4a edizione
A s s o c i a z i o n e
I m p r e s e
M a n i f a t t u r i e r e
A s s o c i a z i o n e
I m p r e s e
M a n i f a t t u r i e r e
con il contributo di
si ringrazia
Provincia di Ravenna
Coordinamento: Benedetta Ceccarelli • Ufficio Comunicazione e Sviluppo Confimi Industria Romagna Interviste: Marianna Carnoli • Setteserequi, settimanale di informazione Concept e format: ABC Srl • Ravenna Editing, progettazione grafica e impaginazione: ABC Srl • Ravenna Foto: Giorgio Biserni • Ravenna (e, in alcuni casi, foto tratte dagli archivi delle aziende) Stampa: La Greca Arti Grafiche Sas • Forlì Finito di stampare nel mese di novembre 2015
4a edizione
A s s o c i a z i o n e
I m p r e s e
M a n i f a t t u r i e r e
Indice 7
Introduzione a cura di Gianni Lusa, Presidente Confimi Industria Romagna
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La grinta di una squadra appassionata | Molducci Srl
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Introduzione a cura di Stefano Bonaccini, Presidente Regione Emilia-Romagna
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Da 50 anni al servizio dell’enologia | Enologica Sippi Srl
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Introduzione a cura di Paolo Agnelli, Presidente CONFIMI INDUSTRIA
60
Una scommessa vincente | Tecnoindustria Piping Srl
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Ritratti
64
Professionalità da tre generazioni | Valvotubi Ind. Srl
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Professionalità al servizio del cliente | Studio Consulenti Associati
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Il cuore oltre l’ostacolo | ME.G.A. Srl
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Da 30 anni in ufficio con voi | BI.COM System Srl
72
Il grande freddo| Frigomeccanica Group Srl
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Abbiamo a cuore la vostra salute | SABA Srl
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La nostra forza: determinazione e serietà | Alfiere Srl
28
Tutti insieme appassionatamente | Stilplast Srl
80
L’eseperienza al servizio del porto | SYC Srl
32
Amiamo mettervi sulla buona strada | Bomag Italia Srl
84
La vostra sicurezza è il nostro obiettivo | Vetras Serramenti Srl
36
Un’azienda in continua espansione | RM Srl
88
Un polo d’eccellenza romagnolo | CIRI Agroalimentare
40
Da sempre la passione di famiglia | Passanti Costruzioni Meccaniche Srl
96
Ringraziamenti
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Ventimila leghe sotto i mari | Res Marina Srl
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Una traversata senza confini | Quick SpA
Gianni Lusa Presidente Confimi Industria Romagna
L
a nuova edizione di un progetto, qualsiasi esso sia, porta inevitabilmente con sé uno slancio di ottimismo e, proprio con questo spirito, abbiamo accolto anche quest’ultima pubblicazione dedicata ai nostri Capitani. È passato un altro anno, sempre trascorso in trincea e con la guardia ben alta, ma che ancora una volta ci ha visti fare quello che più ci gratifica al mondo: impresa. Consapevole dei cambiamenti epocali vissuti dai mercati e della nuova fisionomia economica globale, anche la nostra associazione ha sentito l’esigenza di un rinnovamento coerente con la direzione presa dai nuovi assetti istituzionali, sociali ed economici, pur mantenendo fede alla propria vocazione e restando espressione di quel Dna creato nel 1970, anno in cui fu fondata. Oggi infatti non è più tempo di antichi campanilismi ed è necessario lasciare spazio alla razionalizzazione delle risorse e delle eccellenze prescindendo da confini provinciali o da limitazioni imposte da prassi ormai anacronistiche. È diventato fondamentale estendere le aree di supporto alle imprese indipendentemente dal luogo di provenienza e proprio per tale ragione la nostra associazione ha modificato il proprio assetto, si è riorganizzata e ha adottato una nuova denominazione, Confimi Industria Romagna, espressione di una struttura di più ampio respiro, che svolge la propria attività in termini di area vasta assistendo le imprese ubicate nelle province di Ravenna, Forlì e Cesena, Rimini e Ferrara.
Oltre a ciò, il richiamo esplicito al mondo industriale rimanda a una riconoscibilità immediata del target di riferimento esprimendo chiaramente i soggetti destinatari della nostra attività. Questo cambiamento, frutto di una strategia condivisa a livello di sistema, è avvenuto in sinergia con quanto realizzato sul versante occidentale della nostra Regione grazie alla recente creazione di Confimi Industria Emilia, referente associativo per le piccole e medie imprese emiliane. Si tratta dunque di un’operazione che permette di ottimizzare le competenze e le eccellenze del sistema associativo ampliando l’operatività della nostra struttura senza snaturarne le peculiarità. Mantenendo fede a questa nuova impostazione, insieme alle storie dei nostri Capitani, in questo libro trova spazio anche l’esperienza del CIRI Agroalimentare, il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale con sede a Cesena e guidato dal Professor Marco Dalla Rosa, diventato un polo di interesse internazionale nel settore alimentare. Una testimonianza, quest’ultima, che amplia il respiro delle opportunità a disposizione delle aziende e offre stimoli per innovative progettualità.
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Stefano Bonaccini Presidente Regione Emilia-Romagna
S
ono storie di passioni e di successi quelle raccolte in questo libro. Racconti che rispecchiano in diversi settori, dai beni di consumo a quelli strumentali, dai servizi turistici a quelli alle imprese, la cultura imprenditoriale e del lavoro che è anima di questa terra. E racconti che inducono a riflettere sulle politiche di sviluppo economico. Soprattutto oggi che, incamminandoci verso l’uscita dalla crisi, dobbiamo affrontare la profonda trasformazione del contesto competitivo globale, i mutamenti dei mercati di sbocco e di approvvigionamento, la rivoluzione tecnologica e una riorganizzazione dei cicli produttivi e della relazione tra le imprese. Le testimonianze degli imprenditori romagnoli, così come tante altre del territorio regionale, confermano quanto l’organizzazione della produzione, articolata in piccole e medie imprese, si sia rivelata competitiva nella sua capacità di differenziazione dei prodotti e di velocità di spostamento efficiente nella gamma dei processi produttivi. Un modello di specializzazione flessibile della produzione, il cui contributo si è rivelato un fattore strategico nel caratterizzare l’Emilia-Romagna come un territorio competitivo per un ampio spazio di prodotti. Per affrontare le sfide future non possiamo che partire da questo patrimonio e dalla consapevolezza che la diversificazione produttiva è un fattore chiave dello sviluppo. La varietà dei prodotti, la loro qualità e il loro grado di complessità riflettono la complementarietà delle competenze necessarie alla loro produzione. In altri termini, i prodotti riflettono le capacità che il sistema riesce a generare e a sedimentare perché lo
sviluppo economico non è altro che un continuo processo di apprendimento. Per questo, è strategico l’investimento in una infrastruttura educativa e formativa capace di dotare le persone e il territorio di competenze orientate alla specializzazione, all’internazionalizzazione e a un’innovazione sociale, organizzativa ed economica che non sia circoscritta alla tecnologia, ma a tutte le forme che essa può assumere, accomunate da un “uso intensivo” di creatività e ingegno. Economia forte, aperta, sostenibile e globale, società del lavoro imprenditiva e dinamica, società equa e inclusiva, sono le tre linee strategiche individuate dal Patto per il Lavoro per raggiungere gli obiettivi di crescita e di sviluppo condivisi da tutte le forze sociali con la firma del 20 luglio scorso. Linee che la Regione Emilia-Romagna si impegna a perseguire inaugurando una nuova generazione di politiche per lo sviluppo fondate sul riconoscimento del valore del territorio, della produzione, del lavoro e delle persone, su una sistematica interazione fra i diversi livelli istituzionali e su un coordinamento strategico dell’azione regionale. L’obiettivo è quello di ampliare le opportunità che generano investimenti, occupazione e reddito. Tali opportunità saranno tanto più ampie quanto più si fa capiente lo spazio cognitivo che definisce l’idea di “ricchezza” e l’intensità con la quale investiamo nella salute, nell’ambiente, nella buona occupazione, nella cura del territorio e del patrimonio culturale. Protagonisti di questa idea di “ricchezza” sono sicuramente gli imprenditori della nostra terra, l’Emilia-Romagna.
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Paolo Agnelli Presidente CONFIMI INDUSTRIA
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ari Imprenditori, il mondo industriale italiano non può essere espresso da un’unica voce. Ecco perché tre anni fa nasceva Confimi. Oggi serve più che mai un nuovo modello che rappresenti in maniera chiara e libera, senza nessun conflitto d’interesse, senza scambi di favori politici, gli industriali del manifatturiero italiano. Per questo la Confederazione dell’industria manifatturiera italiana e dell’impresa privata, che rappresento in qualità di Presidente, lo scorso maggio ha fatto un passaggio importante, da Confimi Impresa è divenuta Confimi Industria. Scegliere il termine industria non significa prendere le distanze da quello che Confimi ha fatto in questi 3 anni, ma al contrario è la naturale evoluzione della nostra Confederazione. Siamo quasi 30.000 aziende, e abbiamo un fatturato aggregato di 70 miliardi di euro. Esiste una forte crisi dei corpi intermedi - il 50% degli imprenditori non appartiene a nessuna associazione di categoria - passare da Impresa a Industria significa identificare immediatamente il mondo da cui proveniamo, quello che rappresentiamo e i nostri interlocutori. Le grandi industrie vanno via e la Pubblica Amministrazione non solo non assume, ma taglia posti di lavoro. Sono le PMI, siamo noi, a rappresentare il 98% delle imprese italiane, a poter risollevare la crescita economica del Paese, ad avere un ruolo da protagoniste nel sistema del welfare. Perché le industrie che mandano avanti il Paese non sono solo i grandi colossi, magari partecipati, ma sono le piccole e medie industrie che, nonostante le politiche a volte sfavorevoli, decidono
e continuano a investire in Italia e di non delocalizzare. Siamo imprenditori resistenti, sì, perché i tagli Irap e il contratto a tutele crescenti possono essere misure di partenza, ma da sole non sono sufficienti a far ripartire l’economia italiana. Se pensiamo che già nel 1953 in America il 25% delle commesse pubbliche dovevano essere affidate alle piccole e medie imprese è evidente che in Italia oggi esiste un problema di mancata tutela. Sembra quasi che le nostre pmi siano state lasciate andare alla deriva per seguire dettami europei. Quello che serve sono maggiori tutele, una rappresentanza che non abbia paura di dire “così non va’” e che sappia proporre un’alternativa. Questo è il nostro obiettivo, la direzione verso cui stiamo andando. Il primo agosto del 2013 Confimi Industria ha ottenuto il riconoscimento sindacale da parte di CGIL, CISL e UIL con il quale è diventato soggetto contrattuale ed è già firmataria dei principali contratti collettivi nazionali di lavoro quali ad esempio il contratto dell’industria manifatturiera metalmeccanica e della installazione di impianti, del legno-sughero-arredo, dell’ industria edile e affini, escavazione, lapidei, laterizi. Oggi Confimi Industria è seduta ai principali tavoli del MISE, del Mipaaf, del MEF, del Ministero del Lavoro, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Dialoga concretamente con Abi, con la Cabina di regia per l’Internazionalizzazione, con l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Dogane per costruire opportunità concrete per la costellazione delle pmi, spina dorsale dell’economia dell’Italia.
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Ritratti
Professionalità al servizio del cliente Nel 2002 hanno unito i loro Studi professionali dando vita a Studio Consulenti Associati, un’associazione di dottori commercialisti. Partiti da zero hanno fatto molti sacrifici che però, nel tempo, li hanno ripagati: oggi Vincenzo Morelli e Paolo Mazza sono i soci di uno Studio ben avviato all’interno del quale, nel corso del 2015, è entrato anche Marcello Toso. Condividendo con passione il proprio bagaglio professionale, confrontandosi e continuando a tenersi aggiornati, portano avanti un’attività non sempre facile, ma di grande soddisfazione. 16
Studio Consulenti Associati si rivolge ad aziende e professionisti ai quali fornisce consulenza aziendale, amministrativa, fiscale, commerciale e contrattuale. Non trascura l’attività verso i privati, ai quali viene fornita consulenza fiscale e contrattuale, nonché verso enti non commerciali e associazioni professionali. Lo Studio Consulenti Associati è affiancato, nella propria attività amministrativa, dalla società di servizi Proteo Project Srl, associata a Confimi Romagna.
STUDIO CONSULENTI ASSOCIATI
Via Bovini, 41 - 48123 Ravenna Tel. 0544.501881 • www.consulentiassociati.ra.it
Quando è nato lo Studio Consulenti Associati? (Morelli) Ho iniziato la professione di dottore commercialista nel 1987 mentre Paolo qualche anno più tardi. Veniamo da esperienze di lavoro diverse: entrambi abbiamo iniziato come dipendenti per poi metterci in proprio e dare vita nel 2002 a questa nuova attività, risultato della fusione dei nostri rispettivi studi. Fino ai primi di giugno 2015 eravamo Paolo ed io, poi si è aggiunto un collega, Marcello Toso, anch’egli dottore commercialista. Siete dottori commercialisti da anni, era il vostro sogno sin da bambini? (Morelli) A me piaceva la professione e, verso la fine delle superiori, ho orientato i miei studi in questo senso arrivando, poi, ad aprire il mio Studio. (Mazza) Mi sono laureato nel 1986 in economia e commercio. La mia famiglia, al termine del liceo, mi ha spinto a scegliere una facoltà che potesse offrirmi un lavoro sicuro. Mi sarebbe piaciuto conseguire la laurea in medicina, ma i miei genitori mi convinsero a indirizzarmi verso studi economici, per una maggiore sicurezza nella ricerca del lavoro post lauream. Così ho scelto economia e commercio e ho iniziato a lavorare per il Gruppo Ferruzzi dove sono rimasto fino al 1994 collezionando diverse esperienze, anche all’estero. Lasciato il Gruppo Ferruzzi mi sono rimboccato le maniche e, ripresi in mano i libri, ho superato l’esame di stato e intrapreso la professione di dottore commercialista, anch’io inizialmente in maniera autonoma. Nei primi tempi ho vissuto questo cambiamento come una sorta di ripiego e, ogni tanto, ancora rimpiango il lavoro al Gruppo Ferruzzi. Oggi, comunque, sono molto soddisfatto del lavoro che svolgo e di essere riuscito ad avviare uno Studio, unitamente alle forze di Vincenzo, con tanti sacrifici e senza che nessuno mi abbia spianato la strada. Proprio com’è stato per Vincenzo. Quali sono i tre aggettivi che meglio descrivono un imprenditore? (Morelli) In Italia ogni regione ha le proprie peculiarità, anche a livello imprenditoriale. Penso però che tutti gli
imprenditori debbano essere grintosi, convinti di ciò che fanno e caratterizzati da una sorta di abnegazione, soprattutto in periodi particolarmente difficili come quelli che stiamo vivendo negli ultimi anni. (Mazza) Condivido le caratteristiche indicate da Vincenzo. Penso anch’io che serva una grande determinazione, cui aggiungerei una buona dose di sangue freddo. Non si deve dimenticare, inoltre, la grande responsabilità che si ha nei confronti dei propri collaboratori e dei propri clienti. Avete avuto una figura di riferimento in questi anni? (Mazza) Direi di no. A differenza delle giovani leve, per le quali è obbligatorio il triennio di pratica presso lo studio di un dottore commercialista, al cui interno spesso possono trovare una figura di riferimento, ai nostri tempi non c’era nulla di simile, dunque, aperto lo Studio, ci siamo fatti le ossa sul campo. Chi è più combattente e chi più mediatore? (Morelli) Paolo è certamente più mediatore; io, per certi versi, lo sono molto meno. (Mazza) Ognuno di noi ha il proprio carattere, ma ci compensiamo e completiamo perfettamente, condividendo numerosi aspetti della nostra professione. Avere associato da poco Marcello, che è più giovane di noi, ma che ha già una buona professionalità alle spalle, è un passo che, con Vincenzo, abbiamo ponderato e studiato a lungo. Ci conoscevamo già da cinque anni e sicuramente la scelta fatta darà i frutti da noi attesi. Qual è l’insegnamento più importante che avete tratto da questi anni di professione? (Morelli) È importante essere costantemente aggiornati, non smettere mai di studiare, contare sia sulle proprie forze, che sul supporto che viene da altri visto che nessuno è onnisciente! Questo, sommato all’esperienza che si matura sul campo, permette di raggiungere i propri obiettivi. (Mazza) Penso sia fondamentale condividere il proprio bagaglio professionale. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, ognuno nel proprio studio, poi nella
serietà
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Da sinistra: Marcello Toso, Vincenzo Morelli e Paolo Mazza.
nuova sede comune, la professione stava cambiando, sia per gli adempimenti telematici, che per le pratiche da svolgere. Io avevo già lavorato in team per il Gruppo Ferruzzi e mi sarebbe piaciuto avere colleghi con i quali confrontarmi quotidianamente; per questo ho accettato di buon grado di dar vita a uno Studio associato con Vincenzo. Abbiamo creato quella che, nella nostra mente, era l’ideale di struttura per svolgere nella maniera migliore questa professione: oggi è difficile pensare di svolgerla autonomamente. Il vostro Studio associato è attivo da 14 anni, da chi è composto il gruppo? (Mazza) La nostra squadra è composta da tre dottori commercialisti soci, oltre a sette dipendenti, una praticante, un consulente esterno in ambito informatico e un collaboratore.
e n o i z i d tra
è detto che la mia idea debba essere quella giusta. Il confronto è fondamentale!!
Qual è il sacrificio più grande che avete dovuto fare in questi anni? (Morelli) Mi sarebbe piaciuto avere periodi di vacanza più lunghi, ma un po’ per il mio lavoro, un po’ per quello di mia moglie e un po’ per le esigenze dei figli, non mi è mai stato possibile. Invidio chi riesce a staccare per due-tre settimane consecutive... (Mazza) Sacrifici veri e propri non ne ricordo. A volte penso alle professioni che consentono di avere più tempo libero, ma, comunque, anche noi riusciamo a organizzare il lavoro dello Studio in modo da avere una quotidianità abbastanza normale. Vincenzo ha figli ormai grandi, mentre io ho un bimbo di 8 anni: vorrei sicuramente poter trascorrere più tempo con lui.
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Qual è, invece, la soddisfazione più grande che avete avuto? (Morelli) Difficile dirne una sola! Il fatto di non ricevere critiche mi gratifica. A volte capita addirittura che un cliente si complimenti per il lavoro da noi svolto e, considerato che nella nostra professione “si va nelle tasche della gente”, non è scontato che nessuno si lamenti, e questo fa indubbiamente piacere. Avere avuto un certo riconoscimento per la nostra professionalità è stato importante. (Mazza) Quando i clienti, con il passaparola, suggeriscono il nostro nome ad altri ne siamo orgogliosi, perché è il migliore riconoscimento del nostro lavoro e una dimostrazione di stima. Vincenzo, poi, opera nell’ambito del Tribunale e ricevere incarichi importanti è un ulteriore attestato di stima e riconoscimento sia per lui in prima persona che, di riflesso, per lo Studio. A Ravenna ci sono circa 500 iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e la città vanta studi anche più strutturati del nostro, ma avere costruito, negli anni, un rapporto con colleghi che magari sono sul mercato da più tempo, e che ci chiedono un confronto, fa molto piacere. Come avete affrontato la crisi di questi anni? (Morelli) Abbiamo riscontrato una lieve flessione negli incassi da attività “ordinarie”, mentre per l’attività
impegno
Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Mazza) La mia giornata lavorativa inizia alle 8.30 e come prima cosa scarico la posta elettronica per cancellare le cose meno importanti. Si prosegue svolgendo le diverse pratiche in essere e incontrando i clienti, con i quali ci preme avere un rapporto il più possibile assiduo. In ogni momento, poi, offriamo il nostro supporto al personale che lavora per noi. La giornata non si conclude quasi mai prima delle 19 - 19.30. (Morelli) La mia giornata tipo è molto simile a quella di Paolo, a cui aggiungerei gli impegni derivanti dagli incarichi giudiziari. professionale la crisi, soprattutto nell’ambito delle procedure concorsuali, ha incrementato gli incarichi. Al di là dell’aspetto finanziario, poi, le difficoltà maggiori stanno nel seguire i cambiamenti proposti in ambito fiscale/ tributario. Spesso, avvengono anche nel corso dello svolgimento degli incarichi a noi affidati dai nostri clienti. In questi casi ci troviamo a dover “rimettere le mani” in pratiche già concluse. (Mazza) Lavorando con la clientela più disparata, spesso diventiamo loro confessori e viviamo la crisi di riflesso. Talvolta i clienti oggi si trovano in gravi difficoltà e ci fa piacere andare incontro alle loro esigenze per cercare, nei limiti del possibile, di alleviarle. Ma, essendo intermediari tra il cliente e la pubblica amministrazione e dovendo rispettare precise scadenze relativamente ai pagamenti, il nostro lavoro non è facile soprattutto in momenti particolarmente delicati come quelli che stiamo vivendo. C’è qualcosa sulla quale pensavate di non poter cambiare idea e invece avete dovuto ricredervi? (Morelli) Non cambiare idea è sintomo di una rigidità che non fa parte della nostra professione. Nel corso del tempo le “fissazioni’ personali” si ammorbidiscono, deve essere così! (Mazza) Anche questo è il bello di lavorare in uno Studio associato e di condividere quotidianamente il lavoro: non
Un giorno di libertà ve lo riuscite a regalare? (Mazza e Morelli) Sì, certamente, basta organizzarsi. Capita di portarsi qualcosa a casa che non si è riuscito a terminare, ma il sabato e la domenica sono dedicati alla famiglia (magari con una sbirciatina alle mail...). Qual è il vostro hobby? (Morelli) Mi piacciono tutti gli sport che, in parte, pratico con una certa continuità. (Mazza) Fino a 5 anni fa la mia passione era la bici da corsa poi, con un figlio oggi di 8 anni, ho preferito dedicarmi a lui nel tempo libero. Non ho un hobby vero e proprio, ma d’estate la camminata, la corsa o la partita a racchettoni in spiaggia me le concedo volentieri. Quando siete in ferie cosa fate? (Morelli) Mi piace viaggiare, anche solo per qualche giorno: visito le città d’Italia e d’Europa, ogni tanto vado con mia moglie in montagna, sua grande passione. Quando stacco dal lavoro mi piace andare via da Ravenna, perché se resto qui, con ogni probabilità, passo dallo Studio! (Mazza) Dopo una settimana trascorsa in ufficio, mi piace godermi la mia casa, insieme alla mia famiglia; probabilmente mi muoverò di più nei prossimi anni.
affidabilità
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I titolari dello Studio con tutte le collaboratrici.
Perché si continua nonostante tutto? (Mazza) Verrebbe facile dire perché ci piace il nostro lavoro e vorremmo trasmetterlo alle nuove generazioni. Non avere avuto nessuno che ci ha spianato la strada, esserci costruiti tutto da soli è stato faticoso, ma gratificante e sarebbe bello che ciò che abbiamo creato restasse a qualcuno, un nostro familiare, o un soggetto terzo che stimiamo, poco cambia. Sarà difficile che mio figlio mi subentri e comunque il mio lavoro richiede energie psichiche piuttosto importanti: le notti insonni sono frequenti e pertanto lo disincentiverei. Capita spesso che ci si chieda: “ma chi ce lo fa fare?”. Ci sono lavori più “semplici”, con meno responsabilità, ma a noi piace ciò che facciamo e ci impegniamo per questo. (Morelli) I miei figli sono grandi: il ragazzo sta finendo economia, ma è orientato verso il marketing, mentre mia figlia è in terza liceo. La nostra non è una professione
semplice, ma ce ne sono altre altrettanto complesse: penso, ad esempio, ai medici o ad altre professioni bellissime sulla carta, ma che non hanno mercato. Non ho mai spinto mio figlio verso lo Studio, desidero che faccia ciò che ama e che lo faccia con serietà. La pensione è ancora abbastanza lontana e, comunque, non sono il tipo che passerà la propria vita, terminata quella lavorativa, a casa, o nell’ozio: di certo viaggerei di più di quanto non faccia oggi!
e
r a f i d a i l g o v
sinergie
Da 30 anni in ufficio con voi Nel 2015 festeggiano il trentennale ma non hanno certo perso lo smalto dei primi anni. Sono un gruppo coeso capitanato da Diego Fiammenghi che ha fondato l’azienda poco più che ventenne e che, negli anni, non ha mai perso di vista il suo obiettivo: fare emergere e sviluppare la propria ‘creatura’. Grazie a fornitori storici e dipendenti preparati, Bi.Com System è diventata il punto di riferimento per il mondo dell’office e reinvestendo sempre gli utili è riuscita a superare anche i momenti di difficoltà. A piccoli passi, con investimenti oculati e senza allontanarsi troppo dal proprio core business, Bi.Com oggi è un’azienda sana e in costante crescita.
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Da trent’anni sul territorio ravennate, Bi.com dispone delle migliori marche di fotoriproduttori, stampanti e fax ed è in grado di fornire soluzioni mirate a ottimizzare i tempi di gestione del lavoro. Nel corso degli anni ha riservato sempre molta importanza alla scelta dei partners commerciali per poter offrire un prodotto di ottima qualità. Grazie a un laboratorio attrezzato per l’assistenza e la riparazione, dove lavorano tecnici qualificati e un magazzino sempre rifornito, Bi.com garantisce ai clienti la massima celerità. Il continuo aggiornamento del personale e la completa gestione automatizzata del servizio tecnico hanno reso Bi.Com una tra le aziende più performanti sul territorio provinciale.
BI.COM SYSTEM SRL
Via Filippo Re 33 - 48124 Fornace Zarattini (Ra) Tel. 0544.460616 • www.bicomsystem.com
Quando è nata Bi.Com System? Quest’anno festeggiamo il trentennale visto che siamo nati nel 1985. Eravamo tre soci: io, un socio che è uscito nell’87 e la mia ex compagna che è uscita nel ’95, successivamente è subentrato come socio mio fratello Davide che era comunque già nostro dipendente. La ragione sociale dell’azienda richiama una sintesi tra BIlance e COMputer, due prodotti che, nonostante le intenzioni di quando ci siamo messi in affari, alla fine non abbiamo mai venduto! Siamo nati come fornitori di registratori di cassa e, nell’88, abbiamo deciso di puntare sull’ufficio diventando rivenditori di macchine, mobili, pareti attrezzate, attività che abbiamo portato avanti e che oggi è il nostro core business. Non abbiamo mai abbandonato il mercato dei misuratori fiscali che però rappresenta circa il 2% del nostro attuale fatturato. Da via S. Mama a Ravenna, dove c’era la nostra prima sede di circa 40 mq, siamo passati in via Bargigia in un locale di 100mq, poi nel 1996 il nostro primo acquisto immobiliare, la sede di via Sansovino un immobile di circa 330 metri, e dieci anni fa abbiamo acquistato l’attuale sede a Fornace Zarattini che si estende su una superficie di 900 metri. Oggi la maggior parte dei nostri macchinari viene data in locazione, i nostri responsabili commerciali realizzano un sopralluogo in azienda, senza alcun impegno per il cliente, calcolando la spesa globale sostenuta per le stampe per poi proporre una soluzione documentale con utilizzo di nostre apparecchiature che può portare a un risparmio che oscilla dal 10% e in alcuni casi può arrivare anche al 50% dei costi stampa aziendali. Che ricordo ha di quei primi anni? Siamo partiti senza avere nessuna esperienza, eravamo giovani, io avevo 24 anni e la mia socia 23 e volevamo dar vita a qualcosa di nostro nel mercato dei misuratori fiscali. I primi 10 anni non sono stati facili perché ci siamo dovuti creare il nostro spazio e farci conoscere , poi abbiamo iniziato a collezionare clienti. Abbiamo lavorato a testa bassa, con umiltà e tanta determinazione, ma non sono mancati i momenti di sconforto, le giornate in cui avresti avuto voluto mollare tutto e chiudere. Avevamo una sede minuscola con un tavolino e 4 sedie mentre
oggi Bi.Com non dipende dalle banche e siamo fornitori di diverse associazioni di categoria, industrie, pubbliche amministrazioni e anche tanti altri clienti che seguiamo con il nostro massimo impegno. Ho sempre pensato che essere rivenditori di troppi prodotti significasse non conoscerne bene nessuno, quindi ci siamo concentrati solo su alcuni e oggi, sia lo staff tecnico che quello commerciale, vantano un’ottima professionalità e conoscenza dei nostri macchinari. Avremmo potuto investire i capitali dell’azienda per spostarci su altri segmenti di mercato, ma abbiamo fatto un’altra scelta. Con la ditta ‘Pasquali & Bandini’, acquisita nel ’97 e ancora attiva in Bi.Com, proponiamo l’ottimizzazione degli spazi ergonomici degli ambienti di lavori con progetti ad hoc. Il nostro bacino d’utenza è la nostra provincia, ma gestiamo anche macchine a distanza, nella nostra Regione, appoggiandoci, per la manutenzione, ad aziende in loco. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Penso debba essere leale e impegnarsi seriamente in ciò che fa. E poi deve darsi da fare quotidianamente per fare prosperare la propria azienda anche se è sana, anche se sono stati raggiunti buoni risultati. L’impegno non deve mai venire meno.
competenza
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Diego Fiammenghi.
Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto in questi anni? Le soddisfazioni sono state davvero tante, soprattutto la nostra clientela che si è ampliata negli anni anche grazie al passaparola e uno staff competente che crede nel proprio lavoro. Chiudere i primi contratti con clienti importanti come Ciicai (Consorzio Idraulico Ravenna) quando sei ancora alle prime armi ti fa provare una gioia unica; di recente abbiamo firmato un altro ordine significativo con Ascom di Cervia per una trentina di macchine e benché adesso l’azienda sia ormai consolidata e conosciuta, è sempre una soddisfazione vedere riconosciuto il proprio lavoro.
sui rapporti interpersonali e sul mio tempo libero. Ricordo che nel 1992 mi “regalai” un pomeriggio al mare dopo aver venduto una macchina al Gruppo Cosmi ma, in generale, non mi sono mai ritagliato troppo tempo per me.
Qual è, invece, il maggiore sacrificio che ha dovuto fare? Forse sacrificare la mia vita personale. Come ho detto, ho creduto molto nell’azienda sin dai primi tempi, pertanto non mi sono mai risparmiato e questo ha inciso necessariamente
Avete risentito della crisi? Avete dovuto prendere accorgimenti particolari? La crisi è mondiale e importante, ma non abbiamo dovuto né tagliare il personale né ricorrere alla cassa integrazione.
Che rapporto avete con i vostri dipendenti? Fra Bi.Com e Pasquali & Bandini abbiamo undici dipendenti, e cinque agenti plurimandatari. I miei primi due dipendenti sono ancora qui, non abbiamo avuto un turn over eccessivo. Sono brave persone e il rapporto tra noi è buono anche se, ovviamente, il contributo dato all’azienda da un dipendente è più limitato rispetto a quello dei soci.
passione
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Abbiamo perso una piccola parte di fatturato un anno ma, nel 2014, ad esempio, abbiamo realizzato il massimo del nostro utile. Lo scorso anno abbiamo terminato il leasing e non abbiamo pendenze con le banche da diversi anni, i nostri locali sono tutti di proprietà dunque siamo moderatamente sereni per la tranquillità economica raggiunta. In più abbiamo fornitori storici e fidati con i quali lavoriamo molto bene. In caso di difficoltà, tra tagliare gli interessi passivi o eliminare un dipendente che è una risorsa importante per l’azienda e rischiare di non riuscire a dare lo stesso servizio valido al cliente perché sotto organico, è sempre auspicabile scegliere la prima opzione, se possibile, anche se servono anni per arrivare a tutto questo, cosa che noi siamo riusciti a fare. Abbiamo sempre realizzato investimenti oculati, non abbiamo spaziato molto fuori dal nostro core business e siamo riusciti a mettere da parte delle riserve economiche che possano essere utili in caso di
coraggio
bisogno, visto il momento economico che stiamo vivendo. Qual è la sua quotidianità in azienda? Sono a capo dello staff commerciale dunque appena arrivo,
sulle 7.30 controllo le email poi esco per gli appuntamenti della giornata. Solitamente me ne vado sulle 19.30 saltando il pranzo e vado in palestra. Sabato mattina generalmente sono qui con mio fratello che segue, invece, lo staff tecnico, preparo le consegne per la settimana successiva e mettiamo in ordine il magazzino. Riesce a ritagliarsi una giornata di libertà? Faccio fatica anche ad andare in ferie, ma mi ritaglio un paio di giorni qua e là. In estate, la domenica, mi godo la mia famiglia nel nostro appartamento a Marina di Ravenna che per me è il massimo visto che amo molto il mare e adoro fare sport con gli amici. In inverno purtroppo stacco meno, con internet oggi riesco a collegarmi al pc dell’ufficio, così anche da casa capita spesso che lavori anche di sera, dopo cena o nei giorni festivi. Essendo un commerciale il mio telefono non smette di
esperienza
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suonare a volte anche nel weekend, ma è davvero un piacere seguire e risolvere i problemi dei clienti. Qual è una cosa che non sopporta proprio? Non rispettare la parola data. Fortunatamente, negli anni, non abbiamo mai avuto grossi problemi e coltivare i rapporti umani è sempre stata la nostra carta vincente.
volontĂ
Abbiamo a cuore la vostra salute Dopo aver lavorato per anni in laboratori analisi di strutture ospedaliere, Angelo Imolesi fonda Saba Srl nel 1981 con la socia Maria Cristina Tamburini allo scopo di fornire a cittadini e aziende un servizio tempestivo e appropriato alle proprie esigenze. Negli anni ottiene riconoscimenti, collabora con noti docenti universitari e amplia il settore della medicina del lavoro, affidando settori strategici aziendali alla guida dei figli Marco e Paolo. Oggi vanta, come clienti, un migliaio di aziende tra le quali importanti società di interesse internazionale. Saba è oggi un’azienda consolidata con un team di professionisti qualificati, competenti e sempre al passo con i tempi.
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Il Poliambulatorio Saba gestisce tre divisioni specialistiche occupandosi di analisi medico-biologiche e tossicologiche, medicina del lavoro e ambulatori specialistici. Radicatosi nella realtà medica ravennate è diventato il punto di riferimento non solo di aziende, ma anche di privati.
SABA Srl
Via Comandini, 12 - 48124 Ravenna Tel. 0544.271053 • www.centrosaba.it
Quando nasce Saba e chi la costituisce? (Angelo Imolesi) Saba nasce nel 1981 e oggi gestisce tre divisioni specialistiche: analisi mediche biologiche e tossicologiche, medicina del lavoro e ambulatori specialistici. Gestisce anche unità mobili attrezzate capaci di intervenire nel territorio, non solo ravennate, per gli accertamenti e le visite mediche e tutto ciò che è annesso alla medicina del lavoro presso le aziende. In tal modo si evitano gli spostamenti del personale dipendente e la relativa dispersione di tempo soprattutto per l’emissione dei certificati di idoneità e la realizzazione dei test. La prima sede di Saba nasce, in contemporanea, a Ravenna e a Forlì ed è già orientata verso la medicina del lavoro con clienti importanti come Marcegaglia o il gruppo Maraldi. Abbiamo acquistato la ragione sociale Saba già presente nel territorio forlivese che, solo successivamente si è estesa arrivando a Ravenna dove si è radicata nel territorio. Inizialmente l’azienda era convenzionata con la vecchia Ausl e lavorava in regime di convenzione per esami di ogni genere con una rete capillare. La gestione delle due sedi in province diverse risultava, però, problematica, in primis per la medicina del lavoro che andava seguita con molta attenzione dunque, avendo ricevuto una buona offerta per la cessione del ramo d’azienda forlivese, siamo andati in quella direzione potenziando l’attività nel territorio ravennate. Nel tempo l’azienda si è allargata e, oltre ai soci fondatori, sono stati inseriti nel Cda anche i miei figli, Marco e Paolo. Maria Cristina segue le analisi, da quelle semplici di laboratorio a quelle per l’abuso di droghe o i test ormonali, Marco segue il settore commerciale, Paolo il comparto organizzativo. Che ricordo ha dei primi anni di attività di Saba? Sono i ricordi più belli visto che Saba ha iniziato l’attività come laboratorio analisi integrando anche la chimica dell’alimentazione animale nel lontano 1981 quando la provincia di Forlì sponsorizzava il recupero di alcune terre montane che necessitavano di esami approfonditi e particolari. Con uno staff universitario piacentino abbiamo
realizzato lavori importanti: oltre alla cura dell’analisi biologica sulla persona, anche l’alimentazione bovina. È stato un periodo stimolante che ci ha fatto crescere fino a che, nel 1991, con il primo toro nato in provetta, abbiamo ottenuto un riconoscimento importante a Parigi, premio che da anni vinceva il Canada. La medicina del lavoro allora non era regolamentata come oggi dunque abbiamo fatto formazione sul campo con sopralluoghi specifici, anche grazie alla collaborazione con docenti universitari di rilievo. Qual è stato il percorso professionale che l’ha portata qui? Ho lavorato per anni nei laboratori ospedalieri dove ho fatto la gavetta vera e propria, ma poi me ne sono allontanato perché, un tempo, quelle strutture erano gestite da consigli di amministrazione locali, espressione della forza politica dominante che, molto spesso, imprimeva direttive non sempre condivise da sanitari o chimici. Da qui la decisione di mettermi in gioco in proprio, era giunto il momento. Chi sono i vostri clienti? Per la maggior parte aziende (a oggi ne contiamo circa 900), ma siamo aperti anche al mattino per prelievi di laboratorio di privati cittadini che ne abbiano necessità. Che imprenditore è lei? Un imprenditore “pratico”. L’imprenditore, ormai da anni, deve coniugare con attenzione la qualità del prodotto erogato con i costi di gestione e, per arrivare a farlo, la scelta del personale è fondamentale. Oggi stiamo attraversando un buon momento perché abbiamo uno staff composto da una decina di professionisti competenti con i quali abbiamo un rapporto familiare. È importante, a suo parere, avere un rapporto di fiducia con il proprio team? Assolutamente sì e per questo sono più che felice di lavorare, da un paio d’anni, con un gruppo di professionisti affiatato con il quale non ho mai trovato motivo di
lungimiranza
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Il Presidente Angelo Imolesi.
discussione. E la particolarità è che spesso vedo i miei collaboratori venire al lavoro fischiettando, cosa non facile di questi tempi. Viviamo insieme la maggior parte della giornata dunque sarebbe davvero un problema dover convivere in un contesto dove non ci si sente a proprio agio. I nuovi soci quando sono entrati? Marco nel 1999 per occuparsi del settore commerciale, successivamente è arrivato Paolo nel 2003 per gestire il comparto organizzativo. Marco, la vostra scelta è stata fatta per senso di appartenenza all’azienda di famiglia o più per la voglia di dare il proprio contributo? Il sogno di mio padre era ampliare il settore della medicina del lavoro su Ravenna e cercava una figura che seguisse
professionalità
solo questo comparto contattando aziende e clienti. Io sono entrato proprio con l’obiettivo di seguire la parte commerciale e, con mia grande soddisfazione, i risultati ci sono stati. Lavorare con mio padre non è semplice, ma è stimolante. In ufficio non siamo padre e figlio, ma “colleghi” quindi ci confrontiamo spesso e da lui ho ancora molto da imparare. Quando sono entrato in azienda ho voluto subito impegnarmi per cercare di far vincere a mio padre la scommessa di espanderci anche nel campo della medicina del lavoro e penso di avere centrato l’obiettivo. (Angelo Imolesi) Paolo cura l’aspetto organizzativo con gli infermieri e i nostri 7 medici, specialisti in medicina del lavoro; Marco invece segue la relazione con l’azienda fino alla creazione di un contratto. Gli obiettivi che avevamo, in termini di fatturati di qualità, sono stati raggiunti e di questo vado davvero orgoglioso. Oggi la maggior parte del nostro business si concentra sulle grandi industrie, la pubblica amministrazione e la piccola - media impresa che ricopre il 30% del nostro fatturato. 26
Come avete affrontato la crisi? Fortunatamente abbiamo dovuto prendere pochi accorgimenti. La crisi purtroppo ha ridotto la fetta della nostra clientela rappresentata dagli artigiani, a causa di chiusure, insoluti e crediti non più esigibili. Tra voi quattro soci chi è più mediatore e chi più combattente? Io mi sto ritirando pian piano. Marco e Paolo sono più a contatto con il personale infermieristico dunque, forse, sono davvero in prima linea e inevitabilmente più combattivi. Cristina lavora con il personale chimico che risponde direttamente a lei, dunque il suo è un ruolo chiave per il comparto analisi. Da alcuni anni stiamo cercando una figura da formare e rendere autonoma nell’eventualità che anche lei, prima o poi, decida di lasciare l’attività per godersi la meritata pensione. Purtroppo ancora non abbiamo trovato nessuno all’altezza, Cristina ha una professionalità che è cresciuta negli anni e si è costantemente aggiornata
intraprendenza
una settimana, ma il tempo ci ha dato ragione! (Marco Imolesi) Quando c’è da fare bisogna esserci, i cellulari sono accesi fino al sabato sera, la reperibilità e la disponibilità sono fondamentali perché le aziende possono avere necessità di organizzare visite di neo assunti in tempi molto brevi o avere informazioni sulla sorveglianza sanitaria e queste occorre fornirle subito. Noi siamo un filtro tra l’azienda e il medico pertanto dobbiamo esserci sempre e dare un servizio sia al cliente che al sanitario.
grazie a frequenti corsi, un profilo professionale davvero difficile da sostituire. Qual è stata la soddisfazione più grande che ha tratto dal suo lavoro? Quando si vincono gare o appalti non solo di interesse quantitativo, ma in aziende di grande dimensioni, meglio se di interesse internazionale. Una di queste, di rilevante importanza per la prevenzione oncologica, è stata aggiudicata alla nostra società.
Cosa vi irrita sul lavoro? (Angelo Imolesi) Gli insoluti (ride!). Difficilmente perdo le staffe, ma quando il personale non fa il proprio lavoro o racconta mezze verità allora mi irrito. Fortunatamente sono anni che ciò non succede. Pretendo una buona dose di dedizione all’azienda: di mio dò tanto, ma voglio che anche il mio staff si impegni visto che rappresenta Saba, ed è quindi espressione della nostra immagine. (Marco Imolesi) Dal punto di vista commerciale mi irrita la concorrenza sleale. Se aveste 24 ore da passare in totale libertà cosa fareste? (Angelo Imolesi) Starei con la famiglia, quelli sono i momenti più gratificanti in assoluto. Il fine settimana generalmente stiamo tutti insieme: sono nonno di 5 nipoti e almeno una
Qual è stato invece il sacrificio che ha dovuto affrontare? (Angelo Imolesi) Penso di aver sacrificato la famiglia. L’imprenditore mette la sua società in cima alle proprie priorità, le ore trascorse in laboratorio e in riunioni hanno sottratto necessariamente tempo alla mia famiglia. Oggi è venuto il momento di recuperare... anche se rifarei le scelte che ho fatto. Quando il lavoro chiama, in un settore come il nostro, non è possibile pensare di non esserci. Conciliare lavoro e famiglia non è semplice, ma penso sia un denominatore comune di tutti gli imprenditori che hanno aziende a carattere familiare. Invece ricordo un sacrificio dal punto di vista strettamente professionale fatto nel 1993: con Cristina decidemmo di disdire tutte le convenzioni pubbliche perché non potevamo più conciliare il prezzo pagato con la qualità: non ho dormito
intuizione
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Lo staff del Poliambulatorio SABA.
volta a settimana facciamo una cena... tutti e 14! (Marco Imolesi) Io, da bravo romagnolo, farei un bel giro in moto. Sig. Angelo, cosa fa quando vuole staccare da tutto? Sono capace di prendere la moto, trascorrere un weekend a Bucarest o alle terme in Slovenia e al lunedì essere al lavoro! E non esistono stagioni: non cambia nulla, vado via in qualunque stagione e sempre con mia moglie. Avremo macinato centinaia di migliaia di chilometri e non solo con la nostra moto: spesso l’abbiamo noleggiata in loco. Per anni ho organizzato viaggi vacanza nell’Europa dell’Est per un centinaio di motociclisti. Una volta, arrivati a Kiev, abbiamo acquistato un pulmino da 18 posti e l’abbiamo donato a un orfanotrofio di figli di radiati, un gesto che ha dato un quid in più alla ‘spedizione’. Il viaggio più bello, però, non l’ho fatto in moto: sono stato in Islanda
determinazione
dove sono stato a contatto con una natura meravigliosa e incontaminata che mi ha lasciato letteralmente senza fiato.
La passione Tutti insieme di una grande famiglia appassionatamente Stilplast è, prima di tutto, una famiglia. I fratelli Ughetto e Luciano Cangini che l’hanno fondata quasi quarant’anni fa hanno accolto di buon grado l’arrivo di figli e nipoti che si sono ritagliati ognuno il proprio ruolo portandolo avanti con grande responsabilità. Ma è anche un’azienda che, negli anni, ha diversificato la produzione seguendo le richieste del mercato applicando le nuove tecnologie al lavoro per ottenere prodotti sempre migliori. Nonostante la crisi della nautica, Stilplast è rimasta sul mercato sfruttando l’ottima professionalità della sua squadra, acquisita negli anni. E dalle piccole imbarcazioni dei primi tempi è passata a realizzare barche fino a 15 metri di lunghezza. 28
LAVORAZIONE VETRORESINA
STILPLAST
Stilplast nasce come azienda produttrice di manufatti in vetroresina fra cui serbatoi e carenature per moto e carrozzeria per piccole auto. Negli anni ha realizzato chioschi, cofani per macchine agricole ed enologiche fino ad arrivare al settore nautico per il quale ha iniziato a produrre carenature per gommoni di varie dimensioni e piccole imbarcazioni e, di seguito, scafi, coperte e portelleria per barche a vela e a motore. Dal 2008 il lavoro si è incentrato quasi esclusivamente sul settore nautico iniziando a realizzare imbarcazioni a vela fino a un massimo di 15 metri di lunghezza.
STILPLAST SRL
Via Bevano, 11 - 48125 Castiglione di Ravenna (Ra) Tel. 0544.554441
Quando nasce l’azienda e chi l’ha fondata? Stilplast, lo STILe della PLASTica (il settore è quello della chimica e della gomma plastica Ndr) è stata fondata da mio fratello Luciano nell’agosto del 1978 e io sono entrato nel gennaio del 1979. Eravamo a Cannuzzo, vicino a Cervia, in un piccolo capannone con cinque dipendenti, una delle quali è ancora in Stilplast. Ci siamo trasferiti a Castiglione nella sede attuale nel 1980 e abbiamo assunto altre quattro persone che sono ancora con noi. Oggi l’azienda si estende su 1800 metri di superficie, ma siamo in procinto di realizzare un altro capannone da 700 metri necessario per costruire scafi di una certa metratura che necessitano di attrezzature speciali. Nel 2004 sono entrati come soci di Stilplast anche Evelin, Paolo e Luca, figli rispettivamente di Luciano, mio e di mia sorella Bruna, anche lei in azienda dal 1982. Luca lavorava già con noi da una quindicina d’anni e Paolo ed Evelin, d’estate quando non erano a scuola, venivano a fare dei periodi qui in azienda. Oggi la squadra è composta complessivamente da 18 persone. La nostra è un’azienda familiare: mia figlia Valentina è insieme a Paolo che segue il reparto RTM (Resin Transfer Moulding - sistema chiuso di trasferimento di resina) e delle nuove tecnologie, Luca segue la finitura, Luciano le fasi di stampaggio, Evelin l’amministrazione e io faccio la supervisione. A giugno 2015 sono entrati anche due nipoti di Bruna, Nicholas e Andrea: uno è apprendista e l’altro, che sta frequentando ancora la scuola, sta imparando il lavoro poco per volta. Che ricordi ha di quei primi anni? Luciano lavorava per la ditta Agostini che realizzava piccole imbarcazioni e particolari per moto, serbatoi e carenature. Quando decise di mettersi in proprio io lo seguii, interrompendo l’università dove avevo frequentato la facoltà di ingegneria, dopo il diploma in perito meccanico. Insieme abbiamo iniziato a lavorare la vetroresina e con grande soddisfazione. Abbiamo iniziato a realizzare imbarcazioni di una certa metratura solo dal 2007, mentre prima creavamo, per conto terzi, piccoli pezzi per la Callegari, Arimar, Diemme di Lugo e Mazzotti di Ravenna. Nell’84 realizzammo
anche una cinquantina di chioschi di piadina, con le tipiche decorazioni a righe che riportavano alla mente le cabine al mare, dislocati in tutta la provincia di Ravenna. Nel tempo ci siamo evoluti diversificando e innovando, sempre seguendo le richieste del mercato. Oggi i nostri fiori all’occhiello sono lo stampaggio in RTM, tecnologia innovativa che permette, attraverso un sistema sottovuoto, di applicare la resina senza alcun tipo di emissione, né in ambiente di lavoro, né all’esterno e che utilizziamo da una decina d’anni, poi l’infusione, l’incollaggio sottovuoto e la realizzazione di imbarcazioni di grande metratura. Grazie a queste ultime, nel tempo, abbiamo anche attivato delle interessanti collaborazioni con il cantiere del Pardo di Forlì per il quale seguiamo in particolare la portelleria delle barche a vela. I nostri committenti sono italiani, ma le imbarcazioni vengono spedite in tutto il mondo. Abbiamo cercato di stare sempre al passo con i tempi: grazie all’arrivo delle nuove generazioni in azienda abbiamo avuto un’ulteriore spinta al miglioramento. Mio figlio Paolo, ad esempio, sta seguendo le nuove tecnologie che consentono di velocizzare i tempi di lavoro e di creare prodotti più efficaci e performanti. Il futuro di questo lavoro sta proprio nell’innovazione: serve professionalità, ma anche prodotti di alto livello qualitativo. Come avete affrontato questi anni di crisi? Siamo ricorsi alla cassa integrazione per due anni, nel 2010 e 2011. Quando è iniziata la crisi, nel 2008, non abbiamo avuto grossi problemi perché stavamo già seguendo diverse commesse, poi a seguito della brusca flessione generale, siamo stati obbligati a scegliere la cassa integrazione ordinaria e poi straordinaria. Con il passare del tempo le cose sono un po’ migliorate, qualche nuovo ordine era arrivato anche se non era sempre semplice incassare, abbiamo deciso di accettare solo i lavori più “sicuri”, oltre a ridimensionare un po’ il personale riuscendo, con soddisfazione, a reintegrarne una parte dopo qualche tempo. Oggi ricorriamo spesso a squadre di terzisti che chiamiamo al bisogno soprattutto per la fase finale di realizzazione dell’imbarcazione ossia la carteggiatura e la lucidatura.
esperienza
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Da sinistra: Ughetto Cangini, Luca Maldini, Evelin, Luciano e Paolo Cangini.
L’arte della produzione rimane, invece, interamente a nostro carico. Nonostante la crisi che ha colpito il settore nautico, soprattutto per quanto riguarda le piccole imbarcazioni, siamo riusciti a rimanere sul mercato sfruttando la professionalità acquisita negli anni e grazie ai solidi e affidabili clienti per cui lavoriamo. Oggi che il mercato non richiede più gommoni o piccole imbarcazioni, ci concentriamo su barche dai 10 ai 15 metri il cui mercato è, invece, in ripresa. Per la ditta Solaris di Aquileia ne abbiamo già realizzate una quarantina a vela, di dimensioni diverse, mentre per la Wally di Montecarlo una quindicina, ma a motore.
vendevamo completi di tutto e completamente attrezzati, erano davvero una novità per Cervia e sono diventati praticamente parte del paesaggio! Tra le commesse ricordo un cliente di Misano per cui realizzammo 200 piccole imbarcazioni a vela di classe olimpica che parteciparono al campionato del mondo che si svolse proprio a Misano negli anni ‘80. Andammo in America alla Mares per studiarne le tecniche di realizzazione. In questo momento la soddisfazione più grande è vedere uscire dal nostro capannone una barca di 15 metri nata da una combinazione perfetta di resina e materiali compositi!
Qual è stata la soddisfazione più grande in questi anni di attività? Avere realizzato, poco più che ventenni, i nuovi chioschetti per la piadina di cui parlavo prima: mio fratello e io li
Qual è, invece, il sacrificio più grande che ha dovuto affrontare? Il lavoro non mi è mai pesato: alla mattina non faccio mai fatica ad alzarmi per venire qui. Sono piuttosto deluso,
fermezza
Quando lavori per l’azienda di famiglia non puoi parlare di sacrifici: quello che fai è sempre per il bene della tua “creatura”. I nostri lavori, invece, sono la soddisfazione più grande: quando consegni un lavoro tiri un sospiro di sollievo e ti prepari subito alla sfida successiva.
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invece, dalla burocrazia che mette i bastoni tra le ruote soprattutto ai piccoli imprenditori. Quando è entrata in Stilplast la nuova generazione? (Evelin) Paolo ed io siamo venuti in azienda per duetre estati, quando eravamo ancora studenti alle scuole superiori, per imparare un lavoro e capire cosa realizzava l’azienda di famiglia. Luca ha fatto l’apprendista qui, è stato assunto prima come magazziniere, poi come operaio e infine è entrato nella compagine societaria. Paolo invece è entrato in Stilplast occupandosi delle nuove tecnologie, studiandole e sperimentandole. Il suo ingresso è stato fondamentale per introdurre una importante innovazione di prodotto. Oggi sta formando anche Valentina e Nicholas, avvicinandoli alle nuove tecniche di costruzione. Siamo comunque entrati tutti piuttosto giovani: io a 21 anni, Luca a 27 e Paolo a 22.
sinergie
(Paolo) Siamo andati avanti perché abbiamo diversificato la nostra attività, abbiamo dimostrato di avere acquisito professionalità negli anni e non vogliamo certo fermarci qui. Quali sono state, per voi nuove generazioni, soddisfazioni e sacrifici? (Paolo) La soddisfazione più grande è quella di vedere una barca finita che esce dal nostro capannone: io le sento come le nostre “creature” quindi ci tengo particolarmente. Di sacrifici sinceramente non ne ricordo: mi piace ciò che faccio, non mi pesa mai, in più sono un curioso, mi piace sperimentare e qui in Stilplast ho trovato pane per i miei denti! (Evelin) Anche a me piace il mio lavoro. Quando sono entrata in azienda sono stata affiancata da Ughetto e oggi mi sento capace di muovermi in autonomia nell’amministrazione.
Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Ughetto) Arrivo sulle 7.30, come mio fratello e guardo le email. Passo al capannone, sulle 16.30 esco e, generalmente, vado a rilassarmi un po’ con una passeggiata in bicicletta. Qui i soci non hanno orari ben definiti, ma siamo tutti molto responsabilizzati, anche i più giovani, con mio grande orgoglio: ognuno segue con attenzione il proprio settore e si organizza in autonomia per garantire l’efficienza richiesta. (Paolo) Io arrivo un pochino più tardi, ma non esco alle 16.30. Le scadenze di consegna scandiscono i nostri ritmi di lavoro: negli ultimi giorni prima della consegna si fanno più ore, ma fa parte del gioco. Io seguo la barca fino alla verniciatura, Luca invece si occupa della finitura ed è ovvio che se io sono in ritardo poi tutta la “catena di montaggio” ne risente e si rischia di non rispettare la data di consegna, cosa peraltro mai successa! In più cerchiamo di collaborare con l’ufficio tecnico dei nostri clienti ed essere propositivi suggerendo il prodotto ad hoc per le loro esigenze. (Evelin) Quando ho iniziato, ho sfruttato l’anno di economia e gestione aziendale all’università applicandoli all’ufficio amministrativo. Non ho finito gli studi, ma oggi che ho acquisito più responsabilità, il mio lavoro mi gratifica molto di più: non ho più i timori tipici dei primi momenti, quando non sapevo bene come funzionasse l’azienda. Da mio zio e mio padre abbiamo ricevuto sempre tutti la massima fiducia: ci hanno aiutati quando abbiamo avuto bisogno, ma ci hanno lasciati liberi di prendere le nostre decisioni e organizzarci al meglio. Poteste avere una giornata di libertà cosa fareste? (Paolo) Sia per quanto riguarda le assenze di un paio di giorni che le vere e proprie ferie, basta organizzarsi. Si va via quando è possibile e soprattutto si parte quando
impegno
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La squadra di Stilplast.
