Tesi di Laurea triennale 2021

Page 1

IL PERCORSO GENERATORE DELLO SPAZIO

POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Architettura, Urbanistica, Ingegneria delle Costruzioni

CORSO DI LAUREA “Progettazione dell’Architettura” Anno accademico 2020-2021 Sessione di Laurea - Luglio 2021

GABRIELE POGLIANA Matricola 900867



/ABSTRACT L’abstract si identifica come punto d’inizio dell’elaborato, che nasce dalla volontà di rileggere un percorso nell’esperienza accademica-professionale vissuta finora, sia dal punto di vista tecnico-progettuale che di crescita personale. Partendo da questa motivazione, la tesi si pone come itinerario che analizza il tema architettonico del percorso, partendo da un interrogativo: Come il percorso, inteso come linea di movimento, racconta e determina la relazione tra l’architettura e il contesto circostante? L’approfondimento storico, il ridisegno consapevole e la sperimentazione progettuale sono gli strumenti di rilettura più adatti per una comprensione esaustiva e concreta del tema che accompagnerà il lettore lungo tutto l’elaborato. Pertanto, l’elaborato si compone di quattro parti, tutte sotto la suddetta chiave di lettura: - la premessa storica e l’evoluzione del concetto di percorso durante le epoche storiche; - l’analisi di tre riferimenti progettuali realizzati da Tadao Ando, Aurelio Galfetti e Le Corbusier; - la presentazione di due sperimentazioni progettuali (LINE e CUVOID); - la visione cinematica dei progetti, attraverso una sequenza di fotogrammi.

3


/PREMESSA

Per affrontare il tema del percorso e trarne più spunti possibili, l’elaborato necessita di presupposti di tipo storico e nozioni teoriche, riguardo allo sviluppo e all’evoluzione del tema stesso nei secoli.

“L’opera non è soltanto l’oggetto, ma anche quello che lo circonda e i vuoti, gli spazi.”

4

4 -Oscar Niemeyer

3 2

1

Analysis of the Acropolis “Histore de l’Architecture” Auguste Choisy, 1899

Nel Settecento, il principio organizzatore dell’oggetto architettonico concepito come unità si incrina e viene sostituito dal pavillonsystem, dove l’architettura è pensata come insieme di elementi che mantengono una propria autonomia, sia formale che funzionale. Questo concetto – generato da Kaufmann, elaborato da Ledoux e perfezionato da Durand – costituì un’anticipazione del Movimento Moderno, tendente a ridurre il numero degli elementi, ponendo maggior “attenzione sul loro assemblaggio, sul loro disporsi e manifestarsi; sulla narrazione degli spazi e sulla capacità evocatrice”¹. Il landscape gardening è la prima sperimentazione progettuale che si fonda sulla giustapposizione di elementi secondo un controllo prospettico non simmetrico e un principio di concatenazione di visuali studiate su un percorso prestabilito. Proprio questo principio è affrontato in maniera molto dettagliata da Pisana Posocco, architetto che ha collaborato alla stesura del libro “Cinque interventi sulla composizione architettonica”.


Il suddetto scritto porta come primo e fondamentale esempio di “composizione architettonica per elementi” l’analisi dell’Acropoli di Atene condotta verso la fine dell’Ottocento dallo storico Auguste Choisy. Egli descrive i modi di costruzione della sequenza di visuali, non assecondando quindi una logica costruttiva basata sulla geometria e sulla simmetria. Egli non ritrova in questa composizione di elementi un centro fisico dell’architettura, ma – cercando di immedesimarsi nel visitatore dell’Acropoli del V secolo – ritrova la necessità del movimento del soggetto all’interno dello scenario progettato, così da cogliere una molteplicità di scorci e prospettive. Ora il controllo numerico e geometrico dello spazio e dell’oggetto architettonico è in fase di decadimento, a favore della percezione umana. Un aspetto che farà parte delle architetture future basato più sul ricordo [re-cordis] della prima impressione. Se l’occhio che osserva l’architettura non è più assoluto – basato sulle proporzioni vitruviane – ma diventa relativo al fruitore dello spazio architettonico, la visione dello stesso muta da una posizione statica ed eterna ad un movimento dinamico e versatile, sia nello spazio che nel tempo.

1

Entrata con prospettiva centrale dei Propilei

2

Prima vista della piazza: Athena Promakhos

3

Il Partenone e la sua prospettiva obliqua

4

L'Eretteo e la sua elegante silhouette

5


/IDENTIKIT

6

INSIDE / OUTSIDE

UP / DOWN

CUTTING THROUGH / MOVING AROUND

NARIWA MUSEUM OF FINE ARTS Okayama (JAP)

BAGNO DI BELLINZONA Bellinzona (CH)

CARPENTER CENTER OF THE VISUAL ARTS Cambridge, Massachusetts (USA)

Tadao Ando 1992-1994

Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trumpy 1967-1970

Le Corbusier 1959-1963

DIMENSIONI PERCORSO: 1.5x140m

DIMENSIONI PERCORSO: 4x440m

DIMENSIONI PERCORSO: 3x110m


/LINE

/CUVOID

DMI Casa della Musica Ex Consorzio Agrario, Latina (LT)

Museo archeologico del Trentino-Alto Adige Parco delle Semirurali, Bolzano (BZ)

LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 3 _ a.a. 2020-2021 Cristina Pallini, Antonia Di Lauro, Aleksa Korolja

LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 2 _ a.a. 2018-2019 Carlo Alberto Maggiore, Patrizia Buzzi, Giulia Fava

GRUPPO 13: Simone Nidoli, Federico Pozza

GRUPPO 5: Luca Di Fraia, Ralph A. Rivera 7


/LINEA DI MOVIMENTO

“L’architettura è un pretesto. Importante è la vita, importante è l’uomo!” -Oscar Niemeyer

8

INSIDE/OUTSIDE Il Nariwa Museum of Fine Arts sorge lungo il fiume Takahashi in una zona periferica, assecondando la tendenza internazionale a stabilire centri di apprezzamento dell’arte al di fuori delle aree urbane; in particolare tra un fronte strada trafficata e un ripido pendio montano. Il museo progettato da Tadao Ando è un edificio costruito ex-novo, inserito tra il municipio e la scuola pubblica, per avvicinare i concetti di istituzione e arte (fig.1). Per far accedere il fruitore al museo, l’architetto ha totalmente ignorato la tendenza di incorniciare l’ingresso in modo frontale, addirittura lo nasconde sul “retro”, rivolto verso la montagna.

