Focus Storia 128 Giugno 2017

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°128

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giugno

SCHIAVI DI ROMA

IL POTERE DEL METEO

Come viveva un terzo della popolazione dell’Urbe

Così il brutto tempo sconfisse papi, re e generali

DAI PITAGORICI AI MASSONI, DAI CARBONARI AI THUG: 25 SECOLI DI MISTERI

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LE

SOCIETÀ SEGRETE GRECIA ANTICA

MILETO, LA CITTÀ CHE FECE SCUOLA PRIMA DI ATENE E SPARTA

INDIANI D’AMERICA QUANDO IL GRANDE CAPO “RE FILIPPO” RIUSCÌ A FERMARE I COLONIZZATORI

OTTOCENTO

LA CARESTIA IRLANDESE? FU PILOTATA DAL GOVERNO DI LONDRA


128 giugno 2017

focusstoria.it

Storia La riunione della loggia massonica a cui apparteneva Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791).

D

Jacopo Loredan direttore

4 LA PAGINA DEI LETTORI

6 NOVITÀ & SCOPERTE

9 AGENDA

10 MICROSTORIA 12 COLD CASE 73 IN ALTRE PAROLE 74 DOMANDE & RISPOSTE 114 FLASHBACK

ANTICHITÀ 14 Vita da schiavo IMPREVISTI 20 Galeotto fu

il meteo

Come i capricci del tempo hanno influenzato la Storia.

24 IlNOVECENTO nemico ti ascolta

Lo spionaggio militare dei tedeschi durante la Grande guerra.

DIETRO LE QUINTE 34

Perché siamo tutti complottisti? Uno storico ci spiega la “complottomania” di ieri e di oggi.

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56

Gelli il burattinaio Dal fascismo alla loggia massonica P2, gli intrighi di Licio Gelli, attraverso i misteri d’Italia.

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Antiche fratellanze

A oscure lettere

Le radici millenarie delle società segrete.

Dal Medioevo fino all’inizio del secolo scorso, i poeti e gli scrittori che aderirono a circoli segreti.

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Tutte le sette del mondo

R UBRICHE

IN PIÙ...

L’esistenza da incubo degli schiavi romani.

PRINT COLLECTOR/GETTY IMAGES

a una parte i complottisti esagerano, quando attribuiscono le svolte della Storia alle trame di onnipotenti associazioni segrete. Dall'altra sarebbe ingenuo trascurare del tutto il ruolo che le società iniziatiche hanno avuto nel corso dei secoli. Che fossero di stampo militare e aristocratico, come le eterìe greche, oppure culturale, come i pitagorici di Crotone, oppure ancora etico-morale, come la massoneria, questi sodalizi hanno sempre finito per esercitare la propra influenza sulle azioni dei contemporanei. Del resto, se l'unione (degli iscritti) fa la forza, ancor più la fa la riservatezza e talvolta il mistero che avvolgono le attività delle associazioni a cui dedichiamo la copertina. E poco importa che alcune di esse siano celebri per manifestazioni tutt'altro che discrete – pensiamo alle baccanti – o per azioni clamorose – gli hashishin persiani. Quello che affascina sempre, e quello che conta, è il segreto che le avvolgeva, proteggendole.

CI TROVI ANCHE SU:

Dalle eterìe dell’antica Grecia alle confraternite del XX secolo.

42 Come dio comanda

Le sette che in nome della loro divinità cercavano solo il potere.

48 Diavolerie d’altri tempi I gruppi satanisti che venerano il demonio nacquero nel Medioevo.

50 All’ombra della loggia I trecento anni della massoneria.

64 L’anticamera del nazismo La Società Thule, incubatrice naturale del partito nazionalsocialista tedesco.

66 Cospiratori d’élite La Carboneria, nata in Italia ai primi dell’800, ispirò il Risorgimento.

70 Finché morte non ci separi

La strage della setta religiosa dei davidiani a Waco nel 1993 che sconvolse gli Stati Uniti.

