Focus Storia 127

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°127

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maggio

L’IMPERO DEI

TURCHI

HAREM, VISIR, CONQUISTE... DAI SULTANI OTTOMANI ALLA RIVOLUZIONE DI ATATÜRK

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NIPOTINI DI ADOLF I MARMI DI ROMA ECCO CHE FINE HANNO FATTO I FIGLI DEGLI ALTI FUNZIONARI NAZISTI

PIETRE E LASTRE DALLE ALPI APUANE FINO AI PALAZZI DELL’URBE

MALEDETTO SVEVO!

FEDERICO II, IL SOVRANO PIÙ ILLUMINATO DEL DUECENTO, FU INFAMATO DAI PAPI


127 maggio 2017

focusstoria.it

Storia Solimano I il Magnifico all’attacco dell’Ungheria, in un quadro dell’800.

D

Jacopo Loredan direttore

R UBRICHE

NOVECENTO 12 Che fine hanno

fatto i figli dei nazisti?

MEDIOEVO 16 Federico II,

sadico di fama

22 IARCHITETTURA giardini nei secoli

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42 Assalto ai Balcani

10 MICROSTORIA 72 DOMANDE & RISPOSTE 75 RACCONTI REALI 76 CURIOSARIO 77 TECNOVINTAGE 78 PITTORACCONTI 114 FLASHBACK

di musica jazz

84 IANTICHITÀ Sarmati,

Serbia, Bosnia, Croazia, Albania: gli Ottomani passarono anche da qui.

46 I sultani che dominarono il mondo

guerrieri della steppa

I fatti e i protagonisti dell’Impero ottomano.

TEMI 90 LeGRANDIpurghe

48

di Stalin

Nelle mani del gran visir Ibrahim Pascià, da schiavo cristiano a uomo più potente dell’impero.

96 IlANTICHITÀ viaggio del

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Nascita, espansione e declino di un’armata di mare nata dal nulla.

9 AGENDA

CULTURA 80 Un secolo

L’avanzata degli Ottomani verso l’Europa tra ’400 e ’500.

6 NOVITÀ & SCOPERTE

regina della Belle Époque

Mamma li turchi

Le navi della Mezzaluna

8 TRAPASSATI ALLA STORIA

PERSONAGGI 28 Franca Florio,

LA SUBLIME PORTA

4 LA PAGINA DEI LETTORI

IN PIÙ...

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

odicimila maschi sopra i 15 anni trucidati a Otranto, nel 1480. Seimila cittadini, compresi i ragazzi dai 12 anni in su, passati a fil di spada vent’anni dopo a Modone, colonia veneziana in Peloponneso. Di fronte alle mura della città, raccontano i testimoni oculari, le teste degli assediati furono ammucchiate in una lugubre piramide per ripagare il sultano dalle frustrazioni dell’assedio e della conquista. E mentre, affacciati sullo stesso Mediterraneo, latini e Ottomani si contendevano il dominio delle coste, nei Balcani, con altrettanta imparziale e reciproca crudeltà, visir e regnanti cristiani si disputavano l’Europa continentale. Seppur inframmezzato da periodi di pace e commerci, questo è stato il rapporto tra turchi ed europei, a partire dalla caduta di Costantinopoli, l’Ultima Roma, nel 1453. Soltanto nel Novecento Turchia e Occidente si sono davvero ravvicinate, ma oggi, di fronte ai proclami bellicosi del “nuovo sultano” Erdoğan, faremmo bene a non dimenticarci i 4 secoli precedenti.

CI TROVI ANCHE SU:

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Diplomazia all’opera

marmo romano

100 GliSCIENZAesperimenti crudeli del passato

Il ratto dal serraglio di Mozart per mostrare il lato buono degli Ottomani.

60 L’ultimo harem

ECONOMIA 104 Chi ha inventato

il protezionismo

La vita dorata delle concubine al Topkapi di Istanbul.

64

La caduta dell’impero Dopo la Prima guerra mondiale la fine del “malato d’Europa”.

