Focus Storia Wars 24

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7 FEBBRAIO 2017 d TRIMESTRALE

N.24 APRILE 2017 d € 6,90

SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

PERICOLO

RUSSIA MOSCA TORNA A ESSERE IL GRANDE NEMICO, MA QUANTO SONO DAVVERO TEMIBILI VLADIMIR PUTIN E LE SUE FORZE ARMATE?

UNIFORMI

I nemici di Roma, dagli Etruschi ai Daci, dai Volsci agli Unni

SECESSIONE

Il piano per strangolare i sudisti del generale Lee aveva un nome eloquente: Anaconda

LA FALANGE Come si riconoscevano gli opliti greci nella mischia della battaglia


WARS

SOMMARIO

Chi ha paura della Russia?

6 ANTICHITÀ A COLPI DI SCUDO

Davvero dobbiamo aver paura dell’Orso Russo? L’attivismo di Mosca è sotto gli occhi di tutti, così come i successi di Vladimir Putin, primo fra tutti l’aver conquistato un porto al sole nella Siria di Assad. Ma quanto è davvero forza (militare), quella del Cremlino, e quanto invece è debolezza altrui, in particolare degli Stati Uniti e della Nato? In questo numero di WARS scopriamo fin dove potrà arrivare questa grande potenza nucleare... che però sul versante economico ha una forza appena paragonabile all’Italia. Jacopo Loredan d direttore

WARS I NOSTRI ESPERTI Milanese, 48 anni, laureato in Storia medievale, illustratore professionista per case editrici e riviste (giorgioalbertini.com).

GASTONE BRECCIA

Livornese, 54 anni, bizantinista e storico militare, ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan.

RAFFAELE D’AMATO

Piemontese, 51 anni, studioso di storia militare romana e professore di storia e archeologia antica e medievale alla Fatih University di Istanbul.

ANDREA FREDIANI

Romano, 53 anni, medievista, ha scritto vari saggi di storia militare e romanzi storici di successo (andreafrediani.it).

FABIO RIGGI

Romano, 43 anni, si occupa di tematiche militari a livello professionale. Ha collaborato con riviste militari specializzate.

L’ARMA

RUBRICHE PAG. 4

SOLDATINI

PAG. 18

LIVING HISTORY

PAG. 54

RAID

RECENSIONI

IN COPERTINA

12 APPROFONDIMENTO ANACONDA PLAN

Ecco perché non funzionò il piano elaborato dai nordisti per strangolare la Confederazione.

PIANO 20 PRIMO CHI HA PAURA DELLA RUSSIA?

Mosca torna a essere il grande nemico pubblico, ma bisogna temere Putin? Che cosa c’è dietro la rinnovata aggressività dell’orso russo? Scopriamolo attraverso un’analisi dettagliata delle sue forze armate, dalla Guerra fredda a oggi.

NATO E GLI USA 26 LAIL CONFRONTO TRA LE FORZE

Le cifre parlano chiaro: in armi e uomini la NATO e gli USA investono molto più di Mosca.

FREDDA 28 LALOGUERRA SCACCHIERE MONDIALE

Così le due superpotenze si dividevano il controllo del mondo nel 1986-87.

E LE ARMI 30 LEL’ATRUPPE RMATA RUSSA

GIORGIO ALBERTINI

WARS

Con gli opliti e la falange i Greci avrebbero potuto conquistare il mondo, invece si annientarono fra loro.

PAG. 52 PAG. 82

Vladimir Putin (Getty Images); sopra, un carro T-14 Armata sfila sulla Piazza Rossa a Mosca, maggio 2016 (Getty Images); il caccia russo Sukhoi T-50 PAK FA (Alamy).

Finito il tempo dei residuati bellici dell’era sovietica, l’apparato militare di Putin può contare su armi e mezzi di nuova generazione.

34 1944 OPERAZIONE BAGRATION

Lanciando i suoi T-34 nelle steppe della Bielorussia, Stalin fermò la corsa di Hitler.

40 STRATEGIE LA GRANDE GUERRA PATRIOTTICA

La risposta dell’Unione Sovietica all’aggressione di Hitler. Come fu sconfitta la Wehrmacht.

STORIA 42 LAPRIMA DI PUTIN

L’espansionismo russo attraverso le figure che ho hanno incarnato, da Ivan il Terribile agli zar.

