Focusstoriawars dicembre 2015a

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N°19 Dicembre 2015 d € 6,90

SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI RAID AEREI

Taranto 1940: la Pearl Harbor italiana sotto i siluri inglesi

TAMERLANO

Grande sfida a cavallo nelle steppe dell’Asia centrale

CRIMEA 1855

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

I reportage di Roger Fenton, il primo fotografo di guerra

DA NON PERDERE

LE LEGIONI DI ROMA

d ARMI d TATTICHE d BATTAGLIE d UNIFORMI d d DECORAZIONI d ACCAMPAMENTI d ASSEDI d GENERALI d

LA STORIA COMPLETA DELL’ESERCITO CHE PER 1.000 ANNI DOMINÒ IL MONDO


WARS

SOMMARIO

La storia delle legioni di Roma

È stata forse la maggior artefice della grandezza di Roma, ma non se ne sa abbastanza: ricostruire l’evoluzione millenaria, gli schieramenti, l’equipaggiamento della Legione resta a tutt’oggi un’impresa. Non tutte le testimonianze sono attendibili, spesso mancano le fonti storiografiche e neppure i reperti archeologici aiutano sempre. Ma si tratta di un’impresa possibile, e per realizzarla su Wars abbiamo chiesto aiuto ad alcuni tra i maggiori esperti della materia, con lo straordinario risultato di queste pagine. Jacopo Loredan d direttore SE NON AVETE ACQUISTATO IL CALENDARIO DELLE LEGIONI DI ROMA ALLEGATO A WARS, POTRETE TROVARLO SUL PROSSIMO NUMERO DI FOCUS STORIA IN EDICOLA DAL 20 NOVEMBRE

WARS I NOSTRI ESPERTI GIORGIO ALBERTINI

Milanese, 46 anni, laureato in Storia medievale, illustratore professionista per case editrici e riviste (giorgioalbertini.com).

ANDREA FREDIANI

Romano, 52 anni, medievista, ha scritto vari saggi di storia militare e romanzi storici di successo (andreafrediani.it).

GASTONE BRECCIA

Livornese, 52 anni, bizantinista e storico militare, ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan.

CONTRIBUTORS

Giuseppe Cascarino

57 anni, ingegnere con studi classici, fondatore dell’Associazione culturale Decima Legio (decimalegio. it) e autore di numerosi saggi sull’esercito romano.

Raffaele D’Amato

Piemontese, 51 anni, studioso di storia militare romana e professore di storia e archeologia antica e medievale alla Fatih University di Istanbul.

Marco Lucchetti

Romano, 56 anni, ufficiale della riserva, ha scritto volumi di storia delle armi e uniformologia ed è un noto scultore di soldatini da collezione.

4 PROTAGONISTI IN FUGA DA TAMERLANO 8 MEMORIE NASCE LA FOTO DI GUERRA 12 RAID TARANTO, LA PEARL HARBOR ITALIANA PIANO 20 PRIMO LE LEGIONI DI ROMA SECOLO A.C. 22 VI-IV LA LEGIONE ARCAICA 24 L’EQUIPAGGIAMENTO MILES LEGIONARIUS CLASSIS SECUNDA V SEC. A.C. E PUNIZIONI 26 PREMI DAL TRIONFO AL BASTONE SECOLO A.C. 28 IV-II LA LEGIONE MANIPOLARE 30 L’EQUIPAGGIAMENTO PRINCEPS LEGIONIS III-II SEC. A.C. E FORTIFICAZIONI 32 ACCAMPAMENTI TRA CASTRUM E VALLUM 38 ASSEDI NESSUN MURO CI FERMERÀ A.C.-II SECOLO D.C. 44 IILASECOLO LEGIONE COORTALE 46 L’EQUIPAGGIAMENTO LEGIONARIO DELLE GUERRE DACICHE 102 D.C. QUOTIDIANA 48 VITA LA GIORNATA DEL LEGIONARIO 51 BATTAGLIE UNA GUERRA LUNGA MILLE ANNI SECOLO D.C. 60 III-V LA LEGIONE DEL BASSO E TARDO IMPERO 62 L’EQUIPAGGIAMENTO STRATIÔTES, IMPERO ROMANO D’ORIENTE 450 D.C. E SCHIERAMENTI 64 GRADI LE GERARCHIE 69 CONDOTTIERI 16 GENERALI DELL’URBE, DALLA REPUBBLICA ALL’IMPERO

78 TRUPPE SOTTO IL SEGNO DELL’AQUILA IN COPERTINA: L’aquila romana, l’insegna delle legioni dell’Urbe (Arcangel). S

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SCALA

SFIDE

GLI UOMINI DEL KHAN

Arcieri mongoli (inizio del XV sec.). A destra, una statua di Tamerlano, Grande Emiro dell’Impero timuride (Asia Centrale e Medio Oriente). Il suo avversario Toktamish era capo dell’Orda d’Oro, installata nei territori di Russia, Ucraina e Kazakistan. Entrambi avevano ereditato o conquistato parte dell’Impero mongolo creato da Gengis Khan, suddiviso in khanati nella prima metà del XIII secolo.