D’ITALIA 108 LoSTORIE“smemorato”

In copertina: in una rielaborazione il sultano Mehmet II tra due guerrieri ottomani.

di Collegno

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Abitudini, costumi, stili e condizioni di vita. Un viaggio nel tempo nella quotidianità di poveri e ricchi, raccontato attraverso le invenzioni che ci hanno semplificato l’esistenza (il wc, ma anche il punto di domanda!), i metodi educativi con cui si crescevano i bambini, gli sguardi indiscreti nelle camere da letto di mille anni fa. E ancora: la storia delle valigie, una giornata con Ludovico il Moro, la “cattiva” salute dei nostri nonni.

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NOVECENTO

Che fine hanno fatto i figli degli alti funzionari del nazismo? E come hanno vissuto chiamandosi Hess, Göring, Himmler e Speer?

ULLSTEIN BILD/ARCHIVI ALINARI

U

na bella villetta a due piani, un giardino curato, un padre che gioca con i figli. Sembrerebbe tutto perfetto se non fosse per quel campo di concentramento che si vede in lontananza dalla finestra della camera al primo piano. La scena si svolge infatti non molto lontano dal campo di Auschwitz, in Polonia. I bambini sono i figli di Rudolf Höss, dal 1940 comandante del lager. Uomo in carriera, ma non meno presente con la sua famiglia. Amava trascorrere il tempo libero andando a cavallo, leggendo fiabe ai figli o ascoltando musica. Un ritratto che stona con la figura del più zelante degli ufficiali di Hitler. Eppure non fu l’unico nazista a essere un padre affettuoso. Durante il processo di Norimberga nel 1945, lo psicologo statunitense Gustave Gilbert, che ebbe l’incarico di parlare con i detenuti nazisti, li definì uomini mancanti di empatia nei confronti del prossimo ma totalmente convinti di essere

mio papà è un

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NAZISTA


Quadretti di famiglia

GETTY IMAGES (3)

Albert Speer, l’architetto di Hitler, con i figli. Da sinistra Margret, Fritz, Hilde, Arnold e Albert. Sotto dall’alto in basso: Hess con il figlio di un anno, Wolf Rüdiger, nel 1938; Hermann Göring con la piccola Edda, negli Anni ’30; Heinrich Himmler, con la sua Püppi (bambolina), Gudrun, unica figlia legittima del comandante delle Ss.

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PERSONAGGI

Franca Florio, la “first lady” palermitana, che fra '800 e '900 con il suo fascino ammaliò l’erede dell’unica dinastia industriale siciliana, ma soprattutto l’élite del tempo

la regina della

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REALY EASY STAR

ARCHIVIO REGINA

I

l Kaiser Guglielmo II la chiamava “Stella d’Italia”, D’Annunzio “Unica” e i siciliani “Regina di Palermo”. Ma Francesca Jacona della Motta dei baroni di San Giuliano, moglie dell’imprenditore Ignazio Florio junior, preferiva farsi chiamare semplicemente Donna Franca. Alta, mora, occhi verdi e carnagione olivastra, flessuosa con il suo vitino sottile e il seno formoso, la nobildonna faceva strage di cuori. Di lei, D’Annunzio disse che aveva un “corpo regale” e una “essenza voluttuosa”. Il resto lo facevano abiti impeccabili e gioielli parigini, ma anche il suo charme unico. Su un campo minato. La sfolgorante parabola di Donna Franca si muove sullo sfondo di una Palermo opulenta e cosmopolita, tra gli sfarzi della Belle Époque, a cavallo tra ’800 e ’900. Per l’Europa era un periodo felice: guerre lontane, produzione industriale in aumento, esposizioni internazionali che mostravano la crescente ricchezza della borghesia e i progressi tecnologici. L’illuminazione elettrica rischiarava le strade delle capitali e invogliava a uscire la sera per andare a ricevimenti, teatri, caffè; facevano la loro apparizione le prime auto, la rete ferroviaria si ampliava, facilitando scambi commerciali e svaghi. Non ci si aspettava la Prima guerra mondiale.