Tadao Ando ha voluto disegnare un percorso esterno che avesse un dialogo intenso con la natura circostante, infatti – proprio per questo motivo – la rampa sembra essere sospesa su uno specchio d’acqua. Percorrendola, il soggetto instaura un rapporto sempre differente con il setto murario che lo costeggia: a volte esclude dalla sua vista l’edificio, mentre altre volte gli permette di inquadrare tutti gli elementi sia architettonici che paesaggistici – come un’istantanea (fig.2). Inizialmente la rampa ascensionale è l’unico elemento percepibile – insieme al setto adiacente; dopo la svolta di circa 110°, si verifica un momento di stupore e di curiosità nel voler decifrare l’apparente complessità dell’edificio.

In questo momento, si riconosce l’edificio come un assemblaggio di diversi elementi: il setto, il percorso, l’acqua e la montagna antistante (fig.3). Arrivando finalmente all’entrata, si cominciano ad intuire diversi ambienti attraverso alcuni scorci: le sale espositive, il patio esterno e la fine del percorso. Una volta entrati nel museo, ci si ritrova in uno spazio a doppia altezza – all’occasione espositivo – che permette l’accesso alle sale espositive. Inoltre, si affaccia su un patio esterno, delimitato dal percorso che man mano raggiunge la quota inferiore più a stretto contatto con l’acqua, elemento naturale fortemente legato alla cultura orientale (fig.4).


MUNICIPIO

MUSEO

SCUOLA

fig.1

fig.2

fig.3

9

Costeggiando il patio, il fruitore scopre lungo il percorso delle bucature nel setto murario che permettono di osservare il paesaggio come se fosse un’opera d’arte dentro la sua cornice. Inoltre, il fruitore stesso si ritrova nella “scena” inquadrata alla prima svolta della rampa, riconoscendo il tracciato già percorso e gli elementi già visti (fig.5). In conclusione, oltre a dividere l’interno e l’esterno del museo, il setto murario è una linea di confine tra un’attrazione artistica e culturale – contenuta nel volume del museo, statica – e un evento di bellezza assoluta – la natura mutevole nel tempo.

fig.4

fig.5


UP/DOWN Il concorso per la progettazione e la realizzazione del nuovo Bagno di Bellinzona viene bandito nel 1967 in continuità con il piano urbanistico Colombo con lo scopo di dare una gerarchia agli assi viari della cittadina e di creare una serie di collegamenti pubblici pedonali che “integrassero i monumenti, i Tre Castelli e la Murata, nel tessuto vitale della città attraverso il loro risanamento e riuso”².

10

Il progetto di Aurelio Galfetti propone un ponte urbano sopraelevato che collega la strada ciclopedonale – posta tra il fiume Ticino e il canale Saleggi – e un parco dal quale si diramano tracciati viari che portano alla base della Murata. Purtroppo, il progetto urbanistico è tuttora incompleto, infatti il collegamento in quota della Murata con la strada ciclopedonale è interrotto (fig.6). L’aspetto territoriale e urbanistico è stato fondamentale nello sviluppo del progetto, in quanto “è anzitutto un progetto di percorso a cavallo tra architettura e infrastruttura, che anticipa la stagione dei grandi progetti territoriali disegnati da Aurelio Galfetti e Flora Ruchat-Roncati”3. La genesi del progetto si compie in un episodio alquanto bizzarro, secondo cui l’idea della passerella sarebbe stata suggerita da una lunga stecca di balsa posata quasi per caso sul modello di studio. Ma il progetto non è solo una “stecca”, una semplice linea, bensì un percorso che racconta una storia: l’esigenza di un passaggio pubblico pedonale che definisse la gerarchia dei tracciati esistenti e valorizzasse

il paesaggio bellinzonese, riorganizzandone il territorio. Lo stesso Galfetti sostiene che “materializzare un percorso o semplicemente costruire un percorso a 6 metri di altezza che collega la città al fiume, attraversando la valle del Ticino, significa mettere in relazione lo spazio pubblico delle piscine, con la pianura, la collina di Castelgrande, la città, la montagna e il cielo”² (fig.7). Si accede al percorso in due modi diversi: sia tramite una torretta di risalita posta a lato della strada ciclopedonale, che attraverso una rampa che scavalca la via Mirasole – una delle principali strade locali – e si conclude in un parco locale (fig.8). Attraverso l’utilizzo della passerella, il fruitore ha la possibilità di godere di uno spazio pubblico dal quale poter avere un punto di vista altro sugli elementi che caratterizzano la città: il centro storico, i castelli, il fiume Ticino e le montagne che circondano la valle (fig.9). “L’intera composizione è incardinata a <<lo spazio della passeggiata, lo spazio del movimento, lo spazio del percorso che si fa per accedere all’entrata>>”³, ma nonostante questo, gli architetti non inquadrano vedute, non pongono in risalto né occultano parti di paesaggio, quindi in altre parole non introducono delle gerarchie percettive sulla scorta di un progetto di spazio. Il Bagno di Bellinzona è dunque un progetto di percorso che diventa un progetto di paesaggio (fig.10). Il fruitore può proseguire su questa linea in quota oppure raggiungere i livelli inferiori fino ad arrivare al piano terra, completamente libero da ogni struttura.


fig.7

fig.6

fig.8

fig.9

fig.10

11


CUTTING THROUGH/MOVING AROUND

12

“Questo schizzo è un indice. Possiamo riconoscere quattro parole che probabilmente corrispondono a parti di edificio, emergenti dalla sagoma approssimativa dell’edificio. L’unica cosa che sfugge dall’ordine del programma funzionale è l’elemento lineare ascendente simile a un ponte, manifestato come un paio di tratti di grafite, che tagliano i segni circostanti. Se le linee sul primo schizzo indicano una sorta di prima composizione volumetrica, le linee sovrapposte nella parte superiore della rampa segnalano un evento. La rampa è concepita come un binario in cemento per una telecamera in movimento – cioè la visuale dello spettatore. Sembra quasi che sia impostato un percorso predeterminato per evocare un’esperienza sensoriale. Lo sguardo mette in moto le quattro parti – I, II, III IV”4 (fig.11). L’architetto aveva la convinzione che un edificio di arti visive dovesse dimostrare innovazione e creatività, quindi se fosse stato utilizzato uno stile neo-georgiano tradizionale – appartenente a tutti gli edifici universitari e culturali nelle vicinanze – sarebbe stato quasi una contraddizione. Si ritrova la stessa volontà innovativa anche nell’orientamento dell’edificio: l’isolato universitario di Harvard è regolato da assi ortogonali tra loro che disegnano gli ingombri degli edifici limitrofi, ma il Carpenter Center impone un segno obliquo, una deviazione che permette l’attraversamento dell’isolato in una modalità totalmente inedita (fig.12). La rampa genera continuità con i percorsi del complesso universitario, consentendo agli

