L’ÉCOLE DEL RUSCO
2010 QUINTA EDIZIONE
17|18|19
DICEMBRE BOLOGNA
patrocini istituzionali
Comune di BOLOGNA
L’École del Rusco 2010, “Carnet di viaggio” è un prodotto editoriale no-copyright, pertanto è consentita la riproduzione parziale o totale dell’opera purchè a fini non commerciali
CARNET DI VIAGGIO Itinerario illustrato alla scoperta delle eccellenze sostenibili europee.
L’ÉCOLE DEL RUSCO Manifestazione di arte e rifiuti. V Edizione.
INDICE
Introduzione
pag. 8
CARNET DI VIAGGIO
pag. 12
Conclusioni
pag. 60
Rusco, spazzatura, rifiuto: L’École del Rusco di Andrea Segrè
pag. 65
L’École del Rusco di Julia Draganovic & Claudia Loeffholtz
pag. 68
Intrecci di Fabrizio Lollini
pag. 70
Il dono della parola (nuova) di Elisabetta Fabbri
pag. 72
Ringraziamenti
pag. 74
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La nostra meta non è mai un luogo, ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose. Henry Miller, Big Sur e le arance di Hyeronymus Bosch, 1957
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CARNET DI VIAGGIO riflessioni sull’origine di un viaggio circolare
Cos’è L’École del Rusco L’École del Rusco è una manifestazione artistica con una base espressamente rivolta alla sostenibilità e all’ottimizzazione delle risorse (decrescita sostenibile). Dal 2005 i suoi obiettivi principali sono la sensibilizzazione e l’educazione della cittadinanza rispetto a questi concetti. Lo strumento per ottenere questi risultati è da sempre l’arte, considerata come linguaggio universale in grado di raggiungere le più diverse soggettività. Partita da ambiti ristretti come il recupero di materiali dismessi, L’École del Rusco ha ampliato il suo campo di intervento nel corso delle passate edizioni, allargando il concetto di sostenibilità ad una visione economica e sociale e amplificandone la base concettuale attraverso l’introduzione di must quali la condivisione e l’ottimizzazione delle risorse. Solo considerandolo come concetto multiforme, dinamico, variamente applicabile, la sostenibilità si realizza completamente e risulta un’ideale perseguibile. Condivisione, ottimizzazione, sostenibilità, viaggiano a braccetto in molti campi della nostra quotidianità. Dal lavoro all’abitare, dalla mobilità agli stili di vita i tre concetti entrano sempre in relazione tra loro: paralleli, conseguenti, accorpati, sono un optimum virtuoso che si pone come mezzo e come fine di una visione eticamente valida del nostro vivere comune. V edizione Per quanto possa parere un ossimoro parlare di “metodo creativo”, la creatività necessità di una struttura e di una serie di operazioni ordinate per giungere ad un risultato tangibile e non rimanere meraviglioso ma inservibile “caos colorato, ubriacante ed effimero”. La prima e indispensabile operazione da compiere sempre è “farsi domande”. Nel nostro caso l’interrogativo primo è stato il seguente: “Qual è l’oggetto della ricerca che L’École si propone di intraprendere per questa edizione?” E poi: “Chi sono i soggetti in grado di mostrarci il nostro oggetto?” E ancora “In che modo L’École intende imparare da questi soggetti?”. L’oggetto di indagine proviene da un’analisi della propria essenza. L’École del Rusco, 8
come detto, diffonde e stimola riflessioni sulle “buone pratiche” legate alla sostenibilità, alla sensibilità verso una decrescita sostenibile e all’ottimizzazione delle risorse. Questi saranno, dunque, i fuochi della nostra ricerca, praticamente tradotti in azioni, modi di vivere, realtà concrete che da essi derivano. Ciò che La Pillola ha provato ed indagato in prima persona, dal coworking al cohousing, dalla mobilità sostenibile al riuso, trova corrispondenze fortemente strutturate e consolidate in Europa. Questa considerazione è la chiave di tutto, da qui ha cominciato a delinearsi un pensiero: volevamo entrare in contatto con queste realtà, volevamo conoscerle e vederle da vicino. La naturale conseguenza di questo desiderio è stata pensare che fosse giunto il momento per L’École del Rusco di salpare l’ancora e partire. Un viaggio vero e proprio, un viaggio di ricerca, un percorso tra le eccellenze sostenibili che il territorio europeo è in grado di offrire: il fine ultimo dell’École sarebbe stato quello di raccogliere esperienze e virtuosità, documentarne l’esistenza tramite il contatto diretto, umano, non mediato, e riportare “a casa”, sul proprio territorio, una testimonianza tangibile a beneficio della città e dei suoi cittadini. Decisi, e comprensibilmente euforici all’idea di poter viaggiare e conoscere pionieri della sostenibilità, virtuosi dell’ottimizzazione e apripista delle “buone pratiche”, il gruppo di lavoro ha posto il pilastro attorno al quale iniziare a tessere la sua nomade trama: etica e coerenza imponevano una scelta di viaggio ottimale in termini di risorse e sprechi, l’azione stessa del viaggio avrebbe rappresentato una prima dimostrazione di sostenibilità. Assodata questa necessità abbiamo iniziato a comporre itinerari di viaggio, da sud a nord, da est a ovest, alla rovescia, tagliando l’Europa, circumnavigandola, a zig-zag… fino a trovare la quadratura del cerchio, il percorso più rapido, più breve, più logico, in una parola: il più sostenibile. Stabilito il “cosa” bisognava capire il “come”. Come muoversi per garantire la coerenza con il significato della manifestazione e con l’etica ad essa collegata? Eliminati i due estremi, aereo e bicicletta, l’uno per lampanti motivi ambientali, l’altra per evidenti mancanze fisiche del team, sono iniziate le riflessioni ed i calcoli in merito a treni, mezzi ibridi, carburanti alternativi, costi, tempistiche, ospitalità e tutto quello che si deve pianificare per ottimizzare un viaggio. Poi ci siamo seduti ad un tavolo, la parte di ideazione sembrava giunta al termine, era il momento di passare all’esecutività… Ma c’era qualcosa che non tornava, leggendo e rileggendo non riuscivamo a scorgere l’errore, tutto era stato fatto al meglio, tenendo ben fermo il punto di partenza, navigando sempre a vista del vincolo della sostenibilità auto-impostoci dalle nostre coscienze, eppure la melodia suonava distorta, forse la scala era sbagliata, forse la tonalità, o forse…lo strumento. Abbiamo ri-analizzato tutto, continuava a sembrare corretto, ma a volte si sa, quando l’errore è macroscopico non riusciamo a vederlo e all’improvviso abbiamo capito: per quanto ci fossimo sforzati, un viaggio fisico avrebbe comportato sempre e comunque degli sprechi, muovere sei persone per l’Europa, in qualunque maniera avessimo deciso di farlo, avrebbe significato carburanti, energia elettrica, costi, tempo, consumi. Come fare?Abbandonare l’idea del viaggio ci rattristava, la scoperta di simili realtà an9
