3a edizione
con il contributo di
si ringrazia
Provincia di Ravenna
Coordinamento: Benedetta Ceccarelli • Ufficio Comunicazione e Sviluppo Confimi Impresa Ravenna Interviste: Marianna Carnoli • Setteserequi, settimanale di informazione Concept e format: ABC Srl • Ravenna Editing, progettazione grafica e impaginazione: ABC Srl • Ravenna Foto: Giorgio Biserni • Ravenna (e, in alcuni casi, foto tratte dagli archivi delle aziende) Stampa: La Greca Arti Grafiche Sas • Forlì Finito di stampare nel mese di novembre 2014
3a edizione
Indice 7
Introduzione a cura di Gianni Lusa, Presidente Confimi Impresa Ravenna
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Un’azienda giovane che guarda lontano | Prima Folder Srl
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Introduzione a cura di Fabrizio Matteucci, Sindaco di Ravenna
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Carradori per passione | O.R.I. di Altini Luigi & C. Sas
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Introduzione a cura di Natalino Gigante, Presidente Camera di Commercio di Ravenna
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Il cuore leale di un romagnolo | Mer-Com Srl
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La tempra di un team vincente | Sopam Officine Srl
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Vietato arrendersi | Prometal Srl
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Il giro del mondo in 40 anni | Prati Srl
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Strumenti per la tua comunicazione | ABC Srl
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La mia casa? Il mare | Dellapasqua DC International Yachts Srl
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Un centro per l’innovazione al servizio delle imprese
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Ritratti
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Al servizio del mare | Container Service Ravenna Srl
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Tradizione ed eleganza per uno stile sempre attuale | Maglificio di Traversara Sas
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L’intuizione vincente | Terme di Punta Marina Srl
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La passione di una grande famiglia | Secom Service Srl
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Il successo di una scommessa coraggiosa | Proiezione Più Srl
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Il DNA non mente | Scatolificio Senio Srl
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Il miglior riposo made in Italy | Maxitalia Srl
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Un secolo di nuovi progetti | Officine De Angelis Spa
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Una famiglia tecnologica | 3B Technology Srl
Centuria Agenzia per l’Innovazione della Romagna
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O capitano, mio capitano... Lilia Pellizzari, ex Preside dell’ITIS “N. Baldini” di Ravenna
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Ringraziamenti
Gianni Lusa Presidente Confimi Impresa Ravenna
Q
uesta opera è la testimonianza della caparbietà e della tenacia degli imprenditori romagnoli. Dal 2008 ad oggi sono cambiate molte cose, tante realtà non esistono più e altrettante hanno mutato completamente i propri connotati e il proprio modo di fare impresa. Ma la sfida quotidiana di ‘non mollare’ è stata vinta dalle aziende che, nonostante tutto, non hanno lasciato che gli eventi prendessero il sopravvento, hanno lottato affinché la loro storia continuasse a scriversi e non finisse qui. E questo è motivo di grande orgoglio anche per noi che abbiamo l’onore di rappresentare queste imprese, queste storie e queste persone da più di 40 anni. È cambiato il mondo, sono state sovvertite regole e ormai è anacronistico parlare di ‘crisi’ presupponendo che, prima o poi, si vada verso una ripresa, o quantomeno un ritorno alla situazione pregressa. La verità è che oggi viviamo in un contesto diverso, una nuova economia, all’interno della quale vigono regole e modalità nuove. La carta vincente delle nostre imprese è stata giocata in questo senso: comprendere le nuove regole e declinare in quella direzione tutto l’agire, facendo leva su approcci metodologici innovativi, avvalendosi di relazioni strategiche in grado di dare valore aggiunto all’attività. Il vantaggio competitivo che ne deriva è pertanto frutto di un mix perfetto di ingredienti: da un lato le aziende che credono sempre
più nell’innovazione e investono per un miglioramento continuo dell’attività, dall’altro i lavoratori capaci e motivati che nelle aziende si impegnano con professionalità, rappresentandone la forza e l’essenza più pura. Proprio nella consapevolezza di tale nuovo atteggiamento sviluppato dai nostri ‘Capitani’, in questa terza edizione abbiamo deciso di dare spazio anche a due elementi nuovi che rappresentano e hanno rappresentato, ognuno a suo modo, una mano tesa per la crescita del territorio. Mi riferisco a Centuria, Agenzia per l’Innovazione della Romagna che stimola l’interazione tra istituzioni, imprenditoria e ricerca promuovendo la creazione di reti e sinergie tra gli attori economici del nostro territorio. E penso alla Professoressa Lilia Pellizzari, una professionista che tanto ha dato in termini di formazione culturale e umana, nel corso della sua lunga esperienza professionale presso l’Istituto Tecnico Industriale ‘Nullo Baldini’ di Ravenna. Figure alle quali il sistema economico, culturale e sociale nel suo complesso deve tanto. A tutti questi Capitani il nostro più sincero GRAZIE.
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Fabrizio Matteucci Sindaco di Ravenna
A
ccolgo anche quest’anno con molto piacere l’invito di Confimi a dare il mio contributo alla terza edizione del libro dedicato ai “Capitani d’Imprese”. Questa è un’iniziativa bella e importante, che affronta il tema del lavoro ponendo l’accento sulle risorse del territorio, su quel patrimonio di persone, di idee e di creatività che sono il perno della nostra economia. Anche la nuova edizione offre una carrellata di storie di imprese costruite con spirito di sacrificio e professionalità. Parla di uomini e donne che hanno messo cuore, talento e passione per fare nascere e crescere le loro imprese, cercando di mantenere il timone sulla giusta rotta nonostante i mari in tempesta dell’economia nazionale e locale. Il tessuto delle Pmi è l’ossatura dell’economia non solo del nostro territorio, ma di tutto il Paese. È un patrimonio da promuovere e valorizzare: questo è appunto l’ obiettivo che “Capitani d’Imprese” vuole perseguire, attraverso una serie di articolate e puntuali interviste ai titolari delle aziende ravennati, ma non solo. Dell’edizione di quest’anno voglio sottolineare lo spazio dedicato a due realtà che solo apparentemente “escono dal seminato”, ma che puntano l’accento su due temi in realtà fondamentali: l’importanza della ricerca e dell’innovazione e il rapporto fra scuola e mondo del lavoro. Riflettori puntati quindi su Centuria, centro di innovazione al servizio delle imprese che svolge una preziosa funzione di raccordo per creare sinergie e reti fra aziende e mondo della ricerca.
Ma anche su una persona molto importante per la nostra comunità in virtù del ruolo ricoperto per diversi anni nel sistema scolastico e formativo della realtà ravennate: la professoressa Lilia Pellizzari, ex preside dell’Itis di Ravenna. Conosciamo tutti e abbiamo avuto modo di apprezzare il suo impegno per coniugare due mondi che dovrebbero essere l’uno la conseguenza dell’altro, ma che purtroppo restano drammaticamente distinti e distanti, come dimostra il numero elevatissimo di giovani laureati e diplomati in cerca di occupazione. Ricerca, innovazione, formazione sono, a mio parere, tre elementi fondamentali per la crescita, non solo economica, della nostra comunità. A questo aggiungo anche la sicurezza e il rispetto per l’ambiente, altri due temi irrinunciabili se parliamo di lavoro. La fortissima crisi economica, la più grande del dopoguerra nel nostro Paese, non deve essere l’alibi per rinunciare a questi due aspetti cruciali per la vita e la salute delle persone. Dopo queste mie brevi riflessioni, invito a un’attenta lettura di Capitani d’Imprese: certamente in queste esperienze di vita e di lavoro si potranno trovare stimoli importanti per riprendere con lena il cammino di crescita della nostra comunità.
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Natalino Gigante Presidente della Camera di Commercio di Ravenna
Q
uali strategie hanno messo in atto i capitani d’impresa della nostra provincia per superare i marosi di una crisi senza precedenti? Come sono riusciti, gli imprenditori, a mantenere posti di lavoro e appeal internazionale, conquistando a volte nuove quote di mercato? A queste e altre domande intende rispondere, attraverso la storia di imprese di eccellenza guidate da capitani coraggiosi, la pubblicazione Capitani d’Imprese - Ritratti edita dall’associazione Confimi Impresa Ravenna, giunta quest’anno alla terza edizione. Nei decenni scorsi il giornalismo economico-finanziario descriveva gli imprenditori come “capitani d’impresa” perché con questa metafora si riusciva a esprimere, sinteticamente, il possesso di caratteristiche fondamentali: il coraggio, l’accettazione del rischio, la conoscenza del contesto e l’utilizzo di strategia. Ma cosa significa fare impresa oggi, in un momento di crisi come quello che caratterizza il secondo decennio del nuovo secolo? Rappresenta una sfida veramente titanica. Innanzitutto, non si può più prescindere dalle competenze: è necessario che l’imprenditore continui a investire nella propria formazione e in quella dei collaboratori, delegando a soggetti competenti la gestione della struttura finanziaria e fiscale della propria azienda. Sfruttando al massimo le qualità proprie e degli altri. Oltre alle conoscenze, l’implementazione di una strategia, oggi più che mai, è indispensabile per sapere mantenere la rotta, nonostante venti e maree siano contro.
E poi occorre fiducia. Le storie di successo di cui leggiamo in questo volume sono soprattutto legate a una storia di fiducia. Fiducia che le banche e gli investitori hanno riposto negli imprenditori all’inizio del loro percorso, ma anche fiducia che gli imprenditori stessi ripongono nei propri dipendenti e collaboratori nell’impegno quotidiano. É anche in questo senso che l’impresa assume una sua dimensione sociale. Sono certo che c’è attualmente, nel Paese e nel nostro territorio, una grandissima riserva di capacità di innovare e di affrontare il cambiamento degli scenari, per quanto difficile e rischioso. Soprattutto nei giovani, che stanno comprendendo che c’è possibilità di crescita economica solo investendo su sé stessi, diventando imprenditori di sé stessi. Tra gli obiettivi principali della Camera di Commercio di Ravenna figura la diffusione della cultura d’impresa e dei valori su cui essa si fonda: passione, etica, impegno, senso di responsabilità. La Camera ha favorito, e continuerà a farlo, la creazione e il sostegno alle nuove imprese, in particolare giovanili e femminili, attraverso l’attivazione - fin dal 2011 - di bandi annuali a sostegno di queste tipologie di imprese.
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Ritratti
Al servizio del mare Container Service Ravenna (CSR) nasce per supportare gli operatori dell’area portuale nelle attività di verifica, pulizia e riparazione dei container. La competenza e l’esperienza nel proporre soluzioni per le specifiche esigenze del cliente, ne fanno un punto di riferimento per chi intende acquistare o noleggiare un container per uso industriale o civile. Una ditta che è anche una ‘famiglia allargata’ con dipendenti storici che fanno la differenza. Ne abbiamo ricostruito la storia con l’ amministratore, Luciano Valbonesi.
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Nata nel 1989, nel corso degli anni ha allargato la propria attività in relazione alle richieste dei propri clienti specializzandosi anche nella vendita, noleggio, costruzione e trasformazione di container ed equipment speciali anche omologati per offshore. Oltre alla disponibilità di container usati e nuovi e l’abilità a proporre soluzioni personalizzate per la trasformazione, offre la propria competenza relativamente a perizie e certificazioni. Dotata di officina coperta e attrezzata per lavori di carpenteria leggera è in grado di costruire strutture e attrezzature di lavoro portuali idonee e certificate. Situata all’interno del Terminal Container TCR di Ravenna, dotata di impianto di lavaggio e mezzi per movimentazione container, è un supporto agli operatori del porto e alle Compagnie di Navigazione.
CONTAINER SERVICE RAVENNA SRL
Via Classicana, 105 - 48122 Ravenna Tel. 0544.436565 • www.containerserviceravenna.com
Quando è nata l’azienda e chi l’ha fondata? CSR è nata all’inizio del 1989. L’idea fu dell’agenzia marittima Maritalia, che coinvolse altri operatori marittimi e imprenditori privati specializzati in carpenteria. Alla fine degli anni ’90 Setramar Spa, importante terminalista portuale, a seguito dell’acquisizione di Maritalia subentrò come socio in CSR rafforzando progressivamente la propria presenza fino a che, nel 2004, TCR Terminal Container Ravenna Spa ne rilevò l’intero pacchetto azionario. Attualmente la società è detenuta per 85% da TCR, 10% FIN.COPORT, 5% SAPIR, tutti soggetti impegnati direttamente nel Porto. Che immagine affiora ripensando a quei primi anni? Sono dal 2004 amministratore di CSR. Dato che l’azienda non navigava in buone acque decidemmo di concerto con TCR, di rivedere la struttura dell’azienda e l’organizzazione riportandola gradualmente in equilibrio. (Simonetta Taroni, impiegata di CSR). All’epoca, mi riferisco ai primi anni di attività, quando anche nel terminal non c’era una struttura organizzata come quella attuale, si lavorava con piccoli cantieri temporanei avvalendosi di molti artigiani locali. Oggi invece disponiamo di un’officina coperta attrezzata, di un’area di lavaggio e lavoriamo quasi esclusivamente con dipendenti. Tutta la gestione operativa era manuale, era tutto su base cartacea, nessun computer, una realtà molto diversa rispetto a quella di oggi. Il collega che seguiva i preventivi faceva tutti i conteggi con una piccola calcolatrice! L’arrivo dei computer ci ha indubbiamente agevolati. Inizialmente in ufficio eravamo in cinque mentre oggi siamo in due. Il resto del personale è composto da dieci dipendenti tra periti e operai. Ricordo operai lavorare a volte anche in modo superficiale e senza tante precauzioni, cosa che oggi è assolutamente vietata dal regolamento interno e dalle norme sulla sicurezza che vengono applicate con scrupolo. Qual è il percorso che l’ha portata qui? Sono arrivato al porto come dipendente della Compagnia Portuale. Da ragazzo non pensavo assolutamente che la mia
strada sarebbe stata al porto: vengo da S. Sofia, dai monti e ricordo che si sprecavano le battute dei colleghi su un lavoratore che non veniva dal mare! Mi ha sempre affascinato il lavoro portuale per la sua particolarità in virtù delle norme che regolamentavano il lavoro nei porti, che nonostante la grande rigidità lasciavano comunque ampi spazi all’autogestione della manodopera e all’organizzazione. Nel corso degli anni c’è stata anche in questo settore una profonda trasformazione passando dal lavoro prettamente manuale e faticoso a prestazioni più tecniche e specializzate con l’utilizzo di macchine e attrezzature sempre più sofisticate. Un ambiente “pulito”, familiare dove pur faticando c’era spazio, durante le soste programmate tra i turni, per allestire lungo le banchine “fuoconi” e preparare abbondanti braciolate accompagnate sempre da buon Sangiovese. Che rapporto ha con i suoi dipendenti? Ritengo buono. Alti e bassi ce ne sono stati, ma mai niente di irreparabile. Abbiamo avuto qualche problema con i dipendenti extracomunitari perché pretendono lunghi periodi di assenza per far ritorno al loro paese senza capire le esigenze operative della società. Non abbiamo mai licenziato nessuno, abbiamo
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Luciano Valbonesi, a destra, con alcuni componenti dello staff operativo
sempre avuto dei bravi lavoratori e ci sono dipendenti che sono con noi sin dai primi anni di attività. La sicurezza è stata, ed è ancora, al primo posto: gli operai seguono corsi di formazione e abbiamo cercato di responsabilizzarli al massimo. Quali sono le caratteristiche di un imprenditore? Sicuramente la disponibilità ad andare incontro alle esigenze dei clienti, il che è possibile con una buona organizzazione e un buon rapporto con i lavoratori. Qual è il segreto per lavorare efficacemente con grandi gruppi e per così tanto tempo? Bisogna essere disponibili al cambiamento, cercando di dare a tutti in ogni caso una risposta, studiando anche soluzioni innovative. Oggi da un container possiamo creare un ufficio con finestre e aria condizionata, sempre nel rispetto delle normative.
serietà
e n o i z i d tra
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Tramite il Terminal Container (TCR) lavoriamo con le principali compagnie di navigazione che sono molto esigenti e siamo quindi sempre oggetto di confronto con il servizio prestato dai grandi porti internazionali. Qual è la soddisfazione più grande di questi anni? Avere un rapporto costruttivo con TCR e un riscontro positivo dalle grandi Linee è certamente molto gratificante. Come avete affrontato i momenti difficili? (Valbonesi) Abbiamo coinvolto i soci in ogni scelta importante e strategica per la società. Siamo sempre stati attenti alle aspettative dei dipendenti cercando collaborazione e sempre maggiore impegno. (Taroni) Alti e bassi ci sono stati, soprattutto in relazione all’andamento dei traffici internazionali ma, consapevoli del
impegno
affidabilità
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Da sinistra a destra, Luciano Valbonesi, Patrizio Sgarbi e Simonetta Taroni
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
fatto che la nostra l’attività è importante per il porto, abbiamo sempre lavorato con impegno. Avete preso accorgimenti particolari durante la crisi? Si è cercato di ottimizzare le risorse facendo tutte le possibili “economie” e chiedendo la massima disponibilità e flessibilità al personale.
?
Motivare i giovani e pensare positivo ritenete sia la chiave vincente per affrontare la crisi?
Ha qualche hobby, come si rilassa? Oggi sono impegnato insieme a un gruppo composto da lavoratori portuali, studenti, professori e professionisti nell’associazione ‘Port Ravenna Progress’ costituita nel 2013 con l’obiettivo di far conoscere le opportunità occupazionali e le potenzialità del porto e dare un sostegno alle Istituzioni impegnate nei progetti di sviluppo portuale.
e
r a f i d a i l g o v
sinergie
Tradizione ed eleganza per uno stile sempre attuale Nato come piccolo laboratorio per la creazione di abbigliamento intimo femminile, il Maglificio di Traversara ha ampliato la produzione negli anni arrivando, nel 1995, a creare la propria etichetta ‘Chiaro Scuro’. Noris Marchetti e il marito Giordano Bruno Bagarini sono entrati a far parte della squadra costituita dalla madre di Noris, negli anni ‘70, mentre la loro figlia Federica subentra nel team quasi trent’anni dopo. In cinquant’anni di attività l’azienda ha collezionato clienti storici grazie all’indubbia qualità dei prodotti e alla presenza di sarte qualificate e altamente specializzate. 20
Il Maglificio di Traversara nasce dall’idea di sette soci, 50 anni fa e, nel tempo, ha dato vita a un ricchissimo patrimonio di esperienza manuale e tecnica. Realizza intimo donna e abbigliamento con il proprio marchio commercializzato grazie ai rappresentanti.
MAGLIFICIO DI TRAVERSARA SAS
Traversa Pirazzini, 12- 48012 Traversara (Ra) Tel. 0545.61157
Quando è stata fondata l’azienda? (Noris) Proprio a settembre di quest’anno (ndr 2014) abbiamo festeggiato i 50 anni. L’azienda è stata fondata da sette soci tra cui i miei genitori. Un amico di Milano che conosceva un amico dei miei di Varese chiese loro di dar vita a un laboratorio per realizzare slip da donna. Mia mamma faceva la sarta da uomo, mio padre, invece, era titolare di un’azienda edile. Con altre quattro signore mia madre andò a Lisanza in provincia di Varese a perfezionarsi nel lavoro di sartoria in una ditta che realizzava intimo da donna, maglieria e camiceria. Io sono entrata nel 1970 mentre i miei hanno lasciato l’attività nel 1982: mia madre ha lavorato fino a 80 anni! Diversi soci si sono allontanati negli anni e oggi i titolari del Maglificio siamo noi e i soci di Lisanza. Qui seguiamo la produzione e la progettazione del campionario mentre il marketing e le spedizioni vengono fatte direttamente da loro. Qual è un’immagine, un ricordo di quei primi anni? (Noris) In piazza a Traversara venne allestito il primo laboratorio mentre in questa sede arrivammo nel 1974: non solo lavoravo, ma controllavo anche i muratori nel cantiere in corso. Quando sono entrata, negli anni ‘70, lavoravo come impiegata e anche oggi seguo tutta l’amministrazione. La parte ideativa e la produzione sono sempre state qui, da qualche anno abbiamo anche una stilista che lavora con noi. Quando abbiamo iniziato realizzavamo solo slip da donna poi abbiamo aggiunto l’intimo uomo, magliette, slip, pigiami, poi ancora t-shirt per un buyer americano e uno giapponese negli anni ‘80. Abbiamo iniziato a realizzare l’intimo da donna completo la cui lavorazione è andata avanti per 20 anni, mentre oggi la nostra punta di diamante sono i vestiti della linea Chiaro Scuro, la nostra etichetta, nata nel ‘95 che commercializziamo con i nostri rappresentanti di Lisanza che presentano il campionario direttamente nei negozi. E ancora produciamo intimo sottogiacca in seta elasticizzata. Abbiamo infine clienti fidelizzati, italiani, qualche tedesco e francese, che, dagli anni ‘80 ci chiedono sempre e solo l’intimo. Federica, lei quando è entrata nell’attività di famiglia? Nel 2000. Mi sono laureata in psicologia del lavoro con una specializzazione sulla parte sociale e delle risorse umane. Il mio
è stato un percorso piuttosto ‘obbligato’, ma assolutamente desiderato: non era possibile pensare di chiudere l’azienda familiare quando non ci fossero stati più i miei genitori. Qual è stato l’apporto personale dato all’azienda da Federica? (Giordano Bruno) Tante idee e un nuovo modo di organizzare il lavoro. Noi non abbiamo mai usato i computer invece nostra figlia sì, in più oggi ci rendiamo conto che la tecnologia serve e ha aiutato molto anche mia moglie con l’amministrazione. Tutti i corsi sulla sicurezza, primo soccorso e i relativi aggiornamenti sono di sua pertinenza. Come vi fate conoscere, come diffondete i vostri prodoti? (Federica) Soprattutto con il Salone della Lingerie Interfiliere di Parigi e con la fiera Immagine Italia a Firenze. Se ci è possibile, partecipiamo anche a qualche esposizione in Germania. Quanto mettete di vostro nelle creazioni? (Noris) Davvero molto. Partiamo dai tessuti che scegliamo in fiera, cui abbiniamo le fantasie. La nostra stilista crea un pacchetto colori e realizza qualche schizzo dei modelli. Si parte da un pezzetto di tessuto 10cm x10cm e si inizia a ragionare sul capo che potrà essere realizzato, poi si ordina il metraggio
necessario e la tintoria realizza i colori che vogliamo. Il lavoro inizia a fine febbraio con la prima fiera in cui scegliamo i tessuti, ricevuti i quali, a giugno, si inizia a produrre il campionario per la stagione estiva dell’anno successivo. A settembre, invece, siamo nuovamente in fiera per scegliere i tessuti del campionario dell’inverno sempre dell’anno successivo. Noi lavoriamo programmando, mentre c’è chi sceglie di fare il ‘pronto moda’ ossia compra ad aprile i tessuti che andrà a vendere a giugno. È una produzione più ‘azzardata’ soprattutto per i quantitativi che devi indovinare per non trovarti dell’invenduto in magazzino. Purtroppo la concorrenza è spietata: i cinesi ti danno magliette a poco più di due euro, la qualità è poca, ma il consumatore finale spesso non lo percepisce e comunque pensa che, per quel prezzo, se gli durerà una stagione avrà comunque ammortizzato quanto speso. Noi puntiamo, invece, su tessuti di qualità. La differenza, in Italia, la fanno i costi di lavorazione: molti
competenza
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Lo staff al completo
prendono la campionatura del tessuto nel nostro Paese, vanno in India e se la fanno duplicare a un prezzo esiguo. Qual è stata una soddisfazione che avete avuto in questi anni? (Noris) Avere clienti storici che comprano da noi da trent’anni. E aver mandato in pensione tutte le nostre dipendenti che hanno iniziato e terminato la loro attività con noi. Quanti siete oggi? (Federica) In produzione 6, con noi da circa 15 anni, una addirittura da 46 anni. Siamo una famiglia allargata. Che rapporto avete con le dipendenti? (Noris) Buono, sono quasi tutte signore di Traversara e ci conosciamo da una vita
passione
con finiture, cuciture e modelli che portino via meno tempo. Scegliamo modelli che necessitano di meno tessuto possibile e razionalizziamo ogni processo. Chi prende le decisioni nel gruppo dirigenziale? (Federica) C’è un interscambio continuo tra noi e le nostre dipendenti con cui ci confrontiamo anche più volte al giorno. Le ragazze della produzione hanno competenze che noi non possediamo, e viceversa. Il confronto è sempre allargato a tutti, non c’è differenza tra gruppo dirigenziale e dipendenti, non c’è piramide, non abbiamo un capo produzione. Che sacrifici avete fatto per lavoro? Sono stati sofferti? (Noris) Ne abbiamo fatti tanti, ma non sono stati sofferti. Lavorare anche in agosto, stare tante ore nel laboratorio, correre per conciliare lavoro e famiglia. Io sono in pensione e potrei stare a casa, ma solo l’idea mi terrorizza, amo il mio lavoro! Ci siamo sempre organizzati per fare andare avanti la ditta mettendo da parte anche la famiglia. Avete sentito la crisi? Come l’avete affrontata? (Federica) Programmando analiticamente la produzione,
abbiamo iniziato a risentirne solo nel 2010, ma ne rileviamo ancora delle ripercussioni sulle consegne. La situazione non è rosea e mi dispiacerebbe se non si potesse andare avanti. Abbiamo utilizzato un po’ la cassa integrazione riuscendo a mantenere due collezioni all’anno. Abbiamo cercato di fare pesare il meno possibile la situazione sulle dipendenti. Mentre quello a cui non abbiamo rinunciato è la qualità: se abbassi sensibilmente il livello vieni tagliato fuori. La qualità di tessuti e colori va mantenuta quindi, in anni difficili, cerchiamo di lavorare sui tempi di realizzazione
Chi tra voi media e chi è più combattivo? (Federica) La parte tecnologica la seguo io, mandare e-mail, fare gli ordini. Mentre quando c’è da ‘battagliare’ mia madre sa farsi valere seguendo la parte amministrativa. Mio padre fa il resto, viene ad aprire la mattina ed è disponibile per qualsiasi necessità si presenti. Qual è la quotidianità in azienda? (Federica) Io sono spesso fuori e non è sempre facile con un
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coraggio
esperienza
bambino da gestire, ma riesco sempre a organizzarmi al meglio, non perdo tempo! Mia madre arriva, inizia a gestire le pratiche amministrative e se ne va nel tardo pomeriggio. Se poteste avere una giornata di libertà cosa fareste? (Giordano Bruno) Lavorerei in giardino, qui in azienda. (Noris) Andrei a spasso per vetrine da sola, anche per farmi nuove idee. (Federica) Penso che chiunque possa permettersi un giorno di stacco, nessuno è indispensabile. Io riesco a ritagliarmi i miei spazi, vado in palestra una volta finito il lavoro in azienda, ma se c’è bisogno vengo anche sabato mattina senza alcun problema. Le ferie me le prendo perché ormai so quando è necessario essere qui e quando si può andare: chiuso il campionario sono più libera, mi sono organizzata bene. Di certo l’orario continuato 8-17 che c’è ora, quando i miei genitori mi lasceranno maggiore libertà organizzativa, sarà impossibile da mantenere, dovrò riorganizzare gli orari con le dipendenti anche se so che non sarà semplice perché ormai 23
Giordano Bruno Bagarini in produzione
è un qualcosa di consolidato e le novità spesso sono accolte con diffidenza. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Noris) La disponibilità e il dialogo aperto con i dipendenti sono fondamentali. Progetti futuri? (Federica) Trovare un altro socio per poter realizzare il total look, abbigliamento e accessori. Questo sarebbe un bel passo avanti, una garanzia in più per riuscire a portare avanti l’attività. Oggi occasionalmente creiamo una borsa coordinata al copricostume o un cappello, ma non è la norma perché non ce lo possiamo permettere. Avendo linee semestrali non possiamo creare 500 cappelli e venderli per due stagioni consecutive!
volontà
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Da imprenditore a imprenditore
Motivare i giovani e pensare positivo ritenete sia la chiave vincente per affrontare la crisi?
