l’ad di Consip Marroni – avrebbe avuto come protagonisti i due generali e Lotti riguarderebbe quindi non un’inchiesta qualsiasi ma un fascicolo nel quale non è indagato ma compare nelle carte anche il padre del segretario del Pd. A PRESCINDERE dall ’esito
dell’indagine c’è un problema politico grande come una casa che coinvolge il governo, il Pd, la più grande macchina d’acquisto della Pubblica amministrazione e l’Arma dei
carabinieri. La Consip ogni anno gestisce le procedure di gara per 7 miliardi di euro e tutto va avanti come nulla fosse lasciando al loro posto accusati e accusatore della fuga di notizie su un’indagine simile. Anche il ministro dello Sport ieri ha chiesto (via Facebook!) di essere interrogato dal procuratore Giuseppe Pignatone seduta stante. Per tutta risposta il capo della Procura ha fatto le valigie ed è andato in vacanza. L’avvocato di Lotti, Franco Coppi, è però in contatto con i magistrati. Non è affatto scontato che la Procura interroghi Lotti. La scelta di ascoltare ieri il comandante generale è
A Scandicci L’imprenditore ultrareligioso coinvolto, ai margini del Giglio magico
Dal centro massaggi ai farmaci a domicilio: il manager che portò Renzi sr. a Medjugorie per capire”. E poi il rapido to costretto in un metro e poco commiato: “La ringrazio, le più di sessanta centimetri di altezza, Russo è descritto coauguro un buon Natale”. Religioso, religiosissimo, me una persona solare e sempre disponibile Russo è un 33encon gli amici. ne che sembra Perfetta seconda esser finito per fila che spinge puro caso nell'inchiesta che Toscano, 33 anni per arrivare in vede indagato Carlo Russo è prima ma senza anche il ministro riuscirci. Nel suo Luca Lotti e pro- amico dei genitori p a s s a t o h a u n centro benessemette di coinvol- dell’ex premier gere buona parte re in pieno centro a Firenze. Si dei petali del Gi- e dell’ad della glio Magico ren- centrale acquisti chiamava Le Charme, in Bacziano. Capelli lunghi neri ricci, pubblica cio di Montelupo, una zona con corpo corpulen-
alta concentrazione di negozi cinesi e massaggi particolari. Ma il suo centro era invece una eccellenza, con professioniste e massaggi veri. È durato poco. Non era una attività adatta per Russo. Che, sempre con la moglie, si è poi buttato anima e corpo nelle consegne a domicilio dei farmaci creando la società Fareexpress Toscana. NEL 2013 riuscì a entrare in un
progetto che coinvolse anche il Comune di Firenze: un accordo tra le farmacie della città e l'Unione italiani ciechi per consegnare i farmaci a domi-
cilio. Ci fu una presentazione ufficiale a Palazzo Vecchio con l'allora vicesindaco della giunta di Matteo Renzi, Stefania Saccardi. Ma anche questa attività durò poco. Russo si impegna ma non è mai riuscito a entrare tra le pieghe dei petali. Nonostante sia stato sempre molto generoso e abbia cercato in ogni modo di avere buoni rapporti con l'ex premier. Nel 2012 partecipò anche a sostenere la campagna elettorale per le primarie di Matteo Renzi contro Pier Luigi Bersani alla segreteria del Pd. Russo, timidamente, versò 50 euro. È in quegli anni che inizia a fre-
POLITICA
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
L’ANTI-RENZI DI PUGLIA
RENZI non credo voglia fare il Congresso Pd, ha paura di perdere, in generale, non solo contro di me”. Lo dice Michele Emiliano, governatore della Puglia, al programma di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora. “Che auguri di Natale farei a Renzi? Gli auguro di aver vicino tante persone che gli vogliano bene e che gli dicano la verità. Io l’ho fatto in passato. Mi rendo conto che gli ho da-
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Emiliano rivela: “B. mi ha detto: ‘Faccio il tifo per te’”
to fastidio e me ne scuso, ma è necessario, anzi è un dovere costituzionale, dire la verità ad una persona che ricopre un incarico come il suo”. E poi, racconta il suo incontro con Berlusconi al Quirinale: “Gli ho detto che nel periodo in cui è stato male ho fatto il tifo per lui, che ha superato un momento difficile". Ma Emiliano racconta anche altro. Alla domanda se sia vero che Berlusconi gli avrebbe detto di
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chiamarlo per fare “qualche ragionamento”, il governatore della Puglia risponde: “Mi ha detto di più. Mi ha detto: 'A questo punto sono io che faccio il tifo per te’”. Al che mi sono preoccupato". Per quale motivo? "Perché lui faceva riferimento alla questione politica e ho immaginato che potesse rendermi più complicata la vita. Resta il fatto che la sua stima mi ha fatto piacere”.
Il neoministro assicura: “Vado subito dai pm” E scompare nel silenzio Un post su Facebook, una breve apparizione al Cdm, la nomina dell’avvocato Coppi. Bocche cucite sul fedelissimo che voleva i Servizi » WANDA MARRA
D Le prossime mosse La Procura sentirà tutti i protagonisti Ieri si è presentato Del Sette un gesto non comune in questo tipo di indagini. Il fascicolo sulle spifferate istituzionali – s t r al c i at o dall’inchiesta per la corruzione e trasferito da Napoli a Roma – è stato affidato all’aggiunto Paolo Ielo e certamente al suo ritorno dalle ferie il magistrato che coordina il pool dei reati amministrativi, con calma, sentirà tutti i per-
sonaggi citati da quello che è a tutti gli effetti il superteste dell’accusa, cioè Luigi Marroni. Dopo aver raccolto le loro versioni e dopo avere riascoltato Marroni, si procederà a verificare parole e contraddizioni. L’epilogo dell’indagine potrebbe essere l’interrogatorio dei tre indagati e quasi certamente il confronto tra l’accusatore Marroni e i suoi accusati. Tutti e tre, a partire da Luca Lotti, potranno dire la loro versione e contestare quella di Marroni. Insomma, l’indagine è agli inizi e il ministro Lotti dovrà portare un po’ di pazienza ma ne vedremo delle belle. © RIPRODUZIONE RISERVATA
opo settimane di lavoro molto intenso tra referendum, crisi di governo e primi passi del nuovo impegno come ministro mi ero preso un giorno di ferie per la prima recita di Gherardo, mio figlio. Oggi però un giornale scrive che sarei indagato per rivelazioni di segreto d’ufficio in una inchiesta che vedrebbe indagato persino il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri. È una cosa che semplicemente non esiste”. Legge il Fatto Quotidiano il ministro dello Sport, Luca Lotti. La notizia una bomba, il governo si è insediato da pochi giorni e il fedelissimo renziano che voleva i Servizi segreti è indagato per aver spifferato notizie su un’inchiesta della magistratura che coinvolge uomini della cerchia renziana. Così Lotti aspetta un po’, poi decide di affidare una reazione veemente e addirittura indignata a Facebook. Alle 10 appare il suo post: “Inutile stare a fare dietrologie o polemiche. Sto comunque tornando a Roma per sapere se la notizia corrisponde al vero e, in tal caso, per chiedere di essere sentito oggi stesso. È una cosa che non esiste e non ho voglia di lasciarla sospesa”, scrive lo storico braccio destro di Matteo Renzi. Dopodiché parte per Roma.
TOMTOM
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ga lei a Renzi senior e a Marroni? L'unica risposta è il silenzio. Seguito da quel “grazie e buon Natale”. Certo, garantisce, “vediamoci nei prossimi giorni, quando ne saprò di più”. Una cortesia, l'abitudine all'educazione. Ma è chiaro che ciò che l'ha trascinato suo malgrado nell'indagine è già di sua conoscenza: i suoi rapporti con il padre dell'ex premier e con l'ad. “Non so nulla mi creda”. E ancora buon Natale.
veva alcun provvedimento da portare. Della vicenda non parla, almeno non durante la riunione. La scelta di andare è già un tentativo di passare al contrattacco. Secondo la linea del post Fb: “Non scappiamo dalle indagini: siamo a totale disposizione di ogni chiarimento da parte dell'autorità giudiziaria”. Non sarà così semplice. L’annuncio è battagliero e a effetto, ma in Procura non ci pensano nemmeno. Sta al suo avvocato, Franco Coppi, entrare in contatto con i pm. Fa sapere che il ministro è pronto a farsi interrogare. E spera in una risposta in tempi brevissimi, già dal 26-27. Nel mondo politico è silenzio, anche i tg si adeguano e la notizia passa appena: il Tg3 delle 19 la dà dopo 23 minuti. Nel Pd poche parole. Nemmeno una da Renzi, né dal premier, Paolo Gentiloni. Il presidente dell’An ci, nonché sindaco di Bari, Antonio Decaro, rispondendo a una domanda durante la trasmissione “Coffee Break” dice: “Non vorrei che una inchiesta si trasformi in colpevolezza di qualcuno”. Ma per il resto dal Pd si alzano solo voci dalle seconde file. Come il segretario regionale della Calabria, Magorno. Il capogruppo alla Camera, Rosato dice: “Lotti è persona onesta e seria. Se ci sarà sostanza nell’iniziativa della magistratura ho fiducia che le cose si chiariranno con rapidità”. Solidarietà anche dalla responsabile Comunicazione del Pd, Alessia Rotta. Il deputato di Forza Italia, Pietro Laffranco chiede le dimissioni del ministro. Mentre Stefano Esposito è critico: “Sala ha scoperto di essere indagato dai giornali, Lotti scoprirebbe di essere indagato dai giornali. Sarebbe abbastanza grave l’ennesima fuga di notizie”.
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NON VA in Procura. Va invece in Con-
siglio dei ministri. Una partecipazione decisa all’improvviso. In quello notturno, dedicato alle vicende di Mps, non s’era visto. E ieri mattina non a-
Con Tiziano Luca Lotti, oggi ministro, con il padre dell’ex premier, Tiziano Renzi alla Festa dell’Unità di Rignano sull’Arno LaPresse
visto ma non so associare al volto il nome”. Dei viaggi a Medjugorje che Russo organizzava e ai quali avrebbero preso parte, almeno una volta, anche Tiziano Renzi e Laura Bovoli, in chiesa non sanno nulla. Inutile insistere sul tema con Russo, quasi spaventato di fronte alle domande. IN PARTICOLARE UNA: cosa le-
Su Facebook Sul suo profilo l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo utilizza il logo “io sto con Renzi” al posto della foto
quentare il giro dem fiorentino. A offrire cene, ma non per avere o chiedere qualcosa in cambio –racconta chi lo conosce – ma solo per generosità: un caritatevole, religiosissimo. “Un integralista”, scherza un suo conoscente fiorentino. In città non ha mai vissuto e, come tutti i Renzi boys che si
rispettino, vive alle porte del capoluogo, precisamente a Scandicci. Qui, in via Salvemini, ha sede una sua società di consulenza. Attaccata alla parrocchia di San Bartolomeo in Tuto. Ma in chiesa, garantisce Andrea della canonica, Russo non lo conoscono. “La società è qui dietro sì, ma non lo conosco, magari lo abbiamo
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L’INDAGINE DI NAPOLI L’APPALTONE CONSIP I pm di Napoli Carrano, Parascandolo e Woodcock indagano per corruzione l’imprenditore Alfredo Romeo e un alto dirigente della Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione, Marco Gasparri, in relazione a una maxi-gara bandita nel 2014. Le forniture pluriennali delle Pubbliche amministrazioni e delle Università valgono 2,7 miliardi di euro. Nell'indagine è coinvolto Carlo Russo, amico del padre del premier, Tiziano Renzi
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LA SOFFIATA “CIMICI” SCOPERTE Alla Consip viene ordinata una “bonifica” che individua le microspie piazzate dagli investigatori. Il 20 dicembre i pm ascoltano l'ad Luigi Marroni, nominato da Matteo Renzi, che dice di essere stato “messo in guardia” dal presidente di Consip, Luigi Ferrara. Marroni ha fatto i nomi del comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, del comandante della Toscana generale Emanuele Saltalamacchia e del ministro Luca Lotti, ex sottosegretario, amico dello stesso Marroni
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GLI ATTI A ROMA LA NUOVA INCHIESTA I tre sono indagati per rivelazione di segreto e favoreggiamento. Questa parte dell’indagine viene stralciata a trasmessa alla Procura Roma
4 » ITALIA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
GERMANIA
Dopo l’attentato cresce il consenso verso i populisti di AfD
L’ATTENTATO di Berlino ha fatto crescere i consensi nei confronti del partito Afd, che ha toni populisti e anti Islam. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano popolare Bild, il partito di Frauke Petry è salito al 15,5% con una crescita di 2,5 punti rispetto alla settimana scorsa. In calo il partito Unione Cristiano Democratica (Cdu) della cancelliera Angela Merkel, che si
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attesta al 31,5% con una riduzione dei consensi dell’1,5%. Gli alleati di governo socialdemocratici (Spd) perdono un punto e arrivano al 20,5%. Sul fronte delle indagini in Germania, il capo della polizia federale tedesca (Bka), Holger Muench sostiene che l’attentatore di Berlino, Anis Amri, era legato all’imam radicale Abu Walaa, arrestato in Germania a novembre. Restano però
altri “buchi” nelle comunicazioni fra intelligence; i servizi antiterrorismo del Marocco avevano avvertito due volte la Germania della pericolosità di Anis Amri. Lo ha riferito una fonte della sicurezza di Rabat, fornendo alcune date. Gli 007 marocchini avevano segnalato ai colleghi tedeschi le inclinazioni jihadiste di Amri il 19 settembre e l’11 ottobre.
MILANO
“Sono calabrese” Il killer di Berlino risponde agli agenti che lo hanno fermato in piena notte. Poi la sparatoria. Amri era arrivato in Italia giovedì Forse contatti con ex detenuti
» DAVIDE MILOSA inviato a Sesto S. Giovanni (Mi)
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ono di Reggio Calabria”. Ore 3.08 di ieri, marciapiede davanti alla stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni. Sono queste le parole con cui Anis Amri, il terrorista di Berlino, si rivolge ai due agenti della volante che lo stanno controllando. Anis parla bene l’italiano ma si capisce che è straniero. Segue la perquisizione dello zainetto. Sono istanti. Amri indossa un marsupio. “Lì che cosa hai?”. L’uomo finge di aprirlo, ma subito dopo porta la mano sotto il braccio ed estrae una calibro 22. Ha il colpo in canna. Urla: “Poliziotti bastardi!”. Fa fuoco. Un solo colpo. I poliziotti rispondono. Altri due colpi e uno fatale, dritto al petto. Muore così l’uomo più ricercato d’Europa. Tunisino, 24 anni, Anis Amri era sospettato di essere il killer del mercatino di Natale. L’uomo, dopo aver giurato fedeltà al Califfato nero, nella città tedesca il 20 dicembre ha dirottato un Tir polacco, uccidendo il camionista e scagliando il mezzo contro la folla. LA NOTIZIA della sparatoria
viene veicolata pochi minuti dopo sul sito del 118. In quel momento tutto è vago. La vittima non ha addosso i documenti. Certamente è di origine maghrebina. Solo cinque ore dopo la comparazione con le impronte digitali e la misura del volto svelano agli investigatori la sua vera identità. La notizia sarà annunciata in una conferenza stampa poco dopo le 10 dal ministro dell’Interno Marco Minniti. Muore Amri e finisce all’ospedale uno dei due agenti, ferito alla spalle. Il colpo mortale, invece, è stato esploso dal suo collega, da pochi giorni in servizio al commissariato di Sesto San Giovanni. La notizia fa subito il giro del mondo. Sul caso indaga la Digos coordinata dal dottor Claudio Ciccimarra. Le carte dell’inchiesta saranno poi girate anche alla Procura di Roma per competenza rispetto all’attentato di Berlino che ha ucciso 12 persone tra cui la giovane italiana Fabrizia Di Lorenzo. Già dopo la strage e il ritrovamento del documento del terrorista, era emersa la presenza di Amri in Italia. Nel nostro paese sbarca nel 2011. Dopodiché finisce in galera per reati comuni. Nel 2015 se ne perdono le tracce. La Tu-
Ricostruzione Come si è svolto il controllo e la sparatoria che ha portato alla morte del killer di Berlino secondo Emanuele Fucecchi
L’uomo più ricercato d’Europa ucciso per caso nisia non lo riconosce come suo connazionale. Amri così risale l’Italia, si ferma a Milano e poi riparte per la Germania. Nel frattempo la sua radicalizzazione viene comunicata dal carcere di Catania. A ottobre i servizi segreti marocchini segnalano la pericolosità di Amri pronto a colpire. In un video, prima della strage, il terrorista giurerà fedeltà al Daesh. Torniamo allora al conflitto a fuoco. Sul corpo del terrorista la polizia trova alcuni biglietti ferroviari per Chambery. Il tragitto dell’uomo dell’Isis è ricostruito: dopo aver viaggiato, armato e indisturbato, dalla Germania in
L’ANALISI
» LEONARDO COEN
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inisello Balsamo, quartieri dormitori, ditte di trasporti, capannoni industriali, rete stradale ultra-ramificata, l’ideale per dissimulare attività eversive. In questo hinterland anonimo e diffuso attorno a Milano si è concepito l’attentato di Berlino: i terroristi dell’Isis “sono persone inserite, i documenti in regola, che vivono e lavorano accanto a noi” aveva ammonito Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto di Milano ed ex capo del pool antiterrorismo (da poco è entrato alla Direzione nazionale antimafia e terrorismi) nella sua requisitoria durante il processo a carico del pachistano Muhammad Waqas e del tunisino Lassad Bri-
Il corpo e il testamento Amir morente e nel video dove giura fedeltà all’Isis prima dell’attacco a Berlino Ansa
Francia, giovedì sera è arrivato a Torino. Qui ha atteso tre ore per poi prendere un regionale diretto a Milano. Nello zaino di Amri la Scientifica trova un coltellino, 200 euro, due spazzolini, un dentifricio
e uno shampoo di marca tedesca, nessun indumento. La pistola, poi, è la stessa che ha ucciso Lukasz Urban, il camionista polacco. Non c’è solo questo: la Digos ha anche sequestrato un telefono cellula-
re che però ha una sim non attiva. Questo significa che Amri non ha potuto fare o ricevere chiamate, né usare comunicazioni telematiche. Il cellulare, però, è ritenuto elemento decisivo per il materiale scaricato. Secondo l’intelligence quando Amri arriva a Milano è un uomo solo in fuga e con pochi appoggi. ASSIEME al tracciato geogra-
fico del viaggio, la Digos ha messo insieme il tempo passato da Amri a Milano. L’uomo arriva in Stazione Centrale all’una di ieri mattina. Il dato è rilevato dai filmati delle telecamere. Però non prende la Metro. Attende e sale sul pul-
lman sostitutivo che inizia a circolare alle 1.30. Non sale subito. Decide di camminare. Lo fa per più di un’ora. Si dirige verso viale Monza. Cosa cerca? Secondo l’antiterrorismo, nel suo girovagare il terrorista ha in mente alcuni nomi, vecchi compagni di cella, conosciuti in Sicilia e ancora prima durante il viaggio verso Lampedusa. Sono balordi di basso livello. Il suo obiettivo è quello di cercare qualcuno che gli possa fornire un documento d’identità. Secondo la Digos, Amir da Milano voleva scendere nel sud Italia. Dopo oltre un’ora e mezza, un tempo lunghissimo dove ancora non sono chiari gli spostamenti del
Diffusione crescente Dalle radicalizzazioni in carcere ai reclutatori di foreign fighter
Il Belpaese da retrovia rischia di diventare sempre più quartier generale degli estremisti ki, accusati di terrorismo in- “bruciato”. ternazionale, arrestati il 22 luChe l’Italia sia stata imporglio del 2015: volevano colpire tante retrovia del terrorismo la base Nato di Ghedi, in pro- islamico è ormai assodato: dal vincia di Brescia, dove aveva- 2015 c’è stata una vera e prono regolare lavopria e sc al at io n ro (in quel di Manell’azione prenerbio). Waqas ventiva dei serfaceva l’autista, vizi d’intelligenBriki l’a d de tt o Basi sicure ce. La mappa dei rimpatri, per ealle pulizie. Anis In aumento Amri, che pure asempio, vede in veva cambiato i legami tra testa la Lombardia, e poi il Sud. sei volte l’identi- le comunità tà, qui doveva aPuglia, Calabria, vere coperture e e i “lupi solitari” Sicilia vedono logistica. E forse, che colpiscono aumentare i preproprio per evisunti fianchegtare che la rete nel continente giatori dell’Isis. saltasse, è stato A Cosenza han-
no arrestato l’a m bu l a nt e Mehdi perché si era recato in Turchia, accusato di aver tentato d’arruolarsi per il Califfo. Le connessioni tra le cellule terroristiche che hanno seminato morte e terrore in Europa e i basisti in Italia sono più che un sospetto. IL KILLER DI NIZZA si era reca-
to spesso a Ventimiglia e a Sanremo. Ad agosto il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria rivelò che 354 detenuti avevano “mostrato di aver intrapreso la strada della radicalizzazione”. Di essi si definiva il grado di pericolosità: 101 “segnalati”, 104 “atten-
zionati”, 149 “monitorati”: 39 di loro sono finiti in regime di “alta sicurezza”a Rossano Calabro dove 21 erano appena stati trasferiti in altri penitenziari. Al 31 luglio, i detenuti musulmani erano complessivamente 7500. Ragionevole il timore di un contagio radicale. Come è successo ad Amri nel carcere di Catania. Del resto, il 13 novembre 2015, 163 reclusi avevano festeggiato la carneficina di Parigi e la stessa cosa avvenne il 22 marzo 2016 (bombe a Bruxelles), con 56 detenuti a fare il tifo per l’Isis. Quando a Dacca sgozzano nove italiani, 8 detenuti esultano platealmente. Il pessimismo è
ITALIA
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
NUOVO RECORD DI VITTIME
Cinquemila migranti morti quest’anno nel Mediterraneo
IL NUMERO di migranti morti nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa ha raggiunto quest’anno il record di 5.000 vittime. Lo annuncia l'agenzia per i rifugiati Onu (Unhcr). In ogni caso gli ingressi di stranieri in Italia per asilo politico e motivi umanitari ha assunto negli ultimi due anni dimensioni mai raggiunte da nove anni a questa parte. Si è passati dai
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9.971 del 2007 ai 67.271 del 2015. Ed è anche aumentata di molto la percentuale dei permessi di soggiorno per questi motivi: dal 3,7% al 28,2%, mentre si è ridotto il numero dei permessi rilasciati per motivi di lavoro (dal 56,1% al 9,1%). Nel 2015 il numero di persone che hanno fatto richiesta di asilo politico in un paese europeo ha superato ampiamente il milio-
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ne di persone (1.257.030). Al top la Germania (441.800, il 35% del totale dell’Ue), seguita da Ungheria (174.435), Svezia (156.110) e Austria (85.505). Al quinto posto l’Italia, con 83.245 richieste (il 7% del totale Ue). Quasi un richiedente asilo su tre in Europa proviene dalla Siria, ma nel caso italiano la quota più elevata di domande spetta alla Nigeria.
IL CROCEVIA Le ultime ore del fuggiasco
dall’inviato a Sesto S. Giovanni (Mi)
U
n’ora e mezza in giro per Milano, poi la decisione: prendere l’autobus e scendere davanti alla stazione di Sesto San Giovanni. Anis Amri, il tunisino, cammina per la città. È passata da poco l’una del mattino di ieri. È appena arrivato con un treno regionale da Torino. Dalla Stazione centrale inizia a camminare. Quattro giorni prima a Berlino ha colpito in nome dell’Isis: dodici morti, anche un'italiana, Fabrizia Di Lorenzo. Amri ha giurato fedeltà al Califfo. È un radicale e ora passeggia indisturbato per Milano. Non vi è dubbio che segua, forse inconsapevolmente, la direzione della linea sostitutiva, oltre corso Buenos Aires verso piazzale Loreto. La direzione è quella verso Sesto.