è tutto a posto in azienda. Oggi, poi, siamo piuttosto intercambiabili, per fortuna: se non ci sono Luca o Luciano, subentro io. Qual è il vostro hobby? (Paolo) Amo il mare, gioco a calcetto e d’inverno, ogni tanto, se la mia ragazza mi segue, vado a sciare. Amo particolarmente la musica e adoro i concerti. (Ughetto) Sono maestro di ballo liscio romagnolo a Forlì, seguo con mio fratello una vigna a Pisignano, andiamo insieme a caccia, ho fatto più di mille gare agonistiche in bici per diletto. Direi che non mi mancano i diversivi per staccare la spina! (Evelin) Per anni ho studiato spagnolo e mi sono specializzata con un’insegnante madre lingua, ho sostenuto l’esame e ho ottenuto il certificato di competenza. Mi piace leggere e anche viaggiare.
o m s a i s entu
Ughetto, perché si continua nonostante tutto? Non ho mai pensato di fermarmi, non riesco a concepirlo. Di carattere non mi piango mai addosso e se c’è un momento di difficoltà mi rimbocco le maniche: non mi piace chi si avvilisce e si scoraggia se le cose non vanno come vorrebbe. Ci sono stati momenti difficili che abbiamo superato e che vanno visti come momenti di formazione, da tenere sempre a mente per migliorare. Cosa non riuscite proprio a tollerare? (Paolo) Noi siamo seri e ci aspettiamo una certa serietà dagli altri. Con gli anni ci siamo circondati solo di aziende serie e affidabili, allontanando quelle che palesemente era meglio lasciare perdere!
Amiamo mettervi sulla buona strada
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La multinazionale Bomag ha cambiato la sede italiana nel 2012, trasferendosi da Desenzano sul Garda (Vr) ad Alfonsine e ha fronteggiato la pesante crisi economica mondiale ottimizzando le risorse e riorganizzando la rete in Italia con nuovi punti di riferimento. È una realtà che ha ritrovato l’equilibrio anche grazie al nuovo gruppo dirigenziale che ha fatto della gestione trasparente il suo punto di forza. Grazie a un team di tecnici specializzati che garantiscono un lavoro puntuale e di qualità, l’azienda punta a superare gli obiettivi di fatturato nei prossimi anni. In questa intervista il neo direttore generale, Davide Tiepolo e la responsabile amministrativa, Anna Mazzeo, illustrano le opportunità e gli stimoli all’ordine del giorno per chi lavora in un grande gruppo.
Bomag è leader del mercato mondiale nel settore della tecnologia di compattazione e nella produzione di macchine per la compattazione della terra, dell’asfalto e dei rifiuti nonché di stabilizzatori/riciclatori, frese a freddo e finitrici stradali. I macchinari Bomag vengono utilizzati in diversi campi: dalla costruzione di strade al movimento terra, dall’edilizia fino all’arredo urbano. Con 2300 dipendenti nel mondo, 22 gruppi di prodotti e svariate opzioni, Bomag vanta 400 concessionari in 120 Paesi.
BOMAG ITALIA SRL
Via Roma, 50 - 48011 Alfonsine (Ra) Tel. 0544.864235 • www.bomag.com
Quando nasce Bomag? (Tiepolo) La multinazionale Bomag nasce nel 1957 in Germania a Boppard, cittadina sul Reno, con la produzione di rulli di compattazione guidati a mano. Negli anni sono nate filiali distributive nel mondo tra cui Bomag Italia che ha inaugurato la sua prima sede nel 2000 a Desenzano sul Garda, con 8 dipendenti. Nel 2012, vuoi per la crisi economica mondiale, vuoi per le sinergie con il gruppo Fayat di cui Bomag fa parte dal 2004, si è deciso il trasferimento di Bomag Italia nella sede attuale di Alfonsine, pur mantenendo ragioni sociali differenti. Il gruppo Fayat, rinomato gruppo di eccellenza di origine francese, vanta una serie di aziende tra cui la Marini, che nella sede di Alfonsine ha il sito produttivo degli impianti per la produzione di asfalto. Attualmente Bomag Gmbh ha stabilimenti in tutto il mondo, compreso uno in Italia all’interno dello stesso sito Marini, dove vengono realizzate le macchine finitrici utilizzate per la stesa dell’asfalto e le frese stradali. Negli anni Bomag ha accresciuto sempre più la gamma di prodotti, divenendo leader mondiale non solo nella compattazione, ma anche in tutto il ciclo di produzione di strade. Una nicchia di produzione, infine, è riservata ai compattatori di rifiuti, destinati alla compattazione di discariche. Quali sono i vostri clienti? (Tiepolo) Sono le imprese di costruzione, terzisti e le grosse imprese che realizzano le manutenzioni di strade e autostrade. Il nostro bacino è nazionale con clienti che seguiamo sia da un punto di vista commerciale sia di assistenza. La nostra rete distributiva è composta da concessionari e venditori diretti, nonché officine autorizzate. Quando siete entrati in Bomag e qual è il percorso che vi ha portati qui? (Tiepolo) Sono entrato circa 2 anni fa, come direttore generale, con il trasferimento di Bomag da Desenzano ad Alfonsine che ha comportato un cambio nella dirigenza. La mia esperienza è sempre stata legata alle macchine per le costruzioni, con una progressione di carriera che
idee innovative
mi ha portato a diventare da specialista di prodotto a responsabile commerciale e, infine, direttore commerciale. In Bomag ho fatto un ulteriore step iniziando a gestire a 360 gradi un’azienda commerciale operante nel territorio italiano. E’ un lavoro sfidante e impegnativo, ma pieno di soddisfazioni: gestire il mercato italiano, estremamente complesso e avere un rapporto continuo con la casa madre tedesca mi stimola a fare sempre meglio. (Mazzeo) Anch’io sono qui dal 2012 e, dopo una serie di esperienze in molti settori ma di piccole dimensioni, ho avuto la fortuna di entrare in un’azienda strutturata che gratifica e dà molti stimoli. Oggi sono responsabile amministrativo e penso che Bomag rappresenti una grandissima opportunità per accrescere la mia professionalità. Posso dire con franchezza che mi sento fortunata di trovarmi in una realtà lavorativa come questa. Qual è la soddisfazione più grande che avete avuto in questi anni? (Tiepolo) Il riconoscimento è giornaliero e ci riempie d’orgoglio. L’azienda, nel 2012, versava in difficili condizioni mentre oggi le cose stanno migliorando dal punto di vista commerciale e nell’equilibrio interno con
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il personale. Ci viene unanimemente riconosciuta una stabilità commerciale che un tempo non avevamo e questo non può che motivarti ad andare avanti e fare sempre meglio. Qual è, invece, un sacrificio che avete dovuto affrontare? (Tiepolo) Ho sempre vissuto lontano dal Veneto, dove vive la mia famiglia, dunque ho dovuto mettere spesso in discussione la mia vita privata. La mia vita lavorativa peraltro non prevede le 8 ore canoniche dunque, nella mia posizione, ho messo in conto di avere poco tempo libero. (Mazzeo) Per una donna lavorare 8 ore significa sottrarre tempo alla famiglia. Inoltre, abitando a 25 chilometri dall’ufficio, manco da casa, ogni giorno, per parecchio tempo. Ma mi piace davvero molto ciò che faccio dunque non mi pesa. Vedo che anche per i tecnici, sempre in
coraggio
lungimiranza
trasferta in giro per l’Italia è così: sentiamo l’attaccamento forte a Bomag e non ci pesa sacrificare la sfera privata. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Tiepolo) Bisogna avere bene in mente gli obiettivi che si vogliono raggiungere e commisurarli in base all’azienda e al personale: prima di sviluppare qualsivoglia attività, è necessario capire se è in linea con gli obiettivi che ci si è prefissati e con le risorse disponibili in azienda. Diversamente si perde qualcosa. Nel caso di una filiale nazionale di una multinazionale estera inoltre servono buoni rapporti con i dipendenti e con la casa madre con la quale gestire politiche comuni.
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Avete risentito della crisi? (Tiepolo) Oggi siamo in una fase di lenta ripartenza e stiamo incrementando l’attività e i volumi di fatturato. Se Bomag, nel mondo, è sempre cresciuta in questi anni con importanti fatturati grazie ai mercati esteri che hanno fatto da traino alla crisi, Bomag Italia, rapportandosi con clienti nazionali, ha risentito molto della difficile congiuntura del settore delle costruzioni.
Per una manutenzione corretta delle strade italiane che contano più di 800 mila km tra rete stradale e autostradale, servirebbero 44 milioni di conglomerato all’anno mentre la produzione attuale è di quasi la metà. La crisi del nostro settore è legata alla mancanza di manutenzione, di investimenti nonché alla mancanza di credito per le aziende. Oggi siamo in via di ripresa perché abbiamo ottimizzato le risorse (nel 2007 eravamo una trentina tra tecnici, amministrativi e commerciali e oggi siamo 13) e riorganizzato la rete in Italia con una copertura più specifica, creando nuovi punti di riferimento, in primis al sud, che ci hanno permesso di incrementare le vendite. Che rapporto avete con i dipendenti? (Tiepolo) Il gruppo è piccolo e se ci sono stati momenti difficili all’inizio, visto il cambio di sede e dirigenziale e le nuove politiche di austerity, oggi è stato raggiunto un certo equilibrio. Penso che essere stati franchi sin da subito, comunicando anche il perché di certe decisioni difficili, ha pagato. Trimestralmente tutti i dipendenti vengono informati, dati alla mano, dell’andamento dell’azienda: la gestione trasparente è fondamentale per me e se chiedo sforzi li motivo sempre. Tra gli altri abbiamo sei dipendenti storici che vengono da Desenzano. (Mazzeo) Il mio ruolo è tutelare la società e il mio legale rappresentante e penso che in un’azienda la cosa più bella che una persona possa dare è sé stessa, coltivando i rapporti interpersonali. Avendo un carattere “vulcanico” ed avendo lavorato sempre in aziende piccole dove mi capitava di scontrarmi con il mio capo, in Bomag, azienda strutturata, ho dovuto smussare alcuni lati del mio carattere per relazionarmi al meglio con il mio controller e con il mio direttore. Con loro e con i miei colleghi il rapporto è buono. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Tiepolo) Arrivo verso le 8.30 e ho appuntamenti programmati che organizzo con un planning settimanale, mensile o a lunga scadenza. Gli obiettivi definiti sono da raggiungere pertanto questo è il focus che controllo ogni
flessibilità
mattina oltre alle scadenze e alla programmazione a medio termine tra cui la reportistica da mandare alla casa madre. Il difficile è incastrare il lavoro “di base” con le attività urgenti che si presentano di volta in volta. Uno dei miei compiti è anche tenere le fila del lavoro dei dipendenti. (Mazzeo) Controllo le email, aggiorno la situazione finanziaria con le banche poi lavoro per scadenze e priorità anche se quest’ultima cambia molto di frequente! Io seguo tante cose, dall’amministrazione alla sicurezza fino alle assicurazioni e, in ogni campo, cerco di dare risposte corrette ed esaustive ai colleghi e ai miei superiori. Se poteste avere 24 ore di libertà cosa fareste? (Tiepolo) Ho una particolare passione per i motori, lo sport e amo rilassarmi al mare con un bel libro. Pertanto, avendo del tempo, cercherei di dedicarmi a una di queste attività. (Mazzeo) Anche a me piace il mare, ma adoro le terme dunque mi regalerei un beauty day con una carta senza limiti di spesa per farmi nuova! Riuscite ad andare in ferie nonostante le vostre posizioni? (Tiepolo) Le ferie sono importanti e devono essere fatte! L’anno scorso sono stato in Scozia che ho girato noleggiando un’auto ma, visto che per lavoro mi muovo spesso, mi piace anche staccare rilassandomi a casa facendo delle semplici attività quotidiane. (Mazzeo) Vado in montagna solo per accompagnare mio figlio che adora sciare, ma io preferisco il mare e visto che i miei suoceri hanno una casa in Puglia, appena si può scappiamo là. Cosa vi irrita nel lavoro? (Tiepolo) La mancanza di precisione nei miei dipendenti, se devo perdere tempo a riguardare ciò che ho chiesto di fare, mi secco molto. Ho avuto un capo piuttosto rigido che però mi ha insegnato molto: ricordo che mi diceva “non presentarmi nulla se non lo hai riverificato e non sei sicuro della sua correttezza al 100%”. (Mazzeo) Con i clienti mi irrita che dicano una cosa per poi non farla. Negli anni, ho imparato a essere diffidente e purtroppo alcune volte questo paga. Con i colleghi, invece,
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Lo staff di BOMAG.
mi secca la mancanza di proattività, il rimandare spesso il da farsi e non capire cosa può essere importante per gli altri. Perché si continua nonostante tutto? (Tiepolo) Perché abbiamo l’ambizione di raggiungere gli obiettivi economici e aziendali che ci siamo prefissati. Quando ti piace un settore e un’attività, non ti risparmi: le sfide giornaliere ti stimolano. Nel nostro settore sette anni fa l’Italia rappresentava il terzo mercato europeo per volumi di vendita, e dimostrare che ci stiamo riprendendo non è solo fonte di orgoglio nazionale, ma un impegno e un dovere per ogni lavoratore italiano. (Mazzeo) Si va avanti per gli obiettivi comuni e per dimostrare che non siamo l’ultima ruota del carro. Speriamo molto presto di poter dire con orgoglio: ce l’abbiamo fatta.
professionalità
Un’azienda in continua espansione Dopo il diploma, Stefano Giuliani ha iniziato a lavorare nel settore del commercio dove ha fatto esperienza fino a quando, nel 1986, ha fondato RICAMBI MACCHINE, azienda commerciale per la fornitura di accessori e parti usura per macchine industriali nel settore delle opere pubbliche e civili. Affiancato da qualche anno dalle figlie Sara e Francesca, continua nell’ampliamento dell’azienda.
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Nata come Ricambi Macchine, ora RM è cresciuta negli anni e si è consolidata acquisendo immobili che hanno permesso l’ampliamento dell’azienda diventando un riferimento importante e affidabile nell’assistenza e fornitura di parti usura, accessori e attrezzature. Nel 2000 si è aperta all’estero e oggi ha clienti che vanno dall’Europa al Medio Oriente, nonché negli Stati Uniti e nel Sud America. Uno sviluppo costante ha visto l’azienda instaurare partnership con i principali brand del settore ed effettuare acquisizioni strategiche per offrire un servizio sempre più completo e all’avanguardia.
RM SRL
Via Cella 275/L – 48125 San Bartolo (Ra) Tel. 0544.498601 • www. r-m.it
Signor Giuliani, quando nasce RM e chi la fonda? L’ho fondata nel novembre 1986, ma l’attività vera e propria è partita a gennaio 1987. Ricambi Macchine ha cambiato nome diventando RM, una sigla per motivi strettamente commerciali, quando si è rivolta all’estero verso l’anno 2000. È nata con i soci e i capitali interamente della famiglia. Prima di mettermi in proprio ho lavorato nel commercio per diversi anni dove mi sono fatto le ossa poi, quando ho deciso di creare qualcosa di mio ho assunto un venditore e un’impiegata, Morena, che tuttora è in azienda. Morena, neodiplomata, consigliatami da un cliente che conosceva la famiglia e ne sottolineava la serietà, è cresciuta insieme all’azienda e tuttora è un riferimento per i colleghi. Qual è stato il percorso di RM? Siamo partiti a Madonna dell’Albero (Ra) in un capannone agricolo, magazzino al piano terra e uffici ricavati dal sottotetto dello stesso, un “loft agricolo” molto pionieristico. Nel marzo del 1990 abbiamo acquistato un capannone a S. Bartolo, anche questo di origini agricole, era infatti un magazzino di granaglie e prodotti per l’agricoltura con annesso appartamento per il custode, appartamento in seguito adibito a uffici. Nel 2000 ci siamo trasferiti nella sede attuale con 400 metri di uffici e 800 di magazzino, un immobile progettato e costruito secondo le esigenze dell’azienda in continua crescita. Durante questi anni ho costituito altre due società. Nel 1998 nasce Orion, azienda di servizi dedicati alla riparazione e all’assistenza nello stesso settore in cui operava RM. Con questa società abbiamo consolidato sempre di più il rapporto con la clientela alla quale, oltre alla fornitura di parti usura, potevamo garantire l’assistenza sulle sue macchine. In Orion ero socio al 50%, l’altro 50% lo deteneva Giorgio Omicini che si è lasciato convincere ad accompagnarmi in questa nuova avventura. Nel 2013 Giorgio è andato in pensione e questa volta è stato lui a convincermi ad assorbire l’intera attività di Orion
e inglobare la stessa in RM. Negli anni a seguire, sollecitato da un venditore di RM desideroso di aprire un’attività imprenditoriale, gli proposi di fare un’azienda di servizi con le stesse caratteristiche di Orion ma con centro operativo in Piemonte. In questa avventura chiesi a Morena di fare parte di questa società, sia come socia di capitali che come amministratore delegato alla gestione finanziaria e amministrativa, ed è così che nel 2002 è nata Vega. Nello stesso anno RM ha proseguito gli investimenti costruendo un immobile di circa 1700 metri e, contemporaneamente, anche Orion si è consolidata costruendo un immobile di 400 metri abbandonando la vecchia sede dove era in affitto. Nel 2003 Vega allarga i suoi orizzonti, oltre all’attività di officina di riparazioni in Piemonte, apre a Ravenna un’attività di produzione tubi per pompe calcestruzzo. Per qualche anno non abbiamo realizzato altri investimenti, nel 2008 è arrivata la crisi, abbiamo sofferto molto come tante aziende in Italia, abbiamo stretto i denti e usato parte delle risorse che la società aveva accantonato negli anni per non fare interventi drastici. Da sinistra: Francesca, Sara, Morena, Stefano e Roberto.
Monaco-Bauma 2010.
coraggio
Nell’agosto 2014 abbiamo iniziato un progetto importante, RM ha preso in affitto un ramo d’azienda che produceva accessori attinenti alla nostra attività con sede in Abruzzo, abbiamo trasferito le attrezzature presso i nostri stabilimenti di Ravenna aumentando così il settore della produzione. Contemporaneamente abbiamo scisso la società Vega in due aziende, la produzione con attività e sede a Ravenna, Vega Srl, la riparazione e l’assistenza con sede e attività a Torino, Vega Service Srl. A gennaio 2015 abbiamo effettuato una fusione per incorporazione fra RM e Vega. RM ha incorporato Vega e ne ha mantenuto il marchio essendo lo stesso riconosciuto nel mercato come prodotto di qualità. A luglio di quest’anno (2015 - Ndr) Morena ed io abbiamo ceduto le nostre quote di Vega Service, ma gli ottimi rapporti con il nostro ex socio hanno fatto sì che quest’ultima
capacità imprenditoriale
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che serve alle imprese per superare le crisi come quella di questi ultimi anni. Inoltre penso sia importante trasmettere al team i principi, il “credo” dell’azienda che per noi significa rispettare chi lavora e farsi rispettare all’esterno. Un imprenditore, infine, deve riuscire a coniugare famiglia e lavoro... un’impresa, a volte, direi titanica.
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diventasse un cliente importante di RM. Con l’incorporazione di Vega e l’affitto del ramo di azienda abruzzese produttrice di accessori per le tubazioni di trasporto calcestruzzo, dal 2015 RM è diventata un’azienda produttrice e non solo commerciale. A inizio 2015 ho chiesto a Roberto, dipendente di RM dal 1994, se gli interessava entrare in azienda, lui ha accettato e ora RM conta 5 soci, io, le mie figlie Sara e Francesca, Morena e Roberto. Questo nuovo assetto societario nasce per la volontà di iniziare un passaggio generazionale molto importante ma sempre difficile. In seguito a questo nuovo assetto, RM non mi vede più come amministratore unico, ma presidente di un CDA nel quale sono presenti i 5 soci, dove così tutti hanno un ruolo decisionale a prescindere dalle quote. Questa è la grossa scommessa che andremo ad affrontare nel futuro. Mi sono rimesso in gioco proprio per dare stabilità e continuità a RM. Diventare imprenditore era il suo sogno da bambino? I miei avevano un’attività agricola in proprio dove già lavorava mio fratello, ma i miei progetti erano diversi. Mi sono diplomato geometra, ma non ho mai cercato di inserirmi in uno studio professionale anzi, ho iniziato a lavorare come dipendente in un’azienda del settore edile dove ho fatto esperienza. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Deve credere nell’azienda, reinvestire i capitali, questo è ciò
fermezza
Che rapporto ha con i suoi dipendenti? Sono molto esigente, ma vado incontro alle loro richieste, non li considero solo dipendenti ma collaboratori, penso quindi di essere esigente ma disponibile. Credo che la squadra sia fondamentale per la crescita, il personale va selezionato con attenzione, motivato, dimostrando quotidianamente la propria dedizione al lavoro. Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto in questi anni? Di certo vedere crescere le persone, se le persone crescono nell’azienda sono loro che, nel tempo, la fanno sviluppare. Inoltre sono stato molto felice nel ricevere, da parte di uno dei miei primi importanti clienti, ora trasferitosi in Australia, la sua biografia nella quale ricorda il rapporto con l’azienda inserendo anche una foto che ci ritrae proprio durante il ventennale di RM. C’è stato, invece, un sacrificio che ha dovuto fare? Mi piace il mio lavoro e vorrei lasciare una traccia del mio
passaggio. Forse i sacrifici maggiori li ha fatti mia moglie che a volte ha dovuto sostituirsi a me con le figlie perché io non ero presente per via del lavoro. L’unico sacrificio che ricordo risale a qualche anno fa quando, per via della crisi, ho dovuto fare degli interventi sul personale, era l’ultima cosa che avrei voluto fare, è stato molto doloroso. Come avete affrontato le difficoltà degli ultimi anni? Essendo nell’edilizia abbiamo avvertito la crisi subito dal 2008. Inizialmente abbiamo fatto fronte con le risorse interne ma, dopo 5 anni, siamo stati costretti a fare cassa integrazione e in seguito anche qualche taglio. È stato molto difficile. La cosa che mi ha sempre dato più soddisfazione è gratificare chi lavora, non fare dei tagli. Avendo sempre capitalizzato, siamo riusciti a sopravvivere e ora ritorniamo a investire. Quando vi siete aperti all’estero? Da una quindicina d’anni, la produzione di Vega è quella che ci ha spinto maggiormente verso l’estero. Ora il fatturato estero rappresenta quasi il 50%. L’arrivo delle sue figlie in azienda che valore aggiunto ha dato a RM? Mia figlia Sara, laureata in economia aziendale, è entrata nel 2007 quando in Vega abbiamo avuto l’esigenza di una persona che si occupasse a tempo pieno
entusiasmo
dell’amministrazione e a seguirla è stata Morena. L’anno successivo è entrata Francesca, avendo studiato lingue si è inserita come commerciale estero sotto la supervisione del responsabile commerciale estero. Non ho fatto alcuna pressione per il loro inserimento, non era il mio obiettivo. Sono contento del loro lavoro, non si risparmiano. Da gennaio 2015 fanno parte del CDA di RM, con l’esperienza acquisita in questi anni e gli studi dedicati, portano proposte durante le riunioni e si è instaurato un dialogo molto importante per la crescita dell’azienda. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Stefano) Arrivo piuttosto presto, possono essere le 6 o le 7, controllo le e-mail, organizzo la giornata e faccio il piano degli incontri con i responsabili dei vari settori. A pranzo vado a casa visto che abito qui vicino, rientro nel pomeriggio e vado avanti finché resto lucido, mai prima delle 19. (Morena) La mia quotidianità è più inquadrata, in ufficio siamo in 4 e avendo unificato l’azienda riusciamo a gestirci meglio il lavoro. Anch’io riesco ad andare a casa a pranzo e la sera si esce in base alle necessità del momento. Come riuscite a staccare dal lavoro e a recuperare le energie? (Stefano) Mia moglie è insegnante e durante l’anno ci ritagliamo 4 o 5 giorni in giro per l’Italia. Quando i reciproci impegni lo permettono viaggiamo con amici all’estero, mai per oziare, ma per conoscere altre culture. Normalmente dove andiamo noleggiamo auto e ci organizziamo la vacanza. (Morena) In agosto vado via difficilmente, preferisco restare sulle nostre spiagge con la mia famiglia. Magari mi sposto in Italia con un weekend lungo a giugno o settembre. Qual è la cosa che vi irrita di più? (Stefano) Il ritardo nel pagamento dei clienti accompagnato da una serie di scuse. Noi abbiamo sempre pagato tutti anche quando gli altri non lo facevano, la frase “non mi hanno pagato dunque non posso saldarvi” per me è inconcepibile. (Morena) Le persone che non rispettano la parola data. Perché si continua nonostante tutto? (Stefano) Perché amo profondamente ciò che faccio.
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Da sempre la passione di famiglia
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Instancabile, schietto e sanguigno come sa esserlo un imprenditore romagnolo, Franco Passanti entra nell’azienda di famiglia nel 1974. Sotto la supervisione del padre, impara a testa bassa una professione che, ancora oggi, gli regala grandi soddisfazioni. Cavalca l’onda dei cambiamenti epocali degli anni ’80: con lungimiranza introduce i primi macchinari a controllo numerico in un’azienda dove si era sempre lavorato in maniera tradizionale, con la riga e la squadra. Affronta con coraggio la crisi recente facendone uscire la sua azienda a testa alta. Senza mai risparmiarsi e con il buonsenso ereditato da quel padre che ha stimato moltissimo, considera il suo lavoro come la missione di una vita.
Dal 1953 la Passanti Costruzioni Meccaniche realizza costruzioni e lavorazioni meccaniche medio pesanti (max 30 tonnellate) a disegno per conto terzi (tra cui importanti aziende della provincia di Ravenna come F.lli Righini, Sica, Officine Zabo, Soilmec, Diemme, Lae e SCM di Rimini). Tutte le lavorazioni sono realizzate con macchine a controllo numerico (max 12000 x 2750 x 2000 mm e tavola girevole).
PASSANTI COSTRUZIONI MECCANICHE SRL Via Gervasio, 10 - 48012 Bagnacavallo (Ra) Tel. 0545.60192 • www.passanti-costr-mecc.it
Quando nasce l’azienda e chi la fonda? La Passanti è stata fondata da mio padre e mio zio al termine della Seconda Guerra mondiale. Smontavano letteralmente carri armati per recuperare materie prime, costruivano aratri, attrezzature per spaccare la legna e progettavano i primi rudimentali impianti idrici nella zona di Bagnacavallo, in cui abitavano. Iscrissero l’azienda alla Camera di Commercio nel 1953. Ricordo la loro dedizione totale: fecero moltissimi sacrifici, ma in quegli anni non era concepibile lavorare in maniera diversa. Io, dopo le scuole medie, mi ero iscritto all’Istituto per Geometri a Faenza così come i miei amici storici con i quali pensavo di continuare a studiare. Ma, quando arrivai a casa e lo comunicai a mio padre lui mi guardò stupito dicendo “ma mè a iò un’ufizena!”. Una frase che ho ancora scolpita in testa e che mi chiarì, in un attimo, quello che avrei fatto “da grande”. Andai a Ravenna e mi iscrissi all’Itis, feci due anni lì poi tornai a Faenza dove mi diplomai perito meccanico. Io avrei seguito i miei amici, ma il babbo, con quella singola frase, mi fece cambiare idea: lo stimavo molto, era spiritoso, tagliente, scaltro, sincero, vigile e presente, un lavoratore infaticabile. Avrei forse potuto deluderlo ignorando il suo “velato” suggerimento? Cosa ricorda di quei primissimi anni? Sono ricordi indelebili e bellissimi. I miei amici storici si erano iscritti all’università e io stavo valutando la cosa anche perché mio padre mi aveva inserito in azienda con attività abbastanza marginali e faticose. Ma non portai avanti gli studi perché in me cresceva la voglia di costruire un mio bagaglio di esperienza e di imparare un mestiere nell’officina che, tra l’altro, già avevo frequentato durante le estati quando andavo ancora a scuola. Sono entrato per ultimo al termine del mio percorso di studi, affiancando i miei fratelli Roberto e Paolo, già in azienda da qualche tempo. Entrambi hanno iniziato sulle macchine, oggi Paolo segue la fase di preparazione dei materiali (taglio, tracciatura, marcatura, ecc.) e tutta la manutenzione e riparazione dei guasti meccanici ed elettrici, mentre Roberto si occupa del fine pezzo, del collaudo, quando richiesto, del ricevimento e delle spedizioni.
e visto che lavoravamo in maniera molto tradizionale, con poche strumentazioni tecniche per realizzare i nostri prodotti, ossia pezzi per le macchine movimento terra, macchine da legno ed enologiche, ci rendemmo conto che era necessario evolvere per stare al passo con il mercato. Ricordo che erano già diffuse le macchine a controllo numerico. Nel dicembre dell’86, il babbo, attento e lungimirante, aveva compreso che rappresentavano il futuro, sia perché anch’io gli avevo più volte suggerito di acquistarne una per il bene dell’azienda, comprammo il primo controllo numerico. Intuendone la potenzialità, nell’88 prese la seconda e nel ’94 la terza macchina, ma capendo, a 65 anni, di non essere in grado di gestirle non per incapacità, ma per uno stile di lavoro che era completamente diverso, mi lasciò spazio e iniziai a seguirle in autonomia. L’azienda continuò a crescere e lui, nel frattempo, si dedicò ad altre attività, pur mantenendo la supervisione della Passanti come Presidente. Quali caratteristiche deve avere un imprenditore? La curiosità. Dovrebbe visitare esposizioni, mostre e Franco Passanti nell’ufficio tecnico.