studenti di spostarsi da un edificio all’altro intraprendendo un’esperienza spaziale. “Sfortunatamente, Le Corbusier non aveva capito che pochi studenti avrebbero avuto bisogno di percorrere la passerella sopraelevata, quindi l’Università ha svolto un lavoro encomiabile aggiungendo un cafè alla Sert Gallery, dando alle persone un motivo per usare la rampa più spesso. Indipendentemente da ciò, la rampa offre un’esperienza impressionante; una sequenza di eventi spaziali definisce ciò che Le Corbusier chiamava promenade architecturale.”5. Il testo dello scrittore Heineman del “The Harvard Crimnson” provoca il lettore: “Prova a salire la rampa in una giornata luminosa; la parte inferiore scura dell’edificio in cima alla rampa fornisce una splendida cornice agli edifici illuminati dal sole che si trovano oltre. [...] In piedi in cima alla rampa, guarda i brise soleils: i deflettori angolati destinati a oscurare il sole diretto mentre ammettono la luce naturale nell’edificio (fig.13). Le Corbusier era estremamente preoccupato per il percorso del sole e ne studiava gli angoli in diversi momenti della giornata a grande distanza. Di conseguenza, dovresti rivisitare l’edificio in diversi momenti della giornata per sperimentare i diversi tipi di luce che Le Corbusier ha essenzialmente progettato nell’edificio.”5 (fig.14). La promenade architecturale identifica un punto di entrata e di uscita, un gesto e un movimento lineare che penetra tutti gli elementi dell’edificio, tagliando molteplici livelli. La sezione longitudinale dell’edificio è resa visibile all’occhio umano, esponendo chiaramente un’idea: la corporeità dell’edificio


viene interrotta dalla passerella, facendo spazio ad un’esperienza di movimento attraverso il mondo dell’arte (fig.15). Considerando però l’entrata principale – posta al piano interrato – l’edificio viene circondato da molteplici linee di movimento possibili: studenti che sostano/passano sul prato circostante, tra la “foresta di pilastri” o addirittura sotto la rampa (fig.16).

fig.15

fig.11

fig.12

13

fig.16

fig.14

fig.13


/LINE Il bando della trasformazione dell’ex Consorzio Agrario provinciale di Latina (fig.17) in Casa della Musica ha inizio con l’esigenza di progettare un vero e proprio polo culturale, dove, oltre ai luoghi strettamente adibiti alla riproduzione della musica – luoghi deputati all’ascolto –, lo spettatore si può trovare immerso nel DMI (Dizionario della Musica Italiana), ambiente teso alla sperimentazione e alla divulgazione del mondo musicale, soprattutto nello scenario italiano.

14

Il concept del progetto LINE punta a tracciare un percorso totalmente accessibile al pubblico che caratterizzi il dialogo con il Parco Falcone-Borsellino e detti una sequenza narrativa all’interno della Casa della Musica, determinandone un ordine e diverse spazialità.Se osserviamo l’area di progetto, sono evidenti le due giaciture ruotate tra loro: la prima asseconda la Fascia della Cultura (fig.18) – costituita dal Teatro Moderno, Palazzo “M”, il cinema, la Casa della Cultura, concludendosi con l’ex Consorzio Agrario provinciale- e la seconda è identificabile con un lato del parco. Il progetto di paesaggio si pone come raccordo tra le due giaciture, dando continuità al percorso del parco raggiungendo così l’inizio della rampa di accesso principale alla Casa della Musica. Il fruitore attraversa diversi ambienti che richiamano i quattro territori presenti nell’Agro Pontino: campagna, montagna, duna costiera e città (fig.19). Questi temi prendono vita con la giustapposizione di piantumazioni e alberature autoctone con pavimentazioni e rivestimenti che aiutano lo spettatore a orientarsi.

Arrivato ai piedi della rampa, si apre uno spazio completamente differente, poiché ci si ritrova nella piazza principale dove sono identificabili gli interventi principali per la composizione del progetto (fig.20): il mantenimento del padiglione A, l’arretramento della facciata del padiglione B e la demolizione del padiglione C. Inoltre, arrivati alla piega di 90° del percorso ad una quota intermedia, è presente un Ginkgo Biloba, che funge da perno di rotazione tra le due giaciture e da punto di collegamento visivo tra tre elementi allineati: il Parco Falcone-Borsellino, il progetto di paesaggio e LINE. Continuando sulla passerella, il percorso si allarga generando così una terrazza utile come sosta e come palco da cui ascoltare la musica suonata dall’orchestra. Arrivato alla seconda terrazza, lo spettatore è al piano superiore ed entra in un ambiente coperto del padiglione B dove è presente l’entrata principale per l’auditorium raggiungibile rimanendo sulla passerella sospesa. Entrando nel padiglione A, il percorso diventa interno e il fruitore si ritrova tra la parete nord del padiglione stesso e un setto in cemento a vista colorato – elemento “accompagnatore” durante tutto l’itinerario interno –, il quale si ferma ad una quota inferiore del soffitto, lasciando intuire la presenza di uno spazio altro (fig.21). Il passaggio dal padiglione A al nuovo padiglione C si affaccia su un ambiente filtro a doppia altezza che permette il dialogo tra il progetto del nuovo e la facciata interna preesistente del padiglione C (fig.22). Il rispetto della storia del complesso preesistente è un tema presente anche nel nuovo padiglione C, dove il muro di confine


con il resto dell’isolato assume un significato simbolico. Nel nuovo padiglione, il percorso è esterno ma coperto, in modo da permettere l’accesso alle sale di registrazione e alle salette prenotabili, mentre si scende di quota fino ad arrivare ad un ambiente a doppia altezza adibito alla “contemplazione” della musica, dove il percorso ne diventa un fondale scenico. Infine, il percorso sfocia nell’ultimo ambiente che è il foyer al piano terra, dove è possibile ricostruire tutta la linea di movimento tracciata, grazie alla promenade architecturale.

MO NT AG N

D

A

C B

CA MP

AG N

DU

NA

A

CIT

A

Percorso principale

N fig.20

15

fig.21

fig.22

fig.18

Percorso secondari e zone di sosta

Pavimentazioni e piantumazioni

N fig.17

fig.19


/CUVOID

16

Il bando della progettazione del nuovo Museo archeologico del Trentino-Alto Adige parte dall’esigenza concreta di collocazione e musealizzazione di uno dei più importanti reperti archeologici umani conosciuti, Ötzi, di tutti gli ambienti necessari al mantenimento della mummia e di altri spazi pubblici utili a generare un vero e proprio centro culturale: varie mostre, biblioteca, area ristoro, laboratori di ricerca e aule didattiche. CUVOID (dall’inglese cube=cubo e void=vuoto) si colloca nella periferia di Bolzano, su un dislivello naturale dato dalla sponda del fiume Isarco, nell’intersezione tra il Parco delle Semirurali e il Parco lineare, che arriva fino al centro città: in questo modo, si relaziona al sito archeologico dell’ex Chiesa di Santa Maria in Augia. Inoltre, la predisposizione di un ponte pedonale che attraversa il fiume è indispensabile per migliorare l’accessibilità del museo. Il concept del progetto è basato su un cubo che cade sull’area di progetto; in questo modo, esternamente il cubo non viene violato, al contrario si dichiara quasi completamente ermetico – ad eccezione del suo contatto con il terreno –, mentre internamente il cubo si svuota, generando uno spazio centrale a tutta altezza che si contrae e si dilata ad ogni piano a seconda delle destinazioni d’uso (fig. 23). Il vuoto generatosi interessa interamente il foyer principale e prosegue sia verso l’alto, terminando in copertura con un lucernario che permette di far filtrare la luce naturale all’interno dell’edificio, sia verso il basso, sfociando in una parete trasparente che permette di osservare alla stessa quota i resti dell’ex Chiesa di Santa Maria in Augia.

