Accastampato n. 3

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Accastampato non e` un periodico, pertanto non e` registrato e non ha un direttore responsabile. E` un esperimento di comunicazione realizzato dagli studenti di Fisica dell’Universit`a degli Studi di Roma “Sapienza” con il duplice obiettivo di mostrare al pubblico non specialistico e agli studenti delle scuole superiori le ricerche portate avanti nell’area romana e di fornire l’occasione agli studenti universitari e ai giovani ricercatori di raccontare il proprio lavoro quotidiano e di confrontarsi con la comunicazione non specialistica.

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Indice

num. 3, Dicembre 2010

EDITORIALE

ONDA LUNGA

Tra terremoti e particelle

Prevenzione sismica in Italia

5 A tre mesi dalla fantastica esperienza di vedere su carta questa rivista si torna alla purezza del bit con un inedito coinvolgimento di ben dieci tra ricercatori e docenti

IL RICERCATORE ROMANO

Le particelle patchy

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di J. Russo Ai tradizionali stati della materia attorno a noi vi e` un intero mondo di gel, schiume, colloidi. . . la Soft Matter ha il compito di studiare il comportamento di questi materiali

LE SPALLE DEI GIGANTI

Dai quark ai cristalli

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di I. Biazzo, R. Garra Giuliano Preparata e` stato un protagonista, nel bene e nel male, degli ultimi quarant’anni di storia della fisica e a dieci anni dalla sua morte, le testimonianze dei colleghi aiutano a inquadrare la sua lunga e controversa carriera

IL RESTO DEL NEUTRINO

Sulle ali di Dedalo

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di J. Diamanti Cinque giovani studenti progettano un pallone aerostatico amatoriale per esperimenti in alta atmosfera: e` il progetto Dedalo, con le carte in regola per puntare in alto

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di R. Garra A un anno e mezzo dal terremoto dell’Abruzzo che il 6 aprile 2009 ha devastato L’Aquila e i comuni limitrofi parla Gaetano De Luca, sismologo dell’INGV che dieci anni fa aveva rilevato le caratteristiche di estrema pericolosit`a del territorio abruzzese, riguardo l’importanza della ricerca di base, della prevenzione in edilizia e lo stato della rete nazionale di monitoraggio sismico

I giovani e il DDL Gelmini

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di F. Vitucci Il DDL Gelmini tenta di riformare l’universit`a italiana in modo profondo e tutt’altro che graduale, proponendo una rivoluzione dell’apparato pubblico come forse poche volte si e` visto fare prima. . . ma i nodi del diritto allo studio e della precariet`a del mondo della ricerca rimangono irrisolti

RECENSIONI

Gli oggetti frattali

22 di R. Garra Scomparso lo scorso 14 ottobre, il matematico polacco Benoˆıt Mandelbrot fornisce ad amatori e specialisti una sintesi matematica e filosofica della geometria frattale, alla scoperta di un mondo di strane forme fortemenente irregolari, ma dotate di un indubbio e intrinseco fascino

accastampato num. 3, Dicembre 2010

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accastampato Rivista degli Studenti di Fisica dell’Universit`a Sapienza di Roma www.accatagliato.org EDITORIALE R EDAZIONE redazione@accatagliato.org

Passione per la scienza tra terremoti e particelle

Alessio Cimarelli jenkin@accatagliato.org

A tre mesi dalla fantastica esperienza di vedere su carta questa rivista, grazie all’associazione Frascati Scienza e alla Settimana della Scienza 2010, si torna alla purezza del bit con novit`a succulente, tra cui un inedito coinvolgimento di ben dieci tra ricercatori e docenti. Purtroppo l’entusiasmo non pu`o che smorzarsi di fronte a una riforma dell’Universit`a che ancora una volta taglia i finanziamenti a ricerca e istruzione, come ci spiega Francesco Vitucci analizzando il rapporto tra i giovani e il DDL Gelmini.

Carlo Mancini

Al termine di ogni ciclo della scuola di dottorato presso la Sapienza di Roma tutti i dottorandi presentano il proprio lavoro di tesi in una serie di seminari, tra i quali la commissione dei docenti nomina due vincitori, uno per il dottorato in fisica e uno per quello in fisica e astrofisica. Grazie a una convenzione tra Accastampato e la Scuola Dottorale in Scienze Astronomiche, Chimiche, Fisiche, Matematiche e della Terra “Vito Volterra” e all’entusiastico supporto del suo coordinatore Enzo Marinari, dall’anno scorso tra i premi ai due vincitori vi e` la pubblicazione di un loro articolo divulgativo su queste pagine. E` quindi un piacere scoprire i segreti della Soft Matter, l’ambito della fisica che studia i materiali soffici come i gel, in compagnia delle particelle patchy e di John Russo, vincitore dello scorso anno.

Erica Chiaverini

Che l’avventura della ricerca scientifica non sia un percorso lineare e progressivo, ma piuttosto una strada tortuosa e in salita, non emerge sempre dalla quotidiana rappresentazione che televisione, libri e giornali ce ne offrono. Ripercorrere la vita di un fisico italiano tanto influente quando controverso, come e` stata quella di Giuliano Preparata, pu`o aiutare a cogliere gli infiniti modi in cui gli scienziati possono vivere il proprio lavoro. A dieci anni dalla sua morte nove suoi colleghi raccontano il personaggio e le sue ricerche dai quark ai cristalli, attraverso quarant’anni di fisica che hanno visto l’emersione del Modello Standard e l’affermazione delle teorie che oggi consideriamo fondamentali, ma anche l’esplosione di controverse vicende che hanno in parte minato la credibilit`a sociale della comunit`a scientifica, come quella della fusione fredda alla fine degli anni ’80.

lela@accatagliato.org

In ogni caso la ricerca scientifica e` sempre pi`u importante e ha un ruolo sempre pi`u centrale per affrontare le sfide di oggi e di domani. E` passato un anno e mezzo dal disastroso terremoto abruzzese che il 6 Aprile del 2009 ha devastato L’Aquila e i comuni vicini e in questi mesi si sono rincorse emozioni, considerazioni e voci tra le pi`u varie, di fronte a un fenomeno naturale che non si pu`o piegare al volere dell’Uomo. Le stesse che emergono in situazioni di emergenza legate ai vulcani o alle inondazioni, tutti fenomeni connessi tra loro da un filo conduttore: la difficolt`a di prevederli, l’impossibilit`a di contrastarli, ma la piena consapevolezza di poterne mitigare enormemente gli effetti distruttivi. La strategia vincente si chiama prevenzione sismica in Italia e ce ne parla con passione il sismologo Gaetano De Luca, coinvolto nella gestione della rete di rilevazione sismica abruzzese. E la pura passione muove anche cinque studenti della triennale che in queste settimane sono al lavoro per realizzare un sogno ambizioso: progettare e costruire un pallone aerostatico che possa ospitare nei prossimi mesi esperimenti di fisica ad alta quota, il tutto con materiali e attrezzature amatoriali da pochi euro e un bagaglio di conoscenze fresche di lezione. E` questo lo spirito pi`u autentico della ricerca scientifica, quello che sulle ali di Dedalo spinger`a Riccardo, Francesco, Alessandro, Valerio e Jacopo sempre pi`u in alto. Quest’anno dunque e` stato il decimo anniversario della morte di Giuliano Preparata. Ma in questi mesi sono tristemente scomparsi altri grandi della scienza italiana e mondiale, a partire dal nostro stimato maestro Nicola Cabibbo, il 16 Agosto, passando per Vladimir Igoreviˇc Arnol’d, il 3 Giugno, fino ad arrivare a Benoˆıt Mandelbrot, il 14 Ottobre. Ed e` doveroso ricordare un altro anniversario, il terzo della morte di Daniel Amit, indimenticabile uomo, scienziato e maestro. Il suo storico corso di Reti Neurali e` oggi nelle esperte mani del nostro presidente della commissione scientifica Giorgio Parisi, a cui vanno mille complimenti per aver recentemente vinto la prestigiosa medaglia Max Planck per i suoi importanti contributi teorici in fisica delle particelle elementari, nell’ambito della teoria quantistica e della fisica statistica e in particolare dei sistemi disordinati come i vetri di spin.

carlo@accatagliato.org

Silvia Mariani shyka@accatagliato.org

Leonardo Barcaroli leov@accatagliato.org

erica@accatagliato.org

Niccol`o Loret niccolo@accatagliato.org

Isabella Malacari isabella@accatagliato.org

Massimo Margotti massimo@accatagliato.org

Angela Mecca Kristian A. Gervasi Vidal krisgerv@accatagliato.org

C OMMISSIONE Giorgio Parisi

SCIENTIFICA

giorgio.parisi@roma1.infn.it

Giovanni Battimelli giovanni.battimelli@uniroma1.it

Fabio Bellini fabio.bellini@roma1.infn.it

Lara Benfatto lara.benfatto@roma1.infn.it

Riccardo Faccini riccardo.faccini@roma1.infn.it

Francesco Piacentini francesco.piacentini@roma1.infn.it

Antonio Polimeni antonio.polimeni@roma1.infn.it

Antonello Polosa antonio.polosa@roma1.infn.it

H ANNO CONTRIBUITO J. Diamanti, I. Biazzo, R. Garra, R. Garra, J. Russo, F. Vitucci.

S I RINGRAZIANO ANCHE Donald E. Knuth, Leslie Lamport, la Comunit`a del TEX Users Group (www.tug.org) e Gianluca Pignalberi Con il patrocinio del

Buona lettura! accastampato num. 3, Dicembre 2010


Le particelle patchy Un efficace modello per la materia soffice John Russo (Postdoc presso l’Institute of Industrial Research della Tokyo University)

robabilmente la prima lezione di fisica della materia che abbiamo ricevuto a scuola consisteva nella classificazione della materia in tre stati: solido, liquido e gassoso. Sul momento questa spiegazione ci sar`a sembrata convincente ma, al suono della campanella e presa la merenda dallo zaino, ci siamo trovati di fronte al nostro primo problema di fisica: in quale categoria rientrano il burro e la marmellata che ricoprono il panino della ricreazione? A pensarci bene non sono volatili come i gas, non fluiscono come i liquidi e si spalmano un po’ troppo facilmente per essere dei solidi. Tornati a casa ci saranno venuti molti altri dubbi: la colla e la plastilina nella stanza dei giochi, la maionese e la gelatina in cucina. Tutti questi strani materiali, per`o, qualcosa in comune ce l’hanno: sono soffici e cos`ı non ci vuole molta forza per deformarli. Ragion per cui hanno trovato vasta diffusione nella nostra vita quotidiana, permettendoci di spalmare il nostro solido preferito sul pane senza dover accendere l’altoforno.

