Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE
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n°123
PACE, LIBERTÀ BENESSERE, DURATA DELLA VITA... ECCO QUANDO E DOVE L’UMANITÀ HA VISSUTO MEGLIO NEGLI ULTIMI 4MILA ANNI
GENNAIO 2017 � 4,90 in Italia
Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona
LE EPOCHE
+FELICI DELLA STORIA
GARIBALDINI
NELLA GUERRA DI SECESSIONE AMERICANA C’ERANO ANCHE GLI ITALIANI
VITA QUOTIDIANA
DAI CORRIERI DI PERSIA AI MONACI PORTALETTERE, 2MILA ANNI DA POSTINI
GIOCHI DI NATALE CHE COSA C’ENTRA IL TABELLONE DEL RISIKO CON I PREMI OSCAR?
123 gennaio 2017
focusstoria.it
Storia
S
Jacopo Loredan direttore
IN PIÙ... OTTOCENTO 14 Napoleone alla
conquista d’Egitto
RELIGIONI 20 Monasteri solidi
come la roccia
QUOTIDIANA 24 VITA Tappe e primati GETTY IMAGES
e l’aspettativa di vita fosse l’unico parametro da considerare, allora la risposta verrebbe facile: la nostra epoca è davvero la più felice della Storia. Poco più di cent’anni fa, all’inizio del XX secolo, in Italia si viveva mediamente 50 anni, contro gli 82 di oggi. Un bel salto. Ma anche se la longevità conta, ci sono altri valori da tenere presenti quando si vuole stilare la top ten della felicità umana. Per esempio l’assenza di guerre, e in tal senso potrebbero essere perfetti i 600 anni di pace ininterrotta che permisero alla civiltà dei Vallindi di prosperare nel nord-ovest del continente indiano. Oppure la stabilità politica e la certezza delle istituzioni, come nella Roma dell’imperatore Adriano. O ancora il fiorire di artisti e pensatori della Grecia classica... Come vedete l’impresa è tutt’altro che facile. In fondo l’epoca più felice del passato è quella in cui ci sarebbe piaciuto vivere. E sono convinto che ciascuno di noi troverà la sua in questo numero di Focus Storia.
Ballerine di charleston nei ruggenti anni Venti.
LE ETÀ FELICI 32
Alla ricerca della felicità Come è cambiato nei secoli e nelle civiltà il concetto di felicità?
36
Dove la pace non era utopia I Vallindi 4mila anni fa realizzarono il sogno di una società senza guerra.
40
Ai bei tempi di Adriano L’impero di Adriano fu un’epoca di prosperità e benessere. Ecco perché.
44
In quali epoche stavamo meglio? Per rispondere si possono usare i dati sulla popolazione e sull’istruzione.
R UBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI
46
Conti in tasca agli antichi Chi erano i Bill Gates e i Trump del mondo greco e romano?
50 Spiriti liberi
6 NOVITÀ & SCOPERTE
8 TRAPASSATI ALLA STORIA
Gli indiani d’America vivevano in armonia con la natura e senza denaro.
10 AGENDA 12 MICROSTORIA 70 PITTORACCONTI
54
Non bastano ma aiutano Piccole e grandi innovazioni che ci hanno migliorato l’esistenza.
60
72 DOMANDE & RISPOSTE 74 CURIOSARIO 75 RACCONTI REALI
CI TROVI ANCHE SU:
’900 da boom L’ottimismo delle due epoche di maggior benessere del Novecento.
114 FLASHBACK IN COPERTINA: GETTY IMAGES, STUHMANN
del servizio postale
PERSONAGGI 76 Albert, il Göring
buono
MISTERI 80 Chi ha dipinto la
Grotta dei cervi?