UNIFORMI 48 LEI SOLDATI

Dai Vareghi della Rus agli streltsý, dai druzhnik ai cosacchi.

56 UNIFORMOLOGIA I NEMICI DI ROMA

Erano tanti e bellicosi, sfidarono l’egemonia romana per duemila anni.

COMMERCIALI 64 GUERRE AL SERVIZIO DI SUA MAESTÀ

Li conosciamo dai libri di Salgari: i soldati della Compagnia delle Indie sono stati per 4 secoli la mano armata del colonialismo inglese.

AEREA 70 GUERRA GENERAZIONE 2000

Invisibilità ai radar, supermanovrabilità, supercrociera, multiruolo, ecco l’identikit dei caccia di ultima generazione.

76 PROTAGONISTI IL SOGNO DI UNO STATO

Il duca di Borgogna Carlo il Temerario fu uno dei grandi combattenti del ’400 e contribuì alla nascita degli eserciti moderni.

S

3



ANTICHITÀ

CON GLI OPLITI E LA FALANGE I GRECI AVREBBERO POTUTO CONQUISTARE IL MONDO, INVECE SI ANNIENTARONO FRA LORO

C

i sono davvero pochi dubbi sul fatto che la Grecia avrebbe potuto dominare l’Europa e l’Asia Minore al posto di Roma, se non avesse fatto harakiri. Le pòleis possedevano, infatti, lo strumento bellico più micidiale della storia antica, la falange, e i guerrieri più preparati, gli opliti; e con armi simili avrebbero potuto costituire un impero se solo non le avessero rivolte verso loro stesse. A iniziare le lotte intestine furono i Greci dell’età classica che, vinti i Persiani, si affrontarono e logorarono tra di loro fino a sfinirsi e a lasciarsi sottomettere dai Macedoni; poi fu la volta dei Greco-macedoni eredi di Alessandro, che se le diedero di santa ragione per decenni e per più generazioni, lasciando una penisola ellenica frazionata e litigiosa, facile preda dei Romani.

C. GIANNOPOULOS

A COLPI DI SCUDO


L AT I N I

MAC E D O N I A

Epidammo •

Pella •

Cuma • • Napoli

T R AC I A Bisanzio • 405 a.C. Egospotami • Cizico • • 410 a.C. Lampsaco

422 a.C. Anfipoli •

C A LC I D I C A

GRECIA

Stagira •

N

MA

MA

R

413 a.C.

M A R

Arginuse •

Sardi • • Smirne

Delfi • Tebe 406 a.C. • Megara • Decelea Efeso • 413 a.C. Corinto • • • Atene Mileto •

P E LO P O N N E S O

• Siracusa

A

O

IMPERO PERSIANO

AC A I A

• Catania

Sparta e alleati Stati neutrali

IO

GNA

Camarina •

IO

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Asso •

Lesbo

E

• Selinunte

• Locri • Reggio

E TO L I A

EU

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SICILIA

Atene e alleati

Corcira

R

Messina •

Segesta •

Lemno

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La Guerra del Peloponneso

Potidea • 432 a.C. Larissa • Ambracia T E S S AG L I A •

EPIRO

• Sparta

M E D I T E R R A N E O

CICLADI • Melo 415 a.C.

Rodi

C R E TA Campagne Ateniesi

Campagne Spartane Battaglie

LA LEZIONE DI DELIO

Atene affronta Tebe e i suoi alleati nella battaglia di Delio (424 a.C.): la falange oplitica ateniese viene messa in rotta più che dall’altra falange dall’intervento della cavalleria.

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PRIMO PIANO BISOGNA TEMERE PUTIN? MOSCA TORNA A ESSERE IL GRANDE AGGRESSIVITÀ DELL’ORSO RUSSO? ECCO UN’ANALISI DELLE SUE

CHI HA PAURA A

ALAMY

AP/ANSA

bbiamo smesso di aver paura dell’orso russo nei convulsi giorni dell’estate del 1991, quando venne sciolto il Patto di Varsavia, cambiando d’un colpo la situazione strategica europea e mondiale. Dopo settant’anni l’Unione Sovietica si stava disgregando sotto i nostri occhi: la Guerra fredda finiva con la schiacciante vittoria del blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti, un trionfo ottenuto – per buona sorte comune – senza nemmeno la concreta minaccia di un confronto militare diretto. L’Armata Rossa, che per quasi mezzo secolo era stata il più potente esercito terrestre del pianeta, doveva sgombrare i Paesi già alleati dell’URSS, abbandonando ingenti quantitativi di materiale bellico, per rischierarsi – drasticamente ridotta in termini di uomini, mezzi e capacità operative – all’interno dei nuovi confini russi.