All’interno di edifici compatti e massivi come CUVOID, il tema del percorso è fondamentale sia per la distribuzione orizzontale e verticale sia per la definizione spaziale del progetto (fig. 24). La circolazione interna tra i piani è organizzata all’interno della fascia di distribuzione, che comprende una scala centrale a due rampe incrociate indipendenti, due ascensori pubblici, un montacarichi, due scale di sicurezza nei punti estremi e due asole tecniche. Il percorso al piano interrato è impostato come una linea del tempo; l’esposizione è distribuita lungo un corridoio che connette le grandi nicchie ospitanti le diverse epoche: Neolitico, età del Rame, del Bronzo, del Ferro, Romano e Medioevo. Si alternano salette di proiezione multimediale, pareti allestite, nicchie che riproducono gli habitat preistorici e stanze con reperti in esposizione. Arrivato davanti ad una parete trasparente, il fruitore può osservare in uno spazio di sosta i resti dell’ex chiesa tardo-romanica, mentre legge la storia del quartiere locale: questo aspetto lega la preesistenza esterna all’itinerario museale interno (fig.25). Invece il percorso dedicato al corpo di Ötzi si sviluppa su due piani. Il primo ha l’obiettivo di disorientare e generare curiosità nel fruitore, mostrandogli degli elementi che inquadrino la figura di Ötzi – armi, utensili e vestiario –, dopodiché si ritrova improvvisamente in un corridoio con una sezione molto snella (1.8x11.5m) che impedisce la completa comprensione dello spazio in cui si sta inoltrando, ma grazie alla quale riesce ad intuire di essere all’interno di un ambiente più ampio.


Una volta all’interno, si ritrova in un ambiente a doppia altezza molto spoglio dove il corpo di Ötzi è al centro dell’attenzione (fig.26). È presente un coronamento al secondo livello nell’angolo nord con feritoie che permettono l’ingresso di luce naturale diffusa e nell’angolo sud dalla scansione di lastre in alluminio. Al secondo piano si trova un’area di informazioni mediche molto più precise riguardanti il ritrovamento principale. In conclusione, il fruitore osserva da un punto di vista più alto l’ambiente a doppia altezza, dove riscopre il momento più intenso del percorso museale.

MOSTRA DIGITALE

OTZI 1

AULE

BE

SU

VO I

BT

D

RA CT IO N

VO LU M

E

BAR

BAR

OTZI 2

MO VE

CU

OTZI LAB LAB

TEMPORANEA

17

SALA CONFERENZE

INGRESSO 1

UFFICI

INGRESSO 2

INGRESSO 2 ARCHEOLOGICA

DEPOSITO VISITABILE

DEPOSITO

DEPOSITO VISITABILE

fig.24

N

fig.25

fig.26

N

fig. 23


/RAPPORTO CON LE FUNZIONI

“L’opera non è soltanto l’oggetto, ma anche quello che lo circonda e i vuoti, gli spazi.” -Oscar Niemeyer

18

UP/DOWN Come suggerisce il titolo, il progetto si basa su punti di vista a quote differenti: pone un “sotto/sopra”. Questa sovrapposizione, però, è concepita e sviluppata esattamente al contrario rispetto ad un tradizionale edificio pubblico: il percorso pubblico è alla quota più alta, gli ambienti funzionali sono ad una quota intermedia, infine le attrazioni principali (piscine) sono al piano terra.

Galfetti prevede una serie di funzioni strettamente legate alle piscine (biglietteria, aree ristoro e spogliatoi) collocate in box esattamente al di sotto della passerella e collegate tra di loro con pianerottoli che permettono al fruitore di mantenere il contatto visivo con tutti i livelli. Inoltre, allo stesso livello (intermedio), sono presenti due piattaforme sopra cui possono essere organizzati eventi sociali, in modo da rendere il progetto parte integrante della vita bellinzonese (fig.27).

Addirittura, il piano intermedio, più che gravare sul terreno, sembra essere ancorato alla passerella che le fa da copertura. Questa soluzione ha l’obiettivo di lasciare intatta l’area di progetto, adibita esclusivamente all’utilizzo delle piscine e al collegamento tra di esse.

Tramite numerose scale (fig.28), si può accedere al parco, dove si trovano una pista di pattinaggio in-line, un campo da beach volley, una vasca olimpionica e un’altra dotata di una serie di trampolini e piattaforme per i tuffi. Queste ultime due piscine sono collegate da un percorso perpendicolare al tracciato della

passerella (fig.29), che in fase preliminare della proposta di progetto doveva collegarsi a nord con la via Brunari (entrata principale secondo il bando). Inoltre, è presente una vasca per bambini, che è stata oggetto di un lungo processo progettuale (fig.30-31): “dall’iniziale forma organica si trasforma in una geometria sensuale e giocosa, incardinata al motivo della figura a chiasmo ricorrente nell’opera lecorbusiana, che gli autori desumono probabilmente dal Carpenter Center for Visual Arts, pubblicato nel numero di Zodiac, apparso nell’estate del 1996”³. Nel medesimo numero della rivista, è presente una doppia pagina di fotografie del Campidoglio di Chandigarh, che costituisce un’altra possibile fonte di ispirazione per il progetto del Bagno di Bellinzona (fig.32).


fig.27

fig.28

19

fig.30

fig.29

fig.31

fig.32


INSIDE/OUTSIDE Il museo è definito da un’abile intersezione tra due parallelepipedi semplici e una linea spezzata – setto murario – a cui è ancorato il percorso (fig.33). La polarità tra questi elementi genera degli ambienti interstiziali molto interessanti: l’area ristoro ha uno spazio esterno al coperto a contatto con l’acqua (fig.34), il foyer a doppia altezza e il patio esterno.