Jihadistan meneghino e la ricerca di un aiuto per scappare a Sud Milano-Sesto-Cinisello, il triangolo dove i radicalizzati operano in nome della “guerra santa” in Medio Oriente
LA GEOGRAFIA URBANA non è
tunisino, attorno alle 2.50 Amri arriva a Sesto. Qui attende uno dei pullman che partono per il Maghreb, per l’Albania o per la Calabria. Non è andato alle stazioni di Gobba o Lampugnano perché, gli è stato
spiegato, sono più controllate. Prima di essere perquisito aveva detto: “Sono calabrese”. Il caso, l’abilità e il coraggio di due agenti ne hanno fermato definitivamente il viaggio. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Festeggiare la morte Diversi detenuti islamici nelle carceri italiane hanno festeggiato la strage del Bataclan Ansa
d’obbligo. La radicalizzazione non si svolge più solo nelle carceri o in alcuni luoghi di culto estremizzati, ma si diffonde a macchia d’olio. È UN TERRORISMO “liquido”, fluido. Può trovare paravento persino dietro l’insospettabilità dello sport. Metti il caso di Aftab Farroq, 26 anni, magaz-
ziniere pachistano alla Decathlon di Basiano ed ex campione della Nazionale giovanile italiana di cricket, residente a Vaprio d’Adda (Bergamo), 8 mila abitanti, dove la gente si lamenta delle bande slave che depredano le ville, mica dei musulmani, molto integrati. Ebbene, il ragazzo voleva “punire” l’Italia colpendo l’aero-
da sottovalutare. Dopo Loreto, c’è viale Monza e via Padova, area a rischio secondo l’Antiterrorismo. Come anche Sesto e il vicino Comune di Bresso, come anche Cinisello Balsamo, luogo da cui è partito il Tir polacco utilizzato da Amri per la strage di Berlino del 20 dicembre. Qui la microcriminalità straniera è collegata a fenomeni di radicalizzazione. Da mesi, l’Antiterrorismo sta monitorando personaggi attivi nella falsificazione di documenti. Sotto la lente anche un uomo in grado di riprodurre passaporti americani. In questo intreccio di vie, palazzi e luoghi vari, Amir cerca qualcosa, un aiuto, forse un documento d’identità. Tra via Clitumno, via Valtorta e ancora in via Padova, l’Antiterrorismo solo poche settimane fa ha fat-
porto di Orio al Serio, nonché l’enoteca del paese. Giustificava le stragi di Parigi, ce l’aveva con l’Occidente. Chat criptate. Conversazioni web con Madi El Halili, il primo a scrivere un documento in italiano di propaganda dell’Isis. Conosceva l’albanese Ibrahim Bledar, rimpatriato a marzo, ma anche legato a Maria Giulia Sergio, l’italiana andata a combattere per il Califfato. Conflitti d’identità? Forse. Ricordate il pugile Abderrahim Moutaharrik? O Abdula Kurtishi, rapinatore macedone latitante? O Giuliano Ibrahim Delnevo, il primo italiano morto in Siria nel giugno del 2013? Storie così si ritrovano nelle biografie di oltre 500 indagati e in quelle di 106 espulsi. Bisognerebbe analizzarle. Il tempo dell’Italia immune e “neutrale” è scaduto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Asfalto e sangue Il punto dove gli agenti hanno fermato Amri e dove poi è avvenuta la sparatoria Ansa
to luce su un gruppo di algerini collegati direttamente al marocchino Nadir Benchorfi, arrestato il 4 dicembre in via Tracia nella zona di San Siro, perché stava preparando un attentato nel centro commerciale di Arese, il più grande d’Europa. Nadir, classe ‘86, oltre a dirsi pronto a “compiere un’azione”, foraggiava economicamente molti foreign terrorist fighter in Germania e in particolare nel distretto di Düsseldorf. I tre algerini, è stato accertato, hanno inviato soldi sul conto di Benchorfi che ha girato tutto, attraverso varie rimesse, in alcuni Paesi, e soprattutto in Germania. Uno di questi, T. D., residente in via Clitumno, già nel 2007 è stato coinvolto in una perquisizione in un appartamento di via Ripamonti. Emergono, poi, tabulati telefonici, che legano uno dei tre algerini a una cellula jihadista in Belgio.
ra è stata accertata una transazione per la compravendita di armi in Libia. Altre rimesse sono state seguite in provincia di Bergamo e verso l’Au st r ia . Senza contare che un’altra recente inchiesta della Digos porta al confine di Sesto San Giovanni nel Comune di Bres-
INSOMMA, i profili non ven-
so e in un dignitoso palazzo di edilizia popolare in via Bologna al civico 28. Qui ha vissuto, fino al Natale del 2014, il marocchino Hamed Taskour, di Casablanca come Benchorfi. Taskour, impiegato modello con uno stipendio regolare, moglie e due figli, ha intrapreso la via della radicalizzazione non solo sul web, ma anche frequentando soggetti di persona. Poi ha deciso di partire per il Daesh portando con sé il figlio maschio nato a Milano nel 2005. Oggi gli investigatori stanno lavorando per far e-
gono sottovalutati. Come anche viene tenuto in grande considerazione un flusso consistente di denaro, nell’ordine anche dei 200 mila euro alla volta, che, secondo l’Antiterrorismo parte da un negozio di telefonia sempre in via Padova e va all’estero per finanziare un traffico d’armi con la Libia. Si tratta del sistema degli hawala, ovvero i money transfer illegali, basato sostanzialmente, sulla compensazione di denaro. Nel fascicolo seguito dall’intelligence, addirittu-
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Money transfer L’intelligence segue figure della comunità araba legate al traffico di armi
200.000
Euro a volta Il flusso di denaro inviato regolarmente in Libia
mergere una rete possibile che possa aver favorito la radicalizzazione di Taskour. Qualche chilometro oltre c’è Cinisello Balsamo. Qui, in via Cantù, il 16 dicembre il Tir Scania che quattro giorni dopo ha fatto strage nel mercatino di Natale a Berlino, ha caricato della merce. È stato filmato dalle telecamere. I video però non riprendono il tunisino Amri. Certo tra la sede della ditta Omm e la stazione di Sesto San Giovani, dove ieri mattina Amri è stato ucciso da un agente di polizia, ci passano appena cinquecento metri in linea d’aria. MA C’È DI PIÙ: da anni, ormai,
certe aree di Cinisello Balsamo sono diventate dei veri e propri suk. Qui, nella grande moschea, un anno fa l’imam Idriz Idrizovic ha fatto una lunga predica inneggiando al jihad e ai combattenti in Siria. Idrizovic risulta imparentato con Seat Bajraktar, imam della comunità kosovara di Monterone d’Arbia in provincia di Siena a sua volta legata al reclutatore di combattenti Bila Bonsic. Insomma, Amri, prima di essere colpito a morte, si è trovato nella zona più radicale di Milano. Un caso? Più probabilmente, ragiona l’intelligence, una scelta ponderata e consigliata da vecchie conoscenze che il tunisino ha maturato durante la sua carcerazione in Italia. DAV. MIL.
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6 » ITALIA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
ESPULSIONI
Si lega all’Islam radicale, tunisino rimpatriato
RICORDA molto il percorso di Anis Amri, il giovane tunisino responsabile dell’attentato al mercato natalizio di Berlino, la storia di Ridha Aissaoui, 37 anni, anche lui di nazionalità tunisina, espulso ieri dall’Italia “per motivi di sicurezza dello Stato”. Aissaou era detenuto per reati comuni nel carcere di Treviso, ma era stato segnalato per aver
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manifestato comportamenti e ideologie da islamista radicale. L’11 agosto scorso Aissaou era stato trasferito nel carcere di Padova, da dove era stato scarcerato lo scorso 28 ottobre per essere trasferito al Cie di Torino in quanto destinatario del provvedimento di espulsione. Ma questa volta, a differenza di Amri, che trasferito dal carcere al Cie, ne era uscito
con un semplice foglio di via che poi non ha rispettato - portando a termine dopo qualche tempo il suo piano di affiliazione all’Isis e la sua personale vendetta contro i “crociati” occidentali - per Aissaoui è scattata l’espulsione effettiva, con il rimpatrio immediato: gli agenti hanno fatto in modo che salisse su un volo diretto a Tunisi, partito ieri da Fiumicino.
LA POLEMICA Il Viminale ha subito diffuso le generalità dei poliziotti che nello scontro a fuoco hanno ucciso Amri. Gabrielli aveva da poco messo in guardia dai rischi di ritorsioni contro gli agenti
» GIANNI BARBACETTO
D
Milano
ue nomi in chiaro premiano due poliziotti che hanno fatto il loro dovere. Ma indicano anche due obiettivi al terrorismo. Così, in poche ore, una storia di efficienza e orgoglio si è trasformata in una vicenda di pericolo e imbarazzo. I due poliziotti – di cui su questo giornale non divulgheremo ulteriormente generalità e fotografie sbandierate ai quattro venti ieri da Viminale e media – dopo le 3 di notte di ieri hanno fermato un uomo a Sesto San Giovanni: un semplice controllo casuale. L’uomo estrae dallo zaino un’arma e spara. Un agente è ferito a una spalla. L’altro reagisce con la pistola d’ordinanza: un colpo e l’uomo è a terra, morto. Qualche verifica e poi la scoperta: è Anis Amri, il terrorista della strage di Berlino.
Sbatti gli eroi in prima pagina Primo scivolone di Minniti Fatto a mano
IN POCHE ORE, i due ragazzi della
polizia diventano eroi. Ricevono sulle loro pagine Facebook congratulazioni ed elogi. Anche i superiori si complimentano per l’operazione, mettendo in circolo i nomi. Si diffondono i profili e le foto dei due. Il ferito ha 36 anni, agente scelto, poi ricoverato all’ospedale San Gerardo di Monza. Compare sorridente in una foto sui social, nel letto d’ospedale, attorniato dai colleghi che con le dita fanno il segno della vittoria. L’altro ha 29 anni, agente in prova, con alle spalle solo nove mesi di servizio. Segue conferenza stampa del questore di Milano
IL CASO
Morpugo scrive sulla sua bacheca Facebook: “Si può augurare al poliziotto ferito una pronta guarigione e ringraziarlo per aver fermato quello che parrebbe un criminale e un terrorista, ma al tempo stesso far notare l’anomalia (usiamo questo eufemismo) della pagina Facebook di un poliziotto piena di riferimenti razzisti, ringraziamenti a Hitler compresi? Un rapImbarazzo web presentante delle POI i profili F ace- Oscurati i profili forze dell’ordine non b oo k dei due polipuò violare le leggi, e ziotti vengono o- Facebook fino a prova contrascurati. Lo annun- dei due: foto ria l’incitamento cia il questore De Ieall’odio razziale è usu: “Abbiamo il do- con braccia tese na violazione delle vere di tutelare l’im- e ringraziamenti leggi italiane”. Damagine dei nostri aniele Sensi, blogger genti, abbiamo det- ad Adolf Hitler dell’Espresso, scrive to ai ragazzi di evisulla sua pagina: tare, di non farsi “Auguri di pronta prendere dall’emotività nel loro guarigione all’agente (...), e che, interesse, è opportuno che non lo una volta dimesso, ripulisca la facciano, stiamo parlando di una propria bacheca Facebook dalle dimensione che non è la crimina- zozzerie contro immigrati, conlità, ma il terrorismo internazio- tro Rom, contro Boldrini e contro nale e c’è un problema di preven- ex ministro Kyenge che egli steszione”. Ma subito si leva qualche so ha pubblicato, grazie”. Uno devoce a spiegare che le pagine sono gli agenti condivideva su Facestate oscurate non tanto per ga- book post da un sito intitolato rantire l’anonimato (ormai im- “Tutti i crimini degli immigrati”; possibile) ai due giovani poliziot- l’altro pubblicava su Instagram ti, quanto per far sparire imma- foto di Benito Mussolini e selfie gini e commenti imbarazzanti. La mentre faceva il saluto romano. giornalista milanese Marina © RIPRODUZIONE RISERVATA l’ennesima riprova di quanto non importi a nessuno, in realtà, dell’incolumità e del benessere degli appartenenti alle forze di polizia. Quanta leggerezza nei confronti della vita dei nostri ragazzi! Ma come è possibile non domandarsi se sia prudente o anche solo opportuno divulgare certi dati rispetto a persone che mettono la propria vita in gioco?”.
Antonio De Iesu con il vicequestore aggiunto e responsabile del commissariato di Sesto San Giovanni Roberto Guida. Poco dopo, è lo stesso ministro dell’Interno Marco Minniti, alle 12.07 del 23 dicembre, a twittare: “Grazie di vero cuore per la loro professionalità ai poliziotti (...)”. Passano alcune ore prima che ci si renda conto che rendere pubblici i loro nomi significa indicarli come obiettivo a chi voglia vendicare la morte del terrorista di
Berlino. È il capo della polizia Franco Gabrielli a metterlo nero su bianco in una circolare nella quale si invita “a prestare la massima attenzione” per la possibilità di eventuali “azioni ritorsive” nei confronti dei poliziotti e delle altre forze dell’ordine, invitando a mettere in atto ogni iniziativa utile alla sicurezza degli operatori in divisa. Il presidente dell’associazione Fervicredo (Feriti e vittime della criminalità e del dovere), Mirko Schio, commenta: “È
Grazie di cuore per la loro professionalità ai poliziotti (...) M. MINNITI ORE 12,07
Massima attenzione, non si possono escludere azioni ritorsive F. GABRIELLI ORE 14.15
Risposta secca Grillo in campagna elettorale sulla situazione migratoria: “Ue e Italia colabrodo”
“Proteggiamoci: subito fuori gli irregolari” » LUCA DE CAROLIS
V
uole fuori tutti gli irregolari, “a partire da oggi”. Sono passate solo poche ore dallo scontro a fuoco a Sesto San Giovanni, e il blog di Beppe Grillo già parte alla carica, con un titolo che è un manifesto elettorale: “Ora dobbiamo proteggerci”. E di seguito, la celebrazione dei due agenti, “i due eroi che hanno fermato l’assassino di Berlino”.
MA A PESARE sono gli attacchi al governo e alla Ue: “La situazione migratoria è ormai fuori controllo”, “l’Italia e l’Europa sono un colabrodo”, “l’Italia sta diventando un viavai di terroristi”. Così, riecco la linea dura sull’immigrazione di Grillo e Davide Casaleggio: “Chi ha diritto di asilo resta in Italia, tutti gli irregolari devono essere rimpatriati subito a partire da oggi”. Non solo: “Schengen (il trattato che pre-
Visione simile Di Battista e Grillo LaPresse
vede la libera circolazione tra i Paesi della Ue, ndr) deve essere rivisto: in caso di attentato le istituzioni devono sospenderlo subito e ripristinare i controlli alle frontiere almeno finchè il livello di allerta non sia calato e i sospetti catturati”. E
va rivisto il regolamento di Dublino, re-distribuendo gli immigrati nelle varie nazioni per quote. È la ricetta del M5s, giò raccontata al quotidiano tedesco Die Welt da Alessandro Di Battista, l’otto dicembre scorso: “I profughi con di-
ritto di asilo devono essere accolti e distribuiti, chi è privo di diritto d’asilo in questo momento storico deve essere espulso”. Però colpisce ugualmente, il blog che vuole misure draconiane. Come a battere sul tempo la Lega Nord, i cui elettori, come raccontato da mille sondaggi, sono pronti a votarlo in massa in un ipotetico ballottaggio. Però non tutti la pensano così nei 5Stelle: in Parlamento, come nella base. Grillo e Casaleggio padre, Gianroberto, nell’ottobre 2013 inciamparono sul reato di clandestinità. Due senatori, Andrea Cioffi e Maurizio Buccarella, avevano proposto un emendamento per abolirlo. E i capi la presero malissimo. Poi però la votazione sul blog dette ragione ai due parlamentari. Ieri la voce fuori del coro era quella del capogruppo M5s a Biella, Antonella Buscaglia: “Leggo post di persone felici che un uomo sia stato ammaz-
zato e che esaltano i due poliziotti che hanno fatto solo il loro dovere: ma vaff...”. Così torna l’accusa: il M5s appena può sfodera il suo cuore populista, un cuore di destra. Il deputato Manlio Di Stefano, membro della commissione Esteri, replica: “Lo dicono quelli che in questi anni non hanno combi-
Consigliere M5S Il capogruppo a Biella: “Post felici per l’ucciso, gli agenti han fatto il loro dovere: ma vaff...” nato nulla. Anis Amri ha potuto circolare indisturbato per l’Europa, ed questo è lo specchio del fallimento della politica della Ue”. E il tono del post? Tutti d’accordo? “Quello di Beppe è uno schiaffo in faccia a chi non vuole capire. Nel no-
stro gruppo c’è discussione sul tema, con visioni diverse. Ma la linea è questa. Rischiamo grosso, e allora bisogna agire. O l’estrema destra volerà”. Fabio Massimo Castaldo, eurodeputato, conferma: “Massima apertura a chi richiede asilo, ma è necessario che la Ue cambi: servono veri accordi di cooperazione con i Paesi di origine e di transito, e una vera politica di aiuti. E la ripartizione in quote non è certo fallita per colpa nostra”. Intanto il 17 gennaio verrà eletto il nuovo presidente del Parlamento europeo. Il candidato forzista Antonio Tajani ha sondato i 17 eletti del M5s, che al primo turno sosterranno il loro Piernicola Pedicini. Ma nelle votazioni successive il gruppo, spesso diviso, dovrebbe lasciare voto libero. Molti si asterranno, gli altri potrebbero dividersi tra Tajani e il dem Gianni Pittella. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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8 » ECONOMIA SPRECHI
Partecipate: 1 su 4 è in perdita, duemila senza addetti
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
LE PARTECIPATE pubbliche accusano i primi colpi della spending review: nel 2014 si sono ridotte del 10% e altrettanto forte, anzi di più, è stato il calo nel numero di impiegati (-11,2%). Ma il censimento dell’Istat sulle spa pubbliche rileva come ancora ci siano mille imprese con fatturato “fantasma” e duemila senza dipendenti. Tra le controllate, poi, una su quattro è in rosso. Insomma, le
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cosiddette “scatole vuote” non sono state debellate. Non a caso il decreto Madia, attuativo della riforma della Pa, ha previsto misure ancora più stringenti. Ma sul provvedimento pende la sentenza della Consulta: per renderlo operativo serve un’intesa tra governo e Regioni che dovrebbe arrivare a inizio anno. Intanto però i decreti targati Monti e il faro acceso dall’ex commissario alla spesa, Carlo
Cottarelli, hanno dato qualche frutto: le società sono scese a 9.867 (con 846mila addetti). E oltre la metà, il 62,5%, il controllo è in mano pubblica. Il dato va però depurato, perché di tutte le imprese quelle che producono sono poco meno di 7 mila. L’Istat certifica 1.130 aziende che hanno ricavi nulli. Mentre 1.922 imprese hanno zero addetti (ci sono solo gli amministratori).
IL DECRETO I 40 mila piccoli obbligazionisti riavranno i loro soldi alla scadenza dei bond (col rischio di premiare qualche furbo). Per quelli delle 4 banche “aiutate” a novembre 2015 solo un contentino
» CARLO DI FOGGIA
N
e ll’intricata saga bancaria da ieri ci sono tre certezze: Monte dei Paschi di Siena avrà lo Stato come azionista a larga maggioranza (il 62%, secondo gli analisti di Equita Sim); buona parte dei suoi piccoli obbligazionisti sarà tutelata; i risparmiatori truffati di Banca Etruria, Marche, Carife e Carichieti sono figli di un Dio minore.
Il governo salva il Monte, non i truffati di Etruria & C. può essere usato per tutti i piccoli clienti, ma Mps ha deciso che solo quelli del bond 2008 hanno diritto al ristoro. Tutti gli altri si ritroveranno azionisti della banca senese: il valore delle loro azioni dipenderà dall’andamento del titolo in Borsa, ma rischia di essere parecchio diluito dopo l’ingresso dello Stato nel capitale. La conversione avverrà sempre al 100% del valore nominale, mentre invece per i bond sottoscritti dai “grandi investitori” (il nome che di norma cela i fondi pensione, cioè soldi dei lavoratori) ci si ferma al 75%. Anche qui col rischio di premiare qualche furbo.
DA IERI il decreto “salva ri-
sparmio”è legge: nasce un fondo pubblico da 20 miliardi - gestito dal Tesoro - per garantire la liquidità (per 6 mesi o un anno) agli istituti di credito in difficoltà e intervenire direttamente nel capitale dietro richiesta della banca. Quella senese guidata da Marco Morelli l’ha fatto giovedì notte visto che l’aumento di capitale “di mercato” da 5 miliardi studiato da Jp Morgan è fallito. Il governo interverrà pagando dazio alle regole europee che dal 2013 impediscono agli Stati di risolvere le crisi bancarie senza prima accollare parte dei costi ai creditori degli istituti: è il “burden sharing” che obbliga alla conversione forzata in azioni delle obbligazioni subordinate. Si tratta di bond con cui le banche finanziano il capitale di rischio, ma i suoi possessori sono creditori subordinati agli altri (tipo gli obbligazionisti ordinari “senior”). Mps ne ha in circolazione per 4,3 miliardi, di cui 2,1 miliardi in un bond emesso nel 2008 (con scadenza 2018) in tagli da mille euro e piazzato a 40 mila piccoli risparmiatori per finanziare lo sciagurato acquisto di Antonveneta che ha scassato i conti dell’istituto. Il decreto prevede per questi ultimi un rimborso pieno. Il meccanismo funzionerà così: prima la conversione forzata in azioni allo stesso valore (il 100%); la banca poi le acquista dando in cambio obbligazioni “non subordinate”; lo Stato compra le azioni dalla banca. I nuovi bond avranno la stessa scadenza (il 2018) e un rendimento (la cedola pagata) simile a quello delle obbligazioni senior della banca, quindi un po’ più basso dell’attuale. Tecnicismi a parte, i 40 mila di cui sopra diventeranno obbligazionisti ordinari e alla scadenza riavranno almeno il capitale prestato (o qualcosa in più). Questo dovrebbe evitare una mare di contenziosi, visto che a migliaia di famiglie fu venduto uno strumento di cui ignoravano le caratteristiche. Chi però ha comprato in questi mesi mentre il valore dei bond crollava rischia di guadagnarci. Sulla carta il meccanismo
QUESTO intervento è “precau-
Pier Carlo Padoan e Marco Morelli Ansa
L’ACCORDO C’È
zionale”, perché riguarda banche non in dissesto. Altrimenti si applica il bail-in previsto da una direttiva Ue del 2014 e in vigore dal 2016: il conto del dissesto viene scaricato sugli azionisti, poi sugli obbligazionisti (anche senior) e se necessario perfino sui depositanti sopra la soglia dei 100.000 euro garantiti. È l’approccio che il governo ha applicato in via anticipata a novembre 2015 per Etruria e le altre dopo aver perso un anno e mezzo di tempo aggravandone la crisi: azionisti azzerati, così come le ob-
La rabbia “Due pesi e misure” Il Tesoro avrà il 60% di Montepaschi e chiede altri soldi al settore bligazioni subordinate rifilate a 12.500 persone per un valore di 700 milioni. E qui nasce l’equivoco. Etruria & C. erano tutte commissariate da Bankitalia da tempo e sono di fatto fallite a causa dell’enorme mole di “sofferenze”, i crediti non più esigibili. Prima di andare in bail-in avevano un patrimonio vicino allo zero ma non ancora negativo: a far emergere perdite ingenti è stata la decisione di Bankitalia, sotto il diktat dell’Antitrust Ue, di svalutare le sofferenze al 17,6%
del loro valore nominale (8,5 miliardi) prima di cederle a una bad bank, mentre i commissari di Via Nazionale le valutavano a bilancio al 40%. Giusto o sbagliato, i piccoli obbligazionisti hanno contribuito a loro spese al salvataggio delle banche ma a loro il governo ha garantito un rimborso solo all’80%, e con criteri stringenti che hanno tagliato fuori dal ristoro circa 7mila persone. Nessuna conversione in azioni. La rabbia delle associazioni che tutelano i truffati di Etruria e le altre banche è alle stelle. L’associazione “Vittime del salva banche”ha chiesto di poter almeno beneficiare degli eventuali utili che la bad bank farà vendendo le sofferenze. Per ora nulla da fare: andranno al fondo di risoluzione - gestito da Bankitalia - che ha ricapitalizzato le 4 banche con 3,6 miliardi versati da tutti gli istituti bancari. “È una vergogna, sono stati usati due pesi e due misure”, ha attaccato il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli. Il paradosso è che il decreto impone al settore bancario di versare un’altra rata al fondo di risoluzione per poter vendere almeno 3 delle 4 banche. Che se la passano male.
La scheda PER MPS i piccoli obbligazionisti subordinati saranno trasformati in obbligazionisti ordinari (con scadenza uguale)
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QUELLI delle altre banche mandate in bail-in a novembre 2015 sono stati azzerati. Circa la metà avrà la possibilità di ottenere un rimborso forfettario all’80%
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Subprime La giustizia Usa ha sanzionato i due gruppi europei con 12,4 miliardi
Maxi-multa a Deutsche e Credit Suisse » MARCO MARONI
L’
implacabile Dipartimento della Giustizia Usa ha c h i u s o i e r i c o n d u e m ega-transazioni con le banche europee Deutsche Bank e Credit Suisse, per un totale di 12,4 miliardi di dollari (7,2 per la banca tedesca, 5,2 la svizzera). Il contenzioso con la giustizia americana riguardava le frodi finanziarie negli Usa legate ai mutui su b pr i m e, finanziamenti che sono stati una delle principali cause della crisi finanziaria iniziata nel 2008: si tratta di erogazioni di mutui a creditori statunitensi non in grado di sostenere le rate e della successiva vendita a ignari risparmiatori, tra il 2005 e il 2007, delle obbligazioni in cui quei crediti poco affidabili venivano impacchettati. Una pratica, quest'ultima, che ricorda quella delle obbligazioni subordinate sbolognate ai correntisti di Mps.
Deutsche Bank, in cambio di un altrettanto morbido trattamento della banca riguardo al debito del presidente.
Deutsche Bank pagherà 3,1 miliardi di dollari di sanzione e altri 4,1 miliardi come risarcimento ai consumatori: modifiche ai prestiti e altre forme di assistenza ai proprietari di case e debitori, per un periodo di almeno cinque anni. La banca tedesca prevede un impatto lordo della sanzione pari a 1,17 miliardi di dollari sui risultati del quarto trimestre 2016.