Federica. Certamente, la motivazione è fondamentale in questi momenti. Dopo la laurea ho preso una specializzazione mirata all’inserimento aziendale, appassionandomi all’attività di famiglia e credendo profondamente in questo lavoro, difficile ma davvero molto stimolante.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
?
Hai intenzione di continuare nonostante la difficile situazione economica?
L’intuizione vincente Prima di diventare lo stabilimento che conosciamo, le Terme di Punta Marina non erano che un rinomato centro talassoterapico in cui si praticavano sabbiature. Negli anni si è notevolmente ampliato, e la scoperta di una falda d’acqua minerale salsobromo-jodica a 42 metri di profondità ha consentito alla struttura di offrire tutti i trattamenti termali, in primis per le patologie degli apparati osteoarticolare, ginecologico, respiratorio e otorinolaringoiatrico. La struttura si è poi dotata di un poliambulatorio, un centro fisioterapico, una SPA e un resort. L’attuale Presidente, Cataldo Accardi, arrivato a fine anni’80, ha lavorato con passione e grande lungimiranza per far sì che una piccola realtà locale diventasse un centro rinomato e stimato in tutta Italia. 24
Nato come centro talassoterapico nel ‘63, diventa Terme nel ‘91 dopo la perforazione di un pozzo che raggiunge una falda di acqua termale la cui efficacia terapeutica viene riconosciuta dall’Istituto Superiore di Sanità nello stesso anno. Nel ‘94 viene classificato dallo stesso Ministero della Salute come stabilimento termale di ‘prima categoria super’. Oggi si sviluppa in un centro di fisioterapia, un poliambulatorio, due piscine con acqua termale, una SPA e una residenza alberghiera.
TERME DI PUNTA MARINA SRL
Viale C. Colombo, 161 - 48122 Punta Marina Terme (Ra) Tel. 0544.437222 • www.termepuntamarina.it
Sig. Accardi quando nasce lo stabilimento termale di Punta Marina? Il centro talassoterapico nacque nel 1963 e diventò Terme nel 1991 dopo la scoperta di una falda d’acqua termale presente nel sottosuolo, a 42 metri di profondità. Le proprietà dell’acqua vennero analizzate dal centro studi dell’Università di Ferrara che confermò la natura di acqua minerale salsobromojodica calcica magnesiaca la cui efficacia terapeutica è stata riconosciuta, sempre nel ‘91, dall’Istituto Superiore di Sanità. Io sono arrivato a Ravenna nel ‘79 dopo 10 anni passati a lavorare in mare al comando delle navi. Ricordo i Natali in Venezuela con 35 gradi di temperatura, poi i passaggi successivi a Capo Hatteras che ci obbligavano a indossare maglioni di lana e festeggiare il capodanno con ben altri climi. Sono nato a Massa Lubrense, in provincia di Napoli, sul mare e con il mare ho sempre avuto un rapporto speciale. Quando mi proposero di occuparmi del centro talassoterapico avevo una buona esperienza di vita e di lavoro, ma non avevo competenze in questo settore, anche se, di certo, non mi mancava l’entusiasmo per lanciarmi in una nuova avventura. Ricordo che, inizialmente, c’erano due capannoni, uno per gli uomini e l’altro per le donne nei quali ci si curava con l’acqua di mare, con le sabbiature. Una struttura assolutamente obsoleta che andava riorganizzata da capo a piedi. Prima di intraprendere la prima ristrutturazione visitai 17 stabilimenti termali in tutta Italia per documentarmi al meglio. Federterme che raggruppa le oltre 300 terme italiane - organizzò un incontro a Bologna per illustrare i requisiti che gli stabilimenti termali dovevano possedere per acquisire i punteggi idonei al fine di essere classificati fino alla prima categoria superiore (equivalenti alle 5 stelle per gli hotel). Visto che il settore talassoterapico non era contemplato, noi non potevamo rientrare nella categoria dei centri termali e quindi non potevamo erogare le cure previste dal Sistema Sanitario. Nonostante fossi nel settore solo da un paio di mesi decisi che avrei provato a verificare se, nel sottosuolo, ci fosse stata una falda termale. Con un geologo, docente all’Università di Ferrara, analizzammo il terreno: ogni 5 metri praticammo un buco ed estraemmo i campioni da analizzare fino a che, arrivati a 42 metri, trovammo l’acqua salsobromojodica. Iniziai così a ripensare alla struttura. Nel 1989 si inaugurò il
reparto di fisioterapia, presso il quale transitavano 3 mila persone all’anno e si tolsero le sabbiature. Nel 1994, a ristrutturazione generale conclusa, la Commissione inviata dall’Assessorato della Sanità della Regione Emilia Romagna ci promosse a pieni voti e passammo dal 5° livello a prima categoria super: fu una grandissima soddisfazione. Nel tempo abbiamo ampliato l’offerta dei nostri servizi e a fine 2000 abbiamo presentato alle Autorità competenti un progetto per l’insediamento di un resort con 26 camere; nel 2006 abbiamo ulteriormente ampliato il poliambulatorio, dato vita alla SPA e costruito una seconda piscina con percorso vascolare. Questa azienda agli inizi non riusciva a realizzare 500 milioni annui, oggi con resort, SPA, ristorante e poliambulatorio sfioriamo i 5 milioni di euro, lavorando 12 mesi continuativamente. Come è articolata la proprietà, quanti dipendenti avete? La compagine sociale si compone di 12 persone tra cui 3 soci di maggioranza. Per quanto riguarda il personale, dalle 13 persone dei primissimi anni siamo passati a 80 unità compresi collaboratori medici e paramedici. Il servizio è la cosa fondamentale e lo fa la persona. Dal centralinista al medico, tutti devono essere competenti e professionali. Anche il fisioterapista migliore se è sgarbato non può pensare di continuare a lavorare in questo
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Il Presidente Cataldo Accardi
ambiente. Il Direttore Sanitario è qui dal ’94, il capofficina dal ’79, molte ragazze sono qui addirittura dagli anni ’80. Abbiamo dipendenti storici di cui andiamo molto fieri. Come avete affrontato la crisi economica? Abbiamo sempre cercato di bilanciare costi e ricavi senza mai rinunciare alla qualità. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Onestà, correttezza, caparbietà, umiltà e lealtà. Sono un grande lavoratore e, a detta degli altri, anche piuttosto creativo. Qual è il sacrificio personale che ha dovuto fare per il suo lavoro? Tanti, ma mai sofferti. Con costanza sono sempre andato avanti per raggiungere l’obiettivo che mi ero prefissato. Quando Punta
lungimiranza
professionalità
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I giocatori del Bologna Pascutti e Perani presso il reparto sabbiature a metà degli anni ‘60
La squadra nazionale A e B di sci femminile 1997/98
Marina doveva diventare Punta Marina Terme mi sono attivato in prima persona perché ho sempre creduto nelle potenzialità di questa località.
una zona quasi privata che si estende su 300 metri quadri più piscina e camerini dedicati. Il nostro personale è formato da professionisti e abbiamo scelto di non medicalizzare la struttura, offriamo piuttosto consulenze mediche ai nostri clienti. Di SPA ne nascono un po’ ovunque, ma la qualità sulla quale insistiamo da sempre pensiamo faccia la differenza, inoltre il nostro plus, il valore aggiunto, è dato dall’acqua termale. Oggi lo stabilimento è un centro polivalente di servizi che spaziano dal poliambulatorio, alle piscine con acqua termale a 33 gradi per adulti e bambini, a un centro di fisioterapia completo.
Qual è il valore aggiunto che lo stabilimento ha dato al territorio? Ne hanno beneficiato tutti i negozi e le attività commerciali di Punta Marina, abbiamo dato al territorio non solo le Terme, ma un poliambulatorio di tutto rispetto con diverse specialità mediche e la possibilità di eseguire prestazioni come ecocolordoppler, ecografie, densitometria ossea, mappatura nei, risonanza
intraprendenza
magnetica osteoarticolare con refertazione a distanza. Poliambulatorio, terme, piscina e poi la SPA, perché questa scelta? Perché si deve cercare un miglioramento, sempre. Proprio quest’anno abbiamo ripristinato un terzo pozzo a 60 metri per avere altra acqua termale. La SPA dà un valore aggiunto allo stabilimento, la nostra poi, che sfrutta un’acqua termale dalle caratteristiche chimico fisiche particolari, ci consente di raggiungere livelli davvero di eccellenza. Entro l’anno lanceremo anche una linea cosmetica realizzata proprio con la nostra acqua. Dopo anni di ricerca e sviluppo per ottenere una linea in grado di replicare sulla pelle i benefici effetti termali, in autunno saremo pronti per la commercializzazione del prodotto sia per le nostre attività da cabina che per i clienti. La percentuale media di acqua dei nostri preparati sarà superiore al 50% per una qualità termale alta e la totalità degli attivi sarà rappresentato da materie prime di origine vegetale. I prodotti saranno disponibili anche on-line, sia in linea ‘mamma-bambino’ che ‘donna’, per un totale di 11 referenze. Prenderemo la certificazione americana, unica riconosciuta a livello mondiale. Per la SPA, reparto che in assoluto registra il maggiore afflusso perché aperto tutto l’anno, abbiamo deciso di rinunciare ai grandi spazi con servizi di massa di livello come accade in altre strutture a vantaggio di una vera e propria SPA ‘personalizzata’ con sauna che ospita al massimo 5 persone, area di reazione per 4 persone,
intuizione
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Una veduta dello stabilimento dal solarium
Progetti futuri? Non possiamo ampliarci ulteriormente, ma possiamo apportare sicuramente dei miglioramenti alla struttura: vorremmo installare un impianto di cogenerazione per produrre autonomamente l’energia elettrica che ci serve e stiamo ragionando anche in merito all’introduzione, tra le varie cure, dei fanghi. Per fare ciò, sto nuovamente documentandomi anche visitando altri stabilimenti per capire come poter realizzare quest’idea. Mai improvvisarsi! Qual è la sua quotidianità in azienda? Al mattino passo subito dalla ‘produzione’ poi vaglio le ‘carte’, mi occupo della burocrazia in ufficio. Sono un grande osservatore e mi piace avere tutto sotto controllo, ma soprattutto che ognuno faccia la propria parte. Se io timono, gli altri devono seguirmi, uno staff competente e gratificato è la ricetta vincente per andare avanti.
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Da imprenditore a imprenditore
Hai intenzione di continuare nonostante la difficile situazione economica?
Assolutamente. Per il piacere di lavorare anche se le istituzioni non sempre aiutano. Capita il momento di sconforto, ma nel modo più assoluto me ne andrei adesso.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato Perché si continua nonostante tutto?
determinazione
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La passione di una grande famiglia Secondo Negri fonda Secom Service 9 anni fa, forte di un’esperienza più che trentennale nel settore dei montaggi industriali. Ben presto viene affiancato dai figli Marco nell’area commerciale e Barbara che segue l’amministrazione e il personale insieme alla madre Paola. Una famiglia intera che sostiene e incoraggia quotidianamente il lavoro del padre. Oggi Secom è conosciuta a livello nazionale nell’ambito off-shore per la costruzione e il montaggio di carpenterie medio pesanti e per l’assistenza operativa sugli impianti. Un gruppo che va avanti “per il gusto e l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare”, collezionando commesse di grande importanza.
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Secom Service opera nel settore del montaggio e manutenzione meccanica di impianti petrolchimici e nella costruzione di strutture offshore. Supportata dall’esperienza di tecnici professionisti, dispone di attrezzature adeguate per ottenere un ottimo indice di sicurezza. L’azienda dispone di due officine attrezzate per eseguire opere di prefabbricazione del piping, sistema complesso di tubazioni per qualsiasi acciaio speciale e carpenterie medio pesanti.
SECOM SERVICE SRL
Via Romea 150/o - 48121 Ravenna Tel. 0544.64162
Signor Negri, quando è nata l’azienda? La mia avventura imprenditoriale nel settore dei montaggi industriali è iniziata nel 1971. Sono stato tanti anni dipendente di un’azienda di Milano poi, con sette amici, abbiamo voluto provare a metterci in proprio aprendo la nostra impresa a Ferrara. A Ravenna siamo arrivati solo tre anni dopo, nel 1974, in due soci, e ci siamo qualificati. Nel 2005 ho fondato da solo Secom (da Secondo, il mio nome e M di montaggi). I titolari oggi siamo io e la mia famiglia. Abbiamo una quarantina di dipendenti, numero varabile in base anche al lavoro nei cantieri: per alcune commesse abbiamo lavorato anche con duecento persone. Quando ha iniziato il suo percorso lavorativo immaginava che l’avrebbe portata dove è oggi? Assolutamente no, è stata una bella sorpresa. Il settore dell’impiantistica mi ha sempre appassionato: ho avuto la fortuna di lavorare sempre per ditte cui venivano commissionati progetti interessanti e ho fatto parecchia esperienza che mi è certamente servita quando mi sono messo in proprio. Saipem ci aiutò molto quando aprii l’azienda con i soci: ci prestò l’attrezzatura per realizzare i primi lavori poi, piano piano riuscimmo ad acquistare in autonomia tutto il necessario. Qual è la soddisfazione più grande avuta in questi anni? Ricordo un progetto realizzato a La Spezia negli anni ’80 e poi, come Secom, il progetto Jasmine realizzato nell’arco di due anni, concluso nel 2012 e affidatoci da Rosetti: tre strutture sommerse da 140 metri di lunghezza con peso variabile da 6000 a 2500 tonnellate collocate nel nord dell’Inghilterra. Oggi stiamo realizzando una struttura da 3500 tonnellate che andrà in Costa D’Avorio. Dal 2005, uno dei nostri maggiori clienti è proprio Rosetti con cui abbiamo sempre lavorato ottimamente, ma abbiamo cantieri anche in Versalis, lavoriamo con Rivoira e in altre regioni d’Italia e ci stiamo aprendo all’estero. Il committente del progetto Jasmine, infatti, era una ditta americana, la Conoco Philips che, ogni mese, premiava un lavoratore con biciclette, macchine fotografiche, buoni: gli incaricati arrivavano in cantiere, davano un punteggio a ognuno e stabilivano il migliore del mese. Una ‘strategia’ che ha incentivato e motivato quanti lavoravano con dedizione e nel rispetto delle norme di sicurezza.
Quale pensa che debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? La correttezza e il coraggio servono ogni giorno. La crisi ha acuito la concorrenza e, molte volte, ci siamo dovuti mettere alla prova, spesso abbiamo dovuto osare per seguire il mercato. Sforzi sempre ripagati. Qual è la frase che si ripete nei momenti di difficoltà? Una frase di Einaudi che ho incorniciato e tengo nel mio ufficio. Dice: “si va avanti per il gusto e l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare”. E questo nonostante la burocrazia cerchi continuamente di scoraggiarci. Ogni tanto penso ‘chi me lo fa fare’, ma non posso immaginare la mia vita fuori dalla mia azienda, ho una grande passione che mi anima. Secom è diretta da lei con l’aiuto di sua moglie Paola e dei suoi figli, Marco e Barbara. Quali sono i ruoli? Chi è più combattivo chi, invece, tende a mediare? Io sono più combattivo e impulsivo, mia moglie seguendo l’amministrazione e la contabilità si rapporta con le banche ed è costretta, più di me, a mediare. E lo fa bene! Anche Barbara, che l’aiuta, è più mediatrice mentre mio figlio e io lo siamo decisamente meno. Barbara è qui da soli due anni, è entrata nell’azienda di famiglia dopo aver lavorato 15 anni in un’altra realtà dove curava la gestione del personale e l’elaborazione delle buste paga: è molto attenta e anche lungimirante. Marco, che è qui dal 2005, segue il commerciale e, con me, i cantieri. I nostri figli hanno portato un’ondata di freschezza: tante idee e la tecnologia con la quale io non ho
ancora un rapporto stretto! I preventivi li faccio a mano poi li passo a Marco che li ‘informatizza’... Venendo invece alla seconda generazione cosa vi hanno trasmesso i vostri genitori? (Barbara) Ogni giorno impariamo cose nuove: non finisco mai di porre domande a mio padre e forse non riuscirò mai ad acquisire tutte le sue conoscenze, ma sono curiosa e mi piace imparare dunque ogni giorno è stimolante. Ci hanno mostrato e dimostrato cosa significhi amare il proprio lavoro, farlo con passione anche nei momenti difficili, un insegnamento prezioso. (Secondo) Il mio ufficio è sempre aperto, per i miei figli, ma anche per i dipendenti con cui il confronto è continuo. Che rapporto avete con i dipendenti? (Secondo) Non siamo tanti, siamo una sorta di famiglia allargata.
esperienza
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La famiglia Negri al completo: da sinistra, Paola, Secondo, Barbara e Marco
Al mattino incontro i capi cantiere che, la sera, passano in ufficio e facciamo il punto nuovamente. Marco in cantiere non è il ‘figlio del proprietario’: è perito industriale, si è specializzato a Londra e ha fatto la sua gavetta iniziando a lavorare qui in officina durante le estati, poi in magazzino, infine ha seguito la manutenzione dei mezzi creandosi, così, il suo bagaglio ‘sul campo’. Ha un rapporto schietto con i capi cantiere con i quali lo vedo parlare e discutere sempre molto chiaramente, nel massimo rispetto delle posizioni di tutti. Ci sono dipendenti storici che mi hanno seguito da quando mi sono messo in proprio, un rapporto di fiducia che dura da anni. Abbiamo anche tanti stranieri che lavorano con grande passione. (Marco) Io ascolto molto, tutti: il confronto è sempre utile. Penso di avere sempre avuto un atteggiamento umile; c’è gente con noi da anni che ha tanto da insegnare e penso sia giusto ascoltarla, non può che dare indicazioni utili. Non fa parte di me arrivare in
fermezza
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Particolare Jacket “Marlin”
un posto e, con fare superiore, imporre le mie idee. Qual è un sacrificio personale che le è pesato particolarmente in questi anni? (Secondo) All’inizio trascorrevo periodi lunghissimi sulle piattaforme lasciando, purtroppo, mia moglie a casa con i due bambini. Ho fatto tre mesi consecutivi in Congo, ho girato tutta l’Africa, l’India, la Nigeria. Ho persino dovuto prendere la residenza ad Algeri quando lavoravo là per poter avere il sostegno delle banche. La famiglia, indubbiamente, è stata un po’ sacrificata poi, mettendomi in proprio, ci siamo trasferiti tutti da Ferrara a Ravenna, e, poco alla volta, abbiamo costruito insieme Secom. Oggi siamo qui con ruoli e competenze diverse, ma ci vediamo tutti i giorni, una situazione decisamente diversa rispetto a quella dei primi anni. I sacrifici si fanno anche adesso, ovviamente, ma si lavora meglio. E comunque non sono un peso, almeno non per me!
sinergie
Struttura Jacket “Marlin”
(Marco) Da quando sono qui non riesco ad andare in ferie ad agosto perché, paradossalmente, il lavoro aumenta perché le fabbriche chiudono e noi facciamo manutenzione agli impianti. A volte è seccante soprattutto se mia moglie è in ferie, ma almeno tutte le sere sono a casa, a differenza di quello che era costretto a fare mio padre nei primi anni! La crisi ha colpito un po’ tutte le aziende, voi ne avete risentito? Che accorgimenti avete dovuto prendere? (Secondo) Ci hanno aiutato i contratti a termine, ma è sempre difficile. Abbiamo dovuto accettare diversi lavori sottocosto per mantenere alcuni clienti ma speriamo che le cose riprendano. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Barbara) Io arrivo per prima in ufficio, ma mio padre e mio fratello passano dai cantieri prima di venire qui. Mia madre arriva poco dopo di me.
(Marco) Noi siamo sempre reperibili, non esistono sabati e domeniche libere al 100%, può sempre esserci un’emergenza, un problema da risolvere. Ma questo è il nostro lavoro, va bene così. Se poteste avere una giornata di libertà cosa fareste? (Marco) Io andrei a cavallo, la mia passione. Non amo tanto viaggiare, mi godo con piacere casa mia insieme alla mia famiglia. (Barbara) Io organizzerei una mangiata con gli amici o partirei per un viaggetto. Appena posso salgo su un aereo che sia per un weekend o due settimane! (Paola) Io starei in casa a sistemare quello che inevitabilmente resta indietro e mi rilasserei. Poi andrei alle terme con mio marito.
impegno
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Lo staff al lavoro
(Secondo) A me piace il giardinaggio, sistemare le piante, curare il prato, mi rilassa molto. Qual è la cosa che invece vi irrita maggiormente? (Secondo) Lo Stato che ostacola e aiuta pochissimo. A volte ci sembra di lavorare per pagare le tasse; purtroppo siamo riusciti a reinvestire poco in azienda negli ultimi anni. Trovo che alcune leggi non siano più al passo con i tempi e andrebbero eliminate, servirebbe maggiore flessibilità nell’entrata e nell’uscita dal lavoro. Cerco di leggere i quotidiani solo a pranzo, se no inizio male la giornata!
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Da imprenditore a imprenditore
Perché si continua nonostante tutto?
(Secondo) Per la voglia, la passione, perché vorrei vedere mio nipote scorrazzare in azienda. Il ricambio generazionale si sta perdendo, purtroppo, quindi mi riempie di orgoglio avere qui i miei figli. Mi auguro che possano entrare nell’azienda di famiglia anche i nipoti.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Vi capita mai di pensare di mollare tutto e andarvene?
o m s a i s entu
Il successo di una scommessa coraggiosa Paolo Orioli è una persona determinata. E coraggiosa. Crea Proiezione Più 23 anni fa sapendo di poter contare su sé stesso e sulla proprie - buone - intuizioni. Sarà la soddisfazione dei tanti clienti sparsi per l’Italia e all’estero a dimostrargli di aver fatto la scelta giusta scommettendo sulla sua idea a dispetto delle critiche altrui. Oggi è alla guida di un’azienda che produce 6/7 milioni di buste termosaldate al mese e vanta clienti quali Unifarco, Helan, Planters, Artsana, Isola Verde e molti altri. Affiancato da qualche anno dalla moglie Ivana, porta avanti quello che, nel 1991, era solo un sogno e oggi una realtà consolidata e sana. 32
Proiezione Più opera nel settore del confezionamento monodose in buste termosaldate. Si avvale di tecnici e collaboratori che seguono il prodotto per tutto il ciclo produttivo fino alla spedizione, utilizzando le più recenti tecnologie di confezionamento per la realizzazione e il riempimento di prodotti chimici-cosmetici, integratori e alimentari, presidi medicochirurgici, dispositivi medici e prodotti biologici.
PROIEZIONE PIÙ SRL
Via Mozambico, 17- 48026 Russi (Ra) Tel. 0544.580115 • www. proiezionepiu.com
Sig. Orioli quando è nata l’azienda? Dopo aver fatto l’agricoltore sono entrato in un’azienda che confezionava vassoi di alluminio, sacchi freezer e buste termosaldate, dove sono rimasto sette anni. Successivamente mi è venuta l’idea di creare una ditta che confezionasse le bustine monodose, così mi sono licenziato. Era il 1991 quando ho fondato Proiezione Più Snc, due anni dopo l’ho modificata in Srl. Non sapevo come farmi conoscere così ho preso le pagine gialle di tutt’Italia e ho mandato una lettera alle aziende che producevano cosmetici per propormi. Nei primi anni ero da solo, avevo acquistato una macchina imbustatrice usata e ho così iniziato a lavorare pian piano. Oggi di macchinari ne abbiamo diversi. Il cliente ci manda la sua grafica che noi passiamo ai nostri stampatori per lo sviluppo, ci viene poi girato il pdf che va fatto approvare. Infine gli stampatori realizzano dei clichè e stampano l’immagine su una bobina che noi inseriamo nelle nostre macchine che formano le bustine immettendo al loro interno il prodotto mandatoci dal cliente nella dose prestabilita. Due anni fa abbiamo ottenuto la certificazione ISO9001:2008 e la certificazione CSQA per il confezionamento dell’aceto balsamico di Modena. Siamo inoltre accreditati dall’Ente Ecogruppo Italia Srl per il confezionamento dei prodotti biologici. Ha un ricordo di quei primi anni? Ricordo che mi telefonò Benckiser-Miralanza e mi chiese se sarei stato in grado di realizzare un ordine da 10 milioni di bustine. Risposi, con onestà, che mi sarebbe piaciuto, ma era un quantitativo troppo alto per la mia unica macchina. Avevano un problema con il loro fornitore e ne stavano cercando un altro, così mi chiesero un appuntamento per sapere quanto tempo mi ci sarebbe voluto per attrezzarmi... e mi aspettarono! In due mesi comprai una linea con un’astucciatrice e iniziai. Miralanza mi ha dato lavoro per un anno di prova, confermato poi anche per l’anno successivo e, fino al 2000, abbiamo lavorato insieme. Poi hanno ceduto il marchio alla Reckitt, proprietaria di altri marchi e visto che la produzione era in Olanda hanno deciso di concentrare tutto all’estero. Sono state tutte scommesse, perché non avevo alcuna certezza che mi avrebbero confermato il lavoro. In quei primi anni non ricordo più le ore, i sabati e le domeniche passati in azienda. Oggi
idee innovative
l’azienda si sviluppa su 2700 metri quadri, direi che posso ritenermi molto soddisfatto della strada percorsa finora. Cosa produce chi si rivolge a voi? Presidi medico chirurgici, dispositivi medici, cosmetici, che rappresentano l’80% del nostro lavoro, integratori alimentari e altri prodotti di vario genere. Lavoriamo, tra gli altri, con clienti che esportano in tutto il mondo e per i quali siamo, con grande soddisfazione, fornitori da molti anni. Da dove nasce il nome Proiezione Più? Inizialmente pensavo di chiamare la ditta Dose più, ma correvo il rischio di evocare situazioni ‘stupefacenti’ e poco lecite... quindi ho fatto un altro ragionamento: mi proietto nel futuro! Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto in questi anni? Essere qui oggi, avere ottenuto un numero infinito di piccole soddisfazioni ed essere riuscito a realizzare ciò che, all’inizio, pareva semplicemente un’idea bizzarra, null’altro. Abbiamo acquistato macchinari e rivisto varie tecniche e metodi di lavorazione migliorando e velocizzando l’intero ciclo produttivo. Ho avuto alcuni soci in questi anni: uno in particolare, Finotti,
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Ivana e Paolo Orioli
è stato un importante supporto morale durante le battaglie avute in quegli anni, ma il lavoro l’ho sempre gestito io perché lui aveva un’altra attività, una torneria meccanica. Oggi sono l’unico proprietario di Proiezione Più insieme a mia moglie Ivana, entrata nel team di lavoro nel 2006. Quali sono le caratteristiche che deve avere un imprenditore? La lungimiranza, il coraggio, la costanza, la determinazione e la capacità di non abbattersi. C’è una frase che si è ripetuto nei momenti di difficoltà? “In un modo o nell’altro ce la devo fare”. Ho contato molto su di me: in azienda facevo tutto, dal pulire i bagni al preparare le macchine. Non mi sono mai tirato indietro né risparmiato, non ho avuto paura di niente. Sono un ottimista. L’unica cosa che temevo, se devo essere sincero,
coraggio
lungimiranza
era legata alla mia salute: cercavo di preservarmi in ogni modo non andando più in moto, né in bicicletta o a sciare. Tanti piccoli accorgimenti per non farsi male anche sul lavoro. Che rapporto avete con i vostri dipendenti? Abbiamo collaboratori validi con i quali abbiamo un buon rapporto. Siamo 23 in tutto. Ci confrontiamo sempre con loro e siamo, a nostro parere, anche flessibili: i nostri attuali dipendenti sono con noi da anni e ci hanno dimostrato di essere professionali. Le aziende si fanno sempre e comunque con le persone. Il rendimento degli operatori e delle operatrici addetti al confezionamento è continuamente migliorato, così come la gestione commerciale, amministrativa, la logistica e la gestione del magazzino. Può capitare che qualcuno abbia delle necessità e abbiamo sempre cercato di andare loro incontro.