P

Siti funzionalizzati Per particelle patchy si intendono tutte quelle particelle che interagiscono tra di loro mediante alcuni siti funzionalizzati sulla loro superficie, le cosiddette patch. Il numero di patch su ciascuna particella si chiama valenza. Quando la patch di una particella e` sufficientemente vicina alla patch di una seconda particella, si attiva un legame di tipo attrattivo tra le due particelle. Cio`e le patch si attraggono tra di loro e permettono alle particelle di formare una rete di legami. Poich´e i legami sono sempre mediati dalle patch, queste interazioni si definiscono interazioni direzionali, cio`e sono possibili solo nelle direzioni individuate dai siti attivi. E` proprio la presenza delle interazioni direzionali a conferire alle particelle patchy le loro peculiari propriet`a. Data la generalit`a della definizione, molti sistemi possono considerarsi patchy: basti pensare alle macromolecole, come le proteine, che sono caratterizzate dalla presenza di diversi gruppi funzionali sulla loro superficie che ne determinano in modo quasi unico le caratteristiche chimiche. Nonostante la generalit`a del modello ci concentreremo, per semplicit`a, su particelle sferiche e con i siti attivi ordinati geometricamente sulla superficie, come mostrato in Figura 1 per particelle con valenza due e tre.

Colloidi Figura 1 – Realizzazione sperimentale di un sistema di particelle patchy bifunzionali e trifunzionali. I siti funzionalizzati, le patch, sono visualizzate in rosa, mentre la superficie bianca non e` attiva. Da [1].

Il settore della fisica della materia che si occupa di questi materiali soffici si chiama, senza molta originalit`a, Soft Matter. Anche se la definizione di materiali soffici pu`o sembrare vaga, la Soft Matter ha confini ben delineati. Si occupa infatti di tre classi di materiali: colloidi, polimeri e molecole anfifiliche. Esaminare caratteristiche e propriet`a di queste tre classi richiederebbe pi`u tempo e competenze di quelle che posso offrire io al lettore. Ma c’`e un tipo di particelle, chiamate particelle patchy, che da sole riassumono in s`e tutte le caratteristiche principali dei materiali soffici. Nel mezzo del cammin del mio dottorato ho avuto la fortuna di ritrovarmi a studiarle e cos`ı useremo le particelle patchy come guida per incontrare, in una sorta di girone della Soft Matter, tutti i protagonisti di questo settore della fisica. 6

Le particelle patchy sono innanzitutto delle particelle colloidali. Per colloidi si intendono tutte quelle particelle mesoscopiche, cio`e con dimensioni che vanno dal nm al µm, disperse in un solvente costituito da particelle di dimensioni minori. Sia le particelle colloidali che il solvente possono trovarsi in qualunque stato della materia. Esempi sono il fumo, dispersione di particelle solide (le ceneri) in gas (l’aria); il latte, una dispersione colloidale di particelle liquide (il grasso) all’interno di un altro liquido; il poliuretano, un gas intrappolato in un solido. Per le nostre particelle patchy ci riferiremo sempre a particelle solide disperse in un liquido (solitamente acqua). La fabbricazione di questi colloidi e` tutt’ora oggetto di intensa ricerca e diventa sempre pi`u sofisticata. Tra le tante tecniche, la pi`u semplice consiste nel disperdere in acqua una miscela di particelle di silica e polistirene, che vengono intrappolate da speciali emulsioni che permettono l’aggregazione delle particelle in forme geometriche regolari e perfettamente riproducibili. Una volta realizzate le particelle, e` possibile funzionalizzarne la superficie in modo tale da rendere le pat-

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IL RICERCATORE ROMANO

ch attrattive, ad esempio rivestendole di molecole chimicamente complementari, come brevi sequenze di DNA. I colloidi sono sostanzialmente atomi di grosse dimensioni (da dieci a diecimila volte il diametro medio di un atomo) e questa differenza produce grandi vantaggi. Innanzitutto hanno dimensioni comparabili alla lunghezza d’onda della luce visibile e ci`o li rende facilmente studiabili mediante apparecchiature ottiche. Inoltre, mentre le interazioni nei sistemi atomici sono fissate dalla struttura elettronica e non possono essere modificate dall’esterno, con i colloidi si ha la possibilit`a di cambiare in modo sensibile l’interazione, ad esempio cambiando la qualit`a del solvente, la quantit`a di sale disciolto o la temperatura. Le maggiori dimensioni dei colloidi sono proprio le responsabili della sofficit`a di questi materiali: immaginando di confrontare tra loro un solido atomico con uno colloidale, il volume della cella elementare e` 109 ÷1012 volte pi`u grande nel secondo caso, il che porta a moduli elastici piccoli e quindi a una grande facilit`a nella deformazione. Ma i colloidi sono ancora sufficientemente piccoli da risentire delle fluttuazioni termiche, il che rende possibile l’applicazione di quella branca della fisica chiamata meccanica statistica, gi`a applicata con successo ai sistemi atomici e molecolari. Quindi, se i colloidi possono essere visti come delle controparti su larga scala dei sistemi atomici, le particelle patchy si possono considerare le controparti dei sistemi molecolari. Le loro interazioni direzionali permettono infatti di assemblare specifiche strutture a partire dalle informazioni codificate nel numero e tipo di patch. Vediamo qui di seguito due esempi notevoli.

Polimeri La Figura 2 mostra cosa succede a una miscela di particelle patchy, come quelle rappresentate in Figura 1, quando viene abbassata la temperatura. Le particelle cominciano a legarsi tra di loro: le particelle bifunzionali formano catene e le particelle trifunzionali costituiscono le diramazioni che collegano tra loro le varie catene. Pi`u e` bassa la temperatura e pi`u la lunghezza media delle catene aumenta, finch´e le particelle non arrivano ad appartenere tutte a un unica rete che pervade il sistema. In Figura 2 le diverse catene sono rappresentate con colori diversi e alla temperatura pi`u bassa si pu`o notare come quasi tutte le particelle facciano parte di un unico network. Quello che abbiamo appena descritto e` un processo di formazione di polimeri. Per polimeri si intendono infatti quei sistemi in cui le unit`a di base, i monomeri, sono uniti a catena mediante legami. Si tratta quindi di materiali le cui unit`a costitutive non sono particelle sferiche ma catene, come ad esempio per la plastica e la gomma. Questa particolare natura dei materiali polimerici ne determina le straordinarie propriet`a fisiche, come l’elevata elasticit`a, che derivano dalla loro grande entropia configurazionale, cio`e dal grande numero di stati che le catene possono assumere.

Figura 2 – Un sistema di particelle patchy al variare della temperatura. Raffreddandolo (verso destra) le particelle patchy iniziano a polimerizzare, finch´e non formano un unico network che pervade il sistema.

Man mano che la temperatura si abbassa, i legami tra le particelle patchy diventano sempre pi`u forti fino a quando non e` pi`u possibile, nei tempi sperimentali, osservare alcuna apertura dei legami nel network. In questo caso si dice che il sistema subisce una transizione dinamica, in cui il moto delle particelle e` vincolato a rispettare la topologia del network. In altre parole il sistema subisce un processo di gelazione fisica: lo stato di gel e` caratterizzato da una struttura interconnessa (il network) di particelle patchy, che conferisce al sistema propriet`a intermedie tra quelle di un solido e di un liquido. Il gel si comporta come un liquido perch´e e` composto per la maggior parte da fluido che pu`o fluire attraverso il network e come un solido perch´e pu`o sostenere sforzi di taglio e reagire elasticamente alle deformazioni. Le particelle patchy costituiscono quindi un modello ideale per studiare i processi di gelazione a basse densit`a e come banco di prova per molte teorie sviluppate nel contesto dei sistemi fuori dall’equilibrio.

Sistemi anfifilici Consideriamo il caso di particelle patchy di valenza unitaria, con l’unica patch che riveste la met`a della superficie della particella. Le particelle cos`ı ottenute si chiamano anche particelle Janus (da Giano, la divinit`a bicefala dei romani) perch´e hanno la superficie diversamente funzionalizzata nei due emisferi. Come si pu`o vedere dalla Figura 3, queste particelle danno vita a strutture molto complesse. A bassa temperatura le particelle Janus si auto-assemblano in aggregati stabili di forma sferica: le micelle. Le micelle sono composte da un singolo strato di particelle Janus che orientano la loro parte attrattiva all’interno dell’aggregato (a), oppure da un doppio strato di particelle con la parte repulsiva sempre orientata all’esterno e all’interno della membrana (b). La fenomenologia che abbiamo appena descritto e` quella delle molecole anfifiliche. Si tratta di molecole che hanno una regione polare (idrofilica) e una regione apolare (idrofobica). Queste molecole in ambiente acquoso formano aggregati, chiamati appunto micelle, in cui le parti polari si trovano sulla superficie dell’aggregato in contatto con l’acqua. Le micelle sono molto importanti in

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Figura 3 – Micelle di particelle Janus: (a) singolo strato, (b) doppio strato. Da [2].

ambito industriale e farmacologico perch´e capaci di trasportare al loro interno molecole poco solubili in acqua, come ad esempio i farmaci.

Oltre la Soft Matter Abbiamo visto che le particelle patchy costituiscono un modello ideale per lo studio dei fenomeni fisici che avvengono nei sistemi soffici. Ma la loro importanza e generalit`a si estende a tutti i sistemi in cui un ruolo predominante e` giocato dalla direzionalit`a delle interazioni. E` il caso ad esempio dei sistemi magnetici, come i fluidi dipolari, in cui le particelle tendono ad allineare i loro momenti magnetici. Le predizioni possibili con i sistemi patchy trovano anche riscontro nella fisica biologica, soprattutto per quanto riguarda le interazioni fra proteine. E sicuramente molti altri ambiti di applicazione aspettano di essere svelati.

Bibliografia 1. Cho Y.S. et al. Self-Organization of Bidisperse Colloids in Water Droplets. In Journal of American Chemical Society, vol. 127(45) (2005) 2. Sciortino F. et al. Phase Diagram of Janus Particles. In Physical Review Letters, vol. 103 (2009) Sito del prof. Sciortino: http://glass.phys.uniroma1. it/sciortino

Sull’autore John Russo (www.johnrusso.webege.com) ha conseguito il dottorato di ricerca alla Sapienza di Roma nel 2009 con la tesi “Nonequilibrium properties of patchy particles”, il cui seminario e` stato votato come migliore del suo ciclo da una commissione di docenti. Attualmente ricopre una posizione di postdoc nel gruppo del Prof. H. Tanaka presso l’Institute of Industrial Research della Tokyo University.

