Focusstoriacollection marzo 2015a

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GRECIA E ROMA

I PROTAGONISTI

6 GRANDI

Elena di Troia in una statua di Canova (1819). Corrisponde all’immagine di bellezza ideale tramandata dall’arte classica.

IERI GRANDI OGGI

30 UNO

Chi erano i personaggi dell’antichità classica che hanno lasciato un segno indelebile nel nostro modo di vivere e di pensare? Intervista a Valerio Massimo Manfredi.

8

12 L’ALLODOLA

pag. 8

36 STRATEGA

NERA

42

DALLO IONIO ALL’HIMALAYA

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L’ALTRA GRECIA

PER AMORE, PER VENDETTA Un imperatore superbo, un popolo fiero, una regina spietata cui avevano ucciso il figlio... La storia di Tomiride.

24 IL

PRIMO REPORTER

Erodoto, il “padre” della Storia.

DI SE STESSO

Alcibiade fu l’ultima speranza di Atene nella Guerra del Peloponneso. Grande oratore, tradì la sua città, ma da molti fu trattato come un eroe.

pag. 30

La verità su Saffo, la poetessa più famosa della Grecia.

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CHE LA SAPEVA LUNGA

Socrate fu un uomo buono, assetato di cultura, coraggioso. Fu eliminato perché faceva paura ai politici. Luciano De Crescenzo gli ha dedicato due libri e questa intervista.

BELLEZZA FATALE

Ecco la donna per la quale scoppiò la guerra tra Greci e Troiani. Vecchie e nuove ipotesi, tra leggenda e archeologia, su Elena di Troia.

ARALDO DE LUCA

C

he cos’altro è la Storia se non il risultato di ambizioni, gesta, sfide intellettuali delle persone che sono vissute prima di noi? E non è forse più forte il richiamo a eventi lontani se raccontato attraverso le vite dei protagonisti? Questo numero di Focus Storia Collection affronta l’antichità greco-romana con la lente della biografia. Un’immersione nella quotidianità di 2.000 (e oltre) anni fa nelle corti di re e imperatori romani e nei campi di battaglia dei grandi generali; nell’agorà di Socrate o nella casa di Archimede prima che il suo ingegno venisse spento dalla spada di un “barbaro” romano. Ma troveremo anche il languore di Saffo, l’astuzia di Cleopatra, il coraggio di regine che sfidarono la grande Roma. Figure eroiche. Perché la Storia la scrivono i vincitori e l’antichità classica non è stata amica delle donne. Solo poche sono riuscite a valicare entrambe le barriere. Se oggi siamo liberi di scrivere e raccontare lo dobbiamo ai Greci: che hanno inventato la democrazia, concepito la storiografia, coltivato l’arte della narrazione col teatro. E i Romani? Hanno dato altrettanto. E in più hanno tramandato tutto quello che c’era di buono nella cultura ellenica. Il nostro mondo ringrazia. Emanuela Cruciano

pag. 42

Valoroso, colto, affascinante, in soli 12 anni Alessandro Magno conquistò l’impero più ampio che si fosse visto fino ad allora.

Sotto la guida del re Filippo II, il piccolo Regno di Macedonia prese il controllo di quasi tutta la penisola greca. Ecco come ci riuscì.

COPERTINA: ALESSANDRO MAGNO E ADRIANO. FOTO: DE LUCA, E. OLAF.

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GRECIA E ROMA

I PROTAGONISTI 54 INGEGNO

E POLITICA

104 NELLE

Vita, morte e scoperte del più grande genio matematico dell’antichità: Archimede.

60 I

NEMICI DEI GRECI

110 I

Consoli romani, imperatori persiani, generali macedoni. Alcuni furono acerrimi avversari degli Elleni, altri si guadagnarono il loro rispetto, altri ancora giunsero persino a combattere al loro fianco...

62

68

pag. 68

pag. 80

120 SANTO

DEI FARAONI

pag. 96

Non era la fatalona che si racconta. Cleopatra parlava otto lingue, era spiritosa e intelligente. E non fu un aspide a ucciderla.