RINASCIMENTO 82 Cosimo de’ Medici,
il banchiere
88 LaIN SINTESI Colombia alle prese con le Farc
PERSONAGGI 90 Von Ungern,
il barone sanguinario
TEMI 96 LaGRANDIrivoluzione
scientifica
LIBERO 102 TEMPO Giochi da tavolo
per Natale
OTTOCENTO 104 Garibaldini
d’America
STORIE D’ITALIA 108 Negli Anni ’20,
il caso Girolimoni 3
GRANDI PERSONAGGI E AVVENIMENTI DEL PASSATO. Se ami la storia, vuoi saperne sempre di più: ricostruire gli avvenimenti, conoscere i personaggi, rivivere le epoche del passato con l’attenzione e la cura per i dettagli come solo Focus Storia sa fare . Sfoglialo e rivivi la Storia a ogni numero in modo diverso e avvincente.
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OTTOCENTO
Nel 1798 Bonaparte fu inviato a conquistare l’Egitto. Partì con il sogno di imitare Alessandro Magno: riscoprì la civiltà egizia, ma tornò sconfitto
LESSING/CONTRASTO
NAPOLEONE L’EGIZIANO
P
ochi personaggi famosi sono stati più prolifici di Napoleone nel pronunciare frasi storiche destinate ai posteri. Il 21 luglio 1798, davanti ai veterani delle Campagne d’Italia inquadrati in assetto da combattimento, Bonaparte montò a cavallo, indicò le piramidi di Giza e disse: “Da lassù quaranta secoli vi guardano”. Chissà se quella frase se l’era studiata prima (probabilmente sì). Di fronte a lui e ai suoi soldati, oltre alle piramidi, c’era la cavalleria dei Mamelucchi (v. riquadro nelle pagine successive). 14
Più oltre, la strada verso il Cairo, la capitale d’Egitto; alle spalle, la carriera folgorante di un còrso venuto dal nulla. In cerca di gloria. Torniamo ai mesi precedenti: il “Piccolo Caporale”, dopo le vittorie italiane era sempre più popolare. E sempre più indigesto per il Direttorio, il consiglio che governava la Francia postrivoluzionaria dal 1795. Per togliersi dai piedi quel militare ambizioso e popolare, niente di meglio che affidargli l’Armata d’Inghilterra, istituita per piegare il temibile avversario d’Oltremanica.
Napoleone sapeva però che attaccare direttamente gli inglesi sarebbe stata una follia. Propose allora di colpire il nemico lontano da casa, nel Mediterraneo e lungo le vie commerciali verso l’India. A spingerlo non era solo la strategia: in testa aveva il mito di Alessandro Magno: “L’Europa è una tana di talpe”, amava ripetere Bonaparte. “Non offre abbastanza e dobbiamo andare in Oriente. Tutte le glorie vengono da là”. Un sogno veramente “napoleonico”, di cui l’Egitto fu la meta. Si allestì una flotta di 55 navi
ART RESOURCE/SCALA
Tra moschee e piramidi Napoleone al Cairo nel 1798. Per arrivarci dovette vincere i Mamelucchi nella Battaglia delle piramidi (nella pagina a sinistra), nel luglio di quell’anno.
Mondadori Portfolio/Bridgeman
TVITA QUOTIDIANA
C’È POSTA PER TE O
ggi nella cassetta della posta troviamo solo multe, bollette e pubblicità: le lettere arrivano sul computer. Una volta non era così e comunicare a distanza è stato uno dei problemi più antichi dell’umanità: dai segnali luminosi e sonori, passando per papiri e pergamene, fino ad arrivare alle tavolette di argilla dei Sumeri, prime lettere della Storia. Nell’antico Egitto a inviare missive erano soprattutto i faraoni: quelli della XIX dinastia 3.200 anni fa intrattenevano una regolare corrispondenza con i re assiri e babilonesi attraverso papiri che viaggiavano sul Nilo. Ai tempi di Augusto, 2mila anni fa, i fulminei corrieri a cavallo romani (“ispirati”
da quelli persiani) macinavano migliaia di chilometri per portare gli ordini imperiali. Ma la corrispondenza, come la intendiamo noi, è un fenomeno più moderno. Affinché potesse decollare un vero “sistema poste” servivano 4 condizioni. Innanzitutto le persone dovevano saper leggere e scrivere (alla fine del XIX secolo i due terzi degli italiani, tanto per fare un esempio vicino a noi, erano analfabeti). Poi serviva un destinatario: soltanto dal Duecento i commerci si estesero abbastanza, mentre prima (e per moltissimi anni anche dopo) si lavorava a due passi da casa. Inoltre servivano supporti più economici di papiri e pergamene: il problema fu risolto solo nel tardo Medioevo con la dif-
Postini d’epoca A sinistra, una pubblicità postale natalizia dagli Usa degli anni Cinquanta. A destra, uno “scarselliere” medioevale imperiale: muovendosi a piedi, impiegava 11 giorni per coprire la tratta Milano-Roma.