CREDIT SUISSE ha invece ac-
L'ESTATE SCORSA il Diparti-
mento di Giustizia, guidato da Loretta Lynch, aveva chiesto a Deutsche Bank 14 miliardi di dollari per chiudere la vertenza. Cifra che Deutsche aveva dichiarato di non voler pagare, anche perché avrebbe rischiato di mandare a gambe all'aria l'istituto, già in cattive acque per l'enorme mole di derivati che ha in bilancio. La cifra con cui si è chiuso, è poco più della metà di quanto aveva chiesto quest'estate, ma oltre il doppio di quanto sembrava disposta a
Pugno duro Maxi-multa per Deutsche Bank Ansa
pagare la banca tedesca. Il caso è diventato imbarazzante con l'elezione dell'immobiliarista Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel novembre scorso. L'istituto tedesco, infatti, vanta crediti per circa 300 milioni di dollari, in corso di ristrutturazione, verso società del presidente eletto. Circostanza che crea un gigantesco conflitto d'interes-
si. Anche perché una volta insediato alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio, Trump nominerà un nuovo Procuratore generale, cioè capo del Dipartimento della Giustizia, già indicato nella persona di Jefferson Session, senatore dell'Alabama. Per intendersi, c'era il rischio di un atteggiamento più morbido del nuovo Dipartimento nei confronti di
cettato di pagare 5,28 miliardi di dollari per chiudere il contenzioso con la giustizia americana, relativo alla sola vendita di titoli legati ai mutui subprime. In base all’accordo, la banca elvetica dovrà versare una ammenda di 2,48 miliardi di dollari e dovrà farsi carico, nel corso di 5 anni, di risarcire i risparmiatori per 2,8 miliardi di dollari. Un altro dossier relativo alle frodi bancarie sui mutui rischiosi ha subito nei giorni scorsi un accelerazione. Giovedì, il Dipartimento, visti gli insuccessi dei tentativi di accordo con l'inglese Barclays bank, l'ha citata in giudizio presso il Tribunale dell'Eastern district di New York. © RIPRODUZIONE RISERVATA
ECONOMIA
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
SCALATE OSTILI
Ora Vivendi invita Mediaset a trattare La Consob vigila RIECCOLA!
» MARCO PALOMBI
L
e fonti di governo interpellate dal Fatto Quotidiano sono unanimi: la proroga di sei mesi per le banche popolari che devono trasformarsi in società per azioni era presente nel decreto “salva risparmio” arrivato in Consiglio dei ministri, ma poi è saltata per “l’opposizione di alcuni partecipanti” alla riunione. Chi? Il nome è quello del segretario del Consiglio dei ministri, il sottosegretario Maria Elena Boschi, che già da ministro dei Rapporti col Parlamento si oppose in più occasioni ad ogni intervento sulla riforma delle Popolari, che alla fine ha portato dalla sua anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
VIVENDI ha sempre voluto un accordo con Mediaset, lo vuole ancora “e adesso che siamo i secondi azionisti ci sono ancora più ragioni per cui dovremmo trovarlo”. Il Ceo del colosso delle telecomunicazioni francese Arnaud De Puyfontaine rilancia il ramoscello d’ulivo. Un’offerta di trattativa ribadita più volte, a parole, ma già respinta da Mediaset che ha giudicato ostile, nei fatti, la scalata dei
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francesi di Vincent Bolloré. Ieri il cda di Fininvest si è riunito per fare il punto sulle partite aperte, tra cui ovviamente Mediaset. La battaglia ha riflessi su Telecom Italia, stella in Piazza Affari (+4,45%). Il titolo ha da giorni appeal speculativo, in scia alla scalata Vivendi, su primo azionista con il 24,2%. Il governo starebbe considerando un ingresso nel capitale Telecom, per bloccare una ipotetica cessione della
L’ANALISI
quota in mano ai francesi a Orange. Cassa Depositi e Prestiti reagisce a questo scenario con un “no comment”. Consob ha acceso un faro sul titolo. E sempre in Consob ieri è stato sentito De Puyfontaine (era stato ascoltato anche il cfo di Mediaset, Marco Giordani). Il Ceo francese ha rimarcato, all’uscita, che le azioni di Vivendi che sono “ispirate alla massima trasparenza e al pieno rispetto della normativa”.
Boschi blinda l’eredità Renzi: niente proroga alle Popolari In Cdm fa saltare il rinvio a giugno dell’obbligo di diventare Spa. Tremano Bari e Sondrio te. Secondo Renzi e Banca d’Italia questo doveva finire: quelle con attivi superiori a 8 miliardi per legge devono ora trasformarsi in “normali” società per azioni entro martedì. Il modo in cui questo accade lo ha deciso Bankitalia su delega del governo. Ad oggi, tra gli istituti obbligati a cambiare - a parte Etruria, passata a miglior vita - mancano solo le popolari di Bari e Sondrio.
È APPENA il caso di ricordare
che il passato consiglierebbe a Boschi maggiore prudenza visto che le sue fortune politiche hanno cominciato ad appannarsi proprio sul tema banche: peraltro la “Etruria” di cui suo padre fu vicepresidente, multato da Banca d’Italia, era una popolare. E invece niente da fare: la sottosegretaria è riuscita per l’ennesima volta a evitare modifiche alla riforma renziana delle Popolari. La cosa mette assai in ambasce almeno due istituti: Bari e Sondrio, che per il momento possono gioire solo per lo stop parziale alla trasformazione in società per azioni ottenuto dai Tribunali (per legge avrebbero dovuto procedere entro il 27 dicembre e Popolare di Bari è stata certa di poter rinviare solo ieri) in attesa della decisione della Consulta sulla co-
»9
Sempre lei Il sottosegretario Maria Elena Boschi ha affossato il decreto sulle popolari LaPresse
stituzionalità del decreto Renzi. Ora per il governo Gentiloni l’ultima occasione utile è il tradizionale decreto Milleproroghe di fine anno: in caso contrario si prepari a veder ballare il settore bancario ancora più di quanto già non faccia. Per capire serve un breve riepilogo. All’inizio del 2015 il
governo Renzi varò un decreto che riformava le Popolari: sono banche che in Italia esistono fin dall’800, in genere in forma cooperativa, con precisi vincoli alle concentrazioni azionarie e governate attraverso il “voto capitario” (una testa, un voto) a prescindere dunque dalle azioni possedu-
azionisti. In pratica, in casi come questi chi vuole uscire dall’azionariato della banca ha diritto di farlo e l’istituto deve pagare i titoli a un prezzo vicino a quello di libro. Senza sospendere il diritto di recesso, però, “l’operazione Popolari” non avrebbe mai funzionato: il valore di libro delle azioni di queste banche era altissimo, quello reale spesso prossimo allo zero. Se Bari, ad esempio, rispettasse il diritto di recesso NEL FRATTEMPO, però, gli a- finirebbe dissanguata: la legge zionisti di varie banche hanno però le impone contemporafatto ricorso conneamente di ditro il decreto e il ventare una Spa e Consiglio di Stato la sospensione ha dato loro raaccordata dal gione. Il massimo Fuori pure le Dta giudice vale per organo della giu- L’estensione dei poche settimane. stizia amminiEcco cosa c’è in strativa ha inviato crediti d’imposta ballo. la legge alla Corte (soprattutto Altro capitolo c o st i t uz i o na l e uscito dal decresostenendo che alle Bcc) è stato to, stavolta per B a n c a d ’ I t a l i a invece bloccato l’opposizione non può esercitaUe, è quello delle re poteri di delega dalla Ue Dta (deferred tax legislativa essenasset): in sostando “politicamenza le svalutazioni te irresponsabile”, che la scel- a bilancio e le perdite per le ta di procedere per decreto è banche si trasformano autoincomprensibile e altre coset- maticamente in credito d’imte. Una di queste cosette rende posta. Questa disciplina andarischiosissimo convocare le va estesa e applicata anche alle assemblee per trasformarsi in Banche di credito cooperativo Spa: il Consiglio di Stato ha in- (Bcc): Bruxelles, però, sta fatti annullato la circolare di bloccando la norma (che inteBankitalia laddove sospende- ressa molto Unicredit). va il “diritto di recesso” per gli © RIPRODUZIONE RISERVATA
La scheda LA NORMA La scadenza per la trasformazione delle banche popolari in Spa rimane fissata al 27 dicembre. Non è entrata nel decreto salvarisparmio la proroga alla primavera, cui il governo stava pensando per attendere la pronuncia della Consulta dopo la sospensione del Consiglio di Stato. Saltata la possibilità per le Bcc di utilizzare le imposte differite attive (Dta)
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Salva-risparmio I 20 miliardi per Siena e le altre possono non bastare. E i conti pubblici sono a rischio
Poco, tardi e rischia di costarci carissimo E
quindi il governo Gentiloni, o Renzi bis, ha fatto con anni di ritardo quel che era ovvio andasse fatto: far sì che fosse lo Stato a mettere in sicurezza le banche. Questo enorme ritardo, però, rende la cifra di 20 miliardi stanziata per le necessità di capitale del settore probabilmente sottostimata e rappresenta – per le modalità in cui si realizza – un enorme vulnus per i conti pubblici dei prossimi anni. CONTA POCO che premier e ministri (a partire da quello dell’Economia Pier Carlo Padoan) dicano che ormai è tutto a posto: lo dicevano anche in questi mesi, mentre benedicevano un “piano di salvataggio” per il Monte dei Paschi - proposto da Jp Morgan e accettato da Renzi a luglio – che non aveva alcuna speranza di riuscire. Basti ricordare qualche dichiarazione: “Oggi la banca è risanata e investire è un affare:
su Mps si è abbattuta la specu- no Renzi – oggi reincarnato in lazione ma è un bell’affare, ha Gentiloni – è fallito e lo Stato è attraversato vicissitudini paz- dovuto intervenire. Quel che zesche ma oggi è risanata, è un precede è dunque un cumulo bel brand”(Renzi 22 gennaio); di costose bugie lungo un an“penso tuttora che Mps sia un no; quel che seguirà, invece, è una bomba a oroaffare” (Renzi, 6 novembre); “l’ologeria piazzata perazione avrà sotto al futuro. successo, non c’è Breve promemoria: i 20 miliarb i s o g n o d i u n Bugie su Mps di del Fondo per p i a n o B ” ( P a- Da “è un affare” doan, 2 settemle necessità di cabre); “non si pro- di Matteo pitale delle banspettano per M- (gennaio) a che sono nuovo ps misure di supdebito pubblico. porto pubblico o De Vincenti (“non Il governo sostiemen che meno di serve lo Stato”) ne che il problenazionalizzazioma non si pone ne” (Padoan, 12 del 1° dicembre perché si tratta di ottobre); “l’a uun intervento mento di capitale temporaneo: un di Mps va avanti e siamo molto anno e mezzo al massimo e la fiduciosi: non ci sarà bisogno Mps risanata (ma non era “ridi alcun intervento dello Sta- sanata” già a gennaio?) sarà to” (il ministro Claudio De venduta e lo Stato si riprendeVincenti, 1 dicembre). E inve- rà i suoi soldi. Ecco, se uno tiece il piano per Monte dei Pa- ne presente cosa sta succedenschi sponsorizzato dal gover- do ai quattro istituti “risolti” a
Cattivi affari Il salasso per Monte dei Paschi Ansa
novembre 2015 – Banca Marche, Pop Etruria, Carife e Carichieti – c’è da preoccuparsi: andavano vendute entro aprile 2016, poi settembre e ora solo dio sa quando, nel frattempo stanno generando perdite dentro l’intero sistema bancario. Per di più Monte dei Paschi è solo la prima banca a ricorrere all’aiuto dello Stato: seguiranno altre a partire da Popolare Vicenza e Veneto Banca, mentre all’orizzonte c’è
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l’aumento di capitale monstre di Unicredit (13 miliardi). IL SETTORE, insomma, è a caccia di soldi che il mercato non vuole investire, anche perché non si capisce come questi istituti possano tornare redditizi: vendere al prezzo di entrata, insomma, è quasi impossibile, soprattutto sotto i diktat della Commissione Ue, che pretende l’uscita dello Stato in tempi rapidi. Tradotto: grazie a ope-
re e omissioni dei governi Monti, Letta e Renzi, l’Italia ha la testa sotto la ghigliottina. L’ex premier, per dire, ha promesso che ridurremo il deficit dal 2,3% del 2017 allo 0,2% del 2019: è una manovra da 35 miliardi strutturali in 2 anni. Con questo decreto aggiungiamo nuovo indebitamento annullando di fatto la nostra capacità contrattuale in sede europea: il primo segnale su quanto le cose potranno farsi complicate si avrà a gennaio, quando la Ue pubblicherà un nuovo report sul debito pubblico. A un certo punto, insomma, Paolo Gentiloni potrebbe trovarsi a valutare la possibilità di chiedere un prestito all’Europa, cioè ad invitare la Troika a governare l’Italia, per far quadrare i conti tra realtà e ideologia del pareggio di bilancio: questo è quel che sta sotto e dentro il “salva-risparmio”. MA. PA.
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10 » CRONACA 51 MILIONI DI EURO
Diritti tv del calcio, il Tar annulla la multa a Mediaset
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
IL TAR DEL LAZIO ieri ha annullato la multa da 51 milioni di euro che l’Antitrust aveva imposto a Mediaset nell’aprile scorso per un presunto “accordo restrittivo" sui diritti televisivi di Serie A per le stagioni 2015-2018. Lo comunica in una nota il gruppo milanese. "Il Tar ha accolto senza riserve il ricorso di Mediaset contro un teorema del tutto privo di prove che non può definirsi quale accordo spar-
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titoriò dato che le parti hanno consentito il perpetuarsi di una concorrenza che altrimenti non ci sarebbe stata”. Secondo il Tar, la soluzione orientata all’attribuzione dei due pacchetti principali a uno solo dei due operatori (Sky, dominante sul mercato della pay tv), come sponsorizzata a posteriori dall’Antitrust, “non sembrava certo idonea a consentire una svolta pro-concorrenziale”. L’Autorità della
Concorrenza, guidata da Giovanni Pitruzzella, ha comunicato che farà ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar. Nel frattempo Arnaud De Puyfontaine , ad di Vivendi che è arrivata vicina al 30% di Mediaset, è pronto a trattare: “Abbiamo sempre voluto un accordo con Mediaset” e ci sono “ancora più ragioni ora che siamo il secondo azionista”.
I VERBALI/1
Inchiesta per corruzione Nelle carte dei pm, il faccia a faccia tra l’ex dirigente Vincenzo Armanna e l’attuale amministratore delegato del gruppo
» ANTONIO MASSARI
V
ictor mi disse che 50 milioni in banconote da 100 dollari erano stati portati al ‘chairman’ di Eni. E per ‘chairman’, lui, intendeva Scaroni. Mi raccontò di denaro ancora fascettato, in buste di cellophane, come dire che proveniva direttamente da una banca. Occupava due trolley – continuò – ed era stato portato prima a casa di Casula, ad Abuja, poi fu trasportato con un ‘aereo dell'Eni’ fuori dalla Nigeria, nel settembre 2011, ma io so che l’aereo Eni in quel periodo non aveva fatto voli in Nigeria. Però so anche che c’è un aereo privato che Eni affittava dal console onorario in Congo, Fabio Ottonello”. E’ Vincenzo Armanna, il dirigente Eni che si occupò della trattativa sul giacimento Opl 245 nel 2011, che racconta ai pm milanesi della presunta mazzetta destinata a Paolo Scaroni, precisando di non avere prove dirette. Il sospetto che una tranche da 50 milioni fosse destinata a tornare in Italia, “al management” Eni, fu confermato da un agente dell’intelligence nigeriana (“Victor”) che raccontò: “Ho saputo che 50 sono andati agli italiani, a persone dell’Eni o comunque vicine”. Armanna riferisce che l’ex ministro del Petrolio Dan Etete (vero titolare della concessione sul giacimento Opl 245) all’hotel Bristol di Parigi gli disse: “Boy, you know for whom is this money, is for Paolo Scaroni”. Ovvero: “Ragazzo, tu sai per chi sono questi soldi, sono per Scaroni”. IL PREZZO. Le accuse di Ar-
manna verso Scaroni sono durissime: “Casula (Roberto, alto dirigente Eni, anch’egli indagato, ndr), con l’endorsement di Scaroni, e in un caso Scaroni in prima persona, hanno provato a far lievitare artificiosamente il prezzo finale di acquisizione del blocco, per permettere il pagamento della esorbitante ‘parcella’ di Emeka Obi”. L’obiettivo: “Fare in modo che il denaro transitasse interamente nei conti dell’intermediario - che fosse Evp o Petrol Service - cosicché da un lato Malabu (la società dietro cui c’era Etete, ndr) fosse ricattabile e condizionabile e, dall'altro, fosse generata la ‘provvista’ necessaria a soddisfare gli interessi illeciti delle parti nascoste prima
I numeri
1,09
miliardi di dollari il prezzo pagato da Eni al governo nigeriano per il giacimento
50
milioni di dollari. La tangente che avrebbe ricevuto Roberto Casula, dirigente Eni che rispondeva a Descalzi
In scadenza L’ad dell’Eni, Claudio Descalzi, è stato nominato dal governo Renzi nel 2014, scade in primavera Ansa
“Eni, due trolley e un aereo per la mazzetta in contanti” dietro Evp e dopo Petrol service. Evp diventava lo strumento attraverso cui Scaroni e Casula potevano costringere e ricattare Dan Etete”. La Petrol Service è riconducibile all’“intermediario” Gianfranco Falcioni che avrebbe dovuto ricevere soldi su un conto svizzero della Bsi Lugano, ma la banca considera il bonifico sospetto e rimanda indietro i soldi a JpMorgan. “Lo schema di intermediazione che aveva come perno Petrol Service - spiega Armanna - determinava preoccupazioni maggiori, era ingiustificabile, se non in quanto funzionale a una ripartizione illecita che coin-
I VERBALI/2
I
l ruolo di Luigi Bisignani, l’intervento dei servizi segreti nigeriani per far saltare la (presunta) mazzetta destinata alla Petrol Service che, in gergo, avevano deciso di chiamare “tangente Scaroni”, il ruolo dell’attuale ad Eni Claudio Descalzi per disinnescare la “stecca” e, nello stesso tempo, evitare di essere defenestrato dall’allora suo capo. Gli atti della Procura di Milano ricostruiscono uno scenario quantomeno imbarazzante per il colosso petrolifero italiano. A partire dal ruolo di Bisignani. ECCO QUELLO che racconta l’ex dirigente Vincenzo Armanna del suo incontro con Bisignani: “Mi chiese perché stessi boicottando Emeke Obi
Il venditore L’ex ministro Etete avrebbe detto: “Quei soldi sono per Paolo Scaroni” volgesse altri italiani. Si trattava di uno tra i principali fornitori di Eni Nigeria, nonché del console onorario”. IL CONFRONTO. Su richiesta
di Armanna i pm convocano l’attuale ad dell’Eni Claudio Descalzi, anche lui indagato, per un confronto. I toni sono tranquilli, al punto che i pm
sono costretti spesso a chiedere di alzare il tono della voce, nel timore di non riuscire a registrare. Il confronto s’incentra su due questioni. La prima: Armanna sostine di aver incontrato con Descalzi il presidente nigeriano Jonathan Goodluck, alla presenza del ministro del Petrolio Alison Madueke Diezani, nella
“Presidential Villa”, per discutere del ruolo svolto da Emeka Obi. Descalzi nel giugno 2016 nega: “Mai parlato con il presidente dell’intermediazione di Obi e Armanna non ha partecipato a incontri tra me e il presidente”. Eccoli, uno di fronte all’altro. Descalzi: “Sono andato a rivedere tutto, passaporto, viaggi, agenda... nel maggio 2010 non ero in Nigeria. In aprile, giugno e luglio non sono andato. Sono andato in agosto, ma è stato un incontro plenario, con la delegazione presidenziale, la delegazione Eni con Scaroni e tutti gli altri. Come funzionavano gli incontri? Andavamo nella sa-
la d’attesa, usciva il presidente, mi portava nel suo ufficio, stavamo dieci o quindici minuti. Finito. Ok? È un presidente. Difficilmente sarei andato a un incontro con il presidente per parlare di un intermediario, con un ministro e altre persone. Prima di tutto perché non vedo un presidente nigeriano che – lo dico senza razzismo – si mette a parlare con dei bianchi di cose così sensibili. Ma il problema è che non è mai successo. Magari Armanna ha fatto questo incontro con qualcun altro”. Armanna: “Dan Etete si lamentava del fatto che noi non chiudessimo il deal. Bi-
La versione di Armanna Mail alla banca Bsi per avvertirli sull’origine dei 200 milioni
“Così d’accordo con Descalzi abbiamo fermato la stecca per Obi e Bisignani” nell'operazione Opl 245 ”. E senza firmarla, e gliela conseancora: “Non sapevo che a- gnai”. Fu poi Descalzi a chiavesse un ruolo in quella storia, rire il ruolo di Bisignani nella gli spiegai che Obi non era una vicenda: “Nel 2010 – continua figura chiara nell’affare, lui o- Armanna – Descalzi mi disse biettò che rapche Obi era propresentava gli tetto da Bisignainteressi nigeni. E Descalzi – riani e gli risposi che se non si opche, al contrario, Boicottaggio poneva a utilizin Nigeria pensa- “Abbiamo inviato zare Obi nella vano che rappretransazione, poisentasse gli inte- lettere anonime ché gli era imporessi italiani. Lui sulla ‘tangente sto da Scaroni – mi disse: ‘È molera spaventato to grave, scrivi- Scaroni’ che stava da quest’idea. Un mi una nota che arrivando, così giorno mi disse: la spedisco a ‘Non possiamo Paolo (Scaroni, l’hanno respinta” più tenere quendr)’. La scrissi, sto comporta-
mento con Obi, sto andando in rottura con Paolo e Bisignani, ma la rottura con Bisignani è quella che mi preoccupa di più’. Secondo me temeva che Bisignani lo aggredisse mediaticamente. Io gli risposi che i 200 milioni non potevano essere tutti per Bisignani, che potevamo far fuori Obi e dare a Bisignani una cifra più piccola, rispose che dovevo pensarci io a risolvere il problema con Bisignani”. SECONDO ARMANNA, Bisignani intendeva fare affari anche con l’uomo della Petrol Service, Gianfranco Falcioni, e il ricchissimo imprenditore
Gabriele Volpi, che lavora in Nigeria: “A un certo punto ebbi un incontro a Roma con Bisignani all’hotel Cavalieri Hilton. Bisignani riprese a parlare di Nigeria e menzionò Gabriele Volpi e Gianfranco Falcioni dicendo che voleva fare affari con loro. Disse che Falcioni era molto amico di Daniela Santanchè e che era un punto di riferimento in Nigeria per i politici italiani di centrodestra”. Il punto più interessante è però un altro: Armanna si attribuisce il merito di aver fatto saltare il passaggio dei soldi alla Bsi di Lugano destinati alla Petrol Service riconducibile a
CRONACA
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
LECCALECCA
LA MAXI-TANGENTE NON È UNA NOTIZIA » FQ
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CERTE COSE non si dimenticano. Come i budget pubblicitari dell’Eni: i fasti del passato sono lontani, ma anche con l’austerità della gestione di Claudio Descalzi Eni ha comunque speso oltre 41 milioni in pubblicità nel 2015. Parecchi soldi per un’azienda che, a parte un po’ di bollette e i distributori ex-Agip, non ha davvero rapporti diretti con la clientela finale che legge i giornali. Ma tutto il settore della stampa
ha seri problemi di ricavi, è noto. E tutta quella pubblicità viene accolta con gratitudine. E chissà se è stata quella gratitudine o ragioni di spazio a consigliare il minimalismo nel raccontare la chiusura delle indagini sulla più grande corruzione internazionale nella storia d’Italia, con i pm di Milano convinti di aver trovato 50 milioni di dollari di mazzette arrivati al braccio destro dell’attuale ad Eni. Il Corriere della Sera(gruppo Rcs, 4,1 milioni
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dall’Eni nel 2015) ha confinato la notizia in un colonnino a pagina 19. Repubblica (3,2 milioni alla concessionaria di pubblicità del gruppo, Manzoni) si concede un pezzo in basso a pagina 30. Il Sole 24 Ore (2,2 milioni alla sua concessionaria) dedica una bella apertura di pagina 31 all’Eni, ma per celebrare la conquista di due giacimenti a Cipro, sotto c’è un pezzetto sulla chiusura delle indagini. E poi dicono che la pubblicità non serve a nulla.