20

È evidente che il percorso impone un limite tra interno e un esterno, attraverso il setto murario decisamente sproporzionato rispetto alla dimensione e all’occhio umano, ma che permette di direzionare lo sguardo in un modo totalmente inedito. Esternamente non sono previste funzioni specifiche – se non quella di itinerario paesaggistico –, mentre all’interno – una volta attraversato il setto – si possono visitare tre principali sale espositive; ognuna di queste si differenzia dalle altre per un differente carattere spaziale o tematico. Al piano superiore -piano di entrata principale –, la prima sala ospita la mostra permanente relativa alla vita e produzione artistica di Torajiro Kojima, pittore impressionista locale molto apprezzato in Giappone per aver assimilato e fatta propria questa tecnica pittorica prettamente occidentale (fig.35). Passando alla seconda sala, ritroviamo un’analogia alla rampa esterna, in quanto lo spettatore deve attraversare uno spazio a doppia altezza sopra ad una passerella, sorretta da colonne in cemento a vista. Questa sala espositiva è adibita all’esposizione della collezione di fossili soprattutto vegetali della zona circostante, conosciuti in tutto il

mondo come “Flora Nariwa”, di cui alcuni risalenti anche al Triassico – 230 milioni di anni fa. Finita la suddetta esposizione, si riattraversa lo spazio a doppia altezza ma al piano terra, dove all’occorrenza vengono allestite mostre temporanee spesso d’arte contemporanea (fig.36). Infine, l’ultima sala vanta la “Collezione Torajiro Kojima Egitto” che consiste in una raccolta da parte dell’omonimo pittore di antiche reliquie egizie e una serie di amuleti in ceramica (“Shabutei” e “Amulet”) risalenti dall’età predinastica alla tarda dinastia cinese (fig.37).


Piante e schemi compositivi

fig.34

fig.35

21

fig.33

fig.36

fig.37


CUTTING THROUGH/MOVING AROUND

22

“La rampa nello schizzo è un'entità auto esplicativa: un gesto semplice e muto a cui gli elementi programmatici sono attaccati, inscritti e con cui si intersecano (fig.38). Il punto in cima alla rampa, da qualche parte al centro di questa configurazione enigmatica, è di massima intensità: queste linee scure e spesse sono il risultato del movimento in un momento di ispirazione che caratterizzerà il progetto.”4 (fig.39). Le Corbusier detta un ordine verticale interno ben preciso, legando ogni piano ad un tipo di espressione artistica differente, rappresentando così una sorta di evoluzione dell’artista: I “luce e comunicazione” al piano interrato – proiezioni cinematografiche; II “forme tridimensionali” al piano terra – scultura; III “forme bidimensionali” al secondo piano – pittura; IV “spazio espositivo” al terzo piano.

L’intersezione tra il percorso artistico ascendente interno e il ponte pubblico passante permette di esplicitare il cuore del progetto: un ambiente a tripla altezza esterno ma coperto dove il fruitore ha la possibilità di avvicinarsi all’arte esposta, nonché apice della sequenza narrativa e artistica (fig.41).

Al piano interrato è presente un ambiente destinato alla ricerca cinematografica e fotografica, dove l'artista inizia il suo percorso ascensionale come osservatore alla ricerca – lo spazio-tempo della proiezione. Al piano terra, impara a maneggiare la materia con le sue mani – tre dimensioni. Al secondo piano, proietta le sue idee sul cavalletto con il colore e il segno – due dimensioni. Sul terzo, all'interno dello spazio rettangolare della mostra, si stacca finalmente dal risultato dell’atto creativo, che viene messo in mostra (fig.40), raggiungendo il suo compimento artistico. Piante


fig.38

fig.39

23

fig.40

fig.41


/LINE

24

La linea di movimento definisce il limite tra l’interno e l’esterno dei volumi funzionali, nell’ordine: auditorium, affaccio sull’officina della CdM, DMI/spazio espositivo, sale di registrazione, spazio musicale, foyer al piano terra, area ristoro. Il principio che regola l’accesso alle funzioni si basa sul riferimento progettuale del Nariwa Museum of Fine Arts di Tadao Ando, quindi sull’apertura del muro laterale – sinistro – del percorso (fig.45). Cominciando dall’esterno, sotto la prima terrazza, lo spazio pubblico è accessibile e utilizzabile sia per una sosta riparata in caso di maltempo che per il posizionamento di sedute provvisorie nel caso in cui lo sfondamento della facciata del padiglione B diventi palcoscenico per esibizioni all’aperto. Verso questo ambiente esterno ma coperto, si affacciano diversi spazi di LINE: l’officina a nord, l’area ristoro e il foyer al piano terra con un’ampia vetrata che conclude il percorso.

Riguardo al nuovo padiglione C, per accedere lateralmente alle sale di registrazione, è stato necessario allargare i pianerottoli ai fini di portare la luce naturale fino al piano terra e di avere un prospetto pulito e semplice. Nella pianta sono messe in evidenza le zone fredde della Casa della Musica, le quali nel padiglione C sono comunque coperte. La zona ristoro apparentemente non si relaziona con il percorso, ma lo spazio è ricavato volumetricamente dal limite che il muro esterno alla rampa impone e imprime al piano terra; lungo questo limite, è prevista un’entrata secondaria pubblica totalmente indipendente dal percorso principale.

Se analizziamo le funzioni interne di LINE, possiamo notare che l’auditorium è proprio il cuore del progetto, distanziato dal percorso principale ad est con il foyer e ad ovest con il retro del setto colorato. Lateralmente all’auditorium, verso nord, si trova lo spazio espositivo che si affaccia su una doppia altezza – utile per installazioni temporanee di dimensioni notevoli – al quale si accede lateralmente. Nello spazio filtro che collega il padiglione A al padiglione C, il percorso è sospeso e si stacca completamente dal padiglione D che si dichiara indipendente rispetto al linguaggio del prospetto interno e autonomo a livello strutturale e funzionale (spazi adibiti ad uffici). fig.42


0

5

10m

N

+ 0.00

+ 4.70

+ 1.25

+ 4.70

+ 0.35

+ 3.00

B

B’

+ 0.00

+ 4.70

+ 0.95

+ 4.70

+ 0.00

- 0.30

25 + 4.70

+ 3.50

+ 4.00

- 0.30

+ 0.00

- 0.30

Pianta primo piano

Sezione BB'


/CUVOID La fascia di distribuzione si compone di due vani scala di sicurezza alle sue estremità, gli ascensori, un montacarichi e due rampe incrociate indipendenti (fig. 43); queste ultime permettono un’agevole distribuzione verticale e una distinzione tra percorsi pubblici e privati, quindi tra spazi serviti e spazi serventi. Questo consente ai due corpi indipendenti di svilupparsi su altezze diverse e in modo sfalsato.