In copertina: un cospiratore di spalle, in una ricostruzione.

COLONIALE 76 LaAMERICA guerra

di re Filippo

La resistenza del capo indiano Metacomet.

COSTUME 80 Auguri Cannes

I 70 anni del famoso festival del cinema.

86 LaANTICHITÀ polis che fece scuola

Mileto, patria dei primi filosofi greci.

GRANDI TEMI 90 1967, Operazione

Focus

Cinquant’anni fa la guerra lampo tra Israele e Paesi arabi.

96 LaOTTOCENTO grande carestia

La grande fame che piegò l’Irlanda.

ARCHITETTURA 102 Passaggi segreti Corridoi e labirinti come vie di fuga.

STORIE D’ITALIA 108 Agguato

in laguna

Il veneziano che sfidò il papa: Paolo Sarpi. 3



BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

ANTICHITÀ

Costituivano un sesto della popolazione dell’Impero romano. Ed erano essenziali per l’economia. Ma la loro esistenza era un inferno

VITA DA SCHIAVO


Invisibili In questo dipinto di Lawrence Alma Tadema (1836-1912), alcuni patrizi si deliziano in villa, mentre lo schiavo, addetto a far ombra con il parasole, aspetta seduto.

N

ell’antica Roma, una casa, un orto e uno schiavo li possedeva persino il più modesto tra i contadini. Parola di Virgilio, se davvero è suo il poemetto Moretum. In effetti, a prescindere dallo status sociale, quasi tutti avevano almeno un servus, proprio come oggi quasi tutti hanno uno smartphone, un computer e una tivù. Giusto per farsi un’idea, gli schiavi rappresentavano più di un ter-

zo della popolazione dell’Urbe e circa un sesto di quella dell’impero. Ma come vivevano e qual era la loro effettiva importanza? Per capirlo bisogna immergersi nella quotidianità dell’antica Roma. Libertà addio. Cominciamo dall’inizio: come si diventava schiavi? La via più comune era finire prigionieri di guerra dei bellicosi Romani. Così capitò nel 146 a.C. a 50mila Cartaginesi sconfitti e ad altret-

tanti Daci dopo le campagne di Traiano (98-117 d.C.). Anche i cittadini romani però potevano perdere la libertà. Era questa la sfortunata sorte di chi non pagava i debiti, dei figli venduti da famiglie che non riuscivano a tirare avanti, dei poveri diavoli che non erano in grado di far fronte a una pena pecuniaria, dei peggiori delinquenti. In certi casi poi la schiavitù si “ereditava”, visto che se si nasceva in una domus da 15


DEAGOSTINI/A.DAGLI ORTI/GETTY IMAGES

PRIMO PIANO

All’ombra della LOGGIA


FINE ART IMAGES/ARCHIVI ALINARI, FIRENZE

Trecento anni fa nasceva la massoneria moderna. Nobili princìpi e ideali democratici animarono le intenzioni dei primi adepti

Cerimonia di iniziazione Il rito di iniziazione in una “loggia” in Austria, a fine ’700. A destra, una stretta di mano massonica, in un bronzo del XIX sec.