DELLA RUSSIA? LO ZAR VLADIMIR

N

IN CECENIA

Soldati russi prendono posizione nei pressi di Grozny con il loro APC (veicolo trasporto truppe o Armoured Personnel Carrier) BTR-80. La guerra in Cecenia è andata avanti dal 1994 al 1996, e poi di nuovo dal 1999 al 2009. A sinistra, Putin ispeziona una delle basi della Flotta del Nord.

ato a Leningrado (oggi San Pietroburgo) il 7 ottobre 1952, Vladimir Vladimirovič Putin ha fatto carriera nei servizi di sicurezza sovietici e russi, diventando nel 1998 direttore della FSB (sigla dei Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa, la struttura che ha ereditato il personale e i compiti del KGB e della polizia segreta sovietica). Supercapo. Nel pieno della crisi della presidenza di Boris Eltsin venne nominato deputato e poi primo ministro (1999); il 31 dicembre dello stesso anno, quando Eltsin rassegnò le dimissioni, Putin divenne presidente ad interim della Federazione russa, per essere poi confermato nella carica suprema dal voto popolare del 26 marzo 2000. Da allora, con vari espedienti, Putin non ha più lasciato il vertice dello Stato russo: riconfermato presidente nel 2004, allo scadere del secondo mandato ha favorito l’elezione del suo fedelissimo collaboratore Dmitrij Medvedev, che lo ha subito nominato primo ministro; il 4 marzo del 2012, vincendo facilmente le nuove elezioni presidenziali, Putin ha ripreso il suo posto alla guida della Federazione russa iniziando il terzo mandato. È considerato dall’autorevole rivista americana Forbes l’uomo più potente del mondo.

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GETTY IMAGES

NEMICO PUBBLICO, MA CHE COSA C’È DIETRO LA RINNOVATA FORZE ARMATE, DALLA GUERRA FREDDA AI GIORNI NOSTRI


PRIMO PIANO RUSSIA

L’ESPANSIONISMO RUSSO ATTRAVERSO LE FIGURE CHE LO HANNO INCARNATO, DA IVAN IL TERRIBILE A PIETRO IL GRANDE

L’

Occidente continua a chiedersi quale sia il segreto del successo di Putin, come questo presidente-padrone possa tenere in pugno un Paese grande quanto un continente conservando intatta la sua enorme popolarità. Forse la risposta è semplice: ai russi Putin piace. Perché questo ex uomo del Kgb ha promesso loro la Grande Russia, una nazione che annette la Crimea e lambisce gli Stati baltici, che minaccia l’Ucraina e fa paura all’Unione Europea, che seduce i separatisti georgiani e punisce la Cecenia, che va dalla Transnistria alla “Novorossija”, nomi che a noi europei dicono poco, ma che ai suoi seguaci evocano un passato glorioso e mai dimenticato. Una strategia imperiale proiettata anche oltre oce-

PRIMA DI

IL PRIMO ZAR

Ivan III di Mosca, detto il Grande, fu il primo zar (o Czar, ovvero Cesare). Alla sua sinistra, i principi lituani. Questo monumento, il Millenario della Russia, fu eretto a Velikij Novgorod, seconda capitale della Rus, nel 1862 per celebrare i mille anni dall’arrivo di Rjurik.