RAID

IWM VIA GETTY IMAGES

75 ANNI FA, NEL NOVEMBRE DEL 1940, L’ATTACCO INGLESE AL PORTO DI TARANTO DIEDE UN COLPO MORTALE ALLA REGIA MARINA IMPEGNATA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

LA PEARL HARBOR ITALIANA

AP/ANSA

I PROTAGONISTI

Sopra, pattuglia di Swordfish in volo (1940). Qui a lato, la flotta della Regia Marina durante le esercitazioni nel porto di Taranto (1936). A destra, in Gran Bretagna il Daily Mirror dà notizia del raid.

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L’

ALAMY

attacco contro una flotta nemica in porto non rappresenta una novità per la Royal Navy inglese. Nel 1587 Francis Drake aveva compiuto un’audace incursione a Cadice, colpendo le capacità logistiche dell’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna. Due secoli più tardi l’ammiraglio Horatio Nelson non aveva esitato a colpire prima la flotta francese ad Abukir (1798), poi quella danese a Copenaghen nel 1801, mentre entrambe erano all’ancora. Già durante la Prima guerra mondiale, la nascente arma aerea aveva fornito un nuovo strumento per attaccare le flotte nemiche al sicuro nei loro porti. Nel settembre 1914 i giapponesi avevano lanciato alcuni idrovolanti da una nave appoggio per colpire una base navale tedesca in Cina; e due anni più tardi l’allora colonnello Giulio Douhet, tra i “profeti” del nascente “potere aereo” , ricordava al generale Cadorna che “un nuovo mezzo di guerra si affaccia sul mondo: l’aeroplano potente […] capace di lanciare a 500 km dalla propria base 500 kg di esplosivo, oltrepassando qualsiasi ostacolo […] Mille aeroplani potenti possono lasciar cadere […] nel porto di Pola una quantità di esplosivo pari a quella contenuta in 5.000 siluri, per distruggere con un solo volo tutta la flotta austriaca”. All’epoca era una visione tanto audace quanto inattuabile; ma anche l’alba di una nuova era. I piani di Albione. Nel 1935, l’attacco italiano contro l’Impero abissino provocò una grave crisi con Londra. Prima di lasciare la parola alla Società delle Nazioni e alle sanzioni, la Royal Navy iniziò a progettare raid da lanciare con le portaerei con-

tro le basi navali italiane, compresa quella principale: Taranto. Mentre Mussolini reagiva con l’operazione “oro alla patria” e con una spregiudicata offensiva diplomatica, il progetto inglese finì nei cassetti. Nel 1938, la crisi dei Sudeti portò a riconsiderare l’attacco contro Taranto, per porre fuori combattimento la flotta italiana, ormai in avanzato stato di potenziamento. George Lyster, comandante della portaerei inglese Glorious, uno specialista di tattiche aeronavali che vent’anni prima era stato distaccato con una squadriglia di idrovolanti proprio a Taranto, riprese in mano il progetto, imperniato su un raid di aerosiluranti imbarcati. Tuttavia, anche la nuova crisi rientrò grazie alla Conferenza di Monaco, e il piano elaborato da Lyster fu accantonato. A farlo tornare di attualità ci pensarono, nell’estate 1940, l’entrata in guerra dell’Italia e la resa francese, che sottraevano a Londra la superiorità navale nel Mediterraneo. L’ammiraglio Andrew B. Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet (la flotta del Mediterraneo della Royal Navy), non perse tempo nel rispolverare i piani destinati a infliggere un duro colpo alla Regia Marina (dimostratasi un’avversaria da non sottovalutare nelle prime settimane di guerra, a Potere aereo Douhet, autore delle Regole per l’uso degli aeroplani in guerra, formulò la teoria della superiorità aerea nel libro Il dominio dell’aria (1921) dove propugnava la nascita di una terza forza aerea, oltre alle aviazioni di esercito e marina: un’Armata aerea, risolutiva nella difesa del Paese. Secondo lui, dopo la Grande guerra le campagne militari dipendevano ormai dalle forze aeronautiche e l’esito dei conflitti sarebbe stato deciso dal massiccio impiego di bombardamenti strategici contro le città nemiche e la popolazione civile, portati a buon fine da vere “fortezze volanti”.


PRIMO PIANO

LE LEGIONI DI ROMA

È utilissima la formazione romana. Ogni soldato romano, una volta armato e pronto all’occorrenza, si adatta ugualmente a ogni luogo e tempo e a ogni scontro inatteso. È pronto e nella stessa condizione sia che debba combattere schierato con l’intero esercito sia con una parte di esso sia da solo. Perciò, visto che è di gran lunga superiore la capacità dei Romani di utilizzare i componenti del proprio schieramento da parte, va da sé che anche nel complesso la formazione romana risulterà superiore alle altre. Polibio


A

NON SI PUÒ PARLARE DI UN SOLO ESERCITO ROMANO PERCHÉ NELL’ARCO DI OLTRE DIECI SECOLI SOTTO LE INSEGNE DELL’URBE SI SONO SUCCEDUTI DIVERSI ESERCITI. ECCOLI

Legionari della Legio X Gemina respingono un attacco dei Galli durante le campagne di Giulio Cesare per la conquista della Gallia (58-51 a.C.).