Io seguo l’amministrazione dell’azienda passando dall’acquisto dei materiali, alla parte tecnica, a quella pratica in officina, le consegne ai clienti con relative visite agli uffici acquisti e tecnici. Sul lavoro vedevo mio padre burbero e volitivo dunque, una volta entrato, temevo che anche a me avrebbe riservato un atteggiamento piuttosto rigido. Invece, con mia grande sorpresa, mi trattò come fossi un apprendista qualsiasi, spiegandomi per filo e per segno ogni procedura e trasferendomi le sue conoscenze di una vita. Solo in seguito mi sono reso conto che lui credeva davvero in me! Sono stati anni di formazione intensi in cui mi sono, però, anche divertito. Verso la fine del ‘74 mi diede alcuni incarichi da seguire in officina e iniziai a fare le prime consegne, così avrei dovuto gestire da solo le relative eventuali lamentele sentendo sulla mia pelle la pressione del cliente. Nei primi anni ’80 le cose però cambiarono: l’azienda non andava benissimo
intuizione
idee innovative
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opere, vedere quello che i grandi artisti hanno realizzato nei secoli, leggere e ampliare i propri orizzonti, perché è nella consapevolezza del nostro passato che si concretizza la visione del presente. Quindi, far comprendere a dipendenti e fornitori che lui è lì perché desidera solo agire nell’interesse, loro e dell’azienda. Qual è il sacrificio più grande che ha dovuto fare? Ho sottratto davvero tante ore alla mia vita personale, ma non l’ho mai considerato un vero e proprio sacrificio. Invece mi è pesato molto arrivare a tagli importanti sul personale durante l’ultima crisi: è stata dura sobbarcarmi il peso di un periodo difficilissimo e sono grato ai miei dipendenti che hanno compreso la situazione firmando l’accordo che ci ha consentito di andare avanti.
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Che accorgimenti avete dovuto prendere a seguito della crisi? Quando è crollato tutto, nel gennaio del 2009, abbiamo iniziato con la cassa integrazione, terminata a fine dicembre 2013 con un accordo di messa mobilità per sette persone. La crisi ci ha portato necessariamente a una ristrutturazione generale, non solo in termini di risorse umane, ma anche con economie di spesa interne che hanno razionalizzato il processo lavorativo. Per un dipendente che ha sempre ricevuto lo stipendio puntualmente è difficile comprendere che una crisi così grave mette in serio pericolo il lavoro di tutti e obbliga a
prendere accorgimenti drastici nel tentativo di restare sul mercato. Fortunatamente, oggi, abbiamo chiuso mobilità e cassa, i momenti peggiori sono passati, speriamo per sempre. Qual è la sua quotidianità in azienda? Appena arrivo, poco dopo le 6 del mattino, saluto i colleghi già arrivati e, quasi sempre, parto per una consegna. Riesco a pianificare abbastanza la giornata anche se, dalle 17 alle 22, può succedere di tutto sulle macchine, dunque si interviene “al bisogno” e le priorità cambiamo velocemente. Se invece non ho consegne, resto in officina e faccio il punto con il responsabile della carpenteria e dell’ufficio tecnico. Alla sera non ho un orario preciso per andare a casa, mi rammento che devo rientrare dopo il quarto ‘dove sei?...’ della mia compagna.
d’arte serale di Bagnacavallo quando avevo 10 anni e, fino ai 20 anni, l’ho frequentata tre volte a settimana. Sono convinto che mi iscrisse per farmi imparare il disegno tecnico: il mio insegnante era davvero burbero e mi dava certi scapaccioni quando vedeva che sporcavo le tavole! Dal disegno tecnico passai alla scultura, iniziai a modellare la creta: a casa ho ancora qualche mia “creazione”. Proprio lì imparai a prendere visione delle cose, ad apprezzare ciò che si crea dal niente. Avessi avuto la giusta passione e la
Riesce mai ad andare in ferie? Mi ritaglio qualche giorno qua e là e anche la mia compagna ormai ha accettato questa ‘condizione’ quindi andiamo bene così. Anche senza fare periodi lunghi riusciamo comunque a ritagliarci i nostri spazi. Amando molto il mare, cerchiamo di andarci ogni volta che ci è possibile. Ha qualche hobby? A parte andare in bicicletta per tenermi in allenamento, adoro l’arte. Mio padre mi iscrisse “d’ufficio” alla scuola
ambizione
competenza
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L’area produzione.
relativa voglia, avrei frequentato ingegneria meccanica al fine di progettare ponti, la loro figura simbolica mi affascina: qualcosa che va “avanti”, conduce oltre. Cosa la irrita molto? Venire preso in giro: se me ne accorgo chiudo subito ogni tipo di relazione. Non mi piacciono i ruffiani o quelli che utilizzano mille giri di parole, gli ipocriti e la velocità con cui i ragazzini vivono la vita senza riuscire a godere di nulla, la loro mancanza di comunicazione con le famiglie e i loro silenzi. Sarò vecchio...
serietà
Ventimila leghe sotto i mari Con un curriculum ricco di prestigiose esperienze, acquisite in anni di lavoro nel settore off-shore nazionale e internazionale, l’ingegnere Enrico Buffa fonda Res Marina 6 anni fa, insieme a Rana Diving S.p.A. di Ravenna e CNS International S.r.l. di Avenza Carrara (MS), due storiche e importanti realtà nel mondo del diving professionale. Un progetto ambizioso, reso possibile grazie a uno staff di giovani ingegneri che progetta ed elabora attrezzature professionali, brevettando soluzioni innovative. Creativo e lungimirante, Buffa ha l’ambizione di fare emergere a livello internazionale questo gruppo di lavoro italiano, ‘sfidando’ il tradizionale monopolio inglese del settore. 44
Res Marina, grazie a uno staff di professionisti giovani e appassionati, dal 2009 realizza impianti per immersioni fino a 300 mt di profondità composti da habitat iperbarico dove i sommozzatori vivono fino a 28 giorni respirando miscele sintetiche di elio e ossigeno, campane di immersione, scialuppe di salvataggio iperbariche, camere iperbariche di ogni tipo, strumenti e attrezzature per il lavoro subacqueo, robotica sottomarina per lavorare a profondità non raggiungibili dall’uomo.
RES MARINA SRL
Via del Trabaccolo, 18 - 48122 Ravenna Tel. 0544.201438 • www.resmarina.com
Ing. Buffa, quando nasce Res Marina e chi la fonda? L’azienda nasce nel 2009 come emanazione dell’ufficio tecnico della Rana Diving Spa di Ravenna, su iniziativa della stessa Rana che, ad oggi, ne detiene il 45%, insieme a CNS International S.r.l. di Avenza Marittima (MS) per un altro 45% e a me con un restante 10%. Nel 2007, all’interno di Rana Diving, avevamo creato un ufficio tecnico composto da eccellenti neo laureati in ingegneria per rendere l’azienda una vera e propria società di diving che non si limitasse a fornire semplicemente attrezzature e manodopera specializzata per i lavori subacquei, ma che seguisse anche tutta la parte legata all’engineering dei lavori commissionati. Il nostro è un settore estremamente di nicchia ed era complicato trovare sul mercato qualcuno già in possesso di conoscenze e competenze tecniche specifiche, quindi concentrammo le ricerche su giovani neo laureati che formammo internamente nel modo più specialistico possibile e in base alle nostre esigenze professionali. Il polo universitario di Bologna venne in nostro aiuto fornendoci brillanti curriculum nell’ambito dei quali non fu difficile selezionare i profili più compatibili con le nostre necessità, sia in termini di progettazione che di gestione dei cantieri. Oggi il nostro staff tecnico comprende due ingegneri romagnoli, provenienti dalla provincia di Ravenna mentre gli altri sei vengono da tutta Italia. Dal 2005 quando presi in carico Rana Diving iniziai a progettare e realizzare internamente le apparecchiature per lavori subacquei necessarie alla Rana stessa facendo tesoro della mia precedente esperienza lavorativa nella progettazione e costruzione di questo tipo di apparecchiature. La prima realizzazione di successo è stata un impianto per immersioni profonde fino a 300 mt molto compatto e facilmente trasportabile che ha suscitato notevole interesse da parte della CNS International S.r.l. Per questo motivo, nel tempo, abbiamo pensato di dare vita a Res Marina, una nuova realtà che realizzasse impianti sia per Rana e CNS International S.r.l., che per terzi committenti, attribuendole anche un nome italiano, in contrapposizione alla miriade di società di diving con nomi
Manometro.
L’ingegner Buffa nel suo ufficio della nuova sede di Res Marina S.r.l.
o comunque acronimi inglesi.
macchine per lo smistamento della corrispondenza postale, un lavoro che non mi piaceva particolarmente, motivo per il quale rimasi solo un paio d’anni. In azienda però conobbi un ingegnere che aveva lavorato per Shell Italia e che, visto il mio desiderio di cambiamento e la mia voglia di viaggiare, mi procurò una lista di aziende del settore off-shore alle quali inviai il mio curriculum vitae. Mi candidai anche alla Sub Sea Oil Services sia per il profilo di field engineer nei cantieri, che come project engineer per la sede di Milano: mi convocarono immediatamente e in poco tempo mi assunsero. Così entrai nel mondo dell’off-shore e iniziai a maturare la mia esperienza. Con Sub Sea Oil Services viaggiai davvero tanto e, grazie alla formazione serrata sul campo e alle caratteristiche della mia professionalità, ben presto ottenni ruoli di grande responsabilità, al punto che a soli 31 anni fui inviato in
Come è nata la sua passione per il mare? Iniziai a lavorare in questo settore nel 1975 in Sub Sea Oil Services, società italiana che per prima, nel ‘67, realizzò immersioni nel Mare del Nord a 150 metri, per arrivare a 300 mt nel 1976. In quegli anni mi innamorai profondamente dell’offshore, ricordo che eravamo tutti poco più che ventenni e viaggiavamo in qualsiasi parte del globo: Singapore, Borneo, Mare del Nord, Trinidad Tobago, Norvegia. Un lavoro pesante, carico di responsabilità ma estremamente stimolante. In ogni caso, nonostante i natali genovesi e l’amore per il mare non iniziai subito a lavorare nel settore offshore. Nel ’73, conseguita la laurea in ingegneria meccanica, venni assunto da un’azienda genovese che produceva
professionalità
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Brasile come direttore operativo per la Tecnosub (di Rio de Janeiro) che contava nel suo organico oltre 200 sommozzatori. Rientrato in Italia, con la crisi del petrolio, Sub Sea Oil Services lentamente crollò non riuscendo più a
La cabina di controllo dell’impianto “Calypso”.
lungimiranza
però di lì a poco fallì, quindi cedetti le mie quote a un nuovo socio livornese e, sul finire del 2005, passai definitivamente in Rana Diving. Qual è stata la soddisfazione più grande e quale il sacrificio di questi anni di lavoro? La soddisfazione più grande è stata quando nel ‘78 progettai il primo sistema di varo della campana in condizioni di mare proibitive. Ricordo che avevo 30 anni ed ero a bordo della posatubi ‘Simac 1’, con un offshore manager texano, temutissimo da tutti. Avevo adottato tutte le misure di sicurezza e le precauzioni del caso nella speranza che tutto andasse per il meglio, sapendo benissimo di avere suscitato le invidie di qualcuno, ma quando il sistema si rivelò perfettamente efficace e funzionante ricordo solo la soddisfazione infinita nell’udire l’esclamazione del texano “Fucking good job!” (gran bel lavoro - Ndr). Il momento più difficile invece è stato, nel 2003, quando la Cosmos fallì e con un numero ristretto di persone riuscimmo a far sopravvivere la Drass che ora è in attività. 46
Le camere iperbariche dell’impianto “Calypso”.
mantenersi competitiva visto le sue grandi dimensioni, così io mi trasferii in qualità di direttore generale alla Drass di Bergamo. In quegli anni il team dirigente della società mi informò circa la possibile vendita del ramo d’azienda che si occupava di subacquea alla nostra concorrente francese
L’ingresso della nuova sede Res Marina.
innovazione tecnologica
così, grazie all’intervento del direttore amministrativo, chiudemmo noi l’acquisto. I primi tempi furono di grande soddisfazione, diversificammo l’azienda concentrandoci anche sulla realizzazione delle camere iperbariche medicali per gli ospedali, con vendite in tutta Italia e all’estero. Poi alla fine degli anni ‘90, dopo il tragico incidente all’Istituto Galeazzi di Milano, al quale avevamo fornito le camere, e che fece 11 vittime, subimmo una battuta d’arresto nonostante le indagini avessero dimostrato l’assoluta estraneità del fatto rispetto a nostri possibili errori tecnici. A quel punto il destino mise davanti al mio cammino Paolo Gualdi di Acmar che aveva acquistato Rana Diving, al quale proposi di rilevare le quote del mio socio in Drass. In quel modo riuscimmo a rilanciarci, realizzammo anche un sommergibile per la Marina Militare e diversificammo ulteriormente, fino all’arrivo di una nuova crisi. A quel punto nella compagine societaria entrò Cosmos di Livorno che
Che imprenditore è oggi? Quali caratteristiche si attribuisce? Sono un fantasioso, un creativo, credo che le cose, i progetti mi riescano perché sono puro istinto nelle mie decisioni. Inoltre l’ottimismo non mi abbandona mai, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno e amo profondamente ciò che faccio, non riuscirei proprio a immaginarmi fare altro, né tantomeno andare in pensione. Oggi sono molto stimolato dai ragazzi che fanno parte dello staff di Res Marina, con loro ho davvero un ottimo rapporto: li stimo e li sto formando con gioia perché sono loro il futuro di questo settore. Spero che anche nel nostro Paese possano emergere ingegneri specializzati nell’off-shore, monopolio, ad oggi, degli inglesi. Da qualche mese è anche presidente di AISI (Associazione Imprese Subacquee Italiane), qual è la situazione del diving professionale in Italia? In Italia il mercato del diving, ad oggi, conta un paio di
flessibilità
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Il team di ingegneri di Res Marina a bordo dell’impianto “Calypso” per 300 m di profondità di loro progettazione.
società importanti, poche intermedie e tante piccole a gestione familiare. Il problema più grave è l’assenza di una legge quadro di settore. AISI in questa direzione ha fatto e sta facendo tanto, collaborando quotidianamente con le Istituzioni e gli organi preposti per aumentare gli standard di sicurezza degli operatori professionali. In particolare, grazie anche al contributo prezioso del segretario Giovanni Esentato, ha lavorato alla redazione di un testo che ricomprenda i più alti standard operativi per il settore, testo recepito nella norma UNI 11366 per la sicurezza nelle attività subacquee e iperbariche per l’industria, che rappresenta lo stato dell’arte e della buona regola adottato da AISI e da tutti i suoi soci. Non è stato un percorso facile, ma oggi la norma UNI assurge a strumento operativo fondamentale per l’organizzazione, la gestione e la conduzione delle operazioni subacquee e iperbariche. Come presidente di AISI sento la necessità di ampliare
ulteriormente le conoscenze che oggi sono principalmente focalizzate sull’off-shore e sull’oil & gas: non si finisce mai di imparare!
un calo fisiologico di impegno e dedizione direttamente proporzionale al passare del tempo. Responsabilità e senso del dovere sono imprescindibili nel lavoro di chiunque.
Come avete avvertito la crisi globale che ha sconvolto il mercato a partire dal 2008? Il nostro settore è in una posizione privilegiata rispetto ad altri perché l’oil & gas sarà sempre oggetto di richiesta. Devo comunque ammettere che da un paio di anni abbiamo risentito anche noi di alcune difficoltà, al punto che spesso fatichiamo a finanziare i nostri progetti perché gli istituti di credito concedono difficilmente prestiti se la committenza è in Paesi a rischio.
Se avesse 24 ore di libertà per rilassarsi, cosa farebbe? Il mare mi dona serenità, dunque partirei per un giro in barca o resterei comunque a guardarlo, la sua vicinanza mi rilassa in qualsiasi modo. E questo è sufficiente a ridarmi le energie per continuare a fare al meglio il mio lavoro.
Cosa la irrita? Mal sopporto le persone che pensano al lavoro fisso come a qualcosa di dovuto che implichi automaticamente
attenzione al particolare
Una traversata senza confini Quando rilevano Quick nel ’92, sono due giovani che si stanno ancora facendo le ossa nel settore nautico. Ma Michele Marzucco e Alfonso Peduto hanno una marcia in più: caparbietà, idee e voglia di precorrere i tempi. Sviluppano un’ampia gamma di prodotti, si aprono all’estero, e negli anni di crisi creano nuove linee di prodotto e partecipano alle grandi fiere di settore presentandosi sempre con qualche novità. Oggi Quick è una realtà consolidata, un’azienda unica nel suo genere con competenze nell’elettronica, elettromeccanica, idraulica, elettrotecnica e illuminotecnica. Ce ne parla il presidente, Michele Marzucco.
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Una tra le più importanti aziende internazionali nella produzione di attrezzature per l’ormeggio, la navigazione e la progettazione di prodotti per l’illuminazione a bordo, Quick Spa è anche fornitore dei più prestigiosi cantieri al mondo. Nata negli anni ’80 è stata rilevata, 12 anni dopo da Pm Marina, solida e innovativa azienda che l’ha guidata verso importanti traguardi. Esporta in 60 Paesi grazie a una struttura operativa che ha elevato la qualità del prodotto, rispondere all’esigenza di produzioni custom e vanta un made in Italy d’eccellenza.
QUICK SPA
Via Piangipane 120/A - 48124 Piangipane (Ra) Tel. 0544.415061 • www.quickitaly.com
Quando nasce Quick? Nel 1980. Io e il mio socio l’abbiamo rilevata nel 1992 da altri soci che avevano iniziato quest’avventura poi, per svariati motivi, avevano deciso di vendere. L’azienda Quick era molto piccola, aveva un solo cliente, era poco conosciuta e aveva sede a Forlì. Quando l’abbiamo rilevata abbiamo iniziato a sviluppare diversi progetti e mettere in atto l’esperienza acquisita con un’altra società, la Pm Marina, fondata nel 1983 che abbiamo mantenuto fino al 2000 e poi ceduta ai nostri dipendenti quando l’impegno con Quick era diventato troppo grande. Da Forlì, abbiamo trasferito Quick nella sede di Pm Marina a Marina di Ravenna mentre, nell’attuale sede di Piangipane, con 7 mila metri quadri coperti e 20 mila di terreno, siamo arrivati nel 1999. Oggi abbiamo circa 90 dipendenti e una quindicina di interinali: questa flessibilità ci permette di affrontare i momenti di lavoro più intenso. Che ricordo ha di quei primi anni di Quick? Inizialmente eravamo in tre: io e due dipendenti di Pm. Prima di noi Quick realizzava un paio di articoli nautici, aveva belle idee, ma realizzate male e non si era mai aperta all’estero. In un anno e mezzo l’abbiamo ristabilizzata poi ci siamo subito spostati su altri mercati per cercare nuove commesse di lavoro acquisendo una clientela straniera importante. Oggi esportiamo in 60 Paesi europei e non solo, anche Far East, Arabia, Cina, Australia, Francia, Finlandia e nel 2006 abbiamo fondato la Quick USA che serve Stati Uniti, Canada e Brasile. Oggi quali sono le punte di diamante di Quick? Il salpa ancora grazie al quale abbiamo vinto il premio Nautical Design Award e la linea di illuminazione LED, progettata e costruita da Quick. Sono, comunque, importanti anche le eliche di manovra, i carica batterie, i boiler e altri accessori che, anche se percentualmente registrano un fatturato inferiore rispetto ai due prodotti di punta, sono di rilevanza strategica perché destinati al primo impianto che rappresenta il 70% del nostro fatturato. Produciamo attrezzature per l’ormeggio, la navigazione, prodotti di serie o opzionali che la barca deve installare prima di essere venduta.
Qual è il percorso che vi ha portati fin qui? Alfonso e io abbiamo iniziato a lavorare insieme, come dipendenti, dal 1982 e dal gennaio 1983 ci siamo messi in proprio fondando Pm Marina che vendeva e faceva assistenza di strumenti e accessori nautici. Io sono perito elettrotecnico e Alfonso perito delle telecomunicazioni. Pm Marina seguiva, inizialmente, l’elettronica navale poi abbiamo esteso il nostro campo d’azione agli impianti elettrici, refrigerazione, aria condizionata anche se il core business è sempre stato l’elettronica navale. Con Quick ci siamo spostati su un prodotto che non conoscevamo, il salpa ancora: l’azienda produceva, infatti, accessori per il salpa ancora, ma non aveva un vero e proprio prodotto di punta. Il nostro primo salpa ancora, marchiato Quick risale al 1996. Negli anni abbiamo iniziato ad acquisire aziende o rami d’azienda per rilevarne i clienti: nel ’98 il branch italiano Atwood, Nautic boiler; nel 2001 Scotti, azienda storica fondata nel 1945; nel 2003 Catt, azienda che vantava 25 anni di esperienza nelle lavorazioni meccaniche e nella realizzazione di stampi per materie plastiche. Infine, nel 2007, Sigmar Marine. Oggi Quick è un’azienda unica nel suo genere poiché ha competenze nell’elettronica, elettromeccanica, idraulica, elettrotecnica e illuminotecnica ed è, quindi, in grado di offrire un servizio completo al cliente. Quello di diventare imprenditore era il suo sogno? Sì, mi è sempre piaciuto: avrei voluto realizzare corpi illuminanti e ce l’ho fatta a 50 anni! Sono partito come imprenditore a 22 anni con il mio socio che ne aveva 23 quando il nostro Dna di famiglia ci avrebbe portato in tutt’altra direzione rispetto alla nautica. Abbiamo fatto esperienza sul campo in un settore di cui non sapevamo nulla nonostante ci piacesse moltissimo. E ancora oggi continuiamo a imparare: le sfide sono quotidiane, seguire le richieste del mercato è difficile, ma molto stimolante. Quando arrivo alla messa in produzione di un processo penso già a cosa fare dopo, diversamente mi annoio! E dare una riposta a un cliente che ti chiede un prodotto che gli risolva un problema significa fidelizzarlo, cosa fondamentale per un’azienda che voglia continuare a crescere.
flessibilità
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Michele Marzucco.
Lavoravate con l’estero già con Pm Marina? Sì, dal 1986. L’azienda realizzava carica batterie che provava a vendere in Italia e all’estero. Ho iniziato a frequentare fiere internazionali di settore, ma dal’86 al ’94, nonostante gli sforzi non abbiamo raggiunto grandi risultati dal punto di vista dell’acquisizione di nuovi clienti: avevamo pochi prodotti e non eravamo conosciuti. Quando siamo partiti con Quick, invece, sapevamo già come muoverci e abbiamo dato vita a un ufficio estero. Oggi abbiamo diversi commerciali: uno per l’Italia, e altri, ognuno su una diversa area geografica estera con customer services che lavorano dall’ufficio. Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto in questi anni? Le soddisfazioni, come le delusioni sono state tante, ma la principale gioia è stata quella di avere traghettato Quick
fuori dal 2009, anno davvero impegnativo. E averlo fatto senza licenziare nessuno e senza aver mai avuto un giorno di ritardo nel pagare i nostri dipendenti. Avete dovuto prendere accorgimenti particolari per affrontare la crisi? Abbiamo affrontato la crisi cambiando passo. L’Italia ha associato la crisi finanziaria a quella di settore, ma noi, a parte un breve periodo di cassa integrazione, non abbiamo dovuto prendere altri accorgimenti e siamo ripartiti subito. Essendo in America dal 2006, avevamo già avuto avvisaglie della crisi che sarebbe arrivata anche da noi e che non sarebbe stata passeggera, ma importante. Abbiamo cambiato passo e mentalità per riuscire a stare in piedi. Nel periodo più difficile l’ufficio estero, l’ufficio Italia, i commerciali e i reparti di ricerca e sviluppo non hanno fatto cassa integrazione, ma hanno continuato a
ambizione
realizzare prodotti nuovi e Quick si è presentata nelle fiere internazionali di settore con stand più grandi. Abbiamo cambiato la condizione di lavoro: fino al 2008 aspettavamo gli ordini e, spesso, non riuscivamo a evaderli. L’anno successivo abbiamo iniziato a cercare noi il lavoro fuori così, nel 2010, il nostro fatturato è cresciuto del 50%. Siamo stati disponibili, nei limiti del possibile, con i clienti storici che avevano difficoltà, cercando di andare loro incontro dilazionando i pagamenti e proponendo loro nuove linee di prodotto. Negli anni abbiamo diversificato, abbiamo introdotto la linea di produzione luci, abbiamo ampliato la gamma, sostituito prodotti obsoleti con un processo che ha cambiato completamente Quick.
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Qual è invece un sacrificio che ha dovuto fare per la sua azienda? A parte i momenti bui del 2009, non ricordo sacrifici. La mia vita privata è segnata dal lavoro, ma sono diventato imprenditore quando ero molto giovane e non avevo ancora una famiglia. Oggi i miei cari sanno quanto mi diverta ciò che faccio dunque comprendono anche i miei “ritmi” che spesso mi tengono lontano da casa anche alcune settimane. Spesso vado a fare assistenza in giro per il mondo con il mio socio e torniamo, così, alle origini di Pm Marina quando giravamo come tecnici. Essere sul campo ti permette di capire le problematiche e come puoi migliorare il tuo prodotto. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Si deve divertire e deve essere curioso. Chi è più mediatore e chi più combattente tra il suo socio e lei? Siamo davvero molto diversi, abbiamo fatto belle cose e a volte errori, ma li abbiamo corretti insieme. Siamo prima grandi amici che soci. Io sono più impulsivo dunque forse è più mediatore Alfonso. Le scelte importanti sono sempre state prese insieme, ma erano qualcosa a cui pensavamo già entrambi. A volte non condivide certe mie idee per lo sviluppo del business, me lo dice e io ci penso un’altra volta, anche
entusiasmo
se lui magari mi ha già spronato ad andare avanti. Nelle decisioni fondamentali e di una certa importanza dobbiamo essere d’accordo entrambi e solitamente lo siamo. Essere soci è una gran cosa: non avere la responsabilità di avere preso da solo tutte le decisioni ti permette di andare avanti più serenamente. Che rapporto avete con i vostri dipendenti? Ottimo. Sono il nostro capitale più importante. Spesso si lamentano che sia Alfonso che io, passiamo poco tempo con loro ed è vero, ma io sono spesso a Baltimora dove abbiamo la sede della Quick USA che mi assorbe molto. In America il mercato è ripartito, è ricco di stimoli e va seguito bene se vogliamo crescere. Un paio di settimane al mese sono negli Stati Uniti e i dipendenti a volte si lamentano, ma il nostro gruppo che non ha mai registrato un gran turn over è ben organizzato, crede in ciò che fa e lavora con dedizione. Io interagisco con chi segue la parte vendita e gli uffici acquisti mentre Alfonso con gli uffici tecnici anche se, alla fine, noi due siamo due facce della stessa medaglia. Le decisioni importanti le prendiamo con il nostro team, confrontandoci con loro: penso che più cervelli insieme lavorino meglio di uno solo! Com’è la sua quotidianità in azienda? La mattina, da casa, rispondo alle email che sono arrivate di notte dell’America, causa fuso orario e le giro a chi deve interessarsene. Quando arrivo in azienda mi concentro nel chiamare i clienti confrontandomi con uffici tecnici o assistenza in base alle richieste avanzate poi la quotidianità è diversa ogni giorno: può esserci una conference call, una riunione con i dipendenti, un appuntamento schedulato con qualche fornitore. Non abbiamo appuntamenti fissi per il confronto che, però, dovremmo iniziare a pianificare. Quando iniziamo a lavorare a un prodotto nuovo vengo coinvolto all’inizio e alla fine del progetto: la realizzazione la segue Alfonso con i tre uffici tecnici. Quando è finito facciamo insieme una valutazione finale. Riesce ad andare in ferie? Sì, anche se viaggio già parecchio per lavoro. Tutti gli anni
capacità
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Alfonso e io trascorriamo una settimana in vacanza con le nostre famiglie, spesso prendiamo la barca e andiamo in Croazia. I nostri figli sono più o meno coetanei e vanno molto d’accordo: in queste settimane stanno pianificando una vacanza in Grecia post diploma. Le piacerebbe se i suoi figli entrassero in Quick? Certo! Hanno già dato qualche avvisaglia di interesse entrambi, sia mio figlio 19enne che mia figlia 21enne. Lei ha finito il secondo anno in marketing e comunicazione e lui si iscriverà il prossimo anno, essendosi appena diplomato. Per loro è quasi naturale entrare nell’azienda di famiglia, ma ho sottolineato con forza che non devono sentirsi obbligati perché questa è un’azienda che ti chiede tanto: oggi sei a Piangipane, domani puoi essere dall’altra parte del mondo. Si fanno sacrifici, ma sempre nell’ottica del bene dell’azienda. Se entrassero li formerei volentieri anche
disponibilità
se l’esperienza mia e del mio socio non potrebbero mai acquisirla visto che partirebbero da qui, a differenza nostra, che già avevamo costruito un bagaglio di conoscenze. Ma questo non significa che non potrebbero ambire a ruoli importanti in Quick e partecipare allo sviluppo di nuovi interessanti progetti. Le figlie di Alfonso, invece, non si sono ancora espresse: la piccola inizia lingue all’università mentre la grande sta finendo marketing e comunicazione. Non è escluso che possano voler entrare in Quick, ma anche il mio socio lascia loro la massima libertà di scelta. Ha qualche hobby? Riparo ciò che si rompe in casa! E d’estate resto sotto l’ombrellone a rilassarmi. In inverno, fino allo scorso anno, seguivo mio figlio che giocava a calcio nel fine settimana, ma ha dovuto lasciare visto che si trasferirà a Milano per studiare. Dunque penso che mi darò alla lettura.