140 GLI

ALTRI GRANDI ROMANI

Astuto, prudente e carismatico. Così era Augusto, il primo imperatore di Roma. pag. 128

90 L’IMPERATORE

MONTANARO

Generali valorosi, intellettuali, politici. Gli altri protagonisti di Roma. 143 LETTURE

Il suo nome è ricordato per i bagni pubblici. Ma Vespasiano fu il vero fondatore dell’impero.

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DI LUI SOLO DIO

Ambizioso e intelligente, Giustiniano rese più fastosa Costantinopoli e riconquistò parte dell’Occidente.

CHE FONDÒ L’IMPERO

146 SIAMO

ANCORA GRECO-ROMANI?

D’AMORE

Adriano è stato uno dei più grandi imperatori di Roma.

DI GALLA PERFIDIA

134 SOPRA

pag. 114

84 L’UOMO

96 FOLLIE

128 L’AMBIZIONE

Discendente di imperatori, prigioniera e poi regina dei Visigoti, tornata in patria Galla Placidia non esitò a mandare a morte i rivali per riprendere il potere.

NON DEVE MORIRE

Se Giulio Cesare fosse scampato alla congiura nel 44 a.C. avrebbe forse regnato da Alessandria d’Egitto, sposo di Cleopatra. E l’erede Ottaviano...

PER FORZA

Si attribuì il merito di aver legalizzato il culto cristiano guadagnandosi un posto tra i grandi della Chiesa. Costantino invece...

Scipione e Annibale, eterni rivali, si scontrarono nelle guerre puniche.

80 CESARE

REGINA RIBELLE

Bella, dotta e spregiudicata, per molti aspetti simile a Cleopatra: ecco chi era Zenobia, la regina di Palmira (in Siria), che conquistò l’Egitto e osò sfidare Roma.

GIGANTI CONTRO

74 L’ULTIMA

NEMICI DI ROMA

Per conquistare il mondo e imporre la “pax romana”, l’Impero romano aveva collezionato nemici di tutto rispetto. Eccoli in questa carrellata.

114 LA

GLI ALTRI GRANDI ELLENICI Ecco gli altri politici, studiosi e intellettuali grazie ai quali la cultura greca lasciò un contributo inestimabile in ogni campo delle attività umane.

MANI DEL RAÌS

Come, partito da Leptis Magna, il libico Settimio Severo divenne imperatore romano.

pag. 134

Anche la nostra epoca ha prodotto grandi personaggi. Ma al momento non si profila nessuno in grado di fronteggiare la crisi che stiamo vivendo.


ELENA DI TROIA - 1200 A.C.

Bellezza

FATALE


AKG/MONDADORI PORTFOLIO

Chi era VERAMENTE la donna per la quale scoppiò la guerra tra Greci e Troiani? Vecchie e nuove IPOTESI, tra LEGGENDA e archeologia

U Elena di Troia è da secoli un mito immortale: ecco come la vedeva il preraffaellita Dante Gabriel Rossetti nel 1863.

NATA DA UN UOVO

Il mito racconta che Zeus si trasformò in cigno per sedurre Leda, moglie del re di Sparta. Lei partorì un uovo dal quale nacque Elena (qui in una statuetta del V secolo a.C.).