A

l Goose and Gridiron, una scalcinata e fumosa birreria nel centro di Londra, la sera del 24 giugno 1717 non fu una come le altre. Almeno per un gruppo di avventori, vistosamente diverso dagli abituali clienti del locale. Tra loro v’erano infatti aristocratici di altissimo rango, intellettuali, facoltosi borghesi e scienziati della prestigiosa Royal Society britannica. Con malta e cazzuola avevano ben poco a che fare, eppure si definivano masons (dal francese maçons, “muratori”) e chiamavano “logge” i loro luoghi d’incontro nella City, come le capanne vicine ai cantieri in cui i costruttori del Medioevo riponevano gli attrezzi e si incontravano per discutere i dettagli del lavoro. Il fine ideale dei membri di quattro diverse logge londinesi, che quella sera stabilirono di riunirsi nella Gran Loggia di Londra, era di fabbricare un nuovo tipo d’uomo, non edifici. E quell’unione fu l’atto di nascita ufficiale della moderna massoneria. Un’entità dalle mille anime: scientifica ed esoterica, aristocratica e rivoluzionaria, religiosa e anticlericale. Ma soprattutto istituzione eterogenea che, con innumerevoli varianti di struttura (“obbedienze”) e di sostanza (“riti”), si diffuse in tutto il mondo e ancora oggi fa discutere. Cenacolo di spiriti liberi o ristretti circoli di potere occulto? Tra apologie e accuse il dibattito dura da tre secoli. Anche perché il termine massoneria è divenuto nel tempo un’etichetta molto generica, incollata con disinvoltura su organizzazioni diversissime fra loro: dalle comunità che ancora perseguono l’originario illuminismo filosofico alle ramificazioni “deviate” o ad associazio-

ni a fini apertamente criminali. Sino alle moderne declinazioni delle società segrete, quei club esclusivissimi in cui le élites dell’economia o della politica agiscono fuori dalle sedi ufficiali. Come ad esempio la confraternita studentesca Skulls & Bones dell’Università di Yale, ritenuta da alcuni addirittura una sorta di governo-ombra degli Usa. C’è chi giudica i massoni pionieri del pensiero moderno e dei diritti umani. Altri, invece, li condannano come “inventori” di una segretissima cupola di burattinai della finanza e del potere, alimentando le tesi complottiste di una storia del mondo governata da un’invisibile lobby di reggitori occulti. Due posizioni contrapposte su cui si sono spesi fiumi d’inchiostro. L’indubbia origine storica del fenomeno, però, sta tutta in quel dopocena tra gentlemen inglesi del primo Settecento. Pensiero massonico. Ma perché nacquero i “liberi muratori” e perché in Gran Bretagna? «Le classi dirigenti del tempo sentivano l’esigenza di confrontarsi sul sapere in modo pacifico», spiega lo storico Aldo Alessandro Mola, autore di Storia della massoneria dalle origini ai nostri giorni (Bompiani). «Gli ultimi due secoli avevano vissuto guerre civili e scontri religiosi devastanti: dallo scisma anglicano di Enrico VIII alla Guerra dei Trent’anni, fino alla Guerra di Successione spagnola, conclusasi solo due anni prima della nascita della massoneria. Il grande anelito delle “teste pensanti” dell’epoca era quello alla convivenza, unita a una ricerca culturale basata sul confronto con gli altri anziché sulla supremazia di questa o quella idea». Il risultato fu qualcosa di totalmente british: «A differenza del resto d’Europa, la Gran Breta51


AMERICA COLONIALE

Quando gli Usa non erano ancora nati, un grande capo indiano riuscì quasi a distruggere le Tredici colonie. Ma gli inglesi tennero duro e vinsero

LA GUERRA DI

RE FILIPPO

È

THE GRANGER COLLECTION,NYC / ARCHIVI ALINARI, FIRENZE

la sera del 4 agosto 1675: in quella che oggi è la placida cittadina di Hatfield, in Massachusetts, un grande capo indiano con il volto dipinto dai colori di guerra sta aspettando con i suoi guerrieri nel folto della foresta. Siamo nel cuore dell’America coloniale, in una terra selvaggia in cui dominano ancora i nativi. Il nome di quel capo è Metacomet (1639-1676): in questo momento storico è probabilmente l’uomo più poten-

te del Nord America, essendo il sachem (capo supremo) della temibile tribù dei Wampanoag. Quest’uomo, dallo spirito indomabile e dalla tempra di guerriero riuscirà a scatenare una guerra che porterà le colonie dei bianchi sull’orlo del baratro. Ma ora, nella foresta impenetrabile, sta aspettando il ritorno dei guerrieri di Muttawmp (suo alleato) per ricompensarli. Il famoso Massacro di Brookfield (vedi oltre) è appena stato compiuto.