Mondadori portfolio
Dai corrieri persiani ai cursores romani, fino alle mail: le tappe e i primati dei servizi postali
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PRIMO PIANO
Alla ricerca della felicitĂ
Come è cambiato nei secoli e nelle civiltà il concetto di “felicità”? La risposta è nei consigli degli antichi, negli esperimenti dei filosofi e nelle parole dei politici
L
Spensieratezza, ma anche malizia nel quadro L’altalena di Jean-Honoré Fragonard, del 1767. Su quali siano gli ingredienti della felicità si sono scervellati filosofi e studiosi, soprattutto nel Settecento.
BRIDGEMAN/MONDADORIPORTFOLIO
Chi si accontenta...
a felicità? In Bhutan si misura con un numero: 0,743, per la precisione. Almeno dal 1972, quando Jigme Singye Wangchuck, il re di questo staterello dell’Asia, ha introdotto il Fil, l’indice di felicità interna lorda che si calcola in una scala da 0 a 1 dove uno è il valore massimo. Per ottenerlo si incrociano dati come la salute, la qualità della vita, l’istruzione, il benessere psicologico, l’uso del tempo, la tutela della biodiversità... et voilà ecco il calcolo su quanto la popolazione è felice. Un’operazione di marketing e di promozione, secondo molti osservatori, un tentativo di finalizzare al meglio le politiche economiche del Paese per i sostenitori del monarca. Di certo nonostante l’alto valore di felicità, il Bhutan risulta essere tra i Paesi più poveri al mondo. Deduzione: i soldi non fanno la felicità. Ma allora? Di una ricetta per ottenerla se ne parla da millenni. Ma per qualcuno è solo questione di fortuna. Felici per caso. Secondo Darrin McMahon, storico della Florida State University (Usa) e autore di un libro sul tema, in gran parte delle culture c’è infatti un legame storicamente documentato tra felicità e caso. Lo dimostra l’etimologia di questa parola in diverse lingue. In tedesco felicità e fortuna hanno la stessa radice: Glück. L’inglese happiness deriva dall’antico norvegese happ, che significa “caso”, e, in latino, felix voleva dire “fortunato”. Per gli antichi, insomma, per essere felici bastava scansare gli imprevisti. E possibilmente conquistarsi la benevolenza degli dèi. “Felice e fortunato l’uomo che conosce e rispetta le festività, conosce i presagi, evita le trasgressioni e fa il suo lavoro, senza offendere gli dèi”, diceva il poeta Esiodo (VIII-VII secolo a.C.) in Grecia dove l’eudaimonía, la felicità, significava letteralmente “demone buono”. Poi arrivò la filosofia a scombinare le carte. Saggio è meglio. Socrate e Platone in testa, ma anche passando per Aristotele ed Epicuro, i filosofi raccomandavano: se vuoi essere felice, diventa saggio, limita i tuoi bisogni e goditi ciò che hai. Con buona pace degli dèi, per la prima volta gli uomini osavano dire che essere felici dipendeva solo da loro. E in questo i Roma33
PRIMO PIANO
L’ottimismo delle due epoche di maggior benessere del Novecento: i ruggenti anni Venti e il miracolo economico del secondo dopoguerra, con i cambiamenti che portarono
’900DA BOOM
Bellezze al bagno
GETTY IMAGES
Brighton, 1925. In Inghilterra la donna “garçonne”, cioè “maschietta” fu un simbolo di emancipazione. 60
B
enessere economico, dinamismo sociale, emancipazione femminile, innovazioni tecnologiche, ottimismo diffuso e tanta musica. Questi gli ingredienti che hanno accomunato due “periodi dorati” del XX secolo: i Roaring Twenties, i “ruggenti anni Venti”, e gli anni del cosiddetto boom economico tra i Cinquanta e i Sessanta. A essere coinvolti furono tanto gli Usa quanto l’Europa, con Germania e Italia in prima fila, dove lo sviluppo industriale del secondo dopoguerra fu tale da far parlare di “miracolo”. Made in Usa. Ma perché proprio in quei decenni lo scoppio del boom di benessere? Per rispondere, bisogna sottolineare che le