dava approfondita, non poteva essere accantonata, un incontro con loro significava anche una maggior coscienza di noi e del nostro operato, una garanzia tangibile che non ci stiamo muovendo isolati. “E se partissimo senza muoverci?” Questa frase, lanciata quasi come una provocazione ha cominciato a farsi strada e ad attivare connessioni nelle nostre menti. L’abbiamo pronunciata di nuovo, l’abbiamo tenuta in bocca come si fa con il vino buono per capirne la struttura, ce ne siamo riempiti il palato, l’abbiamo trasmessa con sempre più vigore al cervello, poi l’abbiamo deglutita e tutto è diventato chiaro, semplice, fluido. Il viaggio ci sarebbe stato comunque, soltanto che sarebbe stato virtuale. Si trattava, quindi, di tradurre pagine e pagine di ricerca con il linguaggio artistico caratteristico de L’École del Rusco: se nel caso del viaggio reale la “performance” avrebbe dovuto consistere nel viaggio stesso e nella sua documentazione, questa trasformazione chiedeva di ripensare il lato creativo dell’evento. Quale linguaggio artistico poteva, al contempo, raccontare un viaggio e parlare di noi? Per dare tangibilità alla virtualità abbiamo scelto di mettere il nostro viaggio nelle mani di un illustratore, trasporre i chilometri di asfalto in linee disegnate su carta, prestare i nostri volti e donare i nostri pensieri per animare silhouette stilizzate, tradurre il rumore del motore nel lieve frusciare di pagine sfogliate. L’École del Rusco 2010 è diventata una graphic novel, nel solco della grande tradizione illustrativa bolognese, da Magnus e Bonvi a Pazienza e Scòzzari, fino alla consacrazione della città con il successo internazionale di festival come BilBolBul. Un prodotto editoriale, quindi, una nuova veste per una manifestazione che nei suoi primi cinque anni di vita ha saputo sempre rinnovarsi, mantenersi dinamica e non perdere mai appeal e sostanza, difficili da ritrovare appaiati quando si cambia forma così spesso. In un gioco di trasformazioni e traduzioni dei piani narrativi tra realtà e fantasia, il viaggio diventa fumetto, il fumetto racconta un viaggio, il viaggio ritorna reale alla conclusione del fumetto. L’epilogo della storia (anche se svelare il finale di una narrazione è cosa da non fare mai) si svolge in piazza Maggiore, dove i protagonisti si ritrovano scendendo dal pullman che ha come ultima fermata del suo itinerario europeo proprio Bologna. Una riflessione affiora sulle labbra di uno dei personaggi: “siamo arrivati, o forse non siamo mai partiti”. I viaggiatori del fumetto diventano reali, escono dalla storia e invadono per tre giorni le piazze e le strade simbolo della città. Divengono “luoghi” di scambio e di conoscenza, di formazione, informazione ed arte partecipata. La storia de L’École del Rusco si intreccia e si sviluppa in modo virtuale, ma termina nel mondo reale, dove ognuno di noi è chiamato all’azione, nel nome di quel Mondo migliore da consegnare nelle mani di chi verrà dopo di noi e se questa è utopia allora citando l’illustre scrittore uruguaiano Eduardo Galeano possiamo dire che “l'utopia è come l'orizzonte: irraggiungibile, ma serve per continuare a camminare”.
Ludovico Pensato Responsabile Comunicazione La Pillola
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CARNET DI VIAGGIO Itinerario illustrato alla scoperta delle eccellenze sostenibili europee. disegni di Ale Giorgini
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FINALMENTE.
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NON MI RICORDO PIu DA QUANTO STAVO ASPETTANDO. SO SOLO CHE HO FAME E CHE HO VOGLIA DI TORNARE A CASA.
CASA.
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NON VEDO L,ORA DI ARRIVARE.
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MI SIEDO IN FONDO ALL,AUTOBUS. E UN’ABITUDINE CHE HO FIN DAI TEMPI DI SCUOLA, QUANDO DURANTE LE GITE SI FACEVA A GARA PER CHI RIUSCIVA AD ARRIVARE PRIMA NEGLI ULTIMI POSTI. IL VIAGGIO DA LI ERA UN,ALTRA COSA, CI SENTIVAMO INVINCIBILI. DA LI CI SEMBRAVA DI RIUSCIRE A COMANDARE IL MONDO. IL NOSTRO MONDO.
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FUORI E NOTTE E NON SI VEDE NIENTE.
NEMMENO UNA LUCE.
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SEMBRA QUASI CHE QUESTO AUTOBUS SIA SOSPESO NEL BUIO.
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E DA TANTO TEMPO CHE NON VIAGGIO. AVEVO DIMENTICATO COME CI SI SENTE A PARTIRE. E DA QUANDO HO LASCIATO PARIGI CHE NON PROVAVO PIU QUESTA SENSAZIONE. ANCHE SE RISPETTO AD ALLORA OGGI E DIVERSO.
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OGGI NON SONO SOLA. NON CI CONOSCIAMO DA MOLTO. MA ORA CHE STIAMO TORNANDO A CASA MI SEMBRA DI CONOSCERLI DA UNA VITA. ARRIVIAMO DA LUOGHI DIVERSI, MA ANDIAMO TUTTI NELLO STESSO POSTO. LORO SONO I MIEI NUOVI COMPAGNI DI VIAGGIO.
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LUI E MARCO, MA IO LO CHIAMO MEKKI.
STA TORNANDO DALLA DANIMARCA, UN PAESE STRAORDINARIO DA COME ME LO HA DESCRITTO. 21
VIVO A COPENAGHEN IN COHUSING AL BO-90.
IL BO-90 E UN PALAZZO NEL CENTRO DI COPENHAGEN, ALL'AVANGUARDIA NELLA BIOEDILIZIA. PROGETTATO PER ESSERE SOSTENIBILE ED AVERE UN BASSO IMPATTO AMBIENTALE: SUL TETTO SONO INSTALLATI PANNELLI SOLARI CHE GARANTISCONO SIA L'ACQUA CALDA CHE IL RISCALDAMENTO, I BAGNI USANO L'ACQUA PIOVANA, E I RIFIUTI SONO DIFFERENZIATI IN QUASI 30 GENERI DIVERSI.
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IL BO-90 E COMPLETAMENTE GESTITO DA UNA COOPERATIVA FORMATA DAGLI STESSI INQUILINI.
PERSONE CHE NON CONOSCEVO PRIMA DI QUESTA ESPERIENZA.
AL BO-90 MARCO HA IL PROPRIO SPAZIO PRIVATO, MA CONDIVIDE CON GLI ALTRI INQUILINI DEGLI AMBIENTI COMUNI DELL'EDIFICIO. E SOPRATUTTO CONDIVIDE MOMENTI COMUNI, DURANTE I QUALI SI IMPARA A CONOSCERSI. I SUOI COINQUILINI AVRANNO IMPARATO A CONOSCERE LA SUA MANIA PER GLI ABITI NERI. E PER IL CAFFE.
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E DAVVERO UN,ESPERIENZA UNICA
SOTTO A QUEL CAPPELLO C,E LUDO.
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VIVO IN COHOUSING ANCH'IO, MA IN UNA KOLLETIVHUS DI STOCCOLMA.
L'EDIFICO IN CUI VIVE LUDO E STATO COSTRUITO PER CONTO DELLO STATO ED ANCHE L'INSERIMENTO DEGLI INQUILINI E GESTITO DA COOPERATIVE CHE SEGUONO DIRETTIVE STATALI. IN SVEZIA SE CERCHI CASA PUOI CHIEDERE DI VIVERE IN KOLLEKTIVA, MA I COINQUILINI LI INCONTRI E LI CONOSCI SOLO AL MOMENTO DI ENTRARE NELL'ALLOGGIO. LE ATTIVITA COMUNI POI INNESCANO LA SOCIALIZZAZIONE E AIUTANO A CREARE I LEGAMI, COME LA PREPARAZIONE DELLA CENA, UNICA ATTIVITA OBBLIGATORIA PER TUTTI. 25
HO CONOSCIUTO PERSONE STRAORDINARE, E HO STRETTO CON LORO LEGAMI FORTISSIMI.