Cosa la irrita molto? La falsità, sia nel lavoro che nei rapporti umani. Io sono molto diretto e, a volte, può essere stato scomodo, ma è in linea con ciò che sono.
La grinta di una squadra appassionata
Roberto Molducci si mette in proprio nel 1976 e, dopo due anni, lo affianca il fratello Carlo. La piccola impresa artigiana assume, con il passare degli anni, un ruolo sempre più importante come piccola-media impresa operante su tutto il territorio nazionale nel settore della verniciatura metalli, delle tinteggiature civili e industriali e dei trattamenti intumescenti civili e industriali. Oggi è ancora un’azienda di famiglia e, oltre a Carlo, vi lavora il genero Paolo Suzzi per la parte tecnica e cantieristica. Tra i soci anche la figlia Barbara, presidente della società, e il nipote Francesco, figlio di Roberto, come direttore tecnico. 52
Molducci Srl è specializzata nella verniciatura metalli nel settore industriale, nel risanamento e protezione manufatti in calcestruzzo, nei trattamenti intumescenti e nei rivestimenti interni e esterni di vasche e serbatoi. Si avvale di un team tecnico altamente specializzato, con esperienza pluriennale in tutti i settori, dispone di attrezzature moderne e intrattiene rapporti commerciali con i principali colorifici nazionali e internazionali.
MOLDUCCI SRL
Via Manlio Monti, 5 - 48123 Ravenna Tel. 0544.452868 • www.molduccisrl.it
Quando è nata l’azienda? È stata fondata da mio fratello Roberto, allora imbianchino artigiano, trasformandola in società nel 1976. A fine 1978, incentivato da mio fratello, sono entrato nella squadra anch’io, provenendo da una lunga esperienza lavorativa nel settore degli impianti elettrici presso una importante realtà ravennate. I primi tempi non sono stati facili in quanto ci si è dovuti organizzare, sia amministrativamente che tecnicamente come una società, cosa non del tutto semplice, particolarmente per mio fratello, grande lavoratore ma poco incline verso gli altri compiti societari. Comunque, con grande impegno di entrambi, ci siamo ampliati rapidamente acquisendo nuovi clienti di importanza nazionale, creando una struttura tecnico-commerciale all’altezza del mercato. Nel corso del 1996 è entrato nella società mio genero Paolo, per alcuni anni come magazziniere e poi, dal 2003, in ufficio tecnico consentendo a Roberto di diminuire il proprio impegno e il carico di lavoro. Ad oggi i soci di Molducci Srl sono mia figlia Barbara, come presidente del Consiglio di Amministrazione, mio nipote Francesco, come direttore tecnico, e un terzo socio di minoranza. Cosa ricorda di quei primi anni? Come già detto, sono stati anni difficili. Io, che venivo da una importante società strutturata, presso la quale avevo maturato una buona esperienza commerciale e amministrativa, sono riuscito a coinvolgere Roberto, con una certa fatica, e a iniziare quel percorso unitario durato oltre 30 anni con grande collaborazione e mai con scontri e particolari discussioni. Di questo lungo percorso conservo un buonissimo e costante ricordo di Roberto, scomparso nel 2013, che ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile. Da piccolo sognava di fare questo lavoro? Direi proprio di no. In seguito, avendo conseguito il diploma di perito elettrotecnico, mi sono impiegato presso un’importante società in cui ho trascorso circa 15 anni e dove, non ci fosse stato lo stimolo di Roberto, sarei sicuramente rimasto.
Che caratteristiche deve avere un imprenditore, lei che imprenditore è? Ho maturato l’esperienza di imprenditore nei quindici anni trascorsi presso un’altra azienda e, tutto questo, unito a una certa capacità e lungimiranza, ci ha consentito, in quei 30 anni, di ottenere stima e riconoscimento nazionale per la nostra impresa. Noi svolgiamo essenzialmente interventi di manutenzione nei siti produttivi dei clienti con i quali abbiamo sempre avuto rapporti di stima e collaborazione attiva. Purtroppo negli ultimi anni, in generale, il rapporto fra le persone è cambiato drasticamente e in peggio per cui, dopo 54 anni di lavoro, mi trovo spesso fuori da questo modo di essere e, tutto ciò, unito alla crisi di mercato, ha complicato il mio essere imprenditore. Voi in che misura avete risentito della crisi? (Carlo) Per i primi anni non ne abbiamo risentito particolarmente, ma dal 2013 la situazione è diventata pesante per cui siamo dovuti ricorrere alla cassa integrazione. Di conseguenza siamo intervenuti effettuando diversi tagli sulle spese correnti, non abbiamo effettuato sostituzioni
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Da sinistra: Carlo Molducci e Paolo Suzzi.
di quanti sono andati in pensione, abbiamo rinunciato agli stagionali... La crisi ha investito alcuni nostri clienti storici che, di conseguenza, sono ricorsi a concordato e/o fallimento con gravi danni economici per la nostra società. A fronte di tutto questo ci siamo impegnati ancora di più con il risultato di essere rimasti sul mercato. (Paolo) Abbiamo cercato di contenere tutte le spese, anche quelle che non avevamo mai analizzato attentamente, razionalizzando tutto ed eliminando, per quanto fattibile, le scorte di magazzino. Qual è il valore apportato da Paolo all’azienda e quale è l’insegnamento dato alla nuova generazione dal fondatore? (Carlo) Paolo è stato inserito in un settore a lui completamente sconosciuto e ho dovuto renderlo edotto di tutto. Il risultato ottenuto è molto soddisfacente in quanto
coraggio
intuizione
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siamo riusciti a formare un coppia molto affiatata. (Paolo) Mi sono state insegnate le diverse problematiche di cantiere e tutto ciò che sono riuscito ad apprendere è stato fondamentale per ottenere i migliori risultati nella direzione dei lavori. Qual è il sacrificio personale più pesante che avete dovuto affrontare? Sicuramente si è sacrificato molto il rapporto famigliare. Ho sempre cercato e ottenuto il giusto equilibrio e ciò che è andato a discapito della vita privata è stato compensato dai risultati ottenuti professionalmente. Qual è stata invece la soddisfazione più grande? Avere dato vita a tutto questo partendo da zero. Quando sono entrato mio fratello era “solo” un imbianchino che lavorava tantissimo nelle case di privati e mai si sarebbe
investimento
aperto anche ai grandi gruppi. Oggi il nostro bacino d’utenza è nazionale e tra i nostri committenti vantiamo anche il gruppo ENI: direi che è una grandissima soddisfazione. Che rapporto avete con i vostri dipendenti? Normalmente molto buono, se si hanno problemi se ne discute trovando sempre la soluzione migliore. Il rapporto è ottimo, la loro professionalità è elevata e quelli attualmente in attività rappresentano lo zoccolo duro dell’azienda. Forse tempo fa si lavorava con più tranquillità, mentre oggi per fare rispettare le norme di sicurezza e le altre regole tassative bisogna imporsi con conseguenti discussioni e screzi. Se aveste 24 ore di libertà cosa fareste? (Carlo) Mi piace e farei sport: camminate, piscina, palestra, passeggiate con mia moglie.
forza
Chiara, la responsabile amministrativa.
(Paolo) Mi piace camminare regolarmente, ma appena posso salgo su un aereo. Mi piacerebbe visitare l’Australia e la Polinesia. Sono stato in Messico e a New York e adesso, che i voli hanno un costo contenuto, mi piacerebbe ritagliarmi più volte due o tre giorni per visitare meglio tutta l’Europa. Qual’è la vostra quotidianità? (Carlo) Arrivo in azienda verso le 6, faccio un giro di ricognizione per fare il punto e controllo abitualmente i conti. Non ho e non voglio un computer, vado avanti con i miei appunti sui foglietti. Forse è una gestione “datata” per alcuni, ma io mi sono sempre trovato bene così. (Paolo) Se non devo visitare cantieri arrivo sulle 8.30 e poi vedo il da farsi: nel nostro lavoro serve molta flessibilità. Cosa vi irrita dal punto di vista professionale e personale? (Carlo) La poca serietà. Io da romagnolo sono leale e
determinazione
pretendo altrettanto dagli altri. (Paolo) Essere preso in giro, perché se fossimo tutti chiari con le altre persone le cose andrebbero di certo meglio.
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Da 50 anni al servizio dell’enologia
Fondata dal padre Livio nel lontano 1963, Enologica Sippi è gestita dai figli Alessandro e Marco dagli anni ‘90. Entrambi si sono “fatti le ossa” sul campo venendo da esperienze professionali completamente diverse e oggi guidano un’azienda in crescita. Insignita nel 1978 del premio nazionale ‘Enotria d’Oro’, l’attività si è diversificata negli anni per andare incontro alle svariate richieste del mercato, sempre puntando sulla qualità. Uno staff di esperti qualificati è in grado di rispondere, con rapidità e precisione, a ogni richiesta della clientela inoltre l’azienda è costantemente aggiornata sulle innovazioni del settore. 56
Enologica Sippi è attiva a Lugo da oltre 50 anni come concessionario Aeb (Multinazionale del settore) e, grazie alla varietà dei prodotti enologici e alla qualità del servizio, è diventata un punto di riferimento per tutta la Romagna. Offre non solo accessori in acciaio inox per l’enologia, ma prodotti chimici organici, per l’industria alimentare e laboratori, prodotti igienizzanti e materiale per impianti enologici. Vanta una linea dedicata ai laboratori di analisi e, da oltre dieci anni, importa dalla Cina prodotti chimici non solo per il comparto enologico, ma anche per quello alimentare.
ENOLOGICA SIPPI SRL
Via Canaletto 2/2 - 48022 Lugo (Ra) Tel. 0545.22273 • www.enologicasippi.it
Quando è nata l’azienda e chi l’ha fondata? (Alessandro) L’ha fondata nostro padre Livio nel 1963. Inizialmente avevamo una piccola sede in piazza Baracca a Lugo, poi ci siamo trasferiti nell’attuale sede in via Canaletto. L’azienda, da 50 anni, opera nel settore enologico come concessionaria Aeb (multinazionale del settore) ed è diventata il punto di riferimento non solo della città, ma anche della provincia e della Regione. Da una decina d’anni ci siamo aperti anche al settore alimentare importando prodotti chimici dalla Cina. Il nostro bacino d’utenza, per l’enologia, spazia dalle Marche fino al Sillaro mentre per quanto riguarda la fornitura ad aziende alimentari che producono conserve, polvere per gelati, confetture lavoriamo con tutta l’Italia del Nord. Mio fratello Marco e io siamo entrati in azienda alla fine degli anni ’80 e oggi che mio padre non c’è più da 13 anni, siamo gli unici soci insieme a nostra madre entrata negli anni ’90. Qual è il percorso che vi ha portati ad entrare in azienda? (Marco) Nessuno dei due ci pensava! Io sono perito elettronico e sono entrato in azienda nell’87 mentre mio fratello doveva ancora finire il servizio militare. Ho imparato tutto sul campo visto che la mia formazione scolastica non era attinente all’enologia, ma entrambi abbiamo avuto la fortuna di essere stati seguiti da aziende più grandi che ci hanno formato. La scuola non si è mai fermata negli anni e oggi abbiamo acquisito una buona professionalità che ci porta a essere in grado di fornire consigli utili al cliente e soluzioni ad hoc per ogni esigenza. (Alessandro) Sono arrivato nell’89 dopo il servizio di leva. Ho frequentato il liceo scientifico e nemmeno io pensavo di entrare nell’azienda di famiglia. Ho fatto corsi di formazione e ho iniziato a seguire il reparto amministrativo mentre mio fratello, il commerciale. Negli anni l’azienda è cresciuta e i nostri ruoli si sono intrecciati: abbiamo potenziato l’amministrativo, settore che oggi seguo a latere avendo deciso di affiancare Marco nel commerciale, diviso per zone di competenza. Oltre a noi tre titolari, in azienda lavorano una ragioniera, due magazzinieri e un’altra ragioniera che segue solo la chiusura contabile del mese.
Che ricordi avete di quei primi anni? (Marco) Ricordo un gran via vai di persone dal nostro magazzino che aveva solo qualche tavolo e tante scansie. Mio fratello e io venivamo in azienda d’estate ogni tanto sia perché non esistevano ancora i centri ricreativi estivi dunque i nostri genitori avevano bisogno di ‘collocarci’ (ride) sia perché non c’erano ancora i muletti e quattro mani in più erano importanti! Vostro padre è stata una figura di riferimento importante per voi... (Alessandro) Nei primi anni, dopo il nostro ingresso, gestiva in toto l’azienda poi, pian piano ha iniziato a delegare e ci siamo ritagliati i nostri ruoli specifici. Aveva un carattere forte e faceva fatica a delegare, ma a fine anni ’90, mio fratello e io eravamo già alla guida dell’azienda anche se mio padre, comunque, continuava a venire al lavoro e teneva i rapporti con le banche e con i clienti più importanti. È stato felice del nostro ingresso nell’azienda familiare, ma ha voluto che ci facessimo bene le ossa prima di iniziare ad affidarci determinati compiti! Entrambi abbiamo seguito i corsi di marketing di Aeb di Brescia fondamentali per acquisire professionalità.
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Lo staff di Enologica Sippi al completo.
Quali pensate debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Marco) Serietà, professionalità, sapersi muovere nel mercato. (Alessandro) Cercare strade alternative quando i mercati consolidati sono saturi. Qual è stato il vostro apporto personale all’azienda? (Marco) Diversificare, cercare di guardare oltre l’enologia, settore che oggi non dà ancora molti margini di espansione. Oggi abbiamo a listino detergenti industriali Aeb Group, una linea dedicata ai laboratori analisi che affianchiamo a svariati accessori per l’enologia. Abbiamo scommesso sulla nostra azienda e, per ora, le cose stanno andando bene! Se inizialmente importavamo solo materie prime per il settore enologico, adesso lo facciamo anche per il settore alimentare.
passione
Qual è stata la soddisfazione più grande che avete tratto dal vostro lavoro? (Alessandro) Essendo gli ultimi a proporsi nel settore alimentare, la difficoltà più grande è farci ricevere visto che non siamo legati a un grosso nome, ma ci presentiamo come Enologica Sippi. Quindi, acquisire nuovi clienti è sempre motivo di orgoglio e grande soddisfazione. Nell’enologia abbiamo ormai clienti storici e siamo conosciuti mentre nel comparto alimentare ci stiamo ancora facendo le ossa. Qual è, invece, un sacrificio che avete dovuto fare negli anni? (Marco) Di grossi sacrifici non ne ricordo. Mia moglie ormai sa che con questo lavoro posso avere impegni anche la sera dunque l’ha messo in conto (ride), comunque sono sempre riuscito a organizzarmi.
affidabilità
Avete risentito della crisi? Avete dovuto prendere accorgimenti? (Alessandro) La crisi l’abbiamo sentita, ma fortunatamente non abbiamo dovuto fare né cassa integrazione né tagli di alcun tipo. Siamo semplicemente andati incontro, quando è stato possibile, alle esigenze del cliente con dilazioni di pagamento o concedendo scontistiche ad hoc. (Marco) In questi anni difficili il nostro fatturato è rimasto sostanzialmente in linea con quanto atteso, e questo grazie alla diversificazione. Una scelta difficile che avete dovuto prendere per lavoro? (Alessandro) Forse evitare di servire clienti, anche grossi, ma che sapevamo essere insolventi. Quando non lavori in una multinazionale, ma in una piccola azienda, devi stare attento davvero a tutto.
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Chi è più mediatore e combattente tra voi? (Marco) Essendoci divisi zone e clienti, siamo sia mediatori che combattenti in base alle situazioni che si propongono. Poi non manca il confronto costante tra di noi, un consiglio, un suggerimento. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Marco) Io spesso parto direttamente da casa con la mia agenda di appuntamenti e la mattina visito i clienti. Poi mi capita di passare in azienda a metà mattina o al pomeriggio. (Alessandro) Io sono più presente in sede avendo mantenuto la gestione di una parte di amministrazione.
soffri in ferie! A volte mia moglie mi vede sotto l’ombrellone sempre attaccato al cellulare e mi rispedisce in ufficio. Con l’acquisizione del settore alimentare abbiamo destagionalizzato molto il lavoro: se con l’enologico sei letteralmente affogato da agosto a novembre, con l’alimentare hai lo stesso carico sui 12 mesi.
Riuscite mai a prendervi un giorno di libertà? (Marco) Ogni tanto un weekend lungo in estate, ma poco altro. Marzo e aprile sarebbero i mesi utili per prendersi anche 10 giorni perché il lavoro è meno intenso, ma ho due figli che vanno ancora a scuola dunque non ci spostiamo. In agosto, poi, non chiudiamo essendoci tante uve precoci che vinificano in quel mese. Più in generale non sento l’esigenza di starmene a casa perché mi piace ciò che faccio. (Alessandro) Quando stai bene in un posto finisce che
Avete un hobby particolare? (Marco) Mi piace seguire la Formula 1 e il calcio. Come Enologica Sippi siamo partner del Cesena Calcio e quest’anno ho saltato non più di tre o quattro partite allo stadio. Prima del matrimonio giocavo anche a tennis e calcio, poi non ho più avuto tempo. (Alessandro) Prima di avere una famiglia anch’io giocavo a calcio e andavo a pescare. Oggi che il tempo libero è poco mi concedo qualche serata a calcetto con gli amici un paio di volte alla settimana: il campo è più piccolo rispetto a
costanza
quello del calcio e più affrontabile anche per chi ha meno voglia di correre! Cosa vi irrita? (Alessandro) La falsità e l’ipocrisia in ogni ambito. Da trent’anni guidiamo l’azienda e non penso di meritare di venire trattato con superficialità. Io sono corretto e pretendo che anche gli altri lo siano. (Marco) Essere presi in giro. Vi piacerebbe che i vostri figli subentrassero a voi? (Alessandro) Non saprei, probabilmente no perché nel nostro lavoro dipendi troppo dagli altri. Voglio che i miei quattro figli studino e trovino la loro strada, ma mi rendo conto che le nuove generazioni sono molto più ‘comode’ rispetto a noi: per loro è tutto scontato e dovuto, noi ce la siamo guadagnata tutta. Non so, quindi, se sarebbero capaci
innovazione
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di reggere il ritmo qui e comunque sono ancora piuttosto piccoli: mia figlia grande deve iniziare lo scientifico, l’altra la prima media e i gemelli la quarta elementare, dunque è decisamente presto per pensarli al lavoro. (Marco) Anche i miei sono bravi ragazzi, ma poco motivati, con poca grinta: la loro è una generazione davvero diversa dalla nostra. E sono troppo dipendenti dalle tecnologie che, a mio parere, contribuiscono ad appiattire il cervello, la creatività. Mio figlio che ha 16 anni sta frequentando l’alberghiero dunque, se finirà gli studi, troverà impiego in tutt’altro settore mentre mia figlia ne ha 13 e non sa ancora cosa vorrà fare ‘da grande’. Se dovessero chiedermi di entrare in azienda forse li disincentiverei: l’impegno è davvero tanto. Perché si continua nonostante tutto? (Alessandro) Per un mix di fattori: perché devi lavorare,
capacità
perché è un’attività iniziata da mio padre tanti anni fa e portata avanti con sacrificio e passione... sarebbe improponibile non curarla al meglio!
Una scommessa vincente Lascia un impiego sicuro diventando imprenditore a 54 anni con l’obiettivo di dare vita a un’azienda da lasciare poi alla sua famiglia. Supera le difficoltà dei primi anni e oggi la sua Tecnoindustria Piping vanta commesse per le più grandi compagnie petrolifere del mondo. Diversifica e si apre all’estero commercializzando i propri prodotti e riuscendo, in breve tempo a essere sulle principali vendor list. Affiancato dai figli Giulia e Piero, Enio Salimbeni è caparbio e sa che con la calma e la determinazione “si arriva davvero ovunque”.
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Tecnoindustria Piping si occupa della produzione di flange e del commercio di altri prodotti per l’impiantistica industriale, raccordi, valvole e guarnizioni. L’obiettivo dell’azienda è quello di fornire prestazioni ottimali e continuative, offrire ai clienti un rapporto a lungo termine che soddisfi le loro esigenze con prodotti di qualità e consegne rapide. Tra le proposte dell’azienda figurano flange prodotte con una vasta gamma di acciai al carbonio, nel pieno rispetto degli standard internazionali ASTM, UNI, DIN, ASME, ISO e API.
TECNOINDUSTRIA PIPING SRL
Via Ricasoli,20 - 48123 Ravenna Tel. 0544.453217 • www.tecnoindustriapiping.com
Quando nasce l’azienda? Ho rilevato Tecnoindustria Piping nel 1995. Allora ero tecnico all’Eni: mi sono licenziato e ho deciso di mettermi in proprio quando ho capito che tanti servizi venivano esternalizzati per ridurre organici e costi fissi. Non è stato facile diventare imprenditore, ma mi sono rimboccato le maniche: inizialmente ho avuto due soci, ma erano di Milano e avevano difficoltà a seguire le loro aziende in Lombardia oltre alla nostra. Da giugno 2002 Tecnoindustria è diventata l’azienda della mia famiglia e oggi è intestata ai miei figli Piero e Giulia mentre io sono presidente e ne ho mantenuto solo l’usufrutto. Con mia grande soddisfazione, visto che avevo rilevato un’azienda che non andava propriamente bene, a dicembre 2002 abbiamo visto i primi utili e, da allora, i conti non sono più stati in rosso. Che ricordo ha di quei primissimi anni? La tanta fatica, l’ansia di fare bene. Ero impegnato in prima persona perché i miei figli ancora studiavano, ma ce l’ho fatta: mi sono ampliato piano piano, ho realizzato progetti a Milano, sull’Appennino, in Calabria e in Inghilterra, mi sono aperto all’eolico e alle energie alternative. Ho lottato tanto in quei primi anni, ma dal 2002 in poi ho avuto più soddisfazioni che altro. Inizialmente, con i soci, i problemi erano all’ordine del giorno visto che non è facile trovarsi d’accordo quando un’azienda non naviga in buone acque. Da quando, però, è diventata l’azienda della mia famiglia le cose sono cambiate drasticamente e in meglio, per fortuna! Oggi che siamo conosciuti e stimati, la nostra unica difficoltà rimane la riscossione del credito legata, purtroppo, alla contingenza storica che ci ha fatto chiudere, in questi anni, con un fatturato buono, in media sui 10 milioni di euro, ma inferiore a quello che potenzialmente avremmo potuto realizzare. Lavorate anche con l’estero? Abbiamo iniziato un paio di anni fa soprattutto in Canada e Messico, nei Paesi Arabi ad Abu Dhabi visto che i nostri clienti sono le compagnie petrolifere: Erg, Shell, Eni, Agip.
A oggi l’introito derivante dall’estero è ancora “solo” un 30%, ma contiamo di continuare a espanderci. Se vuoi lavorare nel nostro settore devi essere disposto a spostarti nel mondo, dove la richiesta è maggiore: il petrolchimico è un settore in costante espansione. Ravenna, senza un aeroporto, è decisamente tagliata fuori: mio figlio Piero ha spesso appuntamenti nel nostro ufficio di Milano dove viene raggiunto da manager da tutte le parti del mondo e sta valutando di trasferirsi all’estero con la famiglia per seguire in loco i nostri progetti. Con il nostro marchio realizziamo pezzi a disegno che commercialmente non si trovano più, facciamo ancora tanta progettazione che all’estero preferiscono delegare ad altri. Siete sempre stati proiettati verso altri mercati o è stato un cambiamento legato, in primis, alla crisi? Dal 2002, in tempi non sospetti, ci siamo aperti all’estero come importatori diretti visto che le acciaierie sono in Cina. Poi, negli ultimi tre anni, abbiamo iniziato a commercializzare i nostri prodotti. Ora, offrendo un pacchetto completo, siamo in tutte le vendor list. Quali sono i punti di forza e di debolezza dell’Italia per lei che li osserva da un punto di vista privilegiato? Le carenze sono legate alla burocrazia, ma anche la politica ci ha penalizzati. Gli italiani sono, però, considerati capaci e intelligenti nel mondo quindi la qualità e la serietà sono un buon biglietto da visita per farsi nuovi clienti. Dal 2002 siete un’azienda di famiglia e oggi la seconda generazione guida l’azienda. Com’è lavorare con suo padre? Ci sono attriti o confronti costruttivi? Cosa le ha trasmesso? (Giulia) Sono entrata ufficialmente nel 2008 anche se ho iniziato a lavorare qui già dal 2006. Da mio padre ho appreso la dedizione al lavoro e lui, grazie a me e mio fratello, forse è riuscito ad avvicinarsi un po’ alle nuove tecnologie. Quotidianamente ci sono scontri, ma niente di insormontabile: è ordinaria amministrazione. L’unica cosa negativa è che, magari, si parla di lavoro anche a casa, non si riesce a lasciare ogni cosa in ufficio.
flessibilità
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Enio Salimbeni.
Per fortuna, a fine anno, andrò a vivere da sola (ride)! (Enio) Con i miei figli mi sono trovato sempre bene, forse più con Giulia che è riflessiva e meno impulsiva di Piero, ma sono entrambi grandi lavoratori, molto impegnati in ciò che fanno e molto seri. L’ansia che ho nel Dna non mi ha mai aiutato molto: diventare imprenditore a 54 anni quando avrei potuto vivere con la mia pensione è stato un bel salto nel vuoto, ma la mia dedizione ha pagato. Devo riconoscere che, negli affari, Piero ha una marcia in più, così come Giulia ce l’ha nell’organizzazione e nei rapporti con i clienti grazie anche alla buona padronanza delle lingue. Piero segue le trattative con i clienti mentre Giulia il comparto commerciale. Penso che un’azienda come la nostra possa andare avanti solo se c’è un buon affiatamento tra le parti, vanno bene anche gli scontri, ma devono sempre portare al bene dell’impresa e, fino a oggi, è stato così.
attenzione
una discreta forbice, oggi, anche noi lavoriamo al costo. Negli ultimi anni la forbice si è ristretta perché il lavoro è diminuito tanto: diverse aziende ci hanno chiesto se volevamo rilevarle. Fortunatamente non abbiamo dovuto ricorrere alla cassa integrazione con i nostri 14 dipendenti e, anzi, negli anni difficili, ho fatto seguire corsi di lingue al personale. L’azienda è molto capitalizzata, abbiamo sempre lasciato i guadagni qui, quindi con le banche non abbiamo mai avuto problemi.