Con le parole dello scrittore Paul Morand, “quella della Belle Époque fu una società che visse inconsapevolmente su un campo minato”. Palermo godeva degli stessi fasti delle capitali europee, visitata dai ricchi stranieri attratti dalle sue bellezze, dal suo dolce clima e dai mitici ricevimenti dei coniugi Florio, protagonisti della bella vita siciliana. «Coppia dotata, oltre che di una incalcolabile fortuna, di fascino, buon gusto e physique du rôle», così li definisce Ettore Sessa, docente di Architettura dell’Università di Palermo. Insomma, le persone giuste al momento giusto. Spopolavano, e non solo nel capoluogo siciliano. Dalle loro dimore passarono teste coronate, artisti e vip dell’epoca. Vita dorata. Tutto ebbe inizio nel 1893, anno dell’osteggiato matrimonio tra la ventenne Franca e Ignazio jr della ricca famiglia Florio, criticato dai genitori di lei per la sua fama di donnaiolo, ma non certo per il patrimonio. Da allora fino al crac finanziario, su Donna Franca gossip e storia si intrecciano più o meno felicemente. Le fotografie la ritraggono sempre elegantissima e carica di gioielli. Gli abiti, noblesse oblige, li acquistava a Londra o a Parigi, dove in uno dei suoi viaggi si fece porcellanare il viso – un doloroso trattamento estetico che consisteva nel rico-


Bellezza in mostra

S

AMT REAL ESTATE SPA IN C.P.O.

Troppa grazia, sua Maestà Donna Franca ritratta da Giovanni Boldini. A sinistra, sopra, Ignazio e Franca Florio (al centro), insieme a senatori e ministri, accolgono i sovrani d’Italia. A sinistra, sotto, Donna Franca e il Kaiser Guglielmo II nel giardino della villa dell’Olivuzza.

e quel quadro potesse parlare... Il Ritratto di Donna Florio (a lato) racconterebbe gioie, lacrime, soddisfazioni e delusioni di una donna che dopo essersi accaparrata il più ambito rampollo dell’unica dinastia industriale siciliana, dovette lottare con tutte le sue forze per tenerselo. Nel 1898 dopo la nascita di Baby Boy, il tanto atteso erede maschio, il rapporto tra i due sposi si rinsaldò. E l’orgoglioso padre, desideroso d’immortalare lo stato di grazia della moglie dopo il lieto evento, invitò a Palermo Giovanni Boldini. Il pittore dei vip della Belle Époque si precipitò a ritrarre la baronessa come faceva con le altre signore “bene” dell’epoca, e ne rimase incantato. Quadro e controquadro.. La rappresentò in una posa ardita e sensuale: abito scollato, spallina abbassata Ut ut e gambe scoperte fin sopra il ginocchio, cosa che diamcommy fece infuriare il geloso marito, tantoNum da non fargli pagare il verostrud quadro e pretendere etuer sequip endredelle modifiche. Ma Boldini preferì ritrardolutat, cor senim re dadunt capodoloreet Franca,wisim stretta in un più austero abitoesto di seta quis et dunt od nero ricamato. Il secondo dipinto fu exerosto dolobortindf apprezzato da don Ignazio che ddsada doloreet wisim alla nel 1903 accettò di esporlo quis et dunt esto Biennale di Venezia. od In seguito wisim la telaexeunt andòdoloreet persa. Nel 1924, a quis di et anni, dunt esto od chiese distanza la dama al pittore di modificare il primo exerosto dolobortindf quadro, conservato suo ddsada doloreet nel wisim atelier parigino, dando quis et dunt esto od così al ritratto la suadolobortindf forma definitiva. exerosto All’asta. Il grande quadro (oltre ddsadarosto due metri per uno) vide l’abito dolobortindf ddsada allungato, la scollatura più castigata, la posa attenuata: così finalmente entrò nella casa romana dei Florio. Ma per poco: nel 1929, in seguito al crollo finanziario della famiglia, venne acquistato dal barone Maurice de Rothschild e ricomparve a Villa Igiea solo nel 2006. Oggi è esposto in una mostra dedicata a Giovanni Boldini (al Vittoriano di Roma fino al 16 luglio), ma potrebbe essere una delle ultime occasioni per ammirarlo perché è destinato a essere venduto a un’asta giudiziaria (prezzo di partenza un milione di euro), con il solo vincolo di restare in Italia. Ma i palermitani non ci stanno a perdere la loro icona: così è già partita una raccolta fondi per tentare l’acquisto. (p.p.) 29