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CUCINANDO INSIEME, ABBIAMO CONDIVISO OGNUNO LE PROPRIE ESPERIENZE, I PROPRI GUSTI, LA PROPRIA CULTURA.
LUDO ADORA CUCINARE E NOI ADORIAMO LE SUE CENE. PROBABILMENTE PER LUI ESTATO UN PO' PIU FACILE LASCIARSI COINVOLGERE DA QUESTA ATTIVITA DI GRUPPO. 27
LA RIVOLUZIONE INIZIA ANCHE TAVOLA.
NON SOLO NOI SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO, MA ANCHE L'AMBIENTE DIVENTA LO SPECCHIO DELLE NOSTRE SCELTE ALIMENTARI. A COPENAGHEN ESISTE IL “CLIMATE PLUS”: UN MARCHIO CHE VIENE DATO ALLE ATTIVITA NEL CAMPO DELLA RISTORAZIONE CHE POSSIEDONO REQUISITI DI SOSTENIBILITA NELL'APPROVVIGIONAMENTO E NELLA PREPARAZIONE DEGLI ALIMENTI O CHE SERVONO MENU SPECIFICAMENTE ECOFRIENDLY.
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OGNI SCELTA HA UN EFFETTO SUL LUOGO IN CUI VIVIAMO.
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ARRIVIAMO TUTTI DA ESPERIENZE CHE CI HANNO PORTATO A VIVERE IN LUOGHI MOLTO DIVERSI DA QUELLI IN CUI ERAVAMO. DIVERSI ANCHE GRAZIE ALLE SCELTE CHE GLI STESSI CITTADINI HANNO DECISO DI SEGUIRE. C
COME IN GERMANIA, DOVE GIULIA LAVORA NEL CAMPO DEL DESIGN.
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GIULIA AVEVA BISOGNO DI UN UFFICIO, MA NON POTEVA PERMETTERSI DI SPENDERE TROPPO. HA CONOSCIUTO IL BETAHAUS, UNO DEI COWORKING PIU GRANDI DELLA CITTA. CI LAVORANO DECINE DI PROFESSIONISTI: DESIGNER, AVVOCATI, GIORNALISTI, FOTOGRAFI. CI SONO A DISPOSIZIONE POSTAZIONI FISSE E FLESSIBILI, SALE RIUNIONI E PERFINO UN BAR.
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LA CONDIVISIONE DELLE ESPERIENZE E DELLE PROFESSIONALITA E STATO SICURAMENTE IL LATO PIU STIMOLANTE.
GIULIA HA AVUTO MODO DI INCONTRARE PERSONE NUOVE CON LE QUALI E RIUSCITA A CREARE NUOVE OPPORTUNITA DI LAVORO. RISPARMIO ECONOMICO E CONFRONTO CON COMPETENZE DIFFERENTI CHE ARRICCHISCONO PROFESSIONALMENTE: RIPENSARE L'APPROCCIO TRADIZIONALE AL MONDO DEL LAVORO PUO TRASFORMARE IN RICCHEZZA RISORSE CHE ALTRIMENTI ANDREBBERO PERDUTE.
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IO MI OCCUPO DI ARTE. VIVO E LAVORO AD AMSTERDAM.
AD AMSTERDAM, PER ESEMPIO, DOVE VIVE ILENIA, QUASI LA META DEI RESIDENTI LAVORA NEL COMPARTO DELLA CULTURA. E IL GOVERNO CITTADINO HA DECISO DI INVESTIRCI MOLTO ATTRAVERSO SUSSIDI, FACILITAZIONI, FINANZIAMENTI.
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LA CITTA SPINGE GLI ARTISTI A DIVENTARE IMPRENDITORI CULTURALI ANCHE TRAMITE L'OFFERTA DI CORSI DI AMMINISTRAZIONE E STRATEGIE D'IMPRESA.
SETTORI COME LE ARTI FIGURATIVE, LA LETTERATURA, LO SPETTACOLO SONO IN CRESCITA NONOSTANTE LA CRISI. I "BISOGNI" DELLE PERSONE STANNO CAMBIANDO. OGGI E IL VALORE CULTURALE PIU CHE QUELLO MATERIALE A INDIRIZZARE I PROPRI ACQUISTI.
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ED IN FUTURO LO SARA SEMPRE DI PIU.
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AMSTERDAM STA INVESTENDO MOLTO SULLA CULTURA.
AMSTERDAM STA SFRUTTANDO QUESTA TENDENZA. ESISTE UN PROGETTO CHIAMATO "TERRENI FERTILI" GRAZIE AL QUALE INTERI SPAZI INUTILIZZATI DI ALCUNI QUARTIERI CITTADINI VENGONO ASSEGNATI AD ARTISTI O IMPRESE LEGATE AL MONDO DELL'ARTE.
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RAGGRUPPANDOLI IN UN UNICO LUOGO SI PERMETTE LORO DI ISPIRARSI A VICENDA. DA QUESTO NASCONO E SI DIFFONDONO NUOVE IDEE. ED OLTRE A CREARE RICCHEZZA SI VALORIZZANO SPAZI CITTADINI CHE ALTRIMENTI RIMARREBBERO INUTILIZZATI.
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RIPENSARE GLI SPAZI DELLE CITTA E FONDAMENTALE PER UN CRESCITA SOSTENIBILE.
LUI E MARIANO, SI OCCUPA DI ARCHITETTURA E STA TORNANDO DA FRIBURGO. IL SUO ACCENTO NON NASCONDE LE ORIGINE ARGENTINE.
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IL VAUBAN, UN QUARTIERE DELLA CITTA, E STATO INTERAMENTE PROGETTATO GRAZIE ALLA COOPERAZIONE E ALLA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI, SU UN'AREA DI 38 ETTARI CHE PRIMA ERA OCCUPATA DA UNA CASERMA, SI E SVILUPPATO UN PROGETTO URBANISTICO NEL QUALE VIVONO CINQUEMILA ABITANTI.
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NESSUNO STUDIO DI PROGETTAZIONE ESTERNO. SONO STATE LE IDEE E LA CREATIVITA DEI CITTADINI DEL QUARTIERE A FAR NASCERE QUESTO PROGETTO DI QUARTIERE SOSTENIBILE.
GLI EDIFICI SONO COSTRUITI A BASSO IMPATTO ENERGETICO, OLTRE AD AVERE UN CENTINAIO DI CASE CHE POSSONO CONSIDERARSI "PASSIVE" E CIOE CHE PRODUCONO PIU ENERGIA DI QUELLA CHE CONSUMANO. E STATA DATA MOLTA IMPORTANZA ANCHE AGLI SPAZI COMUNI DOVE I CITTADINI SI INCONTRANO E INTERAGISCONO. PARTECIPATRE ALLA VITA DELLA COMUNITA SI TRADUCE IN COSTANTE ATTENZIONE AI BISOGNI DEI CITTADINI STESSI. 42
MA L'IMPEGNO DEGLI ABITANTI DI VALBAUN NON SI LIMITA SOLO ALL'ASPETTO EDILIZIO.