La vicenda Le tappe del grande affare NEL 2011 il governo nigeriano attribuisce a Eni e all’olandese Shell (50% ciascuna) i diritti di esplorazione di un grosso giacimento petrolifero, chiamato Opl 245. n
LE DUE COMPAGNIE versano 1,3 miliardi di dollari su un conto del governo nigeriano a Londra presso la banca Jp Morgan Chase. Quei soldi poi vengono spediti alla Bsi in Svizzera che si insospettisce e li rimanda indietro
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VIENE CONGELATA la mediazione di 215 milioni di euro al faccendiere Obi, che intenta una causa legale. Altri 801,5 milioni di dollari arrivano comunque ai conti nigeriani di Malabu, la società titolare dei diritti di esplorazione che è lo schermo per l’ex ministro del Petrolio Dan Etete che si era assegnato la concessione quando era al governo. Etete tiene trattiene 250 milioni di dollari, “utilizzati a profitto proprio e di numerosissimi altri beneficiari per acquisto di immobili, auto blindate, aerei e altro”; scrivono i pm. 54,4 milioni li ottiene Aliyu Abubaker “che operava quale agente di Gooluck Johnatan”, all’ora presidente della Nigeria n
UNA PARTE di quei soldi, secondo quanto sostengono i pm di Milano, finisce anche ad alcuni dirigenti dell’Eni, in particolare a Roberto Casula (50 milioni), anello più basso della catena che faceva capo a Claudio Descalzi e Paolo Scaroni. n
ALTRI 917.852 arrivano a Vincenzo Armanna, all’epoca dirigente Eni, con un bonifico. Causale: “Eredità Giuseppe Armanna”
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signani e compagnia erano convinti che il deal si sarebbe chiuso entro l'estate del 2010. Non so se te la ricordi questa parte. Dan Etete ci attribuiva il fatto che perdevamo un sacco di tempo e andò a lamentarsi con Goodluck... l’incontro fu fatto su pressione violentissima di Etete... la motivazione era che non voleva Obi e ci portò tutti al cospetto del presidente. Ci fu una parte molto veloce, all’inizio, dove si parlò meno di 10 minuti e dopo Claudio, con il presidente, come sempre, se ne andavano da soli...”. D:“Mi ricorderei di aver fatto un contro con il presidente... Non confuto la so-
Ipse dixit VINCENZO ARMANNA
All’inizio l’incontro col presidente nigeriano è stato molto sereno, poi è saltato fuori il problema dei 200 milioni che voleva il mediatore Obi
In tandem Paolo Scaroni è stato ad dell’Eni per 9 anni, dal 2005 al 2014. Luigi Bisignani è un giornalista a lungo molto attivo su mille dossier, tra cui Eni LaPresse
stanza però io l’incontro non l’ho fatto... posso averlo incontrato da solo ma non in plenaria...”. A: “Io invece me lo ricordo perché è stato l’unico incontro a cui ho partecipato...”. D: “Si vede che alla mia età...”. A:“All’inizio è stato un incontro molto sereno, poi è saltato fuori che il problema più grosso erano i 200 milioni che voleva Obi. L’obiettivo dell’incontro era capire chi era il portatore di interessi nei confronti di Obi. Il ministro del Petrolio? L’attorney general? Eravamo noi? L’unica cosa certa era che non era il presidente. Il linguaggio non era
volte di concerto con altre strutture aziendali, una serie di azioni che hanno portato a tre risultati”. E tra i risultati menzionati da Armanna c’è non soltanto la “definizione di un nuovo schema negoziale” ma, soprattutto, “l’estromissione, oltreché della Evp (riconducibile a Obi, ndr) anche della Petrol Service, dal flusso di danaro”. IN BASE a questa ricostruzio-
Dal 1873 La Banca della Svizzera italiana è stata di fatto chiusa dalle autorità svizzere a febbraio dopo le inchieste Ansa
Falcioni. E proprio attraverso “Viktor”, un uomo dei servizi segreti nigeriani che gli avrebbe raccontato del trolley con la presunta mazzetta destinata a Scaroni. “Io e Viktor sabotammo l’operazione Petrol Service. Inviammo lettere anonime e email alla Bsi preannunciando l’arrivo del denaro, chiamando il tutto la ‘tangente
Scaroni’”. Risultato: “Bsi Lugano rifiutò il bonifico per motivi di compliance”, cioè perché risultava sospetto. Un comportamento che, aggiunge Armanna, era riconducibile proprio a Descalzi. “In coerenza con le posizioni di Descalzi e anche per sua espressa indicazione ho messo in atto, alcune volte da solo, a
ne, Descalzi sarebbe stato consapevole della corruzione in corso e avrebbe affidato ad Armanna il compito di disinnescarla. Il punto è che, chiamato a confermare la sua consapevolezza, durante il confronto con Armanna, sostiene di non aver mai saputo che esistesse una provvista destinata alla Bsi di Lugano. A. MASS.
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così diretto ma la sostanza era questa. L’intermediario non è dei nigeriani, è degli italiani. E la risposta è stata “non è degli italiani”. (...). Eravamo seduti in un salone, poi si entra dentro una sala, dove sono andati loro e io non sono mai stato”. D:“Non è che era Casula e non io?”. A: “Siete un po’ diversi...”. D:“Sono pelato...”. A:“Ti ricordi che la ministra si rifiutava di vederci”. D: “Non volevamo vederla noi, perché era meglio stare lontani...”. A: “Sì, per il marito, era un po’ vorace”. D: “Non metto in dubbio che l’incontro ci sia stato... non metto il dubbio il contesto e il contenuto... ma da febbraio ad agosto e fino al 2012 io in Nigeria non ci sono stato”. La seconda questione riguarda gli eventuali colloqui tra Armanna e Descalzi in relazione al trasferimento di denaro sul conto svizzero della società Petrol Service. D: “Questa cosa mi stupisce più della prima. Se mi avesse detto una cosa del genere sarei saltato sulla sedia. La cosa deve essere denunciata perché altrimenti avevamo problemi gravissimi”. A:“Ti portai all’attenzione che queste informazioni io l’ho avuta da Stefano Puiatti, eh? Non l’ho scoperta da sola. Puiatti lo dice a me e a Ciro Pagano”. D:“Che questi voglio portare i soldi...”. A: “Mandare i soldi a Petrol service”. D:“In Svizzera?”. A:“In Svizzera”. D:“Attraverso questo si-
l 30,1%
dello Stato La quota del capitale di Eni riconducibile allo Stato. Il 4,34 è controllato dal Tesoro, il resto dalla Cassa Depositi e Prestiti
gnore?” A:“No, direttamente sui suoi conti... firmato dal ministero delle Finanze (nigeriano, ndr) ... sono andati lì, sono andati a Beirut, sono tornati... andavano e tornavano. Divertentissimo. Quindi ti raccontai, se ricordi, che stavano replicando lo schema Obi ... andammo a fumare e io ti dissi che non sapevo che fumavi...”. D:“Beh (ride)”. A:“per farti ricordare...”. D:“Non lo so se fumavo o non fumavo. Fumavo, sì. Poi ho smesso. Però una roba del genere me la sarei ricordata. Sarei intervenuto”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
iazza rande
“Corriere” e il “Fatto”, due diversi modi di informare Leggo da anni il Fatto Quotidiano, che non riceve alcun finanziamento pubblico. Per sentire un’altra campana sul caso Sala il 21-12-16 compro pure il Corriere della Sera, foraggiatissimo con pubblico denaro. Leggo su quest’ultimo, pag. 19: “Il sindaco è chiamato in causa a proposito della nomina dei membri della commissione delle gare per l’appalto costruzione Expo”. Null’altro. Dal Fatto: “Sala è accusato di falso ideologico e falso materiale, per avere retrodatato due verbali per la sostituzione di due commissari di gara che avevano il compito di scegliere l’azienda vincitrice.” Il Fatto mi fa sapere inoltre che l’azienda vincitrice, la Mantovani Spa, vince la gara con l’incredibile ribasso del 42%! Poi so che la Mantovani si accaparra senza gara altri lavori. A compenso del ribasso iniziale? E come mai i 6000 alberi di Expo sono stati pagati 4,3 milioni, mentre la Mantovani li ha comprati in un vivaio a 1,6? E perché il “giornalone” non ci fa sapere che Sala è indagato non solo per aver detto il falso sul possesso di una villa in Engadina, ma anche per lo scandalo (truffaldino?) delle monete Expo? ATTILIO BELLESI
Il ritorno al Quirinale dell’ex Cavaliere Berlusconi Egregio direttore, agli auguri di Natale del presidente della Repubblica Mattarella alle istituzioni parlamentari al Quirinale, era presente come invitato, accompagnato dal suo fedele , il “democristiano”, Gianni Letta, l’“istrionico” ex premier Silvio Berlusconi. L’ex Cavaliere ha tenuto banco ai giornalisti presenti, confermando che la legge elettorale deve essere condivisa da più forze politiche e senza fretta, che il governo (di necessità e virtù) di Gentiloni avrà un “sostegno” da parte di Forza Italia e il voto anticipato può aspettare, facendo saltare la pazienza al suo ex alleato Salvini. Mi sembra che Berlusconi sia ritornato a “Canossa” e questo cambio di marcia sia dovuto per un aiuto istituzionale a difendere la sua azienda Mediaset dall’attacco finanziario francese di Vivendi (ormai arrivato al 30% delle azioni di Mediaset), e visto che era da quelle parti un altro aiutino sulla sentenza della Corte di Strasburgo sulla sua nuovamente eleggibilità parlamentare (a gennaio ha pure il processo Ruby-ter!). Insomma il padre-padrone di Forza Italia è disposto e disponibile ad
A DOMANDA RISPONDO
Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 - lettere@ilfattoquotidiano.it
A questo stato di cose non potevano che mancare le grandi problematiche del settore del credito a causa di enormi buchi di bilancio per crediti inesigibili e dei titoli tossici, tra questi il Mps il cui aiuto dello Stato non è meritevole per le varie responsabilità dei senesi doc. sapendo peraltro che trasformarsi in spa prima o poi doveva accadere anche per strani ed onerosi acquisti. C’è da augurarsi l’assenza dell’effetto domino, nel qual caso sopravverrebbe il “si salvi chi può” anche per tutte le altre.
FURIO COLOMBO
Alfano deve dire perché è stata rapita Shalabayeva CARO FURIO COLOMBO, i giornali ci dicono che due im-
portanti personaggi della Polizia stanno per essere processati per il rapimento di Alma Shalabayeva e della sua bambina Alua, mandate forzosamente da Roma in Kazakistan, dove il padre e marito delle due rapite, ex ministro, era considerato nemico politico del governo. Nessun poliziotto avrebbe potuto farlo senza un ordine politico di governo. Il ministro dell'Interno era allora Angelino Alfano. ELENA
È UN PROCESSO INTORNO A UNO SPAZIO vuoto che temo resterà vuoto. I due alti funzionari di Polizia non possono avere avuto in alcun modo ragioni di estradizione per la moglie e la bambina di un celebre dissidente (rispetto al governo del Kazakistan, ma non dell’Italia), che avevano trovato rifugio e certezza di sicurezza a Roma. Ma, allo stesso tempo, i due alti funzionari di Polizia non possono difendersi indicando la fonte degli ordini ricevuti, perché è impensabile che denuncino, come mandante di un fatto certamente illegale, e certamente grave, il loro ministro. È vero che Angelino Alfano a suo modo dovrebbe essere proclamato l’uomo dell’anno quanto a capacità di durata e di promozione, è appena diventato ministro degli Esteri, e che questo nuovo incarico gli darà ancora più occasioni di avere contatto con la fertile Repubblica del Kazakistan. Ma chi potrà sostenere che, nella Repubblica italiana, che ha molti difetti ma (se la Madia non ci mette
appoggiare il premier Gentiloni per tutelare i suoi interessi come ha sempre fatto! ROLANDO MARCHI
Cittadini obbligati a rifondere le casse delle banche Ancora perdite per i clienti obbligati a rifondere le conseguenze della gestione scorretta se non truffaldina delle banche, ancora lo Stato, quindi tutti noi che abbiamo pagato, stiamo pagando e pagheremo all’infinito il monopolio sui nostri soldi in mano a persone sbagliate, per lo più scelte dalla forse peggiore classe politica vista in Italia. Almeno si avesse il coraggio della sincerità, almeno, momentaneamente accantonato Renzi, non si rivedesse Berlusconi a fare, come sempre, spudorato commercio della politica a proprio vantaggio personale (ma non è certo il solo). Almeno non si sentissero ancora palloni gonfiati trinciar giudizi da un pulpito di governo a cui sono arrivati non certo per qualità e competenze. L’anno si sta chiu-
le mani) una burocrazia ancora funzionante, due persone, parte di una storia politica importante, possano essere prelevate con la forza, trasportate in aeroporto, fatte salire non certo di loro volontà su un aereo di Stato del Paese da loro temuto, e messe nelle mani di un governo che illegalmente (non ci sono pratiche di estradizione per donna e bambina, né intervento di giudici) le ha richieste per propri fini politici? Come si ricorderà, Shalabayeva madre e figlia sono state consegnate a un governo in quel momento “nemico” con l’espediente dell’espulsione, che non viene mai eseguita se vi sono rischi per la vita delle persone (e in questo caso vi erano). Il soggetto della vicenda legale è dunque il governo italiano che espelle, e non il governo del Kazakistan che si vede riconsegnare due concittadine, come se non avesse mosso un dito pe riaverle, come se l’espulsione fosse la conseguenza di qualche legge italiana o di qualche violazione commessa in Italia. Non resta che augurarsi che i due dirigenti della Polizia di Stato dicano chi ha preso la decisione e ha dato l’ordine a cui loro hanno scrupolosamente ubbidito. E che abbiano fiducia nei giudici. Se volano gli stracci (benché si tratti di stracci di alto livello) sarà un brutto giorno per la Repubblica.
ROBERTO C.
Furio Colombo - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquotidiano.it
dendo molto male non certo per colpa dei cittadini: il nostro dovere l’abbiamo fatto sempre, scontando spesso a caro prezzo gli errori commessi. Sarebbe ora che qualcosa cambiasse. GIAMPIERO BUCCIANTI
La crisi di governo continua sotto Mattarella Se Napolitano è stato devastante e indecente per questo Paese, non possiamo dire che Mattarella abbia dimostrato rispetto per gli italiani nel condurre questa crisi di governo. E che il popolo del No non si debba disperdere mi trova concorde, ma forse il pericolo non è solo il bullo di Rignano ma l'intera classe politica corrotta e incapace di cui questo Paese ne è strapieno. La Roma ladrona di più di 2000 anni fa non ha mai smesso di reincarnarsi e di diffondersi e il Vesuvio è troppo lontano. La cosa più giusta l’ha detta Giannini ai suoi, ma va estesa a tutti: “Hanno la faccia come il culo.” CLARA
I cittadini hanno la sensazione di non essere tutelati “Roma è da radere al suolo”. Così si è espresso Massimo Fini nel suo articolo del 22 u.s. Se viene fatta una seria analisi della corruzione di Roma ed altre gravità per un Paese che si ritiene civile, non si può dire che abbia esagerato. Il Paese ha superato di gran lunga i limiti di guardia. La classe dirigente politica ed economica, per farne un paragone, prende iniziative simili a quelle usate per l’inquinamento atmosferico delle grandi città a danno dei propri abitanti. L’assenza di interventi atti a troncare tali delitti, perché di veri e propri delitti parliamo, significa criminalità ad alto livello. La stessa magistratura a causa delle loro correnti, danno al cittadino la sensazione di non essere tutelato. Il disinteresse ed il risentimento verso la partitocrazia, viene ritenuto responsabile sia del proprio parassitismo che di aver trasformato il Paese ad un enorme letamaio economico. Quindi il disinteresse della politica aumenta sempre più.
Le regole di mercato che la Consip deve rispettare A proposito dell’articolo del Fatto del 22 sulla Consip e delle gare monstre che bandisce. Le gare Consip partono dal presupposto (spesso smentito dai fatti) che più alto è l’importo della gara, maggiore sarà il ribasso, e quindi bandisce gare a cui, di fatto, possono partecipare pochissime imprese, in un contesto, quindi, di concorrenza imperfetta, oligopolistico. In caso di collusione, esplicita o implicita tra le imprese, si realizzano condizioni identiche a quelle di un mercato monopolistico, dove il prezzo del prodotto è stabilito dal venditore. Lo “Stato” per risparmiare su forniture e servizi, dovrebbe invece operare in una forma di mercato caratterizzata dall’impossibilità degli imprenditori di fissare il prezzo di vendita dei beni che producono, i quali prezzi derivano esclusivamente dall’incontro della domanda e dell’offerta, come teorizzata da Adam Smith, cioè dovrebbe atomizzare i compratori (e quindi i venditori) lasciando libere le singole amministrazioni di effettuare ognuna le proprie gare d’appalto. Ma come garantire qualità e giusto prezzo ed evitare fenomeni corruttivi? La risposta è: assicurando che i beni da acquistare dalle diverse amministrazioni siano identici, non distinguibili i diversi produttori ed i compratori siano quindi indifferenti alla loro provenienza. Obiettivo raggiungibile obbligando le singole amministrazioni a fare le gare su capitolati e bandi omogenei, su specifiche tecniche che garantiscano la qualità e la concorrenzialità. Consip dovrebbe limitarsi a predisporre le specifiche tecniche, bandi e capitolati di gara, da mettere a disposizione delle singole pubbliche amministrazioni, e fungere da ispettorato quando si verificano gare anomale, cioè con prezzi fuori dalle medie. GUIDO
PROGRAMMITV 10:15 Concerto di Natale 11:30 Paesi che vai - Luoghi detti comuni 12:20 Linea Verde Sabato 13:30 Tg1 14:00 Linea Bianca Moena 15:00 Passaggio a Nord-Ovest 15:55 A Sua immagine 16:30 Tg1 16:40 L'Attesa 17:30 Techetechetè 18:45 L'Eredità 20:00 Tg1 20:35 Affari tuoi 21:25 Santa Messa di Natale celebrata dal Papa 23:20 A sua immagine Speciale 23:30 Il Giubileo di Francesco Speciale Notte di Natale 00:00 Pietrelcina come Betlemme 00:50 Milleeunlibro
06:30 La scienza raccontata dai protagonisti 07:00 Cartoni animati 10:30 Sulla Via di Damasco 11:00 Mezzogiorno In Famiglia 13:00 Tg2 GIORNO 13:25 Natale di ghiaccio 15:00 L'amore dietro la maschera 16:30 Natale con Holly 18:00 Gli imperdibili 18:10 90º Minuto Serie B 18:45 La sposa di neve 20:30 Tg2 20.30 21:05 Il Gobbo di Notre Dame 22:40 Alice nel paese delle meraviglie 00:00 12 volte Natale 01:25 Annie Claus va in città 02:50 Il mio non fidanzato per Natale 04:15 Videocomic
08:00 Il richiamo della foresta 08:50 Il cowboy con il velo da sposa 11:00 Tgr BellItalia 12:00 Tg3 12:25 Tgr Il Settimanale 14:20 Tg3 14:55 I Robinson - Una famiglia spaziale 16:25 Khumba, cercansi strisce disperatamente 17:55 Gli imperdibili 18:00 Islam, Italia 19:00 Tg3 20:00 Blob presenta Natale al Cremlino 20:30 TreTre3 21:15 Circo di Montecarlo 23:25 Bears 00:40 Appuntamento al cinema 00:45 Fuori Orario. Cose (mai) viste
07:25 FILM Come quando fuori piove 09:30 Oltre il Limite 10:40 Ricette all'italiana 11:30 Tg4 12:00 Parola di Pollice Verde 13:00 La Signora in Giallo 14:00 Lo Sportello di Forum 15:30 I Viaggi di Donnavventura 15:44 FILM Excalibur 18:55 Tg4 19:38 Tempesta d'amore 11 21:20 Rancho Bravo 23:30 FILM Blues Brothers 2 - Il Mito Continua 01:58 Tg4 - Night News 02:20 Media Shopping 02:35 Ieri e Oggi in Tv Specia
07:59 Tg5 08:45 Supercinema 09:00 Dietro le quinte di.. 09:22 Una Sorpresa da Chef 11:00 Forum 13:00 Tg5 13:40 Supercinema 14:00 La Sacra Famiglia 18:45 Caduta Libera 20:00 Tg5 20:40 Striscia La Notizia 21:10 Concerto di Natale 23:31 Nativity 02:19 Striscia La Notizia 02:50 FILM La Rivincita di Natale 05:00 Media Shopping 05:15 The Mentalist
07:05 07:25 12:05 12:25 13:05 13:45 14:10 18:00 18:30 19:00 19:25 21:30 23:50 01:55 02:10 02:26 03:55
Love Me Licia Cartoni animati Cotto e Mangiato Studio Aperto Sport Mediaset Dragon Ball Super I Simpson Tom e Jerry Studio Aperto Una Storia Speciale FILM Il Grinch FILM Una poltrona per due The Secret Millionaire Studio Aperto - La Giornata Media Shopping Nel Paese delle creature selvagge Momo alla conquista del tempo
06:55 07:00 07:30 07:55 09:30 11:00 12:45 13:30 14:00 14:20 16:30 20:00 20:35 21:10 00:45 02:55
Oroscopo Omnibus News Tg La7 Totò nella luna Totò cerca moglie Totò di notte n. 1 Magazine Sette Tg La7 Tg La7 Cronache Atlantide-Europa: una storia lunga 300 milioni di anni Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo Tg La7 Un anno di Crozza Josephine, ange gardien Casa Ricordi Moonlighting
19:10 Woman in Gold 21:15 The Young Messiah 23:15 Star Wars: Il Risveglio della Forza 01:35 Chi ha incastrato Roger Rabbit 03:25 I delitti del BarLume 03:40 Adaline. L'eterna giovinezza
10:05 The Night Of - Cosa è successo quella notte? 11:45 Maratona 1992 20:55 Atlantic Confidential 21:15 Quarry - Pagato per uccidere 23:35 Follow The Paintings 00:20 The Affair 01:25 Divorce
PIAZZA GRANDE
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
IL SABATO DEL VILLAGGIO
STRESS TEST PENALE, L’ANOMALIA ITALIANA
S
tress test per i Comuni di Roma e Milano. Due atti giudiziari incrociano, a diverso titolo, i destini politici dei rispettivi primi cittadini. Sala si autosospende, scoprendosi indagato per un presunto falso in atto pubblico risalente al 2012 che pensava archiviato. Invece la Raggi è attaccata per l’arresto di un alto funzionario da lei nominato senza sapere che costui fosse accusato di corruzione per fatti del 2013. I due “casi”toccano sindaci “freschi” di legittimazione popolare e l’istituzione a più stretto contatto coi bisogni dei cittadini. Maturano in uno scenario di incerto destino politico del Paese e di crisi di credibilità dell’intera sfera pubblica (ben oltre le istituzioni rappresentative), acuita dal forte disagio sociale di ampi strati della popolazione. Ma i due casi sono lo spunto per una riflessione su una questione di sistema: l’anomalia tutta italiana dei “test di affidabilità” del personale politico che, da anni, paiono una esclusiva del processo penale. Si pensi alle “liste degli impresentabili” della commissione Antimafia e ai casi di sospensione della legge Severino. In sostanza “delegano” alla magistratura l’individuazione dei “sintomi della inaffidabilità” dei politici e le procedure per la loro verifica. Figure da tempo “chiac-
È
davvero uno strano Paese quello nel quale – dopo che il popolo sovrano ha bocciato una riforma costituzionale che restringeva pericolosamente spazi di democrazia –una classe politica perdente, guidata dal capo dello Stato, formi un nuovo governo identico al precedente che quella pessima riforma aveva, con tutti i mezzi, tentato di imporre. Ed è un oltraggio al popolo promuovere quegli esponenti politici (la Finocchiaro e la Boschi) che, più degli altri, sono gli artefici di una indegna riforma sconfessata dai cittadini. COSÌ COME È DAVVERO uno schiaf-
fo al Paese e, in particolare, al mondo della scuola e all’università l’avere – nel confermare il 98% dei ministri – sostituito la sola (se non altro, presentabile) titolare del ministero dell’Istruzione con un'ex sindacalista del settore tessile, dalla incerta sintassi, che ha mentito agli elettori dichiarando nel curriculum di essere laureata mentre è in possesso di un semplice diploma di assistente sociale che, conseguito nel 1971, per acquisire efficacia doveva essere oggetto di convalida ai sensi e per gli effetti del Dpr 14/1987, convalida non avvenuta anche per mancanza del diploma magistrale. E, quel che è più grave, questa ineffabile parlamentare non intende dimettersi. Ed è davvero uno strano Paese quello nel quale la maggior parte
» PIERGIORGIO MOROSINI *
chierate”finiscono “fuori gioco” non per volontà dei partiti, ma quando arriva un “rinvio a giudizio”, un arresto o una condanna in primo grado per reati gravi. Insomma, i partiti, spesso, in nome della presunzione di innocenza, “stanno alla finestra”sino al l’atto del giudice-terzo, soprattutto quando “politici discussi” drenano un ampio consenso elettorale. Il paradosso è che a volte, invece, basta la notizia di una iscrizione nel registro degli indagati a sortire effetti politici irreversibili. Il “caso Marino” docet. Il clamore di una indagine a suo carico sancì la fine della giunta capitolina da lui diretta. Poi venne il processo. E, dopo l’assoluzione di Marino, si capì che quella iscrizione fu presa a pretesto da una parte dei consiglieri comunali
per sfiduciarlo. Dunque l’a tt o giudiziario era stato utilizzato per finalità politiche sganciate dalle accuse penali. Un crinale scivoloso non solo sul piano culturale ma anche di igiene istituzionale. L’ISCRIZIONE è un atto del pubblico ministero. Scatta per legge con esposti, denunce, notizie di reato, se non manifestamente infondate. E può sfociare anche in un “nulla di fatto”. In attesa di verifiche più stringenti, è prudente escludere “reazioni automatiche” sul piano politico, ancorate alla sola “iscrizione”. A meno che non siano di iniziativa del diretto interessato. D’altronde, sovraccaricare di significati politici la “qualifica” di indagato può incidere negativamente sullo stesso operato dei magistrati. Le opzioni sul reato contestabile, sui tempi e i modi di gestione delle indagini rischiano di essere condizionate dalla lettura esterna in chiave di “conflitto politico”. Ciò può indurre timidezze, opportunismi e scorciatoie che danneggiano la ricerca della verità. In certi casi i partiti sono chiamati a fare la loro parte per l’equilibrio di un sistema fondato sulla separazione tra poteri dello Stato. Caso per caso e con senso di responsabilità, dovrebbero valuta-
CRONACHE DA UNO STRANO PAESE » ANTONIO ESPOSITO
della classe politica e dei mezzi di comunicazione demolisce la sindaca di Roma prospettando un suo possibile coinvolgimento in una vicenda di corruzione di un fun-