L’avanzata degli Ottomani verso l’Europa tra ’400 e ’500 costrinse i cristiani a unirsi per la difesa. Con poco successo

MAMMA LI

TURCHI

re), il sultano che gli occidentali chiamavano il Magnifico. La conquista dell’isola gli spalancava le porte dell’intero Ak Deniz (“Mare Bianco”, il Mediterraneo). Dopo la conquista di Costantinopoli (v. ultima pagina) da parte di Mehmet II (1453), l’antico Mare nostrum dei Romani era diventato teatro di cruente operazioni belliche. La conquista della città bizantina aveva provocato sgomento in

tutta la cristianità, ma nessuno in Occidente si era mosso per contrastare gli Ottomani. «L’Europa era disunita, divisa dalla rivalità storica tra la Francia dei Valois e la Spagna degli Asburgo che seppellì l’idea universale di una Res publica christiana», spiega Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano. «Contemporaneamente il Vecchio Continente era dilaniato dalle guerre di

Primi affondi Rodi difesa dal sultano ottomano Osman I già nel 1310: era un nodo strategico verso l’Occidente. A sinistra, un guerriero turco in un ritratto del ’600. 37


SCALA BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

Vittima dell’espansione turca fu Venezia che perse diversi territori, tra cui l’Isola di Eubea, granaio della Serenissima

religione tra cattolici e protestanti». Ma l’occupazione di Costantinopoli fu solo l’inizio dell’attacco all’Europa. Agli esordi. Gli Ottomani si erano affacciati alla ribalta della Storia nel primo quarto del XIV secolo quando il fondatore della dinastia, Osman I, ingrandì il suo piccolo principato all’interno dell’Anatolia, nella regione tra Angora e Bursa (le antiche Bitinia e Galazia). Il figlio Orhan, succedutogli nel 1326, in poco più di un decennio estese i suoi domini sino al Mar di Marmara. Da lì il passaggio in Europa fu solo una questione di tempo. Il successore di Orhan, Murad I, espugnò Edirne, ovvero Adrianopoli, territorio culturalmente

Stop momentaneo Il sultano Bayezid I condotto prigioniero davanti a Tamerlano nel 1402: il capo dei Mongoli però si ritirò dai territori turchi dopo poco.

e geograficamente europeo, e guidò il suo esercito lungo la penisola balcanica impossessandosi di territori bizantini, bulgari e serbi. «Gli stessi Balcani uscivano da un periodo di lotte intestine e subirono un’avanzata rapidissima che li costrinse a venire a patti coi sultani ottomani», continua Parsi. La conquista si concluse con la battaglia di Kosovo Polje il 15 giugno 1389 (v. articolo “Assalto ai Balcani”). Arriva Tamerlano. L’espansione ottomana subì una battuta d’arresto agli inizi del ’400. I Mongoli, guidati da Tamerlano, invasero l’Anatolia e nella piana di Çibukova, dove oggi sorge l’aeroporto di Ankara, il 28 luglio 1402 sconfissero Bayezid I facendolo prigioniero. Poi, dopo aver devastato l’intera penisola anatolica, fecero ritorno in Asia Centrale. Con la ritirata di Tamerlano cessò, di fatto, la dominazione mongola sui territori ottomani ma Bayezid I morì in prigionia e i suoi figli si contesero la successione per un decennio. Alla fine prevalse Mehmet I, che ricostituì l’unità dei domini ottomani e fu il primo ad avere una visione imperiale del suo ruolo: fu lui a usare per primo stabilmente il titolo di sultano. A Mehmet I successe Murad II, che rafforzò ed estese i domini imperiali: conquistò Salonicco, parte della Morea e dell’Albania e sconfisse a Varna (1444) le forze cristiane unite in una lega dal pontefice Eugenio IV. Alla morte di Murad II (1451), Mehmet II, presa Costantinopoli, pretese di essere chiamato al Fatih (“il Conquistatore”). Tra il 1460 e il 1464 occupò il Peloponne-

LESSING/CONTRASTO

Attacco alla Serenissima A sinistra, nel 1474 il veneziano Antonio Loredan affronta vittoriosamente a Scutari (Albania) l’assedio dei turchi, in un quadro ottocentesco.