Progetti bellicosi. Metacomet era il secondo figlio di Massasoit (1581-1661), il capo indiano dei Wampanoag che per tutta la vita portò avanti una politica di pacifica convivenza con i coloni inglesi. Ma Metacomet, passato alla storia come Re Filippo (aveva chiesto e ottenuto un nome inglese dai coloni stessi), non ereditò dal padre lo spirito pacifista. Anzi, fece di tutto per danneggiare in ogni modo i coloni, pur di raggiungere il suo obiettivo: distruggere gli insediamenti stranieri


BRIDGEMAN/MONDADORI PORFOLIO

e scacciare gli invasori che occupavano le sue terre. A differenza di altri capi indiani che, seppur ostili, si limitavano a brevi incursioni, Metacomet aveva in mente una campagna di distruzione su larga scala: non voleva solo bloccare l’espansione degli stranieri, ma cacciarli definitivamente. Inizi promettenti. Eppure, quando arrivarono i primi coloni la convivenza con gli indiani sembrava possibile. La regione in cui sbarcarono era abitata dalla tribù dei Wampanoag, potente e numerosa; qui gli inglesi poterono contare sul prezioso aiuto di un nativo, chiamato Squanto, che sapeva parlare la loro lingua (in passato era stato catturato da una spedizione di pesca e aveva vissuto per qualche anno con gli inglesi). Ben presto i coloni conclusero un trattato di pace con il capo Massasoit, che rimase in vigore fino alla morte del leader indiano nel 1661. Durante questo periodo di pace la colonia di Plymouth (v. riquadro alla pagina seguente) crebbe esponenzialmente, prosperando sempre di più. Le floride piantagioni e il commercio con la madrepatria contribuivano a migliorare il tenore di vita dei coloni, abituati a un’esistenza di

Una convivenza impossibile? Un ritratto dell’implacabile Metacomet, detto re Filippo. A sinistra, un dipinto del pittore americano Jean Leon Gerome Ferris (1863-1930), che rappresenta il primo festeggiamento del Giorno del ringraziamento da parte dei padri pellegrini, nel 1621. 77


ANTICHITÀ

LA POLIS CHE FECE

BALAGE BALOGH/ARCHIVI ALINARI

SCUOLA


L’

Prima ancora di Atene e Sparta, Mileto è stata la città più importante del mondo greco. E ha segnato la storia del pensiero occidentale

Centro del mondo Una ricostruzione della Porta del mercato di Mileto (oggi in Turchia) come appariva nel II secolo d.C. Era stata costruita sulla precedente struttura della città che al suo apogeo (VI secolo a.C.) diede i natali al filosofo Anassimandro (in alto).