La Raggi è soltanto inadeguata a governare la città (così come inadeguato è il meccanismo di presentazione e selezione dei candidati “grillini”per le primarie, che ha determinato un simile disastro). Ha commesso una seEFFETTO ROMA rie imperdonabile Virginia Raggi non può di errori, si è circondata di persopermettersi altri errori, ne inaffidabili che ha strenuamente e rischia di mettere a rischio imprudentemenle richieste di cambiamento te difeso, ha proceduto a scelte e nodi milioni di italiani mine sbagliate, se non addirittura illegittime, anche in zionario comunale (tale Raffaele ordine al profilo retributivo, conMarra) che si assume essere avve- travvenendo alle regole del Movinuta tre anni prima e sotto una di- mento 5 Stelle circa la trasparenza versa giunta e un diverso sindaco. delle scelte e il contenimento dei È evidente che la Raggi non ha nul- costi della politica. la a che vedere con tale vicenda e chi adombra il contrario è in ma- I RAPPRESENTANTI del M5S, che lafede; così come non vi è motivo governano alcune città – in primo di dubitare che la stessa sia perso- luogo Roma – devono prestare atna perbene. tenzione a non commettere sbagli
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E ora va in onda a reti unificate il Tg dei Terroni
re il peso di un “avviso di garanzia” o di un dato investigativo di cui si ha contezza. Non si può sempre attendere la pronuncia (anche solo interlocutoria) del giudice. E comunque pure condotte non penalmente rilevanti possono dar vita a forme di responsabilità politica. Ad esempio i contatti elettorali con pregiudicati, i favoritismi per amici o parenti, la subordinazione a ricatti. Ma la politica, oggi, è di fronte a nuove prove di maturità. Comuni e Regioni sono ormai i principali territori di caccia della corruzione. Comitati d’affari occulti hanno l’abilità di infiltrarsi e sopravvivere all’ombra di giunte di diverso colore, come dicono tanti “casi giudiziari” in diversi angoli del paese. Chi governa gli enti locali deve attrezzarsi nella “prevenzione” di fenomeni che contaminano settori quali l’edilizia, l’urbanistica, la sanità, la gestione dei rifiuti. La sfida sta nelle scelte dei vertici dei comparti amministrativi e nella adeguatezza delle formule organizzative, senza mai sottovalutare il profilo etico. L’integrità dei beni collettivi va tutelata con meccanismi di rotazione, formazione permanente e controllo dei funzionari destinati ad alte posizioni strategiche. Ma queste misure, già previste dalla legge Severino (2012), sono applicate nella realtà? Vengono davvero praticate? O trovano resistenze anche di costume? Come possono essere implementate? Anche questa è una frontiera della responsabilità politica. Non trascuriamola. * Membro del Csm
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perché ogni errore, artatamente amplificato a dismisura, cagiona danni, anche irreparabili, non solo al “movimento”quanto, soprattutto, alle aspirazioni di quella gran parte degli italiani onesti che, facendo leva sugli ineliminabili valori di legalità, rispetto alle regole, rigore morale, intende democraticamente – e lo dimostra il voto referendario – cambiare radicalmente l’attuale sistema controllato dalle lobby bancarie, finanziarie ed economiche italiane e multinazionali e dalla burocrazia corrotta sotto la supervisione delle cancellerie europee. Un sistema politico-economico ingessato e alimentato anche attraverso un intreccio tra corruzione, truffe comunitarie, frodi nelle pubbliche forniture e negli appalti pubblici, evasione fiscale e riciclaggio, sotto il vigile sguardo di logge massoniche coperte e di una sempre più invasiva (soprattutto al Nord) “borghesia mafiosa”, che fanno affidamento su un inefficiente meccanismo processuale che trova il suo punto di non ritorno nella salvifica prescrizione. Non si può mettere in pericolo questa (unica) speranza di cambiamento, difendendo un Marra, promuovendo a dirigente il fratello di costui, triplicando lo stipendio di altri impiegati, ecc. Si tratta di comportamenti imprudenti, imperdonabili che impongono un immediato e radicale cambiamento di rotta. © RIPRODUZIONE RISERVATA
» GIOVANNI VALENTINI
“Gl’italiani vanno al Nord in cerca di soldi; al Sud in cerca dell’anima”. (da “Terroni” di Pino Aprile Piemme, 2010 – pag. 13)
S
arà un caso, una combinazione, una di quelle coincidenze tanto occasionali e fortuite da apparire inverosimili. Fatto sta che l’idea di lanciare un telegiornale dedicato al Sud, partorita dal coordinatore dell’informazione Rai, Carlo Verdelli, è scoccata improvvisamente come una scintilla all’indomani della relazione di Matteo Renzi all’assemblea del Pd, in cui il segretario-ex premier ha attribuito la “strasconfitta” del referendum al voto negativo dei giovani e in particolare dei meridionali. Un’illuminazione, quella di Verdelli, tanto improvvisa e folgorante che non figurava ancora nel suo “Piano segreto per salvare la Rai”, anticipato un paio di settimane fa dal settimanale L’Espresso. Evidentemente, per lui dev’essere stata un’ispirazione subliminale. Un risveglio notturno. Magari un sogno finito all’alba, come tutti i sogni. A meno che non sia stato Renzi a rubargli preventivamente l’idea, per appropriarsi della questione mediatica tele-meridionale. Come si chiamerà questo nuovo telegiornale dedicato al Mezzogiorno? Forse, senza troppa fantasia, Tg Sud. Oppure TeleSud, TeleMezzo, MezzoTg. O magari, più esplicitamente, il Tg dei Terroni. E chi lo dirigerà? Il candidato ideale sarebbe senz’altro Checco Zalone, ma c’è già in agguato il partigiano partenopeo Mario Orfeo, attuale direttore del Tg1 ed ex direttore dei quotidiani del gruppo Caltagirone, Il Mattino di Napoli e Il Messaggero di Roma. A UN SECOLO e mezzo di distanza dall’Unità
d’Italia, ecco dunque la trovata geniale di Verdelli per “fare gli italiani”, come direbbe lo stesso Orfeo citando Massimo D’Azeglio o qualche altro giocatore del Napoli. Una soluzione definitiva, insomma, per risolvere una volta per tutte la “questione meridionale”. Naturalmente, nel Tg dei Terroni non si parlerà più di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Né di sbarchi degli immigrati né tantomeno della disoccupazione giovanile. In tal modo, gli elettori meridionali si renderanno conto finalmente di vivere in un paradiso terrestre, senza criminalità organizzata e senza problemi di lavoro. Un Eden da Truman Show. Tutta questa materia verrà relegata semmai nei tg regionali della televisione pubblica, rafforzando così il senso d’identità culturale dei terroni. Per evitare che questa straordinaria opera di riunificazione nazionale possa anche lontanamente apparire come una nuova colonizzazione, il telegiornale sudista verrà trasmesso da Napoli, alle 14.30, nel pieno di quella controra in cui i meridionali solitamente stanno ancora a tavola, fanno la siesta o si dedicano ai piaceri dell’alcova. Conduttori, conduttrici, giornalisti e giornaliste, dovranno parlare di volta in volta nella lingua originale: in napoletano, siciliano, calabrese, pugliese, lucano, sardo e, in caso di eventi sismici, anche in abruzzese. Tutti saranno obbligati a indossare in video i costumi folkloristici regionali. Nel MezzoTg, torneranno in auge i “mezzibusti” già celebrati dalla penna al vetriolo di Sergio Saviane ai tempi della vecchia Rai di regime. La lottizzazione non avverrà più secondo criteri partitocratici bensì anagrafici e territoriali, in base al luogo di nascita e in rapporto al numero degli abitanti delle regioni di provenienza. Non ci sarà neppure alcun rischio di ghettizzazione. Il Tg dei Terroni andrà in onda a reti unificate, in modo che tutto il Paese possa essere puntualmente informato sulla travolgente ripresa del Sud e coinvolto nel suo definitivo riscatto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
14 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
IERI IL DECRETO
IL MINISTRO del Lavoro, Giuliano Poletti, lo aveva assicurato alle associazioni di rappresentanza dei disabili e ai sindacati in un incontro, lo scorso 30 novembre: bisognava aumentare la dotazione del Fondo per la non autosufficienza e c’era bisogno di farlo tramite la legge di Bilancio. La manovra, però, era poi stata approvata con la fiducia al Senato per la crisi di governo
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Nel 2017, 50 milioni in più nel fondo per la non autosufficienza
e, come per molti altri provvedimenti, non era stato possibile inserire l’aumento dello stanziamento. Così, ieri, l’aumento è stato previsto in una norma contenuta nel decreto legge, approvato dal Consiglio dei Ministri, che definisce interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno. “Il Fondo per la non autosuf-
ficienza, azzerato nel 2012, era stato ricostituito dal Governo Renzi - sottolinea una nota del ministero del Lavoro - che lo ha reso per la prima volta strutturale, riportandone la dotazione al massimo storico di 400 milioni, poi incrementata di 50 milioni strutturali con la legge di bilancio recentemente approvata dal Parlamento. L'incremento complessivo del Fondo per il 2017 è quindi di 100 milioni.
Inps, Boeri contro Poletti: “Vigila in modo intimidatorio” Il presidente risponde alle accuse del ministro del Lavoro, che controlla l’istituto
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ra stato il primo atto formale del reinsediato ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, raccontato dal Fattopochi giorni fa: una lettera dal direttore delle politiche previdenziali con una dura requisitoria contro il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che gettava ombre su tutto, dalla gestione finanziaria alla correttezza della redazione del bilancio, dalle assegnazioni degli appalti alle nomine di dirigenti esterni a l l’amministrazione. Perfino sulla gestione del patrimonio immobiliare. E ieri, Boeri ha risposto. Un’altra lettera (18 pagine) e un’accusa: Poletti esercita la sua vigilanza in maniera intimidatoria. Dall’inizio: nella sua missiva, il ministro criticava la situazione dell’Inps sotto diversi aspet-
I NUMERI
» GIANLUCA ROSELLI
C
ausa l’infelice uscita del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, si è tornati a parlare della fuga degli italiani all’estero. Un esodo di massa, iniziato con i primi vagiti della crisi economica tra il 2007 e il 2008, che non sembra arrestarsi. E nel 2017, saranno trascorsi dieci anni. I numeri, però, sono ben più alti di quelli certificati dall’Istat. Secondo l’Istituto di Statistica, gli emigranti italiani sono stati 101mila nel 2014 e 107mila nel 2015. I N R E A LT À ,
Gaffe istituzionale Il ministro del lavoro Giuliano Poletti LaPresse
nell’ultimo biennio, sarebbero emigrate tra le 250 e le 300mila persone all’anno. Questi numeri arrivano da Filef (Federazione italiani lavoratori emigranti e famiglie), uno dei principali organismi a radunare associazioni e circoli di italiani all’estero. La differenza sta nella modalità di calcolo. L’Istat, infatti, elabora i dati basandosi sul numero di persone che si cancellano dal comune italiano di residenza. Il cambio di residenza, però, in media arriva dopo quattro anni di vita e lavoro all’estero. Filef, invece, si basa sulle registrazioni effettuate appena arrivati nel nuovo Paese. In Germania, per esempio, per lavorare si deve segnalare la propria presenza alla polizia e quel dato va subito al ministero dell’Interno. In Gran
ti. Dalle “criticità per una preoccupante tendenza al peggioramento della situazione economico-patrimoniale” all’esercizio negativo del bilancio 2015. Poi l’aumento del fabbisogno finanziario, la necessità di controlli sul bilancio di previsione 2016, sulla razionalizzazione del patrimonio immobiliare, sugli affidamenti di fornitura di servizi esterni e i rilievi su casi di conferimento di incarichi dirigenziali. “Il ministro – ha replicato Boeri – risponde con ritardo alle richieste dell’Istituto su problematiche di grande rilevanza per i cittadini e il mondo delle imprese”. E, soprattutto, “esercita il potere di vigilanza in funzione intimidatoria”. E c’è un lungo elenco di richieste di chiarimenti non arrivati, dalla legge 104 agli
effetti sulle prestazioni a sostegno del reddito per le unioni civili. “Si ritiene – spiega Boeri – che il compito di chi esercita la vigilanza sull’Istituto debba essere quello di segnalare tempestivamente e puntualmente eventuali illegittimità, avendo cura di indicare espressamente le norme violate, o di evidenziare criticità sul piano del merito o dell’opportunità e, nel caso, prospettare soluzioni”. Intanto, ieri il presidente dell’Inps ha indicato al ministro il suo nome per il posto di direttore generale dopo le dimissioni di Massimo Cioffi: Gabriella Di Michele, interna all’Istituto, dove ricopre l’incarico di direttore centrale delle entrate. A lei Boeri ha passato la gestione delle irregolarità nella questione prepensionamenti del Gruppo Espresso. Ora, sarà Poletti a dover decidere. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Economista Il presidente dell’Inps Tito Boeri Ansa
“Via dall’Italia in centomila” Falso: sono quasi il triplo Fuori dai piedi Secondo la Federazione lavoratori emigranti quelli che vanno via sono di più di quelli che Istat riesce a censire: ecco perché
I numeri
107 mila: il numero di italiani emigrati all’estero nel 2015 secondo l’Istat
250
mila: la stima del Filef, elaborata sulla base delle registrazioni in entrata (e non sul cambio di residenza
160
mila euro: è, secondo l’Ocse, quanto ogni Paese investe sulla formazione di un suo laureato
Little Italy, mica tanto Oggi il 65 per cento dei nuovi migranti è diplomato o laureato Ansa
Bretagna, occorre avere un “national insurance number”, una sorta di codice fiscale. E anche in questo caso i dati vengono registrati immediatamente. Così, per prendere questi due Paesi, i primi come emigrazione italiana in Europa, nel 2014 in Germania i dati tedeschi parlano dell’arrivo di 57.523 italiani contro un dato Istat di 11.731; mentre nel 2015 ne sono arrivati 70.338 (mentre Istat parla di 14.270): 45mila in più nel 2014 e 56mila nel 2015. Lo stesso conteggio si può fare sulla Gran Bretagna: nel 2014 si sono trasferiti 42mila italiani, per l’Istat solo 12.933; nel 2015 sono 57.600, per Istat solo 13.425. I dati reali parlano dunque di 29 mila ingressi italiani in più nel 2014 e 44 mila nel 2015. Una bella differenza. E proprio l’immigrazione selvaggia è una delle cause di Brexit.
GIULIANO POLETTI
Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è: sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli tra i piedi “Le persone cancellano la residenza italiana solo quando si sono stabilizzate - spiega Rodolfo Ricci, coordinatore nazionale di Filef -. Per questo motivo quella dell’Istat rischia di essere una fotografia sbiadita, che coglie un momento già passato da 4 o 5 anni. I dati, invece, vanno incrociati in tempo reale con quelli regi-
strati negli altri Paesi: oltre a Germania e Gb, anche Francia, Olanda, Belgio e Svizzera, le mete preferite dei nostri connazionali”. Ricci reputa di “assoluta gravità” le parole di Poletti. “Il ministro del Lavoro non può dire cose del genere. Significa ricoprire un ruolo senza sapere nulla di quello che gli accade intorno, roba da dimissioni”. DOPO IL GRANDE FLUSSO mi-
gratorio d’inizio secolo e quello degli anni 50 e 60, dal 2006 siamo di fronte a un fenomeno che si può definire ‘nuova emigrazione italiana’, che in dieci anni ha portato fuori dal Paese moltissimi connazionali. Secondo i dati dell’Aire (l’anagrafe dei residenti esteri), dal 2006 al 2015 il numero degli italiani oltre confine è passato da 3.106.251 a 4.636.647, con una crescita del 49,3 per cento.
Circa 1 milione e 450 mila in più. Di questi, coloro che si sono trasferiti effettivamente all’estero sono il 52,7 per cento, più della metà. Facile presumere che, con i dati aggiornati al 2016, si arriverà al milione di persone in fuga dall’Italia. Basti solo un dato: l’emigrazione verso l’Australia negli anni 2011-2012 è stata di 20 mila persone, più che negli anni Cinquanta (18 mila). Inoltre, a differenza del passato quando l’Italia forniva soprattutto manodopera per fabbriche e miniere, il 65 per cento dei nuovi emigranti è diplomato o laureato: hanno tra i 20 e i 45 anni, si spostano singolarmente o con famiglia e pochissimi, circa il 5%, torna indietro, al contrario degli anni 80 e 90 quando molti ragazzi facevano esperienza all’estero per poi rientrare in patria. “Si parte per cercare occasioni lavorative che in Italia sono precluse: quando si trovano, ci si stabilizza, anche per sempre”, sottolinea il coordinatore di Filef. Il problema è che tutto ciò arricchisce sempre più Paesi come Francia, Gran Bretagna e Germania e impoverisce Italia, Spagna, Grecia e est Europa. Ogni nostro laureato che se ne va, infatti, equivale a regalare i soldi investiti per la sua formazione (una media di 160mila euro a persona, dato Ocse) ai Paesi stranieri. Un capitale umano che poi, in quei Paesi, aumenta la produttività (Pil), muove i consumi e contribuisce ad aumentare il differenziale tra il Paese raggiunto e quello lasciato. A meno che tutto ciò, comprese le parole di Poletti, non rispondano a un piano (diabolico) ben preciso: incentivare l’emigrazione in periodo di crisi per disinnescare quelle tensioni sociali che si genererebbero da una sovrabbondanza di lavoro che l’Italia non è in grado di assorbire. © RIPRODUZIONE RISERVATA
POLITICA
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Lo sberleffo
SAN TIZIANO RENZI, STAINO E GIACHETTI » FQ
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E NIENTE. A Sergio Staino non la si fa. Non è mica un lettore frettoloso lui, come si vantava ieri nel suo fondo sul quotidiano clandestino che dirige, l’Unità. E ha scoperto che Il Fatto - citando Tiziano Renzi in un articolo sull’inchiesta Consip (diretta dal renziano Luigi Marroni), che vede indagato, tra gli altri, il ministro Luca Lotti - altro non fa che “sbattere il mostro in prima pagina”(l’armamentario culturale è anni
70, ma vabbè, l’età ha il suo peso). Il padre del fu premier è per Staino un personaggio da vita dei santi (va pure a Medjugorje...): fa il segretario del Pd a Rignano e la sua signora (madre di...) lavora alla Festa dell’Unità del simpatico paese che ha il merito, fra l’altro, di invitare Staino a parlare di quanto si sente di sinistra a dirigere il giornale del partito che ha abolito l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Tiziano lavora l’orto, pensa agli altri e non si occupa di
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affari. Mai. Figurarsi di quelli di Consip. E ci portiamo avanti: neanche san Luca Lotti ha mai fatto niente di riprovevole nella vita, foss’anche dire un’innocua bugia. Figurarsi parlare in giro di un’inchiesta. Massì, Il Fatto “spara bufale” e il povero Staino lo scrive proprio accanto al titolo “Lo Stato salva Mps” che segue un anno di articolesse su come il governo del figlio di San Tiziano abbia messo in sicurezza le banche. Noi non siamo esperti, ma come dice Giachetti di Speranza?
DOPO-RAGGI? Risposta a Massimo Fini, che vuol distruggere la città
» VITTORIO EMILIANI
M
assimo Fini, compaesano dei comaschi Plinio, il Vecchio e il Giovane, invoca “Delenda Roma”, Capitale colpevole di ogni colpa, prima fra tutte quella d’essere Capitale. Come non cercare di rispondergli da romanista del Nord (seppure nato appena sopra il fatal Rubicone) trapiantato a Roma da un quarantennio? La colpa, o il merito, della scelta di Roma va a Cavour che la definisce, mischiando un po’ le carte, “la sola città che non abbia glorie soltanto municipali”. Poi c’è la sinistra risorgimentale,
Dopo Cesari e Papi La scelse Cavour, Sella e Mussolini gettarono le basi della frittata urbanistica di oggi Mazzini e Garibaldi sognano da sempre una Roma senza più governo del papa. Capitale antichissima di uno Stato appena nato. A differenza di altre capitali, da noi le colpe e gli scandali del malgoverno nazionale finiranno sul groppone millenario di Roma. LA CAPITALE sosta qualche
anno a Firenze e lì molti (Bettino Ricasoli in testa) vorrebbero trattenerla. Ma Roma è la Capitale ineluttabile, per tante ragioni. Essa ha un territorio enorme (200.000 ettari, oggi 129.000) e appena 212.000 residenti, qualche industria meccanica e molitoria, molti preti, frati e monache, congregazioni di mestiere (macellari, funari, norcini, ecc.) e opere pie assistenziali, una ferrovia, un fiume pazzo che quasi ogni anno la allaga, una nobiltà nella media poco colta (tranne i Caetani). Insomma una città fragile, semi-rurale, fra la Tevere Remo (nobiltà nera) e piazza del Popolo ci sono ancora 500 pollai coi galli che cantano a tutto spiano. La assedia l’Agro malarico (“Er deserto”, dice Belli) dalle Mura Aureliane al mare di Ostia. Regista della Terza Roma è il tecnocrate biellese Quintino Sella che fa la minestra: “Capitale della Scienza e delle Cultura” (Università, Lincei, Accademie, molte straniere), “senza soverchie agglomerazioni operaje” assai disturbanti per i lavori parlamentari (lo spettro “rivoluzionario”). E poi la Terza Roma da edificare non nella vastissima e deserta Piazza d’Armi fra Va-
Sì, forse era meglio che Roma non fosse la vostra Capitale politane, solo un pezzetto. E a ogni legge speciale per Roma (con Crispi) molti sono i “no”. Dopo il 1946, zero leggi speciali per la capitale, fino a Craxi-Mammì 1984. IN COMPENSO Roma durante
ticano e Ponte Milvio o negli spazi vuoti verso Tivoli, bensì “sopra”, dentro la Roma dei Cesari e dei Papi. E così prepara la gigantesca frittata urbanistica e trasportistica che renderà Roma ingestibile. Peggiorata da Benito Mussolini che: a) fa di piazza Venezia il centro inesorabile della città prima policentrica; b) demolisce e sventra a tutto spiano deportando migliaia di poveracci in borgata; c) vieta nuove industrie ma richiama una fiumana di immigrati esentando Roma dalla legge che vieta allora di emigrare se non hai già un lavoro e una casa; d) svelle a tutta forza una mirabile rete tranviaria creata soprattutto dal mitico sindaco Nathan, mazziniano, massone ed ebreo (ben 431 Km di tranvie) perché confligge “col carattere imperiale di Roma”. Un vero pataca. Che non si butta neppure a costruire metro-
NAPOLI
» VINCENZO IURILLO
A
Natale siamo tutti più buoni e così sotto l’albero con le luci e le palle colorate Luigi de Magistris perdona pure un ‘verdiniano’ e lo accoglie nella giunta della Città Metropolitana. È successo ieri mattina, quando il sindaco di Napoli ha nominato il molto meno famoso sindaco della molto più piccola Palma Campania, Vincenzo Carbone, tra gli 11 “asses sori” dell’ente che ha preso il posto della Provincia. Assegnandogli le deleghe alle Attività produttive e al Lavoro. È PROBABILE che dell’appar-
tenenza di Carbone al movimento Ala - i verdiniani appunto - non si sarebbe accorto nessuno, se costui non avesse diffuso attraverso l’ufficio stampa dei verdiniani al Senato un comunicato dove il partito del plurinquisito to-
Meraviglia I Fori imperiali illuminati. Accanto, l’articolo di Massimo Fini LaPresse
SWG La fiducia nella 5 Stelle è scesa dal 43 al 29 per cento
La sindaca precipita nei sondaggi Ma i suoi voti non vanno agli altri LA CRISI in Campidoglio fa precipitare il consenso di Virgina Raggi: ma quei potenziali voti oggi si tradurrebbero soprattutto in astenuti. Così afferma un sondaggio della Swg pubblicato ieri dal Messaggero, secondo cui il grado di fiducia dei romani verso la sindaca di Roma è passato dal 43 per cento dello scorso maggio (quando però l’esponente dei Cinque Stelle non era ancora stata eletta) al 29 per cento attuale. Non solo: secondo il 53 per cento degli intervistati, Raggi dovrebbe dimettersi,
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mentre per il 33 per cento deve rimanere sindaca finché la vicenda politico-giudiziaria che grava sul Campidoglio non si sarà chiarita. Ma il dato forse più interessante è che il 25 per cento degli elettori della Raggi oggi si asterrebbe. Mentre il direttore scientifico della Swg, Enzo Risso, precisa: “Se si andasse a elezioni adesso Raggi non arriverebbe al ballottaggio. Però va notato che il 60 per cento di chi l’ha votata non è affatto contro di lei: anzi ne giustifica gli errori con l’inesperienza”.
il fascismo ha più che raddoppiato gli abitanti, da 600.000 a 1.400.000. Poi l’immigrazione diventa un flutto umano, 100.000 all’anno, un picco di 2,8 milioni di residenti (ufficiali) nell’81 e su quelle vette Roma è rimasta. Milano (1,3 milioni), Torino, la stessa Napoli (800-900.000) sono regredite nel frattempo a cittaduzze. Mentre dalla “breccia” a oggi Roma ha visto aumentare gli abitanti di ben 13 volte, con sofferenze e traumi sociali e urbanistici. Era meglio se non diventava Capitale? Certo, dalle speculazioni del cardinal De Merode a oggi ben 54 ville storiche romane sono state cementificate. In una pianta del 1848 fra Palazzo Barberini, il Pincio e Porta Pinciana ci sono soltanto vigne e prati. Lo stesso verso Porta Pia. Chissà che deliziosa città sarebbe stata Roma senza Capitale. A Gioachino Rossini piaceva tanto: “Qui niente va veloce”.