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QUASI LA META DEI CITTADINI NON POSSIEDE UN'AUTOMOBILE, PREFERENDO IL CAR SHARING OLTRE A POTERE UTILIZZARE UN'EFFICENTE SERVIZIO DI TRASPORTI PUBBLICI.
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A COPENAGHEN, AD ESEMPIO, ESISTE IL CITY CIRCLE.
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IL CITY CIRCLE E UN CIRCUITO CITTADINO SERVITO DA AUTOBUS A BATTERIA, I COSIDDETTI CITYCIRCLE BUS. I MEZZI SI RICARICANO DURANTE LA NOTTE E EFFETTUANO IL SERVIZIO DURANTE LA GIORNATA NEL CENTRO CITTA.
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CITY CIRKEL
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COPENAGHEN E UNA CITTA COSTANTEMENTE ATTENTA ALLA QUALITA DELLA VITA E ALL'AMBIENTE.
CON IL VERDE PUBBLICO, AD ESEMPIO. SU TUTTO IL TERRITORIO CITTADINO SI STANNO REALIZZANDO I "POCKET PARK": VERI E PROPRI PARCHI IN MINIATURA A RIDOSSO DELLE STRADE. L'AMMINISTRAZIONE CITTADINA HA IN MENTE NEI PROSSIMI 5 ANNI DI REALIZZARNE 14 E DI PIANTARE 3000 ALBERI PER CREARE STRADE VERDI. L'INTENTO E QUELLO DI DARE A TUTTI I CITTADINI DI COPENAGHEN LA POSSIBILITA DI AVERE UN PARCO VICINO ALLA PROPRIA ABITAZIONE.
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COPENAGHEN VUOLE DIVENTARE LA CAPITALE CON IL MIGLIOR AMBIENTE URBANO AL MONDO ENTRO IL 2015 E VUOLE ESSERE DA ESEMPIO COME CITTA SOSTENIBILE PER AFFRONTARE LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO.
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NUOVE SOLUZIONI PER VINCERE QUELLA SFIDA, POSSONO ESSERE PIU VICINE DI QUANTO PENSIAMO.
SARA ARRIVA DALLA NORVEGIA. AD OSLO HA PARTECIPATO ALLA NASCITA DI UN PROGETTO ANCORA IN FASE SPERIMENTALE CHE SI BASA SULL,OSMOSI COME RISORSA PER GENERARE ENERGIA.
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ABITUATA A VIVERE IN UN MONDO CHE SEMBRA NON AVERE SOLUZIONI ALLA CRISI ENERGETICA, MI SONO TROVATA A FIANCO DI PERSONE CHE STANNO RIVOLUZIONANDO IL MONDO.
A TOFTE, UN PICCOLO CENTRO VICINO AD OSLO, LA STATKCRAFT HA REALIZZATO UN IMPIANTO CHE SFRUTTA L'OSMOSI PER PRODURRE ENERGIA ELETTRICA, SFRUTTANDO L'ENERGIA PRODOTTA DAL FLUIRE DELL'ACQUA DOLCE NEL MARE. NON PRODUCE EMISSIONI NELL'ATMOSFERA E NON DANNEGGIA LA FLORA E LA FAUNA DEL MARE O DEI FIUMI.
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TUTTO QUESTO E LO STRAORDINARIO BAGAGLIO CON CUI STIAMO TORNANDO A CASA.
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ABBIAMO VOLUTO FARE QUESTO VIAGGIO PER OSSERVARE CHI, MEGLIO DI NOI, APPLICA SISTEMI A BASSO IMPATTO. ABBIAMO VOLUTO VIAGGIARE PER ASCOLTARE, IMPARARE, SPERIMENTARE. PER RISCOPRIRE ANTICHE REGOLE E PROIETTARLE NELL,ERA DIGITALE.
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IDEE INNOVATIVE, NUOVI STILI DI VITA SOSTENIBILI, SOLUZIONI AI PROBLEMI AMBIENTALI: QUESTO E QUELLO CHE ABBIAMO IN VALIGIA E CHE VOGLIAMO FAR CONOSCERE A TUTTI. HO RACCOLTO TUTTE LE NOSTRE ESPERIENZE IN UN DIARIO.
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QUESTO DIARIO.
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IO SONO ROHAYA. MA PUOI CHIAMARMI ROH.
PERCHE OGGI SIAMO STATI COMPAGNI DI VIAGGIO.
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UN VIAGGIO CHE E ARRIVATO ALLA FINE.
FINALMENTE SIAMO ARRIVATI A CASA.
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O FORSE, NON SIAMO MAI PARTITI.
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Le conclusioni.
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L’École del Rusco nasce da un gruppo di ragazzi che si sono riuniti intorno ad un’idea: provare a vedere le cose in un altro modo, da un altro punto di vista. Questo concetto si estende dal pattume alla vita, al lavoro, ai viaggi. L’utopia di voler cambiare le cose che non piacciono attraverso l’arte si è concretizzata in 4 edizioni, in quattro anni. Il modo di pensare però, in quattro anni si è andato via via modificando, i punti da mettere in luce, da analizzare sono cambiati, si è sempre partiti dalla tematica dei rifiuti, ma di anno in anno si sono sperimentati nuovi modi di comunicare all’esterno, ai cittadini. Gli eventi realizzati nelle varie piazze di Bologna sono stati concepiti tutti come momenti poetici, in cui il pattume trasformato in opera d’arte, fosse il protagonista. Di più, dove un pensiero di cambiamento, l’utopia di un gruppo di giovani ragazzi, potesse arrivare al maggior numero di persone facendole sorridere, pensare, immaginare. Siamo cambiati anche in questo, la consapevolezza di una trasformazione nell’approccio all’evento è avvenuta quest’anno, giunti alla quinta edizione. Siamo più maturi, siamo coscienti di tutto quello che abbiamo fatto. Ci siamo resi conto dopo anni di “Ecole”, di doverci rimettere a studiare, a conosce e imparare e soprattutto ci siamo resi conto che l’utopia di voler cambiare le cose ha modificato piano piano anche il nostro vivere quotidiano il nostro personale. Proprio come diceva Gandhi: “Dobbiamo diventare noi il cambiamento che vogliamo vedere”.
Ilenia Gamberini Ideatrice de L’École del Rusco
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Siamo giunti alla quinta edizione con un pensiero fisso in mente. Cambiare il metodo. L’evoluzione del riuso, adottato nelle prime edizioni in forma di workshop e laboratorio urbano, era arrivata nell’ultima edizione al culmine della sua valorizzazione e potenziale, indagando attraverso i cinque sensi gli aspetti molteplici del valore delle risorse, riusate e riutilizzate, naturali e artificiali, razionali e passionali. È ora di osservare chi, meglio di noi, applica sistemi virtuali a basso impatto. È ora di fermarsi per ripartire. È ora di riflettere. È ora di evitare gli sprechi. È ora di ascoltare e sperimentare, ripassare le antiche regole antenate e proiettarle nell’era digitale. La fame ed il desiderio globale di cambiamento crescono vibrando in verticale, le idee ad inseguire nuovi metodi e soluzioni. La nostra sfida passa per un racconto virtuale, dove noi stessi diveniamo i generatori di riflessioni contemporanee, sperimentando sulla nostra pelle il cambiamento in atto a livello globale e locale. Consci di quanto sia importante il momento storico e coerenti nella ricerca, non suggeriamo alcuna soluzione nello specifico, ma altresì sottolineiamo l’importanza dell’approccio al contemporaneo, a quello che ci circonda oggi, con soluzioni adeguate, non ideali. Forse è proprio questo il cambiamento in atto. Firmiamo a sette mani una manifestazione che vede un nuovo modo più che una forma, un nuovo metodo nel raccontare e raccontarsi. Consapevoli, condivisi e contemporanei. La nostra fortuna è proprio questa, l’aver ascoltato la forza delle nostre idee, fino a quando lo vorremo, ricchi di gioia. Questa è l’edizione di conversione, di protesta verso noi stessi. È l’edizione a più basso impatto. È l’edizione che ci vede protagonisti virtuali e spettatori reali. È l’edizione che apre un nuovo modo di vederci impegnati in momenti culturali pubblici. Levando in attesa di riaggiungere con più scienza e coscienza. È il giorno, è il momento.