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Avete risentito della crisi economica? Avete dovuto prendere accorgimenti? Poco, per fortuna. In questi anni difficili ho acquistato alcuni macchinari per velocizzare la produzione ed essere più flessibili. L’abbiamo sentita un po’ lo scorso anno quando abbiamo dovuto ridimensionare i prezzi per essere più competitivi, dato che la concorrenza giocava, diciamo così, al ribasso. Siamo però riusciti sempre a consegnare i nostri ordini. Abbiamo fatto un po’ meno fatturato, ma abbiamo acquisito anche alcuni clienti nuovi. Con i dipendenti abbiamo utilizzato un po’ di cassa integrazione a rotazione, null’altro. Quest’anno abbiamo già recuperato rispetto al 2013 e ho acquistato un’altra macchina per attaccare le bustine su pieghevoli, imprimere il numero di lotto e scadenze sugli astucci: i miglioramenti sono sempre da cogliere al volo!
flessibilità
Qual è la vostra quotidianità in azienda? Io arrivo al mattino presto e vado in produzione, poi torno a casa per fare colazione con la mia famiglia, porto a scuola mio figlio e rientro in azienda con Ivana. Cerco di dedicare maggior tempo possibile alla mia famiglia. D’estate seguo l’orto qui in azienda che mi piace coltivare. Riuscite a staccare e andare in ferie? Ad agosto le aziende chiudono, dunque, per un paio di settimane, anche Proiezione Più chiude e andiamo in vacanza. I primi giorni dormo, recupero il sonno arretrato, poi carburo!
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Da imprenditore a imprenditore
Capita mai di pensare di mollare tutto e andarvene?
Se fossi più giovane trasferirei l’azienda in Austria o in Svizzera perché, in Italia, il 60% di tasse sta diventando insostenibile da reggere oltre a una burocrazia pazzesca. Mio nipote ha trent’anni, lavora per una multinazionale olandese ed è l’unico italiano tra 130 ingegneri che provengono da tutto il mondo. E’ riuscito ad acquistare una casa in centro ad Amsterdam dopo solo un anno all’estero. Da noi i giovani saranno anche poco motivati come si dice, ma non è che ci siano prospettive così allettanti. Comunque non chiuderei, ormai sono qui dunque stringo i denti e vado avanti.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Pensi ci possa essere la possibilità concreta di creare nuove prospettive per i giovani in Italia?
professionalità
Il DNA non mente
Festeggerà i 60 anni di attività nel 2015 ed è ancora il rifornitore ufficiale di tanti clienti in provincia di Ravenna. Fondato da Mario Servidei nel lontano 1955, lo Scatolificio Senio oggi è una realtà consolidata gestita in sinergia con la figlia Emanuela che, 24 anni fa, ha iniziato la gavetta in azienda e oggi segue produzione e amministrazione. Il fondatore Mario ha ereditato determinazione e caparbietà dalla madre, commerciante di carta che l’ha spronato a intraprendere questa avventura nello scatolificio. E oggi guida una realtà che è passata dal produrre 500 cartoni all’ora a ben 5 mila. Sempre con la stessa passione di quei primi anni.
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Lo Scatolificio Senio si occupa di fabbricazione di imballaggi di carta e cartone ondulato e pressato. Costruisce scatole per qualsiasi prodotto con l’obiettivo di soddisfare il cliente. I prodotti dello Scatolificio Senio sono apprezzati per l’alta qualità e il prezzo equo inoltre, 60 anni di esperienza permettono al team di lavoro di trasferire la competenza e l’esperienza sul prodotto, trasformando la loro conoscenza in valore aggiunto a vantaggio del cliente
SCATOLIFICIO SENIO SRL
Via Carrara Ripe, 11 - Fusignano (Ra) Tel. 0545.50026
Quando è nata l’azienda? (Emanuela) Lo scatolificio è nato nel 1955 e mio padre vi è entrato nel 1958, a 23 anni, su suggerimento di mia nonna che acquisì per lui le quote di un socio uscente. Mia nonna faceva recupero carta, il commercio andava in quegli anni e la sua lungimiranza l’ha portata a spronare suo figlio, appena diplomato, a mettersi in affari. Mio padre era il più giovane dei tre soci e portò idee innovative e tanta energia visto che, dopo solo due anni, si distribuirono per la prima volta dei dividendi! Negli anni ha poi liquidato le quote degli altri due soci e oggi l’azienda è interamente della nostra famiglia con quote intestate a lui e a noi figlie. Qual è il percorso che ha portato qui lei e suo padre? (Emanuela) Mio padre, venendo da studi agrari, penso immaginasse di intraprendere un’altra strada, ma la determinazione di mia nonna non gli ha mai dato tregua! Come tutti i giovani non aveva le idee chiarissime su quello che avrebbe voluto fare dunque penso che entrò qui dicendosi ‘proviamo!’. È però vero che, fino a tre anni fa, mio padre ha gestito con un altro socio anche alcuni allevamenti di polli in parallelo con la nostra attività, dedicandosi quindi a un settore più attinente con gli studi fatti. Per natura non siamo persone in grado di restare con le mani in mano: io sono entrata 24 anni fa e, sin dall’inizio, ho voluto imparare a fare un po’ di tutto. Dopo il diploma di ragioneria non pensavo di lavorare nell’azienda di famiglia: mi sono proposta a mio padre e ho fatto la gavetta cominciando con lo spazzare i capannoni, poi dedicandomi al commerciale andando a presentare l’azienda a tutti i potenziali clienti in zona, per arrivare, oggi, a seguire senza difficoltà tutte le aree dall’azienda, dalla produzione all’amministrazione. Mi relaziono direttamente con clienti e fornitori, elaboro i prezzi dei cartoni, compro e vendo i materiali, mi rapporto con le banche. Dal foglio di carta che entra, allo scatolone che esce come prodotto finito, seguo tutto il percorso. Mio padre ha fiducia in me, ma me la sono conquistata tutta negli anni! (Mario) Dopo essere entrato qui, negli anni ‘70, ho acquistato un capannone di 800 metri, insieme a un amico fraterno, a Maiano dove abbiamo insediato un allevamento di polli che versava
in cattive acque. Visto che sembrava essere un investimento molto interessante abbiamo preso anche 7 ettari di terreno a Lugo con 4500 metri quadri coperti e abbiamo realizzato un ulteriore allevamento che andava addirittura meglio del primo. Poi ne abbiamo preso un terzo a S. Pietro in Vincoli e un quarto a Voltana. L’attività dello scatolificio era quasi diventata marginale! Negli anni abbiamo mantenuto i due allevamenti più grandi fino a che, qualche anno fa, li abbiamo venduti. È stata un’esperienza gratificante nonostante l’alluvione di 15 anni fa a Voltana che, con un metro e mezzo di acqua caduta, fece annegare 74 mila polli per un danno di 700 milioni! Con grande forza e passione riuscimmo a rimettere in sesto tutto proseguendo fino a qualche anno fa quando, archiviata quella bella e stimolante avventura, siamo tornati a dedicarci ognuno alle proprie attività principali. Sig. Mario, qual è l’insegnamento che le ha dato sua madre? La volontà di andare avanti, sempre. Mia madre era una grande commerciante di carta da macero, determinata, una forza della natura. Andava in treno agli zuccherifici di Genova e, a quei tempi, i trasporti non erano agevoli come oggi. Da lei ho imparato la grinta e l’accettazione del rischio. Cos’ha portato di suo in azienda? (Emanuela) Idee, proprio come mio padre quando entrò nel 1958. Avevamo macchinari un po’ datati, per fare gli avviamenti manualmente ci mettevano davvero troppo tempo quindi ho insistito fin da subito per cambiarli. In fondo il tempo è denaro
Mario ed Emanuela Servidei in produzione. In basso a sinistra Mario Servidei agli inizi dell’attività
ed essere competitivi paga, quindi penso sia stata una scelta che ha portato ottimi risultati. Nei primi anni si lavorava tanto per le calzature che hanno una loro stagionalità, mentre oggi con l’imballo americano usato per le spedizioni abbracciamo un po’ tutti i settori: dall’alimentare all’abbigliamento fino alla tecnologia. (Mario) Io non lascio spazio a nessuno, sono così per carattere. Mia figlia si è guadagnata la mia fiducia fin da subito perché è una gran lavoratrice e mi fido ciecamente del suo operato e delle sue scelte. Sono stato davvero felice e orgoglioso del suo ingresso in azienda. Dov’era la vostra prima sede? (Mario) In centro a Fusignano con due capannoni vecchi divisi da una strada. Logisticamente l’organizzazione del lavoro era difficile perché dovevamo sempre attraversare la strada, era
coraggio
capacità imprenditoriale
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difficile per il muletto perché c’erano buche nel manto stradale, era davvero faticoso e ogni sera bisognava rimettere dentro tutto. Nel 2000 ci siamo trasferiti nella sede attuale e le cose sono decisamente migliorate, se non altro dal punto di vista logistico!
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Quanti siete oggi? (Emanuela) Quattro operai più mio padre e io. In produzione lavora anche mio marito, entrato anni fa, che però ha preferito quel tipo di attività lasciando alla sottoscritta la gestione di tutte le problematiche a 360°! È un gran lavoratore, molto più pignolo di me, ma guai a metterlo dietro una scrivania... Che rapporto avete coi dipendenti? (Emanuela) Siamo come una famiglia, ci confrontiamo quotidianamente. Penso di essere un capo abbastanza flessibile: se mi chiedono di stare a casa un giorno, se hanno problemi me ne parlano chiaramente e cerco di andare loro incontro sempre. Siamo due zoccoli duri mio padre ed io, ma abbiamo costruito, negli anni, un buon rapporto con i nostri dipendenti.
Sig. Mario, quali sono le caratteristiche che deve avere un imprenditore? La determinazione prima di tutto e, non meno importante, non deve essere avido, soprattutto nei confronti dell’azienda, deve fare investimenti mirati e lasciare all’interno dell’attività un po’ di liquidità ogni anno, in modo da ripristinare sempre le riserve. Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto? Tante: dalla progettazione delle scatole che facevo in prima persona, ai clienti soddisfatti. L’azienda mi ha dato la possibilità di acquistare una casa per le mie figlie e oggi, se mi va, so che posso togliermi qualche sfizio. Un’altra grande soddisfazione è stata vedere crescere negli anni lo scatolificio. I primi tempi realizzavamo 500 cartoni in un’ora con tre operai, adesso ne produciamo circa 5 mila. Dai due piccoli capannoni, non proprio organizzati ottimamente, ci siamo ampliati e oggi abbiamo una sede di 3200 metri, acquistata con non pochi sacrifici. Il mio grande rammarico è legato ai quasi 20 mila euro
di Imu annuali dovuti allo Stato, che considero un vero insulto. Questo è un momento particolarmente difficile per l’economia. Negli anni avete avuto altri momenti complicati? Negli anni ‘80 abbiamo avuto un paio di anni critici, ma una crisi così lunga non l’avevamo mai vista. Abbiamo dovuto fare ricorso alla cassa integrazione per andare avanti, ma oggi le cose si sono un po’ riprese. C’è una frase che s’è ripetuto nei momenti difficili? Cerco di motivarmi ogni giorno perché quando sei in ballo devi ballare, non puoi tirarti indietro. Fortunatamente, però, non mi è mai capitato di pensare ‘lascio tutto e me ne vado’. O meglio, mi capita di pensarlo adesso con tutte le tasse che dobbiamo pagare. Penso che sia inutile lavorare duramente se una fetta tanto importante di guadagno ti viene portata via. E di aiuti non ce ne sono. A Fusignano l’acqua dell’acquedotto non ha potenza così tutte le aziende si sono dovute dotare, a proprie
Dove sono ubicati i vostri clienti? (Mario) Tutti in zona: essendo un prodotto voluminoso sarebbe antieconomico il trasporto verso destinazioni particolarmente lontane, dunque ci spingiamo al massimo fino a Bologna, Modena e Parma. Nella zona di Fusignano sono quasi tutti nostri clienti e ormai da parecchi anni.
fermezza
entusiasmo
spese, di un impianto per poter avere la potenza necessaria da utilizzare in caso di incendio. Non poteva pensarci il Comune visto che un certo tipo di potenza è d’obbligo per legge? Il sacrificio personale più grande che ha dovuto sostenere? Ho passato qui tantissime ore, spesso saltando il pranzo, sacrificando sabati e domeniche. Non possiamo programmare molto: quando arrivano gli ordini bisogna mettersi al lavoro a testa bassa e andare avanti. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Emanuela) Arrivo sulle 8, prima di mio padre che, giustamente, se la prende un po’ più con calma. Accendo il computer, scarico le mail, faccio gli ordini, un giro in produzione e seguo tutto ciò che è necessario fare. Sulle 18.30 riesco a uscire. Quando ho avuto un’operaia in malattia per tre mesi sono andata in linea a sostituirla, facevo il dritto in produzione e mi tenevo due ore la sera per stare in ufficio. E’ stata dura, ma per l’azienda si fa questo e altro. Se poteste avere una giornata di libertà cosa fareste? (Emanuela) Se c’è il sole vado al mare, mi rilasso moltissimo e stacco da tutto. (Mario) Io amo di più la montagna, il mare mi irrita. Sono un appassionato d’arte, ho collezionato tante tele negli anni e mi rilasso a osservarle a casa. Oppure vado ad aste o mostre d’arte. Il mio artista preferito è Guidi, ma confesso anche una passione per Guttuso, Casorati, De Chirico, Vedova, Basaldella… Qual è la cosa che la irrita di più? (Mario) Gli obblighi di legge che ci impongono controlli ogni mese, tutte le certificazioni che hanno introdotto per i muletti, le messa a terra: una burocrazia inutile che fa perdere solo un sacco tempo perché sulla sicurezza investiamo, ma non si può dover compilare moduli ogni mese!
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Da imprenditore a imprenditore
Pensi che ci possa essere la possibilità concreta di nuove prospettive per i giovani in Italia?
(Emanuela) Seppure io sia una persona molto ottimista, in questo momento fatico a vedere grandi prospettive per i giovani. Ho 8 nipoti e, a tutti, dico di studiare e andarsene all’estero. L’Italia ha tante potenzialità che non sappiamo sfruttare. Penso che dovrebbe attuarsi un cambiamento radicale per far sì che i giovani restino nel nostro Paese a lavorare. La fuga di cervelli c’è da anni e penso continuerà: ho un amico che è andato a curarsi in America e lo sta seguendo un medico di Cesenatico trasferitosi là perché qui non aveva trovato un lavoro che lo appagasse. Lo Stato e le banche non ti aiutano, quindi penso sia inimmaginabile ipotizzare di aprire un’azienda in questo momento. (Mario) Penso sia una fase, ma se il Governo riuscirà a tornare in equilibrio, le possibilità di inserimento nel mondo
del lavoro per i giovani si creeranno. Dal turismo alla cultura all’enogastronomia, i settori nei quali trovare lavoro sono davvero tanti nel nostro Paese.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Ritieni che il nuovo Governo sarà in grado di incentivare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro?
Il miglior riposo made in Italy
Pietro Ravaglia allestisce il suo primo laboratorio in casa e inizia l’avventura imprenditoriale con la moglie venendo affiancato dai figli negli anni ‘90. Nel 2014 festeggia i ‘primi’ 50 anni di attività. Serietà e professionalità hanno garantito a Maxitalia una crescita costante negli anni e la grande dedizione al lavoro l’ha fatta entrare nel Consorzio Produttori Italiani Materassi di Qualità che garantisce un prodotto Made in Italy eccellente. Oggi l’azienda che investe costantemente in nuove tecnologie, rifornisce 3 mila alberghi e conta su oltre 6 mila clienti. In quest’intervista Pietro, insieme ai figli Paolo e Claudia, spiega, per tappe, la storia dell’azienda.
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Maxitalia nasce nel 1964 per volontà di Pietro Ravaglia. L’azienda produce materassi e letti tessili di qualità per uso domestico e per il settore contract alberghiero. L’elasticità del suo processo produttivo è in grado di assicurare alta qualità anche nei prodotti su misura, inoltre controlli rigorosi e ferree procedure di manifattura garantiscono un prodotto made in Italy eccellente. Maxitalia si serve di manodopera italiana specializzata, assembla ogni prodotto seguendo le normative di sicurezza vigenti, presta particolare attenzione alla filiera e all’origine di provenienza delle materie prime. Per la propria azienda, Maxitalia utilizza energia autoprodotta da pannelli solari ed è, quindi, attenta anche alla salvaguardia dell’ambiente.
MAXITALIA SRL
Ss 306, km.7 Ang. Via Miglioli 2/4 - 48025 Riolo Terme (Ra) Tel. 0546.71309 • www.maxitalia.com
Quando è nata l’azienda e chi l’ha fondata? (Claudia) Maxitalia nasce nel 1964, fondata da nostro padre, Pietro Ravaglia. Aveva lavorato da garzone in un’azienda faentina che produceva materassi e, avendo fatto esperienza come tappezziere, nonostante il titolare gli avesse proposto un incarico importante e vantaggioso per quei tempi, lui preferì mettersi in proprio. Mio nonno era falegname così mio padre aveva imparato a lavorare il legno: riparava le botti e ha sempre avuto una grande passione per il lavoro manuale, creare è sempre stato il suo primo interesse. Inizialmente allestì con mia madre una stanza in casa in cui lavorare, poi si trasferì in un piccolo capannone di fronte alle Terme di Riolo infine, nel ’70 nella sede attuale dove, nel ’92 abbiamo realizzato l’ampliamento per un totale di 5 mila metri quadri. Oggi ci avvaliamo di alcuni artigiani che ci forniscono i semilavorati per la realizzazione dei nostri prodotti. Maxitalia infatti non realizza solo materassi, ma anche letti tessili e accessori. Quando siete entrati nell’azienda di famiglia? (Paolo) ‘Ufficialmente’ negli anni ’90, ma già da ragazzini, dopo la scuola, venivamo in azienda in estate a riempire le coperte di lana o a dare una mano in magazzino. L’ingresso in Maxitalia è avvenuto piuttosto naturalmente: per la nostra famiglia e soprattutto per nostro padre, il lavoro è sempre stato al primo posto. Sin da bambini ci portava in giro per fiere la domenica o per fornitori al sabato con mia madre, poi magari la sera ci facevamo un giro per la città! Le nostre estati, finita la scuola, le passavamo qua e non sempre con entusiasmo: eravamo ragazzini e ci sarebbe piaciuto passare il tempo con gli amici, ma per mio padre era importante che, gradualmente, imparassimo un lavoro. I nostri studi non sono stati mirati all’inserimento qui, ma era praticamente scontato che saremmo subentrati a lui e l’esperienza ce la siamo fatta sul campo. Oggi Claudia e io seguiamo il commerciale, abbiamo diversi agenti plurimandatari che vanno motivati quasi quotidianamente e nostro padre, con i suoi 75 anni, ha ancora la supervisione di tutto il lavoro! Qual è l’apporto personale che voi, seconda generazione, avete dato all’azienda? (Paolo) Abbiamo introdotto la tecnologia e investito sulla comunicazione.
Quali pensate debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? (Claudia) Istinto, coraggio, determinazione e fiuto per gli affari. Mio padre è sempre stato curioso, ha partecipato a tantissime fiere perché diceva “non si sa mai da dove possa nascere una buona idea”. Quali sono gli insegnamenti che vi ha trasmesso? (Claudia) L’amore per il proprio lavoro, ma anche che si stava meglio quando si stava peggio! Ha sempre voluto far star bene la sua famiglia e i suoi dipendenti e si è impegnato a fondo in ciò che faceva. Il nostro è un settore nel quale la concorrenza è spietata: siamo un’azienda storica che ha sempre lottato per stare sul mercato. Tanti producono materassi, ma noi facciamo parte di quel gruppo di aziende che ancora punta sulla qualità, scegliendo materiali validi.
La famiglia Ravaglia: da sinistra, Claudia, Pietro, Emma Sangiorgi e Paolo Ravaglia. In basso a sinistra, la copertina del primo catalogo di materassi stampato da Maxitalia, che ai tempi si chiamava Caravan
Quanti dipendenti avete e che rapporto avete con loro? (Claudia) Siamo 25 compresi noi, i nostri coniugi e due cugine. Abbiamo un buon rapporto con loro, sono quasi tutti di Riolo, molti con noi da quasi 30 anni. Mio padre ci ha sempre insegnato a parlare chiaramente con tutti, dipendenti e fornitori, ad affrontare i problemi quando si presentano: non siamo capi ‘in giacca e cravatta’ che guardano dall’alto i dipendenti.
in un albergo e hanno visto il nostro nome ci chiamino per acquistarne uno. Difficile spiegar loro che sono quelli certificati per gli hotel che non si trovano in commercio! A chi ci chiama diamo il nome del rivenditore più vicino.
Chi sono i vostri clienti? (Paolo) Lavoriamo con tanti rivenditori italiani specializzati e con il settore alberghiero rifornendo hotel italiani ed esteri. Tra i nostri clienti diretti abbiamo circa 3 mila alberghi, un paio di clienti in Germania e Spagna e quelli storici del nostro territorio. Da 15 anni abbiamo aperto lo show room, prima avevamo solo un piccolo spaccio e oggi abbiamo circa 6 mila clienti. Capita, poi, spesso che clienti che hanno dormito sui nostri materassi
intuizione
idee innovative
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Avete risentito della crisi economica? (Paolo) Purtroppo sì anche perché abbiamo iniziato da poco ad aprirci all’estero. Servirebbero diversi investimenti che, di questi tempi, è piuttosto rischioso fare, preferiamo reinvestire nella nostra azienda. Abbiamo comunque continuato a puntare sulla qualità scremando la clientela, non abbiamo sostituito dipendenti che sono andati in pensione e abbiamo fatto un po’ di cassa integrazione. Per restare in piedi bisogna saper prendere anche decisioni difficili. La disponibilità finanziaria della gente è diminuita drasticamente, pertanto stiamo facendo anche diverse promozioni, ma alla qualità del nostro prodotto non rinunciamo. Al Consorzio Produttori Italiani Materassi di Qualità che garantisce la qualità del prodotto al consumatore finale, di cui facciamo parte, abbiamo chiesto un’analisi per capire se poteva essere una buona idea quella di aprirci all’e-commerce. Loro hanno tenuto Ebay come punto di riferimento, ma alla voce ‘materassi’ hanno trovato prodotti nettamente inferiori ai nostri e non ci è quindi sembrato il caso di percorrere quella strada.
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Avete diversificato la vostra produzione? (Paolo) Da qualche anno stiamo proponendo materassi più tradizionali. Per fare dormire bene una persona bisogna seguire una serie di procedure precise, noi puntiamo sul materasso a strati ognuno dei quali ha la propria importanza. Dal molleggio di diverse tipologie agli strati che vorremmo fossero il più naturale possibile anche se questi materiali nascono per la produzione artigianale: i produttori spediscono una balla che è da lavorare. Vorremmo tornare a rimettere nei materassi il crine vegetale, ma i produttori dovrebbero attrezzarsi per non farlo arrivare in trecce
Una foto “d’epoca” che ritrae la signora Bruna Ravaglia alla macchina da cucire
Pietro Ravaglia e la sorella Bruna durante una fase di lavorazione
che sono impossibili da lavorare industrialmente: servirebbe un macchinario apposito che le trasforma in rotolo. Di idee ne abbiamo, speriamo di poterle realizzare tutte!
Sono venuti diversi dipendenti insieme a noi e alle nostre famiglie. Nostro padre è molto devoto, ci è tornato altre quattro volte, è stata un’esperienza forte emotivamente.
Qual è la soddisfazione più grande avuta in questi anni? (Claudia) La soddisfazione arriva dai nostri clienti: personaggi famosi del mondo dello spettacolo del cinema e dello sport dormono sui nostri materassi! Abbiamo rifornito la caserma Coppito a L’Aquila, sede del summit del G8, la Crystal Cruise, compagnia crocieristica di lusso americana, il Casta Diva Resort, hotel a 5 stelle sul lago di Como. Abbiamo ottime referenze che sono il nostro vanto. Oltre a questo i clienti sanno che ci siamo sempre se hanno bisogno: se chiami Maxitalia non risponde un qualunque call center.
(Pietro) I miei figli non sono stati bene, a distanza di pochi anni l’uno dall’altra e io che sono convinto che sia importantissimo avere fede, ho voluto portare tutti i miei affetti in un luogo che reputo sacro. Ho lasciato libera scelta ai nostri dipendenti di aggregarsi a noi, ma ho voluto regalare il soggiorno a quanti
Qual è, invece, un sacrificio personale che avete dovuto fare? (Claudia) I sacrifici veri li fanno quelli che lavorano in miniera! Scherzi a parte, abbiamo sacrificato un po’ le nostre famiglie visto che, spesso, il sabato siamo qua e abbiamo rinunciato più di una volta alle ferie... Chi media di più e chi è più combattivo? (Claudia) Il confronto-scontro tra me e mio padre è quotidiano mentre mio fratello media di più! Mio padre è ancora una fucina di intuizioni, sarebbe da sciocchi non seguirlo. Due anni fa, dopo esserci stato un paio di volte con mia madre, ha organizzato una gita a Medjugorje in Bosnia Erzegovina, aperta a tutta l’azienda.
ambizione
competenza
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Il gruppo di lavoro della Maxitalia al completo
Da imprenditore a imprenditore
sono venuti perché mi faceva piacere averli lì. Ero già stato a Lourdes e al Santuario di Fatima, ma a Medjugorje avevo lasciato il cuore ed è stata una bellissima esperienza.
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Se aveste una giornata di libertà come la passereste? (Claudia) Andrei in giro con le amiche, farei brevi viaggi.
(Claudia) La speranza c’è, ma bisogna che ci sia la volontà.
(Paolo) Io starei con la mia famiglia. (Pietro) Anch’io viaggio anche se ho sempre i nostri cataloghi in valigia!
Ritieni che il nuovo Governo sarà in grado di incentivare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro?
(Paolo) La famiglia dovrebbe tornare dentro le aziende, bisognerebbe aprirle al pubblico con open day e far vedere alle nuove generazioni come si lavora. Se i genitori non sanno cosa sia il lavoro è impossibile che lo sappiano i loro figli. Si fatica a credere che molti lavori si facciano ancora a mano, si tende a credere che le industrie e i macchinari abbiano preso completamente il sopravvento. (Pietro) Oggi non c’è più la passione per il lavoro nel senso pieno della parola, la voglia di far star bene la propria famiglia. Molte cose si danno per scontate e non ci si dà più da fare per trovare un posto di lavoro, lo spirito di sacrificio non esiste più.
serietà
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Ti senti ancora libero di fare il tuo lavoro o ti senti strozzato dal sistema?