intraprendenza delle città portuali e il fascino delle realtà di frontiera. Un centro multiforme, poliedrico: Mileto nel VI secolo a.C. era patria di filosofi, storici e geografi. Da qui passarono Talete, Ecateo, Anassimandro, Anassimene solo per citare alcuni dei nomi più famosi. Nelle sue piazze prese forma la filosofia con la cosiddetta Scuola di Mileto. Ma anche la storiografia, la geografia e un approccio scientifico al sapere, che agli dèi dell’Olimpo sostituì l’osservazione e lo studio della natura. Negli anni in cui Atene e Sparta erano ancora piccole società in via di definizione, Mileto era già popolata da oltre 60mila abitanti ed era la polis più importante del mondo greco, anello di congiunzione tra Oriente e Occidente, e snodo commerciale importantissimo: ma quando iniziò la sua ascesa? Gli antichi Greci immaginarono per Mileto una fondazione mitica, ma le cose, per quanto ne sappiamo oggi, andarono un po’ diversamente. Ondata di idee. Secondo la vulgata classica, tramandata dagli autori del V e IV secolo a.C., la città sarebbe stata fondata durante la prima ondata colonizzatrice, a partire dall’XI secolo a.C. Allora i Greci, spinti dall’invasione dei Dori, avrebbero cercato nuove terre da abitare. E le avrebbero trovate nella penisola anatolica e sulle coste settentrionali dell’Africa. Mileto sarebbe quindi stata fondata tra il 1077 e il 1044 a.C. nella regione allora chiamata Caria, abitata dagli Ioni, nell’attuale Turchia. «Da un punto di vista archeologico, però, non ci sono prove inequivocabili di questa teoria», spiega Cesare Zizza, docente di Storia greca all’Università di Pavia. «Più che di un’ondata colonizzatrice oggi gli studiosi preferiscono parlare di contatti ininterrotti e di lunga durata tra la Grecia e le coste dell’Asia Minore, avvenuti anche per ragioni commerciali». «Mileto e le città ioniche affacciate sull’Egeo rientravano nelle rotte percorse già molti secoli prima, nell’epoca minoica, e avevano avuto contatti con la precedente cultura micenea sviluppatasi in Grecia a partire dal 1600 a.C.», continua l’esperto. «Più che di una colonizzazione – come lo fu quella delle colonie della Magna Grecia – si tratterebbe del risultato di movimenti e scambi secolari tra le coste dell’Anatolia e la Grecia continentale. Scambi di merci e beni e, quindi, di idee». A spostarsi verso 87


OTTOCENTO

Un milione di morti e due milioni di emigrati: come un fungo, che distrusse

LA GRANDE

SARIN IMAGES/GRANGERNYC/ARCHIVI ALINARI (6)

C

è chi la chiama Great Famine (Grande carestia), chi invece ritiene più corretto definirla Great Hunger (Grande fame). Quella che a prima vista può apparire solo una piccola sfumatura lessicale, rivela in realtà una differenza di fondo capace di riaccendere rancori antichi e persino di innescare possibili richieste di risarcimenti, anche a distanza di tanto tempo. Ma, comunque la si voglia chiamare, quella che si verificò in Irlanda tra il 1845 e il 1850 fu la più immane tragedia avvenuta in epoca moderna nel Vecchio Continente, prima che l’Olocausto nel secolo scorso ne strappasse il terribile primato. In poco meno di cinque anni, circa un milione di irlandesi furono uccisi dalla fame, dal tifo e dal colera, e altri due milioni si videro costretti a emigrare. Le dimensioni epocali di quest’ecatombe, peraltro enormemente aggravate da un indubbio cinismo politico, segnarono per sempre i rapporti fra Irlanda e Inghilterra. La fattoria dell’impero. All’inizio del XIX secolo l’Irlanda era stata privata del proprio parlamento e costretta all’unione politica con l’isola vicina. Era dunque diventata parte integrante del potente Impero britannico, e gli irlandesi erano a tutti gli effetti sudditi della regina Vittoria. All’epoca l’Irlanda era anche il Paese più sovrappopolato d’Europa – oltre otto milioni e mezzo di abitanti, la più consistente densità media per chilometro quadrato di tutto il continente – e aveva enormi squilibri sociali. Non più del 20 per cento della popolazione era composto infatti da ricche famiglie immigrate protestanti di origine inglese o scozzese, mentre il restante 80 per cento era costituito da autoctoni di religione cattolica divisi in due categorie, gli affittuari e gli operai agricoli. Al fine di favorire gli interessi dell’impero, da almeno un secolo l’Irlanda era stata trasformata in un’enorme fattoria che riforniva di prodotti alimentari a basso costo la classe 96

centi Case fatis In una capanna di contadini durante la carestia: molti agricoltori, sul lastrico, vennero pure sfrattati perché non erano più in grado di pagare l’affitto.


i raccolti di patate, e Londra, che ne approfittò, piegarono l’Irlanda

CARESTIA

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