Marco Landini Direttore Artistico L’École del Rusco 2009
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Il percorso delle idee è un concetto. L’École del Rusco arriva alla quinta edizione e sono sorpreso dagli infiniti modi in cui si può comunicare un medesimo concetto. L’evento si nutre e comunica attraverso le persone, attraverso le sue azioni e i suoi pensieri, realizzazioni e conclusioni: possiede infinite combinazioni. E’ la condivisione delle idee che pone le basi per la sua diffusione. Nelle prime due edizioni furono le opere dei Mutoidi a rappresentare, con un workshop, un modo diverso di considerare i nostri scarti. Nella terza edizione i cittadini hanno interagito con installazioni che esprimevano concetti definiti e concentrati all’interno dell’idea di un artista. La quarta edizione ha chiamato in causa la città accendendo i cinque sensi che, in quanto elementi comuni a tutti, sono stati promossi come motori in grado di generare cambiamenti globali a partire da ogni singolo rappresentante. L’École del Rusco continua a indagare soggetti con nuove idee, città e società che promuovono un modo diverso. Con un obiettivo preciso e condiviso, adattando soluzioni e variabili in base alle necessità e al sentire presente. Esiste un livello nel quale tutti abbiamo le stesse possibilità. Siamo tutti responsabili di quello che sta per succedere e tutti sentiamo la necessità di un cambiamento. Quest’anno L’École pensa e indaga le buone pratiche della sostenibilità attraverso le persone che le hanno dato e le daranno forma. È un viaggio virtuale che diventa tangibile quando ci si sente chiamati ad essere parte attiva di un concetto, un concetto che diviene un’unica e personale idea. Non è una nuova economia a salvare, educare o nutrire la società, sono le stesse persone che la compongono. Siamo noi stessi cambiati, convinti e preparati.
Mariano Andres Araneo Presidente La Pillola
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Rusco, spazzatura, rifiuto: L’École del Rusco. Rusco, spazzatura, rifiuto: L’École del Rusco. La civiltà moderna tende a rimuovere i rifiuti, fisicamente ma soprattutto mentalmente. È il rifiuto del rifiuto. La rimozione mentale implica la volontà di rinunciare alla consapevolezza del problema, uno dei principali in tutto il mondo. Molte persone non conoscono la quantità di rifiuti prodotta nei paesi industrializzati ogni anno e l’impatto ambientale che ne deriva. Soprattutto non sanno che i rifiuti continuano ad aumentare anche dove la loro gestione è molto migliorata, figuriamoci dove invece ciò non avviene: come nel caso della Campania, dove il ri-fiuto si fiuta. Anche se la raccolta differenziata rappresenta ormai la base del riciclaggio, è sempre più complesso gestire l’aumentata eterogeneità di materiali molto diversi e difficili da trattare tutti insieme, per la presenza di sostanze pericolose e inquinanti. Il consumo delle risorse è inesorabilmente legato alla produzione di rifiuti. È impossibile fabbricare alcunché senza lasciare tracce. Meno scorie si lasciano e più il processo produttivo è efficiente. In Italia la produzione di rifiuti continua ad aumentare e non soltanto perché i rifiuti sono il rovescio della produzione: dunque aumentano se questa aumenta. Con i prodotti aumentano anche gli imballaggi, le confezioni, che spesso valgono di più del bene stesso e non sono consumabili. Pensiamo a un profumo: spesso la confezione, che gettiamo via immediatamente nonostante la sua bellezza, costa di più del profumo stesso. Eppure non ce ne facciamo nulla. I consumatori maturi non fanno i pignoli quando si tratta di relegare gli oggetti nella spazzatura, di regola accettano la brevità di vita delle cose e la loro fine prestabilita con serenità, spesso con piacere appena dissimulato, in qualche caso con autentica gioia, celebrandola come una vittoria. I più abili sanno che liberarsi delle cose che hanno superato la loro data-limite di utilizzo è un evento di cui rallegrarsi. Per i maestri dell’arte consumistica – anche questa un’arte – il valore di ogni oggetto non sta tanto nella sua virtù, quanto nei suoi limiti. In una società dell’eccesso e dello sperpero, raggiungere una situazione più equilibrata significa rivedere non un solo aspetto, ma prendere iniziative riguardo a tutte le fasi del ciclo di produzione, consumo e gestione dei rifiuti. Perciò è indispensabile che i consumatori siano più consapevoli e ripensino i loro stili di vita. Le performance artistiche de L’École del Rusco aiutano invece a riflettere e a rendere il consumatore-fruitore più consapevole. Ma il mercato finalizzato al profitto cerca di far moltiplicare gli acquisti dei consumatori. Un modo per farlo è accorciare la vita dei prodotti. Le automobili di oggi durano molto meno di quelle di una volta. E comunque poi vengono rottamate con un incentivo addirittura. È così anche per molti altri beni, come i vestiti e le 65
scarpe che la moda spinge ogni anno a rinnovare. Poi ci sono i computer, sostituiti spesso per l’innovazione della tecnologia e dei programmi. Un’altra ragione del continuo aumento di rifiuti è che la vita è sempre più frenetica e la gente acquista alimenti in porzioni già pronte, poi butta via una gran quantità di confezioni e imballaggi. Tutto ciò ha a monte un intenso lavoro industriale con immissione di scarti nell’ambiente (ossidi di azoto e zolfo, idrocarburi aromatici, polveri sottili, metalli pesanti), e a valle un altro lavoro di trattamento dei rifiuti con ulteriori impatti ecologici. Basti pensare che le polveri e le ceneri dei termovalorizzatori sono a loro volta classificate tra i rifiuti pericolosi. È vero che l’immondizia può diventare ricchezza: legale (eco-efficienza) e illegale (eco-mafia). Tuttavia è meglio agire a monte. Dalla società dell’usa e getta bisogna passare a quella dell’usa e riusa. L’uso delle risorse non dovrebbe essere soltanto una scelta etica ma anche razionale, scientifica. Se le risorse sono limitate e siamo sommersi dai rifiuti, i prodotti usa e getta devono lasciare il posto ai prodotti usa e riusa o eco-scomponibili, cioè l’evoluzione del prodotto eco-compatibile. Del resto l’eco-logia deriva dal greco oikos, che vuol dire casa, e ha la stessa radice etimologica di eco-nomia. Che in fondo è la scienza della gestione della casa: per analogia l’ecologia può essere definita come la scienza della gestione dell’ambiente, che è la casa di tutti gli organismi viventi. Compreso l’uomo. In ciò l’arte, anzi l’eco-arte, ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo di una coscienza collettiva autenticamente consapevole dei limiti del pianeta e del genere umano perché coniuga queste “case” con forme di creative che trasmettono emozioni e passioni. I rifiuti non sono dunque un problema tecnologico, sono un problema di strategia, diventano arte. Abbiamo bisogno di migliorare l’organizzazione, l’educazione, la progettazione industriale, e le performance artistiche. Insomma dobbiamo sapere, vedere, capire come si originano e che fine fanno i prodotti che consumiamo. In questo senso bisogna rivedere il processo produttivo delle imprese, chiedersi da dove provengono le materie prime che utilizziamo, preferendo quelle che più facilmente possono essere smaltite e riutilizzate, favorire il riciclaggio