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Loreno Michielin, Fabiano Toffoli e Alessandro Zilli, sono i tre soci fondatori del marchio veneto “32”
«Andiamo a tutta birra» LA STORIA rano tre amici al bar che volevano cambiare, se non il mondo, almeno la loro vita. Sorseggiavano una birra tappo corona e si sono detti che si poteva bere di meglio. Molto meglio, 32 volte meglio. Ora Loreno Michielin, assieme all’agronomo e mastro birraio Fabiano Toffoli e all’ingegner Alessandro Zilli, è alla guida di un micro birrificio che produce per il mercato del lusso: 330mila bottiglie all’anno, commercializzate in 24 Paesi, dalla Cina al Messico, per un fatturato di 2,6 milioni di euro.
E
LA TRADIZIONE Michielin è il frontman del trio, cinquant’enne, capello lungo, aspetto un po’ guascone, corporatura robusta, sorriso rassicurante. Nella sua prima vita lavorava a contatto con il pubblico nel settore della ristorazione, ora fa il direttore commerciale e si occupa dei rapporti esterni dell’azienda: va a firmare contratti con clienti in giro per il mondo. Le sue maniere semplici e ruspanti lo aiutano nel dialogo, la qualità del prodotto fa il resto e gli ordini fioccano.
BIRRA AI TEDESCHI «La mia più grande soddisfazione è quando vendo la nostra birra in Germania. Io tifo sempre per il mio Paese e sono orgoglioso che dietro le nostre bottiglie ci siano 70 produttori italiani che ci riforniscono tutto: dalle materia prime - il luppolo e il farro di Monfumo, il miele di castagno del Grappa - al vetro per le bottiglie, dai tappi ai cartoni per l’imballaggio. Tutto made in Italy e i tedeschi lo comprano. Lasciatemelo dire è una goduria. Quando torno in azienda faccio festa con i ragazzi».
«IL MASSIMO DELLA SODDISFAZIONE VENDERE IL NOSTRO PRODOTTO AI CLIENTI DELLA GERMANIA»
LA TRENTADUE La sfida lanciata ai maestri della birra si intuisce già nel nome scelto dai tre soci: 32, come il numero che contraddistingue la bevanda nelle tabelle merceologiche, e via dei Birrai, la traduzione di Rue des Brasseurs, la strada di Bruxelles dei birrifici. Ma ormai gli allievi hanno superato i maestri. La fabbrica di Pederobba, ultimo comune trevigiano prima del Bellunese, ha imposto il suo brand giocoso, tutto colori e confezioni estremamente originali, con il tappo che diventa portachiavi, il cartone su cui è stampato il gioco dell’oca con 32 caselle e l’etichetta delle bottiglie scritta anche in Braille.
BIRRIFICIO 32 A PEDEROBBA Una carrellata di immagini della fabbrica dove si produce la 32. Sotto, uno dei soci: Loreno Michielin
La legge
TRE AMICI IN SOCIETÀ Quella dei tre amici è stata una corsa a tutta birra. «Siamo nati nel 2006, con 50mila euro a testa di investimento. Poi abbiamo fatto anche debiti. La nostra idea era di uscire fuori dagli schemi con un prodotto che si facesse notare sin dal contenitore, ma soprattutto che venisse apprezzato per le sue caratteristiche. Competere con le multinazionali sarebbe stato folle, noi dovevamo puntare a entrare nel segmento del mercato di qualità. Non è una birra da supermercato. Facciamo piccoli numeri che non si possono confrontare con i giganti del settore. La Corona produce 20 milioni di bottiglie al giorno, la Heineken nel mondo ne apre 20 mila al minuto. Se fossimo scesi nel loro terreno ci avrebbero spazzato in un attimo. Noi abbiano subito puntato alle tavole dei buongustai, ai ristoranti di lusso, ad un mercato che può spendere e giustamente pretende qualità».