Un secolo di nuovi progetti È il lontano 1911 quando Pietro De Angelis, noto fabbro di Coccolia, vince la medaglia d’oro all’esposizione internazionale delle produzioni moderne di Genova per la fabbricazione di attrezzi agricoli di sua produzione. Da allora l’azienda non si è mai fermata: ha investito, ampliato e diversificato la produzione, si è trasformata in Spa negli anni ‘60 e oggi vanta clienti non solo in Italia, ma anche all’estero. È un’azienda sana, informatizzata, che con determinazione e nuovi validi progetti guarda al futuro. Ci illustra i successi dell’azienda, in oltre 100 anni di storia, il pronipote di Pietro, Luca De Angelis, responsabile commerciale/marketing. 44
De Angelis Spa è oggi riconosciuta come uno dei principali leader nel settore dei rimorchi e semirimorchi nel mercato dei trasporti non convenzionali. La produzione è apprezzata per la grande robustezza, la qualità dei materiali utilizzati e la possibilità di personalizzazione a seconda delle esigenze specifiche dei clienti. L’azienda offre un prodotto che coniuga artigianalità delle produzioni (veicoli prodotti in piccole serie o completamente personalizzati) e progettazioni di alto livello eseguite da un team di ingegneri coadiuvati dalle più moderne tecnologie (progettazione 3D, test strutturali con software FEM/FEA o specifici per testare il comportamento stradale dei veicoli).
OFFICINE DE ANGELIS SPA
Via dei Carratori, 1 - 48125 Coccolia (Ra) Tel. 0544.569090 • www.deangelisrimorchi.com
Quando è nata l’azienda e chi l’ha fondata? L’azienda risale alla fine dell’800 e fu fondata dal mio bisnonno Pietro che era il fabbro di Coccolia. La data ufficiale, però, la facciamo risalire al 1911 quando il bisnonno tornò dalla Fiera internazionale di Genova (al tempo era quasi come essere stati dall’altra parte del mondo…) con una medaglia d’oro per “aratri ed erpici di sua speciale fabbricazione”. Subito dopo la guerra, in collaborazione con Pirelli, i nonni (subentrati nel frattempo in azienda) presentarono in anteprima alla Fiera agricola nazionale di Verona il primo carro agricolo con le ruote in gomma. Il rimorchio fu parcheggiato su una distesa di cocci di vetro per dimostrare agli scettici agricoltori che i pneumatici non si sarebbero forati così facilmente come si poteva credere. Negli anni ’50 in De Angelis lavoravano circa un centinaio di dipendenti. Oltre alla costruzione di attrezzature e rimorchi agricoli, una parte dello stabilimento era dedicato alla costruzione di serramenti di varie tipologie dove lavoravano anche parecchie donne. All’inizio degli anni ‘50, sull’onda del boom industriale, la De Angelis affiancò alla produzione dei rimorchi agricoli quella dei rimorchi industriali. Alla fine degli anni ‘60, quando entrò mio padre, l’azienda era sempre più orientata al mondo industriale e di lì a poco avrebbe dismesso completamente la produzione di attrezzature e veicoli agricoli per soddisfare le crescenti richieste di rimorchi e semirimorchi industriali. Lei quando è entrato in azienda? Nel 2007. Il mio non è stato un percorso mirato all’inserimento nell’azienda di famiglia e nessuno mi ha mai fatto pressioni: sono laureato in economia aziendale, ho lavorato 5 anni per il Gruppo Ferretti, ho seguito un master MBA e nel periodo precedente al mio ingresso in azienda ho vissuto a Londra per perfezionare l’inglese. Sono rientrato in Italia per andare a lavorare in un altro cantiere nautico, ma dovendo aspettare poco più di un mese per cominciare il nuovo lavoro, ho iniziato a frequentare l’azienda di famiglia. Dopo qualche settimana e su invito di mio padre e di alcuni altri soci della famiglia ho deciso di fermarmi e rinunciare all’altro lavoro. Questa è stata di sicuro la scelta migliore. La crisi economica vi ha toccati? Che accorgimenti avete dovuto prendere? Lavorando prevalentemente con i settori del trasporto e l’edilizia,
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Il reparto produzione delle Officine De Angelis
la crisi ci ha coinvolti eccome. Grazie a una gestione oculata e onesta, ci ritroviamo ancora in una situazione finanziaria molto solida e di questo siamo tutti molto grati a mio padre. Abbiamo ampliato la gamma di prodotti offerti reintroducendo la produzione di rimorchi agricoli di alta qualità e dato più slancio alle produzioni full custom, nelle quali stiamo trovando un ottimo riscontro soprattutto nel settore energetico. Ci siamo trovati inoltre nelle condizioni di aprire ai mercati esteri (prima, considerando una lunga serie di motivi, non era oggettivamente conveniente): nell’ultimo anno abbiamo venduto direttamente o indirettamente quasi il 40% della nostra produzione all’estero. A oggi le migliori soddisfazioni le abbiamo ottenute dal mercato russo, dove abbiamo trovato un grande interesse per la costruzione di veicoli personalizzati e per alte portate e per il quale abbiamo anche realizzato una linea dedicata di veicoli (“Xtreme
professionalità
Line”) destinati al mercato Siberiano, dove si deve garantire piena operatività nelle condizioni stradali e climatiche fra le più estreme al mondo. Progettati appositamente, questi veicoli sono saldati con tecniche speciali (abbiamo certificato tutti i processi fino a - 40°), costruiti con acciai alto-resistenziali ed equipaggiati con componentistiche diverse dalle produzioni standard. Ovviamente procediamo con cautela perché i prezzi di vendita dei nostri veicoli possono raggiungere anche diverse centinaia di migliaia di euro e dobbiamo essere sicuri su pagamenti e sostenibilità finanziaria delle operazioni che facciamo.
chiaramente dove indirizzare i nostri sforzi. L’anno successivo abbiamo fondato (a Forlì) con alcuni soci una nuova azienda per la lavorazione dei lamierati, cosa necessaria alla De Angelis per diminuire i tempi di approvvigionamento e aumentare la qualità del materiale utilizzato nella produzione.
Cosa vi siete ripetuti nei momenti di difficoltà? Non abbiamo un mantra specifico. Ci siamo semplicemente rimboccati le maniche e continuato a credere e investire in nuovi progetti. Nel 2008 abbiamo informatizzato completamente l’azienda per renderla più efficiente e per avere un maggior controllo sui costi e su altri aspetti che consentissero di individuare
lungimiranza
“A costruirsi un nome ci si mette una vita. A distruggerlo basta un attimo”. Quali pensa che debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Curiosità, apertura mentale, entusiasmo professionale e capacità di trasferirle ai propri collaboratori. Inflessibilità e costanza: i successi si ottengono un po’ tutti i giorni, non con un biglietto della lotteria. Umiltà: chi pensa di essere il migliore è già sulla via del declino perché è in carenza di stimoli e non ritiene di doversi migliorare. Competitività: anche i migliori ogni tanto arrivano secondi o terzi (oppure capita che abbiano un problema e non arrivino neanche a fine gara), per cui bisogna sempre e comunque dare il massimo se no si arriva sicuramente ultimi. Avere una buona dose di “sana incoscienza”... quella di cui parlavo prima. Necessaria in Italia più che altrove.
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Progettazione 3D
Questa azienda è cresciuta costantemente e conta oggi un organico di oltre 30 persone con ottime prospettive per il futuro. Inoltre non abbiamo mai smesso di investire in ricerca e sviluppo di nuovi veicoli, cosa che ha portato l’azienda a costruire modelli sempre più performanti e apprezzati dai nostri clienti.
Lei lavora in sinergia con suo padre, come gestite questa relazione? La cosa interessante nella coesistenza di due generazioni nella stessa azienda è poter contare da una parte sull’entusiasmo, su una visione “moderna” di come affrontare il lavoro e su un pizzico di “sana” incoscienza; dall’altra parte c’è l’esperienza, la saggezza, il network e le piccole “malizie” acquisite sul campo in oltre 40 anni. Due facce che devono appartenere alla stessa medaglia. Le difficoltà, se ci sono, devono limitarsi alle piccole cose di tutti i giorni ma ci deve essere una forte intesa di fondo diversamente le differenze non portano alcun valore aggiunto.
Avete un buon rapporto con i vostri dipendenti? Gli anni ‘70/’80 sono stati molto difficili specialmente per le imprese del settore metalmeccanico. Oggi i dipendenti partecipano agli utili dell’azienda per cui si riesce a pensare come a una vera e propria squadra dove ognuno ha un diretto interesse a portare a casa il risultato. A casa nostra poi, il rispetto reciproco e un sorriso ogni tanto sono gratis, per cui anche il clima generale è piacevole. La scelta più difficile che avete dovuto affrontare in questi anni? Rinunciare a una parte dei nostri collaboratori a causa della crisi.
L’insegnamento più importante che le ha dato suo padre? Dirne uno solo sarebbe forse un’offesa. Potrei fare una lunga lista ma per brevità mi limito all’insegnamento di un’alta morale professionale, valore che oggi si è forse un po’ offuscato ma che nel lungo periodo di sicuro ripaga.
innovazione tecnologica
flessibilità
Analisi strutturale tramite tecniche FEM/FEA
A questo aggiungo che è stato molto difficile continuare a investire ingenti risorse nonostante tutto. Ma certe decisioni vanno prese e portate avanti con coraggio per dare continuità all’azienda. Avete dovuto fare sacrifici personali? “Chi non lavora, non fa l’amore”... Qual è la soddisfazione più grande? In azienda siamo poco più di 30 persone. Nonostante ciò riusciamo a gestire un lavoro molto complicato. Per la costruzione dell’ERP (gestionale integrato) ci siamo avvalsi di uno studio di consulenza internazionale che collabora principalmente con grandi aziende multinazionali. Erano stupefatti della complicazione della nostra struttura, della mole di informazioni che gestiamo e delle competenze che abbiamo. Qual è la sua quotidianità in azienda? So quando entro e ho un vaga idea di quando uscirò (ride). Di solito, però, cerco di essere a casa prima delle 20 perché ho due bimbe piccole e ho piacere di passare qualche momento con loro. Se potesse avere 24 ore di libertà fuori dall’azienda cosa farebbe? Un po’ di sport e starei con la mia famiglia.
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La dirigenza al completo: da sinistra, Luca De Angelis, Piero De Angelis e Paolo Piffanelli
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Da imprenditore a imprenditore
Ti senti ancora libero di fare il tuo lavoro o ti senti ‘strozzato’ dal sistema?
Ovviamente strozzato, come ogni cittadino italiano rispettabile. Qualche esempio della nostra realtà? La strada che collega Ravenna con Forlì (la via Ravegnana, dove risiede la nostra azienda e dove passano migliaia di veicoli tutti i giorni) è stata costruita circa 220 anni fa sulla riva di un fiume e tale è rimasta; internet veloce è ancora un miraggio e abbiamo black-out di giorni in caso di maltempo, le strade vengono spazzate ogni 45-50 giorni... Richiedere tasse così elevate in un Paese con un popolo mediamente incivile e individualista è una scommessa perdente. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se avessimo una mentalità e un senso della comunità più evoluti (come nei Paesi Scandinavi, tanto per fare un esempio), le tasse le pagheremmo tutti più volentieri: potremmo vedere i nostri sacrifici tradotti in servizi per la gente e per le aziende. Questo sarebbe un circolo virtuoso.
attenzione al particolare
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Si stava meglio nel Medioevo quando si pagava la Decima alla Chiesa oppure oggi che paghiamo quasi il 70% di tasse?
Una famiglia tecnologica I tre fratelli Boschi fondano 3B Technology nel 1989 scommettendo su loro stessi e sulle loro competenze. Iniziano a lavorare nel garage di casa e si fanno conoscere per la qualità e la serietà del loro lavoro. “Se non lavori con impegno i risultati non arrivano” è la filosofia che li muove in questi ‘primi’ 25 anni. Dal 2008 l’azienda è guidata da Lucio Boschi cui si sono affiancati i figli Mirko e Karen negli ultimi dieci anni. Con determinazione hanno affrontato gli anni della crisi diversificando l’offerta e oggi vantano una clientela storica che continua a rivolgersi, con fiducia, a loro.
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3B Technology, col tempo, si è distinta sul mercato offrendo soluzioni e supporto tecnico per tutti i settori dell’industria manifatturiera in genere con una particolare specializzazione per il settore Oil & Gas e al relativo indotto. Sempre fedele al proprio obiettivo di essere un punto di riferimento tecnico e qualificato per il settore elettro-strumentale e in forniture a “Pacchetto”, oggi la 3B rappresenta una realtà produttiva e distributiva consolidata. L’ampia sede di 2500mq circa è costituita da un’area adibita a magazzino e una zona uffici in cui lo staff tecnico-commerciale assicura un servizio adeguato alle più articolate richieste.
3B TECHNOLOGY SRL Via Pag, 81- 48122 Ravenna Tel. 0544.591681 • www.3btechnology.it
Sig. Boschi, quando è nata l’azienda? L’ho fondata nel 1989 con i miei due fratelli: 3B ossia tre fratelli Boschi, 3B ossia bravi, belli e buoni! Avevamo tutti un nostro lavoro, ma abbiamo scommesso su noi stessi sviluppando e affinando al meglio le nostre conoscenze: io come perito elettronico industriale, mio fratello come perito elettrotecnico e mia sorella come ragioniera, fino al 2008 quando hanno preso altre strade. Io sono stato dipendente per 4 anni poi ho sempre esercitato come libero professionista e lo ero anche quando decidemmo di intraprendere questa avventura. Nell’89 abbiamo fondato 3B Sas come agenzia di rappresentanza, specializzata negli impianti industriali a elevato rischio esplosione e incendio. Abbiamo cominciato da subito con la distribuzione di grandi marchi inerenti il settore elettrico, poi nel corso degli anni ne sono stati affiancati altri di pari importanza, introducendo la strumentazione industriale e ampliando così la nostra gamma commerciale. Nel ‘93 la svolta, con la trasformazione in 3B Technology Srl in qualità di distributore a tutti gli effetti. Sin dall’inizio abbiamo creduto nella qualità e quindi ci siamo focalizzati nella distribuzione di prodotti ad alto contenuto tecnologico e di più difficile reperibilità sul territorio. Qual è un ricordo di quei primi tempi? La prima sede era a casa mia, il garage era il magazzino, la lavanderia era l’ufficio. Dopo un anno ci siamo spostati in via Romea sud, mentre nel 2000 ci siamo trasferiti nella sede attuale per potenziare e ampliare il magazzino perché il servizio di pronta consegna è sempre più di fondamentale importanza. Abbiamo sempre creduto nel proporre prodotti di medio-alta qualità in quanto, da tecnici, abbiamo sempre percepito il vantaggio economico e di valore che ne ritorna, come del resto i nostri clienti. Da ragazzo pensava mai di intraprendere questa strada? Ho sempre pensato che mi sarei messo in proprio, ho sempre avuto nel Dna il fare e il creare. Fin da ragazzino la passione è stata quella per gli impianti; smontavo i jukebox del bar dei miei genitori per studiarne i componenti, montavo le prime autoradio nelle auto, per il bar dei miei ho realizzato l’impianto luce d’emergenza quasi quarant’anni fa. A sei anni aiutavo ai tavoli nella trattoria di famiglia e quando nel ‘69 presero il bar
gelateria al mare iniziai a fare anche la stagione estiva. Nell’80 mi ero già messo in proprio nel settore impianti elettrici: di sera realizzavo i quadri e gli automatismi che montavo giorni successivi. La mia filosofia, il mio modo di concepire il ‘mestiere’ nasce proprio in quegli anni: se non lavori con impegno i risultati non si raggiungono. Quali sono i vostri clienti e che rapporto avete con loro? Il distributore per essere ritenuto un punto di riferimento dal cliente deve essere affidabile, all’avanguardia e professionalmente preparato. Oggi la concorrenza è tanta, dunque è fondamentale offrire servizi a valore aggiunto e puntare su una buona comunicazione perché senza una sana relazione impostata sulla reciproca fiducia, condividendo risorse e obiettivi, non ci può essere un business efficace per entrambi. In virtù di questo negli ultimi anni abbiamo sviluppato anche servizi di training e formazione rivolti in particolare ai clienti dell’oleodinamica e della filtrazione, destinati alle figure che “vivono” negli impianti in modo tale da percepirne le vere esigenze e trovare insieme le giuste soluzioni. Probabilmente scelte azzeccate visti i diversi clienti storici di cui vado decisamente fiero. Che caratteristiche deve avere l’imprenditore? Chiedo e dò serietà e responsabilità. Vi ha toccato la crisi economica? Ne abbiamo risentito non dal lato dei volumi, ma dal lato economico. Abbiamo usufruito della cassa integrazione minima per limitare i danni, ma dall’anno scorso fortunatamente non
flessibilità
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Da sinistra, Mirko, Lucio e Karen Boschi
più. Nel 2008 ho indetto una riunione con tutti i dipendenti dove sono stato estremamente onesto, la scelta era tra gli ammortizzatori sociali o la probabile riduzione di stipendio. Ovviamente si è deciso per la prima opzione, perché siamo tutti nella stessa barca e soprattutto remiamo nella stessa direzione, era quindi interesse comune andare avanti nel migliore dei modi. Oggi si lavora di più pur guadagnando di meno: sono aumentate le richieste ma diminuite di entità, viene chiesto quasi sempre un preventivo prima di effettuare un ordine, anche dai clienti storici. La crisi obbliga a tenere anche i centesimi sotto controllo. Per affrontare al meglio questi tempi duri abbiamo dovuto “ristrutturarci” investendo per estendere la disponibilità di prodotti a magazzino ritenuti strategici, avvalendoci di sistemi informatici più veloci in termini di gestione ordini e delle scorte, nonché nella pianificazione delle consegne. La crisi finanziaria nel ’92, che ha portato a una svalutazione del 30% della lira, è stata tutt’altra cosa, meno durevole. Purtroppo
ci trovammo comunque prodotti che importavamo dall’estero e con la svalutazione non erano più competitivi sul mercato, ma in poco meno di un anno le cose si sono risolte. Oggi, invece, non vedo ancora la luce in fondo al tunnel. Forse ‘festeggeremo’ i 10 anni della crisi, un record! Quando sono entrati in azienda i suoi figli Karen e Mirko? (Karen) Io a fine 2001 e Mirko nel 2002. Inizialmente non pensavamo di entrare nell’azienda di famiglia, io ho fatto il liceo artistico e altre esperienze lavorative, così come mio fratello. Nostro padre non ci ha mai spinti a entrare qui, ma penso sia stato contento della nostra scelta. Oggi seguo la segreteria di direzione e la gestione delle paghe, ma all’occorrenza posso occuparmi del magazzino e del sito web. Negli ultimi anni ho iniziato a curare anche il sistema di controllo e qualità. (Mirko) Io invece, inizialmente mi occupavo del magazzino e
ambizione
Cosa avete portato di vostro in azienda? (Karen) Un po’ di dinamismo e di programmazione. Siamo certificati da diversi anni, ma negli ultimi tempi in particolare stiamo utilizzando il sistema di qualità per tenerci monitorati tramite diversi indicatori specifici e di conseguenza migliorare le nostre procedure ed elaborare meglio nuove “strategie”. (Mirko) Mi sono occupato anche di informatizzare tante procedure per rendere più veloce ed efficace il ciclo lavorativo cambiando anche il gestionale aziendale.
del reparto produttivo, mentre ora seguo l’area commerciale, elettro-strumentale, l’area gestionale e coordino il reparto produttivo. L’insegnamento più importante avuto da vostro padre? Il mettere impegno in ciò che fai sempre, e sempre con massima serietà. La sua caparbietà e la determinazione sono state d’esempio. 50
Tra voi tre chi è mediatore e chi è più combattente? (Karen) Mirko è il più pacato, tra mio padre e me capitano anche degli scontri, ma sono sempre costruttivi. (Lucio Boschi) Io ascolto tutti, ma pretendo che, in una discussione, mi si proponga qualcosa di concreto. Se una cosa non ti va bene vorrei mi spiegassi come la cambieresti. Non è sufficiente un ‘non mi va bene’ e basta. Se mi proponi un’alternativa la valuto sempre più che volentieri.
Qual è la soddisfazione più grande che avete avuto? La soddisfazione più grande la avverti ogni volta che ti accorgi di essere riconosciuto come azienda affidabile e quando vieni considerato come una persona con cui si può collaborare per uno scopo comune. Qual è una scelta difficile che ha dovuto affrontare? (Karen) Decidere di entrare in azienda è stata la prima scelta “difficile”, non è stato semplice inserirsi, probabilmente anche perché venivo da tutt’altre esperienze. L’ultima prova, più che scelta, invece è stata prendere in mano il sistema di qualità da un giorno all’altro e quasi senza passaggio di consegne. Ho dovuto rimboccarmi le maniche, ma alla fine ne sono molto soddisfatta. (Mirko) Sicuramente non è stato facile l’ultimo cambio di gestionale. Abbiamo iniziato a lavorarci a metà dell’anno scorso per poi fare il passaggio vero e proprio nei primi mesi di quest’anno e ancora dobbiamo ultimare dei “lavoretti”. Se aveste 24 ore di libertà cosa fareste? (Karen) Da un anno e mezzo sono completamente assorbita dalla ristrutturazione della mia casa quindi, se non lavoro, diciamo che sono ‘in cantiere’. Andrei volentieri al mare dove i miei figli giocano e io posso stare stesa al sole a leggere un bel libro. (Lucio Boschi) Da qualche tempo a questa parte ho imparato che, ogni tanto, è necessario anche disconnettere il cervello. Per questo non rifiuto qualche week end di libertà ogni tanto. Riesco a rilassarmi al meglio quando l’azienda è chiusa, ad agosto e a Natale. Mi piacciono sia il mare che la montagna ma ultimamente ho visitato diverse capitali europee e devo dire che è stato molto piacevole. Fino a qualche tempo fa, invece, pur uscendo tardi dall’ufficio riuscivo dopo cena e fino a notte avanzata, a coltivare il mio hobby, restaurare le moto d’epoca. Questo mi permetteva di rilassarmi e riflettere sugli avvenimenti quotidiani per poi essere pronto e ricaricato per il giorno successivo. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Lucio Boschi) Arrivato in azienda accendo il computer dove
entusiasmo
capacità
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Il team di 3B Technology
controllo l’agenda che tramite una serie di pop up mi avvisa delle cose da fare per non dimenticare nulla. A volte, però, subentrano emergenze cui far fronte... spesso non riesco nemmeno a fermarmi a pranzo. (Karen) Arrivo e scarico le mail, cerco di pianificare un po’ la mia giornata e, il più delle volte, riesco a seguire i diversi ‘punti in agenda’. Quando esco da qui, invece, tendo a dedicarmi quasi esclusivamente alla mia famiglia. Cosa la irrita? (Lucio Boschi) La falsità e il non prendersi le proprie responsabilità. Penso sia fondamentale essere coerenti prima di tutto con sé stessi.
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Da imprenditore a imprenditore
Si stava meglio un tempo quando si pagava la ‘decima’ alla Chiesa oppure oggi?
Nel Medioevo non c’ero! Scherzi a parte, la burocrazia oggi non è basata sulla logica e fa, quindi, perdere un sacco di tempo. Quasi ogni giorno spunta una nuova norma... e il più delle volte è retroattiva, un incubo! Mi piacerebbe, a gennaio di ogni anno, conoscere le normative vigenti per pianificare al meglio il budget, ma da qualche tempo questo è quasi impossibile: oggi fatturi e solo a fine anno sai come e quanto sarà il margine operativo. Lo stress è tanto, ma se ami quel che fai devi essere sempre con le antenne ritte, attento a ciò che dici e a come ti proponi. Quindi essere sempre vigili!
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato Qual è la tua ricetta per uscire dalla crisi?
disponibilità
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Un’azienda giovane che guarda lontano Prima Folder nasce 9 anni fa dall’idea di Diego Arveda, Maurizio Ancarani e Andrea Signani. Oggi è un’azienda avviata che progetta e realizza macchine veloci e di qualità per il mercato italiano ed estero. Introduttori, piega tovaglioli, piega lenzuoli e sistemi di smistamento da linee di piegatura sono solo alcune delle creazioni di un’azienda giovane, ma con le idee chiare che punta sull’affidabilità dei propri prodotti e su soluzioni costruite ad hoc per il cliente.
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Quando è nata l’azienda? (Ancarani) Nel 2005, oggi abbiamo 7 dipendenti in produzione e commercializziamo i nostri prodotti non solo in Italia, dove sono presenti 4 aziende che realizzano macchine automatiche per lavanderie industriali, ma anche all’estero. Qual è il percorso che vi ha portati qui? (Ancarani) Io e Diego avevamo un’esperienza ventennale nel settore dato che già lavoravamo in un’azienda che costruiva macchine automatiche per lavanderie industriali. Quando l’azienda chiuse pensammo di dar vita a qualcosa di nostro, anche per non relegare in un cassetto la professionalità acquisita. Insieme a un terzo socio, Andrea, che seguiva il settore commerciale, siamo partiti prendendo in affitto un piccolo capannone. I primi anni sono stati floridi e alla fine del 2007, grazie anche alle agevolazioni del Comune di Ravenna, abbiamo acquistato un terreno in zona Bassette e ci siamo ampliati dando vita alla nuova sede. Poi è iniziato un periodo difficile: Andrea è scomparso prematuramente e la crisi, nel 2008, non ci ha risparmiati. Ma non ci siamo persi d’animo e continuiamo a lavorare con impegno realizzando le commesse che ci arrivano. Che ricordo avete di quei primi anni? (Arveda) Abbiamo partecipato con la prima macchina ideata da noi, nel 2006, all’Expodetergo a Milano, Mostra Internazionale specializzata per le attrezzature, servizi, prodotti e accessori per lavanderia, stireria e pulizia dei tessili. E da qui siamo partiti posizionandoci in breve tempo sul mercato.
Prima Folder costruisce macchine automatiche per lavanderie industriali e si è specializzata nella realizzazione di introduttori e piegatrici automatiche per biancheria piana. Sul mercato dal 2005 ha creato soluzioni che coniugano il basso consumo energetico con l’affidabilità e la robustezza per far sì che una piegatrice possa durare nel tempo. La professionalità e la competenza del team aziendale garantiscono soluzioni personalizzate in base alle specifiche esigenze del cliente.