L.RICCIARINI/LEEMAGE

PALLIDA E BIONDA

na magnifica preda, bionda e pallida come il marmo, fragile vittima del desiderio altrui? No. Una virago seminuda e una bellezza tutt’altro che classica, eppure così influente da far muovere interi eserciti. È questo, secondo la storica inglese Bettany Hughes, il ritratto più verosimile della femme fatale dell’antichità: Elena di Troia, la donna per la quale – narra Omero nell’Iliade – più di 3mila anni fa scoppiò la guerra fra Greci e Troiani. Principessa calva. «Elena è un personaggio del mito, ma i suoi caratteri potrebbero avere radici in una delle ricche regine spartane del XIII secolo a.C.», spiega la studiosa, autrice di una lunga indagine sul campo. Il luogo dove cercare la vera Elena non è quindi Troia (la località, oggi in Turchia, che nel racconto di Omero fu sua residenza dopo il rapimento da parte di Paride) ma Sparta (l’antica Lacedemone), dove la giovane sarebbe diventata sovrana a fianco del marito Menelao. «Per anni si è pensato che il palazzo di Menelao fosse da cercare sulla collina di Terapne, fuori Sparta, dove sono state recuperate 300 statuette legate al culto di Elena», racconta Hughes. «Secondo alcuni archeologi greci, gli ultimi scavi farebbero invece pensare che i resti di Lacedemone, capitale del Peloponneso meridionale sul finire dell’età micenea, si trovino a Pellana, 25 km a nord di Sparta». Qui, a 12 anni, le ragazze di 3.200 anni fa erano in età da marito, ed Elena non faceva eccezione. Solo allora avrebbe potuto farsi crescere la chioma fluente che per secoli le hanno attribuito poeti e pittori. Prima sarebbe stata calva. «Negli affreschi micenei le donne di classe elevata mostrano fino all’adolescenza la testa rasata, a parte un ricciolo o una corta coda di cavallo», racconta la studiosa. Tradizionalista. «Conosciamo poco dell’educazione delle ragazze spartane nel 1200 a.C.», dice Marxiano Melotti, docente di Metodologia della ricerca archeologica all’Università di Milano Bicocca, «ma si può supporre che alcuni costumi della Sparta arcaica, molto tradizionalista, riflettano usi più antichi». Sappiamo per esempio che le spartane del VII secolo a.C. si esercitavano alla lotta come i maschi, combattendo nude corpo a corpo.

Nobile e quindi destinata a una carriera da sacerdotessa, ma anche a diventare moglie e madre, la principessa sarebbe stata iniziata ai culti orgiastici legati alla fertilità. Isolate per lunghi periodi tra i boschi e sulle montagne, le adolescenti spartane entravano in contatto con le divinità attraverso musica e danza, mentre venivano istruite all’uso di piante medicinali come il papavero da oppio, che cresceva spontaneo nel Peloponneso. «Le donne della tarda Età del bronzo erano il tramite privilegiato con gli dèi. E il culto era tutt’uno con gli affari terreni», spiega Hughes. Influente e in età fertile, la ragazzina era un ottimo partito. Cosparsa di unguenti a base di olio d’oliva, con la pelle di tutto il corpo “sbiancata” da una passata di ossido di piombo e ricoperta di tatuaggi a colori sgargianti, gli occhi truccati pesantemente di nero e di rosso, il corpo avvolto da vari strati di lino indaco e porpora, carica di gioielli, ma a seni nudi, così si sarebbe presentata al suo promesso sposo. Il menù del banchetto nuziale? Minestra di lenticchie al cumino, focacce di farina di ceci, stufati con la frutta e (solo per gli ospiti vip) arrosti di cinghiale e di cervo. Ma quale rapimento! Le corti micenee del XIII secolo a.C. ricevevano spesso inviati stranieri e il troiano Paride, di cui parla Omero, poteva essere uno di questi. «Le giovani aristocratiche erano “merce diplomatica”», continua Hughes, «e capitava che l’ospitalità comprendesse anche lo scambio di donne». Ma c’è di più. Secondo una tradizione che risale alla poetessa Saffo (VII-VI secolo a.C.) nell’antica Sparta era diffusa la poliandria (il corrispondente femminile della poligamia), una pratica la cui origine si faceva risalire proprio alla fuga d’amore (e non al rapimento) di Elena e Paride. Quel che è certo, è che scendere in guerra per una donna, tre millenni fa, non era così raro, come provano anche molte testimonianze scritte. Sappiamo per esempio che verso il 1230 a.C. i regni di Ugarit e di Amurru (nell’attuale Siria) rischiarono di distruggersi a vicenda a causa della principessa di Amurru. Questa venne data in sposa al re di Ugarit per rafforzare l’alleanza tra le due città-Stato, ma fu rispedita al mittente, forse per non aver voluto consumare il matrimonio.

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ERODOTO - 480 A.C.

ARCHIVIO DELL’ARTE/L. PEDICINI

Il primo

REPORTER

24


Visse 2.500 ANNI FA ed è il “padre” della GEOGRAFIA e della Storia. Ma come scovava le sue NOTIZIE il greco Erodoto?