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Dai quark ai cristalli Quarant’anni di storia della fisica attraverso gli occhi di Giuliano Preparata Indaco Biazzo, Roberto Garra (Dottorando al Politecnico di Torino e studente di fisica alla Sapienza di Roma)

iuliano Preparata e` a tutt’oggi un fisico poco conosciuto, bench´e fin dai suoi primi anni universitari in molti gi`a scommettevano su una sua fiorente carriera scientifica. Nel suo periodo di formazione brucia infatti tutte le tappe: si laurea con un grande fisico teorico italiano, Raoul Gatto, e come racconta nel suo libro “Dai quark ai cristalli” [3] gi`a dopo un mese e mezzo dal loro primo incontro risolve un problema degno di pubblicazione e praticamente finisce la tesi. Anche la sua carriera accademica successiva procede a tappe forzate: dopo la laurea pubblica pi`u di quindici articoli scientifici l’anno e dopo due anni, all’et`a di venticinque, e` chiamato a Princeton come research associate. Si butta con passione nella ricerca in quel campo della fisica che durante gli anni ’60 e ’70 attraversa un periodo d’oro, quello che tratta direttamente i costituenti ultimi della materia: la fisica delle particelle.

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Gi`a a trent’anni e` uno scienziato molto stimato nel suo campo, ma gli scontri con molti colleghi fanno ben presto scendere le sue quotazioni nell’ambito della comunit`a scientifica. Propone teorie alternative a quelle che iniziano a prendere piede nella maggioranza della comunit`a scientifica e a queste ultime si oppone con forza, con veemenza, con la stessa passione, quasi ossessione come viene spesso ricordato, che guida tutta la sua ricerca scientifica. Nonostante abbia contribuito notevolmente alla costruzione del Modello Standard, la teoria comunemente accettata dalla comunit`a scientifica per descrivere le particelle e le interazioni fon-

Figura 1 – Giuliano Preparata (in primo piano) con Emilio Del Giudice (sullo sfondo). Da membri.miglioriamo.it.

damentali della natura, ne critica aspramente alcune incongruenze fino a considerarlo un approccio utile tutt’al pi`u a salvare i fenomeni, pi`u che ad avvicinarsi a una comprensione ultima della Natura, a quella che nella sua visione profondamente realista del mondo si pu`o chiamare la verit`a. A partire dal Modello Standard i suoi interessi cambiano con gli anni: una volta considerata conclusa la comprensione dei mattoncini della materia, inizia a lavorare per ricostruirla nella sua interezza. Anche in questo campo della fisica, che generalmente viene chiamato della Materia Condensata, apporta notevoli elementi di assoluta originalit`a, utilizzando gli strumenti acquisiti durante il suo studio delle interazioni e particelle fondamentali per descrivere il comportamento delle molte particelle che compongono la materia che osserviamo. La fine della sua carriera scientifica e` strettamente legata a una vicenda che negli anni ’80 ha avuto un forte impatto sulla ricerca scientifica internazionale: quella della fusione fredda, la promessa/illusione di un futuro dove la produzione di energia e` di fatto infinita e a costo quasi nullo. Anche in questa controversa vicenda si butta con grande passione, provocando ancora una volta grandi attriti con molti colleghi a causa del suo carattere difficile e il suo definitivo isolamento dalla comunit`a scientifica.

Un personaggio “difficile” Gi`a da una cos`ı breve panoramica appare chiaro come non sia certo semplice riuscire a inquadrare oggettivamente quanto di quello che Giuliano Preparata racconta o che viene raccontato su Giuliano Preparata corrisponda al vero. Si va dalle posizioni pi`u nette, quelle di chi lo considera un genio, l’unico depositario di una comprensione profonda della natura, a quelle di chi lo giudica solo un arrogante presuntuoso. Tra i due estremi rimane comunque un personaggio dal carattere difficile, ma con una sincera passione per la fisica, e rimangono molti lavori originali, soprattutto in fisica delle particelle e nella fisica dei laser, che sono unanimamente riconosciuti come importanti. A dieci anni dalla morte di Giuliano Preparata, avvenuta il 24 Aprile del 2000, vogliamo quindi ricordare questa sua peculiare carriera scientifica attraverso le testimonianze di quanti hanno collaborato o si sono confrontati con lui, proponendo una serie di interviste che offrono uno spaccato completo dei suoi numerosi interessi scientifici. Lo scopo di questo lavoro e` quello di fornire un quadro storico-cronologico degli interessi di Preparata, come ausilio necessario alla lettura e all’ascolto delle interviste

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LE SPALLE DEI GIGANTI

integrali e degli altri materiali liberamente consultabili on-line su http://tinyurl.com/2gyc5y6. Sono state realizzate anche due videointerviste con Guido Altarelli, incentrata sui primi anni della vita di Giuliano e il suo lavoro in fisica delle particelle, e con Antonella De Ninno, collaboratrice di Preparata negli ultimi anni della sua vita riguardante la vicenda della fusione fredda. Nella pagine che seguono entreremo pi`u in dettaglio nei meandri delle sue scoperte e teorie scientifiche, cercando di mantenere il pi`u possibile un approccio non specialistico accessibile a tutti, anche se alcuni passaggi richiederanno un minimo di approfondimento per essere compresi appieno. In questi casi abbiamo inserito link utili per orientarsi, cos`ı da fornire a tutti la possibilit`a di farsi un’idea del significato generale delle teorie citate.

Il giovane studente La formazione di Giuliano Preparata (Padova, 1942 – Frascati, 2000) inizia a Roma, dove nel 1960 si iscrive alla facolt`a di fisica della Sapienza, stimolato dal fratello Franco, ingegnere, e da un compagno di studi d’eccezione, Nicola Cabibbo. Il lavoro di tesi lo svolge a Firenze con Raoul Gatto, che poco pi`u che trentenne e` gi`a considerato un fisico teorico di punta. Per dare un’idea dell’impatto che la scuola di Gatto ha avuto sulla fisica teorica italiana basti ricordare i nomi di alcuni dei suoi allievi, contemporanei di Preparata: Guido Altarelli e Luciano Maiani (oggi direttore del CNR), gi`a compagni di Giuliano alla Sapienza, e Gabriele Veneziano (tra i padri fondatori della teoria delle stringhe). Il lavoro svolto a Firenze tra il 1965 e il 1967, prevalentemente in collaborazione con Maiani e Gatto, e` intensissimo e porta alla pubblicazione di decine di articoli nell’ambito della fisica delle alte energie, quella in cui si studiano le interazioni e le particelle fondamentali. Il contesto storico in cui si sviluppano questi studi e` fervido: da una parte vi e` una grande mole di dati dai primi grandi esperimenti ad alte energie del CERN in Europa (con il protosincrotone) e del Brookhaven Laboratory negli Stati Uniti (con l’Alternating Gradient Synchrotron mostrato nella Figura 2); dall’altra vi e` la necessit`a di collocare questi risultati in un ambito teorico fondamentale. In quei primi anni ’60 sta emergendo rapidamente un nuovo mondo di particelle e un quadro interpretativo coerente della realt`a: il modello a quark di Murray Gell-Mann.

Il periodo americano E` del 1967 la partenza di Giuliano per Princeton, la prestigiosa universit`a dove si trova in visita anche lo stesso Gell-Mann. Negli Stati Uniti esistono in questo momento due scuole principali nella fisica delle alte energie: quella della West Coast, di Geoffrey Chew, basata sull’utilizzo del formalismo della matrice S1 , a 1

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Sulla storia della cosiddetta teoria del bootstrap si veda [4].

Figura 2 – Foto aerea dell’Alternating Gradient Synchrotron (1968). Dal ’60 al ’68 l’AGS e` stato l’acceleratore di protoni pi`u potente del mondo. Oggi e` usato come iniettore per l’acceleratore di ioni pesanti relativistici di Brookhaven. Da www.flickr.com/photos/ brookhavenlab.

cui tra gli italiani contribuirono in modo importante Tullio Regge e Veneziano, e quella della East Coast, basata sull’utilizzo della teoria quantistica dei campi. Giuliano si schiera fin dall’inizio con quest’ultima, che risulter`a poi quella vincente. E` di questo periodo la pubblicazione di un importante articolo con Weisberger sulle divergenze ultraviolette nelle correzioni radiative ai decadimenti deboli [5]. Questo risultato viene ricordato da Luciano Maiani in una lettera di opinione al Nuovo Saggiatore del 12 Febbraio 2009, parlando del contestato premio Nobel 2008, quello attribuito ai soli Kobayashi e Maskawa per un risultato a cui anche Nicola Cabibbo aveva contribuito in modo fondamentale: mancava infine il punto importante della non-rinormalizzazione, che nella Teoria di Cabibbo e` garantita nel limite di esatta simmetria SU(3) e che, mi piace ricordare, sarebbe stato risolto nel caso generale diversi anni dopo, da G. Preparata e W. Weisberger. E` usuale in letteratura parlare di matrice CKM in onore dei tre fisici che la introdussero: Cabibbo, Kobayashi e Maskawa, appunto. Dopo Princeton, l’esperienza americana di Giuliano prosegue all’universit`a di Harvard, dove ha modo di confrontarsi con il futuro premio Nobel Shaldon Glashow, e poi al fianco di Altarelli alla Rockefeller University diretta da Abraham Pais. Sono anni di intensa attivit`a: pubblica numerosi articoli sul deep inelastic scattering e la fisica adronica. E` possibile vedere la video-intervista a Guido Altarelli all’indirizzo http://tinyurl.com/38hpoka.

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LE SPALLE DEI GIGANTI

L’esperienza al CERN e la critica alla Cromodinamica Quantistica Nel 1974, a soli trentadue anni, Giuliano Preparata viene invitato dal CERN di Ginevra a far parte della direzione teorica del Centro. E` il momento in cui Giuliano inizia ad assumere posizioni apertamente critiche nei confronti dei suoi colleghi, in particolare riguardo le teorie che trovano maggiore consenso nella comunit`a, come la teoria quantistica delle interazioni forti2 , la cromodinamica quantistica (QCD)3 e il modello detto a partoni, appena proposto da Richard Feynman. Giuliano critica con toni spesso aspramente polemici quello che definisce il convenzionalismo dei suoi colleghi, cio`e l’adesione quasi acritica a un paradigma, secondo lui basato su ipotesi strumentali, in quanto capace solo di salvare i fenomeni e fornire una teoria meramente predittiva e non esplicativa. Per avere un’idea dei toni polemici e originali di Preparata si pu`o leggere “Un’altra rivoluzione tradita: la fisica dei quanti”, in archivio.