due epoche avevano in comune il fatto di seguire due devastanti conflitti mondiali e che a dare il “la” furono nei due casi gli Stati Uniti. «Negli Usa degli Anni ’20 l’organizzazione scientifica del lavoro e la meccanizzazione della produzione consentirono una rapida crescita della resa industriale e un relativo contenimento dei prezzi», spiega Stefano Luconi, docente di Storia degli Stati Uniti d’America all’Università di Padova. «Nacque così, anche grazie all’aumento dei salari, un mercato di massa sollecitato dalla pubblicità, che diffuse il desiderio di stili di vita raggiungibili attraverso l’acquisto di beni, magari a rate».
Gli Anni ’20 furono “ruggenti” anche in Europa. E in modo analogo il boom economico degli Anni ’50 e ’60 coinvolse sia gli Usa sia il Vecchio Continente: specie in Germania Ovest e Italia, le nazioni più martoriate dalla Seconda guerra mondiale. «Il nostro Paese si inserì nella tendenza positiva internazionale, trainato dagli aiuti economici offerti dal Piano Marshall, i fondi stanziati adagli Usa per la ripresa europea», racconta Guido Crainz, docente di Storia contemporanea all’Università di Teramo. «Si posero le basi di quell’eccezionale crescita industriale che, dal 1958, darà il via al cosiddetto miracolo». Tempo libero e nuove abitudini. In entrambi i periodi post bellici la parola d’or-
PERSONAGGI
Albert, fratello del potente gerarca nazista Hermann, era la vergogna della famiglia: si oppose al regime e aiutò gli ebrei grazie al suo cognome
Il GĂśring
BUONO
GETTY IMAGES
S
ul cartello appeso al collo c’è scrit to “Sono una scrofa ebrea”. La donna, 70 anni, inginocchiata, sta lucidando con l’acido cloridrico le pietre di una strada nella Vienna occupa ta dai nazisti, mentre due uomini in ca micia bruna la sorvegliano e la deridono. Improvvisamente, dal nulla sbuca un uo mo che prima si china per aiutarla e poi comincia a discutere animatamente con i due nazisti. Per zittire gli sgherri, l’uomo tira fuori i suoi documenti: si chiama Al bert Göring. Il “piccolo Göring”. La famiglia Göring non era una famiglia qualunque nella Ger mania nazista degli Anni ’30 e ’40. Soprat tuto per via di Hermann, fondatore della Gestapo e comandante in capo della Luft waffe, l’aviazione tedesca. Hermann, in somma, era uno degli uomini più potenti del Terzo Reich. Secondo solo a Hitler, sta va sullo stesso piano di Joseph Goebbels, il potente ministro della Propaganda. Ma Hermann aveva un fratello, Albert appun to. Era il più piccolo, nato due anni do po, nel 1895. E il “piccolo” stava dall’altra parte della barricata: fu uno strenuo oppo sitore del nazismo. Protetto dal suo cognome Albert non so lo salvò dall’Olocausto diversi ebrei au striaci (tra gli altri l’autore dell’operetta La vedova allegra, Franz Lehár, che ave va sposato una donna di origini ebraiche). Secondo alcune testimonianze dell’epo ca arrivò a prelevare diversi prigionieri del campo di concentramento di TerezínTeheresienstadt ed ebbe contatti con la re sistenza cecoslovacca. Fin dall’infanzia i due fratelli Albert e Hermann, rampolli dell’alta borghesia, erano come il diavolo e l’acquasanta. Anche fisicamente erano uno l’opposto dell’altro: Hermann biondo e corpulen to, Albert magro e di carnagione olivastra. Durante il processo di Norimberga del 1946 Hermann parlò così del fratello: “È stato sempre il mio opposto. Non si è mai interessato né alla politica né alla carriera militare. Era malinconico e pessimista mentre io sono un ottimista. Ma non è una cattiva persona”. No, non era una davvero “cattiva persona”.