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SCALA

ano, tanto che si parla della longa manus del Cremlino dietro le elezioni americane. Questo disegno è comunque vecchio quanto la Russia, da secoli lo ritroviamo infatti nelle politiche espansionistiche dei predecessori di Putin. Ma esiste un dna russo? C’è un istinto bellico comune, un’attitudine alla guerra che lega gli uomini forti di questo Paese, da Ivan il Terribile a Pietro il Grande, dai sovrani di Kiev allo zar Nicola I, prima ancora delle strategie di Stalin e dell’attuale presidente? Agli inizi del ’900 l’Impero russo inglobava tutta l’Asia Settentrionale e una bella fetta dell’Europa Orientale. Questa vasta unione di terre e di popolazioni aveva avuto origine dall’insediamento di un principe straniero, Rjurik (v. riquadro sotto),

PUTIN

CAPOSTIPITI

Sopra, Ivan il Terribile (1530-1584). Sotto, Rjurik, capostipite della dinastia dei Vareghi che diede origine alla Rus di Kiev.

L

a questione delle origini del “Paese russo” è di vecchia data. La Cronaca dei tempi passati, redatta nel 1110, ci racconta che il primo signore di queste terre fu un principe straniero, Rjurik, venuto “d’oltremare”. Questo avventuriero vichingo partito dalla Svezia fondò la grande città di Velikij Novgorod e, nel IX secolo, impose una dinastia nordica sugli slavi che da tempo immemore vivevano in quelle terre. I Rus, gli uomini di Rjurik, erano dunque Vichinghi, come hanno ormai dimostrato le fonti arabe, greche, latine e scandinave che parlano di loro. In cerca di ambra, oro e pellicce, questi Vareghi spinsero i loro veloci drakkar sui fiumi Volga, Don e Dnepr, aprendo la strada che dalla Scandinavia arrivava fino al “Paese dei Greci”, cioè all’Impero romano. Dai porti del Mar Nero essi salpavano alla volta di Miklagard, la “Grande Città”, Costantinopoli, centro del mondo allora conosciuto, crocevia di razze, dove i valorosi nordici potevano trovare bottino e ricchezza con la guerra, o con l’arruolamento nella guardia imperiale romana. La prima, vera capitale: Kiev. Fu Oleg, successore di Rjurik, che appese il suo scudo d’oro sulle porte di Costantinopoli, dopo aver riscosso un ingente riscatto dai Bizantini. Oleg portò la capitale da Novgorod a Kiev (oggi in Ucraina). I Rus adottarono il linguaggio degli Slavi e fondarono lì il loro principato. A Kiev governò poi Igor, figlio di Rjurik, che cominciò a espandere il territorio del principato verso il Volga. Le sue mire si infransero davanti

alle mura di Bisanzio, quando nel 941 la sua flotta venne bruciata dal fuoco greco dei dromoni imperiali. Ma quarant’anni dopo, suo nipote Vladimir strinse con i Romani un’alleanza militare e politica che portò, nel 988, a una conseguenza epocale: il battesimo del popolo russo e la conversione dei pagani slavi e dei Rus al cristianesimo ortodosso. Vladimir non era più solo principe di un piccolo regno, ma un Cesare unto dall’imperatore e benedetto da Dio. Da allora i successori di Vladimir furono grandi principi di Kiev, di Pskov e Novgorod, di Vladimir, di Rjazan, di tutte le città dei Rus, a loro volta governate dai principi minori. Uno di essi, Douri Joulgoroski, fondò un piccolo centro destinato a ricoprire un grande ruolo: Mosca. Contro gli eredi di Gengis Khan. Nel 1240 però tutti questi principati – che da Kiev si estendevano verso il Grande Nord – furono sottomessi col ferro e col sangue dai Mongoli. L’Orda d’oro – così si chiamava la parte occidentale del gigantesco impero asiatico – impose ai russi una schiavitù di circa due secoli, fatta di tributi e scorrerie, che solo il coraggio di principi come Alexandr Nevskji seppe attenuare. Nel 1380 Dimitri Donskoj, principe di Mosca e granduca di Vladimir, discendente di Rjurik, distrusse le orde dei Tartari e dei Mongoli nella battaglia di Kulikovo. Nel 1475 il suo pronipote Ivan III liberò la Russia dall’oppressione dell’Orda d’oro e impose il principe di Mosca come Gosudar, il sovrano di tutte le Russie.