26

La fascia di distribuzione divide l’edificio in due corpi separati: quello di sinistra a C, che si affaccia al parco lineare e al parco delle Semirurali, permette una maggiore versatilità della configurazione spaziale e funzionale, mentre la stecca di destra si dichiara più rigida, essendo rivolta verso una zona recintata composta da alti complessi residenziali. Il corpo a C comprende gli ambienti movimentati, come i due foyer, i servizi per il pubblico, la mostra permanente archeologica nel piano sotterraneo, la biblioteca con la sala lettura e quella di studio, la mostra temporanea, la mostra di Ötzi e la terrazza accessibile. Esso si affaccia sul vuoto volumetrico centrale, determinandone gli affacci interni. Il corpo a "stecca", invece, si presta ad ospitare gli spazi ad uso sedentario, come gli uffici con gli annessi spazi amministrativi, la sala conferenze, i laboratori di ricerca, le aule didattiche e il bar. Al piano sotterraneo si trova la mostra permanente archeologica, identificabile volumetricamente come l’estensione del

museo che genera la piazza (sulla propria copertura) e che sbocca sul sito archeologico, il quale diventa parte integrante dell’itinerario museale.

fig. 43

Sezione renderizzata Sala Ötzi


B

A' B' B

A

Modellino scala 1:200

A' B'

A

Pianta tipo

27

Sono in evidenza aspetti determinanti per lo sviluppo di Cuvoid: nella piante, i due corpi indipendenti (C e "stecca"); nelle sezioni, la consistenza volumetrica dello spazio e del vuoto centrale. Sezione AA'

Sezione BB'

Pianta piano interrato


/COM'È FATTO?

Chi progetta sa di aver raggiuntola perfezione non quando non ha più nulla da aggiungere, ma quando non gli resta più niente da togliere. -Antoine de Saint-Exupery

28

UP/DOWN Il concept che è stato attribuito al progetto dagli studiosi lecorbusiani è quello di un “edificio-organismo” – paragonato ad un corpo umano (fig.44) – cioè un edificio vivo, dinamico e composto da diverse componenti. “Le Corbusier usa spesso il termine <<organo>> per designare gli elementi architettonici o le parti di un edificio, gli elementi compositivi (fig.45). Resta il fatto che questi <<organi>> non son legati gli uni agli altri in moda da appartenere a un sistema di concatenazione gerarchica e piramidale, sistema che controllerebbe l’unità della forma globale entro un concetto <<classico>> dell’architettura. […] La condizione di una chiara comprensione

della libertà degli <<organi>> è che questi siano contenuti, costretti in una figura regolare.”6. L’organismo del Carpenter Center è composto da un volume cubico (corpo), due piani organici (polmoni) e una linea di movimento netta (viscere). Il percorso è concepito come uno di questi organi, arrivando nel cuore dell’edificio: una passerella aerea che collega in modo inedito due strade parallele, permettendo la permeabilità assoluta di una parte dell’isolato (fig.46). La rampa è costituita da un’unica trave di 110 metri di sviluppo in calcestruzzo armato con un profilo solitamente a T con il ribassamento centrale che si appoggia su pilastri a base circolare – interni o esterni – o su setti portanti.

In alcuni tratti del lato sud, si aggiunge al profilo della trave un parapetto pieno con un appoggio consistente – circa 0.5m – leggermente inclinato che permette la sosta del fruitore dello spazio (fig.47), vista anche una pendenza considerevole del 12% e 14%. Sul lato opposto, invece è presente in modo costante un parapetto leggero di acciaio chiuso con una rete metallica (fig.48), sulla quale sono affissi pannelli di introduzione al Carpenter Center.


fig.46

fig.44

fig.47

29

fig.45

fig.48


INSIDE/OUTSIDE Il percorso ha le dimensioni di un elemento che interessa la scala architettonica: è largo 1.50 metri per tutta la sua lunghezza di 140 metri, tranne all’ingresso dove si fonde con il foyer (fig.49). La rampa è costantemente affiancata da un setto murario (fig.66) – 0.60m di spessore costante – che si alza di 3.15m quando incontra il volume del museo (fig.50).

30

Il percorso si può differenziare in tre momenti: il tratto antecedente all’entrata, l’ingresso e il tratto esterno che circonda il patio. Nel primo tratto, il percorso si identifica nell’elemento rampa – con pendenza del 10% – sorretta da pilastri a base circolare di 0.60m di diametro, posti in corrispondenza della mezzeria dei pianerottoli di sosta. All’esterno, lo spigolo inferiore della rampa è raccordato internamente, probabilmente per dare una connotazione estetica alla funzione del gocciolatoio (fig.51). Esattamente sopra, è presente un parapetto leggero alto 1.10m con montanti e guide in acciaio, ancorati di testa alla rampa. Nel secondo tratto, il percorso si fonde con lo spazio del foyer costituito da un solaio, dal quale ci si può affacciare ad un ambiente molto aperto e luminoso. Nel tratto finale, invece, il percorso è una passerella con pendenza del 10% (fig.52), sorretta dal setto a sbalzo e da un muro d’appoggio all’estremità opposta; questo permette di utilizzare lo spazio sottostante per collegamenti tra spazi accessibili solo dal personale (fig.53). fig.49


fig.50

31

fig.51

fig.52

fig.53


UP/DOWN “Il cemento armato della passerella esprime questa dimensione urbana, la struttura metallica sottostante articola le varie funzioni, il verde del prato con le pozze d'acqua diventa spazio pubblico aperto”³. Così il progettista descrive il suo progetto: un gesto architettonico che, risolvendo delle questioni funzionali, interviene ad una scala urbana, ricalibrando le gerarchie e gli equilibri della città di Bellinzona. Nonostante questo, Aurelio Galfetti definisce con precisione ogni dettaglio di questa struttura. La passerella è una trave di 44 cm di spessore in calcestruzzo armato precompresso, alleggerito da corpi cavi a forma circolare, gettato in opera (fig.54). 32

Il percorso ha una larghezza costante di 4 metri, sostenuta da 31 pilastri della medesima sezione (0.4x1.4m) con un interasse costante di 14.64 metri, in base alle esigenze. Attraverso gli incavi, la soletta permette il passaggio degli impianti necessari per la piscina. Il piano sottostante è totalmente indipendente dal corpo superiore, sia sul piano del linguaggio del prospetto sia sul piano staticostrutturale: i box funzionali sono retti da una struttura a telaio in acciaio, composta da coppie di esili pilotis di acciaio (fig.55). Inoltre, il piano intermedio è rivestito da pannelli di Eternit, ma gli spogliatoi possono godere dell’illuminazione naturale, grazie all’utilizzo di lastre di vetro traslucido per assicurare la privacy (fig.56).