E

VIAGGIATORE

Un presunto busto di Erodoto, copia romana da un originale greco realizzato nel IV secolo a.C., cent’anni dopo la morte dello scrittore.

rodoto non ci avrebbe mai creduto: finire in un luogo cancellato dalla Storia! Viaggiatore e scrittore infaticabile, pater historiae per Cicerone, fu messo nel Limbo da Dante, insieme ad altri grandi del passato “colpevoli” di essere nati pagani. Peccato che, nel 2007, il Vaticano abbia abolito ufficialmente il Limbo, lasciando i suoi illustri abitanti senza fissa dimora. A pensarci bene, però, questo non è l’unico paradosso. Non sappiamo praticamente nulla di Erodoto. Nonostante ciò le sue Storie, scritte nel V secolo a.C., sono una fonte unica e preziosa sulle vicende arcaiche della Grecia e sui popoli e le terre del mondo antico. La sua narrazione impersonale e quasi giornalistica da una parte ha il pregio di consegnarci una testimonianza dettagliata e a prima vista attendibile, ma dall’altra non dà alcuna informazione pratica sulle spedizioni all’origine di quelle conoscenze. Così, sappiamo particolari apparentemente secondari, ma ignoriamo se Erodoto viaggiasse da solo o con qualche servo al seguito. Qualcuno che magari gli faceva da traduttore o lo aiutava a ricordarsi tutto ciò che gli raccontavano, visto che prendere appunti su una tavoletta d’argilla, come si usava allora, non era certamente pratico. Di lui si sa che nacque in una famiglia influente ad Alicarnasso (oggi Bodrum, in Turchia) intorno al 480 a.C. La madre era greca mentre il pa-

dre, Lyxes, orientale. Oltre ad avere sangue misto, era un greco “di frontiera” visto che crebbe in una colonia dell’Asia Minore dove era forte l’influenza della Persia. Questo incrocio culturale lo aiutò a guardare al mondo con curiosità e con meno pregiudizi. Nel 444 a.C. partecipò alla colonizzazione di Thurii, in Magna Grecia (vicino a Sibari, nel golfo di Taranto) e con certezza si recò solo in Egitto, Fenicia e Mesopotamia. Quel che si sa, insomma, è davvero poca cosa, considerata l’enorme quantità di nozioni geografiche, etnografiche e storiche contenute nella sua opera. Un’opera che, nella versione originale, doveva essere piuttosto diversa da quella che conosciamo. La divisione in capitoli e paragrafi, infatti, fu opera dei filologi delle epoche successive, probabilmente grammatici di Alessandria, poiché i nove libri delle sue Storie erano in origine un unico, interminabile testo che si allungava sul papiro senza interruzioni. Libera scelta. È un mistero anche perché Erodoto si fosse messo in viaggio. «Si possono però fare ipotesi verosimili», dice Antonio Violante, già docente di Geografia storica all’Università di Milano. «Personalmente sono convinto che decise di partire per puro amore di conoscenza. Anche se non ci sono elementi per dirlo, sembra escluso che avesse incarichi ufficiali. La situazione politica dell’epoca vedeva il mondo sostanzialmente diviso in due:

MERAVIGLIE

BPK/SCALA

ROGER-VIOLLET

Erodoto citò per primo, nelle Storie, le piramidi d’Egitto. Ma riferì anche, per sentito dire, di popoli fantastici come i Cinocefali, uomini dalla testa di cane (a destra, in una stampa del 1493).


E. OLAF (4)

ALESSANDRO MAGNO - 356 A.C.


Valoroso, COLTO, affascinante, in soli 12 ANNI Alessandro Magno CONQUISTÒ l’impero più ampio che si fosse visto fino ad allora. Ma la MORTE lo colse di sorpresa

Dallo IONIO all’HIMALAYA IL VERO VOLTO DEL RE

Rielaborazione 3D di una raffigurazione di Alessandro Magno su un orologio da tavolo russo dell’800. Questa e le altre immagini del servizio fanno parte di un progetto per ricostruire il vero volto del condottiero, vissuto tra il 356 e il 323 a.C.