Fratelli diversi Hermann Göring a una parata nazista negli Anni ’30. A sinistra, Albert negli Anni ’20, in posa “dandy”.
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SCALA
RINASCIMENTO
A
lla morte del padre Giovanni di Bicci de’ Medici, il quarantenne Cosimo ereditò quella che oggi si chiamerebbe una vera holding finanziaria. I grandi banchieri del Trecento (Bardi, Peruzzi e Acciaiuoli) erano, per vari motivi, falliti e le nuove famiglie borghesi fiorentine emergenti, tra cui Medici, Pazzi e Strozzi, ne avevano subito approfittato per conquistare il potere economico. E i Medici più
di tutti, dal momento che per la loro banca si erano aggiudicati un cliente d’eccezione, il papato. Nel XV secolo il Banco Medici, con filiali in molti Paesi, fu una delle più importanti banche d’Europa. Nel 1429, alla morte di Giovanni, la famiglia Medici era molto in vista a Firenze ed era pronta per una nuova sfida: la scalata al potere. Un gemello misterioso. Cosimo de’ Medici nacque nel 1389, ma le fonti divergo-
no sulla data (Machiavelli dice il 27 settembre, altre fonti il 10 aprile). Non è l’unico enigma intorno alla sua nascita. Secondo qualcuno avrebbe avuto un gemello, chiamato Damiano, morto però prima di compiere un anno. Tuttavia di ciò non si ha alcuna certezza: si sa solo che Cosimo crebbe con il fratello, Lorenzo, più piccolo di 6 anni. Cosimo e il fratello diventarono grandi in un clima favorevole alle arti e allo stu-
GETTY IMAGES
Come Cosimo de’ Medici divenne padrone di Firenze grazie alla sua abilità politica e al denaro. E come fondò una delle dinastie protagoniste del Rinascimento
COSIMO IL BANCHIERE dio dei classici: il padre era amico dell’umanista fiorentino Leonardo Bruni. A 30 anni Cosimo aveva una biblioteca degna di uno studioso e spesso alla compagnia di giocolieri e menestrelli preferiva quella degli intellettuali. L’attenzione all’arte e alla cultura in famiglia si tramandò per molte generazioni. Trame di partito. Quanto alla città di Firenze, ai primi del Quattrocento era di fatto una repubblica. Ma certo non nel
senso che la intendiamo noi: era più che altro un regime oligarchico nel quale dominavano le famiglie dei magnati, cioè banchieri e commercianti. Proprio in quegli anni si stava consumando una lotta spietata tra le vecchie famiglie fiorentine, più conservatrici, e quelle più “borghesi” che avevano fondato le loro fortune sul commercio e la finanza. Per cercare di sopire questi contrasti, e le maldicenze sulla sua famiglia,
Fiorentino doc Ritratto di Cosimo il Vecchio (1389-1464) opera del Pontormo. Nell’altra pagina, banchieri a Prato. A Firenze nel ’400 emersero diverse dinastie di banchieri: ma i più potenti furono i Medici, finanziatori dei papi, che aprirono filiali in mezza Europa. 83