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Siete una squadra bene organizzata, chi è più combattente e chi negozia? (Giulia) Mio fratello è il nostro attaccante, ma anche mio padre si dà da fare, io medio un po’ di più. Come imprenditore romagnolo che caratteristiche si attribuisce? Sono nato in Romagna, a Balze di Verghereto, ma ho vissuto a Sansepolcro fino a 20 anni. Sono un impulsivo in famiglia, ma fuori cerco di mediare: con la calma arrivo ovunque. Sono caparbio e costante perché mi pongo un obiettivo e lì devo arrivare usando la dialettica e presentandomi in maniera concreta e trasparente. E mio figlio ha il mio stesso atteggiamento. Dal 2002, diceva, i bilanci non sono mai stati in rosso. Non avete risentito della crisi? I guadagni si sono ridotti molto: fino al 2012 avevamo
qualità
ottimismo
In questi anni quali sono stati la soddisfazione e il sacrificio più grandi? Il sacrificio più grande l’ho fatto nel 2004 quando ho realizzato il capannone che avrebbe poi ospitato la nuova sede. Mio figlio era titubante poi, nel 2006, ha iniziato a progettare i nuovi uffici ritrovando il giusto entusiasmo. Quando sono partito e mi sono messo in proprio mia moglie era contraria perché lo vedeva come un grande salto nel vuoto. Io, però avevo una grande ambizione e speravo di mettere in piedi qualcosa per i miei figli e, soprattutto, insieme a loro. Nei primi anni, visti i rapporti poco idilliaci con i soci, mia moglie mi faceva notare spesso che strada avessi intrapreso lasciando un posto sicuro all’Eni dove anche lei lavorava, ma, alla fine, tutto si è risolto. La soddisfazione più grande è stato l’ingresso di Piero e Giulia in Tecnoindustria e vedere consolidarsi l’azienda anche grazie alla diversificazione. Se nel 2002 il fatturato si aggirava attorno al milione e mezzo, in pochi anni siamo arrivati a 10. Vedere crescere e prosperare qualcosa in cui hai creduto tanto, e che non è esattamente partito sotto i migliori auspici, è di certo molto gratificante. Enio Salimbeni e la figlia Giulia.
Cosa non sopporta? Mi infastidisce l’atteggiamento altalenante del personale che alle volte mi dà l’impressione di non applicarsi quanto dovrebbe ma, in generale, comunque abbiamo un buon rapporto con il team. Se l’azienda ha questi risultati di certo è anche perché la squadra è competente. Se avesse 24 ore di libertà cosa farebbe? Mi basta andare in montagna, stendermi su un prato e stare a contatto con la natura. Non sono un gran camminatore, ma mi piace osservare perché così mi rilasso davvero.
propositi
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Professionalità da tre generazioni Sono una squadra di entusiasti: Massimo Reggiani e i figli Luca ed Elisa parlano dell’azienda come della loro “creatura” che stanno facendo crescere con grande attenzione alle tecnologie e alla serietà dei loro fornitori. Nata un po’ in sordina a fine anni ’70, ha avuto una brillante evoluzione grazie all’internazionalizzazione di fine anni ’90 e allo sviluppo dell’ufficio export, fortemente voluto da Elisa. Disponibilità verso il cliente, lungimiranza nel cavalcare l’onda delle nuove richieste del mercato e una professionalità acquisita in anni di lavoro, fanno di Valvotubi un’azienda leader del settore.
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Valvotubi supporta lo sviluppo delle reti di distribuzione delle acque in tutto il mondo, dai sistemi di accesso all’acqua potabile, alle fognature, agli impianti industriali attraverso la fornitura di valvole. E’ un partner internazionale affidabile, con competenze tecniche e capacità strutturali di assistenza ai clienti in tutto il mondo. La produzione delle valvole a marchio Valvotubi è affidata in outsourcing a partner certificati e controllati che eseguono la fabbricazione seguendo le direttive aziendali e gli standard internazionali. Valvotubi è responsabile della progettazione, della fabbricazione e della documentazione tecnica.
VALVOTUBI IND. SRL
Via Monti, 30/B - 48123 Ravenna Tel. 0544.452279 • www.valvotubi.it
Quando nasce l’azienda e chi l’ha fondata? L’ho fondata con mio padre Giuseppe nel 1976. Precedentemente ero entrato in affari con un altro imprenditore più anziano, sempre nel settore delle valvole, creando una buona base di lavoro e di contatti, ma l’azienda ormai era diventata troppo stretta, mentre il numero di soci aumentava; fu allora che io e mio padre capimmo che era il caso di metterci in proprio. Io sono uscito per fondare Valvotubi insieme a lui e così hanno fatto gli altri soci in sinergia coi loro figli. Mio padre aveva lavorato come responsabile amministrativo alle fabbriche del ghiaccio di Ravenna: per questo motivo in Valvotubi ha sempre seguito il settore finanziario. Che ricordi ha di quei primi anni? Valvotubi è nata alle Bassette in un capannone in via Monti. Ci siamo ampliati velocemente costruendone altri due e spostandoci di qualche civico sempre in via Monti. Inizialmente volevamo vendere valvole e tubi (da qui il nome Valvotubi Ndr), poi abbiamo capito che, benché complementari, questi due prodotti avevano dinamiche commerciali completamente diverse, quindi ci siamo specializzati sulle valvole. Eravamo solo in tre: io, mio padre e una segretaria a gestire sia il magazzino che le vendite. L’attività promozionale era condotta in maniera spartana, per farci conoscere cercavamo i nominativi di potenziali clienti sugli elenchi, spedivamo per posta la nostra pubblicità e viaggiavamo in tutta Italia con la borsa in mano. Erano gli anni dell’espansione del Paese, si costruivano case, servivano le opere pubbliche, il lavoro non mancava di certo. Abbiamo avuto momenti magici negli anni ’80: un grandissimo sviluppo che ci ha spronati ad andare avanti con entusiasmo. Alla fine del ’92 Tangentopoli ha messo in ginocchio tante imprese di costruzione e, di riflesso, i loro fornitori. L’anno successivo abbiamo rischiato di chiudere visto che i lavori pubblici erano stati bloccati, i clienti hanno smesso di pagare e il dollaro era passato rapidamente da 1050 a 1750 lire, creando un notevole scompenso. Decidemmo, quindi, di rilanciarci dando vita, nel 1994, a un catalogo dei nostri prodotti con il listino prezzi in quattro lingue, italiano-inglese e francese-spagnolo che
chiamammo, con una certa lungimiranza, Eurocatalogo. Lo spedimmo in tutto il mondo con una tiratura di 5 mila copie alle ditte del settore e cominciammo, così, a farci conoscere all’estero pur essendo una piccolissima ditta italiana, proponendoci allo stesso livello dei nostri concorrenti, tutte grandi multinazionali. Il catalogo ebbe un grandissimo successo: molte aziende ci scrissero anche solo per complimentarsi! Se da un lato subivamo i postumi di una grossa crisi, dall’altra avevamo voglia di lanciarci sui mercati esteri quindi ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo internazionalizzato Valvotubi. Come si è evoluta, negli anni, l’azienda? Abbiamo sempre prodotto valvole in outsourcing spostandoci da un Paese all’altro e, visti i cambiamenti mondiali che negli anni si sono registrati in questo settore, la nostra si è rivelata una scelta fortunata. Per primi abbiamo spostato la produzione delle valvole dall’Italia alla Polonia, successivamente in Romania, che era un paese emergente già nei primi anni ’90. Cinque anni dopo, i venti europei sono cambiati ancora, così abbiamo nuovamente trasferito la produzione in Cina, Paese completamente sconosciuto e
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Il fondatore, Giuseppe Reggiani.
con aziende che non possedevano la tecnologia europea: per anni, infatti, la Cecoslovacchia era stata leader mondiale nella produzione delle valvole. Abbiamo scommesso sulla nostra azienda e abbiamo siglato alleanze con partner asiatici, riuscendo a importare fino a 150 container di valvole all’anno. È importante notare che le nostre maggiori vendite erano proprio in Romania, il medesimo Paese da cui prima compravamo. Pian piano altre aziende italiane hanno iniziato ad acquistare in Cina e il settore si è popolato di una miriade di importatori più o meno esperti. La fortissima competizione per guadagni irrisori ha ribaltato il mercato italiano al punto che oggi, per noi, non è più conveniente vendere in Italia, ma siamo orientati quasi totalmente sull’estero, in primis Europa e Medio Oriente. Ciò che ci contraddistingue è la capacità di lavorare con un brand italiano sull’estero: abbiamo strutturato l’ufficio commerciale per aree geografiche per avere una visione
operosità
più puntuale e una maggiore conoscenza dell’area di interesse e delle diverse dinamiche di negoziazione. Oggi abbiamo ancora idee nuove e presto probabilmente qualcosa cambierà, migliorando la produzione e il nostro posizionamento sul mercato. I suoi figli quando sono entrati in azienda? Luca nel 1995. Ha iniziato a seguire il mercato italiano mentre io seguivo l’estero poi, nel 2004, è entrata Elisa che si è concentrata sull’export. Laureata alla Bocconi, ha fatto esperienza in aziende di livello internazionale, dando una spinta ulteriore all’azienda. Dopo la suddivisione dell’ufficio commerciale per aree geografiche, ha sviluppato un’altra business unit indirizzata al settore industriale e al petrolchimico, sia per rispondere alle richieste dei nostri clienti, sia per l’evolversi delle dinamiche del mercato. Se prima, infatti, ci rivolgevamo solo al settore acqua, considerato
intraprendenza
poi, nel ’98, in via definitiva seguendo sia il magazzino che il commercio Italia. (Elisa) All’università scelsi di frequentare economia perché mi piaceva, scegliendo subito la specializzazione in piccole e medie imprese. Mio padre non mi ha mai spinta a entrare in azienda, ma il mio inserimento è avvenuto in maniera molto naturale. Mi sarebbe piaciuto lavorare fuori ancora un po’, ma visto che una dipendente andava in maternità proprio nel momento in cui era necessario prendere una decisione ho dato inizio alla mia esperienza in azienda focalizzandomi sull’estero. Negli anni ho apportato migliorie nelle procedure dell’ufficio export, riorganizzandolo ad hoc, e implementato costantemente anche la mia formazione tecnica che, necessariamente, ho acquisito sul campo.
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che capitava sempre più spesso che ci chiedessero valvole per altri settori, abbiamo scelto di diversificare. Cosa ha dato di suo all’azienda e come ha coniugato il suo modo di lavorare con quello di suo padre? (Elisa) Mio padre mi lascia carta bianca, anche se capita ancora che gli presenti un progetto e lui non me lo approvi. Diciamo che una volta decide lui e una volta io! Comunque abbiamo un confronto sempre costruttivo, è per me una continua fonte per apprendere cose nuove. Le nuove generazioni, come sempre, puntano sulle tecnologie quindi ho potenziato e arricchito il nostro sito web e ho creato il catalogo interattivo. Piccoli accorgimenti di marketing che danno un valore aggiunto al cliente per il quale siamo sempre disponibili: tra le 24 e le 48 ore dalla richiesta abbiamo già inviato l’offerta e questi sono tempi molto veloci, se paragonati
sicurezza
ai tempi di risposta dei nostri concorrenti italiani. I clienti esteri si aspettano un supporto immediato, quello che forniamo noi. Com’è avvenuto l’inserimento dei suoi figli in azienda? (Massimo) Sia io che mio padre, i fondatori di questa società di “famiglia”, speravamo in un ingresso dei ragazzi in azienda. Oggi Elisa e Luca lavorano in Valvotubi mentre Marco gestisce un residence a Marina Romea che abbiamo acquistato una decina d’anni fa e che, fino alla stagione scorsa, era gestito da terzi. Quest’anno l’abbiamo ristrutturato totalmente facendone un edificio “green”, energeticamente indipendente con un impianto fotovoltaico, un solare termico ed eliminando il gas a favore dei piani a induzione per le cucine. Dopo cinque mesi di lavori l’attività è decollata a pieno ritmo e con grandi soddisfazioni. (Luca) Io sono entrato nel ’95 come magazziniere part time
Quali pensate debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Massimo) Vista la difficoltà di lavorare in Italia dove è alto il costo per la burocrazia, bisogna che si ingegni. Nel nostro Paese fare l’imprenditore è davvero complicato: le incombenze da seguire sono tante e spesso demotivano perché tu vorresti solo vendere il tuo prodotto, ma a volte non è possibile. Devi essere coraggioso e determinato. (Elisa) Bisogna pensare che tutto sia fattibile, diversamente non sarebbe possibile andare avanti. A qualunque richiesta dei clienti è fondamentale rispondere positivamente e darsi da fare per soddisfarla. Inoltre credo che una buona dose di senso dell’umorismo aiuti a stemperare anche le situazioni più delicate. Avete risentito della crisi? Quali accorgimenti avete dovuto prendere? (Massimo) Quando è cominciata la crisi del mercato italiano nel 2009, abbiamo intuito che i clienti, in primis le imprese di costruzioni, volevano iniziare a comprare alle loro condizioni minando le nostre possibilità di guadagno. Queste imprese hanno trovato terreno fertile presso i nostri concorrenti; tutto sommato, non è salutare per l’azienda avere in portafoglio clienti che con le loro condizioni non ci consentono di marginare. Abbiamo ridotto il fatturato, sacrificato i profitti aziendali, ma oggi non vantiamo crediti
stabilità
presso clienti italiani. Siamo ricorsi a qualche ora di cassa integrazione, ma non abbiamo dovuto intervenire con grossi tagli: l’organico si è ridotto di due persone, ma siamo riusciti a garantire l’occupazione a tutti tirando un po’ la cinghia e facendo qualche sacrificio in più. Qual è la soddisfazione più grande che avete avuto? (Massimo) Di certo il riconoscimento avuto per il nostro primissimo Eurocatalogo, ma anche lavorare per il piacere di farlo è una grande soddisfazione. Forse ho trascurato un po’ la famiglia per l’amore che avevo per la mia azienda che mi teneva tante ore fuori casa. (Elisa) La soddisfazione più grande è l’apprezzamento dei clienti: quello di una raffineria petrolifera della Giordania, cui forniamo manutenzione dei loro impianti da più di dieci anni, o quel cliente arabo che venne in azienda e, mentre gli spiegavo il funzionamento di una delle nostre valvole mi chiese se fossi ingegnere, attribuendomi una buona conoscenza tecnica che io sapevo essermi fatta sul campo e non sui libri, o ancora una commessa importante, da 400 mila dollari, per uno stock di valvole per un’azienda vietnamita. Le soddisfazioni, in questi anni, non sono certo mancate. E il sacrificio che avete dovuto fare? (Massimo) Sono tutti superabili. Ricordo la fatica che facevo in Cina dove prendevo decine di voli per visitare diverse aziende, ma l’ho sempre fatto volentieri nonostante mi stancassi molto. Ho sempre tenuto tanto alla mia azienda. (Elisa) Anch’io amo molto ciò che faccio dunque non lo vivo come sacrificio. Se chiedessimo al nonno, che ha 93 anni, qual è il segreto della vita, lui risponderebbe di certo: “lavorare”. Se aveste 24 ore di libertà cosa fareste? (Elisa) Io andrei a vedere una mostra perché mi piace alimentare il mio bagaglio culturale. Oppure potrei cimentarmi in qualcosa di nuovo mai provato, tipo l’arrampicata. (Massimo) Io sono qui anche la domenica: dopo la palestra vengo in azienda per rispondere ai clienti arabi che lavorano anche quel giorno. Non potrei pensare di stare a casa a oziare nel fine settimana!
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La famiglia Reggiani: da sinistra Massimo, Elisa, Giuseppe e Luca.
Quali hobby avete? (Massimo) Non ho avuto tempo per curarli come avrei voluto. Per restare in forma vado in palestra visto che, sul lavoro, il combattimento è quotidiano. (Elisa) Quando sono in ferie mi piace viaggiare, anche se già lo faccio parecchio per lavoro. Tornerei volentieri in America dove si fondono arte e natura e mi piacerebbe andare in Giappone, un paese che mi incuriosisce: lo farò, insieme alla mia famiglia, appena mia figlia sarà un po’ più grande. (Luca) Il tempo libero è fatto per riposare! Poi seguo molto il calcio che mi appassiona, avendo smesso di giocare a calcetto.
e r a f i d a i vogl
Qual è una cosa che vi irrita? (Elisa) La maleducazione e l’arroganza. (Massimo) Chi cambia le carte in tavola, chi dice una cosa e ne fa un’altra. Io sono schietto e sincero e pretendo altrettanto, ma purtroppo vedo che, molto spesso, il mondo va in un’altra direzione.
Il cuore oltre l’ostacolo Me.g.a. nasce dall’idea del Geom. Mauro Picchi di costituire nella zona del Porto San Vitale di Ravenna una nuova officina di carpenteria metallica. I manufatti realizzati nel tempo hanno fatto affermare questa realtà aziendale facendola conoscere e apprezzare da una clientela ormai consolidata e in crescita. L’entusiasmo e la professionalità del suo fondatore sono stati la base per lo sviluppo di un team di lavoro coeso. Elena, figlia di Mauro, entra in azienda nel 2013, con una laurea in ingegneria meccanica e, di lì a poco, si trova a dover sostituire il padre mancato prematuramente, nella direzione dell’azienda.
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Me.g.a. grazie a tecnici esperti nella carpenteria metallica (prefabbricazione piping, costruzioni e manutenzioni meccaniche industriali e navali, costruzione di serbatoi e recipienti a pressione, di strutture off-shore, di impianti skiddati completi) esegue lavori “chiavi in mano”, dalla progettazione al collaudo. Dispone di due officine attrezzate, di un’area utilizzata sia per l’assemblaggio di strutture di dimensioni importanti che per deposito temporaneo ed è ubicata vicina alle banchine d’imbarco, posizione strategica per operazioni su manufatti destinati al trasporto marittimo.
ME.G.A. SRL
Via della Burchiella, 5 - 48122 Ravenna Tel. 0544.435066 • www.megameccanica.com
Quando nasce l’azienda e chi l’ha fondata? (Elena) Me.g.a., Meccanica Generale Applicata, è stata fondata nel 1997 e ha iniziato la sua attività nel 1998. L’ha fondata mio padre, Mauro Picchi che aveva sempre lavorato nel settore della saldatura e dell’oil&gas: aveva partecipato alla costruzione di grossi gasdotti, metanodotti, pipeline e alcuni progetti per la sede Eni di Gela. Volendosi avvicinare a casa, visto che negli ultimi anni era spesso fuori e desideroso di dare vita a qualcosa di suo e non più in associazione con altri, scelse di diventare imprenditore. In tanti anni di attività nei vari settori della meccanica aveva già acquisito un patrimonio di conoscenze tecnicooperative che voleva spendere nella “sua” azienda. Questa di via della Burchiella è la sede storica di Me.g.a. Inizialmente c’era un solo capannone, poi ne è stato acquisito un secondo e stiamo valutando, proprio in questi anni, la possibilità di allargarci nelle vicinanze. Lei è qui da 17 anni, che ricordo ha dei primi tempi? (Nicoletta Fiordelisi, impiegata storica di Me.g.a. - Ndr). Inizialmente eravamo il mio titolare e io in ufficio e 5 dipendenti in officina, oggi oscilliamo dalle 20 alle 40 unità, lavorando su commessa dipende dai picchi di lavoro. Purtroppo, due anni fa, in un momento in cui si sarebbero potuti raccogliere frutti, il nostro titolare è venuto a mancare, ma il gruppo Me.g.a., grazie all’arrivo di Elena, ha deciso di custodire e portare avanti il knowhow che ci aveva lasciato. Com’è avvenuto il suo inserimento in azienda? (Elena) Mi sono laureata in ingegneria meccanica a prescindere da un possibile ingresso nell’azienda di famiglia. Mi piaceva ed era una laurea ben spendibile in ambito lavorativo. Purtroppo, nel 2013, mio padre si è ammalato e abbiamo dovuto decidere, con mia madre, che fare della sua attività: se venderla o portarla avanti. Ci siamo confrontate anche con i dipendenti che hanno fatto quadrato attorno a noi, quindi ho deciso di prendere in mano le redini in qualità di vicepresidente, di conseguenza mia madre oggi ricopre il ruolo di presidente per Me.g.a. Sto facendo esperienza sul campo grazie
entusiasmo
all’aiuto fondamentale dei miei dipendenti, prima fra tutti Nicoletta che ha lavorato gomito a gomito con mio padre per ben 17 anni e che non manca di darmi consigli validi. Il nostro è un gruppo piccolo, ma unito: dopo la morte di mio padre, superato il naturale momento di smarrimento iniziale, ho maturato sempre più l’intenzione di portare avanti quell’azienda che lui aveva creato per la sua famiglia. Sono entrata affiancando Nicoletta nella Qualità poi, peggiorando le condizioni di mio padre ed essendoci bisogno di qualcuno che lo sostituisse nella gestione del personale, del tecnico e soprattutto del commerciale, ramo fondamentale per un’azienda, ho iniziato a seguire questi settori. Devo davvero tutto alla mia squadra perché, nonostante la mia buona volontà, non saremmo riusciti ad andare avanti se non mi avessero affiancata e non continuassero a farlo ogni giorno. Mio padre veniva dalla vita di officina e si era costruito da solo la sua esperienza negli anni, con i suoi pregi e i suoi difetti. Io, fresca di studi, mi sono trovata alla guida di un’azienda e ho cercato di creare un rapporto di collaborazione e serenità col personale che ci permetta di crescere insieme. Per me è stata una scommessa visto che Me.g.a. veniva identificata con mio padre. In questi anni, però, abbiamo cercato di dimostrare che, nonostante lui non ci sia più, la sua squadra è rimasta e ha voglia di migliorarsi, partendo da quanto ci ha lasciato. Oggi quella squadra, oltre a Nicoletta che si occupa dell’area amministrativa e contabile, è composta da
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Lo staff di ME.G.A. al completo.
Nunzio Lupo, responsabile dell’officina, Roberto Argelli a capo dell’ufficio tecnico e acquisti e da Gianluca Berti, responsabile qualità, sicurezza e ambiente.
anni, fondata sulla franchezza e l’onestà. Abbiamo sempre avuto poco turn over e abbiamo dipendenti che sono con noi dagli inizi. Questo, credo, ha aiutato molto dopo la scomparsa di Mauro perché ci è sembrato naturale
Qual è l’insegnamento più grande che le ha lasciato suo padre? Di certo l’amore per il lavoro. Ricordo che una volta provammo a fare un preventivo insieme e finimmo per discutere animatamente, ma lui era così: molto diretto, schietto, voleva che imparassi mettendoci tutta me stessa, pur tenendomi d’occhio da lontano. Non era una persona facile sul lavoro, ma mi ha sempre dato fiducia così come ha fatto con i suoi dipendenti. Che rapporto c’era e c’è oggi tra il titolare e i dipendenti? (Nicoletta) La caratteristica di quest’azienda è sempre stata la familiarità dell’ambiente, creatasi già dai primi
scelte giuste
coraggio
sono arrivate anche nuove commesse e, nell’ultimo anno, ci siamo specializzati nella costruzione e nell’assemblaggio di impianti industriali. Man mano questo settore ci ha dato sempre più la possibilità di acquisire commesse e, com’è naturale, l’esperienza ci ha portato a una professionalità di tutto rispetto. Infine, recentemente, abbiamo fatto nuovi investimenti sia a livello di risorse umane che di strutture.
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che entrasse Elena e la stiamo affiancando proprio per continuare ad andare avanti tutti insieme. Mauro è stato un titolare sui generis nel senso che si confrontava sempre sia con me per la parte amministrativa che con i colleghi che seguivano la parte tecnica e l’officina. Dopo averci illustrato un nuovo progetto ci chiedeva sempre cosa ne pensassimo, inoltre ci indicava il da farsi, ma non il “come” perché voleva che riuscissimo da soli e, a sentir lui, sapeva che ce l’avremmo fatta tranquillamente. La sua supervisione era continua, ma tutti siamo stati molto responsabilizzati. Anche con Elena continuiamo a confrontarci al fine di analizzare e risolvere tutte le varie/eventuali problematiche che il lavoro comporta. Siamo ancora una bella squadra, con un nuovo punto di riferimento e possiamo dire che, nonostante la scomparsa di Picchi non sia stata una cosa da poco, la voglia di onorare il suo progetto e il nostro lavoro non ci ha fatti mai
forza
sentire persi. Siamo stati fortunati anche perché i clienti hanno continuato a darci fiducia. Qual è la soddisfazione più grande che avete avuto in questi anni? (Nicoletta) Avercela fatta dopo la scomparsa di Mauro e avere mantenuto unito il gruppo. Nel tempo abbiamo cercato di puntare sulla qualità e abbiamo assunto una persona che segue solo le certificazioni: siamo certificati a norma ISO 9001:2008 già dal 2000, a novembre 2014 abbiamo ottenuto la ISO 1090 che ci dà la possibilità di certificare le strutture a marchio CE, poi abbiamo professionalizzato sempre più i nostri saldatori, qualificandoli secondo metodi e normative a più ampio raggio, infine, vorremmo arrivare alla ISO 18001, la certificazione del sistema della sicurezza. (Elena) Cercando di guadagnarci la stima dei nostri clienti
Avete risentito della crisi? Che accorgimenti avete dovuto prendere? (Nicoletta) Noi abbiamo solo clienti italiani che, però, consegnano il lavoro all’estero dunque l’attuale crisi non ci ha toccati troppo. In questi 17 anni, in maniera altalenante, abbiamo avuto momenti buoni e momenti più difficili: per noi il 2008, ad esempio, non è stato un brutto anno, a differenza del 2012, ma non abbiamo mai fatto cassa integrazione. Abbiamo strutturato le nostre politiche
serietà
(Nicoletta) Io starei in famiglia, al mare con la mia bimba e i nostri amici, anch’io a rilassarmi. Riuscite a staccare nel corso dell’anno? (Nicoletta) Quando posso organizzo un viaggetto con la mia famiglia, ma prendo ferie anche per fare il cambio degli armadi (ride): sono una contabile e mi piace essere organizzata in tutto! Scherzi a parte mi piace viaggiare e visitare le città: lo scorso anno siamo stati a Barcellona e quest’anno andremo a Londra. Avendo i parenti in Puglia capita spesso d’estate di fare un passaggio anche da loro. (Elena) Negli ultimi due anni ho preso giusto le ferie a Natale per andare in montagna. Anche a me piace viaggiare, ma mi sento in colpa a lasciare l’azienda! Quando ero più piccola ho viaggiato molto con i miei genitori e oggi ho tante idee per mete che prima o poi visiterò. Capita mi prenda qualche venerdì per dar fondo alla mia vena consumistica o andare a cavallo, passione che coltivo da quando avevo 4 anni. Facevo anche diverse gare, ma ultimamente capita più spesso che vada semplicemente a cavalcare, per staccare tre ore e rilassarmi piuttosto che prepararmi per qualche competizione facendomi venire l’ansia! in modo da razionalizzare le spese, tenere contenuti i costi e arrivare senza problemi a fine anno. Quale pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Elena) Serve la lungimiranza, l’onestà e avere un interscambio continuo con la propria squadra. Tra voi due chi è più combattiva e chi, invece, media? (Elena) Sono molto impulsiva e questo lavoro mi ha insegnato a trattenermi, Nicoletta è di certo più mediatrice. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Elena) Nonostante ognuno abbia ruoli definiti, capita spesso che non ci si limiti a quello. Al mattino faccio un piccolo briefing con i responsabili di
qualità
amministrazione, tecnico e officina per avere il punto della situazione e pianifichiamo, a grandissime linee, la giornata. Ma le priorità cambiano rapidamente perché, ogni giorno, succede qualcosa di nuovo e non preventivabile. (Nicoletta) Alla sera penso a cosa potrei fare il giorno dopo, me l’appunto e al mattino inizio dalle cose più importanti in modo che, se durante la giornata qualcuno mi chiede qualcosa sono più “libera”. Seguendo l’amministrazione ho anche delle scadenza fisse da rispettare, dalla fatturazione al pagamento dei contributi fiscali, dai bilanci al pagamento degli stipendi ecc. e, in mezzo a queste, va portato avanti tutto il resto. Il nostro non è certo un lavoro noioso e ripetitivo!
Cosa vi irrita? (Nicoletta) La falsità nei rapporti. Nel bene o nel male preferisco che una persona sia schietta. (Elena) Anch’io non tollero la falsità né l’ipocrisia. Perché si continua nonostante tutto? (Nicoletta) Perché c’è sempre un domani, perché in quest’azienda abbiamo investito tanto e dobbiamo farcela. (Elena) Perché ci piace ciò che facciamo ed è il nostro futuro.