S

i chiamava Alessandro III, re di Macedonia, ma è entrato nella leggenda con un altro nome: Alessandro il Grande (in greco “Aléxandros Mégas”). Per motivi che vanno al di là di ogni immaginazione. Perché non è stato solo uno dei più grandi condottieri della Storia, che in dodici anni di regno conquistò un enorme impero toccando i confini del mondo allora conosciuto: la sua vita straordinaria ha assunto colorazioni leggendarie in Occidente e in Oriente, narrata dalla letteratura araba (Corano, Libro dei Firdusi), persiana, armena, copta, turca e occidentale. E, soprattutto, perché più di chiunque altro ha incarnato l’eroe morto prematuramente al culmine della sua gloria, ed è al centro di enigmi tuttora irrisolti. Dove si trova la sua tomba, venerata nell’antichità e misteriosamente scomparsa? Chi o che cosa l’ha ucciso, interrompendo bruscamente i suoi sogni di gloria? Abbiamo chiesto di raccontarci la sua straordinaria vicenda a Valerio Massimo Manfredi, archeologo e grande narratore dell’antichità, che al giovane re macedone ha dedicato studi personali e romanzi tradotti in tutto il mondo. Nei suoi libri, lei parla spesso del fenomeno “imitatio Alexandri”, il fascino dell’invincibile condottiero che ha conquistato i grandi personaggi in tutte le epoche: da Scipione a Cesare, da Caligola a Traiano e Caracalla, fino a Maometto II e Napoleone. Quali sono i motivi di tanta passione? «Non tutto nella Storia è spiegabile. I mo-

tivi del fascino di Alessandro Magno hanno una componente umana e cao­tica: basti pensare alla sua morte prematura che stroncò il più grande progetto strategico-ideologico di tutti i tempi. La sua figura racchiude una combinazione dirompente di guerriero e di filosofo, la capacità di fondere insieme mondi lontani e diversi, la resistenza quasi sovrumana alle fatiche, alla fame, alla sete, al gelo, la capacità di pensare in grande senza limiti e senza confini. Nessuno prima di lui si era mai spinto con un esercito a tale distanza dal suo ­Paese d’origine, nessuno era mai stato così consapevole delle conseguenze che avrebbe avuto nella storia dell’umanità». È vero che per i contemporanei era un dio vivente? «Statue e dipinti ci mostrano la sua bellezza impressionante: aveva uno sguardo di tigre e un volto apollineo. Chiunque lo vedesse era pronto a seguirlo all’inferno. Gli storici raccontano che nessuno era immune al suo fascino... né donne, né uomini, né cani, né cavalli. Si narra che all’età di dodici o tredici anni sia riuscito da solo a domare il cavallo Bucefalo avuto in dono dal padre, con uno stratagemma: intuì la paura dell’animale per la propria ombra, così lo mise con il muso rivolto al sole». “A mio padre devo la vita, al mio maestro una vita che vale la pena essere vissuta”, ha lasciato detto. A chi si riferiva? «Ad Aristotele. Volendo i suoi genitori (il re Filippo II di Macedonia e la principessa dell’Epiro

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SCIPIONE E ANNIBALE - III SEC. A.C.

GIGANTI

SCIPIONE

Scipione e Annibale, eterni RIVALI, si scontrarono nelle guerre 235 a.C. Nasce a Roma da una delle più antiche e potenti famiglie dell’Urbe. 218 a.C. A soli 17 anni salva suo padre (il console Publio Cornelio Scipione) durante la Battaglia del Ticino contro Annibale.

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211 a.C. Diventa proconsole di Spagna e negli anni successivi vi sconfigge più volte i Cartaginesi. 204 a.C. Ormai console, parte per l’Africa, sbarca a Utica e l’anno dopo sferra l’attacco decisivo alle forze di Annibale.

202 a.C. A Naraggara, nei pressi di Zama, sconfigge Cartagine. La città, però, verrà distrutta completamente soltanto alla fine della Terza guerra punica (nel 146 a.C.). 194 a.C. Viene rieletto console e partecipa alla repressione

di Galli, Liguri e alla sottomissione di popolazioni asiatiche. 183 a.C. Muore a Literno. Vi si era rifugiato amareggiato dopo un’accusa riguardo a un bottino di guerra, che aveva ritenuto ingiusta.