Se si analizzassero i dettagli, si potrebbe notare l’abilità di Galfetti nel tradurre la conoscenza del territorio di Bellinzona in scelte architettoniche: questo dimostra la sua assoluta padronanza della tecnica edile. Bellinzona è anche chiamata Città del vento o dei “tri bofitt” (tre venti in dialetto), per la sua esposizione costante ai venti da nord, nord-est e sud-ovest che confluiscono regolarmente e talvolta in modo burrascoso sulla città e sul circondario. Questo aspetto è assolutamente un ostacolo per il comfort di un passaggio pubblico – soprattutto se ad una quota rialzata in mezzo ad un lotto non edificato –, quindi l’architetto progetta dei parapetti in calcestruzzo con una mensola, così da poter bloccare il vento e allo stesso modo poter essere un appoggio per una sosta piacevole (fig.57). I parapetti sono di due altezze diverse (0.95 e 1.40m) e rigirano, generando il muro di sostegno delle due rampe che portano al piano inferiore. In questo modo, Galfetti dà una particolare rilevanza alla visione dello sfondo naturalistico e delle piscine, con la predisposizione di ringhiere di metallo zincato (alte 0.95m) e una struttura (entrambi metallici) che nel progetto originario doveva fungere da copertura (fig.58). Un altro dettaglio non trascurabile è la scelta di usare il calcestruzzo armato a vista (fig.59): la relazione tra le diverse componenti del progetto (passerella superiore, vasche, trampolini e scivoli) diventa più salda, generando un’immagine monumentale che la lega al complesso dei tre castelli.


fig.57

fig.54

33

fig.56

fig.55

fig.58

fig.59


/LINE Il percorso di 320 metri sul quale si articola la principale distribuzione orizzontale e verticale di LINE si può dividere in quattro fasi: passerella pubblica, percorso interno, percorso esterno e spazio. Per tutto il tracciato, tranne in specifiche occasioni – terrazze e pianerottoli del padiglione C –, la larghezza è costante a 2.5 metri.

34

Per passerella pubblica si intende tutto il tratto esterno, cioè quello che delimita la corte interna ad ispirazione teatrale; nella prima parte, è una trave con pendenza costante del 6.5% – accessibile anche alle persone diversamente abili – in calcestruzzo armato con spessore costante di 300mm con appoggio centrale (fig.60), il quale dopo la piega a 90° è sostituito da pilastri di sostegno posti al centro. Sul lato esterno – verso il parco –, la trave si alza di 0.70m generando un primo parapetto per le persone diversamente abili e dei profili a C di corten – da 20mm di spessore – danno la possibilità di un secondo appoggio al 1.10m. Nei 0.40m di spazio rimanente sono posizionate delle strisce di LED per rendere accessibile la rampa anche in orario serale. Invece, internamente – verso la piazza – il parapetto è costituito da montanti di acciaio colorato, due guide superiori a 0.90/1.10m dal piano d’appoggio e una guida inferiore a 0.20m dal piano d’appoggio. Questa struttura leggera (fig. 61) è ancorata di testa alla trave in calcestruzzo armato e chiusa da una lamiera stirata tipo KD 200.

Questa differenziazione materica e visiva rende il prospetto esterno rigido e simile ad un guscio (fig. 62), permettendo così l’identificazione immediata dell’elemento ascendente della rampa e il prospetto interno più permeabile, per facilitare il dialogo della passerella con la piazza e gli ambienti della CdM che si affacciano su di essa. Nel resto del tracciato, il percorso è costituito da un solaio – a volte a sbalzo – spesso delimitato da parapetti o muri.


Percorso Muro

Parapetti pieno Parapetto leggero

Parapetto a 110 cm Parapetto a 70 cm

20mm

Parapetto con montanti di acciaio chiuso da lamiera stirata

Trave in calcestruzzo armato 300mm

Schema delle aperture del percorso

fig.60

35

fig. 62

fig. 61


/CUVOID Il cubo diventa un elemento di connessione tra le due quote: quella bassa che ospita il sito archeologico e il Parco delle Semirurali e quella alta dove sono già presenti percorsi nel Parco lineare, che corre lungo il fiume Isarco. L’intero progetto è organizzato e disegnato secondo moduli e sotto-moduli di 5x5 metri, ottenuti dalla maglia strutturale dell’edificio che si ripete in tutti i 9 piani (7 fuori terra, uno semi-interrato e uno completamente interrato. Anche la piazza su cui l’edificio si appoggia si basa sulla stessa griglia di 5x5 metri e, essendo la copertura del piano interrato, vi sono fessure orizzontali che consentono di illuminare naturalmente il piano interrato. 36

Luce diretta da sud

Luce diffusa da nord


Dettaglio coronamento

Entrata nord inferiore

Vuoto centrale

37

Collegamento tra le due entrate

Entrata sud superiore

Foyer superiore


/VIS[i]TE GUIDATE VIS[i]TE GUIDATE è un elaborato che è stato prodotto durante il corso di Progettazione Architettonica 3, che consisteva nel ridisegno non convenzionale di un’architettura, con lo scopo di raccontare la storia e il concept dell’edificio.

È nata quindi l’esigenza di replicare questa modalità di raccontare i riferimenti architettonici, proprio per rendere visibili i ragionamenti finora espressi riguardo alla linea di movimento e quindi quali spazi questa porti a vivere il fruitore.

Questo lavoro è stato condotto sul Nariwa Art Museum, nel quale ho identificato il tema del percorso e il quale è diventato anche incipit di partenza per l’elaborazione di questa tesi.

Le viste prospettiche sono come delle riprese cinematografiche, nelle quali si colgono gli elementi principali della scena e come questi si rapportano tra di essi e con il fruitore.

Queste sono rappresentate attraverso differenti tecniche rappresentative – anche in base al materiale consultato e utilizzato –, grazie alle quali è possibile vivere diversi tipi di percorso: da quello più geometrico e “obbligato” del Nariwa Art Museum a quello più diversificato e particolare del Carpenter Center.

38

Io cerco ardentemente la mia identità e il suo significato in architettura. Dal momento che tutto è in movimento, questa mia ricerca è permanente e le risposte non sono mai completamente soddisfacenti. -Tadao Ando


BACK TO THE PAPER "VIS[i]TE GUIDATE" 39


La sua missione [dell'architettura] è di armonizzare il mondo materiale con la vita. Rendere l’architettura più umana significa fare architettura migliore.

40 -Alvar Aalto


/CONCLUSIONI Compresi gli aspetti che descrivono il tema del percorso, anche attraverso riscontri progettuali e una rilettura dei casi studio secondo la loro dinamicità, si possono trarre delle conclusioni come momento di sintesi dei concetti finora espressi. Osservando l’elaborato di VIS[i]TE GUIDATE, si può notare l’assenza di una delle due esperienze progettuali, quella di CUVOID. È abbastanza evidente che quest’ultima parli un linguaggio ben differente dalle altre: non si parla di un elemento architettonico e/o 41 urbano che dona un plusvalore al progetto, ma di un vero e proprio edificio. Si potrebbe continuare a trovare differenze tra i precedenti casi studio e quello di CUVOID, ma l’aspetto essenziale che mi ha portato a cimentarmi in questo tema è il fatto che il percorso è generatore dello spazio, il quale è fortemente radicato al contesto in cui è inserito: che si concretizzi in una passerella aerea, in un ponte urbano, in una rampa di accesso o in un itinerario museale, il percorso è una linea che contiene una storia. Magari questa storia appartiene ad un patrimonio ormai dimenticato oppure non valorizzato, ma è quell’occasione che permette a qualsiasi progetto di “mettere radici” nel contesto in cui è stato concepito e acquisire così un valore immateriale unico.