ALAMY (2)

Quando si chiamava Rus


ESERCITI PRIVATI

LI CONOSCIAMO DAI LIBRI DI EMILIO SALGARI: I SOLDATI DELLA COMPAGNIA DELLE INDIE SONO STATI PER 4 SECOLI LA MANO ARMATA DEL COLONIALISMO BRITANNICO

AL SERVIZIO DI

SUA MAESTÀ BRIDGEMANART

LE TRUPPE

La East India Company era una società per azioni, composta da investitori che compravano quote di spedizioni commerciali per fare profitto. Le merci più ambite erano le spezie, seguite da stoffe, sete e preziosi. Per potere commerciare con profitto in terre lontane, straniere e potenzialmente ostili non era sufficiente una “patente” del sovrano, ma servivano alleati e “soci” oltremare, nonché permessi rilasciati

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dalle autorità locali, come l’Impero moghul in India (sopra, mappa dell’India nel XVIII secolo). Incentivi. Allo scopo di fondare filiali commerciali e battere sugli stessi mercati la concorrenza delle altre compagnie europee, i rappresentanti di queste imprese dovevano continuamente corteggiare i governanti locali per migliorare la loro posizione coprendoli di regali, promesse, favori e mazzette.

BRIDGEMANART/MONDADORIPORTFOLIO

Una S.p.a. in battaglia

L’Army Madras di fine 800 di questa illustrazione deriva direttamente da uno dei 3 eserciti che componevano le forze armate della East India Company. A sinistra, lo stemma della Compagnia (1730).


A

Sandokan facevano un baffo. Il pirata della Malesia inventato da Emilio Salgari li abbatteva come birilli, quei soldatini ridicoli in giubba rossa e piedi scalzi. Eppure di risibile l’esercito della East India Company aveva ben poco. Oggi potrebbero avvicinarsi alla figura dei contractors, ieri erano il mezzo con cui il Regno Unito dominava il mondo. Un pezzo di storia inglese. La Compagnia delle Indie Orientali, la più grande impresa commerciale che l’Impero britannico abbia mai avuto, fu istituita dalla regina Elisabetta I per decreto reale il 31 dicembre 1600: con tale documento la sovrana, come a breve avrebbero fatto Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Danimarca, conferiva a un gruppo di commercianti riunitisi nel Governor and Company of Merchants of

London trading with the East Indies il monopolio del commercio con tutte le terre a est del capo di Buona Speranza e a ovest dello Stretto di Magellano. Sir James Lancaster guidò nel 1601 il primo viaggio delle navi della Compagnia, chiamata ben presto East India Company o informalmente John Company, alla volta delle coste del subcontinente indiano e di Sumatra, dove a Bantam fu aperta la prima base commerciale. Nel 1618, dopo tre anni di assidui abboccamenti, sir Thomas Roe, ambasciatore in India e funzionario della Compagnia, ottenne dall’imperatore moghul Jahangir il permesso di commerciare nel subcontinente indiano. Per tutto il XVII secolo, grazie alle basi di Bastra, nel Golfo persico, di Bombay, nel Malabar, e di Madras, nel Coromandel, la Compagnia delle Indie Orientali crebbe fino a diventare una delle società più redditizie e stabili del Regno Unito. Calcutta, che sarebbe diventata la sede principale, fu fondata nel 1690 in un sito acquitrinoso lungo il fiume Hooghly, a circa 150 km dal Golfo del Bengala. Concorrenza armata. Non furono sempre anni facili, perché la competizione fra le Compagnie sfociava spesso in scontri armati, sia navali che terrestri. I funzionari furono perciò costretti fin dall’inizio a reclutare mercenari per proteggere le basi commerciali e fornire di cannoni i propri vascelli. Le truppe erano reclutate fra europei, indipendentemente dalla lo-


GUERRA AEREA L’EVOLUZIONE DEI CACCIA IV

GENERAZIONE

2000

INVISIBILITÀ AI RADAR, SUPERMANOVRABILITÀ, SUPERCROCIERA. NELL’ULTIMO VENTENNIO SI SONO AFFERMATI GLI AEREI DA CACCIA PIÙ SOFISTICATI E COSTOSI, DI SEMPRE, DAI RAFALE AGLI EUROFIGHTER, AI SU-30 70


IL FRANCESE

Aerei Rafale sui cieli francesi. I caccia sono partiti dalla base di Istres, vicino a Marsiglia. Sotto a sinistra: nonostante siano stati soppiantati dai Rafale, ci sono ancora in circolazione molti Mirage, come questo che si sta rifornendo in volo da un’aerocisterna. Sotto: un Rafale sul ponte della portaerei Foch, nave da guerra francese della classe Clemenceau.