e la raccolta differenziata, la prevenzione dei rifiuti. La conseguenza è una naturale evoluzione verso questo nuovo modo di vivere. Questa consapevolezza inizia a prendere corpo, lentamente: istituzioni, imprese, consumatori si stanno ponendo da tempo il problema di gestire gli enormi flussi di materia, energia e persone che portano alla crisi ambientale scegliendo di ridurre, semplificare e connettere in qualche modo questi flussi. Tuttavia il contenimento del consumo di risorse risulta assai difficile da realizzare sia per i vincoli tecnici ereditati dal passato, sia per la radicata mentalità che ignora le conseguenze di lungo periodo delle azioni umane. Qualche passo importante è stato fatto, almeno sul piano culturale e della comunicazione. Così ad esempio la campagna dell’Unione Europea sul cambiamento climatico si fonda sul principio che gli individui possono controllarlo: il cambiamento climatico è un problema globale, eppure il contributo personale di ognuno di noi può fare la differenza. Anche semplici gesti quotidiani possono aiutare a ridurre le emissioni senza pregiudicare la qualità della nostra vita. Anzi, facendoci 66
risparmiare. E allora: Abbassa, Spegni, Ricicla e Cammina. Che assieme a Riduci e Riutilizza diventano le parole d’ordine e la base di partenza per la rivoluzione “verde” dal basso. Si incomincia a capire (e a spiegare) che le piccole azioni di tutti sono determinanti per innescare un processo virtuoso: se i consumatori chiedono prodotti green, allora le aziende produrranno prodotti green e solo attraverso la comunicazione, potente mezzo di persuasione, si potrà cambiare qualcosa. Oltre a dirlo però bisogna farlo. Partendo da noi stessi appunto. E in questo anche l’arte del vivente, la cosiddetta bioarte, è la forma espressiva che può contribuire di più per diffondere questo pensiero e “parlare” al nostro eco-sistema in modo diretto, senza tante metafore e mediazioni. Ultima generazione di un percorso che parte dalla Land Art, l’arte ecologica la cui espressione più avanzata si trova nella Biotechart, unisce la comunicazione artistica alla scienza, per trovare una conciliazione tra la natura e il mondo industriale, e dare una speranza che anche i prodotti tecnologici, e perché no i loro rifiuti, possano assumere un valore positivo e favorevole ai bisogni umani. E se la riproduzione di paesaggi verdi e il richiamo diretto alla natura danno messaggi immediati, ritengo che sia equivalente il messaggio dato, con forme artistiche molto diverse, come quelle che offre L’École del Rusco e La Pillola. Anche forme artistiche slegate dall’immagine diretta, ma che la richiamano con l’espressione del corpo come nella danza, utilizzano l’energia del movimento per risvegliare la stessa emozione e voglia di cambiare lo stato delle cose in modo armonico, come se il ballerino, trasmettesse a chi lo guarda la voglia di cambiare il mondo per raggiungere l’equilibrio che lui ha raggiunto nei suoi movimenti. È questo senso di pace che discostandosi tanto dalla realtà che ho descritto sopra, caotica, sporca, rumorosa, bisognosa di essere “riusata e riciclata” in modo diverso, fa scattare la voglia di cambiamento, perché se ne percepisce la possibilità effettiva, tangibile nell’espressione artistica. E a questo bisogna mirare tutti assieme, scienza e arte, per comunicare lo stesso messaggio con canali diversi ma che arrivino sempre al cuore della gente. Io cerco di fare così.
Andrea Segré Preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bologna
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L’École del Rusco. The earth's vegetation is part of a web of life in which there are intimate and essential relations between plants and animals. Sometimes we have no choice but to disturb these relationships, but we should do so thoughtfully, with full awareness that what we do may have consequences remote in time and place. (Rachel Carson, The Silent Spring, p. 64)
Come si può risvegliare la coscienza eco-sostenibile nel cittadino? Questa grande parola sostenibilità è sulla bocca di (quasi) tutti, ma sembra, allo stesso momento, per alcuni piuttosto astratta e teorica. L'École del Rusco parte da lì colmando il termine con esperienze, creatività, sensazioni e utilizzando i linguaggi artistici come catalizzatore dell'intento etico-sociale dell'iniziativa. L'atteggiamento nei confronti dell'ambiente e della spazzatura come il suo recupero sono al centro della manifestazione giunta alla quinta edizione. Questa volta, a differenza delle versioni precedenti che hanno riempito piazze e luoghi pubblici bolognesi con performance, eventi e sculture, è un punto di riflessione, un respiro per guardare sia indietro che in avanti, individuando con chiaroveggenza e lungimiranza gli obiettivi e il percorso da intraprendere. Nella quarta edizione l'installazione in-odore di Diverserighestudio nel cortile del Palazzo D’Accursio ha creato un luogo che rappresenta la dicotomia, il bivio al quale è giunto il pianeta: sopra le teste dei passanti un giardino naturale, ma rovesciato, un cielo di fiori capovolti che fanno trasparire la luce e i colori celesti, mentre ai loro piedi un altro giardino, artificiale e deformato, fatto di steli realizzati con materiale di recupero piantati a terra. Un'installazione che ha fatto riflettere in modo transgenerazionale tutti, dal pensionato meditabondo al bambino spensierato. La realtà di ferro e cemento armato dei nostri ambienti e il paradiso celeste appeso rafforzano la sensazione di un abisso insuperabile davanti al quale ci sembra di trovarci sempre più spesso. L'arte come spunto di riflessione e provocazione mette in allerta la riflessione e risveglia la coscienza. Sostenibilità non significa solo vivere rispettando sia l'ambiente che uno sviluppo economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi prendendo in considerazione le generazioni a venire, ma vuole anche dire iniziare da se stessi. Il primo passo per cambiare le cose è sempre questo. Cominciare con piccole modifiche nella propria vita, con le famose abitudini quotidiane, cambiando il microcosmo che ci circonda – solo così e seguendo questa strategia in numero sempre maggiore, si cambia il macrocosmo. L'École del Rusco coglie e crea questo fer68
mento, invita il cittadino a fermarsi un attimo nel frenetico ritmo di una grande città come Bologna per riflettere su se stesso come individuo. L’iniziativa punta sul recupero della propria coscienza e della propria forza, creando momenti di riflessione tramite esperienze estetiche dirette che mettono in discussione il consueto statico. L'arte ha la potenzialità di farci vedere il mondo con occhi diversi, di riscuotere la propria visione indagando i parametri personali. L’approccio dell’arte partecipativa porta avanti questo processo in cui ci si accorge finalmente quanto e in che modo ognuno dipenda dall’altro, in modo decisivo. Essere coinvolto in un atto creativo, dovendosi confrontare con altri individui per produrre qualcosa, vuol dire mettere in moto sia la riflessione che la fisicità, ma anche e soprattutto l’emozione. Solo se il pensiero diventa esperienza, vissuta con tutti i sensi e le relative emozioni, diventa una realtà che ha il potere di cambiare il mondo – o di salvaguardarlo intatto...