/FONTI BIBLIOGRAFIA

¹ Posocco P., "Cinque interventi sulla composizione architettonica", "Comporre per elementi. I criteri di organizzazione degli elementi nello spazio", Libraccio Editore, 2010 ² Navone N., “Il Bagno di Bellinzona di Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trumpy”, “La genesi del progetto”, Mendrisio Academy Press, 2014

fonte 5

42

fonte 2


³ Navone N., “Un dialogo ininterrotto, Studi su Flora Ruchat-Roncati”, Il Poligrafo, 2018 Vlasopoulos M., “Carpenter Center by Le Corbusier: The Becoming-Building”, rivista “Abitare”, 11 maggio 2011 4

Heineman Z. R., “Understanding the Carpenter Center”, rivista “The Crimson”, 7 aprile 2003 5

Le Corbusier, “Le Corbusier: enciclopedia”, “A Acropoli”, Mondadori Electa, 1988 6

Choisy Auguste, “Histoire de l’architecture”, estratto “Partiti disimmetrici e ponderazione delle masse nel “percorso architettonico” dell’Acropoli di Atene (XIII sec. a.c. - VI sec.)”, 1899 Fumo M., Polverino F., “Tadao Ando. Architettura e tecnica”, Clean, 2000 Jodidio P., “Ando. Complete Works 1975– 2012”, Taschen, Jumbo, 2012

SITOGRAFIA

www.nariwa-museum.or.jp www.visitwestjapan.com www.japan-guide.com www.ikidane-nippon.com www.architecture.uic.es www.transfer-arch.com www.espazium.ch www.atlasofplaces.com 43


/RINGRAZIAMENTI Arrivato alla fine di questo viaggio, riconosco l'esigenza di rileggere l'esperienza accademica attraverso le relazioni che in qualche modo mi hanno aiutato a raggiungere questo traguardo e mi hanno fatto crescere fino a questo punto. Per questo motivo, voglio ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine durante tutta questa incredibile esperienza universitaria, che porta dentro a sé una quantità esagerata di gioie, fatiche, insomma… storie. 44

Non posso non cominciare dalla mia famiglia: grazie ai miei genitori Elena e Giuseppe, che nonostante la mia iniziale difficoltà a scegliere la facoltà universitaria e i diversi dubbi sorti in questi 4 anni, non hanno mai smesso di incoraggiarmi a dare il massimo, dentro e fuori l'università; grazie a mia sorella Alessandra insieme a Valentina e mio fratello Francesco, che mi dimostrano costantemente quanto sia entusiasmante diventare grandi, attraverso la passione per il proprio lavoro e il sorriso con cui affrontano le giornate. Grazie a Cecilia, presenza costante e decisamente preziosa: durante tutto questo percorso, è stata una compagna di viaggio fondamentale che, con tanti sorrisi e anche qualche lacrima, mi ha sempre spronato a mettermi in discussione come studente, persona, amico e Compare.


Grazie anche per avermi fatto conoscere delle persone splendide come Ceci, Eli e Campe, con cui sono solo iniziate le avventure. Grazie a Lorenzo, fratellone e guida che da quando mi conosce mi ha sempre aiutato ad aprire un po’ la mente e il cuore, un passo alla volta, riportandomi alle domande che sento presenti nella mia vita da giovane. Grazie agli amici di Azione Cattolica, per avermi sempre raggiunto con il loro supporto e per avermi dato l’occasione di crescere come in una famiglia, da giovane a educatore, da amico a responsabile, cercando sempre di affinare quello stile che da anni riconosco in me. Grazie ai compagni di viaggio che nell’estate del 2019 hanno condiviso con me l’esperienza dei Cantieri della Solidarietà in Moldova, perché, pur essendo inizialmente delle persone sconosciute, sono diventati veri e propri punti di riferimento, proprio perché mi hanno conosciuto in un periodo forte della mia vita, soprattutto sul piano universitario. Grazie a Sara e Emma, che sono state tra le prime persone che ho conosciuto al Poli e sono diventate – senza che me ne accorgessi – due amiche con cui ho costruito un legame insostituibile, fino al punto di identificarci nel terzetto de “le tre bionde”. Grazie a Forlo, Nicole e Giuliana e ai miei educandi del 2006 dell’oratorio di Rescaldina, per tutte le avventure che abbiamo vissuto insieme finora e per quelle esperienze che non abbiamo ancora condiviso, ma grazie alle quali sicuramente cresceremo tanto e insieme.

Grazie a Fregu, Choppen, Giada e Matti, Fra, Manu e Riki: nonostante l’allontanamento che questa situazione ha causato, so di poter contare sul loro supporto in qualsiasi momento, perché è un po’ come tornare a casa e potersi mettere comodi. Grazie alla Pallacanestro Rescaldina: squadra e famiglia di cui faccio e mi sento parte dalla prima elementare, perché, oltre ad avermi fatto scoprire il mio spirito sportivo, mi ha trasmesso e alimentato una serie di valori che vanno al di là del campo che tutt’ora mi porto dentro. Sembrerà strano, ma voglio ringraziare anche Bovirus (simpatico nomignolo che abbiamo dato alla mia misteriosa febbre), perché, insieme alle tante preoccupazioni e ai numerosi fiati sospesi, sono certo abbia portato nella mia vita un importante cambio di prospettiva rispetto alle vere priorità e sul modo di porsi rispetto ad esse. Grazie alla professoressa Cristina Pallini: oltre ad avermi trasmesso tanto a livello didattico e accademico, mi ha seguito e supportato nella stesura di questo elaborato, assecondando la mia scelta del tema – che tanto mi ha appassionato – e affrontandolo in una modalità non completamente convenzionale, ma sicuramente arricchente e stimolante.

Quando una linea viene chiamata percorso, racconta una storia. GRAZIE

45





INSIDE / OUTSIDE

2

5 3

1

4

Ridisegno digitale tramite fotografie e street views

1

2

3

4

5

UP / DOWN

6 10

9 8

6

7

8

9

10

11

12

13

14

7

Schizzo a mano libera e fotografie

CUTTING THROUGH / MOVING AROUND

15

14

13

12

11

Schizzi del progettista e fotografie

15

/LINE

16 20 17 18

16

17

18

19

20

19

Rendering tramite modello tridimensionale


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.