Se aveste 24 ore di libertà cosa fareste? (Elena) D’estate andrei al mare o a cavallo. Mi rilasserei con i miei amici.
passione
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Il grande freddo Era il suo sogno sin da giovane: dare vita a una sua azienda con la quale “lasciare il segno”. Quarantacinque anni fa, Antonio Cellentani quel sogno l’ha realizzato e, da allora, Frigomeccanica Group ha continuato ad ampliarsi, si è aperta all’estero e serve importanti compagnie del settore oil&gas. Con un team di ingegneri e periti altamente qualificati e responsabilizzati da un titolare che lascia loro la massima libertà nell’organizzazione del lavoro, Cellentani è un ottimista che non si è mai fermato e punta a internazionalizzare l’azienda producendo apparecchiature speciali per gli ambienti più pericolosi. Con mille nuove idee in testa e sempre troppo poco tempo per concretizzarle, sta conducendo la sua Frigomeccanica Group al traguardo dei cinquant’anni di attività. 72
Frigomeccanica Group vanta un’esperienza pluriennale nel mercato della climatizzazione, riscaldamento e raffreddamento di processo. E’ abilitata alla progettazione, installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione di impianti tecnologici di ogni genere nei settori oil&gas, ospedaliero, industriale, civile e commerciale. Avvalendosi di personale altamente specializzato e di moderni supporti informatici, Frigomeccanica Group individua e fornisce soluzioni personalizzate per diverse tipologie di intervento a qualsiasi livello, offrendo un elevato standard qualitativo.
FRIGOMECCANICA GROUP SRL
Via Buozzi 40 - 48123 Ravenna Tel. 0544.607611 • www.frigomeccanicagroup.com
Quando è nata l’azienda? L’ho fondata io nel 1970. Cosa ricorda di quei primi anni? La prima sede di Frigomeccanica è stato un piccolo locale in centro in via D’Azeglio a Ravenna, l’unico che avesse un affitto che riuscivo a permettermi! Ricordo l’entusiasmo e l’incoscienza tipica di chi è giovane e ricordo la grande fatica fisica fatta visto che, inizialmente ero da solo. Tra l’altro, nello stesso periodo, mi sono anche sposato dunque avevo messo tanta carne al fuoco. Per diversi anni sono rimasto solo poi, vista la possibilità di rilevare una società di cui ero stato dipendente, un’azienda storica dalla quale sono passati praticamente tutti i frigoristi che lavorano in questo settore, decisi di lanciarmi nell’impresa. Ho iniziato a lavorare a 14 anni, essendo primo di 4 fratelli. Iniziai come apprendista poi, finito il servizio militare, ripresi l’attività come manutentore di impianti frigoriferi tradizionali ma, a un certo punto, sentii crescere in me la voglia di mettermi in proprio. Volevo realizzare qualcosa di mio e lasciare il segno del mio passaggio. Con Frigomeccanica siamo partiti proprio come manutentori di impianti civili poi ci siamo evoluti e siamo passati alla manutenzione industriale per le grandi multinazionali. Oggi non realizziamo solo impianti, ma abbiamo mantenuto anche la manutenzione: per qualunque committente effettuiamo interventi a spot su committenza. Il mio cruccio è quello di non avere continuato a studiare perché non c’erano le possibilità. E quando, invece, potevo permettermi le scuole serali stavo già lavorando e, quindi, non avevo più tempo da dedicare allo studio. Il mio dispiacere è stato, in parte, compensato dal buono sviluppo che ha avuto la mia azienda. Lo staff di Frigomeccanica oggi comprende periti, ingegneri e ragazzi giovani e molto capaci. Quando faccio i colloqui chiedo, come prima cosa, se si è curiosi, desiderosi di imparare sempre qualcosa di nuovo oltre a essere fortemente determinati. Il nostro direttore tecnico è un dinamico quarantenne, l’ingegnere Enrico Triossi che ha ancora la voglia di mettersi in gioco e questo mi piace. Oggi siamo una quarantina, l’età media è sempre stata bassa e per me che devo coordinarli è davvero stimolante.
Quando era bambino sognava di fare l’imprenditore? Fin da quando ho iniziato a lavorare avevo l’idea di realizzare qualcosa di mio e appena ho potuto, senza pensarci troppo, mi sono cimentato nell’impresa a viso aperto, riuscendo a realizzare il mio sogno. Se potesse definirsi come imprenditore cosa direbbe di sé? Anche se sono nato a Sulmona sono arrivato a Ravenna che avevo solo un anno, dunque mi sento romagnolo al 100%. Sono una persona determinata, di cui ci si può fidare e riverso la mia schiettezza anche nei rapporti di lavoro. In questi anni ho imparato a delegare: con il mio team condivido la visione dei miei progetti e cerco sempre di ottenere il loro massimo coinvolgimento in un’ottica di arricchimento non solo professionale ma anche personale. Che rapporto ha coi dipendenti? Direi ottimo. In Frigomeccanica i dipendenti del settore tecnico hanno orario flessibile, ci sono scadenze da rispettare e la mia squadra può organizzarsi come ritiene più opportuno a patto di arrivare pronta alla consegna. Penso che non avere l’ansia di un orario fisso aiuti a lavorare più serenamente e non so in quante aziende succeda la
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Antonio Cellentani.
stessa cosa. Capita che io venga al sabato o alla domenica e li trovi in ufficio: l’orario flessibile li ha responsabilizzati molto. Sono soddisfatto di avere una squadra giovane, ma molto preparata e motivata, questo è il segreto del nostro successo. Ovviamente non sono mancate persone che, di fronte a tanta libertà, hanno approfittato malamente della situazione, ma hanno anche avuto vita breve in azienda... Quali sono i vostri clienti principali e che rapporto avete con loro? Sono quasi tutte company dell’oil&gas per le quali realizziamo la maggior parte del nostro lavoro. Lavoriamo anche nei settori ospedaliero, industriale. Non sono, però, molte le società con cui abbiamo un rapporto diretto: per Eni abbiamo realizzato un impianto da 4 megawatt in Tunisia e ne stiamo realizzando un altro in Val D’Agri vicino a Potenza che implica un grande sforzo progettuale e di realizzazione.
tradizione e innovazione
idee
Qualche anno fa, trattando direttamente con Saipem, abbiamo acquisito una commessa x la progettazione e realizzazione di impianti HVAC per la piattaforma ICOEEP con destinazione Iraq. I nostri interlocutori principali, a parte la Rosetti Marino di Ravenna, sono comunque committenti fuori dalla nostra Regione. Con tutti abbiamo rapporti di lunga data e credo che, in Italia, nel nostro settore, Frigomeccanica si collochi tra le prime tre aziende. Non siamo mai intervenuti su un lavoro consegnato, non abbiamo mai avuto contestazioni e problemi quindi ci siamo creati una buona reputazione di cui andiamo molto orgogliosi. La qualità paga sempre e ci ha aiutati anche nei momenti più difficili: la caparbietà e la voglia di fare sempre meglio è stata apprezzata dai nostri clienti.
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Quali sfide affronterà prossimamente l’azienda? Uno dei prossimi obiettivi sarà realizzare apparecchiature speciali, costruite su misura, rivolte ad ambienti particolari e molto pericolosi. Sono pochissime in Italia le ditte che realizzano simili macchine: noi abbiamo già venduto 10 prototipi e stiamo preparando un catalogo per illustrarne le varie tipologie, diverse per potenza e dimensione, così che
il committente possa scegliere direttamente su catalogo tecnicamente dettagliato e procedere rapidamente all’ordine. Oggi operiamo su progetti e realizziamo l’impianto a seconda delle specifiche richieste, mentre scegliendo da catalogo possiamo avere la possibilità di internazionalizzarci in maniera efficace proponendo prodotti già finiti. Qual è stata la soddisfazione più grande avuta dal suo lavoro e il sacrificio che ha dovuto affrontare? Il sacrificio più grande è stato quello di non avere visto mia figlia crescere. Lavoravamo anche nei weekend, o sulle navi che si fermavano solo tre o quattro giorni dunque bisognava impegnarsi a testa bassa. Così l’ho vista poco, e spesso purtroppo solo la domenica. La soddisfazione più grande, invece, è stata realizzare il mio sogno fondando questa azienda anche se confesso di sentirmi ancora a metà strada: la mia testa ha idee nuove che frullano, spero che il corpo riesca a starle dietro e mi rendo conto che, alla soglia dei 70 anni, non ho più tantissimo tempo a disposizione. Ma di certo non mi fermerò!
La crisi economica vi ha ostacolato in questi anni? Non abbiamo avuto traumi particolari grazie a una gestione oculata e alla pianificazione annuale del budget. Il nostro ufficio tecnico riceve richieste e manda offerte ogni giorno: ne abbiamo già tante anche per l’anno prossimo. Non ricordo altre crisi simili nel settore dell’oil&gas, così pesanti e durature. Anni fa lavoravamo molto per la Tunisia e l’Egitto e le commesse sono diminuite soprattutto per le guerre in corso in questi Paesi. Quest’anno, per la prima volta, la situazione economica mondiale, non ci consente di fare una pianificazione precisa del budget per il 2016. La parte manutentiva, non avendo problemi a operare in tutto il mondo, ci ha sempre dato una mano in momenti difficili. L’ottimismo non manca, ma quest’anno abbiamo registrato una situazione più complicata rispetto agli anni passati.
sguardo al futuro
tecnologia
La vostra azienda spazia oltre i confini nazionali e avrà avuto modo di vedere realtà diverse da quella italiana. Dal suo osservatorio privilegiato, quali sono i punti di forza e di debolezza del nostro Paese? Gli italiani hanno quell’estro che manca agli altri, ma tendiamo a fare meno “lobby”. La Total, ad esempio, impone ai committenti di acquistare il materiale in Francia e la vendor list è in prevalenza composta da società francesi, in Italia questo non succede. Quando è entrata in azienda sua figlia Vanessa e di cosa si occupa? È arrivata negli anni ’90. È responsabile del personale e segue tutta la fatturazione per l’Eni, sia come manutenzione che per l’impiantistica nuova, è una materia particolare e complessa che da sempre segue con passione e competenza. Com’è lavorare con sua figlia? Che cos’ha portato di nuovo in azienda? Tra noi il rapporto è sereno, è molto precisa, lavora bene. Abbiamo il tacito accordo di non portare le questioni dell’ufficio a casa e, visto che fa parte del Cda, è piuttosto attiva in azienda. Le nuove generazioni hanno una visione delle cose diversa dalla mia visto che sono nate quando le tecnologie erano già alla portata di tutti. Personalmente ho un buonissimo rapporto con le persone più giovani: penso alla mia squadra con cui ho un interscambio continuo. Recentemente
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Il direttore tecnico Enrico Triossi.
abbiamo cambiato tutti i telefoni aziendali, ma io ho voluto mantenere il mio Blackberry visto che comunque non sono solito usare tutte le varie applicazioni dei nuovi smartphone. Ho comprato un tablet, ma abbiamo “fatto amicizia” poco per volta. Penso sia proprio una questione di mentalità: io posso imparare a usare le nuove tecnologie e ne comprendo l’importanza per snellire il lavoro, ma so anche lavorare senza quei supporti. Le uniche apparecchiature su cui sono ferrato sono quelle che ho in barca! Dunque il suo tempo libero la porta al mare... Al mare in assoluto, una passione che ho da quando ho memoria. Mi piace anche la montagna, ma l’ho sempre vista solo dal punto di vista sportivo. Ci andavo per sciare e, quando il medico me l’ha sconsigliato, ho smesso. Ho invece ancora un bisogno viscerale di andare in mare: dopo
sinergie
soli tre minuti, quando la barca si allontana dalla banchina mi trasformo, mi rilasso totalmente. Nel 2014 abbiamo fatto 1400 miglia, un giro bellissimo in barca a vela dove faccio tutto, tranne la cucina: ho bisogno che qualcuno mi nutra perché io, da solo, vado avanti con panini e scatolette! Quando sono in barca sto davvero bene, mi sento in pace con me stesso. Cosa invece la irrita? Chi alza la voce, le persone maleducate, l’arroganza. Penso che nella vita, non solo lavorativa, serva sempre il rispetto reciproco.
La nostra forza: determinazione e serietà
Poco più che ventenni, senza esperienza nel settore dell’allestimento fieristico, ma mossi da un grande entusiasmo, fondano la loro azienda nel 1993. Negli anni acquisiscono una solida esperienza anche in ambito internazionale e si fanno conoscere riuscendo a dare sempre forma, in maniera innovativa, alle idee dei loro clienti. Oggi allestiscono non solo stand nelle fiere di tutto il mondo, ma sale mostre, bar, negozi e ristoranti con arredamenti personalizzati senza aver mai perso lo slancio dei primi anni. Silvia Ciuffoli e Massimo Merli ci spiegano il segreto del loro successo: determinazione, caparbietà e serietà. 76
Alfiere fornisce un servizio innovativo nel campo degli allestimenti fieristici in Italia e all’estero. Vanta un gruppo di specialisti che affianca il progettista dall’identificazione del concept allo sviluppo del layout gestendo la commessa a 360 gradi e assistendo il cliente in tutte le fasi del processo con attenzione ed efficienza. Offre soluzioni ad hoc per la più eterogenea clientela grazie alla ventennale professionalità del proprio team che garantisce un servizio qualificato.
Quando è nata l’azienda e chi l’ha fondata? (Massimo) Alfiere, ALlestimenti FIERE, nasce nel 1993. Il nome fu scelto dai tre soci fondatori, oltre a me, Giuseppe Balestri e Silvia Ciuffoli, insieme ad alcuni collaboratori interni di quell’epoca. Volevamo individuare un nome che fosse pertinente all’attività, ma anche evocativo di altre sensazioni, altre qualità che riflettessero quelle della nostra attività. Per questo ricorremmo alla figura dell’alfiere che, tradizionalmente incarna colui che porta la bandiera, colui che tiene alto un ideale, pertanto ci sembrò una scelta pertinente. Venendo alla nascita della nostra attività ricordo che l’idea, la scintilla iniziale arrivò mentre con Giuseppe Balestri, mio attuale socio, stavamo realizzando artigianalmente delle attività per alcune aziende bolognesi. Iniziammo in quel periodo a pensare di poter creare qualcosa di nostro e di lì a poco accettammo la sfida costituendo la società nella quale subentrò ben presto Silvia a capo di tutta l’area amministrativa. (Silvia) In quegli anni nessuno di noi aveva particolare esperienza in questo ambito: Massimo ed io svolgevamo attività di rappresentanza nei settori rispettivamente del calzaturiero e dell’abbigliamento mentre Giuseppe lavorava alle dipendenze di una terza società. Per questo motivo fu tutto molto stimolante, dovevamo cimentarci con un mondo nuovo, con modalità operative e procedure da pensare e declinare in base a quelle che erano le nostre esigenze, le necessità della nostra azienda. Ma se ripenso a quel periodo, nonostante i sacrifici e le incertezze degli inizi, ricordo che nulla pesava davvero, si viveva quell’esperienza al pari di una sfida nella quale immergersi e cimentarsi con una spensieratezza e una passione incredibili. La bellezza e il fascino di diventare imprenditori in età così giovane, di lavorare, conoscere clienti e mercati nuovi, presentarci alle fiere più prestigiose realizzando progetti ambiziosi è davvero impagabile.
ALFIERE SRL
Via Santa Barbara, 95 - 48010 Fusignano (Ra) Tel. 0545.53111 • www.alfierespa.it
Che ricordi avete di quei primi anni? (Massimo) La ripartizione delle competenze in base alle
proprie caratteristiche, esperienze e specializzazioni fu il primo passo da compiere. Silvia quindi divenne subito la referente per l’amministrazione, Giuseppe per la produzione, e io mi dedicai all’area commerciale. Nel nostro comprensorio siamo stati dei precursori, occupandoci per primi di questo tipo di attività, quindi inizialmente non fu semplice individuare i fornitori ai quali commissionare i materiali di cui necessitavamo. Con una grande dose di buona volontà, caparbietà e capillarità, censimmo tutte le opportunità presenti e di rilievo per la nostra azienda e creammo la nostra rete di referenze iniziando concretamente a dare vita a ciò che, fino a poco tempo prima, era stata solo un’idea, un progetto di impresa. A ultimare il nostro progetto giunse anche il sostegno di alcuni istituti di credito locali che ci consentì di acquistare le ultime attrezzature, mezzi e strumenti necessari per essere operativi a tutti gli effetti. Dai 400 mq della nostra prima sede siamo passati ai 20.000 mq di quella attuale e questo è motivo di grande soddisfazione per quanto realizzato negli anni da una squadra affiata e giovane come la nostra, mossa da tanto entusiasmo, voglia di imparare, di mettersi continuamente alla prova e affrontare ogni sfida. Tutto per offrire ai nostri clienti l’eccellenza, con allestimenti e servizi sempre di prima qualità. In particolare, proprio qui a Fusignano, paese storicamente vocato al settore calzaturiero, operavano aziende molto attive nelle fiere di settore, quindi iniziammo a lavorare per loro realizzandone gli stand e tutti gli allestimenti relativi. Manteniamo tuttora rapporti con le aziende del comprensorio ed esportiamo ‘indirettamente’ le nostre strutture all’estero in virtù della partecipazione delle aziende stesse a fiere internazionali di settore. Invece, dal punto di vista meramente economico, l’espansione più eclatante per la nostra azienda si colloca negli anni che vanno dal 1993 al 1999 con un aumento di fatturato davvero interessante e con una relativa infinita soddisfazione da parte del nostro giovane team! Per una precisa scelta strategica, non abbiamo mai fatto ricorso a investimenti ingenti nell’area marketing in quanto
lungimiranza
I soci fondatori di Alfiere: da sinistra, Giuseppe Balestri, Silvia Ciuffoli e Massimo Merli.
il passaparola è sempre stato il nostro migliore biglietto da visita. Volevamo farcela da soli, dunque non abbiamo mai chiesto aiuto a nessuno, abbiamo creato dal nulla la nostra azienda e questo è fonte di un infinito orgoglio per quanto realizzato negli anni. Avete risentito della crisi? Che accorgimenti avete dovuto prendere? (Silvia) La crisi ci ha colpiti in pieno qualche anno dopo rispetto al disastro scatenatosi globalmente nel 2008. A partire dal 2011 siamo stati costretti a ridimensionare l’azienda ricorrendo anche a procedure di mobilità ma oggi, fortunatamente, il lavoro è ripartito, ci stiamo ristrutturando anche se con molta prudenza, ma riusciamo a guardare al futuro con più ottimismo. Il nostro valore aggiunto rispetto alle altre aziende sta nella tipologia di servizio che realizziamo, servizio che è
entusiasmo
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anche più numerosi a seconda dei periodi e dei progetti commissionati. La caratteristica che necessariamente chiediamo ai collaboratori è la flessibilità perché il nostro lavoro si basa sul problem solving e le aziende clienti sanno di poter fare affidamento su di noi, anche oltre il canonico orario di lavoro. È un lavoro impegnativo che però regala davvero grandi soddisfazioni, sia a livello di prestigio che sul versante economico purché, come detto, venga sempre svolto con il massimo della serietà, precisione e disponibilità nei confronti delle esigenze del committente.
assolutamente trasversale ai diversi settori merceologici e quindi destinato a non esaurire mai il proprio bacino d’utenza.
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Qual è stata la soddisfazione più grande che avete avuto in questi anni? (Massimo) Questo lavoro regala davvero tante soddisfazioni, direttamente proporzionali all’importanza e al prestigio degli allestimenti e agli sforzi fatti per realizzarli: ripenso ancora con enorme gioia agli stand realizzati per Kimbo e Kellog’s, davvero incredibili. Qual è stato, invece, un sacrificio che avete dovuto fare? (Massimo) Quando è iniziata la nostra avventura eravamo poco più che ventenni, con l’adrenalina e l’energia tipica di quell’età; si lavorava anche per 16 ore al giorno, ma non ne sentivi il peso. Con il tempo Silvia ed io abbiamo creato una famiglia e ci siamo resi conto di quanto fosse necessario riorganizzare noi in primis, la gestione del nostro tempo e in generale le nostre vite. Questo lavoro infatti lascia davvero poco tempo libero e gli affetti vengono necessariamente un po’ sacrificati, ma credo sia il denominatore comune di tutti coloro che considerano l’azienda una parte fondamentale della propria vita. Che rapporto avete con i vostri dipendenti? (Silvia) Direi buono. Oggi siamo una decina, ma siamo stati
creatività
Quali pensate debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Massimo) Siamo diventati imprenditori creando letteralmente dal nulla la nostra attività e riuscendo, nonostante le difficoltà, a costruirci un nome e una credibilità facendo esperienza diretta sul campo. Oggi a un giovane che intende creare una propria attività consiglierei di affidarsi a buone e solide basi con una preparazione che spazi in tutti i settori di interesse
imprenditoriale, dall’area legale a quella giuslavoristica, da quella contrattuale a quella finanziaria per indirizzarsi verso scelte il più possibile consapevoli. L’imprenditore deve essere preparato, competente e appassionato. (Silvia) Indubbiamente chi è alla guida di un’azienda deve avere l’attitudine alla leadership, deve essere coraggioso e decisionista, deve essere a proprio agio nel momento in cui è necessario richiedere dei finanziamenti, piuttosto che nella gestione dei problemi legati alla sicurezza sul luogo di lavoro o nei rapporti con gli istituti di credito. In definitiva deve essere un professionista con una formazione trasversale e una visione complessiva e strategica della propria attività. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Silvia) Le giornate in azienda sono piuttosto lunghe e, generalmente, divise tra gli impegni pianificati e le urgenze e le priorità che si presentano ora dopo ora. È molto complicato mantenere fede a una rigida pianificazione in quanto il nostro lavoro richiede una notevole dose di flessibilità e versatilità. (Massimo) Il mio ruolo prevede anche un controllo sull’attività dei miei dipendenti in termini di rispetto delle scadenze e delle tempistiche assegnate, quindi è necessario che io sia molto preciso e organizzato per far sì che tutto il processo non sia ostacolato da inefficienze di alcun tipo.
forza
Vi piacerebbe che i vostri figli entrassero a lavorare con voi in azienda? (Silvia) Al momento nessuno di loro si è espresso in questo senso. Il più grande ha 15 anni e frequenta l’Istituto Aeronautico in virtù di una sua autentica passione che mi auguro lo porti ad amare profondamente la professione che svolgerà un domani. Ovviamente mi piacerebbe che qualcuno dei nostri tre figli scegliesse l’azienda ma né Massimo né io potremmo mai arrivare a delle forzature in tal senso. (Massimo) Sono stato testimone del cambio generazionale avvenuto nelle aziende di alcuni clienti e mi sono reso conto di come, spesso, i figli vengano caricati di grandi responsabilità per occuparsi di attività che non incarnano la loro passione, ma piuttosto riflettono le aspettative dei genitori. Proprio per questo motivo lascerò ai miei figli totale libertà di scelta e se dovessero optare per altre strade, o decidere di seguire altre passioni, non imporrò in alcun modo il mio pensiero. Riuscite a coltivare qualche hobby? (Silvia) Il nostro lavoro non ha periodi più tranquilli rispetto ad altri, ci sono fiere nazionali e internazionali in qualsiasi periodo dell’anno, pertanto difficilmente riusciamo ad assentarci serenamente per una vacanza tutti insieme o a dedicare tempo a quelli che un tempo erano i nostri hobby preferiti. (Massimo) Quando ci siamo conosciuti amavamo fare attività subacquea, immersioni, viaggi in moto, in camper, giocavamo a tennis, ma con l’arrivo dei figli il nostro tempo libero è tutto dedicato a loro che, giocando a calcio e basket, hanno bisogno di essere accompagnati ai vari appuntamenti sportivi, in particolare durante il fine settimana. Torneremo alle nostre passioni quando i ragazzi saranno un pochino più grandi e, di conseguenza, autonomi. Cosa vi irrita? (Silvia) La mancanza di trasparenza e sincerità nei rapporti, sia personali che professionali.
nuove idee
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Sono una persona leale e onesta, spero sempre di relazionarmi con persone altrettanto chiare e sincere ma spesso la delusione è invitabile. Perché si continua nonostante tutto? (Massimo) Si va avanti perché l’appagamento che dà il realizzare un progetto dal nulla è davvero infinito. (Silvia) Perché ci piace profondamente ciò che facciamo. Nell’anno più difficile per noi, il 2012, i nostri fornitori ci hanno ripagati di vent’anni di serietà restando al nostro fianco. Anche per loro abbiamo deciso di continuare e di non mollare. Non sappiamo se la nostra scommessa sarà vincente, ma a tre anni di distanza siamo ancora qui con nuovi progetti da realizzare e lo stesso entusiasmo di un tempo.
correttezza
L’esperienza al servizio del porto Augusto Ferri fonda Syc nel 1992 dopo aver lavorato diversi anni nel settore. Dal 2001 lo affianca il figlio Marcello che oggi segue l’intera gestione dell’azienda supportato da un team qualificato. Con un’ampia scelta di prodotti e servizi offerti, e forte di anni di esperienza, il gruppo di Syc è in grado di soddisfare, in tempi celeri e a prezzi competitivi, le esigenze della clientela con progetti personalizzati. Vanta clienti nazionali e internazionali tra cui multinazionali petrolifere che continuano a rivolgersi a Syc per la serietà e la professionalità dimostrata negli anni.
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Syc, azienda leader nel settore della produzione, vendita e noleggio di containers, reefer e moduli abitativi, per uso civile, industriale, militare e umanitario, si impegna da oltre 20 anni a soddisfare le esigenze di una clientela sempre più vasta. Ubicata nella zona sud del Porto San Vitale, grazie alla sua posizione ottimale, al personale qualificato e all’ampia scelta di prodotti e servizi, realizza anche riparazione e deposito containers alle compagnie di navigazione, riempimenti e svuotamenti di containers grazie al proprio magazzino doganale privato per lo stoccaggio del materiale.
SYC SRL
V.le 13 marzo 1987, 2 - 48122 Ravenna Tel. 0544.436900 • www.syc.it
Quando nasce l’azienda e chi la fonda? L’ho fondata io nel 1992. Negli anni ’80 mi sono messo in proprio dopo avere maturato una pluriennale esperienza come dipendente sempre in questo settore. Ho lavorato 4 anni per Mecnavi ed ero uno dei cinque capi squadra. Qualche tempo prima del grave incidente che li colpì, e che scosse duramente il Porto e tutta la nostra città, ne uscii perché volevo mettermi in proprio, volevo dare vita a qualcosa di mio e lasciare un segno del mio passaggio. Così fondai Rc Container che poi cedetti per fondare Syc Società immobiliare commerciale - nel 1992. Che ricordo ha di quei primi anni? Ho iniziato da solo con mia figlia Laila nell’ufficio amministrazione dando il lavoro in appalto come la maggior parte delle società qui al Porto poi, purtroppo, abbiamo avuto alcune difficoltà nella riscossione dei pagamenti che hanno un po’ rallentato l’attività. Nei primi tempi seguivo tutto, dalla manutenzione, alle vendite, all’ufficio acquisti poi, piano piano ho assunto alcuni dipendenti. Vengo da una famiglia di agricoltori abituati a lavorare a testa basta “da buio a buio” pertanto non mi sono mai risparmiato e sono sempre andato avanti con umiltà. Negli anni mi sono stabilizzato e ho acquisito come clienti tutte le compagnie di navigazione presenti a Ravenna. Oggi lavoriamo con due aziende di Cesena che realizzano per noi i container, utilizzando nostro materiale, mentre qui in sede produciamo e collaudiamo i container nuovi DNV per l’offshore. Mettersi in proprio era il suo sogno da bambino? Pensavo di diventare piccolo imprenditore, ma non a questi livelli. Immaginava, invece, di affermarsi in questo settore? Direi proprio di no. Come ho detto, lavorare non mi ha mai spaventato, anzi! Le mie 280/300 ore al mese, con i tre lavori che avevo da ragazzo, le ho sempre fatte. Sono entrato in Mecnavi essenzialmente per motivi economici, più che per uno spiccato interesse per il settore: c’era la possibilità di lavorare tanto e di essere retribuiti il giusto per vivere bene.