La scheda SCRITTORE e saggista, Vittorio Emiliani risponde a un commento pubblicato giovedì, in cui Massimo Fini sosteneva, tra le altre cose, che l’accanimento dei mass media su Virginia Raggi non colga in nessun modo le origini del declino di Roma, frutto, invece, di anni di malgoverno: “Meglio allora sarebbe raderla al suolo”, la conclusione provocatoria n
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Sorprese Carbone entra nella Giunta metropolitana. Festeggia Langella (Ala)
De Magistris nomina “assessore” il sindaco di Palma. Verdiniano senatore di Ala Pietro Langella (“è vicinissimo”). LANGELLA è un politico di
Giggino Luigi De Magistris Ansa
scano esultava come alla vittoria di uno scudetto dopo dieci anni in serie B. A un occhio attento non è sfuggito un particolare della nota: la sottolineatura della contiguità di Carbone con il
lungo corso dell’area vesuviana: nell’Udc quando gli fu utile per un posto nella giunta provinciale di Luigi Cesaro; in Forza Italia per strappare in extremis una candidatura e un’elezione a Palazzo Madama; coi “Verdini boys” capitanati dal senatore Vincenzo D’Anna quando si sono rimescolati i rapporti di forza in Campania e Vincenzo De Luca ha chiesto e ottenuto il sostegno dei verdiniani per vincere le primarie del centrosinistra e spiccare il volo verso l’elezione a governatore sotto il simbolo del Pd. Carbone invece è un sindaco al secondo mandato, rieletto in una civica di centrodestra con percentuali altis-
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sime a scapito di una lista di ispirazione dem. A ottobre ha ottenuto lo scranno in Città Metropolitana in “Noi Sud”, partito fondato dal verdiniano Antonio Milo. E ora avrà le deleghe di De Magistris. “La sua scelta – dice Carbone – mi riempie d’orgoglio e mi chiama a un ruolo di grande responsabilità in un’area come la nostra dove è particolarmente avvertita la necessità, per non dire l’urgenza, di un pieno e serio rilancio delle politiche del lavoro”. “Una scelta che evidentemente premia l’ottimo lavoro fin qui svolto dal sindaco per la sua Palma Campania” aggiunge Langella. Parole di circostanza, l’importante era far uscire lo stemma di Ala sulla nomina di Carbone. De Magistris ieri sera era
nell’aula del consiglio comunale di Napoli per deliberare variazioni di bilancio e ha affidato al vice della Città Metropolitana, David Lebro, il compito di spiegare l’accaduto: “La legge non prevede un premio di maggioranza per questo ente e quando Luigi si è insediato a Piazza Matteotti ha fatto un appello a tutti i gruppi consiliari, tutti, chiedendo un contributo per far funzionare una macchina amministrativa altrimenti impossibile da governare. Carbone, da sindaco, è uno di quelli che ha aderito all’appello. Ed è bene precisare che De Magistris ha discusso con il singolo, la sua nomina non è stata oggetto di trattativa, e non c’è stato alcun incontro tra De Magistris e i dirigenti regionali e nazionali di Ala”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
VESPAIO
Torino, polemiche in Procura sulla 70enne No Tav
PERINOTAV è un “cortocircuito tra magistrati” e tra le toghe di Torino serpeggia qualche malumore. Sul caso di Nicoletta Dosio, la militante di 70 anni oggetto di più misure cautelari violate sistematicamente, c’è una scollatura tra i sostituti procuratori e il loro capo, Armando Spataro, le cui richieste sono state bocciate dai giudici. In una prima vicenda ha chiesto
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(con i pm Marco Gianoglio e Antonio Rinaudo) la revoca della misura da loro ottenuta precedentemente perché la Dosio vuole “sfruttare la situazione in cui si trova per suscitare clamore mediatico attorno al movimento No Tav”, ma il gip Alessandra Pfiffner ha rigettato. Spataro ha quindi firmato da solo il ricorso al Riesame, che ha bocciato le sue ragioni una seconda volta. Nel frattem-
po è intervenuto su un altro procedimento, chiedendo al gip Elena Rocci la revoca della misura cautelare - un divieto di dimora - ottenuta dal pm Andrea Padalino: quest’ultimo, in disaccordo, ha tentato di cedere il fascicolo a Spataro, ma il capo si è rifiutato. Nel frattempo il gip ha deciso di non revocare la misura cautelare alla Dosio. A. GIAMB.
GARLASCO Il pg: sì alla revisione del processo per Alberto Stasi » DAVIDE MILOSA
V
ive a Garlasco con il papà, di mestiere fa il commesso e oggi ha 28 anni. È questo l’identikit del nuovo indagato nell’inchiesta bis sull’omicidio di Chiara Poggi coordinata dal procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. Andrea Sempio, questo il nome, da due giorni è iscritto nel registro degli indagati dopo un esposto di Elisabetta Ligabò, la madre di Alberto Stasi, oggi condannato definitivo per l’omicidio del 13 agosto 2007. Il lavoro della difesa dell’ex bocconiano contiene però elementi rilevanti che hanno convinto ieri la Procura generale di Milano ad avviare presso la Corte d’Appello di Brescia il processo di revisione.
Le telefonate a Chiara e lo scontrino: i segreti dell’amico di famiglia Il nuovo indagato è Andrea Sempio, buona conoscenza del fratello della vittima. Le chiamate a ridosso dell’omicidio
NUOVE CARTE dunque, al net-
to della perizia sul Dna che ha trovato tracce di Sempio sotto le unghie di Chiara. Il primo elemento di rilievo è rappresentato dallo scontrino di un parcheggio a Vigevano. Ecco il punto: subito dopo l’omicidio, Sempio, come molti altri, viene sentito dai carabinieri di Pavia. Dirà: “Conosco Chiara di vista, so che ha un fidanzato ma non so chi è”. Verbale chiuso. Il 14 ottobre 2008, Sempio viene convocato di nuovo. Anche qui è solo routine. Su di lui, all’epoca, non vi sono sospetti. Eppure il ragazzo esibisce in caserma lo scontrino del parcheggio vicino a una libreria. L’ora segna ben oltre le dieci di mattina. Ma c’è di più: lo scontrino è perfettamente conservato e viene consegnato dentro a una busta di plastica. I carabinieri registrano e stop. Nessuna domanda sul perché un semplice testimone, a oltre un anno del delitto, si preoccupi di fornire un
Sola in casa Le tre conversazioni quando i Poggi erano in vacanza mentre la ragazza era restata alibi attraverso un biglietto che chiunque avrebbe buttato il giorno stesso. Peraltro in quei giorni la libreria era chiusa. Il dato, rilevato dalla difesa di Stasi è tenuto in considerazione dalla Procura di Pavia. Non è finita. Il profilo Facebook del commesso di Garlasco svela un elemento inquietante. Il 17 novembre 2014 Stasi viene condannato in Appello a 16 anni. Quello stesso gior-
no Sempio posta un disegno. Rappresenta un ragazzo che fa un tatuaggio sulla natica di una ragazza. Sullo sfondo immagini tratte da Il piccolo principe, il libro preferito da Stasi e che lo stesso si è portato nel carcere di Bollate. A sinistra la volpe suggerisce in un fumetto: “Custodisci il mio segreto”. SUGGESTIONI forse. La coincidenza con la data della condanna fa però sobbalzare. Tornando dentro alle carte di questa infinita istruttoria, gli investigatori privati assunti dai legali di Stasi hanno fatto una precisa analisi di alcune telefonate. Sempio dice di non conoscere Chiara. E infatti, tra il giugno e il luglio 2007 chiamerà casa Poggi solo dal fisso. Poi
Il processo
Il 13 agosto 2007 Chiara Poggi viene uccisa. Per l’omicidio la Cassazione ha condannato a 16 anni Alberto Stasi, il fidanzato. Ora la Corte di Appello di Brescia aspetta gli esiti della svolta dell’inchiesta “bis”
la sera del 4 agosto, Andrea con il fratello di Chiara e la solita compagnia di amici escono a cena per salutare Marco Poggi. La famiglia sta andando in ferie. Non Chiara che resterà sola nella villetta di via Pascoli 8. Ecco allora il punto: il 4 agosto i Poggi vanno in ferie. Sempio fa tre telefonate. L'ultima l’8 agosto. Si tratta di chiamate brevissime, due sul cellulare e una sul fisso, che durano non oltre venti secondi. Quasi un modo, ragionano in Procura, per accertarsi che la ragazza fosse in casa. Questi elementi, assieme alla nuova perizia genetica, hanno convinto ieri a dichiarare “fondata” la richiesta di revisione del processo. Le analisi del Dna, però, vengono giudi-
cate “non scientifiche” da Gian Luigi Tizzoni, legale dei Poggi. Ma, come si era intuito da una prima lettura delle carte, la presenza genetica è solo strumentale a illuminare un contesto. La situazione è molto delicata. Il rischio è quello di travolgere una terza famiglia. Ieri, Andrea Sempio non è andato al lavoro. Suo padre ha spiegato: “Certo che mio figlio usciva con Marco, erano amici e sono stati anche compagni di scuola. Ma sono sicuro che non conosceva né Chiara né Alberto”. Amareggiata Rita Poggi: “Per una volta potevamo passare un Natale tranquillo e invece non ci è consentito neanche quest’anno”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
“Custodisci il segreto” È il 17 novembre 2014: Stasi viene condannato a 16 anni. Quel giorno Sempio posta un disegno, un ragazzo che fa un tatuaggio sulla natica di una ragazza. Sullo sfondo immagini tratte da “Il piccolo principe”, il libro che Stasi si è portato nel carcere di Bollate. A sinistra la volpe suggerisce in un fumetto: “Custodisci il mio segreto”
ITALIA
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
POST-SISMA AD AMATRICE
Un contributo da Stefano Boeri per la ricostruzione
ABBIAMO DIMOSTRATO che in condizioni di emergenza si possono costruire con il legno delle architetture di qualità e antisismiche, che danno una risposta anche sul lungo periodo e sono in grado di durare anche oltre l’emergenza”: con queste parole l’architetto Stefano Boeri ha accolto l’incarico – conferitogli dal commissario straordinario Vasco Errani – per
dare un contributo progettuale e fornire la sua visione come urbanista per la ricostruzione della città di Amatrice, la cittadina andata in parte distrutta dal terremoto del 24 agosto. L’affidamento è arrivato ieri durante l’inaugurazione della nuova mensa, costruita grazie ai fondi raccolti con la campagna solidale “Un aiuto subito”del Corriere della Serae del Telegiornale di La7 (sono stati
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donati 7 milioni di euro). L’obiettivo dell’architetto Boeri sarà quello di restituire alla città un punto di riferimento e di incontro collettivo, progettando gratuitamente un edificio polifunzionale aperto all’intera comunità. Il suo staff, in collaborazione con gli enti locali e le istituzioni delle zone colpite dal sisma, è stato già coinvolto nella realizzazione della mensa.
CAVA DE’ TIRRENI Il sindaco e il frate francescano divisi su tutto
» ANGELA CAPPETTA
A
Cava de’ Tirreni (Salerno)
uno mancano i capelli, all’altro i baffi. Per il resto tutto sembra venir fuori dalle pagine dei romanzi di Giovannino Guareschi: “Don Camillo e Peppone”. Non siamo a Brescello, nella Romagna rossa del dopoguerra, ma a Cava de’Tirreni, la porta nord della Costiera Amalfitana. Alle 5 del pomeriggio di mercoledì scorso, dal Santuario di San Francesco si sente il rintocco di una campana. “È la nuova campana, stanno facendo le prove per la notte di Natale”, grida un uomo mentre corre con i sandali verso il campanile.
Natale con i botti: la sfida di Peppone a don Camillo me”. “Quando mai – replica fra’ Gigino – Io non voto neanche alle elezioni, sono iscritto al Movimento Neoborbonico e insignito del titolo di Cavaliere di Grazia dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio dal principe Carlo di Borbone”. Dopo la vittoria di Servalli, il frate gli ha anche consegnato le chiavi del Santuario, un gesto simbolico che si tramanda a Cava per suggellare i buoni rapporti tra il potere laico e quello religioso. Ma poi le cose hanno preso un’altra piega. A giugno scorso, fra’Gigino aveva chiesto al sindaco l’autorizzazione a sparare i fuochi d’artificio per la festa di Sant’Antonio da Monte Castello, un promontorio legato alla fine della peste in città. Fra’ Gigino aveva fatto installare nel parcheggio comunale
SI CHIAMA Luigi Petrone, meglio
conosciuto come fra’ Gigino, per vent’anni rettore del Santuario, fino al settembre scorso quando è stato sostituito per decorrenza dei termini. È lui il don Camillo in chiave moderna, che parla a tu per tu con il Crocifisso – “qualche volta mi fa anche arrabbiare” –, ha fatto costruire l’incensiere più grande del mondo – “ci vogliono 12 persone per muoverlo” – ha ricostruito il Santuario distrutto dal terremoto dell’Ottanta – “15 metri di mattoni uno sull’altro” – ed è stato protagonista della lacrimazione di una statua di Gesù Bambino che conserva gelosamente in una teca, anche se gli è costata un processo per abuso di credulità popolare dal quale è stato assolto nel giugno scorso. “Perché il reato è stato depenalizzato”: eccolo qui Peppone, alias Vincenzo Servalli, sindaco dal giugno del 2015 con la benedizione di Vincenzo De Luca che, per la sua prima uscita pubblica da governatore, scelse di chiudere in paese il suo comizio elettorale. Socialista d’origine, adesso Servalli è un democrat, convinto che “il renzismo durerà an-
Sui due fronti Il sindaco Vincenzo Servalli e fra’ Gigino con i suoi animali
cora a lungo”e orgoglioso della foto scattata con l’ex premier – “indossiamo entrambi la camicia bianca”. Inutile dire che, al referendum, il frate ha votato No e il sindaco Sì. Le ostilità tra i due risalgono all’ultima campagna elettorale per le Amministrative. Fra’ Gigino sosteneva il sindaco uscente di centrodestra Marco Galdi. “Dal pulpito – ricorda Servalli – invogliava i fedeli a votare contro di
Tra sacro e profano Religioso e primo cittadino divisi sul referendum, poi la lite sui fuochi d’artificio antistante il Santuario una struttura di metallo che ricordava il Tower Bridge, ma dall’amministrazione è arrivato il veto sia ai fuochi che alla struttura. La querelle è finita al Tar che, con la sospensiva, ha dato ragione al frate ma nel merito ha sostenuto le tesi del sindaco. Da allora è stata guerra aperta, con Servalli da un lato che postava video sulla sua pagina Facebook in cui diceva che “Fra’ Luigi è una vergogna per Cava”, e
il frate, dall’altro, che chiudeva il parcheggio del Santuario ai pullman dei turisti che arrivavano in città. QUEST’ANNO a far scoppiare la
scintilla ci ha pensato il Natale. Al presepe con Gesù che viene dal mare – “per solidarietà agli immigrati che sbarcano in Italia” –, il Comune ha risposto con il presepe vivente. Al Villaggio di Babbo Natale, Servalli ha replicato con un albero entrato nella top ten di Repubblica Tv– “volevo un albero più alto di quello che De Luca fa mettere a Salerno”. E così mentre il frate si dimena tra i panettoni che confeziona la sua Real pasticceria – “ci lavorano nove persone” – e la spesa al mercato del pesce per la mensa dei poveri, il sindaco ospita l’arcivescovo di Amalfi-Cava e mostra il quadro di un antenato di Totò, recriminato in passato ma senza successo dal principe De Curtis in persona. “Gli riconosco il merito di aver ricostruito il Santuario – dice Servalli – ma ciò non autorizza l’arroganza nei confronti dell’amministrazione con metodi che nulla hanno a che fare con i francescani”. Fra’Gigino, che intanto è stato accusato di omicidio colposo per un morto sul cantiere in santuario (“ce l’hanno tutti con me”), invece, non vuole sentir parlare del sindaco: “Preferisco badare ai miei animali”: lama, pavoni, cervi, colombe, conigli e capre. Il suo ultimo desiderio è costruire una casa per malati terminali e nessuno lo distoglierà dal suo intento. Sindaco compreso.
La scheda IL FILM Don Camillo e l’onorevole Peppone sono i protagonisti di una serie di film scritti da Giovannino Guareschi e diretti da Carmine Gallone, in cui un parroco, interpretato da Fernandel, esuberante, impulsivo e dotato di una grande forza, si immischia in faccende politiche entrando in contrasto con il politico locale, Peppone, Gino Cervi. I film sono iniziati nel 1952 e proseguiti fino agli anni ‘70
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Il mercato inguaia il governatore del Molise » GIAMPIERO CALAPÀ E FERRUCCIO SANSA
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l governatore Pd del Molise, Paolo Di Laura Frattura, è indagato nell’inchiesta della Procura di Cassino sulla realizzazione del mercato coperto cittadino. “Una vicenda che nasce nel 2006, quando non ero in politica e come imprenditore immobiliare guidavo la società Le Torri (impegno che ho mantenuto)”, racconta Frattura al Fatto. Una storia rivelata da Ciociaria Oggi che, al di là dell’inchiesta, è uno spaccato delle “alleanze”nel mondo imprenditoriale molisano da dove provengono tanti esponenti della politica locale: Frattura infatti risulta socio - attraverso una società anonima lussemburghese - delle dinastie del-
Cassino Frattura indagato per “abuso”: partecipava tramite una società anonima lussemburghese, in un’azienda edile le grandi opere molisane. Ma anche di imprese controllate dalla famiglia del presidente del consiglio regionale. Niente di illegale. IL GOVERNATORE spiega: “Il pm aveva chiesto l’archiviazione, ma il gip ha ritenuto di chiedere un supplemento di indagini. Io ho fiducia nella magistratura”. Quali sono le accuse? “Mi si contesta un abuso. Ma io sono tranquillo. La stima per quelle aree (per cui si prevedevano 27mila metri cubi di edificazione) era di 5,6 milioni. Noi, dopo asta pubblica, abbiamo acquistato per 5,2 milioni. Ma alla fine il
progetto prevede appena 18mila metri cubi”. Nel mondo politico e imprenditoriale molisano i confini tra destra e sinistra sbiadiscono. Del resto lo stesso Frattura veniva dal centrodestra, dove si era candidato più volte senza successo. La società Le Torri di cui è amministratore unico, racconta lo stesso Frattura, “era all’epoca socia della Nidaco, che fa riferimento alla famiglia Cotugno, quella dell’attuale presidente del Consiglio Regionale (centrosinistra). Quel Vincenzo Cotugno - racconta ancora Frattura - che è anche cognato di Aldo Patri-
Paolo Di Laura Frattura Ansa
ciello (eurodeputato di Forza Italia che ha sostenuto il Pd alle regionali, ndr)”. Con la Nidaco, l’immobiliare Le Torri è
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impegnata anche in un altro ambizioso progetto a Campobasso. “Sempre progetti privati, la mia società non ha mai fatto gare per appalti pubblici. Ci sono sempre stato attento vista la mia posizione”, assicura Frattura. Nidaco è estranea all’inchiesta di Cassino. Così come il nuovo socio di Frattura: la Molise Energia. A sua volta controllata - e questo potrebbe creare qualche polemica a Frattura - da una società anonima di diritto lussemburghese: la Falcione Finance. Che fa capo, spiega lo stesso governatore, alla famiglia Falcione. Nessun imbarazzo? “Io conosco da decenni i Falcione. Comunque la società lussemburghese è amministrata da una persona individuata. Nota”. Quella dinastia - operante
in tanti settori con società diverse - che dalle cronache locali viene indicata come la famiglia delle grandi opere. Tra le altre l’autostrada del Molise che Frattura ha stoppato. Da qui il contenzioso: le società impegnate nel progetto avviato dal precedente governatore, Angelo Iorio, hanno chiesto 345 milioni di indennizzo per la mancata realizzazione dell’opera. “Ma adesso assicura Frattura - la richiesta è scesa ad appena una quindicina”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
18 » ESTERI
| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
MALTA PRO GHEDDAFI DIROTTANO AEREO Due dirottatori hanno costretto ieri un aereo dell’Afriqiyah Airwais con 111 passeggeri ad atterrare a Malta. I due sono stati arrestati. Uno di loro, Moussa Shaha, ha dichiarato di essere il leader del partito pro-Gheddafi al-Fateh al-Jaded (La nuova conquista) e che l’azione serviva ad attirare l’attenzione sul partito. Fonti vicine al Sayf al Islam Gaddafi, figlio del colonnello, hanno negato ogni relazione. Reuters
ONU “COLONIE ISRAELIANE ILLEGALI” Il Consiglio di sicurezza grazie all’astensione degli Usa, ha approvato una risoluzione di condanna degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. “Le colonie si legge nel testo - “non hanno validità legale”. Tel Aviv grida al tradimento di Obama. “Né il Consiglio di sicurezza dell’Onu né l’Unesco possono spezzare il legame fra il popolo di Israele e la terra di Israele”, ha detto l’ambasciatore Danny Danon.Ansa
CONFERENZA-FIUME Anche quest’anno Putin parla per oltre 4 ore di tutto, dall’astio per Obama al futuro roseo con il nuovo leader Usa sulle zone di attrito con l’Occidente, in Ucraina e in Siria
» LEONARDO COEN
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attinata nuvolosa, nemmeno troppo fredda per gli standard climatici di Mosca: due gradi sotto zero. Appuntamento a Krasnopresneskaja Nabjereshnaja 12, indirizzo del maestoso World Trade Center, imponente costruzione sul lungo Moscova, a poche centinaia di metri dalla Casa Bianca sede del governo russo. Il cuore pulsante del business moscovita diventa il palcoscenico di Vladimir Putin: la tradizionale conferenza stampa di fine anno. Di cose ne ha da dire. L’ambasciatore ucciso ad Ankara lunedì scorso. La situazione in Siria. I complicati rapporti con l’Ucraina. Le sanzioni. Le divisioni all’interno dell’Unione europea. Il riarmo. E soprattutto, Trump. Senza dimenticare il quadro economico interno (Pil leggermente in flessione, export positivo, agricoltura +4%, fuga di capitali contenuta in 16-17 miliardi di dollari). Il doping: “Le indagini verranno portate a termine, bisogna ripulire lo sport dalla politica...”. Il clima: “Ci atterremo agli accordi di Parigi”. Le indagini sull’assassinio di Boris Nemtsov (ucciso a pistolettate nel febbraio del 2014, a due passi dal Cremlino): “Seguo da vicino le indagini, non importa quanto ci vorrà ma alla fine i magistrati ne verranno a capo. I dettagli di quel crimine al momento non sono chiari. Ero amico di Boris...”. E ancora: il caso degli hacker contro il Partito democratico Usa. Putin comincia a parlare alle 9 e 34. Risponde alle domande dei 1437 giornalisti accreditati, e smette alle 13 e 55. In queste 4 ore e 21 minuti dimostra sicurezza, cipiglio da statista, e atteggiamento da padrone della politica internazionale. Ma mette anche in guardia i nemici dell’impero: “La Russia è più forte di qualsiasi potenziale aggressore”. Capito? E se non l’aveste capito, precisa che “è stato compiuto un grosso lavoro per modernizzare le forze armate, comprese quelle nucleari strategiche, nella stretta osservanza dei trattati sottoscritti”. Mentre gli Stati Uniti hanno potenziato il loro arsenale, ponendo “le basi per una nuova corsa degli armamenti, uscendo dal trattato sui missili balistici”. Ripete come un mantra “hanno fatto loro, è colpa loro, siamo stati costretti, abbiamo reagito, ci siamo adeguati...”. Un Putin gagliardo e talvolta burbanzoso, come quando ammonisce i giornalisti a non ficcare il naso negli affaracci dei personaggi pub-
Il mondo secondo lo Zar in luna di miele con Trump Nessuno credeva che il magnate avrebbe vinto le Presidenziali tranne noi Ha saputo interpretare l’umore della società
Roosevelt si sarebbe rivoltato nella tomba: ha unito la nazione; l’amministrazione attuale invece la divide
A ruota libera Il presidente Vladimir Putin Reuters
LA STORIA
» ANDREA VALDAMBRINI
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onna, socialdemocratica, musulmana, cioè espressione di una minoranza religiosa, in un Paese ampiamente ortodosso. E per di più appartenente alla minoranza etnica turco-tatara. A prima vista il profilo di colei che diventerà a breve il nuovo primo ministro rumeno sembra il libro dei sogni della sinistra europea. Quella che certo non può entusiasmarsi per Hollande o Gentiloni, per dire dei pochi governi che ancora controlla, in un mare di esecutivi conservatori. Il nome di Sevil Shhaideh, 52 anni, è arrivato pochi giorni fa cogliendo tutti di sorpresa. Perfino dentro il proprio partito, dove è considerata una figura di basso profilo nonostante avesse ricoperto per alcuni mesi il ruolo di ministro allo Sviluppo regionale. Ai socialdemocratici rumeni (Psd), che l’11 di-
blici, che siano essi politici, artisti, uomini d’affari: “Dovete rispettare la privacy e gestire con cura le informazioni”. Ci saranno le elezioni presidenziali anticipate di un anno, quindi a marzo del 2017? “Di quale Paese?”, ironizza, “sono possibili, ma non convengono. Se sarà opportuno, mi candiderò. Se no, no...”. La parte più divertente è quella che riguarda Trump: “Nessuno credeva che avrebbe vinto le Presidenziali Usa. Tranne noi. Ha saputo interpretare l’umore della società”. Gli chiedono: come mai parte dei Repubblicani Usa fa il tifo per lei? “Il merito non è mio, simpatizzano con i nostri valori tradizionali”. Quanto ai commenti sul deterrente nucleare russo, quelli di Trump non hanno “nulla di inusuale”, mentre quelli di Obama sulle forze atomiche Usa “sono sorprendenti”. E POI: “ROOSEVELT si sarebbe
rivoltato nella tomba: ha unito la nazione durante la seconda guerra mondiale, l’amministrazione attuale invece divide il Paese”. Il comportamento dei democratici Usa dopo il voto è stato “una vergogna, bisognerebbe saper perdere con
Giornalisti in guardia Parla a 1500 cronisti: “Dovete rispettare la privacy e gestire con cura le informazioni” stile... tutti i tentativi di imputare a fattori esterni i propri insuccessi non è corretto, significa che l'amministrazione attuale ha dei problemi sistemici”, alludendo al caso delle email hackerate. Con Trump è invece pronto a instaurare “rapporti costruttivi e pratici”. Insomma, Trump è il buon amico, Obama, il cattivo. E gli europei? “Non mi interessa la loro politica interna, tantomeno le loro divisioni”.