PRIMA FOLDER SRL Via Depretis, 9 - 48123 Ravenna Tel. 0544.450864 • www.primafolder.com
Quali sono i vostri ruoli all’interno dell’azienda? (Ancarani) Diego segue la parte meccanica ed è direttore di produzione e io mi occupo della parte elettrica ed elettronica e sono direttore dell’ufficio tecnico. Qual è il vostro bacino di competenza? (Arveda) Commercializziamo, su commessa, in Italia e in Francia, abbiamo venduto alcune macchine anche in Grecia, Spagna e Germania. Ci piacerebbe espanderci maggiormente all’estero acquisendo una struttura anche minima di supporto. Le nostre grandi concorrenti in Europa sono quattro, hanno fatto scuola a tutti e producono lavatrici, essiccatoi e tutte le macchine che
compongono l’intera linea di una lavanderia industriale. Noi essendo dimensionalmente meno forti, ci siamo concentrati solo sulla parte ‘finale’ della linea e realizziamo macchine per la piega e l’impacchettamento dei pezzi. Ovviamente cerchiamo di personalizzare le nostre produzioni dando quel valore aggiunto per caratterizzarci: le nostre macchine coniugano, infatti, il risparmio energetico all’affidabilità e alla robustezza. Avete attivato qualche partnership con altre aziende del vostro settore? (Ancarani) Sì certo, collaboriamo con alcune ditte di piccole e medie dimensioni italiane e straniere per poter garantire, come i colossi europei, un servizio a 360 gradi: dal lavaggio alla piegatura ossia l’intera linea. Noi, artigiani delle piegatrici, seguiamo la parte finale, gli altri le diverse fasi della linea. Così se un cliente ci chiama perché ha necessità di una lavatrice industriale sappiamo a chi indirizzarlo, viceversa se una ditta con cui collaboriamo riceve la richiesta di una piegatrice, chiama noi. State cercando spazi anche all’estero quindi seguite fiere nazionali e internazionali? (Ancarani) Certamente. Sono il modo migliore per farsi conoscere e allacciare nuovi rapporti. Nel 2006, nel 2010 e anche quest’anno abbiamo seguito la Expodetergo a Milano mentre due anni fa siamo stati a Francoforte e ci inorgoglisce essere passati da un piccolo stand a 100 metri quadri di spazio espositivo. In Francia ci stiamo inserendo come nuovi fornitori in sostituzione di un noto marchio francese che è fallito ma è stato nel frattempo
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Maurizio Ancarani in produzione
acquisito da una società spagnola. Il nostro obiettivo è sostituire con nostre macchine tutte quelle, ormai obsolete, degli altri fornitori europei che i clienti stanno progressivamente dismettendo. Ad oggi abbiamo venduto una quarantina di macchine e ne siamo particolarmente orgogliosi. Avete dovuto prendere particolari accorgimenti per fronteggiare la crisi? (Ancarani) Stiamo pensando di ricorrere alla cassa integrazione anche se fino ad oggi siamo riusciti ad andare avanti solo con le nostre forze ed è stata una grande soddisfazione. Avete riscontrato un diverso modo di lavorare in questi anni così difficili? (Ancarani) Le richieste sono più o meno le stesse, ma si è più attenti ai prezzi. In Italia è difficile arrivare in fondo a un pagamento senza un leasing, una garanzia, un certificato fidejussorio.
coraggio
intuizione
Le famiglie a volte si lamentano, ma lavorare in proprio significa anche sacrificarsi e questo va messo in conto. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Arveda) Normalmente arrivo alle 7.30, se c’è bisogno arrivo sulle 5 ed organizzo il lavoro in produzione. (Ancarani) Avendo un’altra piccola azienda a Ravenna, che produce schede elettroniche, passo prima lì poi arrivo in Prima Folder sulle 10.30, controllo le mail, programmo il da farsi e inizio la giornata.
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All’estero le cose vanno un po’ meglio. Ma si va avanti perché c’è la passione, tanta, e nonostante a volte ci si guardi in faccia con la solita domanda ‘chi ce lo fa fare’, amiamo ciò che facciamo e siamo determinati ad andare avanti. Il nostro lavoro non consente l’apertura a nuovi mercati senza qualche ostacolo, ma abbiamo idee ed energie che vogliamo spendere. Quali pensate siano le caratteristiche di un imprenditore? (Ancarani) La serietà, la correttezza e sentirsi sempre in pace con sé stessi. L’onestà è alla base di tutto. Cosa vi irrita? (Arveda) La malafede delle persone, le banche che non finanziano le aziende e mettono seriamente in crisi la ripresa economica del nostro Paese. Oggi si paga il 60% di tasse, spesso penso che lavoriamo solo per pagarle, e fare impresa in questo modo non è gratificante. Speriamo che le cose possano cambiare, anche se non siamo molto ottimisti.
investimento
La soddisfazione più grande che avete avuto in questi anni? (Arveda) Avere accontentato sempre i nostri clienti, ma anche i ragazzi in produzione. Pensiamo di essere due capi flessibili. Invece il sacrificio più grande? (Ancarani) In questi mesi siamo quasi sempre in azienda. Diego, in periodi di particolare lavoro, arriva verso le 5 del mattino. A volte ho l’impressione che viva qui, ma lo capisco. Sacrificare affetti e tempo libero non è una privazione troppo grande, se lo fai per la tua azienda. Se poteste avere 24 ore di libertà cosa fareste? (Ancarani) In estate mi piace andare in barca a vela, in inverno... settimana bianca. (Arveda) A me piace pescare, ma da anni non ho più occasione di farlo. Nel tempo libero lavoro in campagna, a Comacchio, a 500 metri dal mare dove abito e ho un terreno con vigna e orto.
forza
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Il reparto produttivo di Prima Folder
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Da imprenditore a imprenditore
Qual è la vostra ricetta per uscire dalla crisi?
Serietà, determinazione, evitare sprechi e puntare sull’innovazione. Oggi è difficile investire perché si arriva più o meno in parità con il bilancio, ma pensiamo sia fondamentale essere al passo con i tempi.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Se potessi tornare indietro faresti ancora questo lavoro?
determinazione
Carradori per passione Luigi Altini gestisce la sua O.R.I. da quasi 60 anni (li festeggerà nel 2016) nel corso dei quali è stato affiancato dalle figlie, Annacarla, responsabile amministrazione e marketing, e Annamaria, direttore di stabilimento. Con i suoi 84 anni è un portento. Racconta di quando, nel ‘97 costruì la piattaforma che portò Papa Giovanni Paolo II sul palco, a circa quattro metri d’altezza, in occasione del Congresso Eucaristico di Bologna e di molte altre ‘imprese’ compiute nel corso di questi ultimi decenni. Una dedizione totale per il proprio lavoro che non si è mai persa o affievolita nel tempo e che ha portato O.R.I. agli attuali standard di qualità.
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O.R.I. di ALTINI LUIGI nasce come ditta individuale nel ‘56 e si specializza nella realizzazione su scala industriale di quanto necessario alla movimentazione verticale e orizzontale in stabilimenti industriali, porti, aeroporti e ovunque necessiti uno spostamento di carichi di qualsiasi tipo (mezzi ferroviari, trainabili o semoventi, con motorizzazione diesel, elettrica c.a. o c.c., con trasmissione idraulica o meccanica). La produzione viene effettuata su commessa, permettendo di adeguare ogni prodotto alle esigenze del cliente.
O.R.I. DI ALTINI LUIGI & C. SAS Via M. Venturi, 19 - 48018 Granarolo Faentino (Ra) Tel. 0546.41041 • www.ori.altini.com
Quando è nata l’azienda? L’azienda affonda le sue radici nel 1770 e io discendo da una famiglia di carradori, costruttori di carri romagnoli, attività che si è tramandata di padre in figlio fino a quando, nel 1956, ho fondato la mia società continuando la produzione dei rimorchi agricoli. Durante il servizio militare avevo imparato la lavorazione del ferro e, quando tornai, proposi a mio nonno e ai due zii di introdurla in azienda sostituendola a quella del legno, ma l’idea non riscosse un grande successo così decisi di mettermi in proprio. Il nome O.R.I. è legato al fatto che a Granarolo c’era già una ditta che portava il mio cognome, Altini, ed era di mio cugino. Così, per non fare confusione chiamai la mia O.R.I., Officine Rimorchi Industriali di Altini. Quando iniziai, nel ’56, ebbi la fiducia dell’ex Podestà di Faenza, il dott. Berti, che mi diede un appezzamento di terreno sul quale costruii il primo capannone e, sopra, la mia abitazione. Un po’ alla volta, negli anni, vedendo l’andamento dell’azienda, mi diede altro terreno per l’ampliamento. Ben presto la costruzione di carri industriali soppiantò quella dei carri agricoli. Nel 1962 partecipai a una fiera a Stoccolma e decisi di ampliare la produzione introducendo la realizzazione di piattaforme di sollevamento a pantografo elettroidrauliche e rimorchi di ogni portata e dimensione per uso industriale. Tornato dalla Svezia ho disegnato e realizzato un prototipo di piattaforma che ho testato con diversi pesi mentre il primo rimorchio da 60 tonnellate è stato per la Tb di Brescia. Un lavoro cui soggiaceva un ‘contratto capestro’ perché i committenti avrebbero concluso l’acquisto solo se l’enorme rimorchio avesse funzionato perfettamente. Le incognite erano tante, ma investii tutto assumendomi un grosso rischio. Lo realizzammo e lo caricammo in strada sui camion, qui di fronte all’azienda con i facchini perché, al tempo, altro modo non c’era di sollevarlo, e lo portammo in sede. Un successo. E da allora abbiamo realizzato tantissimi lavori collaborando con clienti non solo italiani, ma anche stranieri: penso al Cern di Ginevra o a una multinazionale giapponese che ci commissionò una piattaforma semovente su rotaia da 400 tonnellate per uno stabilimento chimico in Malesia, tutt’ora attiva. Oggi produciamo qualunque cosa serva alla movimentazione in orizzontale e verticale all’interno di porti, aeroporti o industrie nonché rampe di carico o piattaforme per il superamento delle barriere architettoniche. All’esterno acquistiamo solamente il ferro, poi realizziamo tutto
noi: abbiamo il reparto idraulico, elettrico, i tornitori, verniciamo il prodotto finito, ogni nostro cilindro è testato e numerato da noi. Realizziamo forniture importanti sulle navi come gli elevatori per le cambuse: entro il prossimo anno abbiamo sei navi da rifornire con piattaforme. Lavorando su commessa ogni nostro pezzo è unico e realizzato ad hoc, pregio e difetto della nostra produzione. Oggi le industrie producono tantissimi pezzi, ma standard, che devono andare bene come dimensioni, mentre noi consegniamo un lavoro che è perfetto solo per il cliente che l’ha commissionato. Che ricordo ha di quei primi anni? I chilometri che ogni mese facevo in macchina per raggiungere i miei clienti: circa 7 mila. Ho calcolato che in tutti questi anni avrò cambiato una ventina di auto e avrò percorso più o meno 4 milioni di chilometri. A me piace guardare la gente in faccia quando parlo del mio lavoro! Ma in quei primi anni, i rapporti personali erano diversi: si lavorava meglio perché una stretta di mano aveva ancora un valore. Anche i rapporti con le banche erano diversi. Qual è il progetto che le ha dato più soddisfazione in questi anni? La prima piattaforma commissionata dalla Shell di Rho. Per due anni mi sono confrontato con il loro ingegnere prima di realizzarla perché, per fare l’investimento, volevano essere certi che il lavoro si snellisse grazie al nuovo macchinario. Un paio di mesi dopo averla montata li andai a trovare e l’ingegnere ammise che, a conti fatti, se l’erano già ripagata. Fui davvero soddisfatto.
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Luigi, Annacarla e Annamaria Altini
Nel 1997, invece, in occasione del congresso Eucaristico a Bologna ci commissionarono una piattaforma per far salire il Santo Padre sul palco visto che non poteva fare le scale. Ne avevamo una già pronta e la installammo. Andammo a manovrarla io e il mio tecnico Geminiani: fu una grande emozione incontrare il Papa e salire con lui sulla piattaforma. Oggi invece la piattaforma per l’India ci sta dando molte soddisfazioni. Conservo ancora i disegni di tutti i lavori realizzati, per la maggior parte sono stati fatti a mano su carta, altro che con il computer! C’è un sacrificio personale che ha dovuto fare per lavoro? Lasciare un po’ da parte la famiglia. Ma ho avuto la fortuna di avere a fianco una donna forte che è stata in grado di portare avanti la nostra casa e le nostre tre figlie. Una moglie che, se dovessi tornare indietro, sposerei di nuovo senza il minimo dubbio! Succedeva che partissi alle quattro del mattino e rientrassi alle dieci di sera oppure che semplicemente fossi impegnato in azienda: in linea
passione
d’aria, visto che il nostro appartamento è qui sopra, ero magari a una decina di metri dalla mia famiglia, ma a casa c’ero poco. Ricordo che quando iniziò il travaglio per la nostra primogenita, Annalisa, mia moglie mi chiamò dalla finestra e io le chiesi di aspettare perché stavo collaudando un macchinario qui di fronte in strada! Scherzi a parte, mia moglie se l’è cavata in tantissime situazioni, è una donna meravigliosa che mi ha permesso di coltivare il mio lavoro senza recriminazioni. Sono le mie figlie che, invece, mi tirano le orecchie dicendo che ricordo con più facilità la data di costruzione di un rimorchio che i loro compleanni! Ma io ho un trucco: so che dopo esserci sposati siamo stati senza figli per 5 anni perché dovevo stabilizzarmi con il lavoro e, da quel momento, ogni sette anni, abbiamo avuto le nostre figlie. Ed ecco pronto l’anno del compleanno di Annalisa, Annacarla e Annamaria. Tra l’altro, quando mia moglie era incinta di Annalisa, capitava che quasi ogni settimana andassi alla Motorizzazione a Ravenna a collaudare un macchinario. L’impiegata che sbrigava
affidabilità
la nostra documentazione, quando seppe che sarei diventato padre, mi domandò se avevo già un nome da femmina se fosse nata una bambina. Risposi che mia moglie aveva pensato solo a nomi da maschio così mi chiese, se ci fosse piaciuto, di chiamarla Annalisa che era il nome che avrebbe voluto dare a sua figlia, ma avendo avuto tre maschi non aveva potuto. Ne parlai con mia moglie a cui piacque e, visto che nacque proprio una bambina la chiamammo così. Non le dico la felicità di quell’impiegata quando glielo raccontai! Un tempo i rapporti umani erano così: spontanei e sinceri.
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Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? La passione, la conoscenza del settore e lavorare con grande serietà. Oggi c’è chi dice qualcosa e dopo due giorni ritratta. Un tempo negli stabilimenti la direzione era affidata a persone competenti che conoscevano il mercato e i fornitori. Ti chiamavano per chiederti un lavoro, ci si confrontava perché entrambi sapevamo perfettamente di cosa stavamo parlando, di costi, di tempi di realizzazione e ci si accordava. Un tempo se il manutentore e il tecnico avevano visionato il prodotto tutto filava liscio mentre oggi non c’è interscambio tra i settori e ognuno conosce solo la propria parte di lavoro. Oggi i commerciali vagliano i preventivi, spesso non sapendo precisamente a cosa servirà ogni pezzo, ma guardando solo il prezzo finale. Ricordo che mi chiamò il responsabile dello stabilimento di Dalmine per chiedermi un rimorchio da 100 tonnellate. Elaborai un progetto e gli diedi il preventivo, ma lui mi disse che pensava che meno
ruote sarebbero state sufficienti e che si sarebbe rivolto ad altri. Io gli dissi che per quel che dovevano fare non sarebbe andato bene con meno supporti. Dopo qualche mese mi richiamò ammettendo, infatti, che quello che si era fatto costruire non funzionava e mi chiese se gliel’avessi potuto sistemare. Andai a prendere le misure, aggiunsi 8 ruote e lo sistemai tra sabato e domenica per non fermare la produzione. Oggi quanti dipendenti avete? (Annacarla) Siamo in 35 comprese mia sorella ed io, 10 impiegati, gli altri sono operai specializzati. Con tutti abbiamo un ottimo rapporto, molti sono qui davvero da una vita: entrati a 16 anni e in pensione a 55 anni. Per mio padre sono tutti i figli maschi che non ha avuto! Avete dovuto prendere accorgimenti con la crisi? (Annacarla) Prima di fare la cassa integrazione abbiamo utilizzato buona parte dei risparmi di una vita perché non volevamo toccare gli stipendi dei nostri dipendenti. E comunque abbiamo fatto cassa a rotazione e senza mai restare chiusi. Possiamo contare su ragazzi competenti, disponibili, flessibili dunque ci è sembrato giusto andar loro incontro finché è stato possibile. Quando è entrata in azienda la seconda generazione? (Annacarla) Io sono entrata nel ’95 dopo essermi laureata in economia e commercio. Inizialmente mi sono ambientata studiando un po’ i diversi settori mentre, da qualche anno, seguo tutta l’amministrazione da quando l’impiegata che c’era precedentemente è andata in pensione. Inoltre, gestisco i contratti di manutenzione dei nostri macchinari. (Annamaria) Sono entrata a pieno regime nel 2006. Oggi sono il direttore di stabilimento e seguo la produzione e la sicurezza. Qual è l’apporto che avete dato all’azienda? (Annacarla) L’organizzazione: prima era tutto a voce, se uno mancava era difficile ricostruire quanto fosse stato fatto. Oggi abbiamo informatizzato tutto per avere il quadro generale sotto controllo, dagli acquisti alle fatture. Abbiamo due ingegneri, arrivati poco prima e poco dopo di me che seguono la progettazione. L’ufficio tecnico era seguito da un bravissimo dipendente storico,
costanza
poi andato in pensione, grazie al quale abbiamo realizzato progetti ambiziosi. Ora è gestito da due ragazzi giovani, in gamba e preparati, che hanno consentito un cambio generazionale indolore. Pensavate a un eventuale inserimento in azienda quando avete iniziato a studiare? (Annacarla) Quando c’è un’azienda di famiglia il destino è un po’ segnato. Sapevo che sarei entrata qui perché non è pensabile lasciare andare una ditta storica come questa. E non è stata una decisione sofferta, tutt’altro! (Annamaria) Io ho fatto l’ITIS perché mi piaceva la meccanica poi ho scelto ingegneria meccanica, ma mancano 5 esami alla laurea. Da ragazzina venivo spesso a lavorare in magazzino. Qual è l’insegnamento più importante che vi ha dato vostro padre? (Annacarla) La serietà e l’importanza della parola data. (Annamaria) La passione e il modo di lavorare, sempre con serietà. Ho avuto la fortuna di essere nata in questa famiglia ed è stato un piacere entrare in azienda. Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Luigi) Io arrivo per primo e vado via per ultimo: oggi non giro più per l’Italia, ma conosco tutti i migliori ristoranti dove mi fermavo durante le trasferte. Tre anni fa sono stato a Roma per
innovazione
la premiazione delle 150 aziende ultracentenarie iscritte nel registro delle imprese storiche italiane. La pergamena mi è stata consegnata da Maria Grazia Cucinotta così, quando sono rientrato, i miei amici mi hanno subito chiesto come fosse dal vivo. Ho risposto che non l’avevo nemmeno vista tanta era l’emozione per il riconoscimento che mi stavano dando! (Annacarla) Portata a scuola mia figlia, che sono riuscita a godermi perché, quando è nata, mia sorella era appena entrata in azienda, arrivo in ufficio e resto più o meno fino alle 18.
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La “grande famiglia” O.R.I.
(Annamaria) Arrivo, faccio un giro nei vari reparti e mi interfaccio con il responsabile di produzione, un giovane tecnico che ha sostituito, 4 anni fa, il responsabile storico, il signor Ricci che girava sempre con un grembiule nero e, da bambini, era una figura che a volte faceva paura! L’attuale responsabile lavorava in produzione e, quando gli abbiamo proposto il salto di qualità ha accettato più che volentieri. Non ce ne siamo pentiti: è molto bravo e preciso. Come trascorrereste 24 ore di libertà? (Annamaria) Sono un ex motociclista e alpinista, ma il mio più grande amore è Londra: un paio di volte l’anno sistemo i bambini e il marito e volo in Inghilterra per un weekend. Adoro la montagna: da bambine ci andavamo sempre con i miei in estate. Ricordo mia madre indaffarata a preparare le valige per tutti, l’ultimo venerdì di lavoro.
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(Annacarla) Io andrei al mare, mi leggerei un libro e mi rilasserei. (Luigi) Amo leggere, dalle riviste che non sono riuscito a leggere in settimana a libri gialli e romanzi. Da due/tre anni mi metto nel giardino della mia casa al mare e leggo quando siamo chiusi per ferie. Ho sempre amato viaggiare anche se adesso lo faccio molto meno: la domenica, per quarant’anni, ho portato in giro la mia famiglia, ci siamo divertiti molto.
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Da imprenditore a imprenditore
Se potessi tornare indietro faresti ancora questo lavoro?
Non ho rimpianti, rifarei tutto. E dopo 61 anni risposerei la stessa Castellari! Che non solo ha gestito la famiglia, ma veniva anche ad aprire l’azienda alle 7.30 quando io ero in trasferta. Il mio motto è sempre stato guardare avanti senza scordare nulla del passato.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Cosa risponderesti a un bambino che oggi, nel 2014, ti chiedesse perché fai l’ imprenditore?
Il cuore leale di un romagnolo Maurizio Merenda fonda Mer-Com nel 1981, in un momento particolarmente florido per il mercato. Riesce ad ampliarsi reinvestendo nella sua impresa e oggi vanta, tra i propri clienti, le aziende più rappresentative nel settore delle macchine automatiche. Senza mai risparmiarsi guida una realtà sana e programma di espandersi a breve in regione e, in un futuro prossimo anche all’estero. Affiancato dai figli Michela in amministrazione, Filippo nel commerciale e da uno staff di tecnici altamente qualificati, propone soluzioni ad hoc per i propri clienti.
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Mer-Com opera nel campo dell’automazione industriale rivolgendosi alle industrie costruttrici di macchine automatiche. Specializzata in oleodinamica, pneumatica, motion control, strumentazioni e trasmissioni per l’automazione industriale, è in grado di progettare impianti specifici ed effettuare dimensionamenti. L’azienda progetta soluzioni innovative servendosi dei componenti più validi del settore e garantisce un’assistenza continua a qualificata fino alla messa a punto dell’impianto.
MER-COM SRL Via Risorgimento, 24 - 48018 Faenza (Ra) Tel. 0546.620711 • www. mer-com.it
Quando è nata l’azienda e chi l’ha fondata? Ho fondato Mer-Com nel 1981. MERenda COMmerciale voleva distinguersi da Elettromeccanica Merendi, ditta di mio padre per la quale avevo lavorato un anno. La mia idea era di dare vita a un’azienda di consulenza e vendita di componenti per l’automazione industriale. Inizialmente trattavamo esclusivamente motoriduttori, motori elettrici e tutto ciò che concerne l’automazione elettromeccanica, che era la mia prima esperienza, poi siamo passati all’oleodinamica, nell’82, che già conoscevo anche se mancavo di esperienza tecnica. Inizialmente mi ha affiancato un fornitore di Modena così, grazie a lui, ho fatto anch’io l’esperienza che ha portato lo sviluppo di Mer-Com nell’oleodinamica e, successivamente, anche nella pneumatica. Visitando le aziende, come commerciale, mi sono reso conto che quest’ultima era l’altra grande casistica di prodotti per l’automazione di cui c’era grande richiesta. Nell’87 ho assunto un amministrativo e un ingegnere, tuttora con noi, per seguire nello specifico l’oleodinamica viste le tante richieste che, da solo, non potevo evadere. E ho voluto mantenere anche l’officina che continua ad andare bene. Nei primi anni non mi sono risparmiato, ho dato moltissimo all’azienda perché si avviasse bene ed ero incentivato anche da ampi margini, assolutamente da sfruttare: il fatturato non era altissimo, ma le spese erano poche dunque le potenzialità c’erano. Tra la fine degli anni ’80 e tutto il decennio degli anni ’90 abbiamo registrato il picco di crescita. Negli anni ’90 ho collaborato con un valido commerciale con il quale abbiamo promosso e fatto crescere molto bene l’azienda. Penso che quegli anni d’oro nel settore dell’automazione non torneranno più, è una visione forse pessimistica, ma supportata da ciò che mostra il mercato. Il decennio degli anni 2000 è stato, invece, più difficile: l’arrivo dell’euro ha impoverito un po’ tutti, i margini si sono ridotti e sono cambiate anche le regole del gioco, ognuno va e fa ciò che crede, è venuto a mancare anche il rispetto dei territori. Qual è il percorso che l’ha portata qui? Piuttosto complesso! La prima sede di Mer-Com è stato un ufficio messomi a disposizione da mio padre all’interno della sua ditta, a malincuore visto che mi sconsigliava di fare l’imprenditore e di certo immaginava che per me sarebbe stata molto dura! Prima
di Mer-Com ho lavorato un anno per lui, che ancora sperava evidentemente di passare al figlio l’attività di famiglia, ma le mie inclinazioni e aspettative erano altre. Tra l’altro lui voleva puntare solo sul lavoro di officina mentre io ero interessato al commerciale dunque tra noi ci fu una sorta di divorzio consensuale! Dopo aver fatto un anno di esperienza in officina, con il mio diploma per progettista meccanico sono stato assunto come disegnatore per una ditta che costruiva macchine. Fu la mia fortuna perché l’azienda era piccola, non ero solo progettista in un ufficio tecnico, ma seguivo anche i preventivi, sviluppavo i disegni, realizzavo il pre-progetto in sinergia con un geometra e un ingegnere, recuperavo il materiale dai contoterzisti e seguivo i preventivi. Ho fatto esperienza a 360 gradi. A un certo punto, però, ho deciso di mettermi in proprio e, nel gennaio del 1981, incoraggiato da mia moglie che poi diverrà mia socia dopo qualche anno, sono partito con Mer-Com grazie alla liquidazione e a un piccolo prestito di mio padre. Negli anni ho ampliato gli spazi e oggi l’azienda si sviluppa su circa 2 mila metri quadri dove lavorano una ventina di dipendenti. Non siamo specializzati solo in oleodinamica, pneumatica, motion control, trasmissioni e strumentazione per l’automazione industriale, siamo anche validi integratori di sistemi: il cliente al quale abbiamo fatto la fornitura può richiedere anche il montaggio perché possiamo vendere i singoli componenti o l’intero sistema. Oggi rappresentiamo aziende leader mondiali nel loro settore come Festo, Parker, Motovario, Wittenstein, e molti altri. Ha dovuto prendere accorgimenti particolari per fronteggiare la crisi? Non ho mai abbassato la qualità. Per me era un imperativo. Avrei potuto fare come altri e prendere giovani alle prime armi, appena usciti da scuola, indipendentemente dal diploma e, con i cataloghi in mano, mandarli in giro per aziende a proporre Mer-Com. Invece ho voluto sempre investire su profili tecnici di qualità, cosa che ci ha permesso di mantenere buone quote di mercato, addirittura aumentandole negli anni. Siamo stati fortunati perché siamo riusciti a non fare mai cassa integrazione nonostante il -33% del 2009, in piena crisi e con i pagamenti che tardavano ad arrivare. Di questo vado molto orgoglioso. Per anni ho pensato di trasferire Mer-Com: acquistare un lotto di terreno e costruire un capannone da 3 mila metri con possibilità di ampliamento visto
flessibilità
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Da sinistra: Michela, Maurizio e Filippo Merenda
che, nell’attuale sede non abbiamo più possibilità di espanderci. Ma non l’ho mai fatto, forse anche perché i miei genitori avevano il loro appartamento sopra l’azienda. Questa scelta mi ha però permesso di avere i capitali indispensabili per fronteggiare gli anni più duri della crisi a testa alta e ho sempre reinvestito gli
utili. La sede rimane comunque il mio tallone d’Achille: a volte, anche se ammetto... più di rado, penso ancora a trasferirmi, ma oggi se dovessi fare quel passo dovrei lasciare debiti ai miei figli per diversi anni e non me la sento. Difficile fare progetti o investimenti immobiliari a 4/5 anni vista la durata di questa crisi economica. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Di certo la serietà che è una dote del romagnolo! Poi la lealtà, l’affidabilità ed essere rispettosi verso il prossimo. Ovviamente non deve mancare la lungimiranza anche se ultimamente sono stato piuttosto disincentivato, visto il momento. Considerati i margini ridotti bisogna pianificare per aumentare il fatturato e abbattere i costi. Ad esempio, cerco di scegliere sempre bene i fornitori che ti danno una mano, ti consentono di realizzare il fatturato e sono leali e auspico di continuare ad avere clienti affidabili. Visti i tempi,
attenzione
sempre più spesso dobbiamo documentarci sulla solvibilità di un nuovo cliente per non incappare in brutte sorprese, ma visto che le banche non aiutano per niente, è importante essere attenti.
sbilanciarmi troppo per evitare di essere il ‘grande assente’ a casa. Ho cercato il giusto compromesso per non far mancare niente alla mia famiglia e far crescere l’azienda.