HAREM Una gabbia dorata da cui nessuno voleva fuggire: la vita delle concubine al Topkapi di Istanbul era molto diversa da come ce la immaginiamo

GETTY IMAGES

PRIMO PIANO

L’ultimo

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L

a grande Porta della Voliera era spalancata, senza nessuna sorveglianza: mezzo migliaio di persone (300 donne e 200 eunuchi) se n’erano andate alla spicciolata, a fine novembre. All’improvviso “libere”, ma senza essersi mai sentite prigioniere, che cosa avrebbero fatto adesso che l’harem di Istanbul, quella che consideravano la loro casa, era stato chiuso? Costruito da Maometto II il Conquistatore tra il 1464 e il 1478 nel Topkapi (in turco Topkapë Sarayë), il Nuovo Palazzo imperiale, l’harem di Istanbul (che nel 1876 venne trasferito nella nuova residenza del sultano, il Dolmabahçe Sarayë) venne chiuso in quel 1922, dopo che il futuro presidente della Repubblica turca Mustafà Kemal Pascià depose l’ultimo sultano ottomano, Maometto VI.


La vita nell’harem i pittori potevano solo immaginarla: infatti l’ingresso era vietato anche a loro. In basso a sinistra, le concubine dell’harem dei Topkapi nel 1870.

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SCALA

Addio mia concubina


I GRANDI TEMI

I

SOVIETICO

l 1° dicembre 1934 venne assassinato a Leningrado Sergej Mironovich Kirov, capo del Partito comunista di quella regione, ma anche uno dei più probabili successori di Stalin alla carica di segretario generale. A questo delitto si fa risalire l’inizio del lungo periodo di terrore che insanguinò l’Unione Sovietica e che è passato alla Storia come l’epoca delle “grandi purghe”. Si trattò di un’epurazione di massa che investì, in primo luogo, lo stesso Partito bolscevico dell’Urss, colpito, con inesorabile spietatezza, a tutti i livelli: dagli uomini di vertice più rappresentativi ai quadri intermedi, fino alla base, i semplici militanti ritenuti in odore di “eresia”. Caccia grossa. Ma le purghe di Stalin, dittatore incontrastato fin dalla morte di Vladimir Lenin, avvenuta nel 1924, non si limitarono a decimare il partito unico: decapitarono la nomenklatura ministeriale, annientarono la casta militare dell’Armata Rossa, fino a reprimere con violenza il clero e la cosiddetta intellighentia, ossia gli esponenti del mondo scientifico e culturale, senza risparmiare neppure i dirigenti delle fabbriche, i sindacalisti, i capi delle cooperative agricole collettivizzate, i kolchoz. Perfino i vertici dei partiti comunisti “fratelli”, presenti a Mosca

Alla sbarra Stalin con Sergej Kirov, capo del partito comunista di Leningrado, assassinato nel 1934. Sullo sfondo, l’ingegnere Leonid Ramzin (al centro), accusato di sabotaggio e spionaggio durante il processo al “partito industriale”.

CORBIS/VCG VIA GETTY IMAGES

CORBIS/VCG VIA GETTY IMAGES

LE PURGHE STALINIANE

IL TERRORE


INTANTO NEL MONDO UNIONE SOVIETICA

In Urss tra il 1936 e il 1938 si scatenò un’ondata di vera e propria paranoia collettiva. Stalin aveva infatti aperto la caccia al “traditore e servo degli imperialisti stranieri”.

1928-1932 Varato il primo piano quinquennale per la pianificazione economica.

27 dicembre 1929 Stalin avvia la campagna di sterminio dei kulaki, i “contadini ricchi”.

ALTRI PAESI

CULTURA

29 ottobre 1929 Martedì nero. Crollo della Borsa di Wall Street, a New York.