M. KOZIK

SOLDATI CESARIANI

Polibio, un greco divenuto romano d’adozione, dobbiamo il giudizio ammirato e gran parte delle notizie più dettagliate sulla legione, che l’abile storico giudicava lo strumento bellico più efficace che avesse mai calcato i campi di battaglia. Da queste poche parole emerge la sua caratteristica principale, la duttilità. Ogni altra celebre unità del mondo antico aveva uno o più punti deboli: i cunei degli eserciti barbarici avanzavano in disordine, i carri da guerra esponevano i cavalli che li trainavano al tiro degli avversari, la cavalleria corazzata partica e sassanide aveva scarsa mobilità, la falange greca e quella macedone avevano bisogno di terreni piatti per mantenere una coesione assoluta. I legionari romani, invece, potevano combattere in qualunque situazione e formazione: come arcieri o frombolieri erano capaci di sfaldare i ranghi nemici con il lancio dei pila prima ancora di giungere all’impatto, come una falange sfondavano il fronte nemico coesi di fronte all’urto, e prevalevano sempre nel corpo a corpo grazie al loro armamento concepito per un utilizzo rapido ed efficace. A seconda dei nemici affrontati e delle necessità, potevano combattere in aperta pianura, con una legione schierata in tutti i suoi effettivi, o su terreni frastagliati, con le loro unità tattiche adattate nell’arco dei secoli. Avevano fiuto per la guerra, i Romani, e, pur essendo tradizionalisti come pochi altri, facevano presto ad adattarsi alle circostanze, abbandonando con relativa disinvoltura armamenti, tattiche e tipologia di unità quando ritenevano che un cambiamento potesse giovare alla loro resa bellica. Il tratto comune a tutte le epoche era la capacità di manovra e la disciplina. Quattro fasi. Non esiste solo un tipo di legione, nell’arco del millennio e oltre in cui Roma dettò legge sui campi di battaglia, ma almeno quattro. La legione (in origine il termine legio significava “leva”, passando poi a definire unità militari) nasce come modalità di combattimento. Di questa sappiamo solo che, dopo i primi scontri con gli Etruschi, si evolse in falange. Roma tornò a questa formazione mezzo millennio dopo, quando il contatto con avversari barbarici e cavallerie corazzate e l’immissione nell’esercito imperiale di elementi esterni, unitamente alle difficoltà di uniformare l’addestramento di reclute eterogenee, imposero un cambio di mentalità e l’abbandono dell’equipaggiamento che aveva caratterizzato il legionario classico. In mezzo al punto di partenza e a quello di arrivo, le altre due tipologie di legione, quelle più conosciute; dapprima quella manipolare, e poi quella coortale. Non ci sono momenti precisi in cui possiamo asserire che si passò dall’una all’altra tipologia di legione, e ogni attribuzione del cambiamento a un personaggio o a un evento è arbitraria. Quel che possiamo dire, senza timore di essere smentiti, è che nel periodo delle Guerre sannitiche (IV secolo a.C.) l’Urbe abbandonò definitivamente la falange e adottò le formazioni manipolari, che consentivano alle armate romane di agire sugli aspri terreni del Sannio; che nell’epoca che va dalle Guerre macedoniche alle Guerre civili (ultimi due secoli prima dell’era volgare) le legioni finirono per privilegiare un nuovo tipo di unità tattica, la coorte; che nel corso della crisi del III secolo e con Diocleziano e Costantino si ebbero profondi mutamenti, al termine dei quali il legionario non ebbe più il suo armamento classico e le legioni ebbero una consistenza numerica pari a neppure un terzo di quelle dell’apogeo dell’impero. Ma possiamo dire che i Romani continuarono a prevalere in ogni circostanza, almeno finché ci furono soldati disposti a combattere. d Andrea Frediani

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LE LEGIONI DI ROMA

CONDOTTIERI

IN DIECI SECOLI DI BATTAGLIE ROMA VIDE IN CAMPO MILITARI D’ALTO RANGO E TAGLIAGOLE, STRATEGHI RAFFINATI E VELLEITARI CORAGGIOSI, UOMINI IN GRADO DI CONQUISTARE IL MONDO E SCANNARSI TRA LORO CON INTUITO GENIALE ED EFFICIENZA ESTREMA

16 GENERALI

DELL’URBE Dalla Repubblica all’Impero, i grandi generali dell’Urbe hanno lasciato testimonianze memorabili del loro valore scrivendo la storia militare dell’antichità. Eppure, mentre all’inizio i condottieri si distinguevano per l’attaccamento alle istituzioni e la difesa della gloria patria, alla fine del periodo repubblicano e durante l’impero a segnare la loro azione era spesso l’ambizione personale, che li portava al vertice dell’esercito e del governo. Comunque sia, la grande espansione di Roma si deve anche alla sete di potere e ai sogni di conquista di questi uomini, che hanno condiviso con i loro legionari le lunghe campagne militari. A cura di Andrea Frediani

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