Memorabile in questo contesto e` l’episodio dello scontro di Giuliano con Richard Feynman nell’estate del 1976 durante una conferenza in Alsazia. Per capire il clima di tensione tra i due e` sufficiente leggere la poesia di Tomek Ferbelski pubblicata sugli atti ufficiali della conferenza [3]4 . Father Feynman ’You are old, Father Feynman’, Preparata declared, ’and your hair has turned visibly grey; and yet you keep tossing ideas around. At your age, a disgraceful display!’ ’In my youth’, said the master, as he shook his long locks, ’I took a great fancy to sketching; I drew many diagrams, which most thought profound while others thought just merely fetching.’ ’Yes, I know’, said the youth, interrupting the sage, ’that you once were so awfully clever; but now is the time for quark sausage with chrome do you think you can last on forever?’ ’In your words, my young fellow’, the crone did retort, as his face turned perceptibly redder; ’in your words I detect an impatience, I’m sure, which makes me decidedly madder’. ’You are old’, quoth the youth, in his accented speech, while eyeing the throne of the Master; ’let me help you relinquish your sceptre next day. Or would you prefer that much faster?’ ’No, thanks, Giuliano’, the sage did rebuff, ’enough of your own brand of sass: Do you think I can listen all day to such stuff? Be off. Or I’ll kick-in you ass!’ (Tomek Ferbelski, 1976)

Figura 3 – Il fisico americano Richard Feynman in una foto di Christopher Sykes. Da feynman.caltech.edu.

E` in questo periodo che Preparata inizia a elaborare i suoi modelli alternativi: dapprima la geometrodinamica dei quark (QGD) [6] e poi la cromodinamica anisotropa (ACD). Molti dettagli su quest’attivit`a sono contenuti nella video-intervista a Guido Altarelli all’indirizzo http://tinyurl.com/38hpoka.

Il periodo barese 2

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Il nucleo di un atomo e` formato da protoni, elettricamente positivi, e neutroni, privi di carica. Sulla base della sola interazione elettromagnetica il nucleo dell’atomo non potrebbe esistere a causa delle repulsione fra cariche dello stesso segno, i protoni. E` l’interazione forte tra i neutroni e protoni che li tiene uniti, permettendo la stabilit`a dei nuclei atomici. I protoni e i neutroni non sono particelle fondamentali, ma sono formate da altre particelle pi`u piccole, i quark. La QCD e` la teoria comunemente accettata che descrive il loro comportamento.

Conclusa secondo contratto l’esperienza al CERN, Giuliano viene chiamato a ricoprire la cattedra di fisica teorica dell’universit`a di Bari nel 1976. Pur assolvendo compiti didattici e organizzativi a Bari, continua comunque a lavorare anche in Svizzera, dove collabora nel 1984 con Maurizio Consoli sull’applicazione di metodi variazionali in teoria quantistica dei campi. 4

Per una traduzione in italiano, si veda l’intervista a Giuseppe Liberti all’indirizzo http://tinyurl.com/33moybb.

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LE SPALLE DEI GIGANTI

A proposito di questa collaborazione, Consoli ci racconta che il calcolo fatto con Preparata, i cui risultati essenziali sono pubblicati su Physics Letters, rappresenta di gran lunga il conto piu` complesso che io abbia mai fatto nella mia vita. . . e ne ho fatti alcuni realmente difficili!. Questo lavoro fornisce nuovi argomenti critici nei confronti della teoria perturbativa in voga allora: l’idea che la differenza di energia tra vuoto fisico e vuoto perturbativo potesse non scalare con la funzione beta perturbativa gli diede un argomento molto forte per dedurre l’inconsistenza dell’usuale interpretazione con il confinamento, visto come conseguenza dello stato di vuoto vero, ci racconta lo stesso Consoli5 . E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http://tinyurl.com/ 32gfbfd. A Bari Giuliano svolge un ruolo da vero e proprio catalizzatore, contribuendo all’apertura della scuola di dottorato in fisica. Uno dei suoi collaboratori, Leonardo Angelini, ci ricorda il ruolo di Preparata nella formazione della scuola teorica di Bari: la sua attivit`a scientifica diventa rapidamente un attrattore irresistibile, in particolare per i piu` giovani. Essa infatti consentiva alla Fisica Teorica barese di entrare in contatto con le correnti internazionali principali della Fisica delle Particelle. Dei fisici teorici baresi, una decina (quasi tutti) collabor`o direttamente con lui. Gli argomenti di ricerca sono sempre concentrati sullo sviluppo della QGD e dell’ACD, un indirizzo di ricerca che non ha poi trovato alcuno sviluppo dopo la morte di Preparata. E` lo stesso Angelini che ci spiega le ragioni di questo insuccesso: la ACD non era una risposta del tipo che i fisici preferiscono. Essa infatti dava luogo a grandi difficolt`a di calcolo e l’appeal di una teoria fisica sta anche nella capacit`a di calcolarne le conseguenze in maniera non estremamente complicata. E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http://tinyurl.com/ 23apllp. Giuliano inizia anche a lavorare con il gruppo di bioinformatica e biologia molecolare di Cecilia Saccone, collaborazione che durer`a fino alla fine della sua carriera. Uno dei membri del gruppo di Saccone, Graziano Pesole, ce ne racconta l’importanza: l’incontro con il professor Preparata fu particolarmente felice e port`o all’ideazione del “modello markoviano reversibile” per lo studio dell’evoluzione molecolare. Questo modello, molto avanzato per i tempi, fu il primo a tenere conto della composizione in basi delle sequenze omologhe in esame (ovvero la “stazionariet`a“), senza fare assunzioni “a priori” sulla dinamica evolutiva delle sostituzioni tra le basi, i 5

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Un articolo divulgativo sul problema del vuoto in QCD e` “Sulle tracce del vuoto”, in archivio.

nucleotidi del DNA. Ci dice inoltre che il modello sviluppato con Giuliano e` stato il capostipite dei modelli stocastici per lo studio dell’evoluzione molecolare e ha costituito le basi dei modelli apparsi successivamente. E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http://tinyurl. com/249z84u. Sono i segni della vastit`a di interessi e della versatilit`a di Preparata che si avvicina ad altre branche della fisica e della biologia6 , spaziando dalle applicazioni dei processi markoviani per lo studio dell’evoluzione molecolare alla materia condensata.

Figura 4 – Un laser a elettroni liberi (FEL) produce luce laser accelerando elettroni attraverso dei crio-moduli e un wiggler, elemento che li costringe su una traiettoria a zig-zag e li porta a emettere fotoni. Nella foto il FEL installato presso i Jefferson Laboratory, in Virginia, USA. Da www.jlab.org.

Il periodo milanese e la coerenza elettrodinamica Nel 1985, dopo dieci anni, finisce la permanenza all’universit`a di Bari e Giuliano viene chiamato all’Universit`a Statale di Milano per tenere il corso di Fisica Nucleare delle Alte Energie. E` un momento di svolta per i suoi interessi di ricerca: dopo aver lavorato intensamente nel campo della fisica adronica e` l’inizio di un nuovo, ambizioso programma di ricerca che comincia alla fine degli anni ’80 e continua ininterrottamente fino alla fine della sua carriera con l’insostituibile collaborazione di Emilio del Giudice: l’applicazione della coerenza elettrodinamica (CQED, Coherent Quantum Electrodynamics)7 ai problemi della fisica della materia condensata [7]. 6

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L’interesse di Preparata per la biologia non si ferma alla collaborazione col gruppo di Bari, ma contempla anche applicazioni della teoria dei campi in medicina. Si veda ad esempio “The role of QED in medicine”, in archivio. Un articolo in italiano e divulgativo sull’argomento e` “La sottile differenza tra ordine e coerenza”, in archivio.

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LE SPALLE DEI GIGANTI

Quelli che Giuliano chiama i prodigi della coerenza sono fenomeni dei pi`u disparati che, secondo il suo programma, possono trovare un’interpretazione semplice e consistente nell’ambito della CQED. Con i suoi collaboratori pubblica decine di lavori in cui utilizza i risultati della CQED per la spiegazione di fenomeni legati alla superfluidit`a e alla superconduttivit`a, alle caratteristiche dell’acqua e al laser ad elettroni liberi (FEL, free electron laser, vedi Figura 4). Inizia in questi anni anche a collaborare con Renzo Alzetta e Giuseppe Liberti dell’Universit`a di Calabria. E` lo stesso Renzo Alzetta a raccontarci l’indirizzo di ricerca sviluppato con Preparata: dal 1990 la mia ricerca fu indirizzata allo studio delle dinamiche coerenti in materia condensata e in particolare all’applicazione della teoria del Nucleo Coerente di Giuliano Preparata allo studio dei nuclei atomici con alone, degli ipernuclei e delle collisioni fra ioni pesanti nonrelativistici e relativistici. E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http://tinyurl.com/2bz95ux. E` invece dalle parole di Liberti che emerge un’immagine del modo di lavorare intenso ed entusiasta di Giuliano: non era facile confrontarsi con lui, ma le ore passate a seguire lo sviluppo dei suoi modelli [. . . ] oppure seduti a guardarlo costruire universi di formule alla lavagna, senza risparmiarsi mai, senza risparmiarti nulla, sono le ore migliori che ho speso nella mia breve e insignificante vita di ricercatore. E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http://tinyurl.com/ 33moybb.

nea infatti che ancora oggi i nostri dati sperimentali non sono accettati da una gran parte della comunit`a scientifica, perch´e disturbano quella che e` la teoria ufficiale delle supernovae (un’unica, grande esplosione) e per la difficolt`a di accettare la teoria di Preparata sulla sezione d’urto. Infatti, anche se in un primo momento Giuliano critica la spiegazione proposta da Joe Weber, membro del gruppo di Pizzella, nel 1990 pubblica un articolo in cui giustifica il risultato del gruppo di Roma sulla scorta della coerenza elettrodinamica [8]. E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http://tinyurl.com/32lyq7f.