G. RAVA

CONTRO

SCONTRO AL VERTICE

Annibale guida i soldati all’attacco. In primo piano, a sinistra, Scipione.

ANNIBALE

PUNICHE. Ispirandosi alle tecniche MILITARI della Grecia antica 247 a.C. Nasce a Cartagine, figlio del condottiero Amilcare Barca. 221 a.C. Assume il comando supremo delle forze cartaginesi in Spagna. 218 a.C. Conquista Sagunto (Spagna), alleata di Roma. E

provoca così la dichiarazione di guerra dei Romani. Nello stesso anno varca le Alpi con 60mila uomini e decine di elefanti. 217 a.C. Arriva nell’Italia Centrale. 216 a.C. Consegue la vittoria di Canne (Puglia), massima

sconfitta di Roma e suo capolavoro tattico. 203 a.C. È richiamato in Africa, dove da un anno sono penetrati i romani e nel 202 a.C. subisce per mano di Scipione la sconfitta di Zama, che segna la fine della potenza cartaginese.

195 a.C. Lascia Cartagine, costretto all’esilio dai romani, e si rifugia da Antioco III in Siria. 183 a.C. Si avvelena in Bitinia, dove si era rifugiato, per non cadere nelle mani dei Romani che ne chiedevano la consegna.

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GALLA PLACIDIA - 392 D.C.

O I Z N I B E M

GA

LL A

128

IA

SCALA (2)

DI

L’A

DISCENDENTE di imperatori, prigioniera e poi REGINA dei Visigoti, tornata in patria non esitò a mandare A MORTE i rivali per RIPRENDERE il potere

D I PE R F


A

MADRE DI RE

A sinistra, medaglione del III secolo che si vuole raffiguri Galla Placidia (a destra) e i suoi figli, Valentiniano III e Giusta Grata Onoria. Il ritratto è incastonato nella Croce di Desiderio (Brescia, Museo di Santa Giulia). Sotto, i Visigoti di Alarico saccheggiano Roma nel 410, in un’incisione del XIX secolo.

veva la bocca piccola e ben modellata come Monica Bellucci, i capelli neri a treccine come Menem, la “santa” dei rasta, e uno sguardo seduttivamente strabico come Nicola Warren, attrice ignota a tutti salvo che ai fan di Tinto Brass. Se fosse vissuta ai nostri giorni, qualcuno l’avrebbe di certo definita un sex symbol; ma Giordane, storico goto di 15 secoli fa, non sapeva l’inglese e la prese un po’ alla larga: si limitò a dire che il marito Ataulfo era “attratto da lei per la nobiltà della stirpe, per la bellezza delle forme e per l’integra castità”. La donna capace di tante doti coniugali si chiamava Galla Placidia: visse dal 392 (circa) al 450 della nostra era e per 12 anni (425-437) guidò l’Impero d’Occidente: non come “moglie di” ma in prima persona, anche se solo in attesa che crescesse suo figlio, Valentiniano III. Che aveva ereditato la corona all’età di 6 anni, quando non sapeva neppure mettere una firma su una pergamena altrui. Placidia non fu la prima né l’ultima donna ai vertici imperiali, ma fu senz’altro la più carismatica, la più colta, talvolta la più crudele.

Arte e potere. Molti la ricordano solo per il mausoleo, decorato da mosaici fiabeschi, che ha lasciato a Ravenna. Ma la mamma di Valentiniano III fu ben più che protettrice delle arti. Fu uno specchio a tutto tondo di tempi turbolenti, che tra congiure politiche, fanatismi religiosi e terremoti etnici preannunciavano il passaggio dall’era romana al Medioevo “barbarico”. Nessuno più di Placidia incarnò quella fase ibrida, lei che, nata bizantina, diventò poi sia imperatrice di Roma sia regina dei Visigoti, che della Città Eterna erano stati i saccheggiatori. Un personaggio pirandelliano? Sì, ma in linea con lo scenario sullo sfondo. Basti dire che in quei decenni il mondo romano, messo alle corde da invasioni continue, riusciva a difendersi dai barbari solo assoldando altri barbari. E che il cristianesimo, diventato da poco religione di Stato, applicava la legge del perdono organizzando vendette contro i pagani. Oppure basti notare che sul trono imperiale sedevano spesso dei bambini, eredi precoci di corone soltanto nominali, mentre il potere vero era in mano a reggenti o a ministri.