BOTTIGLIE & QUALITÀ E la qualità si paga: dai 7 ai 15 euro a seconda dell’etichetta. Tutte bottiglie da 75 centilitri, come il vino, niente lattine. La 32 Via dei Birrai non si trova al supermercato, ma nei templi del lusso come il Fondaco a Venezia o l’outlet grandi firme di Noventa di Piave. «Sono vetrine fantastiche - spiega Michielin – che ci servono per avvicinare il
Abbiamo esportato il nostro prodotto anche in Medio Oriente
Stanziati 250mila euro per la promozione Duecentocinquantamila euro per promuovere le birre artigianali venete. È lo stanziamento deciso dal consiglio regionale del Veneto che ieri pomeriggio ha approvato una legge per la valorizzazione dei prodotti e delle attività dei produttori di birra artigianale. Una norma che ha trovato tutti concordi: il testo è stato approvato all’unanimità. mondo. A Noventa passano 4,5 milioni di persone all’anno. Noi abbiamo necessità di farci conoscere sempre di più. Il mercato è globale: sei a Pederobba, ma devi vendere in Libano». E non è il nome di un Paese detto a caso. Beirut è stata l’ultima tappa del tour da “piazzista” di Michielin.
LA BIRRA IN LIBANO «Ma sono loro che ci hanno cercato – chiarisce – è un mercato in grande espansione e molto attratto dal nostro brand. L’influenza francese si sente anche nel bere. E si trattano molto bene, cercano prodotti di alto livello. La strada è aperta, siamo già presenti nei migliori ristoranti, il prezzo in Libano è l’ultimo dei problemi. A dire il vero ho scoperto che ci siamo anche dove
non me lo sarei aspettato. L’altro giorno mi è arrivata una foto scattata da un amico in Ghana: stavano bevendo la 32. Eppure lì ancora non sono andato a vendere».
SUCCESSO PLANETARIO Il successo non ha cambiato Loreno Michielin: ha mantenuto il carattere semplice e in azienda non è il “padrone” ma uno che lavora dalla mattina alla sera, senza concedersi molti svaghi. «Sono anni che non guardo la televisione, alla sera preferisco sistemare i conti». Si racconta con il giusto orgoglio per quanto è riuscito a fare. Da solo, stile imprenditore del Nordest, tutto casa e fabbrica. «Mio padre era un ferroviere e non poteva mantenermi studi alti.
Me lo ha detto chiaramente: bisogna lavorare. E io ho cominciato presto a farlo. Mio nonno, con la saggezza popolare, mi diceva: vola basso e schiva i sassi. E’ un po’ il mio motto. Nulla ti è precluso nella vita, ma servono umiltà e capacità di sacrificarsi. Questa fabbrica l’abbiamo costruita noi, lavorando giorno e notte».
IN FABBRICA GIORNO E NOTTE Lo racconta camminando tra i macchinari dell’impianto di produzione. Con i dipendenti il rapporto è amichevole: «Siamo nella stessa squadra. Quello che si guadagna lo reinvestiamo. Io non licenzierò mai nessuno, ma voglio gente motivata che crede in quello che fa. Mi arrabbio solo quando qualcuno mi dice:
non è possibile. E’ un’affermazione che non accetto, mai accontentarsi. Se perdi la “fame” sei finito». Oltre che fame, per il successo della 32, serve anche sete. In Italia il consumo pro capite è di circa 33-34 litri all’anno. «Gli spazi per crescere ci sono. Il nostro stabilimento potrebbe raddoppiare la produzione, ma facciamo un passo alla volta. E vogliamo andare molto lontano». Fuori dalla fabbrica sventola un tricolore. Michielin lo guarda e sorride: «La nostra azienda è tutta italiana, ma il mercato è il mondo. La nostra birra la bevono anche i tedeschi. Provo la stessa gioia di quando li battiamo a calcio». Vittorio Pierobon © RIPRODUZIONE RISERVATA