Resta il rammarico per le sanzioni: “Non siamo stati noi i primi a provocare questa situazione, è stata la risposta alle loro scelte”. Donbass, Crimea, come se non fossero alla base del problema... Anzi, “il formato per le trattative sull’Ucraina (cui partecipano Mosca, Kiev, Berlino e Parigi) non ha dimostrato efficacia, ma non ne esiste un altro. Siamo comunque favorevoli all’abolizione dei visti tra Ue e Ucraina, un passo nella giusta direzione. I visti sono un retaggio della Guerra fredda”. La liberazione di Aleppo è stata “una parte cruciale”, non solo della normalizzazione della situazione in Siria “ma della regione nel suo complesso”. Mosca ha operato in sintonia con Ankara e Teheran, “si sono create le condizioni per l’inizio delle trattative il cui scopo è la tregua totale”. La base navale di Tartus sarà ingrandita, intanto “per mantenere l’ordine nei quartieri liberati di Aleppo è stato schierato un battaglione di polizia militare”. L’uccisione dell’ambasciatore di Ankara? “Il rapporto con la Turchia si è rafforzato”, rassicura. Il mondo secondo Putin è meglio, se funziona come vuole lui. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Romania Sevil Shhaideh appare come una novità, ma solo di facciata
Donna e musulmana: il premier giusto per far dimenticare gli scandali del Psd Sorpresa Sevil Shhaideh, designata come premier Ansa
cembre avevano riportato una larga vittoria alle elezioni e che con il supporto dei Liberali dell’Alde hanno i numeri per governare, spetta secondo la Costituzione il compito di indicare al presidente della Repubblica il nome del capo dell’esecutivo. CANDIDATO NATURALE sa-
rebbe stato il leader socialdemocratico Liviu Dragnea, che però il presidente Klaus
Iohannis si è rifiutato di incaricare. Dragnea sta scontando una condanna a 2 anni per frode elettorale. Senza dimenticare il panorama della corruzione politica, dove la prima sorpresa è stata la vittoria dei socialdemocratici solo un anno dopo che il loro ex leader Victor Ponta era stato costretto alle dimissioni da premier a causa di una serie di scandali. Si può davvero dire che Seviel Shhaideh sia il
volto nuovo e pulito della Ro- Shhaideh è proprio il suo mania? Ci sono motivi per du- sponsor Dragnea. “Lei sarà bitarne. Innanzitutto perché primo ministro, ma sarò io a Shhaideh non è estranea al si- mantenere la responsabilità stema di potere rappresenta- politica”, ha dichiarato il leader Psd all’indoto dai socialdemocratici. Ecomani della designazione della nomista di foro ut si d er , chiamazione, tecnorendo bene cocrate con fama di Lo sponsor me il basso progrande lavora- L’outsider trice, la sua carfilo ha reso riera di ammini- è legata al leader Shhaideh la stratore locale si del partito Liviu scelta per lui più è svolta in larga conveniente. parte nella città Dragnea, che sta L’essere donna, di Costanza, do- scontando due musulmana e ve ha lavorato a appartenente a stretto contatto anni per frode una minoranza con Nicusor non è solo sinoConstantinescu. nimo di novità. Il Proprio Costantinescu, il si- simbolo progressista, in quegnore locale del Psd, è ora in sto caso, rischia d’esser usato carcere con una condanna a come maschera. 15 anni per corruzione. @andreavaldambri © RIPRODUZIONE RISERVATA Il problema più grande per
ESTERI
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
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IL REPORTAGE
Bello, ma non ci vivrei... Dopo undici giorni in Australia, ecco una breve guida per sopravvivere tra deserti, animali e l’ossessione sicurezza. Per i semi...
E La scheda PER AVERE un minimo senso delle proporzioni: l’Australia si estende per 7.692.000 km quadrati. È abitata da 24 milioni di australiani. E da 30 milioni di canguri n
SEGUE DALLA PRIMA » SELVAGGIA LUCARELLI
cco. I canguri. C’è una cosa che dovete assolutamente sapere sull’animale simbolo del Paese, prima che subiate un trauma psicologico irreparabile. Con ogni probabilità, il primo canguro che vi capiterà di vedere in Australia non sarà un simpatico animaletto saltellante in giro per qualche infinita prateria, ma una carcassa maleodorante sul ciglio della strada. Insomma, l’impatto di un turista col canguro avviene solitamente dopo il suo impatto con un Suv. Da qui, il noto modo di dire: “Secondo me il governo Gentiloni dura quanto un canguro in tangen zial e”. Nulla di strano del resto, visto che nel continente ci sono 30 milioni di canguri, 24 milioni di australiani e qualche migliaia di giovani pistola italiani che si sono tolti dai piedi. (cit.) La faccenda ancora più grave è che i canguri prediligono le ore notturne, per cui guidare col calar del buio vuol dire piantare una frenata ogni 50 metri per evitare di far fuori marsupiali. È caldamente raccomandato non avere la stessa accortezza con i marsupiali antropomorfi, ovvero quella specie maschile dotata di marsupio
MARSUPIO POWER
Allegri e saltellanti? No, un’invasione: sono ovunque, spesso sotto forma di carcassa investita dalle auto METAL DETECTOR
Controlli severissimi. Ma su sementi e frutta, che possono alterare l’ecosistema. Se hai un kalashnikov però tutto ok fosforescente, pinocchietto e Birkenstock ampiamente diffusa anche sul suolo australiano. I CENTRI ABITATI. Avete pre-
sente la scena dell’u lt im o film di Indiana Jones dove il protagonista si nasconde in un villaggio pieno di casette anni 60 e popolato esclusivamente da manichini, usato dal governo degli Stati Uniti per dei test nucleari? Ecco, questo è più o meno il modello urbanistico standard
I Suv, i canguri e la guerra santa alle bacche di Goji dei centri abitati australiani (al di fuori delle grandi città). Chiamarli centri è fuorviante, visto che in realtà nel 99 per cento dei casi sono composti da una fattoria, un bed&breakfast e una pompa di benzina (forse). Chiamarli abitati pure, a meno che all’anagrafe non registrino a) la palla di fieno che rotola col vento b) gli avvoltoi attratti dall’aria di morte c) le speranze di una come me che, dopo trecento chilometri di strade deserte, apre Google Maps e nota un sacco di località con dei nomi esotici e promettenti, salvo poi arrivare e imbattersi in quanto sopra. Per la cronaca, l’anagrafe non c’è. I paesini come quelli di Indiana Jones sono rari come i nei di Bruno Vespa dopo la chirurgia al laser, sono sì belli e fotogenici ma ti trasmettono comunque una strana sensazione di inquietudine, come se gli abitanti fossero dei replicanti e, dietro i loro sorrisi e la loro gentilezza innaturale, tramassero per ucciderti. GLI ANIMALI PERICOLOSI.
Tra ragni, serpenti, meduse assassine, scorpioni, squali, rospi velenosi e coccodrilli, se si legge la lista degli animali pericolosi prima di partire per l’Australia, si resta a fare il barbecuein giardino a Biella. Considerate che nella periferia di Sidney vive addirittura un’altra specie che viste le distanze australiane ha deciso di saltare anziché camminare: il pericolosissimo ragno saltatore. Ecco, il ragno saltatore lo vedi sulla finestra e non fai in tempo ad andare a prendere la ciavatta di nonna per stamparlo sul vetro
Rosso e rossi Sopra l’Uluru, il più imponente massiccio roccioso dell’Outback australiano. A fianco, gli aborigeni LaPresse/Ansa
che ti è già zompato sulla caviglia. A riprova del fatto che le distanze australiane sono insostenibili per qualsiasi specie, il ragno saltatore è il Rom degli aracnidi: non fa ragnatele e conduce una vita errante, anche perché diciamolo: se esce in cerca di mosche, chi cazzo glielo fa fare di farsi 80 km ogni volta per tornare alla ragnatela. A ogni modo, di animali pericolosi è difficile incontrarne, ma che ci sono e che interagiscono costantemente con l’uomo lo si intuisce d al l ’an e d do t i ca . Per esempio, un gentile omone australiano, ad Alice Springs, mi ha accompagnata in Suv a fare un giro per il deserto. Al ritorno doveva passare da casa a prendere qualcosa. La casa si trovava in un luogo a metà tra il nulla e l’origine dell’antimateria. Vede il mio sguardo perplesso: “Sa, non mi
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piace la vita di città”.“Ah, comunque la città qui fa 25000 abitanti”. “Sì, ma a me piace stare per conto mio. E comunque c’è un’altra casa, vede?”. “Quindi ha un vicino!”. “Beh, lo avevo. Un mese fa lo ha morso un serpente, non se ne è accorto, è andato a dormire e non si è svegliato più”. “Bene, se non le dispiace la aspetto in macchina, eh”. SEMENTI. Ci sono aeroporti
in Birmania in cui puoi arrivare al gate semplicemente facendoti una passeggiata nel giardino fuori dal terminal e passare da una delle ampie finestre spalancate nella sala fumatori. Sono comunque più severi dell’aeroporto tipo australiano, dove il passaporto sembra essere più sgradito di una copia di La Torre di Guardia. Non te lo guarda nessuno, dal check in all’imbarco, come una mano di legno cui ti senti in imbarazzo a dare anche soltanto un’occhiata. Avrei potuto averci stampata una foto di Pippo Franco con una parrucca e sarei arrivata comodamente al mio sedile in terza fila. La probabile spiegazione è che tutta la concentrazione della security sia focalizzata altrove. E se leggi i cartelli, ti accorgi che è così. I ricercati numero uno non sono i terroristi in-
ternazionali e nemmeno Edoardo Costa: sono i semi e la frutta. La spiegazione razionale è che, in un ecosistema isolato e protetto, qualsiasi elemento esterno potrebbe provocare un’epidemia o in generale un’alterazione. A uno viene il sospetto che anche un borsone carico di kalashnikov tanto bene non faccia e invece hai quasi l’impressione che i controlli di sicurezza li passerebbe pure lui, ma azzardati ad attraversare il metal detector con in tasca un sacchetto di bacche di Goji prese a NaturaSì e il giorno dopo sei in copertina sulla Gazzetta di Sydney di fianco ad al-Baghdadi. Come insegnano i bui pomeriggi invernali passati a guardare Airport Security Australia, qualsiasi frutto, verdura o piccolo semino nel vostro bagaglio può farvi passare un brutto quarto d’ora con gli ufficiali di polizia aeroportuale. Studente fuori sede a Melbourne, niente melanzane sott’olio di nonna Cettina per te, questo Natale. IL KOALA. Sembra che in Au-
stralia non ci sia nulla di innocuo e rassicurante. Nemmeno il koala. Uno pensa al koala come a un animaletto profumato e pacioso, e infatti stava correndo il pericolo di estinguersi. Allora il governo ne porta qualche migliaio su Kangaroo Island, un grande parco naturale protetto e pieno di eucalipto, delle cui foglie il koala si nutre ed è molto goloso. Così goloso che in pochi anni ha portato a sua volta gli alberi d’eucalipto dell’isola vicina alla scomparsa, cosa che riaccenderebbe ancora il rischio di estinzione del koala. Insomma, è un koala che si morde la coda, che però non ha. Alla fine il koala è una di quelle persone di cui dici ‘come fa, sbaglia’. (1 - continua) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 24 Dicembre 2016
Cultura | Spettacoli | Società | Sport
Secondo Tempo
L’INTERVISTA
GABRIELE LAVIA “Capire non è affatto la cosa migliore. L’arte può dare soltanto enigmi”
“La cultura è morta A dare risposte è rimasta la merda”
T
» MALCOM PAGANI
Biografia
GABRIELE LAVIA Nato a Milano nel ’42 da una famiglia di origine siciliana, è cresciuto a Torino. Ha debuttato in teatro nel ’63 dopo il diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Il grande pubblico lo ha conosciuto nello sceneggiato tv “Marco Visconti”. È stato diretto in teatro da registi del calibro di Strehler, Patroni Griffi, Sbragia, Squarzina, Missiroli e ha firmato lui stesso molte regie. Nell’89 ha fondato la Compagnia Lavia insieme con Giancarlo Volpi. Ha tre figli: Lorenzo, Maria e Lucia
ra il manifesto e lo specchio c’è anche la valigia dell’attore. Gabriele Lavia la chiama “baule” e giura che al suo interno si celi un ingiallito fax di Strehler: “Me lo spedì un mese prima di morire. ‘Il nostro affetto – mi scrive Giorgio – è antico e intatto’”. A 74 anni, in un camerino con le sedie di vimini, il gigante del teatro cresciuto osservando “Randone, Carraro e Gianni Santuccio, il più grande attore del dopoguerra” è diventato maestro: “A un certo punto hanno iniziato a chiamarmi così e ho capito che ero diventato veramente vecchio”. L’anagrafe, dice Lavia, è un dettaglio: “Gli anni avanzano, ma il vero problema è che intorno a noi culturalmente è finito tutto. Shakespeare diceva: “C’è stato un tempo”. E per quelli che hanno la mia età, un tempo in cui poter immaginare cose diverse da quelle di oggi c’è stato davvero. La tv ad esempio produceva e mandava in onda L’eterno marito di Dostoevskij, Chattertondi Alfred de Vigny, Padri e Figli di Turgenev e persino Temporale di Strindberg con Ivo Garrani e la magnifica Franca Nuti. L’ho rivisto recentemente e non era affatto male, così come ho rivisto l’Enrico IV di Pirandello con Paola Borboni e l’immenso Memo Benassi. Lo riprendono in primissimo piano e Memo ha una lieve, impercettibile incertezza. Inciampa, ma è in diretta e non può fermarsi. Si avverte come lui si odi in quel momento e si sente che deve trovare la forza per andare avanti. Io lo amo per quell’incertezza. E lo amo proprio perché vedo che si odia”. Oggi si sostiene che il pubblico non capirebbe una tv così.
Si sosteneva anche a quei tempi. Ma chi ci dice che capire sia la cosa migliore? L’arte non dà risposte, solo enigmi. E cosa dà risposte?
La merda dà risposte.
Quella tv non era tale.
Poi è arrivato sulla scena un signore che ha fondato una tv e ha capito che per avere più spettatori e vincere la partita della pubblicità bisognava realizzare il prodotto più scadente possibile. La tv pubblica italiana gli è andata dietro e per emularlo si è rovinata.
Cambiano le prospettive e le ambizioni. Pensare che 40 anni fa, già recitare in un sceneggiato dignitosissimo come il Marco Visconti di Anton Giulio Maiano per la tv con Pamela Villoresi e Raf Vallone, mi pareva motivo di vergogna. “Madonna mia – mi dicevo – sto a ffà ’sta maialata…”. Invece?
Sbagliavo. Un po’ perché mio padre dopo essersi fatto venire un’ulcera al mio “voglio fare l’attore” fece pace con me, smise di considerarmi un perdigiorno e pensò “mio figlio è arrivato” quando lesse una mia intervista su Bolero Teletutto. Su cos’altro si sbagliava?
Su Maiano. Aveva una gran tecnica ed era passato attraverso mille generi. Non gli sarò mai abbastanza grato di avermi insegnato ad andare a cavallo. La mia ex compagna aveva paura che cadendo mi rompessi tutto e mi buttò gli stivali. Su un cavallo purtroppo non sono mai più salito. Magari aveva ragione lei.
Ma in verità da cavallo non cadevo quasi mai. Nell’ultima ora de Il principe di Homburg sono sempre in sella e guido addirittura la carica. Dalla produzione aspettavo 200 cavalli, ne arrivarono 20. Dopo il Principe di Homburg, tra l’85 e il ‘96, sempre con Monica Guerritore come protagonista, lei girò tre film: Scandalosa Gilda, Sensi e La lupa.
Usavo quei film unicamente per usare il mezzo, un po’ come si utilizza tanta carta per disegnare degli schizzi. Mi ingannavo perché avrei dovuto valutare meglio le sceneggiature che mi davano da girare e invece quando mi dicevano: “Tu conosci gli obiettivi, con te famo prima, lo vuoi fà?” finivo per cedere. Fui leggero e sbagliai. Perché in quel mestiere bisogna stare molto attenti. Come mai?
Perché il cinema è un fatto tecnico. Il cinema è solo del regista e l’attore non conta nulla. Il vero protagonista del film è sempre la macchina da presa: la prendi e a seconda di come la sposti trasforma ogni cosa. Prenda una figura nuda. Se le metto la luce di fronte faccio pornografia, ma se la posiziono alle spalle d’incanto rendo il quadro erotico. L’attore al cinema è inerme.
comicità del genere, francamente, che cazzo potevo fare io?
La narrazione non passa che in minima parte attraverso di lui. Ma quei suoi film con l’erotismo come ospite erano operazioni alimentari?
Commerciali al limite, ma alimentari no. Io non ho una lira, perché ho condotto quasi sempre la compagnia da solo e perché diventare ricco devi mettere in scena spettacoli molto poveri. Io li ho fatti sempre ricchissimi. È stato il mio lusso. Non le dispiace non essere ricco o di non aver avuto il percorso cinematografico che avrebbe meritato?
Che mi importa? “Che mi importa del mondo quando tu sei vicino a me”, scrive Mina per Rita Pavone. Non è forse tra i versi più belli di sempre?
Bellissimo, ma le dispiace di non essere ricco grazie al cinema o no?
Evidentemente non ho la faccia. Sono vecchio, ma ho il profilo di un ragazzo invecchiato, poi non ho la pancia, non ho la faccia da commedia all’italiana e non sono un attore dialettale. La definirebbero un attore colto.
Diciamo così. E diciamo anche che il nostro cinema non è colto e non è neanche al livello di quello francese che pure è pensato per gente che ha più o meno il diploma elementare. E cos’è?
Il nostro cinema nel bene e nel male ha presentato, messo in luce e dato una vetrina agli analfabeti di ritorno (Seguono versi e imitazioni in vernacolo romanesco, nda). Con una
Per diventare ricco servono spettacoli poveri Io li ho fatti sempre ricchissimi È stato il mio lusso UNA VITA IN TEATRO
Chiarissimo. Del cinema italiano di oggi cosa mi dice?
Ci sono degli attori che apprezzo molto come Toni Servillo, ma in generale io al cinema non vado. Sono un grande appassionato di western però. Mi dispiace che gli americani abbiano abbandonato il genere. Sul tema, piantando set tra l’Abruzzo e l’Almeria, l’Italia ha avuto una grande tradizione.
Li conosco i nostri western e insomma, diciamo la verità, nella maggior parte dei casi erano inguardabili schifezze. I giovani del tempo poi diventati intellettuali li videro, li riscoprirono e li incensarono insieme agli allenatori nel pallone e al resto della cinematografia di quel lungo ventennio, ma quando un film è brutto non c’è rivalutazione critica che tenga: brutto resta.
Sono vecchio e conosco tutti. Ho visto chi c’era dentro Nanni Moretti diceva che in e sono stato fondo Alberto Sordi ce lo uno dei meritavamo. pochi a non Nella terza e ultima fase di Sordi – immediatamente sucsostenere l’occupazione cessiva a quella in cui voleva IL TEATRO VALLE
parlarci con vena moralistica del piccolo borghese e dei suoi drammi –la fase buonista e malinconica, l’estro, il talento e la genialità di un Sordi ormai anziano quasi non si scorgono. Ma Sordi grandissimo è stato. Soprattutto agli inizi, nel periodo metafisico. Ne Lo Sceicco biancoè assolutamente gigantesco. Lì Sordi è quasi un futurista e Fellini mette in
scena la fantasia di una poveretta e di un mondo cafonissimo prefigurando con 50 anni di anticipo l’Italia delle tv private. Che qualcosa al Paese hanno fatto, ma cosa non lo dico perché altrimenti mi arrestano. Torniamo al western. Sergio Leone almeno le piaceva?
Sergio Leone è un’altra cosa. Aveva dei modelli. Studiava. Non improvvisava. E se serviva, con intelligenza, aveva il coraggio di copiare. Con Un pugno di dollari aveva saccheggiato il Kurosawa de La sfida del samurai tanto che il regista giapponese gli fece causa e vinse. Il film d’altronde era quello.
Anche in un film a cui partecipò – Chi sei? di Ovidio Assonitis – c’era un chiaro plagio de L’esorcistadi William Friedkin.
C’era, ma Assonitis beffò la distribuzione de L’esorcista e riuscì a uscire nelle sale italiane qualche giorno prima del film di Friedkin. Ovidio è un personaggio straordinario. Per Chi sei? aveva ingaggiato un mago degli effetti speciali già al lavoro con Kubrick in 2001, Odissea nello spazio. Sul set di Chi sei?, a San Francisco, io e Richard Johnson, l’ex marito di Kim Novak, ridevamo come pazzi. Lei lo venne a trovare. L’avevo vista ne La donna che visse due volte, non era più la stessa persona, ma emanava comunque una luce. Assonitis, il produttore che aveva fatto esordire il regista di Titanic e Avatar, James Cameron, in Tentacoli aveva lavorato anche con
SECONDO TEMPO
Sabato 24 Dicembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Atletica, addio Miruts Yifter
Il nuovo singolo dei Litfiba
CR7, donazione per Aleppo
L’atleta etiope aveva 72 anni. Vinse i 5 e i 10 mila a Mosca nel 1980, quando ormai era avanti con gli anni: chi diceva ne avesse 36, chi perfino 42
Dal 6 gennaio sarà in rotazione radiofonica “Straniero”, nuovo singolo estratto dall’ultimo disco dei Litfiba, “Eutòpia”. Il 29 marzo l’inizio del tour
L’asso portoghese del Real Madrid, come riferito da Save the Children, ha fatto una “generosa donazione” per i bambini di Aleppo
Tra palco e schermo Gabriele Lavia, 74 anni. Nella pagina a fianco, con Monica Guerritore. Sotto, con Valentina Sperlì. A fianco, al cinema con Laura Morante Ansa/LaPresse
John Huston.
“Ma sai Ovidio – gli diceva – guarda che girare in mare è molto, molto difficile”. Se ne accorsero. Huston aveva realizzato un Moby Dick po co riuscito e sapeva di cosa parlava. Gregory Peck quarantenne nei panni del capitano Achab era totalmente fuori ruolo. La voce bassa adatta al personaggio ce l’aveva, solo che si vedeva il trucco pesante e non ci credevi mai. Nella sua parabola cinematografica ha incrociato spesso Dario Argento.
Sempre per caso. Accadeva che incontrassi Dario per strada e che lui dal nulla mi dicesse: “Gabriè, viè a ffà una posa, dai”. Andò così in Inferno e anche in Non ho sonno. Dirigevo lo Stabile di Torino. Andai a prendere un caffè al San Carlo e incrociai Argento: “Gabriè, non è che me vieni a fa’ una parte?”. In Profondo rosso andò diversamente.
Faccio una finaccia in quel film e una macchina mi schiaccia la testa. Dario
voleva girare con la soggettiva della ruota che finisce sulla mia faccia: “Tanto l’autista frena poco prima”, mi dice. Lo guardo come si guardano i pazzi: “Ma non esiste al mondo e se poi quello frena al momento sbagliato? Questa la giriamo con la macchina che si allontana dalla mia faccia –dico perentorio – e poi tu la monti al contrario” Nessuno se la sentì di eccepire. Ha mai rivisto il film?