Gravita` e coerenza

Gli interessi di Preparata non si esauriscono nella CQED, ma si rivolgono anche ad altri problemi fondamentali: dapprima con She-Sheng Xue e poi con i suoi laureandi di Milano, Stefano Rovelli e Sergio Cacciatori, scrive alcuni articoli sullo stato fondamentale in gravit`a quantistica. Inizia poi una collaborazione con Remo Ruffini per lo studio dei jet giganti di raggi gamma (gamma ray bursts) [9]. Sergio Cacciatori, uno dei suoi ultimi laureandi, oggi ricercatore in gravit`a quantistica all’universit`a dell’Insubria, ci fornisce un affresco di Giuliano nella veste di professore alla Statale di Milano del corso di Fisica Subnucleare delle Alte Energie: aveva una notevole capacit`a di interessare gli studenti, a lezione si poteva parlare con lui di qualunque argomento di fisica. Mostrava una grandissima passione e mentre spiegava talvolta ci presentava uno dei problemi su cui stava lavorando e ci confidava quale idea gli fosse venuta per cercare di risolverlo. [. . . ] Penso che faccia bene ai giovani leggere buona parte dei suoi lavori, bench´e spesso vengano considerati eretici. E` possibile leggere l’intervista completa all’indirizzo http:// tinyurl.com/2wvj52g.

Nel 1988 un suo vecchio compagno della Sapienza, Remo Ruffini, lo invita a partecipare al congresso di La Thuile dove Guido Pizzella annuncia i primi entusiasmanti risultati delle misure svolte a Roma dal gruppo di ricerca sulle onde gravitazionali di Edoardo Amaldi. Il clima e` di stupore, sembrano essere le prime evidenze sperimentali delle onde gravitazionali, ma resta un problema teorico: secondo le teorie note la sensibilit`a delle antenne non e` tale da consentire la rivelazione di un segnale come quello misurato dal gruppo di Roma, emesso dall’esplosione della supernova SN 1987A mostrata in Figura 5, una stella grande circa venti volte il sole. Lasciamo alle parole dello stesso Guido Pizzella, storico collaboratore di Edoardo Amaldi, il ricordo di questo importante episodio: ricordo che quando Edoardo Amaldi ed io informammo dei nostri risultati, prima della nostra presentazione, Masatoshi Koshiba, direttore dell’esperimento giapponese Kamiokande (e futuro premio Nobel), egli rimase colpito e un po’ stravolto. Sottoli-

Figura 5 – Immagine di ci`o che resta della supernova SN1987A nella Grande Nube di Magellano. Da link2universe.files. wordpress.com.

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LE SPALLE DEI GIGANTI

Dalla met`a dagli anni ’80 Preparata si allontana quindi dal campo in cui era specializzato, la fisica adronica, e si interessa a molti problemi diversi, visti sempre attraverso la lente della teoria dei campi. Ma non finisce qui. Nel 1989 viene annuciata la scoperta di un fenomeno rivoluzionario e privo di spiegazione teorica: si tratta della fusione fredda, che non pu`o che catturare l’attenzione di Giuliano cos`ı come di tutta la comunit`a scientifica mondiale.

L’enigma della fusione fredda E` il 24 marzo del 1989. Due elettrochimici americani dell’universit`a dello Utah, Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciano al mondo di essere riusciti a sviluppare un processo di fusione a freddo (cold fusion): sembra cio`e possibile ottenere l’energia delle stelle senza condizioni estreme di pressione e temperatura [10], ma semplicemente in provetta. Date anche le conseguenze economiche di una simile scoperta, l’effetto dell’annuncio e` esplosivo: molti laboratori cercano di riprodurre il fenomeno, si cerca di capire se si tratta di una bufala giornalistica, se i due stimati chimici americani abbiano imprudentemente affrettato delle conclusioni su osservazioni parziali o se si stia davvero aprendo un nuovo campo di ricerca, la cui fisica e` tutt’altro che chiara. Giuliano cerca subito di capire se e` possibile dare una spiegazione teorica del fenomeno ed e` convinto che gli strumenti per la comprensione di un processo simile vengano ancora una volta dalla CQED. Gi`a nel 1989, insieme a Emilio Del Giudice e Tullio Bressani, pubblica un articolo in cui avanza alcune ipotesi interpretative nell’ambito dei fenomeni di coerenza [11]8 . Gi`a pochi mesi dopo l’annuncio di Fleischmann e Pons, per`o, iniziano ad arrivare le smentite dai vari laboratori: il fenomeno non e` riproducibile e incontra il netto scetticismo della comunit`a scientifica. Scetticismo che verr`a poi interpretato da molti membri della comunit`a di ricerca sulla fusione fredda come vero e proprio ostracismo e censura. Dunque, da una parte l’annuncio affrettato e sensazionalistico alimenta una naturale diffidenza della comunit`a scientifica nei confronti del fenomeno, dall’altra la rapidit`a con cui viene liquidato l’intero indirizzo di ricerca insospettisce quanti credono necessario proseguire gli studi in un settore che, muovendo i primi passi, ha ancora bisogno di formarsi un minimo bagaglio di conoscenze per giungere a dare una spiegazione dei fenomeni osservati. Da una parte la maggioranza della comunit`a scientifica che definisce il lavoro di Fleischmann e Pons un abbaglio, dall’altra un gruppo di ricercatori eretici che continua a cercare di studiare il fenomeno nei laboratori. Giuliano Preparata, di formazione fisico teorico, dapprima lavora per dare una spiegazione del processo con la coerenza 8

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Per un riassunto delle prime teorie sulla fusione fredda si pu`o leggere il seminario di Preparata “Cold fusion: What do the laws of nature allow and forbid”, in archivio. Una lettura pi`u divulgativa e in italiano e` “Il dialogo tra la teoria della coerenza e la fusione fredda”, in archivio.

Figura 6 – Copertina del Time dell’8 Maggio 1989, dedicata al sensazionale annuncio di Fleischmann e Pons.

elettrodinamica, ma poi non si tira indietro davanti alla sfida di svolgere un lavoro di natura sperimentale sulla fusione fredda. A Milano viene aperto con fondi privati un laboratorio di ricerca dedicato9 , dove si mette al lavoro con l’ormai inseparabile collaboratore Del Giudice. Questa attivit`a prosegue ai laboratori di Frascati, dove in collaborazione con Antonella De Ninno e Antonio Frattolillo sviluppa un programma di ricerca sulla fusione fredda approvato dall’allora presidente dell’ENEA Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica. L’accoglienza dei lavori sulla fusione fredda e` sempre pi`u glaciale e anche il laboratorio di Frascati e` destinato a chiudere come quello di Milano. E` possibile vedere la video-intervista ad Antonella De Ninno all’indirizzo http://tinyurl. com/3354ot7. 9

Su questa esperienza e` possibile vedere su YouTube la puntata di Report sulla fusione fredda con l’intervista a Preparata presso i laboratori di Milano: http://www.youtube.com/watch?v= yINDe8OqG0g.

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Giuliano, da infaticabile difensore del proprio lavoro e acceso polemista, condanna il peso della diffidenza e dell’emarginazione da quella stessa comunit`a che nei primi anni della sua carriera l’aveva stimato e riconosciuto. Con l’esperienza nella ricerca sulla fusione fredda il lungo percorso di Giuliano nella fisica si esaurisce, ancora una volta in una direzione originale e controcorrente. Giuliano Preparata muore a Frascati il 24 aprile del 2000, a soli 58 anni, lasciando dietro di s´e pi`u di 400 articoli scientifici su almeno una decina di ambiti diversi della fisica, della biologia, della chimica e della medicina.

Bibliografia I materiali in archivio sono consultabili all’indirizzo http:// tinyurl.com/2gyc5y6 3. Preparata G. Dai quark ai cristalli. Breve storia di un lungo viaggio dentro la materia. Bollati Boringhieri (2002) 4. Scarpa F.M. Una rivoluzione mancata. Bollati Boringhieri (2008) 5. Preparata G. e Weisberger W. Ultraviolet divergences in radiative corrections to weak decays. In Physical Review, vol. 175 (1965) 6. Preparata G. e Szego K. Geometrodynamics for quarks and hadrons: the baryon states. In Physical Review B, vol. 68(239) (1978) 7. Preparata G. QED coherence in matter. World Scientific Publishing (1995) 8. Preparata G. Superradiance effect in a gravitational antenna. In Modern Physics Letters A, vol. 5(1):1–5 (1990) 9. Preparata G., Ruffini R. e Xue S.S. The role of the screen factor in GRBs. In arXiv:astro-ph/0109024v1 (2001) 10. Mancini C. Imbrigliare l’energia del Sole. In Accastampato, vol. 2 (set. 2010) 11. Preparata G., Bressani T. e Del Giudice E. First steps towards an understanding of cold fusion. In Nuovo Cimento A, vol. 101(845) (1989)

Sull’autore Indaco Biazzo (indaco@accatagliato.org) e` dottorando in fisica al Politecnico di Torino e si occupa di meccanica statistica e sistemi complessi. Roberto Garra (rolinipame@yahoo.it) e` studente specializzando in geofisica alla Sapienza di Roma e scrive per il sito degli studenti accatagliato.org.


Sulle ali di Dedalo Tanta passione ed elettronica open-source per il Progetto Dedalo Jacopo Diamanti (Studente di fisica e astrofisica alla Sapienza di Roma)

aboratori su laboratori, relazioni su relazioni, al terzo anno di universit`a ci siamo chiesti se fossimo finalmente pronti per un esperienza fuori dagli schemi, anzi, fuori dai laboratori: costruire un piccolo apparato sperimentale da mandare a 30 mila metri di quota con l’ausilio di un pallone aerostatico per effettuare misurazioni ed esperimenti. La tecnologia necessaria c’`e, conoscenze sufficienti pure: il Progetto Dedalo ha potuto prendere cos`ı il volo lo scorso 20 Maggio 2010 grazie alla passione e all’impegno di Riccardo Marrocchio, Francesco D’Ambra, Alessandro Bernardini, Valerio Di Cicco e mio, cinque appassionati studenti di fisica al terzo anno del corso di laurea triennale.