La soddisfazione più grande che ha avuto in questi anni? Una delle più grandi me l’ha data un cliente che ho visto nascere, ha affrontato alti e bassi e nei suoi momenti difficili non mi sono tirato indietro e ho continuato a rivolgermi a lui. Oggi è leader mondiale nel suo settore ed è il nostro primo cliente.
È possibile oggi riuscire a fare impresa senza alcun appoggio? A volte penso che le nuove generazioni non possano pensare di diventare imprenditori perché oggi nessuno ti aiuta più, in Italia è davvero difficile. Se non hai un parente che ti finanzia penso sia una gara durissima. O ti inventi un lavoro che, da zero, riesce subito a muovere del denaro oppure non puoi farcela. Io sono partito anche grazie all’aiuto di due fornitori che mi attrezzarono il magazzino dicendo “ci pagherai quando avrai venduto tutto”, cosa inimmaginabile oggi! Chi ha spirito d’impresa deve spenderlo all’estero, anche solo in Spagna o Francia, ma non in Italia.
Qual è un sacrificio personale che ha dovuto fare? Ho sempre cercato di essere presente in famiglia nonostante l’impegno al lavoro. Forse Mer-Com avrebbe potuto essere qualcosa di più di quel che è ora dato che è nata in un momento davvero florido per il mercato, ma ho sempre optato per scelte oculate, senza
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Quando è entrata in scena la seconda generazione? (Michela) Sono arrivata in azienda a fine 2004 dopo aver lavorato due anni in un’agenzia interinale nella selezione del personale. Inizialmente seguivo la fatturazione e il carico di bolle, oggi mi occupo dell’officina, di Elettromeccanica Merendi, della gestione amministrativa e commerciale. Mio fratello Filippo, invece, è entrato nel 2010. Dopo la laurea ha fatto per un anno l’agente assicurativo, tra l’altro nel 2009, un anno davvero difficile! Entrato qui ha iniziato a fare un po’ di tutto e oggi è, in primis, un commerciale. (Maurizio) I miei due figli hanno studiato economia e commercio e il loro inserimento non è stato un atto dovuto, anche se per me è un piacere averli qui. In azienda c’è anche mio genero che fa l’elettromeccanico. Avere la mia famiglia accanto è positivo, ma paradossalmente non mi fa stare tranquillo perché penso che se le cose dovessero smettere di andare bene ne soffriremmo tutti. Al momento, però, voglio essere ottimista: ci stiamo aprendo anche a Bologna e Ferrara e ci siamo dati nuovi obiettivi per migliorare sempre la nostra produttività. Sarebbe importante andare alle fiere di settore internazionali, tipo quella di Hannover e trovare qualcuno interessato a distribuire un prodotto in Italia appoggiandosi a noi come partner. Con i miei figli ne stiamo ragionando, forti del nostro buon curriculum aziendale e di un valido staff tecnico.
qualità
Qual è stato l’apporto delle nuove generazioni all’azienda? (Filippo) Ho insistito con mio padre per espanderci in regione visto che le cose stanno andando bene e i nostri fornitori sono soddisfatti. L’officina, ad esempio, funziona come service di prodotti che vanno commercializzati perché il mondo della riparazione sta progressivamente scomparendo. Vanno cercati prodotti da distribuire come Elettromeccanica Merendi che siano più inerenti a un discorso di officina elettromeccanica e meno di automazione. Va rifondata concettualmente l’officina e rivisto il suo obiettivo per farla crescere ossia potenziare la commercializzazione di prodotti. E non è detto che non si possa guardare anche all’estero! Qual è la vostra quotidianità in azienda? (Maurizio) Quando arrivo scarico le mail, a volte ho pianificato nella giornata precedente il da farsi. Di giorno in giorno, poi, vedo
ottimismo
cosa si presenta come ‘priorità’. Un tempo arrivavo a casa alle 20 e rigorosamente lavoravo il sabato mattina: da sette anni rientro per le 18.30. (Filippo) Anch’io guardo le mail poi inizio con gli appuntamenti. (Michela) Se ho programmato il lavoro procedo con le priorità, diversamente mi confronto con il capo officina e decidiamo il da farsi. Se poteste avere 24 ore di libertà cosa fareste? (Maurizio) Se è estate vado in riva al mare e leggo un libro, faccio le parole crociate, mi rilasso così... Oppure suono la batteria con la mia band. A casa ho una saletta cui tengo molto con tutti gli strumenti. Da ragazzino non ho mai chiesto la paghetta ai miei perché riuscivo a mantenermi con le serate nei locali. Nel ’75 ho smesso perché lavoravo e mi ero sposato, ma nel ’77 era troppa l’astinenza, la musica mi mancava a tal punto che creai un quintetto jazz con alcuni amici coi quali ancora mi trovo. (Michela) Starei 24 ore con mia figlia. Con grande soddisfazione mia e di mio padre canta nel coro dell’Antoniano di Bologna e le piace molto. (Filippo) Anch’io andrei al mare con gli amici.
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Dove vi piace passare le ferie per riprendervi dalle fatiche aziendali? (Maurizio) In montagna anche se mia moglie storce un po’ il naso e non sempre riesco a convincerla della bellezza di quei posti. (Michela) A me piace il caldo, tornerei volentieri alle Maldive dove sono stata in viaggio di nozze. Diversamente va bene qualcosa di più vicino, ma comunque mare, un posto tranquillo dove rilassarsi. (Filippo) Quest’anno sono stato in Brasile per i mondiali di calcio ed essendo innamorato dell’America ci tornerei ancora. Mi piacerebbe vedere tutti gli Stati Uniti.
propositi
Da imprenditore a imprenditore
Cosa risponderesti a un bambino che oggi, nel 2014, ti chiedesse perché fai l’imprenditore?
Il lavoro che faccio ancora oggi, dopo 34 anni dall’inizio della storia, nonostante le avversità commerciali ed economiche degli ultimi anni, mi da ancora carica ed entusiasmo. Faccio questo lavoro perché, poco più che ventenne, dopo il diploma di perito industriale, e dopo aver fatto esperienza come progettista, avevo bene in mente di fare quello che faccio ancora oggi: ho voluto intraprendere la strada dell’imprenditore nel mio settore! Allora dico ai giovani che devono guardarsi dentro e capire se hanno delle aspirazioni e, anche se da noi in Italia non si danno incentivi a giovani imprenditori, vale il detto che ‘volere è potere’ e quindi si devono perseguire le proprie aspirazioni.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Come vedi il futuro dell’imprenditore in Italia nei prossimi anni?
La tempra di un team vincente Sopam Officine è una realtà giovane e dinamica, nata a Ravenna nel 2009 inizialmente come officina con piccole commesse aprendosi poi, nel 2013, alla cantieristica. Opera in diversi settori industriali avvalendosi di personale specializzato nella costruzione e saldatura di impianti. Guidata da tre soci, da decenni in questo settore, ha un amministratore delegato, Emanuela Cornacchia, con le idee chiare sul futuro dell’azienda: investire e puntare sempre sulla qualità. Proprio a lei chiediamo di parlarci di Sopam.
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SOPAM OFFICINE Srl ha sede a Ravenna ed è un’azienda presente sul mercato ormai da diversi anni che, grazie all’esperienza acquisita e al continuo investimento effettuato sul personale e sulle attrezzature, è oggi in grado di operare in diversi settori dall’impiantistica alla carpenteria, dall’alimentare ai prodotti in PVC calandrati fino alle tubazioni e agli impianti di produzione truciolare. Sopam costruisce, tra gli altri, impianti di raffreddamento mediante scambiatori, tubazioni per il trasporto di sostanze alimentari, monta coperture per rivestimenti con pannelli coibentati e realizza tubazioni di alimentazione goffratrice e impianti a vapore per l’alimentazione macchine.
SOPAM OFFICINE SRL Via Zanardelli, 16 - 48123 Ravenna Tel. 0544.452705
Quando nasce l’azienda e chi l’ha fondata? Sopam è nata solo 5 anni fa, nel 2009, inizialmente come officina con piccole commesse poi, a metà 2013 ci siamo aperti alla cantieristica. Oggi l’azienda costruisce in officina, ma effettua anche manutenzioni per clienti esterni. E’ stata fondata dai soci Omero Giangrandi, Marino Farinelli e Paolo Bono, in questo settore da decenni e con alle spalle una consolidata e storica conoscenza, avendo lavorato insieme in passato. Il nome è l’acronimo delle iniziali dei soci: Omero, Paolo e Marino. Io sono entrata in azienda nel 2010 come amministratore delegato: conoscevo i soci e l’amministrazione con cui avevo già avuto modo di lavorare. Oggi sono presidente del consiglio d’amministrazione, cui fanno parte anche tre consiglieri di cui due soci, Farinelli e Bono che seguono la gestione tecnico-amministrativa dei cantieri - personale, attrezzatura, sicurezza - mentre il terzo consigliere segue l’officina. La parte amministrativa invece mi compete direttamente. Una volta alla settimana ci troviamo per fare il punto della situazione, si tratta sempre di un confronto positivo e concreto. Siete nati in un periodo difficile per l’economia mondiale, ma siete stati in grado di crescere sempre negli anni. Qual è il segreto del vostro successo? Siamo partiti un po’ in sordina nel 2009 e aprirci alla cantieristica è stata la chiave vincente. Quest’anno dovremmo registrare un fatturato che si attesta sopra i 4 milioni di euro, cosa che ci rende particolarmente orgogliosi e soddisfatti. Tra i nostri committenti Marcegaglia, Sorit, Hera, Nespak, Gruppo CM Manzoni. In questi anni abbiamo investito nei macchinari e oggi facciamo affidamento su un’officina di 2000 mq davvero unica nel suo genere: strutturalmente molto alta, studiata ad hoc per realizzazioni di grandi dimensioni provvista di quattro carriponte da 10 tonnellate l’uno. Nel nostro settore la pubblicità conta poco, quello che vale è il lavoro: chi viene da noi lo fa perché o conosce i soci e la loro professionalità o ha visto le nostre realizzazioni. Di costruttori a Ravenna ce ne sono tanti, di manutentori meno, quindi bisogna fare emergere le proprie peculiarità per restare sul mercato. Noi investiamo molto sul nostro team di lavoro, sui nostri operai, tutti altamente qualificati. Sono 25 tra saldatori, tubisti,
carpentieri, manutentori, quattro con noi dai primi anni mentre gli altri sono arrivati dopo, ma comunque figure professionali che già conoscevamo. Avete dovuto prendere accorgimenti particolari per fronteggiare la crisi? Oggi il problema maggiore è incassare. Poi c’è la concorrenza che è spietata: le aziende si fanno la guerra a colpi di ribassi. Essendo terzisti per noi non esiste la cassa integrazione, ma non abbiamo, fortunatamente, avuto grossi problemi in questi anni. Dove si trovava la vostra prima sede? In via Ferraris a Ravenna, nella zona in cui è attualmente la Metro C&C, zona che abbiamo lasciato per trasferirci qui quest’anno e avere un’officina più spaziosa viste le esigenze di rinnovamento. Qui, tra l’altro, stiamo prendendo la certificazione di qualità per l’officina e ci stiamo attrezzando per aver anche quella per il personale e per la manutenzione, peraltro abbastanza complessa e impegnativa. Inoltre possiamo dire di avere un’azienda green perché siamo dotati di un impianto 65
Lo staff di SOPAM Officine
fotovoltaico da 200Kwp che ci consente di produrre la nostra energia.
Sopam i miei figli erano già grandi e si autogestivano. E poi una donna riesce sempre a organizzarsi al meglio, è nel nostro Dna.
C’è una commessa che vi ha dato particolare soddisfazione? Con Sopam abbiamo fatto diverse manutenzioni, ma ce n’è una particolarmente degna di nota: da anni lavoriamo per Marcegaglia. Questa è una grande soddisfazione per noi. E invece una sua soddisfazione personale? Per un amministrativo che vede solo numeri poter fare, a volte, il commerciale, dà una gran soddisfazione. Portare a casa lavori dà un senso concreto di esser parte di qualcosa, fa bene al morale e al senso di appartenenza alla squadra! Ha dovuto fare sacrifici personali per conciliare famiglia e lavoro in un ruolo impegnativo come quello che la compete? Direi di no perché, fortunatamente, quando sono entrata in
operosità
intraprendenza
Quando studiava immaginava che sarebbe diventata AD di un’azienda? Certo che no! Sono diplomata perito aziendale e corrispondente in lingue estere, ho fatto il mio percorso di studi e ho iniziato a lavorare. Quando mi proposero di entrare in Sopam ero un po’ titubante. Poi prevalse la soddisfazione di essere stata chiamata a ricoprire questo ruolo e accettai. Anche se, ovviamente, continuo a rapportarmi con la proprietà che è sempre presente in azienda. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Serietà, professionalità e tanto occhio per capire come muoversi nelle situazioni difficili. Bisogna essere flessibili, lungimiranti e avere il coraggio di proporsi con nuove idee, in questi anni, cosa non facile.
Quali sono gli obiettivi a medio termine di Sopam? Di certo acquisire nuovi clienti come ogni azienda. A oggi la struttura ci consente di farlo rimanendo, però, nella nostra regione visto che i costi, anche quelli di trasferta sono davvero difficili da sostenere. Nella nostra realtà sappiamo che si può realizzare ancora qualcosa di valido. I soci riescono mai a ritagliarsi 24 ore di libertà per dedicarsi ai propri interessi? Farinelli e Bono, che seguono i cantieri, poco perché la manutenzione non conosce sabati né domeniche, o chiusure estive. Loro sono davvero più al lavoro che a casa, credo! Il cliente deve sapere che ci sei e che può contare sempre su di te quindi è fondamentale garantire la presenza. Giangrandi seguendo il commerciale, riesce ogni tanto a regalarsi un giro in barca, la sua grande passione.
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L’amministratore delegato Emanuela Cornacchia
sicurezza
stabilità
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Da imprenditore a imprenditore
Come vedi il futuro dell’imprenditore in Italia nei prossimi anni?
Voglio essere ottimista perché nei nostri giovani vedo tanta energia e voglia di emergere, ma penso che l’imprenditore italiano dovrebbe allinearsi di più all’Europa in primis per quanto riguarda i pagamenti e sarebbe utile che le banche lavorassero seriamente al fianco delle aziende. Vorrei più servizi a sostegno dell’impresa, servizi che oggi mancano e di cui si sente davvero bisogno. Potenzialmente potremmo fare davvero tanto di più, ma, oggi, non ce ne danno l’opportunità e questo mi infastidisce molto. Se le cose cambiassero, penso che i giovani potrebbero fare impresa, diventare imprenditori senza il timore di trovarsi con un pugno di mosche in mano dopo soli tre mesi dall’apertura di una qualunque attività.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Che accorgimenti adotti per fare star bene i tuoi dipendenti e farli lavorare con il sorriso sulle labbra?
e r a f i d a i vogl
Vietato arrendersi Quello che fa non è il suo lavoro, ma la sua passione. Giovanni Ferroni è uno dei soci fondatori di Prometal che realizza sabbiature e verniciature industriali. È un imprenditore che non si risparmia e mette al primo posto il rapporto con i propri clienti. Da oltre 20 anni lavora in tutt’Italia con un team di operai specializzati e, nel ’92, ha realizzato un impegnativo lavoro all’interno del parco di Mirabilandia che avrebbe inaugurato di lì a poco. Ferroni che “non sa immaginarsi fare altro se non questo lavoro” che adora, coordina un team di operai con cui ha un rapporto schietto perché “mi fido ciecamente dei miei ragazzi”.
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Prometal è specializzata nella protezione anticorrosiva, nella manutenzione industriale di strutture metalliche e nella protezione del cemento. Effettua la pulizia del ferro mediante sabbiatura, idro e microsabbiatura, sabbiatura con prodotti ecologici, pulizia e decapaggio, verniciature di qualsiasi superficie, trattamenti ignifughi per ferro e legno e rivestimenti alimentari per serbatoi e contenitori enologici/alimentari. Infine effettua imbiancature, protezione e ripristino del cemento, pavimentazioni, sabbiatura facciate e soffitti, trattamento antitarlo, pulizia facciate e monumenti da smog e graffiti e protezione anti graffiti.
PROMETAL SRL Via Romea Vecchia, 107 - 48124 Classe (Ra) Tel. 0544.524166 • www.prometalravenna.it
Quando nasce l’azienda e chi l’ha fondata? Prometal, PROtezione METALli, nasce nel 1991 fondata da me, Roberto Fanti e Antonio Marchesi. Eravamo amici e colleghi già da anni perché lavoravamo come dipendenti in una ditta di sabbiatura che, però, fallì. Quindi decidemmo di metterci in proprio e non buttare al vento le competenze che avevamo acquisito. Alcuni clienti ci hanno seguiti, altri li abbiamo acquisiti negli anni. E’ stata una scommessa, un tuffo nel vuoto perché avevamo esperienza, ma non eravamo certo imprenditori. Avevamo, però, una gran passione e una buona dose di determinazione che ci ha consentito di andare avanti, un passo alla volta e di fronteggiare anche le difficoltà che non sono mancate. Inizialmente eravamo in 7, oggi siamo in 13, ma se ci arriva una commessa più grande assumiamo altro personale tra artigiani e operai che conosciamo e che chiamiamo al bisogno. Quali sono i vostri ruoli? Io sono tecnico di cantiere e commerciale. Da dipendente giravo molto, proponevo cicli di verniciatura, facevo i prezzi e curavo i rapporti con la clientela. E così ho mantenuto questo ruolo. Roberto lavora fisicamente come tecnico, Antonio seguiva inizialmente il settore nautico, ora si dedica principalmente al rapporto con le banche. Danila invece è la nostra supervisor, nonché la mia compagna di vita! Che rapporto c’è tra voi soci? Conosco Roberto da 35 anni, siamo stati bambini insieme, mentre Antonio da quasi 23 anni. Abbiamo un rapporto di amicizia di lunga data tanto che i nostri sono sempre confronti, mai scontri, non ci sovrapponiamo mai. Che ricordo ha di quei primi anni? Eravamo molto titubanti, avevamo compreso quali fossero stati gli errori più grossi commessi dalla ditta per la quale lavoravamo e ardevamo dalla voglia di farci valere. La prima commessa che abbiamo avuto è stata nel ’92 per Mirabilandia che abbiamo verniciato in toto, cemento e ferro, a parte le montagne russe perché erano in legno. È stata un’esperienza gratificante essere chiamati visto che eravamo nati da pochissimo.
entusiasmo
Qual è il vostro bacino di competenza? Al 99% l’Italia, ma abbiamo lavorato a Vienna, Monaco, in Algeria. Nel nostro lavoro le relazioni sono importanti: già con un primo contatto telefonico puoi capire con chi tratterai. Poi io non mi tiro mai indietro e, spesso, vado a fare il sopralluogo di persona. Se, invece, è molto distante utilizziamo internet: mi faccio mandare foto e filmati per realizzare un preventivo ad hoc. Una soddisfazione particolarmente importante in questi anni? Il lavoro di tre anni fa della Gazprom Neft che ci ha commissionato tutto lo stabilimento di Bari. Clienti russi, correttissimi con cui abbiamo lavorato due mesi più che bene. L’unico problema è stato rapportarci con la loro direzione lavori, seguita da una ragazza volenterosa, ma alle prime armi che spesso s’impuntava su dettagli non avendo esperienza. Ci siamo scambiati più di 450 mail! Ma è stato comunque un bel progetto. Un altro lavoro interessante è stato per l’Air Liquide a Siracusa, più o meno nello stesso periodo di Gazprom. C’è un sacrificio personale che ha dovuto fare per il lavoro? Spesso mi accorgo che alle 20 sono ancora qui, cosa che da dipendente non facevo. La responsabilità, da imprenditore, è maggiore: quando parte un camion hai l’ansia che tutto fili liscio. Di sacrifici ne ho fatti molti, ma più che volentieri. Quali pensa debbano essere le caratteristiche di un imprenditore? Costanza, pazienza, deve ‘sentire’ il lavoro che fa e crederci.
scelte giuste
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Il “cuore” di Prometal: Giovanni Ferroni e Danila Zanelli
Avete dovuto prendere accorgimenti per la crisi? Da quando è iniziata la crisi molti la ‘usano’ per non pagare, è un dato di fatto che abbiamo riscontrato sulla nostra pelle. Oggi chiediamo acconti prima di iniziare le lavorazioni perché, di questi tempi bisogna essere accorti. Fino a 5-6 anni fa non era necessario, ma le cose sono cambiate molto e molto rapidamente. In più, il nostro lavoro è contestabile: la verniciatura deve avere uno spessore prestabilito e se c’è malafede e non c’è l’intenzione di pagare ci si attacca a tutto anche se, quando consegniamo un lavoro, l’abbiamo sempre controllato. Conoscendo diversi fornitori in tutta Italia, spesso mi trovo a chiedere a loro il parere su un nuovo cliente che non conosco per sapere se posso fidarmi. Ci si ingegna come si può! Con i dipendenti abbiamo fatto due anni di cassa integrazione poi, quest’anno, abbiamo avuto alcune buone commesse: facciamo affidamento su 5 cantieri avviati e, ad oggi, abbiamo bisogno di assumere. Dal nostro osservatorio l’edilizia sta riprendendo
a muoversi, è richiesta molta manutenzione che noi siamo in grado di fornire e speriamo vada avanti così. Oggi è davvero difficile far piani per il futuro: ti arriva una buona commessa e la esegui, difficile sapere cosa ti entrerà di valido da qui ai prossimi sei mesi. Poi nel nostro lavoro si lavora soprattutto con la bella stagione: a luglio e agosto, con la chiusura delle
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aziende, facciamo manutenzione mentre d’inverno il lavoro va decisamente più a rilento. C’è una cosa sulla quale non avrebbe mai pensato di cambiare idea e invece s’è dovuto ricredere? Con la crisi è stato fondamentale prendere più precauzioni per i pagamenti per tutelarci. Oggi chiediamo anticipi e cerchiamo di informarci sui clienti.
Quali sono i suoi hobby? A parte la moto mi piace molto la montagna, ma visto che la mia compagna ama il mare, da anni, d’inverno quando il lavoro ci consente di staccare un po’, andiamo in Thailandia. Stiamo in un residence in collina e noleggiamo una jeep per muoverci.
Eravamo in spiaggia anche la mattina del 24 dicembre di 10 anni fa quando lo tsunami travolse Phuket. Danila mi stava fotografando mentre aiutavo una signora a portare a riva la sua barca ed è stato un attimo: il mare ci ha colpiti con tutta la sua forza scaraventando me contro un cancello e Danila dentro la camera di un hotel. Fortunatamente lei che sa nuotare è restata a galla ed è uscita mentre io che non so nuotare sono rimasto aggrappato al cancello. Pochi minuti che mi sono parsi eterni e mi sono ritrovato in piedi sul muretto alto un paio di metri, a fianco al cancello con un ginocchio rotto, alcune costole incrinate e diverse contusioni a chiamarla a gran voce. Abbiamo avuto tanta fortuna: siamo sopravvissuti e ci siamo ritrovati praticamente subito non essendo molto distanti l’uno dall’altra. Dopo essere stati portati in ospedale, quando siamo rientrati nel nostro residence che era in collina
Perché, allora, si continua nonostante tutto? Per passione, perché non mi immaginerei a far altro se non questo lavoro. Potesse avere 24 ore di libertà cosa farebbe? Un giro con la mia Guzzi California che oggi riesco a sfruttare poco. Mi piace, quando riesco, staccare e stare un po’ solo coi miei pensieri. Ma prima di andare, immancabile la controllata al compressore!
forza
serietà
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Riverniciatura dei serbatoi presso lo stabilimento Air Liquide di Priolo Gargallo (SR)
ricordo che nella hall mi hanno guardato con occhi sconvolti visto che indossavo solo un lenzuolo bianco a mo’ di tunica: non avevano ancora capito cosa fosse successo esattamente in spiaggia. Per tre anni non me la sono sentita di tornare poi, però, ho voluto rivedere i luoghi dov’ero stato salvato.
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Da imprenditore a imprenditore
Che accorgimenti adotti per fare star bene i tuoi dipendenti e farli lavorare con il sorriso sulle labbra?
Visto che sono stato dipendente so quanto sia antipatico che tutti si mettano sull’attenti quando arriva il capo. Io utilizzo un approccio ‘alla pari’: quando arrivo mi fa piacere che il dipendente stacchi e si fumi una sigaretta in santa pace mentre parliamo. E comunque ho la massima fiducia nei loro confronti anche perché avendo cantieri in giro per l’Italia e non potendo essere ovunque, è fondamentale che mi fidi del lavoro dei miei ragazzi che sanno che con me possono sempre parlare e confrontarsi.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato
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Come riuscite a tutelarvi nei confronti dei clienti in un momento delicato come quello che stiamo vivendo?
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passione
Il giro del mondo in 40 anni All’istituto professionale come meccanico stampista è il migliore del suo corso. Progetta e inventa soluzioni all’avanguardia già da ragazzo. Pietro Prati è un lavoratore instancabile che ha dato vita, forte dell’esperienza maturata sul campo e della grande passione, a un’azienda che oggi esporta i propri prodotti in tutto il mondo. L’azienda ha festeggiato i 40 anni di attività nel 2013 in fiera a Bruxelles con oltre 300 invitati tra clienti, agenti e fornitori e guarda al business del futuro forte della propria grande professionalità e della qualità dei prodotti.
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L’azienda realizza macchinari per lavorazioni di finitura nella fase di post-stampa delle etichette autoadesive: personalizzazione, ispezione, fustellatura, sfridatura, ribobinatura, taglio e sovrastampa. Da 40 anni porta l’eccellenza tecnologica made in Italy nel campo della meccanica di alta precisione in tutto il mondo, con oltre 2.300 macchine installate e una rete di agenti e distributori presenti in tutta Europa, Medio Oriente, India, Russia, Oceania, Sud Africa, Nord America e Sud America. Attraverso una continua attività di ricerca, Prati coglie e interpreta le nuove esigenze del mondo della stampa, per trasformarle in soluzioni tecnologiche innovative e all’avanguardia.