1933 Il presidente americano Roosevelt lancia il New Deal.

3 maggio 1936 Vittoria in Francia del Fronte Popolare. 9 maggio 1936 Dopo aver conquistato l’Etiopia, Mussolini proclama l’Impero. 19 agosto 1936 Si apre a Mosca il primo grande processo, detto "dei sedici", contro la vecchia guardia fedele a Lenin.

1934 Alfred Hitchcock gira L’uomo che sapeva troppo. 28 febbraio 1935 Viene sperimentato in laboratorio il nylon, che sarà lanciato sul mercato nel 1938. 18 giugno 1936 Muore lo scrittore e drammaturgo sovietico Maksim Gorkij. 1938 Reduce dalla guerra di Spagna, George Orwell pubblica Omaggio alla Catalogna. Gennaio 1939 Otto Hahn e Fritz Strassman pubblicano i risultati dei primi esperimenti sulla fissione nucleare.

23 agosto 1939 Firmato il patto di non aggressione tra Germania e Urss (patto Ribbentrop-Molotov).

10 maggio 1940 Winston Churchill diviene Primo ministro inglese.

Febbraio 1939 Pubblicato a Parigi il romanzo La veglia di Finnegan di James Joyce.

BETTMANN ARCHIVE

22 giugno 1941 Hitler attacca l’Unione Sovietica. Luglio 1942febbraio 1943 La battaglia di Stalingrado segna la disfatta e il ripiegamento delle truppe dell’Asse. 91


SCIENZA

Quando inseguivamo il progresso a tutti i costi (e l’etica non era certo una priorità) abbiamo testato le cose più atroci su uomini e animali...

Esperimenti

CRUDELI A

ll’epoca in cui furono eseguiti venivano considerati esperimenti importanti, svolti in contesti scientifici accreditati e spesso condotti da scienziati stimati. Ma oggi nessun comitato etico li approverebbe: gli esperimenti che vi illustriamo in queste pagine calpestano, infatti, e in modo piutto-

sto evidente, i diritti degli esseri umani e degli animali. Tralasciando, volutamente, le aberrazioni raggiunte nei laboratori dei lager nazisti, ecco che cosa accadeva nei centri di ricerca, anche prestigiosi, meno di un secolo fa. Sempre (o quasi), a “fin di bene”, naturalmente. • Marta Erba

1958 Le

scimmiette e il robot

GETTY IMAGES

P

Non di solo latte... Gli esperimenti di Harlow dimostrarono che il legame di attaccamento tra i piccoli primati e le loro madri non è determinato solo da ragioni di sopravvivenza.

erché i neonati, e i cuccioli di mammifero in genere, si attaccano subito a chi li accudisce? Cercano cibo o protezione? Per dirimere la questione Henry Harlow, psicologo all’Università del Wisconsin, sottrasse circa 60 cuccioli di macaco alle rispettive madri a poche ore dalla nascita. Li pose quindi in una gabbia all’interno della quale avevano a disposizione due “madri surrogate”: un robot meccanico di ferro a cui era attaccato un biberon e un pupazzo di panno morbido caldo e pelo folto ma sprovvisto di latte. Risultato: le scimmiette si nutrivano sì, ma passavano la maggior parte del tempo con la “mamma” di pezza. Soprattutto se nella gabbia venivano introdotti oggetti che li impaurivano: quest’ultima era la “base sicura” verso cui istintivamente ogni cucciolo si avvicinava per cercare protezione. Violenza ingiustificabile. L’esperimento permise di spiegare uno dei sentimenti più duraturi anche nel genere umano, l’“attaccamento” alla figura di accudimento, e di capire l’importanza che ha il contatto fisico per i neonati. Ma oggi sottrarre cuccioli alle madri a fini sperimentali sarebbe impensabile.