L

I pionieri degli esperimenti ad alta quota Nel 1782 i fratelli Montgolfier inventavano la mongolfiera e poco dopo iniziavano i primi viaggi scientifici per esplorare l’atmosfera. Il primo fu il bostoniano John Jeffries che il 30 Novembre del 1784 sorvol`o con Jean Blanchard il canale inglese (a Boston) con una mongolfiera in un viaggio di 21 minuti circa, con il presidente Thomas Jefferson ad osservarli da terra. Sulla mongolfiera avevano un barometro e altri strumenti per misurare pressione e temperatura, oltre che un dispositivo per raccogliere campioni d’aria da analizzare in seguito. Nel 1804 i francesi Gay-Lussac e Jean-Baptiste Biot arrivarono, con la loro mongolfiera piena di idrogeno, fino a una altezza di 7000 metri, portando anch’essi campioni d’aria rarefatta. Quindi i primi veri e propri esperimenti si fecero con mongolfiere e uomini a bordo. Fu solamente dopo il tragico incidente del 1785, che port`o alla morte gli scienziati Joseph Croce-Spinelli e Theodore Sivel, che si iniziarono a lanciare nell’atmosfera palloni senza equipaggio.

Fotografia scattata dalla missione Halo, un mini-progetto simile al nostro, ma meno complesso. Da www.natrium42.com/halo/ flight2.

di spedire fino a 20000 metri di quota un pacco contenente una semplice fotocamera, per riprendere straordinarie immagini della stratosfera e della Terra vista dall’alto. Nella seconda met`a di maggio i miei colleghi ed io ci siamo chiesti se fosse possibile fare qualcosa di simile non solo per andare a caccia di immagini e video “stratosferici”, ma anche per effettuare piccoli esperimenti. E` nato cos`ı il Progetto Dedalo, un progetto con il quale ci siamo prefissati lo scopo di costruire e programmare una piccola piattaforma in grado di ospitare esperimenti scientifici di vario tipo (meteorologia, fisica dell’atmosfera, astrofisica, ecc.).

La piattaforma vista da vicino Un’idea che inizia a prendere forma Al giorno d’oggi i nostri cieli sono perennemente occupati da questi palloni aerostatici. Basti pensare che in Italia ogni giorno vengono fatti volare decine di palloni sonda (cos`ı vengono chiamati) gestiti dal Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica, per raccogliere appunto dati meteorologici. Lo sviluppo tecnologico e industriale ha poi permesso negli ultimi anni la diffusione di strumentazione a basso costo che permette il lancio di semplici palloni sonda anche a livello amatoriale. Basta fare infatti una rapida ricerca su Internet per accorgersi di quante persone si siano gi`a cimentate nell’impresa sempre pi`u diffusa 16

La piattaforma base sar`a equipaggiata con dei sensori che permetteranno di registrare le condizioni ambientali (temperatura, pressione, umidit`a, altitudine) e con delle apparecchiature per la geolocalizzazione e la trasmissione di dati a terra. Il tutto sar`a gestito da un microcontrollore open-source chiamato Arduino, visibile qui sopra, dalle dimensioni ridotte e dalle prestazioni sufficientemente elevate per gestire l’intero sistema (vedi Box).

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IL RESTO DEL NEUTRINO

Attualmente abbiamo assemblato i circuiti per i sensori, il modulo GSM per la comunicazione e tutta la relativa parte software. Inoltre abbiamo costruito un prototipo di contenitore in polistirolo e ne abbiamo verificato la tenuta ponendolo in un thermos contenente ghiaccio secco. Il risultato e` stato rassicurante: i circuiti non avranno nulla da temere per il freddo che incontrer`a la piattaforma a circa 15000 metri (circa −55◦ C)! Finora la parte pi`u difficile e` stata la disperata ricerca di una qualche normativa che regolamentasse in maniera precisa il lancio di palloni sonda. Grazie al contributo dell’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) e dell’AeCI (Aero Club d’Italia) siamo riusciti a trovarla e attualmente siamo in possesso di tutta la documentazione che, una volta compilata, ci permetter`a di effettuare il lancio. La documentazione include un modulo con la quale l’ENAC emetter`a un bollettino (chiamato NOTAM, NOtice To AirMen) che avviser`a tutti gli aeromobili del passaggio del nostro pallone. Inoltre, secondo le regole dell’aria, il peso ridotto della piattaforma (circa 500 g) ci esonera dall’installare un transponder (e quindi di fare ulteriori spese).

Le simulazioni di volo La domanda che ci viene posta pi`u spesso e` ma siete sicuri che non ricadr`a in zone abitate? In effetti questo e` stato il primo problema che ci siamo posti ed e` proprio per questo che abbiamo scelto in maniera accurata il giusto paracadute e ci siamo informati approfonditamente riguardo tutti i lanci che sono stati effettuati in precedenza dai fotografi stratosferici. Uno di questi ci ha consigliato un software, chiamato Balloon Trajectory Forecast, creato da alcuni ricercatori dell’Universit`a del Wyoming, il quale e` in grado di effettuare una simulazione del volo di un pallone sonda una volta impostati i parametri necessari. Le simulazioni ci hanno permesso di scegliere un luogo sicuro per il lancio in Toscana, che oltretutto era gi`a stato utilizzato da altri lanciatori amatoriali che hanno usato lo stesso software.

Pronti per il lancio! La nostra prima piattaforma, che chiameremo DedaloOne, sar`a lanciata nella primavera del 2011 ed effettuer`a un volo di prova, senza alcun esperimento a bordo. Se tutto andr`a secondo i piani i lanci successivi faranno da ascensore per i primi esperimenti. Non ci resta che darci da fare, completando la piattaforma, installandovi il modulo GPS e le ultime strumentazioni. Sul nostro blog e` possibile seguire settimana dopo settimana tutte le fasi della costruzione e i risultati dei vari test. Per un aggiornamento pi`u immediato siamo anche su Facebook e chiunque fosse interessato a chiedere un passaggio per il proprio esperimento non deve fare altro che contattarci all’indirizzo mail progettodedalo@aol.it per avviare una possibile collaborazione. Il nostro motto? Duc In Altum! Punta in alto!

Bibliografia

Prototipo da testare a bordo di un pallone vincolato a terra da un filo di 500 m. L’involucro di polistirolo protegge la strumentazione dalle basse temperature. Alcuni circuiti sono ancora sulla basetta di prototipazione.

Blog ufficiale: www.dedaloproject.wordpress.com Elettronica Arduino: www.arduino.cc Balloon Trajectory Forecasts: weather.uwyo.edu/polar/ balloon_traj.html

La piattaforma Arduino Arduino e` una piattaforma di prototipazione elettronica open-source, basata su una semplicissima scheda di I/O e su un ambiente di sviluppo semplice da utilizzare basato sul linguaggio C e C++. Arduino pu`o essere utilizzato per lo sviluppo di oggetti interattivi autonomi, ma pu`o anche interagire con software residenti su computer, come Adobe Flash, Processing, Pure data, ecc. La scheda e` fornita di numerose uscite e ingressi digitali e analogici, che permettono al sistema di interagire con l’ambiente circostante mediante l’utilizzo di sensori, attuatori, led, display, ecc. Le possibilit`a di sviluppo e progettazione sono infinite, l’unico limite e` l’ingegno e la fantasia di chi lo utilizza. accastampato num. 3, Dicembre 2010

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Prevenzione sismica in Italia Il caso de L’Aquila in un’intervista al sismologo Gaetano De Luca Roberto Garra (Studente di fisica alla Sapienza di Roma)

l 6 aprile del 2009 a L’Aquila la terra ha tremato cos`ı violentemente da far crollare interi palazzi e sconquassare il centro della citt`a e molti degli abitati circostanti, con un totale di 308 vittime e pi`u di sessantamila sfollati. Che ad oggi i terremoti non si possano prevedere e` cosa risaputa, ma dare almeno una stima del rischio sismico di una regione e della vulnerabilit`a degli edifici presenti e` possibile. In questa logica, se e` impossibile evitare un terremoto, e` invece possibile mitigarne gli effetti sulla popolazione e fare in modo che non si trasformi in una tragedia. E che la zona dell’Aquila fosse una zona ad alto rischio sismico era noto da numerosi studi di sismologia come [12]; che molti edifici della citt`a fossero fortemente vulnerabili era stato documentato in modo ufficiale e puntuale nel rapporto redatto da Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi della protezione civile, in [13].

I

Nel 1999 un sismologo dell’INGV, Gaetano de Luca, osserv`o dalle misure sullo sciame sismico del terremoto umbromarchigiano che il terreno sottostante il centro storico aquilano dava un importante fattore di amplificazione per le onde sismiche e denunci`o in [14] la necessit`a di accelerare il processo di messa in sicurezza degli edifici. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio il suo lavoro e le sue opinioni sugli argomenti aperti e dibattuti della prevenzione e della ricerca sui precursori sismici. Iniziamo dalla cronaca giudiziaria: qual e` la sua opinione sugli avvisi di garanzia per mancato allarme in relazione al terremoto de L’Aquila del 6 Aprile 2009, spiccati contro Boschi (presidente dell’INGV) e Barberi, entrambi membri della Commissione Grandi Rischi incaricata di valutare la situazione di allarme connessa allo sciame sismico che ha preceduto la grande scossa? E` difficile avere un’opinione su un argomento cos`ı delicato visto che nessuno conosce tutti gli atti tranne la Procura della Repubblica de L’Aquila. Non mi sembra che la magistratura abbia detto che la commissione Grandi Rischi doveva prevedere il terremoto. Non capisco questo atteggiamento da parte della ricerca contro la magistratura: e` dovere di quest’ultima indagare (costituzionalmente previsto, art. 112 sull’obbligo dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero in presenza di decine di esposti, denunce, ecc.), quindi aspettiamo e diamo tempo alle parti coinvolte di lavorare in pace senza attacchi di berlusconiana memoria. 18