R

isale al 28 marzo 2007 il debutto in un teatro di guerra dell’aereo francese Dassault Rafale, erede dei Mirage: la prima missione del nuovo caccia multiruolo prodotto Oltralpe consistette nel bombardare con ordigni a guida laser GBU-12 le milizie di talebani che assediavano i soldati olandesi della forza multinazionale ISAF. L’aereo era uno dei tre Rafale in carico all’Aeronautica francese, l’Armée de l’air, dislocati nella base di Dushanbe, nel vicino Tagikistan, affiancati da altri Rafale della Marine Nationale, imbarcati sulla portaerei Charles De Gaulle nell’Oceano Indiano. In seguito, dal 2009 al 2011, i Rafale dell’Aeronautica vennero spostati nell’aeroporto afghano di Kandahar. Multiruolo. Il Rafale è solo un esempio della generazione più recente, comparsa negli ultimi 25 anni e destinata, dati gli enormi costi, a restare in servizio oltre il 2030. Caccia che rispecchiano la tendenza odierna: dall’iniziale vocazione al combattimento aereo, questi velivoli si sono convertiti al prevalente attacco di obiettivi terrestri divenendo “multiruolo”, ovvero capaci di effettuare differenti tipi di missioni, come supplire alla scomparsa del “bombardiere puro”, fungere da caccia intercet-

tore o da cacciabombardiere, svolgere missioni di ricognizione, attaccare al suolo. Ecco perché i conflitti degli ultimi anni hanno visto l’aviazione intervenire contro forze di terra, anche semplici guerriglieri e terroristi, senza i duelli aerei del passato. Missione Libia. Lo stesso copione si ripeté in Libia nelle operazioni contro Muhammar Gheddafi: un Rafale francese bombardò per primo, il 19 marzo 2011, un convoglio di truppe governative libiche in marcia a Bengasi, avviando l’Operazione Harmattan. Con questa, il presidente Nicolas Sarkozy chiuse i conti col dittatore di Tripoli, imitato dal presidente americano Barack Obama e dagli altri alleati della NATO, aprendo però il vaso di Pandora dell’instabilità nel Paese africano. Per la guerra in Libia, l’Armée de l’air mobilitò 19 Rafale sulla base di Istres, in Provenza; dal 24 marzo si aggiunse poi la marina con la portaerei Charles De Gaulle, che giunta in zona iniziò a catapultare i suoi Rafale. Nei cieli libici c’era anche l’Aeronautica militare italiana, che dal 29 marzo inviò di pattuglia i suoi Eurofighter Typhoon, per far rispettare la Zona di Non Volo decretata dall’ONU contro l’aviazione libica, che infatti rimase inchiodata a terra dalla minaccia dei caccia occidentali. 71


PROTAGONISTI

RMN/ALINARI

IL DUCA DI BORGOGNA, CHE DA VASSALLO AMBIVA A FARSI RE, FU UNO DEI GRANDI COMBATTENTI DEL ’400 E CONTRIBUÌ ALLA NASCITA DEGLI ESERCITI MODERNI

CARLO IL TEMERARIO

IL SOGNO DI UNO STATO 76


DE AGOSTINI/GETTY IMAGES

F

ilippo l’Ardito, Giovanni Senza Paura, Carlo il Temerario: i soprannomi con cui sono passati alla Storia i duchi di Borgogna la dicono lunga sulla volontà di questa casata di costituire nel cuore dell’Europa un potentato pari a quelli che lo circondavano. All’inizio era solo un vassallo l’uomo che nel 1467 ereditò il ducato: il trentaquattrenne Carlo il Temerario, in effetti, era soggetto al re di Francia per i suoi territori settentrionali (le Fiandre e i Paesi Bassi) e all’imperatore Federico III d’Asburgo per quelli meridionali (la Borgogna propriamente detta, la Franca Contea e il ducato di Lorena). All’epoca questi due sovrani se le davano di santa ragione, ma un nemico comune avrebbe cambiato le cose.

L’ASSEDIANTE

Carlo I di Borgona (1433-1477), il Temerario, ereditò il ducato dal padre Filippo III il Buono. A sinistra, il duca all’assedio di Beauvais, nel 1472.


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