PRATI SRL Via Deruta, 2 - 48018 Faenza Tel. 0546 46889 • www.praticompany.com
Sig. Prati, qual è la storia di questa azienda, da dove si parte? L’azienda è nata ufficialmente nel 1973, ma io ho iniziato a lavorare con mio padre, fabbro ferraio, sin da bambino. A 15 anni frequentavo l’istituto professionale, indirizzo meccanico stampista a Faenza e, contemporaneamente, lavoravo in bottega con mio padre a Marradi. L’ultimo anno di scuola mi ammalai di una brutta broncopolmonite proprio il giorno prima dell’esame e non potei sostenerlo, ma quando mi ristabilii venni chiamato a lavorare per un’azienda di Marradi dove, in breve, divenni responsabile del reparto Modelli e Manutenzione della fonderia appena avviata. Ma dopo qualche tempo, a causa di alcune divergenze, rientrai nella bottega di famiglia. Terminato il servizio militare, l’idea di tornare ad affiancare mio padre nella tipologia del suo lavoro non mi allettava particolarmente, così comprai, firmando non poche cambiali, un tornio e una fresa per fare il lavoro che più mi piaceva, ovvero manutenzione industriale. Così cominciò la mia avventura. Quando iniziai l’istituto professionale avevo già parecchia esperienza: ricordo che il professore di saldatura mi chiese più volte di insegnare ai miei compagni come procedere. Fu, invece, il professore di laboratorio che, in sinergia con il preside, mi suggerì di passare dal Centro di Addestramento all’Istituto Professionale. Non ero d’accordo perché non potevo sostenere il pagamento della quota prevista, inoltre dovevo continuare a lavorare in bottega per aiutare la famiglia, ma la scuola si accollò l’onere della retta così non potei che accettare: mi ritrovai dalle 7 alle 19 a scuola e in serata, fino all’una di notte, a lavorare a ‘casa’. Finiti gli studi, la Fondazione Bertoni, di proprietà di un senatore faentino che sosteneva gli alunni del corso professionale ad avviare una propria attività, mi concesse un prestito a interessi zero. Iniziai così nel ‘66 a svolgere manutenzioni industriali per tutte le aziende della vallata di Marradi: dalle macchine da cucire ai cantieri edili e la fonderia in una bottega di 60 metri quadri. Poi a Marradi, nel ’71 una piccola litografia si ampliò e iniziai a interessarmi anche alle manutenzione delle macchine da stampa e, proprio in quell’anno conobbi una ditta milanese, leader nel settore del commercio di macchinari per la grafica. Nel ’73 l’azienda chiuse e un dipendente, che nel frattempo si era messo in proprio, venne a cercarmi per realizzare i ricambi sia in fusione che lavorati e dare vita a una grande officina a
Marradi che costruii praticamente con le mie sole forze. Ma i rapporti tra noi non erano rosei così, nel ’91, chiusi i rapporti di collaborazione con questa società milanese e abbandonai quindi la revisione e la manutenzione per dedicarmi esclusivamente alla progettazione e realizzazione di macchinari. Già nel ’76 infatti avevo iniziato a progettarli, ma consideravo questa attività una sorta di riempitivo rispetto al vero lavoro di manutenzione industriale. Nel ‘92 la mia azienda affrontò diversi problemi perché le macchine realizzate non funzionavano al meglio, in particolare per criticità legate alla parte elettronica curata per noi da una ditta faentina. Mi ritrovai con 14 macchine non funzionanti in casa e una grande quantità di debiti. In soli 7 mesi l’azienda è ritornata in attivo grazie a “forze al di sopra delle possibilità umane”. Ho sempre progettato da solo le mie macchine: il primo ingegnere è arrivato in Prati nove anni fa. Oggi abbiamo sei persone che seguono il settore ricerca e sviluppo tra la parte meccanica e il software, entrati come operai semplici e cresciuti nella nostra officina. Nella sede di Marradi c’erano solo tre meccanici che seguivano la progettazione, oggi l’indotto Prati è di oltre 100 elementi. Fino al 2005 ogni macchinario era creato e prodotto qui poi mia figlia Chiara, oggi responsabile
L’inarrestabile Pietro Prati con la figlia Annalisa. In basso a sinistra, la prima busta paga di Pietro Prati da Capo Reparto Modelli Manutenzione, anno 1964
commerciale, ha iniziato a sviluppare il mercato estero creando una rete commerciale, prima in Europa, poi nel resto del mondo. E oggi commerciamo con 61 Paesi. Nel 2005, i 700 metri quadri di Marradi sono diventati insufficienti, eravamo sottodimensionati soprattutto nell’area destinata alla produzione, così decidemmo di esternalizzarla per concentrarci sulle vendite, cercando al contempo un parco fornitori che ci supportasse nella nostra ‘scalata’. Con il senno di poi fu una scelta felice, perché ci regalò un attimo di respiro per gestire gli anni successivi al punto che, nel 2011, ci spostammo nella sede attuale a Faenza logisticamente più agevole vista la prossimità dell’autostrada. Quali sono le caratteristiche che deve avere un imprenditore? Flessibilità dev’essere la parola chiave, ma anche l’orientamento alla cura del cliente. Oltre alla determinazione e al rispetto delle persone.
tradizione e innovazione
idee
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La soddisfazione più grande che ha avuto in questi anni? Sicuramente l’unità familiare sia con le figlie che con i dipendenti meritevoli, per i quali l’azienda a tutt’oggi non ha fatto mancare il sostegno economico alle loro famiglie.
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In questi anni di crisi avete dovuto adottare accorgimenti particolari in azienda? (Annalisa Prati) Fortunatamente no, soprattutto grazie ai rapporti con le aziende estere. Oggi le richieste sono sempre maggiori e i margini si riducono, bisogna pianificare bene a livello strategico perché il cliente mira sempre alla riduzione dei costi senza ovviamente, intaccare la qualità. Serve tanta flessibilità per seguire le richieste al mercato. Se nel 2005 fatturavamo il 70% sul mercato interno e il 30% su quello estero, nel 2011 abbiamo chiuso con un 14% Italia e un 86% estero, ribaltando il trend e proprio negli anni più difficili della crisi. Nel 2009 abbiamo lavorato con un numero di commesse ridotto, ma in fiera abbiamo presentato una serie di prodotti nuovi la cui vendita ci è servita per raddoppiare gli standard degli anni passati.
seguendo i fornitori poi, nel 2005, ha mosso i primi passi nello sviluppo dei mercati stranieri: oggi è più facile sentirla parlare in inglese che in italiano! Prima del suo arrivo l’azienda lavorava solo su commessa e in Italia, le vendite all’estero erano davvero sporadiche. Dopo la fiera LabelExpo del ’98, evento più importante al mondo per il settore della stampa di etichette e imballaggi che si tiene ogni due anni a Bruxelles ed è un’ottima vetrina sul mondo, Chiara ha iniziato a sviluppare la rete commerciale cercando distributori, creando un’area interna che li gestisse e che, in certi Paesi del mondo, agisse direttamente, in tal modo il fatturato è raddoppiato. Annalisa invece è entrata in azienda ufficialmente nel 2001 anche se, nei periodi estivi, dopo la scuola, era spesso qui. Oggi si occupa della parte amministrativa e finanziaria e, in parte, anche la logistica. (Annalisa Prati) Mio padre e mia sorella hanno lo spirito imprenditoriale nel Dna, sono due persone determinate e
coraggiose: senza di loro l’azienda non si sarebbe assunta tanti rischi poi rivelatisi vincenti. Sia Chiara che io non avevamo programmato di entrare nell’azienda di famiglia quando abbiamo iniziato il nostro percorso di studi ma, con il tempo, il tutto si è tradotto in un’evoluzione assolutamente naturale. Cosa significa lavorare, gomito a gomito, con la seconda generazione? È la trasposizione di quello che era il lavoro in bottega con mio padre: ci si scontra su molte cose, ma si discute sempre in maniera corretta. Sono davvero contento che Annalisa e Chiara siano qui e siano tanto importanti per l’azienda. Ricordo quando ‘macinavo’ 5 mila chilometri in macchina la settimana per andare dai clienti, dalla Spagna, alla Francia, alla Germania e alla Normandia. Oggi è cambiato tutto, Chiara si sposta in aereo e tutto viaggia su binari e velocità decuplicate, è la forza del progresso! (Annalisa Prati) I tempi sono cambiati e comprendi la velocità dei meccanismi che regolano il mercato solo viaggiando. Mio padre, ovviamente, non si muove più tanto mentre mia sorella è la nostra finestra sul mondo, fondamentale per crescere e farsi conoscere e, con i suoi viaggi, porta sempre nuove commesse. I concorrenti, oggi, sono tanti, spesso abbiamo a che fare con multinazionali, pertanto la differenza si gioca necessariamente sul servizio.
(Pietro Prati) Nei momenti di difficoltà c’è una frase che mi ripeto: ‘Ogni problema è una guerra, uno dei due deve vincere e io non devo perdere’ e con questo spirito sono sempre andato avanti. Al suo fianco lavorano anche le sue figlie, quale percorso ha seguito la seconda generazione in Prati? Chiara è entrata in azienda dopo il diploma in lingue e ha iniziato
sguardo al futuro
tecnologia
Sig. Prati qual è la vostra quotidianità in azienda? Ogni giorno si decide il da farsi, difficile pianificare. Un giorno devi fare i conti con un cliente insoddisfatto per via della macchina ferma, il giorno successivo puoi ricevere i complimenti per l’eccellente servizio reso. Ogni giorno è un capitolo nuovo e come tale va affrontato. Svolgete un’intensa attività che vi porta ad affrontare sfide sempre nuove, riuscite a ritagliare del tempo per voi? (Annalisa Prati) Lavorando con tutto il mondo, con diversi fusi orari, spesso siamo in ufficio anche al sabato e alla domenica. E comunque quando l’azienda è tua non stacchi mai, nemmeno in ferie. Se avessi più tempo mi regalerei volentieri una passeggiata a cavallo. (Pietro Prati) Quando riesco mi dedico volentieri all’orto, una passione di sempre.
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Da sinistra: Annalisa, Pietro e Chiara Prati
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Da imprenditore a imprenditore
Come riuscite a tutelarvi nei confronti dei clienti in un momento delicato come quello che stiamo vivendo?
(Annalisa Prati) In molte parti del mondo abbiamo agenti e rivenditori che sono il front office di Prati. Lavorando sul posto conoscono bene il mercato e le aziende e riescono a filtrare e decodificare le dinamiche. In ogni caso all’estero le modalità di pagamento sono standard e i clienti stessi sono obbligati a utilizzarle per poter importare il nostro prodotto, quindi da questo punto di vista siamo abbastanza tutelati.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato Qual è, a suo avviso, il business del futuro?
sinergie
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Strumenti per la tua comunicazione
Fonda Abc 14 anni fa forte della sua esperienza a 360 gradi nel campo della comunicazione e oggi l’azienda è formata da un team di giovani professionisti attenti a cavalcare le tendenze di un settore in continuo mutamento. Roberto Gallamini, figlio di imprenditori, si è messo in proprio e ha collezionato, negli anni, importanti clienti tanto nel settore pubblico che nel privato grazie a un lavoro efficace e curato nei minimi dettagli, unito a una pianificazione di strategie di marketing di successo.
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Abc, Advertising Business Comunication, offre un servizio completo al cliente creando strategie integrate, utilizzando idee coraggiose e all’avanguardia e garantendo il massimo apporto professionale. Grazie a un team compatto nel quale si uniscono personalità creative diverse, rappresenta un’agenzia di comunicazione integrata che pianifica strategie, le integra e realizza strumenti di comunicazione capaci di esprimere l’identità dei clienti e dei loro prodotti: fornisce tutto ciò che serve per ‘essere’ sul web, si occupa dell’organizzazione di eventi e convegni.
ABC SRL Via Sansovino, 53- 48124 Ravenna Tel. 0544 271594 • www.abc.ra.it
Quando nasce l’azienda? Ho fondato Abc alla fine del 2000 con un socio. Ognuno di noi aveva una propria attività professionale nel settore della comunicazione, io seguivo la grafica pubblicitaria e la comunicazione, il mio socio realizzava siti web. Abbiamo deciso di dare vita a un’unica realtà per fornire un servizio a 360 gradi al cliente, in un settore allora in forte espansione. Dopo pochi mesi rimasi solo e portai avanti il progetto in autonomia. Inizialmente la sede era in via Farini poi ci siamo trasferiti in piazza Bernini dove abbiamo iniziato a fare anche formazione per un ente professionale che collaborava con l’Api (Associazione Piccole e Medie Imprese della Provincia di Ravenna – oggi Confimi Impresa Ravenna), poi, per razionalizzare gli spazi, ci siamo spostati in via della Lirica e, infine siamo arrivati in via Sansovino 8 anni fa. Inizialmente Abc fondava il suo core business quasi esclusivamente sulla formazione e sul web poi mi concentrai sull’advertising e, dopo qualche tempo, abbandonando definitivamente la formazione lasciai nuovamente spazio al web. Qual è stato il suo percorso imprenditoriale? Mio padre e, prima di lui, mio nonno erano imprenditori: evidentemente questa vocazione risiede nel mio Dna! Come molti ‘figli d’arte’, dopo gli studi ho iniziato a lavorare con mio padre titolare di uno studio che realizzava i ‘disegni esplosi’, libretti di uso e manutenzione delle macchine; anche lui, prima di me, aveva lavorato per mio nonno che invece, dopo la guerra, aveva iniziato a realizzare trattori da autodidatta, ottenendo anche diversi brevetti internazionali. La mia è sempre stata una famiglia di creativi! Con il diploma di perito meccanico, preso all’Istituto Tecnico Montani di Fermo, mio padre iniziò a lavorare per mio nonno, ma le rispettive e distanti vedute non consentirono la prosecuzione di quel rapporto professionale: mio nonno era un tecnico, un perfezionista, mio padre invece, più incline all’approccio commerciale, nel ’59 passò alla Slam progetti e fece parte del team che realizzò gli stabilimenti a Gela. Per vicissitudini diverse, mio padre decise di rientrare a Fusignano dove persisteva una notevole concorrenza con Venieri, primo competitor nella costruzione di macchine movimento terra: nonostante questo lavorò per quest’ultimo per qualche tempo prima di mettersi in proprio, negli anni ‘70. Ricordo che una delle commesse più importanti la ebbe per la
Roberto Gallamini (al centro) con i suoi collaboratori, da sinistra: Marianna Gianstefani, Sara Travaglini, Fabio Forlivesi, Federico Minguzzi e Mirko Salati. In basso a sinistra, un’immagine del seminario medico-scientifico AIPO ricerche, uno dei numerosi eventi coordinati da ABC, tenutosi lo scorso marzo nel Complesso degli Antichi Chiostri Francescani della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna.
Breda Ferroviaria che chiese proprio al suo studio di realizzare anche i disegni esplosi per la metropolitana di Washington, allora in costruzione. Anche in quella occasione non si risparmiò, in una sola settimana percorse quasi 80 mila chilometri in aereo
per coordinare tutti i fornitori che, su esplicita richiesta, dovevano essere tutti americani. Così, purtroppo, sia per la fatica che per il grande stress, si ammalò di artrite reumatoide e questo infausto evento segnò l’inizio del declino di un ottimo disegnatore quale era. Io che lavoravo da qualche tempo nel suo studio a Bologna, dopo la sua morte, nel 1988, portai avanti i contratti che già avevamo acquisito, poi decisi di mettermi in proprio e fondai la ‘RG Associati’. Ben presto mi buttai anima e corpo nel settore della comunicazione collezionando diversi clienti importanti poi, nel ‘92, rientrai a Fusignano dopo la ‘rivoluzione’ portata da Tangentopoli e lì continuai a lavorare ed espandermi avendo già diversi buoni contatti sul territorio romagnolo. Quali sono i progetti più importanti realizzati dalla sua azienda in questi anni? Lavoriamo molto con il pubblico: con il Comune per cui
lungimiranza
Una delle 15 cartine turistiche realizzate da ABC per il Servizio Turismo della Provincia di Ravenna
entusiasmo
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consolidata, un marchio e tutta la nostra professionalità. Il nostro bacino di utenza è nazionale: abbiamo partecipato alla gara per la realizzazione del logo di Roma Capitale, abbiamo vinto un premio nazionale per il packaging di Frullà per Natura Nuova, un prodotto alimentare noto al grande pubblico anche grazie alla confezione accattivante ed efficace.
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seguiamo, tra le altre, la campagna advertising per la Notte d’oro e il trimestrale di turismo e cultura Welcome to Ravenna. Abbiamo realizzato diversi progetti per il Mar (Museo d’Arte di Ravenna), seguiamo la campagna per le celebrazioni per Sant’Apollinare, patrono della città. Abbiamo realizzato la grafica dell’University Card per la Fondazione Flaminia, lavoriamo con il settore turismo della Provincia, siamo l’agenzia di comunicazione di riferimento della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e abbiamo realizzato diverse campagne advertising anche per Confartigianato. La comunicazione non è, però, solo realizzazione di depliant o eventi. Visto che si sta andando sempre più verso una digitalizzazione forzata, Abc realizza non solo portali web, ma anche app e segue in toto Ravenna Web Tv e Faenza Web Tv, di cui sono tra l’altro presidente. Coprendo la comunicazione a 360 gradi, siamo un’agenzia anomala perché garantiamo la risorsa interna adatta per ogni esigenza: dalla comunicazione al web a differenza di molti che seguono o l’uno o l’altro comparto. Inoltre siamo nel Mepa da tre anni, il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione dove queste ultime possono acquistare beni e servizi offerti da fornitori abilitati a presentare i propri cataloghi sul sistema, un ottimo riconoscimento per noi. A differenza delle altre agenzie di comunicazione locali ho fatto una scelta imprenditoriale diversa: ho creato un’impresa, avevo e ho dei dipendenti, cosa che non succedeva e non succede soprattutto oggi con la crisi economica. La mia è stata una scelta imprenditoriale seria nei confronti dei dipendenti e delle aziende con cui lavoravamo e alle quali offrivamo una struttura
creatività
Che team è quello di Abc? Siamo in pochi e riusciamo ad avere un rapporto schietto, diretto e trasparente. Molti sono qui dagli inizi. Ho sempre cercato di essere corretto con i miei collaboratori che, però, sanno che anche e soprattutto nel nostro settore, dove la concorrenza è davvero agguerrita, bisogna darsi da fare quotidianamente. Tutti devono responsabilizzarsi perché l’azienda guadagni, remiamo tutti insieme e nella stessa direzione. Avete dovuto prendere accorgimenti particolari per la crisi? Direi di no: in controtendenza, tre anni fa ho assunto una persona, ma questo perché il nostro settore non è andato in crisi subito, nel 2008, la nostra committenza ha continuato a investire. La mia struttura è rimasta identica, sono cambiate alcune figure, sostituite da altre, ma il numero è rimasto invariato e, quest’anno, a giugno, abbiamo registrato un +20% che ci auguriamo di mantenere per la chiusura dell’anno. L’unica cosa che ho dovuto rivedere sono le spese superflue preferendole, ovviamente, al personale. A luglio ho voluto responsabilizzare i ragazzi, una volta ancora, spiegando che con quello che sta accadendo ‘fuori’ siamo tutti soci con responsabilità diverse, ma nella stessa barca dunque tutti dobbiamo darci da fare. Riesce mai a regalarsi 24 ore di libertà? Avendo anche l’attività di Ravenna Web Tv da seguire direi che di tempo per me ne ho davvero pochissimo... ma non lo considero un grosso problema! Il mio sfogo è il giardino di casa con i miei due labrador. Nel fine settimana sono a casa e mi ci posso dedicare, ma un imprenditore non stacca mai soprattutto in anni come questi di crisi senza precedenti. Si è incattivito il lavoro nel pubblico figuriamoci nel privato: chi ha forti capitali fa il mercato e detta le regole, dunque o lavori con l’estero e vai tranquillo oppure devi essere sempre attento a quello che ti si muove attorno, cogliere ogni stimolo e ogni suggestione.
forza
Una serie di siti web realizzati ultimamente. In basso a sinistra la schermata d’entrata della APP creata dall’agenzia per Ravenna Web Tv. Nella pagina a fianco: a sinistra uno dei numerosi stand realizzati, al centro il nuovo visual per la comunicazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e a destra la rivista trimestrale di arte, turismo e cultura Welcome to Ravenna, che da 7 anni l’agenzia realizza per l’Ufficio Turismo del Comune di Ravenna
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Da imprenditore a imprenditore
Qual è, a suo avviso, il business del futuro?
L’informatizzazione e tutto ciò che è social anche se c’è un problema di fondo visto che ogni momento storico ha una moda e queste mode sono spesso cavalcate e strumentalizzate da venditori di fumo. Questi sono in grado di piazzare qualunque cosa arrivando, inevitabilmente, a deludere il cliente cui sono stati promessi mari e monti. E spesso capita che, scontento, il cliente venga in agenzia pretendendo di avere 100 pagando 10. Oggi potenzialmente chiunque può costruirsi un sito web in autonomia, vendono domini per poco meno di 20 euro dunque molti si chiedono perché rivolgersi a un professionista. La risposta è: per avere le giuste indicazioni (proprie solo di chi è del settore) e un’analisi precisa delle potenzialità del prodotto che si va a realizzare. E la professionalità, così come il servizio e l’assistenza di chi fa questo di mestiere in modo serio e professionale, devono essere ricompensate. Oggi, grazie ai dispositivi tecnologici che hanno un po’ tutti, si sta diffondendo sempre più la ‘professionalità fai da te’, ma, ad
nuove idee
esempio, nonostante tutti i cellulari e i tablet possano far foto, le immagini di un fotografo professionista avranno sempre quel quid in più. Per questo il lavoro di qualità del professionista continuerà a essere richiesto a discapito dell’improvvisazione svolta da chi millanta arti e mestieri non suoi.
Ci dia una domanda per il prossimo intervistato Vale ancora la pena lottare, crederci?
correttezza
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La mia casa? Il mare La passione per il mare l’ha sempre avuta, ma non ha subito intrapreso questo lavoro. Da ragazzo Giancarlo Dellapasqua era falegname nella bottega dello zio dove ha conosciuto le diverse tipologie di legname. Diventato apprendista nel cantiere Lugaresi di Bellaria, fece esperienza fino a iniziare l’avventura imprenditoriale a Marina di Ravenna, attuale sede dell’azienda. Oggi, dopo 55 anni di attività, il cantiere Dellapasqua è ancora una realtà radicata nel territorio nonostante periodi altalenanti causati della pesantissima battuta d’arresto imposta dalla crisi.
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L’azienda Dellapasqua produce imbarcazioni da diporto dal ‘59 e in questi anni ha costruito più di 1200 esemplari, sia in legno che in vetroresina. Concepite a livello estetico e funzionale per il diporto, le imbarcazioni Dellapasqua vengono spesso utilizzate da enti pubblici o aziende private come imbarcazioni da lavoro in virtù delle particolari attitudini marine e strutturali. Il cantiere può soddisfare ogni esigenza, personalizzando a piacimento la gamma dei prodotti: open, cabin, flying bridge. Tali modelli vengono utilizzati anche da Piloti del porto, Polizia municipale, Trasportatori passeggeri, Vigili, Centri di ricerche idrobiologiche, Soccorso persone e Compagnie di pescatori per i pescherecci.
DELLAPASQUA DC INTERNATIONAL YACHTS SRL Via del Marchesato, 11 - 48122 Marina di Ravenna (Ra) Tel. 0544 530243- 531146 www.dellapasquadc.com
Quando è nata l’azienda? La mia passione per il mare è nata tanti anni fa: anche per la comunione mi volli vestire da marinaio! Nel 1959 inaugurai il mio cantiere a Marina di Ravenna, ma per anni ho lavorato come apprendista nel cantiere navale Lugaresi di Bellaria. Ci conoscemmo quando chiese a mio zio un buon falegname e lui mandò me, direttamente dalla sua bottega. Ero assolutamente digiuno di barche, ma altrettanto curioso, vidi il cantiere di Lugaresi, che allora era proprio sotto il cinema Apollo, e ne rimasi completamente affascinato. Restai in prova per due mesi a 800 lire al giorno poi ne chiesi 1000 perché l’attività procedeva bene. Avevo 19 anni, organizzai subito il lavoro per aumentare la produttività: inizialmente c’erano due operai che realizzavano le barche, io sostituii il falegname e impostai un nuovo sistema di lavoro, più semplice e veloce, una sorta di catena di montaggio che consentiva di realizzare una barca a settimana invece che due al mese. Il verniciatore inizialmente non teneva il ritmo! Nel ’59 superai l’esame di maestro d’ascia e così mi fu possibile immatricolare barche fino a 150 tonnellate, cosa concessa solo agli ingegneri navali. Tre anni dopo decisi di mettermi in proprio a Savignano. Lavoravo di fronte alla casa di Secondo Casadei, il famoso musicista, e i suoi due figli erano sempre davanti al nostro cantiere a osservarci mentre lavoravamo sulle barche. Penso proprio di essere stato il primo ad aver ascoltato ‘Romagna mia’! Poi decisi di aprire un cantiere a Marina di Ravenna e, nel ’60, fondai il marchio DC iniziando e vendere le mie barche in tutt’Italia. Qual è il percorso che l’ha portata alla sua attuale professione? Da ragazzo non potevo immaginare che mi sarei dedicato anima e corpo alle barche. Mio padre era muratore, lo zio falegname, e io, da quando avevo 9 anni, dopo la scuola, andavo in bottega a osservare e fare i primi ‘lavoretti’. Conoscevo bene tutto il ciclo della falegnameria: d’estate, prima della tradizionale apertura delle colonie si rinfrescavano infissi e porte, a settembre, invece, dovevamo sistemare le casse dell’uva da inchiodare e testare, un lavoro a ciclo continuo. Facevo infissi e camere da letto, lavoravo il legno ed ero talmente bravo a lucidare con spirito e gommalacca che venivo ‘prestato’ da mio zio agli altri falegnami. Avevo 14 anni. Quando mio zio chiuse l’attività nel ‘51 presi 18 camere da letto
da lucidare alla Cagnona, un grosso impegno, ma sentivo di potercela fare e mi piaceva davvero tanto: quella fu la mia prima commessa da imprenditore! Con Lugaresi, invece, ho iniziato a lavorare con le barche innamorandomene subito. Il vero exploit nel settore ci fu con la carena a V profondoHunt che adottai per i miei prodotti seppur apportando qualche accorgimento. Negli anni ’60 infatti mi presentai alla maratona dell’Adriatico, la 6 ore di Milano e la Pavia-Venezia raggiungendo le prime posizioni. E nel ’71 proposi il primo modello in vetroresina, materiale che si era di recente affermato nel mondo delle costruzioni nautiche, aprendo le porte a una nuova epoca per il nostro cantiere. Lei che imprenditore è, quali caratteristiche ritiene di avere? Un imprenditore serio deve imparare bene un mestiere e farlo con passione. Ai miei tempi i bambini andavano a bottega gratuitamente, ci si andava per imparare una professione a prescindere dal pagamento, cosa che oggi non farebbe più nessuno, ma erano tempi diversi: c’era la voglia di imparare, fare. Qual è il suo legno preferito? Per la falegnameria il noce con cui si facevano le camere da letto, mentre nelle barche, visto che, come dice il proverbio, ‘il mare non vuole frutti’, si possono usare diverse tipologie: il mogano, il rovere, l’acacia o anche il teak che, inizialmente si usava solo per i grandi yacht.
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Il “Capitano” Giancarlo Dellapasqua
Ha dovuto fare sacrifici nel suo lavoro? Da ragazzo, se c’erano consegne da fare lavoravo anche la domenica fino a mezzanotte senza alcun problema, la passione era tanta. Tutte le scelte sono state fatte per andare avanti dunque
non sono mai state vissute come veri e propri sacrifici. Oggi in azienda ci sono i miei tre figli che non si sono mai risparmiati: Mirco e Patrizia sono arrivati negli anni ’80 mentre Serenella nel ’91. La crisi ha colpito molto pesantemente il suo settore, come sono cambiate le cose? La nautica ha subito e subisce moltissimo la crisi, forse più di altri settori. C’è, in generale, un grande accanimento contro chi possiede le barche al punto che la gente ha quasi timore di uscire dal porto. Questo si ripercuote sul nostro lavoro per non parlare delle tasse sul possesso delle barche che disincentivano gli acquisti. Spesso mi chiedo chi me lo fa fare, i risultati sono sempre più difficili da ottenere. Anni fa la gente non buttava i soldi, li investiva bene e cercava di realizzarsi. Oggi fatica a sopravvivere, figuriamoci se investe. Il ‘magna magna’ di questi anni ha rovinato il nostro Paese: c’è chi ha troppo e chi non
tradizione
coraggio
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Una veduta dei cantieri Dellapasqua
arriva a fine mese, ma è possibile? I sacrifici li fanno sempre i soliti perché la casta non può essere toccata. È un gran peccato. Di clienti ne abbiamo tanti, ma sono pochi quelli che cambiano barca regolarmente come, invece, si faceva un tempo. È diventato tutto più difficile. Oggi com’è cambiata la fisionomia dell’azienda? Il nostro intento è rimasto quello di progettare e costruire nuove imbarcazioni rivolgendoci però anche ai mercati esteri ma oggi l’attività principale è divenuta quella di “Service”, offriamo ai nostri clienti assistenza tecnica e logistica a 360° forti della nostra esperienza e di una struttura che permette la movimentazione e il rimessaggio di svariate decine di imbarcazioni. Quella che prima era un’attività marginale ora è fondamentale per superare questo periodo di crisi. Non secondaria è comunque anche l’attività commerciale volta alla vendita delle imbarcazioni nuove, d’occasione e semilavorate
passione
fiducia
attualmente disponibili. Ovviamente lo staff si è molto ridimensionato, oltre ai miei tre figli ci sono due dipendenti fissi e all’occorrenza ci avvaliamo di manodopera specializzata. C’è una sua caratteristica che si è rivelata utile durante questi anni difficili? La perseveranza, la caparbietà e la determinazione che non mi sono mai mancate. Cosa le da più fastidio in assoluto? I concorrenti (ride), ma la maggior parte sono amici con cui sono spesso fuori a cena dunque... Quando vuole staccare come si rilassa? La gestione del cantiere è già dei miei figli dunque sono qui più che altro per passione e, se voglio, posso prendermi tempo libero quando voglio. Non ho bisogno di rilassarmi come chi sta in ufficio tutto il giorno!