Julia Draganovic e Claudia Löffelholz Curatrici e promotrici del progetto La Rete Art Projects
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Intrecci. Per un medievista - anche se atipico - come me, molte delle manifestazioni che La Pillola ha organizzato in questi non tanti anni, tra cui soprattutto L'École del Rusco, potevano essere considerate da una visuale un po' diversa rispetto al pubblico cui erano destinati gli eventi, e forse pure rispetto alla progettualità stessa di chi li aveva ideati e curati. Cercare il proprio nell'altrui, e dunque proporzionare tutto all'esperienza e alla competenza personale, è spesso un enorme limite, oltre che una forma di egocentrismo: pure, è un vizio in cui talvolta si cade. Parlando di arte del riciclo, e di riciclo artistico, non mi potevano non venire in mente tanti esempi dei secoli lontani: chiamiamolo reimpiego, che fa più fine, ma cos'è per esempio, per limitarsi al nostro contesto bolognese, il capitello antico in fondo a destra nella navata centrale della chiesa dei Santi Vitale e Agricola in Santo Stefano? anche nel Medioevo si riciclava: talvolta per pura comodità materiale o funzionale (avere sottomano un bel pezzo di marmo, o un oggetto già lavorato faceva risparmiare tempo e soldi), talaltra con significati simbolici, che potevano essere religiosi, o politici, ma anche in un senso - si può dire - di riqualificazione artistica; già si de- e ri-contestualizzava, insomma, e qualche volta l'oggetto impiegato cambiava di valore estetico proprio per la nuova collocazione, senza doversi spingere sino alle avanguardie del Novecento. Se volessi poi andare oltre, potrei notare che pure il kilometro 0, tutto sommato, piaceva molto all'età di mezzo: i materiali della scultura e dell'architettura medievale - si veda il caso del mattone a Bologna - vengono spesso da aree limitrofe, non per le questioni etiche ed ecologiche che ci spingono oggi a non fare arrivare le fragole sulla nostra tavola a gennaio, ma per motivi ben più concreti e 'bassi': era più facile, era meno costoso. E se infine volessi esagerare, e far vedere come anche i nuovi trend siano spesso dal punto di vista del metodo delle costanti di ritorno, potrei addirittura abbozzare un confronto tra la poetica della sinestesia legata alle installazioni della scorsa edizione de L’École e le discussioni sulla tradizione ecfrastica del primo umanesimo, e la pittura tardogotica, che di topoi come "sembra sentire gli uccelli cantare", o "pare odorare il profumo di un fiore" fanno una ragione d'esistenza. Ma l'esperienza de La Pillola, al di là dei ponti più comodi o più forzati che si possono costruire nello specifico del merito artistico (e storico artistico) nel mio caso più usuale, è stata ed è per me qualcosa di più personale e più ludico, in cui praticare passioni 'serie', come certe forme dell'arte contemporanea, in maniera leggera, ma non per questo scorretta o di basso livello formale e culturale. Anzi, seguire dibattiti sull'arte condivisa, piuttosto che fondere esempi di produzione artistica attuale e cucina creativa, in un ambiente più berlinese che bolognese (e con un ottimo bar a disposizione), faceva e fa pensare meglio, senza essere cupi; e anche adesso che la location è mutata, 70
credo si possa andare avanti, dopo che mi è capitato di presentare tempo fa una piccola installazione di un architetto che ora ha avuto un meritato exploit mediatico per essere stato selezionato alla Biennale d'Architettura di Venezia, o di fare il curatore di una performance di due artisti fotografici sempre più affermati nel panorama nazionale (Simone Gheduzzi e Petripaselli, per la cronaca). Non si tratta solo infatti di uno spazio fisico, ma di un ambito mentale, in cui ci si incrocia con persone che mi hanno permesso di giocare a fare sul serio. E' in questo senso che il lavoro e la vocazione della Pillola si trova particolarmente a suo agio con la sostenibilità, intesa non solo come una pratica produttiva o performativa, ma come un modo di essere, e anche di vivere la comunicazione di esperienze, formali e non. Il viaggio virtuale ma fissato sulle pagine di una graphic novel, cifra specifica di questa edizione de L’École, va inteso come strumento di conoscenza sui temi cari alla Pillola ma anche come valore condiviso e partecipato, in un periodo in cui mi pare ce ne sia davvero, e tanto, bisogno. D'altronde, per chiudere il cerchio di questa che non è una presentazione ma una testimonianza, in un ormai ahimè lontano corso monografico di qualche anno fa, che tenevo per il corso di Storia della miniatura all'Università Ca' Foscari di Venezia, mi capitò proprio di leggere agli studenti molte considerazioni di quello che viene spesso considerato il creatore della graphic novel, Will Eisner, che ho avuto la fortuna di conoscere di persona, e con cui ebbi modo di parlare di concetti trasversali alle arti di oggi e a quelle dei tempi passati, come il rapporto e la dipendenza (o la discrasia) tra testo e immagine, il problema dell'inserimento della scritta nella figurazione (così presente per uno studioso come Meyer Schapiro), e soprattutto l'idea che gli stava tanto a cuore dell'arte 'che si svolge', a cui dedicò vari interventi di metodo, tra cui un volume, tradotto in italiano come Fumetto & arte sequenziale, che - non senza scandalo di qualche mio collega - misi in programma: un racconto si svolge e si sfoglia, percettivamente e fisicamente; ciò che, appunto, al di là di facili raffronti piacioni, può collegare un fumetto autoriale di oggi alle strategie di presentazione dell'immagine nei manoscritti miniati medievali. Ecco cosa ci fa uno come me a L’École del Rusco, e perché, tutto sommato e se non spiace a nessuno, ci si trova pure molto bene.