Oggi il vostro team da quante persone è composto? Siamo io e mio figlio Marcello come titolari, Davide che realizza i disegni tecnici e segue la gestione del materiale in entrata, Vanna che segue la contabilità e diversi operai tecnici. Otto anni fa abbiamo assunto quello che era il commerciale di un nostro cliente con un’esperienza ben consolidata che ci segue le commesse nuove. Laila è uscita nel 2008 preferendo dedicarsi alla sua famiglia. Marcello, invece, ha fatto la sua gavetta ed è entrato nel 2001, oggi gestisce in toto l’azienda mentre io seguo la parte finanziaria. Mio figlio si è decisamente fatto le ossa sul campo qui in Syc, mentre negli anni precedenti aveva comunque acquisito altre esperienze. Che caratteristiche si attribuisce come imprenditore? La determinazione e la costanza. Non è facile, oggi, barcamenarsi tra la burocrazia e la concorrenza. Com’è cambiato il lavoro al Porto in questi anni? È stato quasi monopolizzato dalle Istituzioni e dalle cooperative che hanno peggiorato la situazione. Tutta la gestione è diventata più complessa e fortunatamente noi abbiamo diversificato non concentrandoci solo sulla zona portuale, ma noleggiando anche basket, container e piattaforme. Vi ha toccati la crisi? Avete dovuto prendere accorgimenti? Ci ha coinvolti, ma per fortuna marginalmente: abbiamo fatto solo un mese di cassa integrazione un paio di anni fa. Ma questo perché abbiamo cambiato completamente il modo di lavorare non vendendo più con pagamento lungo e facendoci pagare il materiale appena uscito. Le banche ci sono venute incontro così non abbiamo mai rimandato un pagamento. Lavorando in questo settore avevamo avuto avvisaglie dell’arrivo della crisi in tempi non sospetti, dunque siamo corsi ai ripari tempestivamente. Purtroppo, però, non vediamo ancora la luce in fondo al tunnel: tante aziende hanno chiuso e la ripresa penso sia ancora lontana. Rispetto a due anni fa le cose sono un po’ migliorate, ma non abbiamo più clienti privati avendo mantenuto solo i grandi committenti.
tradizione
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Augusto Ferri.
In azienda la affianca suo figlio, com’è il vostro rapporto di lavoro? Ottimo. Come dicevo lui segue ormai tutta l’organizzazione dell’azienda, il piazzale con Davide, uno dei nostri migliori dipendenti e tutta la gestione degli ordini. (Marcello) Le due generazioni un po’ si scontrano, ma il nostro è un buon rapporto: discutiamo, ma, alla fine, troviamo sempre un accordo. Ha deciso lei di entrare nell’azienda di famiglia o ha seguito il suggerimento di suo padre? (Marcello) Mio padre non me l’ha mai chiesto direttamente, ma sin da quando ero bambino immaginavo che un giorno sarei entrato in Syc. Anche se ho studiato da elettricista ho imparato il mestiere sul campo chiedendo consigli a lui che ha esperienza da vendere.
Cos’ha portato suo figlio nel modo di lavorare in azienda? Ha puntato sullo svuotamento e il riempimento dei container, attività che avevo solo iniziato a sviluppare e che, invece, lui ha potenziato. Nati come terminal container abbiamo diversificato, negli anni, lasciando completamente questa prima attività per occuparci di altro seguendo le richieste del mercato. (Marcello) La compravendita dei contenitori è la nostra attività primaria, poi c’è il noleggio e la progettazione ad hoc in base alle esigenze dei clienti. Abbiamo investito molto anche sui container frigo, adatti al trasporto di merce deperibile ed equipaggiati con un motore collegato ad apposite colonnine, che permette sia in viaggio che nei Terminal Portuali di mantenere una temperatura costante della merce.
coraggio
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Chi è più combattente e chi più mediatore tra voi due? (Marcello) Dipende dalle occasioni anche se, generalmente, medio più io. Che rapporto avete, invece, con i dipendenti? (Marcello) La nostra azienda funziona perché tutti ci sentiamo parte di un’unica squadra. In Syc non c’è il titolare su un livello e i dipendenti più in basso: se non fossimo quasi una famiglia allargata non saremmo andati avanti anche nei momenti difficili. Davide mi affianca e realizza anche i disegni; prima li seguiva mio padre avendo studiato disegno tecnico, facendosi dare l’ok finale da un ingegnere. Qual è stata la soddisfazione più grande in questi anni di lavoro? (Augusto) Abbiamo clienti al top a livello nazionale
passione
e internazionale che continuano a rivolgersi a noi riempiendoci di orgoglio. Soprattutto nel settore delle piattaforme funziona ancora il passaparola e capita che si presenti un cliente che ha visto una nostra realizzazione e ce ne commissioni un’altra. Tra i nostri clienti anche
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Lo staff di SYC.
Autogrill, Aeronautica Militare, ABB e Intertaba. (Marcello) Quando un cliente ritorna o ti chiama per un lavoro dicendo che ha sentito parlare bene di te è sempre una grande soddisfazione. Tra i nostri clienti abbiamo alcune multinazionali petrolifere che noleggiano i nostri basket per i lavori sulle piattaforme in tutto il mondo. Qual è, invece, un sacrificio che avete dovuto fare? (Augusto) Quando lavori in proprio, per la tua azienda, niente può essere vissuto come sacrificio. (Marcello) Non mi sento di parlare di sacrifici anche perché, avendo una squadra valida, ci organizziamo per esserci a rotazione il sabato e la domenica soprattutto nei mesi di maggio, giugno, novembre e dicembre dove registriamo un picco di lavoro. Anche per le ferie, essendo tutti intercambiabili, riusciamo ad assentarci tranquillamente.
organizzazione
Quali sono i vostri hobby? (Augusto) Io ho una vigna e degli ulivi nelle colline di Cesena che danno il “mio vino e il mio olio”. A fine anno passo le vacanze ai Caraibi affittando una casa e
rilassandomi con mia moglie. (Marcello) Io amo pescare, una passione che ho da sempre e che coltivo con piacere girando il mondo alla scoperta di bei posti. Cosa vi irrita? (Marcello) La parola data è importante: se mancano correttezza e sincerità i rapporti s’incrinano necessariamente. (Augusto) Un tempo aveva ancora un significato la stretta di mano, oggi, purtroppo non è più così e questo mi irrita molto. Perché si continua nonostante tutto? (Augusto) Perché ce l’ho nel sangue, è la mia passione. (Marcello) Anch’io perché amo ciò che faccio e mi piace farlo sempre meglio.
precisione
La vostra sicurezza è il nostro obiettivo
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Tiziano Fabbri è arrivato in Vetras solo da 10 anni, ma ha assistito a grandi cambiamenti che hanno portato l’azienda a rimanere sul mercato, nonostante la difficile congiuntura economica, come leader nella produzione di serramenti. Con entusiasmo e un pizzico di curiosità ha assunto il ruolo di responsabile commerciale, segue la parte organizzativa affiancando la socia “storica” Piera Boni, in azienda dal 1977. Con un team di 8 professionisti, Vetras continua a puntare sulla qualità dei prodotti, forte anche di una clientela affezionata. Rimboccandosi le maniche e non dando mai nulla per scontato, i titolari di quest’azienda ravennate hanno saputo ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel mercato dei produttori di serramenti.
Con 40 anni d’esperienza, Vetras produce finestre, persiane e serramenti, prodotti all’avanguardia, curati nei minimi dettagli che fanno della qualità, il loro punto di forza. L’azienda propone una fornitura personalizzata di chiusura balconi, infissi, scorrevoli, zanzariere, vetrate isolanti, porte interne, blindate e prodotti vetrari su misura per arredamento d’interni. Effettua anche lavorazioni in acciaio inox, acciaio cor-ten e bronzofinestra.
VETRAS SERRAMENTI SRL
Via Trieste, 200 - 48122 Ravenna Tel. 0544.420255 • www.vetras.it
Quando nasce Vetras e chi la fonda? L’attività è nata nel 1958 con il nome ‘Vetraria Ravennate’ ed è stata fondata da Ugo Bonadonna e Carlo Mattera (deceduto nel 1978). La prima sede si trovava in via Girolamo Rossi, poi nell’agosto del 1977 quando la denominazione cambiò in ‘VET.R.AS. SRL’ Vetrerie Ravennati Associate, la sede venne trasferita in via Pirano e al fondatore si affiancarono altri compagni di viaggio tra cui Guerrino Tonini, socio e amministratore fino a due anni fa. Nel 2005 l’azienda ha modificato la ragione sociale in ‘Vetras serramenti’ e si è definitivamente trasferita in via Trieste, nei pressi del palazzetto dello sport. La compagine societaria in quel momento comprendeva oltre a me anche Paola Bonadonna, figlia del fondatore e purtroppo deceduta poco dopo il trasferimento, Piera Boni, dipendente storica arrivata in Vetras nel ‘77 e diventata, successivamente socia, e Guerrino Tonini. Oggi l’assetto definitivo vede me e Piera alla guida dell’azienda. Qual è il percorso che l’ha portata qui? Io sono originario di Casola Valsenio (Ra) e ho lavorato per una decina d’anni alle dipendenze di quella che oggi si chiama BPB Italia, azienda produttrice di lastre in cartongesso. In quegli anni accumulai molta esperienza vedendo nascere lo stabilimento dell’azienda e assistendo a tutte le fasi, dalla progettazione alla produzione finale. Poi mi si prospettò la possibilità di mettermi in proprio grazie ad amici comuni che mi misero in contatto con Piera che era alla ricerca di un commerciale per Vetras. Così nel 2005 arrivai in azienda, mi appassionai al lavoro e decisi di rimanere seguendo inizialmente l’area commerciale per poi occuparmi anche della parte organizzativa. Mettersi in proprio era il suo sogno da bambino? Non ricordo che lo sia stato così precocemente, anche se il pensiero di creare qualcosa di mio non ha tardato ad arrivare una volta entrato nel mondo del lavoro. Ho sempre amato stare in mezzo alle persone, imparare cose nuove e sperimentare: entrare in Vetras è stata una sfida visto che non avevo mai lavorato in questo settore, ma come
ogni sfida, mi attirava dunque ho provato e, oggi, ne sono davvero molto soddisfatto. Che ricordi ha di quei primi anni in Vetras? L’azienda era molto diversa da come si presenta oggi: gli spazi in via Pirano erano grandi, ma la struttura era obsoleta. Se penso a quello che era l’azienda una decina di anni fa... oggi guardo i nostri nuovi uffici, lo show room da noi ideato e recentemente aperto in via Trieste, insomma il cambiamento è davvero grande e tangibile. I sacrifici sono stati tanti, ne stiamo facendo tutt’ora, ma ne è valsa la pena perché la trasformazione, l’evoluzione della nostra azienda ci ha ripagato dei tanti momenti difficili. Oggi da chi è composta la squadra in azienda? Oltre a Piera e me, ci sono sei ragazzi che compongono il team operativo. Abbiamo grossi gruppi dai quali acquistiamo il prodotto finito che poi andiamo a installare: i nostri ragazzi si occupano sia dell’attività in officina che dell’installazione finale ai clienti. Il nostro core business resta nei serramenti in alluminio. Nonostante il pvc sia ormai inflazionato visto che i Paesi dell’Est lo producono a costi irrisori, abbiamo deciso di puntare su un materiale di alta qualità, tra l’altro molto più economico da smaltire ed ecosostenibile: l’alluminio appunto. In alcune regioni della Germania il pvc è già stato abolito e penso e spero che anche in Italia arriveremo ad abbandonarlo tra qualche anno. Che caratteristiche si attribuisce come imprenditore? Di certo sono una persona flessibile: entrando in azienda ho dovuto imparare ex novo tutte le fasi di realizzazione del prodotto anche se penso che per conoscerlo nel modo più completo sia indispensabile essere in grado di costruirlo e montarlo correttamente. Conoscere perfettamente un prodotto per essere in grado di rispondere ai vari quesiti dei clienti è fondamentale dunque devi avere anche conoscenze tecniche soprattutto per il vetro. Cinquant’anni fa ne esistevano solo poche tipologie, oggi è cambiato tutto, non si lavora più con un vetro monolitico, le composizioni
sguardo al futuro
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Lo staff di Vetras.
sono diverse: dal vetro in camera a quello stratificato fino alla doppia stratificatura di sicurezza e ai vetri blindati. Quindi la conoscenza tecnica dei prodotti deve essere un elemento necessariamente trasversale, condiviso da
tutte le figure dell’azienda per un servizio al cliente il più efficace ed efficiente possibile. Un’altra caratteristica che mi attribuisco come imprenditore è indubbiamente la cocciutaggine, anche se le circostanze spesso inducono a dosarla per ottenere i risultati sperati... Chi sono i vostri clienti e qual è il vostro bacino d’utenza? Lavoriamo prevalentemente nella provincia di Ravenna. Abbiamo realizzato opere vetrarie per l’Abbazia di Pomposa, il Museo Etrusco di Ferrara, Bcc Ravennate & Imolese, la Loggetta Lombardesca, Chiostri Francescani, Stadio Manuzzi di Cesena, locali cittadini come il Tribeca o il Traffic Cafè, lo stabilimento balneare Cala Celeste di Lido Adriano, quindi commesse prevalentemente civili. La soddisfazione più grande di questi 10 anni in Vetras? Le soddisfazioni spaziano da una commessa importante
competenza
e riuscita bene che ci ha consentito di fidelizzare il cliente, all’avere appreso una nuova professione che si è aggiunta al bagaglio personale di conoscenze. Di soddisfazioni ne ricordo davvero tante nonostante sia qui da relativamente poco tempo. Qual è, invece, il sacrificio più grande fatto? Rinunciare al tempo libero: qui si lavora anche al sabato, ma lo si fa per dedizione e per passione quindi non posso considerarlo un sacrificio vero e proprio.
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Che rapporto avete voi titolari con i dipendenti? Direi buono e spero che anche per loro sia cosi. Quello che mi dispiace è la poca responsabilità che a volte tendono ad assumere, forse anche per colpa del titolare… Bisogna occuparsi di ogni cosa, ogni aspetto del lavoro e, spesso, ricordare ai dipendenti le priorità. Così, la mattina, appena arrivo, come prima cosa faccio il punto del “chi deve andare dove”. Mi spiace però che per molti tutto sia dovuto nonostante il mercato mostri quanto sia difficile e complesso il mondo del lavoro oggi. Come avete affrontato la crisi, ne avete risentito? Da tre o quattro anno registriamo una piccola flessione. Da 15 persone siamo passati a 8, abbiamo ridotto lo stabile, cosa che dovremo nuovamente valutare per ottimizzare le risorse e cercare di contenerne i costi. Tutto sommato, fortunatamente, non abbiamo dovuto fare tagli drastici. La crisi ha fatto sì che cambiassimo sia il modo di lavorare che di porci al cliente, ma siamo ancora qui!
Qual è la sua quotidianità in azienda? Ho un paio di appuntamenti fissati al giorno, ma per la maggior parte del tempo si lavora in base alle priorità che subentrano di volta in volta. Generalmente entro alle 7.30, riguardo con i ragazzi i lavori da svolgere in giornata poi seguo le attività che mi competono e rientro a casa sulle 19.
Qual è la frase che si ripete in un momento difficile per andare avanti? “Se ci sono ancora, vuol dire che qualcosa valgo e vale l’azienda”. Restare sul mercato è diventato davvero complicato, gli insoluti dai quali nessuno ci tutela sono tanti. Molti clienti si stupiscono delle nostre richieste di acconti sulle vendite ma incassare ai nostri giorni è diventata una vera e propria mission impossible quindi dobbiamo tutelarci in qualche modo.
Quando non è in azienda cosa fa? Ha degli hobby? Mi piace camminare e stare con gli amici. Poche volte riesco a organizzarmi e andare via per un weekend, raramente viaggio nelle due settimane canoniche di chiusura dell’azienda in agosto. Da quando ho trasferito la mia residenza a Lido Adriano (Ra) mi godo il più possibile il mare, ma rientro spesso anche a Casola Valsenio dove vivono i miei genitori e i miei fratelli. In più sono uno dei 40 volontari dei Vigili del Fuoco di Casola da circa 15 anni e
volontà
una volta al mese vado in collina e sto con gli amici: se c’è l’intervento si parte, diversamente si sta semplicemente in compagnia. Ammetto di non viaggiare da un paio d’anni perché è pur vero che “se non te ne vai non stacchi”, ma è anche vero che come ti rilassi a casa... Qual è una cosa che la irrita? L’arroganza e la maleducazione mi infastidiscono, ma anche chi sparla dell’azienda in cui lavora. Perché si continua nonostante tutto? Perché non mi vedrei in altra posizione: amo ciò che faccio pur con tutti i sacrifici che il mio lavoro comporta. Non è facile lasciare il proprio ruolo e inventarne un altro dall’oggi al domani e comunque non sarebbe nel mio stile. Mi piacerebbe dedicarmi alla salute e benessere: i negozi bio sono in crescita così come i vegetariani e i vegani e anch’io, nel mio piccolo, cerco di tutelare il mio benessere con un’alimentazione corretta e uno stile di vita sano. Mi piacerebbe realizzare qualcosa anche in questo settore, magari dando vita a un’associazione che raggruppi tanti professionisti omeopati e naturopati e dia alle persone tutte
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le informazioni e il supporto necessari a prendersi cura di sé e condurre una vita sana. Purtroppo, al momento, resta solo un’idea, chissà che in un prossimo futuro...
sinergie
Un polo d’eccellenza romagnolo
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Il CIRI (Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale) è uno strumento dell’Università di Bologna che ha lo scopo di svolgere e coordinare attività di ricerca rivolte al potenziamento dei rapporti con l’industria, alla promozione dei risultati della ricerca e al trasferimento tecnologico per rispondere alle esigenze del mondo produttivo. Il CIRI Agroalimentare di Cesena, diretto dal Professor Marco Dalla Rosa, nasce nell’ambito del progetto Tecnopoli, che intende creare una rete di infrastrutture per la ricerca e l’innovazione, dedicata alla ricerca industriale e al trasferimento tecnologico. Le peculiarità del CIRI Agroalimentare ruotano attorno alla visione integrata dell’alimento come frutto di una sequenza di interventi calibrati in modo da programmare e prevedere la sicurezza, la qualità organolettica e nutrizionale e la shelf-life del prodotto. A tal fine, le competenze tecnologiche, microbiologiche, analitiche e nutrizionali, presenti all’interno del CIRI Agroalimentare, sono integrate in modo da fornire all’industria non solo un servizio ma un supporto per tutte le fasi della produzione.
CIRI AGROALIMENTARE
Piazza Goidanich, 60 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547.38111 • www.agroalimentare.unibo.it
Quando nasce il Ciri e per iniziativa di chi? I Ciri, Centri Interdipartimentali di Ricerca Industriale sono 7, sono nati nel 2010 e fanno capo all’Università di Bologna. In particolare, quello di Cesena si occupa del settore agroalimentare, gli altri sono relativi a scienze della vita, information technology, energia e ambiente, meccanica avanzata e materiali, edilizia e costruzioni e, infine, aereonautica. Nascono per un accordo sottoscritto tra l’Università di Bologna e la Regione Emilia-Romagna che ha declinato i fondi di sviluppo strutturale in un’organizzazione chiamata ‘Piattaforma Alta Tecnologia’ dando vita a 6 piattaforme (l’areonautica è inclusa nella meccanica). La sede di Ciri Agroalimentare, centro dedicato alla ricerca industriale, innovazione e trasferimento tecnologico, è ospitata nel Campus di Scienze degli alimenti di Cesena. Inizialmente ho lavorato in qualità di referente di unità operativa poi sono diventato direttore del Centro che è strutturato in due unità operative principali: “Area di processo, alimenti, consumi e salute”, il cui referente scientifico è il Professor Fausto Gardini, e “Bioanalitica, bioattività, microbiologia e valorizzazione di microrganismi a fini industriali”, il cui referente scientifico è la Professoressa Maria Fiorenza Caboni. Le due aree si inseriscono in un progetto unitario che ha come punto di forza collaborazioni già in essere tra diverse competenze tecnologiche, microbiologiche, chimico-analitiche, nutrizionali e biotecnologiche. Oggi la nostra squadra è composta da una quarantina di docenti strutturati che fanno capo al Dipartimento e al Ciri e una ventina di giovani ricercatori borsisti o assegnisti. Professore qual è il percorso che l’ha portata qui? Nato a Trento, mi sono laureato a Bologna in Scienze Agrarie con indirizzo biotecnologico, ho trascorso 15 anni a Udine prima come ricercatore poi come professore associato e, dal novembre 2000, sono qui a Cesena come professore ordinario di tecnologie alimentari dell’Università di Bologna. Insegnare era il suo sogno da bambino? Non tanto l’insegnamento quanto, piuttosto, la ricerca. Mi sono diplomato nel 1974 in un prestigioso istituto agrario trentino e iscrivendomi all’università ho subito indirizzato il
dedizione
mio percorso verso la ricerca in campo alimentare. Che ricordo ha degli anni all’università? Le difficoltà del precariato: oggi se entri all’università con una borsa di studio o un assegno di ricerca hai qualche tutela in più. Chi aveva qualche anno più di me ed era entrato con i giusti canali, mi riferisco ai progetti CNR o i progetti finalizzati nazionali, con assegni riconosciuti anche dal punto di vista pensionistico, era tutelato mentre io, ad esempio, sono stato per anni una sorta di freelance, aprendo posizioni tipiche del libero professionista ma senza nessuna tutela assistenziale. Oggi, chi lavora in università anche se a tempo determinato ha una posizione Inps che verrà riconosciuta, anche se resterà in quell’ambiente soli pochi anni, una differenza fondamentale rispetto ai miei tempi. D’altra parte, gli attuali “precari” della ricerca hanno minori prospettive di impiego a lungo periodo nell’ambito accademico. Quali sono i servizi che un Centro come questo può offrire alle imprese? Le imprese si rivolgono a noi per risolvere determinate problematiche legate a prodotti che non soddisfano gli auspicati requisiti di qualità e durata. Oppure perché desiderano innovare i loro prodotti e trovare una strada diversa, nel mercato di prodotti alimentari, e mettere in campo progetti per nuovi mercati per i loro prodotti. Cercano, quindi, conferme analitiche o vogliono intraprendere percorsi che consentano loro di raggiungere nuovi segmenti di mercato. Quali sono i principali progetti di ricerca industriale applicata che state curando in questo momento? Ce ne sono diversi. Stiamo partendo con progetti regionali la cui prima fase si realizzerà a fine settembre, mentre la seconda a fine ottobre, che serviranno a creare rapporti con le aziende grazie a nuovi finanziamenti. Le imprese cercano un sempre maggiore impatto tecnologico sul prodotto: proprio in questi giorni, stiamo partendo con un’ottimizzazione di apparecchi domestici di cottura per migliorare le loro condizioni di lavoro. Stiamo seguendo un progetto sui campi elettrici pulsati (PEF) impiegati per aumentare la porosità dei materiali, utile sia per accrescere la capacità di impregnazione di un prodotto,
passione
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Marco Dalla Rosa, Professore Ordinario di Tecnologie alimentari, Direttore del CIRI Agroalimentare dell’Università di Bologna.
sia per avere un effetto antibatterico a bassa temperatura. Stiamo lavorando anche con gli ultrasuoni applicati agli alimenti per evitare o limitare l’utilizzo del calore e individuare così uno ‘strumento’ che sia meno dispendioso dal punto di vista energetico e comporti migliorie sia qualitative che in ordine alla sicurezza del prodotto. Infine, in passato, abbiamo contribuito a innovare il comparto degli strumenti di cucina, ad esempio collaborando a creare un forno professionale (Electrolux) con l’ottimizzazione della cottura e l’emissione di una sorta di ricevuta per ogni ciclo in cui si attesta che il prodotto è stato trattato in maniera sicura, oppure in collaborazione con De Longhi a progettare nuove tecnologie di utilizzo di forni a microonde e friggitrici domestiche. Anche all’interno di Expò, un’ottima vetrina per tutto il comparto, abbiamo presentato progetti seguiti dal Centro, come la nuova produzione di snack funzionali con frutta disidratata, addizionata di componenti antiossidanti, vitamine,
ottimismo
finanziamenti attualmente attivi e fruibili sono molteplici, ma è fondamentale capire come potervi accedere, cosa non sempre semplice vista la mole di burocrazia che ‘incombe’ sulle aziende che decidono di ricorrere a tali opportunità. Quali sono le grandi aziende che si rivolgono al Ciri e al Dipartimento? Importanti referenze locali come Orogel, Sipo, Apofruit, Pizzoli, Co.Ind., Agribologna, Granarolo, Coop, Amadori, Esse-Caffè, Babbi, ma non solo. Negli anni scorsi abbiamo avuto numerose collaborazioni con Unilever mentre Barilla è tuttora coinvolta in alcuni progetti specifici sull’innovazione di prodotto. Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto nel suo lavoro e quale il sacrificio che le è pesato maggiormente? Di soddisfazioni ne ho avute tante, soprattutto se penso ai lavori pubblicati che hanno ricevuto riscontri positivi a livello internazionale e numerose citazioni. Due anni fa ho organizzato a Bologna il convegno internazionale della Federazione Europea delle Scienze e Tecnologie Alimentari (EFFoST) che è andato molto bene. Sono stato impegnato per settimane quasi 24 ore
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probiotici che può avere un effetto salutistico superiore a quello della frutta ‘normale’ disidratata. Tornerò nuovamente in Expò per il World Food Forum organizzato dalla Regione Emilia-Romagna e per coordinare un tavolo nel Convegno Mondiale degli Agronomi nella sessione sulla sicurezza alimentare e sprechi assieme ad Andrea Segrè, nostro ex direttore di dipartimento. Le imprese come arrivano a voi? Come si articola la vostra comunicazione all’esterno? Per la parte universitaria non c’è una comunicazione vera e propria, tranne quella veicolata attraverso il sito del polo universitario, del dipartimento e quella che si fa comunemente nei convegni. Per le attività del Ciri e della piattaforma Alta Tecnologia della Regione Emilia-Romagna, la maggior parte del lavoro è svolto da Aster che coordina la Rete Alta tecnologia dell’Emilia-Romagna mettendoci in contatto con
aziende e associazioni di categoria che possono veicolare la promozione e le Agenzie di trasferimento tecnologico come, per esempio, Centuria in Romagna o Democenter in Emilia. Queste ultime conoscono anche prima di noi le possibilità di finanziamento attive e supportano le aziende loro socie nella presentazione di progetti in cui noi figuriamo come prestatori d’opera. Oltre a questo ci sono naturalmente le fiere o i convegni che sono ottime vetrine per presentarsi all’esterno. Ci sono stati cambiamenti dopo la crisi economica? Le aziende hanno modificato le loro esigenze? Riscontriamo un maggiore afflusso di imprese rispetto agli anni passati, sempre più spesso viene chiesto il nostro aiuto per realizzare nuovi prodotti e trovare nuove soluzioni produttive. Inoltre, con le normative che consentono il credito d’imposta per chi investe in ricerca, le aziende sono agevolate. I
volontà
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al giorno ma è stato davvero gratificante vedere il successo che ha riscosso quell’evento. Oggi la mia soddisfazione è avere un gruppo scientificamente molto produttivo e ricevere da tutto il mondo tante richieste di collaborazione. Il sacrificio invece vira sul versante personale, avendo dovuto trasferirmi con la famiglia per tre volte in una sorta di transumanza tutt’altro che semplice, ma accettata di buon grado in considerazione della passione che portava con sé. Ricopre un ruolo di grande responsabilità e prestigio, quando finalmente riesce a staccare a cosa si dedica? Vado per mare, con la passione di sempre per le regate. Da ragazzo uscivo in barca sui laghi del Trentino, qui in Romagna esco in mare: il sabato si prepara la barca e non si pensa ad altro, ci si riossigena e ci si rilassa completamente pur facendo il pieno di adrenalina che comporta il confrontarsi tra le boe.
forza
Questa è la vera essenza dei Capitani d’Imprese.
CONFIMI Industria Romagna ringrazia le aziende Alfiere Srl Bi.Com System Srl Bomag Italia Srl Ciri Agroalimentare Enologica Sippi Srl Frigomeccanica Group Srl ME.G.A. Srl Molducci Srl Passanti Costruzioni Meccaniche Srl Quick Spa Res Marina Srl RM Srl Saba Srl Stilplast Srl Studio Consulenti Associati SYC Srl Tecnoindustria Piping Srl Valvotubi Ind. Srl Vetras Serramenti Srl
A s s o c i a z i o n e
I m p r e s e
M a n i f a t t u r i e r e
Confimi Industria Romagna • Sede provinciale Via Maestri del Lavoro, 42/f 48124 Ravenna (Frazione Fornace Zarattini) www.confimiromagna.it