1961 La

R

“banalità del male”

ispondendo a un annuncio sul giornale, 40 uomini vennero invitati dallo psicologo Stanley Milgram in un laboratorio alla Yale University. Qui trovarono un “generatore di scosse elettriche” dotato di 30 interruttori, con varie etichette che andavano da “scossa leggera” a “scossa intensissima”, a “pericolo scossa grave”. Si trattava, fu loro spiegato, di uno strumento di rieducazione; loro compito era azionare gli interruttori secondo le

indicazioni di uno scienziato, tale Jack Williams. A uno dei partecipanti (in realtà un complice dei ricercatori) veniva assegnato per sorte il ruolo di “cavia” – avrebbe subìto le scosse – nella stanza accanto. Fino alla fine. Tutti i partecipanti arrivarono a somministrare una scossa di almeno 300 volt, benché udissero distintamente le urla (finte) della cavia. Il 65 per cento di loro, spesso con disagio (sudando e treman-

Un neonato traumatizzato do), continuò a eseguire gli ordini di Williams fino alla scossa massima di 450 volt. Milgram voleva indagare l’obbedienza all’autorità e provare quella che la filosofa Hannah Arendt aveva definito la “banalità del male” (chiunque può essere indotto ad agire contro i propri valori morali). Ma i partecipanti all’esperimento, anche quando fu loro detta la verità (cioè che il generatore era finto), rimasero a lungo profondamente turbati.

Senza pietà Lo scienziato impartiva l’ordine (a sinistra) e l’uomo eseguiva (sotto).

1971 L’effetto

F

Lucifero

u il lancio di una moneta a stabilire chi dei 24 studenti universitari, convocati dallo psicologo Philip Zimbardo, sarebbe diventato guardia o carcerato. La domenica successiva, quelli a cui era toccato il secondo ruolo furono arrestati, schedati in una vera stazione di polizia e trasferiti nel seminterrato del Dipartimento di psicologia della Stanford University, per l’occasione trasformato in una finta prigione; vennero quindi spogliati, perquisiti, privati degli effetti personali e identificati con un numero. Qui incontrarono le “guardie”: in uniforme militare, munite di occhiali da sole (per im-

pedire il contatto oculare), chiavi, fischietti, manette e manganelli. Zimbardo aveva dato loro il permesso di impiegare qualsiasi tattica ritenessero opportuna per mantenere l’ordine. Inferno. Le guardie divennero violente e autoritarie: i carcerati, privati di cibo e costretti a stare svegli, vennero incappucciati, incatenati e costretti a pulire le latrine con le mani. La situazione degenerò a tal punto che lo studio venne sospeso dopo soli sei giorni. L’esperimento, famosissimo, servì a dimostrare il cosiddetto “effetto Lucifero”: anche gente normale può diventare spietata.

Guardie e ladri Sopra, Philip Zimbardo che ideò l’esperimento in carcere. Sotto, un’immagine del film The experiment, ispirato proprio al test psicologico di Zimbardo.

ll comportamentista John Watson riuscì a dimostrare che il sentimento di paura può essere indotto.

1920 La

A

piccola cavia

lbert (sopra) aveva appena nove mesi. Seduto su un materasso in una stanza della Johns Hopkins University di Baltimora (Usa), vedeva avvicinarsi alternativamente un cane, un topo bianco, un coniglio, un uomo che indossava una maschera: il bimbo li osservava, e interagiva allungando la manina. Ma a un certo punto accadde qualcosa di inaspettato: per sette volte consecutive, ogni volta che il topo si avvicinava, Albert udiva un rumore terrificante che lo faceva sussultare e cadere in avanti. Da lì in poi, ogni volta che vide ancora il topo, anche in assenza del rumore, il bimbo cambiò comportamento: piangeva disperato e cominciava a gattonare per allontanarsi; lo stesso faceva quando vedeva avvicinarsi gli altri animali pelosi, e perfino l’uomo mascherato. Giù la maschera. Quest’ultimo non era una persona qualsiasi: si trattava di John Watson (in basso), il padre del comportamentismo e pioniere della psicologia sperimentale. Lo scienziato voleva dimostrare scientificamente che la paura può essere indotta. L’esperimento confermava la sua tesi: era bastato percuotere con violenza una barra metallica per indurre in Albert la fobia dei topi, e non solo. Il bimbo restò traumatizzato da questo esperimento? Non si sa, perché pochi giorni dopo la mamma portò via Albert dall’ospedale, ma è estremamente probabile.

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