Fabrizio Lollini Docente di Storia dell’Arte Medievale presso il Dipartimento di Arti Visive dell’ Università degli Studi di Bologna
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Il dono della parola (nuova). Ammesso che al mondo esista qualcuno che non conosca IKEA, sento di dover presentare questa azienda per quella che è: una enorme macchina commerciale che ogni giorno accoglie migliaia di visitatori, clienti, curiosi, che parcheggiano la loro auto ed entrano per passare alcune ore, a volte una intera giornata, nel negozio di mobili più famoso al mondo. Persone che si aspettano di trovare ciò che è stato promesso loro dal catalogo più pubblicato al mondo, quello di IKEA, e cioè un turbinio di ispirazione e novità riguardanti l’arredamento a prezzi democratici. Mobili e complementi di arredo prodotti da più di 1200 fornitori sparsi per il mondo, che vengono imballati, caricati su navi, treni merci e camion pronti ad essere toccati, provati, manipolati ed acquistati, fino al momento estremo dell’abbandono nel RUSCO. IKEA è tutto questo. E lo sa. Lo sa da sempre, e da molti anni ha capito quale sia la strada. Con determinazione, silenziosamente, in modo strutturato, ha investito sulla sostenibilità. Che per IKEA passa dal rispetto delle risorse naturali ed umane. Lo slogan è quello di sempre: costi bassi, ma non a qualsiasi costo. Ed è così che ogni punto della realtà è stato preso in analisi dalla famosa ruota: i prodotti nascono sostenibili già nella mente dei designers, vengono prodotti in fabbriche dove il rispetto delle persone è la prima assoluta legge, dove il sistema logistico è concentrato sull’ottimizzazione del viaggi, dove ogni nuovo catalogo nasce da un vecchio catalogo, e via così. Gli articoli di IKEA parlano di questo. Non lo hanno mai sbandierato, e forse a volte avrebbero dovuto farlo, ma se ti fermi a guardarli con occhio diverso, vedrai che lampade, divani, tavolini, cuscini ti racconteranno, ognuno per loro conto, una storia di ricerca continua verso la sostenibilità. Quella che in IKEA si chiama NEVERENDING LIST, l’elenco sempre in crescita di prodotti belli e sostenibili. In questa realtà, un giorno, approdò un gruppo di giovani creativi, una PILLOLA di ingegno ed ottimismo entrò nel ventre della balena blu svedese e fece una proposta irriverente alla sottoscritta, che in qualità di responsabile Ambiente e Sociale, ascoltò. Si parlò di sensi, di emozioni, di suggestioni, si parlò di provocare il popolo bolognese con installazioni ironiche ed anche un po’ oniriche… Mi vennero presentati progetti disegnati a mano su cartoni da imballo di coperchi di water IKEA, vidi occhi preoccupati per un no e lampi di genio ogni volta che si trovava una buona idea per raddrizzare il tiro. I giovani creativi chiedevano alla grande svedese di scendere in Piazza, e parlare 72
alla Sua Maggioranza in modo diverso, di accettare il confronto con la città. IKEA girò la proposta ai suoi articoli, ai suoi piccoli oggetti di uso comune. Alcuni accettarono: una poltrona Gullunge in foglie di banano andò a raccontare che degli alberi IKEA non butta via nulla, il gioco di legno MULA parlò di legno certificato, di zero tolerance quando si parla di bambini. La stoffa nera DITTE divenne un petalo post-atomico nel cortile del Sindaco e raccontò del rispetto per chi produce e raccoglie il cotone. Le marmellate LYNGONBERRY raccontarono del biologico, ed 80 bianchibidoni FIBBE fecero per 3 giorni e 3 notti la guardia al crescentone su 80 verditappeti HAMPEN, alla luce di 80 torce ad energia solare JAPPLING, per parlare ai bolognesi di risparmio energetico e differenziazione. Ed ognuno di loro, con dignità e garbo, spiegò alla grassa e curiosa città che ogni oggetto che viene pensato, progettato, prodotto, deve avere una sua funzione nel mondo, e se è fortunato, anche due o tre, prima di essere trasformato in qualcosa di altro, e magari migliore. Ecco che cosa L’ÉCOLE DEL RUSCO è stata per IKEA: la possibilità di dare alle proprie creature una opportunità diversa, assolutamente nuova di parlare di loro. IKEA con L’ÉCOLE DEL RUSCO ha sostenuto il teorema per il quale Il coraggio di essere diversi, originali, semplici, trasparenti, onesti, e forse un po’ pazzi può portare sempre una grande fortuna. La fortuna che io personalmente sento di voler augurare a tutti i geniali e coraggiosi ragazzi de LA.PILLOLA.
Elisabetta Fabbri FAMILY, Social&Environmental Responsible IKEA store – Bologna
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La forza delle idee, le idee delle persone.
L’École ringrazia,
Artisti: Wrekon Mutoid Waste Company, Festival di Arte Urbana Bastardo, Ramomora, Raccattaraee, Sylla Amadou Mactar, Marcello Tedesco, Jessica Cestaro, Leggerestrutture, Bootstrap, Serman, To/let, Mp5, Marco Lampis, Gruppo Zero, Alessandra Cussini, Fedra, Rigatier, Deepalso, Tristan Vancini, Cerchioteatro, Kino, Lorella Pierdicca, SuccoAcido, Ho-mework, Oracle, Tayone, Markrobot, Big Mojo, Zeta dj, Marinella Roncone, Consulelo Marchionni, Francesca Dovesi, Lucia Chiesa, Fabrizio Atteritano, Gianluca Perticoni, Rudi Cremonini, Giacono Dalla Maria, Davide Sabbatini, Amalia Ferariu, Gliuliano Sacchero, Giorgio Mega, Hellen dj, Simone Bellotti, Adriano Avanzolini, Mirta Carroli, Danilo Cassano, Paolo Gualandi, Gabriele Lalatta, Enrico Mulazzani, Maurizio Osti, Federico Ajello, Francesco Paolo Ruggiero, Silvia Magnani, Diverserighestudio, Francesco Cossu, Ennio Bertrand, Pietro Mussini, Sandro di Fatta, Filippo Pavoncelli, La Papilla Brilla, David Vecchiato, Fidia, Docklab, Francesca Pasquali, Alessandra Maio, Renato Mancini, Ciclostile Architettura, Alessandro Giorgini. Curatori e professionisti: Planimetrie Culturali, Anna Cuccu, Gaetano Sorbetti, Elisa Vignando, Giulia Barbieri, Ludovico Pensato, Mariano Andres Araneo, Marco Landini, Ilenia Gamberini, Vincenzo Balzani, Andrea Segrè, Rino Pensato, Fabrizio Lollini, Claudio Mazzanti, Alessio Testoni, Enrico Melchiorre, Elisa Poli, Luca Santoriello, Sara Feligiotti, Barbara Sarti, Carla Fioroni, Rohaya Seck, Julia Draganovic, Claudia Löffelholz. Partner e sponsor: Governo Italiano, Regione Emilia Romagna, Provincia di Bologna, Accademia di Belle Arti, Overtech, Fondazione del Monte, Ellesudio srl, Impresa edile di Roversi Paolo e C, Comune di Bologna Settore Cultura e Settore Ambiente e Verde Urbano, Gruppo Hera Bologna, Coop Adriatica, Castorama Lame, Bolognafiere, Cgil Bologna, Real, Alplast, Meat, Mekki.it, Cosepuri, Dismeco, Tecnologie per Abitare, Frisbee, Isart, Sana, Lastminute Market, Alloro Suite Hotel, Leroy Merlin, Cna, Ikea, Schmidt Consulting, Saie, Sana, Gruppo Fiori Metalli, Gruppi Sistemi 2000, Azzero Co2, Tamburini, Atti, Quadrilatero, Simoni, Vecchia Malga, Azienda Agricola Caretti, Vini Merlotta, Gilberto, Farotti Essenze, Agena Costruzioni, area, archinfo, edilio, Radio Città del Capo, D-sign, Mondo Pop, Re Mida, Mensa, Bar de Marchi, Cooking Around. 74
via Castiglione, 25 - 40124 Bologna t. +39 051 631 3173 f. +39 051 631 3173 www.lapillola.net
Y’art Project per L’École del Rusco 2010 ospita l’info point via Mascarella, 37 - Bologna
L’École del Rusco 2010 è stata possibile grazie a
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile essere “sostenibili”, ma la tutela dell’ambiente può valere qualsiasi sforzo compiuto.
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