Solo molti anni dopo, con mia figlia. È un ottimo film. Ed è la sua miglior regia. Idiosincrasie di Gabriele Lavia?
La pastasciutta. Fino ai 35 anni non l’ho mai assaggiata. La sola idea dello spaghetto mi faceva vomitare.
dei bombardamenti, ci hanno costruito uno dei ristoranti più famosi della città. Non ci sono mai stato. Ho paura della nostalgia. Avrei potuto vivere anche in America, ma quando a mio padre prospettarono il trasferimento e la scelta tra Torino e New York, lui, “per il bene dei ragazzi” scelse Torino. Una dimostrazione plastica di come i genitori per i figli sappiano solo fare il male. (Sorride) Lei di figli ne ha tre e in fondo a Torino deve molto.
Due fanno gli attori, una l’agente degli attori. Andiamo molto d’accordo. Così come
Quale immagine?
Una storia che ripeteva anche tre volte al giorno. Stanno bombardando la Scala e lui cerca riparo correndo disperatamente per via Manzoni. Una sventagliata di mitra da un aereo a bassa quota colpisce un uomo decapitandolo. Quello non ha più la testa, ma continua a camminare per qualche secondo. Non se lo è mai riuscito a cancellare dalla testa quell’uomo.
Nei primi vent’anni di vita, tra Catania, Milano e Torino lei ha cambiato molte città.
Nella meravigliosa casa di Catania, dove le cene erano illuminate dalle candele e dalle lampade a petrolio perché il 90 per cento degli impianti elettrici era fuori uso a causa
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se ce l’hai, devi studiare. E se non ce l’hai?
Non c’è niente da fare.
Quanto talento c’è nel teatro italiano contemporaneo?
Recitare è un’arte molto complessa che viene costantemente svillaneggiata nei teatri del regno. Purtroppo lo spettatore di oggi ha una formazione condizionata dai tanti spettacoli terrificanti che sono fatti da attori senza coscienza e registi che dio ce ne scampi e liberi. Un disastro. Io ho avuto insegnanti importanti, gente come Orazio Costa che da un punto di vista teorico credo che avesse colto una parte segreta del mistero della recitazione. Intuì molte cose e dato che la vita è corta non ebbe il tempo di andare oltre se stesso. Certe volte i vecchi si attorcigliano su tre o 4 concetti e ci rimuginano per anni fino a perdersi. Le fa paura la prospettiva?
Ma io credo di essermi già attorcigliato. Dice sul serio?
In realtà lo dico per civetteria. Il mio modo di fare teatro non assomiglia a quello di 10 o 3 anni fa. Ora porta in scena L’uomo col fiore in bocca e continua a girare a 74 anni i teatri di tutta Italia.
Continuo a studiare tutti i giorni. Non conosco altra strada. Non so se sono un bravo attore, ma so senz’altro che sono un attore.
Dura per un italiano.
Mia madre mi preparava un minestrone e mio padre si augurava che almeno entrassi in banca come lui, colonna del Banco di Sicilia. In Albania, durante la guerra, aveva contratto l’ameba. Era stato trasferito a Milano in convalescenza e lì era stato raggiunto da mia madre e dai loro due figli. Nacqui in una notte di passione, da un raptus. Era destino. Pochi giorni dopo bombardarono Milano. Mia madre tornò a prendere alcune cose a casa e allontanandosi la vide crollare sotto il peso di una bomba. La guerra è sempre schifosa e lascia segni indelebili. Mio padre è morto con un’immagine negli occhi.
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Ha avuto molti amori. Era disinvolto?
Ero molto imbranato. Ha sofferto?
L’amore è cieco e quindi porta
Il panorama italiano C’è una sconsolante mancanza di talento: o ce l’hai o non ce l’hai. E anche se ce l’hai, devi studiare vado molto d’accordo con Monica Guerritore e con la città in cui sono cresciuto. Da ragazzo passavo i pomeriggi al Carignano, oggi mi pare che Torino sia la città culturalmente più interessante d’Italia, mentre Roma è finita. Lei – voce solitaria – fu tra i pochi a criticare duramente l’occupazione del Teatro Valle.
Il problema è che essendo vecchio conosco tutti. Avevo visto chi erano gli occupanti e le occupanti. E cosa aveva visto?
Una sconsolante mancanza di talento. Il talento è innato: o ce l’hai o non ce l’hai. E anche
a sbattere. Ma se non ti fai male alla testa che amore è? Conquista ancora?
Io? Ormai cosa conquisto? Mi sono sposato e poi per limiti d’età non posso conquistare più. Battiato diceva che il desiderio non invecchia quasi mai con l’età.
Mai. Aveva ragione. Il desiderio se vogliamo è una maledizione. Lo è anche recitare? Si vede sul palco a 90 anni come Aznavour?
Aznavour è un grande artista e poi cantare è molto più facile. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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I Pillola
VATICANI, JATTA INSEDIATA “Nessuna discriminazione per essere donna”. Queste le parole di Barbara Jatta, la prima donna nella storia alla guida dei Musei Vaticani. Storica dell’arte e da 20 anni alle collezioni grafiche della Biblioteca Vaticana, Jatta è stata chiamata a sostituire Antonio Paolucci alla guida dei Vaticani direttamente da papa Francesco n
» PAOLO ISOTTA
l Colosso di Rodi, l’immensa statua di bronzo, era una delle meraviglie del mondo antico. Un terremoto un giorno lo distrugge: in pezzi, affonda. I genitali, fallo e scroto, vengono ripescati e, quattro secoli dopo, Tito Cornasidio, procuratore ad Antiochia di Settimio Severo, li acquista per la sua villa sull’Aventino. Il pezzo è “fedele fino all’i n v e r os i m i l e quanto alla rispondenza col vero, eppure libero e sovrano nell’espressione, che era di una forza, di una compostezza, di una maestà del tutto degna del dio”. “Un Pantocratore!”Su di una nave atta a trasportare obelischi egizi giunge a Brindisi: ove le donne sterili e le ragazze da marito vanno a toccare il reperto per l’augurio che, fausta divinità, rappresenta; e di lì, su di un carro con quattro coppie di buoi, a Roma. Il blocco bronzeo, ornamento della d o m u s del magistrato, gli porta fortuna; tanto che viene nominato proconsole della Gallia Lugdunense. Egli assume la magistratura ma i genitali devono raggiungerlo: e partono alla volta di Lione. Giunto nella zona del Lago Maggiore, il carro si sfascia e il pezzo resta al suolo. Il proconsole muore all’improvviso e nessuno si cura di recuperare il divino reperto: che a poco a poco viene sommerso dalla terra e dimenticato. Èra cristiana, 1692. Ad Arona si sta erigendo una statua gigantesca come il Colosso, quella che il cardinale Federico Borromeo volle in onore del cugino San Carlo. Ma i lavori s’interrompono al momento di fondere la testa del Santo: manca il metallo. Intanto il blocco bronzeo è stato per caso disseppellito. In segreto viene fuso: e il cazzo del Colosso di Rodi diventa la testa di San Carlo. SOLO UN GENIO poteva in-
ventare una storia così. Questo genio si chiama Piero Chiara e il racconto è Sotto la sua mano. Il 31 dicembre fanno trent’anni che Chiara è morto e sarebbe il caso che gli venisse riconosciuto il posto di uno dei grandi della letteratura italiana degli ultimi settant’anni. A Chiara, tipico irregolare delle lettere, l’irregolarità, siccome coniugata al suc-
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L’ANNIVERSARIO Rilettura del racconto a trent’anni dalla morte
Come uno scroto diventò testa grazie al genio di Piero Chiara Chi è
Lo scrittore Piero Chiara è morto a Varese trent’anni fa. Un genio troppo spesso sottovalutato Olycom
Eros Casanovista, l’autore di Luino ha scritto anche una critica biografia di D’Annunzio cesso, non veniva perdonata. Era uno “scrittore facile”, un “bozzettista lacustre”. La sua penna aveva un’enorme forza nel narrare molteplici ambienti e certi personaggi sovente fatti di un grottesco ai confini del surrealismo. Egli riusciva a far ridere anche dipingendo l’abiezione della natura umana e certi grovigli di una vita sessuale cupa e cieca, senza un barlume di eros. In altre pagine, l’eros era da lui poeticamente trasfi-
gurato. La sua opera è copiosa, mai ripetitiva e oggi più fresca che mai. Non so se la sua descrizione delle torbidezze dell’eros e di certi sordidi ambienti di provincia nei quali contano solo il denaro e la rappresentazione di casta (quindi, ancora, di denaro) che si dà di sé, sia mai stata accostata a quella di Simenon: più grande di lui, certo – e infatti non ebbe il premio Nobel –ma al quale lo stato di grande della letteratura venne a lungo negato per la sua presunta facilità. Che Chiara fosse dell’eros anche delicato cantore non deve meravigliare se si tien conto che egli è stato anche un impareggiabile erudito casanovista: oltre che pagine biografiche sul grande
avventuriero veneziano ha dato la prima edizione completa e la traduzione dell’Histoire de ma vie ch’è uno dei capolavori della memorialistica settecentesca. E d’un altro campione dell’ero s, Gabriele d’Annunzio, del pari ha scritto una –forse sin troppo critica – biografia. LO CONOBBI, essendo già
suo ammiratore, nel 1974 nella splendida casa di Guido Piovene in piazza Belgiojoso, prospiciente quella del Manzoni, che pure era un oggetto d’amore del grande scrittore. Dal Manzoni aveva appreso l’amore per la ricerca erudita e per l’erudito, addirittura virtuosistico, pastiche, sia nelle grandi che nelle piccole cose di storia locale, dei quali sono intes-
suti molti racconti: il che lo rende affine allo Sciascia delle Cronachette: in comune con lui, del pari ereditato dal Manzoni, un italiano elegante e perspicuo che oggi s’è perso. La fonte del suo gusto erudito è la stessa di Sciascia, Anatole France; la descrizione umana lo mostra adepto di Maupassant. Da Piovene riusciva a far ridere alle lacrime anche quando narrava – come ha fatto in uno dei suoi racconti – dell’internamento svizzero durante la guerra, quand’egli era fuggitivo della Repubblica Sociale: lui e un compagno costretti a imparare a portare un enorme barile pieno di piscio su due stanghe senza farlo oscillare... © RIPRODUZIONE RISERVATA
Piero Chiara è nato a Luino nel 1913 ed è morto a Varese nel 1986. Poeta delle storie del “grande lago”, capace di descrivere l’eros, amante del biliardo e dell’ozio, molti personaggi sono in parte autobiografici. Oltre ai romanzi di grande successo, fu uno dei massimi studiosi di Giacomo Casanova. Nel 1982 venne nominato Cavaliere al merito della Repubblica
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IL DISCO “Hamburg Demonstrations” Il nuovo album dell’ex Libertines
P Pillola JUVE 4 MILAN 5 (D.R.) Il Milan ha vinto la Supercoppa italiana nella partita giocata ieri a Doha. La gara è terminata 1-1 nei tempi regolamentari con le reti di Chiellini per la Juve al 18’ e il pareggio di Bonaventura al 38’. Ai calci di rigore gol decisivo di Pasalic, dopo la parata di Donnarumma su Dybala n
» VALERIO VENTURI
ete Doherty può piacere oppure no. Però – dote rara – va riconosciuto che è un personaggio autentico: se lui e Kate Moss hanno rappresentato la coppia Sid & Nancy degli anni zero, senza dubbio egli era più nel ruolo che la sua compagna cocalera: perché è autenticamente rock, perché ha uno stile, decisamente brit, tutto suo, frutto dell'assimilazione di molti stimoli estetici e culturali, perché gli è piaciuto fare casino e faceva dentro e fuori dai rehab e dalle galere. Questo stile di cui parlavamo si mantiene in tutti i prodotti che il britannico realizza: cd dei Libertines, dei Babyshambles, quelli da solista... Ancora oggi. Hamburg Demonstrations non si discosta dal lotto. Uscito ai primi di dicembre e mediamente ben recensito, è stato inciso ad Amburgo, spesso con musicisti tedeschi, ed e prodotto da Johann Scheerer.
Pete Doherty, snob pop in salsa amburghese Il disco
Hamburg Demonstrations l
Pete Doherty BMG Rights Management Ltd
UNDICI TRACCE, un paio di
singoli ad anticiparlo – come The Whole World is Our Playground, disponibile addirittura ad aprile 2016 in occasione del Record Store Day – e gli ingredienti soliti del suo dandy-minestrone, questa volta ispirato da sei mesi di cieli amburghesi: beat, folk, punk, poesia. C'è un pezzo sull'attentato al Bataclan –Hell to pay at the gates of heaven – uno per ricordare Amy Winehouse, compagna ed eroina (!) – Flags from the old regime –, un altro cantato in duetto con Suzie Martin – Bird cage – che della sopracitata ha il testo inedito (sulla celebrità e il sentirsi in gabbia). Amy spirito ispiratore del disco? Si e no. C'è anche altro. Ci sono idee, anche se il plot non è eccelso. D’alt ron de Doherty si è nutrito di classici
Le undici tracce non conquistano ma sono oneste e possono piacere di sicuro ai fan ma anche agli orfani r’n’r
greco-latini, di poesia elisabettiana, di dandysmo; ha ascoltato tanti generi musicali; ha vissuto sull’orlo della crisi, ha avuto più vite e nella vita da disadattato è ancora immerso. Scrive cose del genere: “Per una persona sensibile, per natura è curioso, anche se in generale sgradevole, sperimentare l’intorpidita vacuità che ammanta l’anima nel pieno di un’autentica e ansiosamente affezionata sessione di sommersione narcotica cronica.” Proprietà di linguaggio, poesia, supercazzola: Pete sa scrivere sia testi che musica generalmente niente male.
Certo, l'esordio del 2009 Grace / Wastelands non aveva fatto innamorare; ma qui c’è quadra. La vera notizia rispetto ad allora, poi, è che Doherty è ancora vivo. Obiettivo minimo raggiunto. L'avrebbero scommesso in tanti? E COSÌ, eccoci alle idee. Dopo
il buon album realizzato con i redivivi The Libertines – Anthems for doomed youth, del 2015 – prevalgono qui atmosfere più rilassate: a circa 40 anni si capisce perché è così (non per tutti, però: ed è un bene). Cori barcollanti, chitarre crunch, ritmi Anni 60, pezzi sull’amore e sulla
Cori barcollanti, chitarre crunch, ritmi Anni 60, amore, morte e attualità Pose un po’ scazzate ma coinvolgenti
morte, riferimenti all’attualità, cantati as usual un po’ scazzati ma con coinvolgimento. Insomma, Pete Doherty è promosso, se mai avesse bisogno di farsi promuovere. Le undici tracce dicembrine del suo disco, un poco electro-beat-folk, non conquistano ma sono oneste e possono piacere: di sicuro ai fan del maledetto d’Albione, ma magari anche ad altri orfani dello spirito del rock’n’roll, costretti a orientarsi oramai tra rapper di Buccinasco, pop strapponesco e vecchie cariatidi. Giudizio: in the middle. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Rocker Pete Doherty è nato vicino a Newcastle nel 1979 LaPresse
STORIEITALIANE Un’esperienza a New York presa al volo e la voglia di mettersi in gioco. Sono i ragazzi che la politica non guarda neanche » NANDO DALLA CHIESA
I
Camilla Longhi, una di quelle ragazze che Poletti vorrebbe lasciare all’estero
l verbo di Poletti le è arrivato addosso a bruciapelo. I nostri giovani all’estero? Un po’ di loro “rimangano dove sono”. Lei, Camilla, ci è rimasta male. Perché all’estero ci è andata per migliorarsi, per uscire dai porti fa- migliori”), ringrazia una lontana bocciatura, miliari e imparare un’altra vita, combattendo pensa sempre che è lei che deve migliorare. la sua guerra psicologica contro quella che in America ha imparato a chiamare la “com- IN FONDO È partita per cambiare se stessa e fort-zone”. Una famiglia benestante, movi- restituire al suo paese una giovane diversa, e ci mentata e numerosa, di quelle dove i genitori è riuscita. L’ultima mail lo spiega con lucidità fanno tanti matrimoni ma non manca il calore autocritica: “Provengo da una famiglia incadegli affetti: ecco la sua palestra di vita. Ge- sinata e discretamente numerosa. Cucinare, nitori “in grado di insegnarmi che tutto può pulire, fare la spesa, la lavatrice, sono sempre succedere, che la vita non è fatta solo di mo- stati compiti di tutti, senza distinzione di sesmenti belli, che bisogna lottare per la felicità e so o età, ma qui è stato diverso. Ho imparato ad arrangiarmi da sola, a tornare a rimboccarsi le maniche, con il casa stanca e trovare il frigo rischio di cadere una volta e poi vuoto, o i vestiti sporchi. Ho di nuovo un’altra, ma rialzarsi imparato a convivere con peruna volta di più. Niente genitosone che non avevo mai visto ri-chioccia o genitori-amici”. prima e con cui non condivideUn passato in bilico tra pivo né lingua né abitudini. Ho grizie e slanci, Camilla è il conimparato a tornare a casa tardi, trario della gioventù vittimisola e in metropolitana. Ho imsta che dà la colpa al sistema. parato ad arrivare a fine mese Non invoca alibi, non si piange con la paura che non mi accetaddosso, ringrazia perfino il tassero la carta di credito. Ho fidanzato che l’ha lasciata (“ha imparato a lavorare con persoavuto il coraggio di rompere la ne che non riconoscevano né routine e permettere a en- In tanti come lei davano valore a ciò che avevo trambi di diventare persone Camilla Longhi a New York
fatto, che mi facevano servire il caffè o pulire i bicchieri senza neanche un grazie o un per favore”. Ma è stata anche la progressiva scoperta delle gioie vere. “È vero. Ho pure imparato a gioire di fronte ad un piatto di pasta scotto e senza sale che la tua coinquilina americana – ma di origini spagnole e filippine – ha provato a cucinare per te. Ad amare la metropolitana, piena di gente, di storie, di culture diverse. O a lavorare duramente e tornare a casa stanca ma gonfia di orgoglio. Ho imparato a conoscere persone che apprezzavano chi ero e cosa facevano, che mi contattavano per chiedermi come poter essere d’aiuto”. Ecco, l’estero praticato come scuola di vita, che insegna la fine dei paracadute. Mentre fratelli e sorelle si distribuiscono tra New Jersey e Sudan, Hong Kong e Milano. Camilla Longhi si era vista respingere la tesi di laurea in luglio. “Così è impresentabile”, le avevo detto. Ci ha pensato un attimo. E senza storie ha deciso di rifarla da capo. Argomento: la crisi di immagine della Rai dopo il caso Vespa-Salvo Riina della celebre puntata di “Porta a Porta”. Nel frattempo ha avuto l’opportunità di uno stage alla Camera di com-
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mercio italiana a New York. “Lascio perdere?”. “Non ci pensi nemmeno”. È partita, ha finito –bene –il suo compito da lontano, mentre lavorava. “Con che spirito me ne sono andata? Quando mi sono trovata in macchina con una delle mie migliori amiche, diretta a Linate, tremavo e avevo la nausea. E pensavo ‘Camilla ma cosa stai facendo? Tu non sei quel tipo di persona’”. Invece è andata benissimo. Ora una compagnia di gioielli le ha promesso che la chiamerà negli Stati Uniti per lavoro. Non vede l’ora. “È assurdo, non trova? Trascorrere anni senza cambiare di una virgola e trovarsi completamente diversi dopo solo tre mesi”. Camilla un cervello in fuga? Sarebbe lei l’ultima a sostenerlo. Una ragazza che è meglio se non torna? Sentitela: “Non so ancora che cosa farò nella vita. Il mio desiderio è di lanciarmi il più possibile, rischiare, provarci, perché le soddisfazioni più grandi le provi quando fai qualcosa di nuovo, quando sfidi le tue paure e i tuoi limiti. Non so quante volte sbaglierò, né quanti caffè porterò e neanche quanto dovrò aspettare prima di trovare la mia strada, ma so che prima o poi, con l’impegno e un pizzico di fortuna, la troverò e la seguirò”. Averne, così. Ma sembra proprio che la politica questi giovani non li voglia conoscere. Poi arrivano le sorprese. Ma questa è un’altra storia. © RIPRODUZIONE RISERVATA
24 » ULTIMA PAGINA Dalla Prima » MARCO TRAVAGLIO
Q
uando la Raggi dice no al magnamagnaolimpico, sono sinceramente increduli, sgomenti. Come si permette questa marziana teleguidata da un “ex comico” di non dire Signorsì, come tutti, come sempre? Da allora, la sindaca Raggi e chiunque le si avvicini diventa un appestato, un lebbroso, un paria da sputtanare e isolare. Lei ci mette del suo, collaborando con errori marchiani alla propria mostrificazione. Ma il resto, il grosso lo fa il Sistema, inventandosi di tutto. Notizie false. Liaison amorose. Persino nuove categorie giuridiche, come quelle che campeggiavano l’altroieri sulle prime pagine: “Ora Raggi può finire indagata”, “Vicino l’avviso di garanzia” (Repubblica), “Probabile invito a comparire per abuso d’ufficio” (Messaggero), “Avviso di garanzia in arrivo” (Giornale), “Raggi presto indagata” (Unità). Nemmeno ai tempi di Tangentopoli si era arrivati a tanto: gli avvisi, così come le iscrizioni, o ci sono o non ci sono. Si possono prevedere, ma aprire le prime pagine dei giornali su un oracolo, fra l’altro piuttosto trascurabile (si parla della promozione del dirigente comunale del Turismo, non di tangenti), fa ridere e pena. Tantopiù che alle tangenti milionarie contestate ai vertici Eni, sulle prime pagine (tranne la nostra) non c’è una riga. E il caso del sindaco Sala, che non “potrebbe essere indagato”, ma lo è tre volte, viene liquidato con molti elogi alla sua comica autosospensione durata tre giorni. Con le interviste di Cantone sulla sua proverbiale onestà, seguite dalla denuncia contro la Raggi. E con il suo annuncio alla Nazione: “Incontro proficuo coi magistrati: sono innocente, resto sindaco”. Ieri poi c’era quella cosetta rivelata dal Fatto: il generale Del Sette che non “potrebbe essere”, ma è indagato per aver spifferato segreti e cimici di un’inchiesta che sta a cuore a papà Renzi: in prima pagina, zero tituli. In fondo è solo il comandante generale dei Carabinieri, mica il capo del Personale del Campidoglio. Oggi, se vorrete trovare traccia del ministro renziano Lotti indagato per la stessa soffiata, dovrete munirvi di microscopio elettronico. E vedrete che la notizia saranno le sue dichiarazioni perentorie: “L’accusa non esiste, i pm mi sentano”. Già, perché gli indagati del Sistema non attendono pazientemente che i pm li convochino (come le perfide Muraro & Raggi): sono loro a convocare i pm per interrogarli. Poi emettono pure la sentenza. Ciò che vale per l’oligarchia, non vige per gli intrusi. All’oligarchia tutto è permesso, ai marziani tutto è vietato. Il Foglio, cui non difetta la spudoratezza, lo scrive da giorni: i 5Stelle vanno arrestati e posti fuorilegge perché – assicura Sabino Cassese, l’ex giudice costituzionale prediletto da Re Giorgio – “qui si parla di eversione”. Evviva la faccia, finalmente uno che ha il coraggio di dire ciò che tutto il Sistema pensa: chi sta fuori dal giro non deve governare e, se sventuratamente vince, non potendosi abolire le elezioni, si aboliranno i vincitori. Alzi la mano chi pensa che, in un Paese così, anche se per miracolo smettessero di fare autogol, i 5Stelle potrebbero mai governare. Buon Natale a tutti.
E
ra quasi mezzanotte, il programma sforava di trenta minuti, ma Fabio e Luciana continuavano a punzecchiarsi come nulla fosse. Abbandonate le cuffie, i tre campioni ridevano in cabina, rassegnati alla comparsata. Dove era finito il Rischiatutto? Forse nemmeno il Signor No avrebbe saputo rispondere. Ma forse era proprio così che doveva andare. Fabio Fazio è partito per rifare Rischiatutto e ha finito per rifare Che tempo che fa, con i suoi ospiti abituali promossi a fare le materie vi-
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IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Rischiatutto, il clone di Fazio e il settimo gingillo » NANNI DELBECCHI
venti. Nell’ultima puntata è caduto l’ultimo velo: il maestro Peppe Vessicchio vestito da Babbo Natale, le grandi domande di Gigi Marzullo, Lucianina sulle ginocchia del Signor No... e poi il presepe vivente, vero archetipo della televisione di Fazio: anche con Quelli che il calcio era andata così, a un certo punto le partite sono sparite e sono rimaste solo le statuine. Nella platea di Quelli che il Rischiatuttoc’era anche il direttore di Rai3 Daria Bignardi, comprensibilmente soddisfatta per
gli ascolti. L’esperimento è riuscito perché cercando una cosa se ne è trovata un’altra: il monumento nazionalpopolare è diventato un gingillo vintage. Fazio voleva tornare bambino e far tornare bambina la Tv, a quando fu davvero lo specchio di un Paese. C’è riuscito, ma non gli consiglieremmo di riprovarci. Rifare il Rischiatutto è servito a rifarlo, ma anche a capire che l’Italia del Rischiatutto non c’è più. Non si resuscitano i morti, al massimo si trasformano i vivi in materie viventi.