OGGI E DOMANI

La nostra EPOCA ha “prodotto” grandi personaggi, ma al momento non c’è nessuno in grado di fronteggiare la CRISI che stiamo vivendo

Siamo ancora

GRECO-ROMANI? I ICONE MODERNE

THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETT

GETTY IMAGES (2)

John Kennedy, Albert Einstein, Gandhi: anche la nostra epoca ha “prodotto” grandi personalità.

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canoni di bellezza, le conoscenze mediche e scientifiche, l’architettura... molto di quel che appartiene alla cultura occidentale deriva dalle civiltà e dai saperi che presero forma oltre duemila anni fa in Grecia e a Roma. «Il mondo greco-romano ci ha lasciato un’eredità sconfinata», sottolinea Dario Palermo, docente di Archeo­ logia classica all’Università di Catania. «Si pensi, tra le altre cose, alla moderna storiografia, nata nell’alveo del mondo classico, o all’importanza rivestita dal teatro antico, forma d’arte tuttora viva ed evolutasi anche nel cinema e nella televisione. Il debito si estende anche all’ambito scientifico, all’etica, al diritto: i concetti di città, democrazia e dibattito politico non li abbiamo inventati noi». I “nostri” grandi. Impregnato di cultura classica, il nostro mondo ha conosciuto non a caso molti personaggi di spicco paragonati ai grandi del passato. Qualche esempio? Einstein, per le sue geniali intuizioni, è stato assimilato ad Archimede; la filosofia non violenta di Gandhi è stata avvicinata a quella di Socrate; l’abilità oratoria di Kennedy e il suo idealismo democratico ne hanno fatto secondo alcuni un moderno Pericle; i grandi registi cinematografici, abili a raccontare e a criticare il presente, sono stati visti alla stregua dei commediografi dell’antichità; e lo stesso web con i suoi frequentatissimi social forum non sarebbe altro che una riproposizione dell’agorà greca o del foro romano. Con un impatto certamente di entità diversa. «Oggi la comunicazione imperversa grazie ai nuovi media, ma ricordiamoci che, fatte le debite proporzioni, era

fondamentale già nelle società antiche. Persino le arti figurative avevano spesso funzioni comunicative di matrice politica: basti pensare alla colonna Traiana, monumento in cui vengono narrate – a fine propagandistico – le vicende delle guerre di conquista della Dacia», commenta Palermo. Un mondo in crisi. Un altro paragone “facile” è fra l’odierna crisi vissuta dall’Occidente e quella del tardo impero romano: la recessione economica, la decadenza morale, la pressione esercitata da popoli stranieri sui confini dell’occidente. Analogie sensate? «Qualsiasi paragone tra il presente e il passato rischia di risultare “forzato”», avverte Palermo. «Ogni periodo storico è infatti diversissimo da quelli precedenti. A differenza dell’epoca greco-romana, per esempio, oggi abbiamo a che fare con uno scenario geopolitico “globale” il cui baricentro gravita fuori dai confini europei. E se è vero che la Storia è magistra vitae non significa che si ripeta immutabile; tutt’al più possono esserci orientamenti di fondo che tendono ad assomigliarsi. E comunque, al momento, non sembrano profilarsi all’orizzonte “grandi uomini” capaci di opporsi ai fattori di decadenza che stiamo vivendo». Ma se le grandi personalità scarseggiano, qualcos’altro si è fatto strada negli ultimi anni: è il nuovo “grande personaggio collettivo” costituito dalla comunità degli internauti. “Personaggio” che nel 2006 si è guadagnato il titolo di Person of the Year secondo la rivista americana Time. Accanto a papa Francesco, Bill Clinton o Barack Obama, insomma, oggi ci siamo noi. • Matteo Liberti


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