Tempo fa lo stesso Boschi si e` espresso pubblicamente contro gli allarmismi indotti dalla lettura inesperta e incompetente dei dati sismologici pubblicati in tempo reale sul sito dell’INGV, arrivando a ipotizzare di limitare l’accesso ai dati relativi ai rilevamenti di scosse deboli. Qual e` la sua opinione su questa presa di posizione? Il professor Boschi si riferiva molto probabilmente al sito ISIDE (iside.rm.ingv.it) del CNT dell’INGV (Centro Nazionale Terremoti dove lavoro come comandato del DPC dal 2003 circa). E ha ragione, i dati sismici devono essere letti da chi li sa leggere! Sul sito vi e` infatti un Disclaimer (Condizioni di Utilizzo, ndr) preciso: i dati raccolti nel Bollettino Sismico dell’INGV sono destinati a utenti qualificati per una loro corretta interpretazione. I parametri forniti sono la migliore stima ottenibile con i dati in possesso dell’INGV e sono costantemente aggiornati in funzione di ulteriori dati che si rendano disponibili. Sebbene tutti i parametri forniti siano stati rivisti da analisti sismologi, nessuna garanzia implicita o esplicita e` fornita insieme ai dati. Ogni rischio derivante da un uso improprio dei parametri o dall’utilizzo di informazioni inaccurate e` assunto dall’utente. . . Pi`u chiaro di cos`ı! In primavera e` uscito un lavoro che porta anche la sua firma sulla misura delle anomalie di concentrazione dell’Uranio nella falda acquifera nella fase di preparazione del terremoto del 6 Aprile [15]. Qual e` la sua opinione sull’utilizzo delle misure di anomalia del Radon e dell’Uranio come precursori dei terremoti? Premetto che non faccio pi`u parte dell’esperimento ERMES di cui all’articolo e non voglio entrare nei dettagli dei miei rapporti con il professor Plastino, diciamo che dal 1◦ gennaio 2010 sono stato allontanato in quanto non servivo pi`u e mi e` stato vietato di parlare di tutto quello che riguardava ERMES, anche del lavoro su citato. In generale non sono il tipo a caccia dello scoop scientifico, n´e tantomeno a caccia di improbabili precursori sismici, poich´e anche se potessimo avere le capacit`a di prevedere un terremoto (forse tra 100 anni!) non potremo mai evitarlo. Abbiamo una sola arma in nostro favore ed e` quella della prevenzione, non ci sono alternative. Nella prevenzione, per quel che riguarda le mie competenze, sono necessari alti livelli di monitoraggio ambientale. Qual e` la sua opinione nel dibattito sulle previsioni dei terremoti, innescato dall’articolo di Geller et al. apparso nel 1997 su Science [16]? In particolare qual e` la sua opinione in relazione alla ricerca nel campo dei metodi empirici per le previsioni a breve termine? Non conosco l’articolo, ho seguito un

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po’ il dibattito per`o resto sempre dell’avviso che la prevenzione e` l’arma migliore che abbiamo. La previsione di un evento sismico per me rimane ancora una chimera, in quanto le variabili in gioco sono esageratamente alte, conosciamo molto poco di quello che abbiamo sotto i nostri piedi (0 − 30 km) per poter pensare di fare modelli previsionali. Addirittura anche localizzare un evento sismico e` legato a un modello di velocit`a del mezzo che a volte e` lontano dalla realt`a o estremamente semplice. Torniamo alla sua vicenda: nel 1999 denunci`o pubblicamente di aver riscontrato dalle analisi delle misure di diversi terremoti un’amplificazione di un fattore 10 delle onde sismiche nel centro storico de L’Aquila, rimarcando la necessit`a di considerare la zona come regione ad altissimo rischio sismico. Il risultato di queste osservazioni venne poi pubblicato nel 2005 sul Bulletin of the Seismological Society of America, prestigiosa rivista del settore [14]. Cosa avvenne dopo la sua denuncia? Non voglio parlare della mia vicenda del 1999, sarebbe lungo e noioso. Per i pi`u curiosi su YouTube vi e` un video (poco pi`u di 17 minuti) realizzato con il gruppo di Beppe Grillo dove riesco, con l’ausilio di grafici e figure, a parlare in maniera molto tecnica e al tempo stesso semplice del problema dell’amplificazione: www.youtube.com/watch?v=peGNEc_ests. Rispondo per`o semplicemente che sono stato censurato nel novembre del 1999 dal mio ex direttore (dell’ex Servizio Sismico Nazionale) il giorno dopo una conferenza stampa locale in cui si e` cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica locale. Prendo spunto per ricordare che il rischio sismico e` collegato principalmente a due fattori: la pericolosit`a sismica di un territorio e la vulnerabilit`a degli edifici presenti in quel territorio. Quindi e` chiaro a tutti cosa pu`o significare aggiungere un fattore 10 di amplificazione a tale relazione. . .

Esempio di rilevatore sismico installato nei pressi de L’Aquila, composto da un acquisitore digitale dei dati, un rilevatore GPS e un modem GSM per l’invio e la ricezione in tempo reale (per gentile concessione del dottor De Luca).

Eppure il rapporto Barberi [13] parlava chiaramente della necessit`a di mettere in sicurezza gli edifici del centro storico de L’Aquila. Quindi una denuncia documentata e pubblica del rischio c’era gi`a stata. . . In realt`a il rapporto Barberi non sottolineava la necessit`a di mettere in sicurezza, ma era un semplice censimento sulle vulnerabilit`a degli edifici. Tale raccolta e` stata effettuata utilizzando delle schede di vulnerabilit`a che spesso e` molto lontana da quella reale degli edifici, basti pensare a edifici antichi che hanno gi`a subito nel passato terremoti di magnitudo superiore a 6. Comunque meglio di niente! Era un buon punto di partenza per pianificare misure e interventi. Qual e` lo stato della rete di monitoraggio sismico abruzzese? Perch`e nel 2002 furono interrotte le misure e per quanto tempo? Attualmente sono ospite, insieme al centro di acquisizione dati della rete di monitoraggio sismico a scala regionale, presso i LNGS dell’INFN (che ringrazio pubblicamente) in quanto sto aspettando la nuova sede dell’INGV in zona rossa del centro storico de L’Aquila, forse entro l’anno. Attualmente la rete e` in perfetta efficienza e conta ben 18 stazioni digitali a 3 componenti (velocimetri a 1 Hz di frequenza propria, verticale, nord-sud ed est-ovest per ogni stazione). La comunicazione avviene tramite canale dati con modem GSM ed e` centralizzata, in parole povere utilizzo cellulari e lavoro da solo! Nel 2002, subito dopo il terremoto del Molise, la rete sismica in Abruzzo fu interamente smantellata. Non ci sono motivazioni, ho conservato la lettera in cui mi si chiedeva di consegnare tutte le chiavi e i riferimenti dei siti. Nel 2003 sono riuscito ad andare via (in comando presso l’INGV) e con molta fatica e con l’aiuto dell’ex direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV, il dottor Alessandro Amato, sono riuscito a portare con me al CNT tutta la strumentazione sismica che era stata immagazzinata. Un valore di circa 3 miliardi delle vecchie lire di strumentazione abbandonata in un magazzino! Con tale strumentazione il CNT ha creato la rete di monitoraggio regionale in Abruzzo, Umbria, parte della Toscana (Osservatorio di Prato) e potenziato le reti sismiche regionali gi`a esistenti in Liguria e nelle Marche. Ho iniziato a reinstallare la rete regionale in Abruzzo con una cadenza di una stazione al mese circa. Prima stazione nel dicembre 2005, ultima stazione nell’aprile 2007. Contemporaneamente ho lavorato pesantemente sul miglioramento della rete sismica nazionale nell’Appennino Centrale Abruzzese. Dal 2002, anno in cui vi erano solo 3 stazioni funzionanti siamo arrivati nel dicembre 2008 a oltre 30 stazioni, esclusa la rete regionale.

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Qual e` lo stato del monitoraggio sismico in Italia? E lo stato della ricerca nel settore? Direi molto buono! Come accennato prima, l’INGV, o meglio il Centro Nazionale Terremoti, dal 2002 circa ha fatto uno sforzo notevole passando da poco meno di 100 stazioni in tutto il territorio nazionale, in gran parte monocomponente (verticale) con acquisizione e trasmissione analogica, a poco meno di 400 stazioni nel 2008, tutte digitali, tutte a 3 componenti (alcune con altri tre canali con sensori accelerometrici) con acquisizione e trasmissione digitale sia via cavo che satellitare (efficiente soprattutto in caso di terremoto violento). Quella che a mio parere andrebbe potenziata e` la parte di analisi veloce, la cosiddetta Real Time Seismology, unita a studi di sismologia avanzati e di dettaglio sui dati che in tempo reale e in continua confluiscono in sala sismica a Roma. Infine una domanda sul post-terremoto: dal momento che lei ha vissuto sulla pelle il dramma del terremoto, pu`o darci un’opinione sulla gestione della ricostruzione e sullo stato di ripresa delle attivit`a? Semplicemente che chi canta stona e chi non canta critica. Non entro chiaramente nel merito dello scandalo cricca della Protezione Civile, c’`e la magistratura che dovr`a andare avanti. . . parlo per quello che ho visto con i miei occhi. La macchina dell’emergenza ha funzionato direi pi`u che bene! Faccio una critica? Direi che il Dipartimento della Protezione Civile dovrebbe cambiare nome in Dipartimento per le Emergenze Nazionali, credo sia pi`u realistico. In generale, visto quello che accade in Italia (e non mi riferisco solo ai danni da terremoto, ma anche a frane, inondazioni, ecc.), non siamo in grado di fare prevenzione. E` amara come considerazione, ma di fatto e` la realt`a e i dati non mi smentiscono.

Speriamo almeno che questo terremoto sia servito come lezione. . . Grazie.

Bibliografia 12. Boschi E., Gasperini P. e Mulargia F. Forecasting Where Larger Crostal Earthquakes Are Likely to Occur in Italy in the Near Future. In Bulletin of the Seismological Society of America, vol. 85(5):1475–1482 (1995) 13. Martinelli A. e Corazza L. Censimento di vulnerabilit`a degli edifici pubblici, strategici e speciali nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia. Rap. tecn., Dipartimento della protezione civile (1999) 14. De Luca G., Marcucci S., Milana G. e San`o T. Evidence of Low-Frequency Amplification in the City of L’Aquila, Central Italy, through a Multidisciplinary Approach Including Strong- and Weak-Motion Data, Ambient Noise and Numerical Modeling. In Bulletin of the Seismological Society of America, vol. 95(4):1469–1481 (2005) 15. Plastino W. et al. Uranium groundwater anomalies and L’Aquila earthquake, 6th April 2009 (Italy). In Journal of Environmental Radioactivity, vol. 101(1):45–50 (2010) 16. Geller R.J., Jackson D., Kagan Y. e Mulargia F. Earthquakes Cannot Be Predicted. In Science, vol. 275:1616–1617 (1997) 17. Garra R. Prevedere i terremoti e` possibile? I precursori sismici. In Il Ricercatore Romano (mag 2010). URL http://tinyurl.com/2dyv2tq


I giovani e il DDL Gelmini I punti chiave della riforma e il perche´ non risolvono i problemi Francesco Vitucci (Associazione Dottorandi e dottori di ricerca Italiani)

l DDL Gelmini tenta di riformare l’universit`a italiana in modo profondo e tutt’altro che graduale. Propone una rivoluzione dell’apparato pubblico come forse poche volte si e` visto fare prima. Qui vorrei concentrarmi su come concretamente questa riforma si propone di modificare la vita dei giovani che vivono l’Universit`a Italiana, anche per chiarire le motivazioni di un movimento di protesta che vede come protagonisti proprio i giovani, ovvero studenti, dottorandi e ricercatori precari. Una considerazione di carattere generale e` comunque d’obbligo: appare evidente che questa riforma, nonostante tutta la sua potenza innovatrice, non e` accompagnata da un capitolo di spesa: e` l’ennesima riforma a costo zero. Anzi sottozero, perch´e non dobbiamo dimenticare che i tremendi tagli ai fondi universitari della Legge 133 stanno ancora, e sempre pi`u pesantemente, vessando i nostri atenei. Quindi anche solo a un’analisi superficiale e` evidente l’inopportunit`a di stravolgere un sistema in questo modo: il tanto abusato concetto di valorizzazione del merito, ripetuto infinite volte nel DDL, non pu`o davvero venir applicato senza uno stanziamento di risorse.