Da sinistra: Mirco Dellapasqua, Stefano Salvadori, Serenella, Giancarlo e Patrizia Dellapasqua
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Da imprenditore a imprenditore
Vale ancora la pena lottare, crederci?
Da un punto di vista prettamente “economico” probabilmente no, ma costruire imbarcazioni è la passione della mia vita che poi ho trasferito ai miei figli. Il mare e l’esigenza di mezzi per sfruttarlo e affrontarlo ci sarà sempre, inoltre mi piacerebbe consegnare l’attività ai miei nipoti, la terza generazione, che è “alle porte”, quindi perché non crederci... e di lottare non si smette mai!
organizzazione
precisione
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Un centro per l’innovazione al servizio delle imprese Centuria, Agenzia per l’innovazione della Romagna, è una società consortile a responsabilità limitata che nasce 20 anni fa. È una struttura senza fini di lucro che si occupa di promuovere l’imprenditorialità, la ricerca industriale e l’innovazione stimolando l’interazione tra istituzioni, imprenditoria e ricerca. Ci descrive il suo sviluppo la direttrice, Alessandra Folli.
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Centuria agisce principalmente sul territorio romagnolo a supporto delle imprese e degli enti che compongono la filiera della ricerca e dell’innovazione nei settori agroindustria, alimentare, meccanica, automazione, elettronica, materiali, energia, ambiente, tecnologie e servizi avanzati. Centuria svolge altresì un ruolo di collegamento con i principali scenari di sviluppo strategico a livello regionale, nazionale ed europeo, ed è un centro per l‘innovazione e il trasferimento tecnologico accreditato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito della Rete Alta Tecnologia.
CENTURIA AGENZIA PER L’INNOVAZIONE DELLA ROMAGNA Via dell’Arrigoni, 60 - 47522 Cesena (Fc) Tel. 0547.415080 • www.centuria-agenzia.it
Perché è nata Centuria, come si è evoluta la sua storia? Centuria nasce vent’anni fa anche su intuizione dell’allora sindaco di Cesena, Edoardo Preger e di Archimede Casadei Lucchi (detto “Gabrio”) che volevano attivare un rapporto strutturato tra l’Università di Bologna, da poco insediatasi in Romagna, e il territorio. A Cesena erano presenti diversi laboratori di ricerca, ma occorreva una struttura che fungesse da snodo e collettore nelle varie competenze sparse e diffuse. Nasciamo con una forte caratterizzazione sul settore agroalimentare, vista la zona, ma con un’accezione ampia: trattiamo, infatti, anche tutto quello che è l’indotto, non soltanto la produzione e i servizi a supporto della filiera. La società aveva, inizialmente, pochi uffici ma l’idea era, ovviamente, di espandersi. Baccanti, l’allora direttore, Zampagna, responsabile area progetti e Casadei Lucchi che è stato il promotore dell’iniziativa, portarono Centuria a Cesena Fiera e, da quel momento, iniziarono a tessere il network delle aziende e della parte relativa alla ricerca. La mission negli anni non è mai cambiata, continuiamo a lavorare per fare incontrare il mondo produttivo con i risultati della ricerca e dell’innovazione che possono venire dall’università, ma anche da altre aziende. Realizziamo, infatti, iniziative nelle quali le diverse aziende si mettono in contatto per iniziare a collaborare. Progressivamente Centuria si è stabilizzata e ampliata anche grazie a due fusioni con strutture analoghe del ravennate: nel 2004 con il RIT – Romagna Innovazione Tecnologia - struttura nata a Faenza con un obiettivo simile al nostro: non essere un mero centro di ricerca, ma divenire una struttura in grado di mettere in contatto i soggetti per promuovere l’innovazione e, nel 2011 quella con APC - Agenzia Polo Ceramico - che aveva una connotazione orientata al settore ceramico e, negli anni aveva svolto anche attività di ricerca. Oggi il nostro team è composto da 11 persone che lavorano in diversi settori. Io sono qui dal 1997: inizialmente ho affiancato Alessandro Zampagna nel coordinamento dei progetti poi, quando Baccanti lasciò l’attività, Zampagna divenne il direttore e io presi il suo posto nella gestione Area Progetti. Una volta conclusa l’esperienza lavorativa di Zampagna, mi venne affidata la direzione della struttura che curo ancora oggi. Quali sono le aree di intervento di Centuria? L’agroalimentare rimane un ambito importante, ma, anche grazie
alle fusioni, il focus settoriale è stato stemperato dalla funzione di tipo territoriale. Seguiamo le costruzioni, l’energia & ambiente, itc & design e materiali meccanici. Negli anni siamo diventati un centro per l’innovazione della Romagna che spazia dall’agroalimentare, al settore energetico, ai materiali avanzati - visto che a Faenza, nei locali in cui siamo anche noi, hanno sede due tecnopoli e rappresentiamo una sorta di snodo cui fare riferimento per contattarli. Organizziamo convegni, seminari, workshop, open day di laboratorio, visite ai centri di ricerca, comitati tecnici e di indirizzo, gruppi di lavoro congiunti tra imprese e ricercatori. Ma ci occupiamo anche della gestione degli incubatori d’impresa, analisi di mercato, analisi economico-finanziarie, business planning, partner search, relazioni con Venture Capital, Banche d’affari e Business Angels. Infine offriamo assistenza e consulenza su finanziamenti e progetti europei, nazionali, regionali, monitoraggio politiche e programmi comunitari, consulenza in progettazione, project management. Come vi contattano le aziende? La nostra compagine sociale conta una quarantina di aziende socie su tutto il territorio con le quali abbiamo un rapporto consolidato 85
Alesssandra Folli
e di reciproca fiducia: ci contattano per avere informazioni o valutare la fattibilità di progetti, mentre altre aziende arrivano a noi attraverso gli eventi che organizziamo o, ancora, attraverso le associazioni di categoria nostre socie che ci veicolano bisogni e
sguardo al futuro
necessità facendoci incontrare nuove realtà produttive. Come viene seguito il progetto con un’azienda? Che tipo di supporto fornite? Forniamo un supporto alle imprese che vogliano intraprendere un percorso di sviluppo e innovazione, dall’analisi del bisogno o dell’idea, alla individuazione di possibili partner (tecnologici e/o scientifici), fino alla progettazione dell’intervento e al suo coordinamento. Cerchiamo, in primis, di organizzare un incontro per conoscerci e, insieme, valutiamo quali competenze devono essere messe in campo, chi le può fornire e con che modalità. Analizziamo le opportunità di finanziamento disponibili, e possiamo provvedere alla predisposizione del progetto. Altre volte, forniamo un servizio informativo o di contatto tra imprese che poi cominciano a collaborare a prescindere da finanziamenti. Possiamo inoltre realizzare analisi brevettuali, monitoraggi dei competitor di un’impresa attraverso l’analisi della letteratura
competenza
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volontĂ
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brevettuale e di banche dati specializzate. Il ventaglio di servizi di supporto è ampio, anche grazie ad un network consolidato di esperti in tanti settori con cui lavoriamo quotidianamente. Sul fronte dei ‘social network’, come siete raggiungibili dalle aziende? Siamo su Twitter, Linkedin, Slide Share, Instagram, non su Facebook perché non ci pare che rappresenti il nostro target di riferimento. Come sono cambiate le richieste con la crisi economica? Di certo è divenuto più selettivo l’interesse verso aspetti di innovazione, gli investimenti sono diminuiti. Le aziende hanno modificato il metodo perché si sono dovute adeguare a una domanda diversa e magari hanno innovato il processo gestionale mentre, dal punto di vista della curiosità verso elementi innovativi più tecnologici, attuano una selezione molto elevata.
sinergie
Qual è il valore aggiunto che può dare Centuria all’impresa? Siamo una struttura privata che si avvale di diversi consulenti e che nasce con un obiettivo di interesse pubblico: tra i soci abbiamo anche Comune di Faenza, Provincia di Ravenna, Camere di Commercio e Associazioni datoriali. La maggior parte delle nostre aziende, per limiti strutturali ed economici, non è attrezzata per portare avanti progetti e iniziative che esulano dal loro operare quotidiano, pertanto noi interveniamo proprio in questo margine. Sia in fase di progettazione che nella gestione operativa dell’attività possiamo supplire alla mancanza di personale preposto a seguire un determinato progetto.
O capitano, mio capitano... Tra i personaggi che la nostra città dovrebbe ringraziare per l’attività didattica e formativa in senso più lato, svolta nell’arco di una vita con i ragazzi delle scuole, non può che figurare la Professoressa Lilia Pellizzari, preside dell’Istituto Tecnico Industriale ‘N. Baldini’ di Ravenna per oltre un decennio e autorevole punto di riferimento per migliaia di studenti.
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Il 1° settembre 2014 è andata in pensione la ‘storica’ preside dell’ITIS di Ravenna, un’interlocutrice disponibile e competente che ha fatto della sua passione per l’insegnamento il suo lavoro e, dopo essere stata diversi anni dietro alla cattedra, è diventata dirigente scolastica del noto Istituto Tecnico ravennate. Con tenacia ed entusiasmo ha contribuito a tantissime attività di orientamento e di qualificazione professionale e ha letteralmente ‘aperto’ la scuola al mondo dell’impresa con collaborazioni mirate a far conoscere il mercato del lavoro agli studenti. Rispettata dai suoi ‘ragazzi’ con i quali ha sempre avuto un rapporto schietto e con cui è sempre stata disponibile al dialogo, ha saputo trasmettere la sua sensibilità anche al corpo docenti, avere uno scambio costante e costruttivo con le famiglie e ‘traghettare’ la sua scuola verso quel miglioramento qualitativo cui ha sempre teso. Oggi l’ITIS di Ravenna è una delle scuole d’eccellenza d’Italia, tra le poche in grado di restare al passo con i tempi e con l’evoluzione della tecnologia.
Professoressa Pellizzari, qual è stato il suo percorso di studi? Già dalle elementari il mio sogno era diventare insegnante di matematica, materia che amavo moltissimo, poi, come spesso accade, nel percorso di studi trovi insegnanti che ti portano a cambiare idea. Nel mio caso fu l’insegnante di chimica che obbligandoci a imparare tutto a memoria, mi portò, invece, a voler capire tutti i passaggi logici di un problema, considerando assurdo, quanto inutile, applicare meccanicamente formule e nozioni. Ricordo che un pomeriggio ero al parco a fianco alla mia scuola di Ferrara e incontrai un gruppo di universitari della facoltà di chimica che, vedendomi ripetere a memoria le formule, mi spiegarono come preparare quel determinato argomento. Va da sé che il metodo fosse molto distante da quello seguito da me... Da quel momento mi imposi di dimostrare che, a scuola, ci si poteva preparare in maniera diversa rispetto all’imparare la semplice ‘favoletta’. Quindi decisi che avrei studiato chimica all’università, cambiando il modo di presentarla agli studenti e diventando insegnante anch’io. Così mi laureai a Ferrara, poi mi trasferii a Ravenna, città in cui lavorava già quello che sarebbe diventato mio marito. Qualche mese dopo la laurea uscì il concorso per la scuola che superai evitando anni di precariato ed entrai di ruolo a Forlì, ebbi poi il trasferimento a Ravenna dove iniziai a insegnare all’Istituto Professionale Callegari. Negli anni ’80 passai all’ITIS dove ho prima insegnato, poi ricoperto il ruolo di vicepreside e infine, nel 2005 dopo il concorso ordinario da preside, ne sono diventata dirigente. Che studentessa è stata? Non certo una secchiona! Avevo diversi interessi, andavo bene a scuola, ma non passavo ore sui libri. Piacendomi moltissimo l’insegnamento mi sono quasi mantenuta all’università con lezioni private e ho fatto diverse supplenze: allora gli insegnanti di chimica erano pochi ed erano, quindi, molto richiesti. Il primo settembre 2014 è andata in pensione, qual è il bilancio della sua lunga esperienza all’ITIS? Non mi aspettavo di andarci, è stata un po’ una sorpresa. Viste le molte scuole ancora senza dirigente mi era stato chiesto di rimanere un altro anno in attesa del concorso. Poi il Decreto Madia ha instituito il blocco per chi aveva i 40 anni di servizio,
dedizione
così ho dovuto lasciare il mio posto. In realtà sto ancora facendo il ‘passaggio del testimone’ con il nuovo preside che ha un incarico di reggenza e viene da fuori provincia. Oggi, a mio parere, la scuola avrebbe bisogno di un dirigente a tempo pieno, ma d’altro canto so di avere lasciato un gruppo di insegnanti preparati e partecipativi, dunque immagino che il lavoro non ne risentirà nonostante la presenza di un dirigente solo in alcuni giorni della settimana. Avendo fatto il lavoro che sognavo di fare ossia stare tra i giovani, ascoltarli e insegnare loro la mia materia, il mio bilancio è estremamente positivo: ancora oggi in tanti mi fermano per strada, magari non li riconosco subito, ma una volta saputo il nome me li ricordo tutti, uno a uno. Tanti, dopo il diploma, sono venuti ad aggiornarmi sull’andamento degli studi e degli esami universitari, alcuni mi hanno invitato alle loro lauree; molti, laureati in chimica, mi hanno addirittura chiesto alcune consigli per sapere a quali aziende mandare il proprio curriculum. Abbiamo sempre avuto un rapporto schietto e diretto. Ha detto di essere stata autorevole, ma non autoritaria: che preside è stata Lilia Pellizzari? Non mi è mai piaciuto rimandare incontri: se una famiglia o un ragazzo avevano bisogno di me li ricevevo in 24 ore al massimo. Ho sempre pensato che i problemi andassero affrontati il prima possibile e in maniera chiara. Da insegnante non ho mai assegnato una nota e quando facevo lezione c’era il rispetto reciproco con i ragazzi: avevo chiarito da subito che comportarsi in maniera corretta, pagava. Nessuno ha mai saltato una verifica visto che concordavo sempre coi ragazzi tempi e modi, non facevo interrogazioni a sorpresa, non interrogavo gli ultimi giorni di scuola, volevo che studiassero e che fossero preparati, certo, ma capivo che era importante responsabilizzarli pertanto si decidevano interrogazioni e compiti in classe e tutti sapevano che, se fossero andati male, avrebbero avuto modo di rimediare. Questo metodo li ha molto tranquillizzati. Su un sito internet che riportava la notizia del mio pensionamento ho letto il commento di un ex studente che diceva “la Pellizzari mi ha fatto conoscere la bellezza della chimica” e mi ha fatto un gran piacere davvero perché evidentemente quel ragazzo ha mantenuto un buon ricordo degli anni trascorsi all’ITIS e della mia modalità di insegnamento. Da preside non ho mai avuto problemi neanche con i genitori: ho avuto sempre confronti costruttivi e ognuno
passione
Lilia Pellizzari nel Laboratorio di Energie Alternative dell’ITIS “Nullo Baldini” di Ravenna
riconosceva il rispettivo ruolo nei confronti del ragazzo. Oggi tutti temono ricorsi, avvocati: io non ne ho mai avuto uno, nemmeno da preside perché penso che se si danno alle famiglie gli strumenti per capire la valutazione degli insegnanti queste si rendono conto subito del lavoro che è stato fatto. Ho sempre chiesto che anche i miei insegnanti fossero assolutamente trasparenti con i genitori ed evidentemente sono riuscita nello scopo. Come ha visto cambiare la scuola in questi anni? Quando ho iniziato a lavorare la scuola era un mondo molto chiuso: c’era la scuola da una parte, gli studenti e le famiglie dall’altra. Negli anni ’90 fui una delle prime, in collaborazione con la Provincia, a sviluppare un percorso di alternanza scuola/ lavoro per aprirci al mondo esterno, al mondo industriale. Oggi l’apertura degli istituti tecnici al mondo produttivo, l’introduzione di percorsi integrati, sono inseriti nelle linee guida del premier Matteo Renzi. La scuola un tempo aveva solo i laboratori nei
quali si imparava un mestiere: oggi ci sono diverse attività esterne estremamente importanti e l’alternanza scuola/lavoro che era solo estiva è diventata curriculare, parte del percorso di studi svolto durante l’anno. L’apertura c’è stata non solo verso il mondo del lavoro, ma anche verso il mondo culturale: il perito non è più lo studente che fa quel determinato percorso tecnico, ma raggiunge una formazione a 360 gradi, non autoreferenziale. Abbiamo realizzato diversi incontri anche con le aziende del territorio per conoscere le competenze oggi richieste e non ci siamo limitati ad attendere un input da parte del Ministero che annunciava riforme per muoverci, abbiamo sempre cercato il dialogo con il mondo del lavoro per capirne le nuove esigenze e comprendere come si evolveva il mercato. A fine anni ’80 erano davvero tante le risorse che arrivavano dal Ministero, oggi sono diminuite drasticamente mentre la burocrazia è aumentata. A fine anni ’90, però, il Decreto di autonomia delle scuola ha lasciato carta bianca agli istituti dando la possibilità di attivarsi
ottimismo
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ai ragazzi cosa implica un determinato comportamento e a quali conseguenze legali si possa andare incontro. Per il cyber bullismo, quello sui social network per intenderci, invece abbiamo attivato un progetto in sinergia con la polizia postale. Con la collaborazione degli enti di formazione, infine, capendo l’importanza di un post diploma, abbiamo realizzato, all’interno della scuola, due percorsi: uno annuale IFTS (Istituto di Formazione Tecnica Superiore) ed uno ITS (Istituto Tecnico Superiore), biennale con esame di stato finale che permette di ottenere un diploma riconosciuto a livello europeo.
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per cercare risorse e soprattutto introdurre novità, dando vita a progetti senza dover passare dal Ministero. Dunque i percorsi didattici sono stati, da allora, semplicemente comunicati e in Italia hanno potuto sorgere delle vere e proprie eccellenze, scuole che hanno saputo sfruttare al meglio tale autonomia (molte delle quali nella nostra regione). La tecnologia, in questi anni si è evoluta moltissimo: penso ai primi computer che occupavano quasi una stanza intera! Oggi il termine tecnologia non significa solo seguire il corso di informatica, ma esiste la tecnologia applicata alla chimica, all’elettronica e gli strumenti che abbiamo sono cambiati molto. La nostra scuola si è già attivata con il registro elettronico, le aule interattive con i computer, classi con i-pad, i genitori possono accedere da remoto al registro delle presenze e delle valutazioni dei figli. Fortunatamente il territorio ravennate è stato lungimirante e ci ha dato una mano: in assenza di finanziamenti da parte del Ministero per i laboratori, abbiamo sempre trovato finanziatori, aziende o istituti bancari, che ci hanno consentito di rinnovare la strumentazione, a fronte di un progetto sostenibile. Abbiamo, così, dato vita a un laboratorio di domotica, utile agli elettrotecnici ed elettronici e a uno per le energie alternative, necessario per i meccanici per capire la produzione del solare termico, fotovoltaico, eolico, produzione e utilizzo delle celle a Idrogeno. L’ultimo progetto importante è stato quello sull’educazione alla salute: alcuni medici dell’Ausl, con appositi supporti, hanno illustrato le linee base di pronto soccorso, fornito informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili e chiarito le conseguenze dell’uso di sostanze stupefacenti. Da tre anni, poi, collaboriamo con un avvocato e con il Tribunale di Ravenna in merito al problema del bullismo: diversi magistrati sono venuti a illustrare
Come hanno risposto i ragazzi a tutte queste novità? Quando sono arrivata gli studenti erano circa 750 contro i 1100 di oggi. Penso che anche lo studente che appare svogliato in classe, quando entra nel mondo del lavoro cambia, ha voglia di mettersi alla prova e apprezza l’apertura all’esterno che l’ITIS offre. Mettendo in gioco le proprie attitudini e i priori talenti lo studente riesce a emergere e questo lo gratifica molto. Quest’anno, con il laboratorio di energie alternative una classe quarta, di propria iniziativa, ha stilato un progetto per migliorare l’efficienza energetica della scuola: la Provincia ci ha fornito le bollette, i ragazzi hanno fatto una stima, capito su cosa si poteva fare leva per diminuire i costi. Probabilmente se un insegnante avesse richiesto come ‘compito’ uno studio simile il tutto sarebbe stato fatto, ma decisamente con molto meno entusiasmo: è un po’ come leggere un libro pesante, il classico ‘tomo’, ma per propria scelta, ha tutto un altro appeal... Come scuola abbiamo sempre cercato di mettere a disposizione degli studenti gli strumenti in grado di stimolarli - laboratori,
apertura al mondo del lavoro - e loro ne hanno fatto un ottimo uso. Posti di fronte a problematiche reali i ragazzi dimostrano di saper interagire al meglio con il proprio territorio. Le ‘nuove’ famiglie allargate, così tipiche dei nostri tempi, le pare abbiano destabilizzato i ragazzi? Forse questo discorso vale per gli studenti del biennio che sono ancora molto giovani e subiscono di più questo tipo di situazioni, spesso la scuola deve porre in essere una sorta di mediazione con la famiglia per aiutare a migliorare alcuni aspetti organizzativi. C’è chi al lunedì arriva senza un libro perché ha passato il weekend da un genitore e non è passato a prenderlo dall’altro. Sono problemi familiari di questi anni e per un ragazzino di 13 o 14 anni è davvero dura. D’altro canto, spesso la scuola si trova priva di mediatori perché tra ex coniugi scattano rimproveri e diverbi, non sono situazioni semplici da gestire. Con corsi di recupero e attività pomeridiane la scuola cerca di attivarsi per andare incontro ai ragazzi, i più sono irrequieti, faticano a rispettare le regole, hanno un problema che va risolto. La sua figura è molto simile a quella di un imprenditore... Penso di sì. Da un lato devi coordinare un gruppo di lavoro e dall’altro hai la responsabilità economica di una struttura. Anche se ho sempre cercato di privilegiare la parte didattica, attraverso il coinvolgimento del consiglio didattico e del comitato tecnico scientifico all’interno della scuola, ho anche dovuto seguire logiche di bilancio, dunque curare gli acquisti per i laboratori, la gestione della burocrazia e le attività con i revisori dei conti. Direi che in fondo la mia figura professionale ha numerosi punti di incontro con quella dell’imprenditore.
volontà
Che caratteristiche si attribuisce? L’ottimismo e la lungimiranza, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Sono stata come un imprenditore che, nei momenti difficili si rimbocca le maniche cercando il modo di andare avanti e così ho imparato a stare in mezzo alla gente, ad ascoltarla, cercando di risolverne i problemi. Non sono mai stata un’accentratrice, anzi ho sempre stimolato gli altri a trovare una soluzione insieme. Il Comitato tecnico scientifico, presente da anni nella nostra scuola e composto da un rappresentante/insegnante di ogni corso, dai collaboratori della dirigenza e da coloro che hanno incarichi esterni (per seguire l’alternanza scuola/lavoro, il mondo delle imprese, etc) si riunisce periodicamente per fare il punto della situazione e capire cosa portare al Collegio dei docenti, quali nuovi progetti mettere in campo. Secondo le nuove linee guida anche imprenditori del tessuto locale dovranno entrare a farne parte. Questo perché la nostra non è una scuola statica! Il Comitato vaglia e propone progetti al Collegio che, 9 volte su 10 dà il proprio placet. Tra le tante soddisfazioni che ha avuto in questi anni, quale le è più cara? A parte i progetti realizzati anche in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, ricordo con particolare affetto lo studente che vinse qualche tempo fa il premio nazionale della chimica e mi chiese di accompagnarlo a Roma per ritirare il riconoscimento. A parte la grande soddisfazione per il risultato raggiunto e per il fatto che avesse chiesto a me, sua ex insegnante, di accompagnarlo, sono rimasta piacevolmente sorpresa quando, finita la premiazione mi ha proposto di fare un giro per i monumenti della città piuttosto che rimanere alla festa che era stata organizzata. Questo mi ha dimostrato che non avevo davanti solo un chimico, ma un ragazzo con una formazione davvero a 360 gradi. Molti miei studenti hanno vinto premi europei partecipando alle Olimpiadi della chimica, altri si sono laureati in medicina e, venendomi a trovare mi hanno sempre ringraziato per il metodo acquisito durante gli anni all’ITIS. Ma ho avuto modo di rivedere anche diversi diplomati in meccanica o elettrotecnica che avevano trovato lavoro ed erano contenti del percorso fatto. Queste, per me, sono le soddisfazioni più grandi. I miei ragazzi sono stati la più grande gioia. Purtroppo il mio pensionamento è stato piuttosto ‘improvviso’, ma
forza
i colleghi sono lo stesso riusciti a organizzare una festa a sorpresa cui hanno partecipato anche il vicesindaco Giannatonio Mingozzi e l’assessore Massimo Cameliani che mi ha lasciata senza parole perché, davvero, non me l’aspettavo. Peccato solo fosse il 29 agosto e i ragazzi non ci fossero. Pensa che il mondo imprenditoriale possa collaborare attivamente con la scuola? Assolutamente sì. Mi auguro che nei prossimi anni sia anche il mondo imprenditoriale a bussare alla porta degli istituti scolastici per chiedere profili, e far comprendere ai ragazzi quale indirizzo scegliere in base alle figure professionali più richieste per facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro. Prendere contatti con una scuola cui dare risorse per realizzare nuovi progetti, fare simulazioni di colloquio per far capire ai ragazzi come presentarsi a un’azienda, cosa dire e cosa no, spiegare perché si è diventati imprenditori. Penso sarebbe importante per gli studenti un interscambio di questo tipo: la nuova sfida per il sistema scolastico è l’integrazione con il mondo del lavoro.
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Questa è la vera essenza dei Capitani d’Imprese.
CONFIMI Impresa Ravenna ringrazia 3B Technology Srl ABC Srl Centuria Agenzia per l’Innovazione della Romagna Container Service Ravenna Srl Dellapasqua DC International Yachts Srl Prof.ssa Lilia Pellizzari - Istituto Tecnico Industriale “Nullo Baldini” di Ravenna Maglificio di Traversara Sas Maxitalia Srl Mer-Com Srl Officine De Angelis Spa O.R.I. di Altini Luigi & C Sas Prati Srl Prima Folder Srl Proiezione Più Srl Prometal Srl Scatolificio Senio Srl Secom Service Srl Sopam Officine Srl Terme di Punta Marina Srl
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