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Diritto allo studio e dottorati di ricerca Tornando ai giovani studenti, lo stravolgimento pi`u grande riguarda il concetto di diritto allo studio. In sostanza l’idea e` di sostituire le attuali borse di studio con i prestiti d’onore, ovvero dei prestiti erogati dall’universit`a da restituire una volta terminati gli studi. In pratica il concetto costituzionale per cui e` lo Stato che provvede all’istruzione dei suoi giovani meritevoli ma non abbienti viene scardinato. Gli studenti costretti ad accedere ai prestiti d’onore avrebbero quindi un debito di partenza all’ingresso nel mondo del lavoro. In pi`u andrebbe anche considerato che, come l’America ci ha insegnato, affidarsi troppo al sistema del debito pu`o portare a conseguenza disastrose. Del dottorato di ricerca, il DDL si occupa solo in un punto, con un cambiamento peggiorativo rispetto alle condizioni attuali. Ricordiamo che oggi solo la met`a dei dottorandi delle universit`a italiane percepisce una borsa di studio, mentre i restanti lavorano a titolo gratuito. La soglia dei dottorandi senza borsa e` stabilita per legge. Il DDL elimina proprio questa soglia, lasciando alle universit`a la libert`a di bandire un numero qualsiasi di posti di dottorato senza borsa. Ribadendo la contrariet`a a tutte le prestazioni lavorative

a titolo gratuito, non si vede come questo provvedimento possa promuovere il merito, soprattutto se parliamo del pi`u alto grado di formazione che lo Stato Italiano fornisce ai suoi studenti. Per chi vorr`a inserirsi nel mondo della ricerca una volta conseguito il dottorato, il futuro sar`a caratterizzato da • un massimo di 4 anni di assegni di ricerca o contratti precari in genere; • 3 + 3 anni di contratti da ricercatore a tempo determinato. Alla fine di questo periodo, che pu`o dunque durare fino a 10 anni, il ricercatore potr`a raggiungere una posizione strutturata all’interno dell’universit`a a due condizioni: 1. che il suo lavoro durante il contratto da ricercatore a tempo determinato sia stato valutato positivamente; 2. che ci siano dei finanziamenti disponibili. Il grande problema sorge proprio nel caso in cui i fondi non siano a disposizione. A questo punto il ricercatore non avr`a pi`u diritto ad alcun contratto, neanche di tipo precario, all’interno dell’Universit`a Italiana e si dovr`a accontentare di qualche punto di curriculum in pi`u da spendere magari nei concorsi scolastici, che come sappiamo non sono certo all’ordine del giorno. Questa e` la norma pi`u aberrante del DDL: davvero non si capisce come un ricercatore precario, dopo aver conseguito laurea, dottorato e anche quattro anni di contratti post-doc, all’et`a di circa 3233 anni (stima media), possa decidere di accettare un contratto come ricercatore a tempo determinato di ben sei anni, con la consapevolezza che, se anche il suo lavoro fosse valutato positivamente, dovrebbe sperare in una legge finanziaria clemente. In questi giorni si e` parlato tanto di ricercatori (con contratti a tempo indeterminato) che hanno protestato non facendo pi`u lezione e di rettori che hanno minacciato di non far partire l’anno accademico per mancanza di fondi. Probabilmente, per`o, i danni pi`u gravi derivanti da questa riforma si ripercuoteranno su studenti e precari. Un ritornello che da un po’ di anni si ascolta davvero troppo spesso.

Sull’autore Francesco Vitucci (francesco.m.vitucci@gmail. com) e` dottorando in Science dei materiali alla Sapienza e vicesegretario nazionale dell’ADI, l’Associazione Dottorandi e dottori di ricerca Italiani (www.dottorato.it).

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RECENSIONI

Gli oggetti frattali

C OPERTINA

Forma, caso e dimensione Ai frattali si associano spesso immagini suggestive, come vortici, rilievi montuosi, modelli della superficie terrestre, tutte caratterizzate da un’elegante simmetria interna, che ritraggono al meglio l’idea puramente geometrica e intuitiva che si cela dietro questi oggetti con dimensione non intera. Sono poi ormai riconosciute le notevoli applicazioni fisiche della geometria frattale allo studio delle turbolenze e ai sistemi complessi. Gli oggetti frattali – Forma caso e dimensione introduce alla geometria dei frattali e giustifica organicamente le ragioni che oggi rendono tanto vivo l’interesse per questo mondo. Il testo e` stato scritto nel 1975 dal padre della geometria frattale, Benoˆıt Mandelbrot, tristemente scomparso lo scorso 14 Ottobre, ed e` stato ristampato in italiano (con alcuni cambiamenti e precisazioni dell’autore) recentemente dall’Einaudi, proprio per rendere merito all’interesse verso le tesi rivoluzionarie qui introdotte e sostenute. Lo stesso Mandelbrot nell’introduzione al testo dichiara che il libro costituisce una sintesi matematica e filosofica della sua geometria frattale, rivelando esplicitamente il carattere introduttivo dell’opera, l’aspetto qualitativo e intuitivo, ma non per questo meno rigoroso, delle sue osservazioni e argomentazioni. In effetti e` immediato accorgersi che non si tratta di un manuale rivolto agli specialisti e che c’`e dietro uno sforzo notevole per rendere meno pesante possibile la matematica del testo, puntando molto sull’aspetto geometrico e intuitivo delle scoperte e riducendo il pi`u possibile il formalismo. E` lo stesso autore a dichiarare che il suo obiettivo non e` scrivere un trattato matematico, ma un’opera rivolta agli amatori e agli specialisti di varie discipline che possano trarre ispirazione dalle sue argomentazioni per lo sviluppo di una ricerca scientifica, evidenziando l’utilit`a pratica della geometria frattale per la soluzione di problemi in vari settori differenti (astronomia, economia, idrodinamica, ecc.). La tesi principale che viene portata avanti nel libro e` che lo studio di oggetti geometricamente complessi e irregolari e` tutt’altro che inutile e non solo pu`o rinnovare l’approccio filosofico del rapporto tra matematica e realt`a, ma ha applicazioni fondamentali, l`ı dove la geometria tradizionale si e` dimostrata inefficace. All’uscita del libro nel 1975 questa tesi era avversata dal mondo accademico e dalle scuole matematiche tradizionali: ogni modellizzazione matematica doveva essere basata su un principio di semplicit`a e regolarit`a, quindi sarebbe stato del tutto inutile approfondire lo studio di quelli che venivano definiti mostri geometrici, oggetti fortemente irregolari la cui dimensione e` , apparentemente contro l’intuizione, non intera. Mandelbrot fa una rassegna di questi oggetti (la curva di Koch, la polvere di Cantor) evidenziando l’importanza storica di dare forma a una teoria organica che a partire dallo studio di questi mostri possa sviluppare una serie di idee applicabili a insiemi irregolari, caratterizzati da autosimilarit`a. Si pu`o dire che l’intera opera stessa ha un certo grado di autosimilarit`a: ogni capitolo ripropone lo sviluppo storico di un problema, per poi definire il contributo originale della geometria frattale. In ogni capitolo sono presenti delle figure esplicative (con didascalie descrittive approfondite) che sono molto utili a visualizzare graficamente i modelli geometrici utilizzati per affrontare i singoli problemi. I primi capitoli sono i pi`u efficaci e chiari nello spiegare anche a un pubblico non specialista l’idea di dimensione frattale e autosimilarit`a, attraverso lo studio della curva di Koch (curva continua ma non differenziabile in nessun punto) e della polvere di Cantor. In conclusione questo libro non pu`o essere considerato come un libro di divulgazione, bens`ı come un manifesto introduttivo a una matematica nuova e rivoluzionaria nel suo rapporto con alcune forme della realt`a fisica, sistematicamente caotiche e di dimensione frattale. Roberto Garra (Studente di fisica alla Sapienza di Roma)

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I NDICE - Prefazione all’edizione italiana di L. Peliti e A. Vulpiani - Nota all’edizione italiana di R. Pignoni - Prefazione dell’autore alla seconda edizione francese 1. Introduzione 2. Quanto e` lunga la costa della Gran Bretagna? 3. Il ruolo del caso 4. Raffiche di errori 5. I crateri della Luna 6. La distribuzione delle galassie 7. Modelli del rilievo terrestre 8. La geometria della turbolenza 9. Intermittenza relativa 10. Saponi e gli esponenti critici come dimensioni 11. Organizzazione di componenti di calcolatore 12. Alberi di gerarchia di classificazione e la dimensione - Lessico dei neologismi - Appendice matematica - Schizzi biografici - Coda post scriptum e ringraziamenti - Riferimenti bibliografici

I N BREVE Titolo

Autore Editore Anno Pagine Prezzo ISBN

Gli oggetti frattali. Forma, caso e dimensione Benoˆıt B. Mandelbrot Einaudi 2000 207 23.00 e 9788806155667


La rivista e` prodotta dal motore di composizione tipografica LATEX. I sorgenti sono sviluppati e mantenuti da Alessio Cimarelli e sono disponibili richiedendoli alla Redazione.

La rivista e` disponibile on-line all’indirizzo www. accastampato.it, navigabile sia da computer che da cellulare e scaricabile nei formati PDF ed ePUB.

Impaginazione ed editing: Alessio Cimarelli Grafica: Silvia Mariani In copertina: Christmas Night di (darkstormlord.deviantart.com)

darkstormlord



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