Uffizi & Pitti

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Mina Gregori


Mina Gregori

UFFIZI&PITTI

DA GIOTTO A CARAVAGGIO From Giotto to Caravaggio

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Mina Gregori

UFFIZI&PITTI

DA GIOTTO A CARAVAGGIO From Giotto to Caravaggio

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I

l Duecento è ancora oggi l'epoca dell'arte italiana più misteriosa e relativamente meno indagata dagli studi. Le perplessità di fondo sono derivate probabilmente dall'estrema esiguità del patrimonio figurativo super­stite, nonché dallo stato di conservazione dei dipinti, sovente ridipinti o soggetti a «restauri» più o meno antichi. La rinnovata interpretazione globale del periodo, che prescinda finalmente dalla condizionante componente bizantina evocata quasi sempre in maniera aprioristica, dovrebbe favorire - come già in parte avviene - la migliore comprensione delle singole aree culturali della penisola, che nel XIII secolo doveva presentare un pa­norama ricco e sfaccettato, tale da giustificare anche la straordinaria fioritura che si sarebbe verificata nel secolo seguente. In Toscana la letteratura critica al principio di questo secolo attribuiva un ruolo primario alla cultura pittorica lucchese, rappresentata in primo luogo dall'attività di Berlinghiero e dei suoi tre figli, Bonaventura, Marco e Barone. Oggi risulta invece in maniera inequivocabile l'importanza del ruolo occupato dalla cultura pisana per gran parte del secolo, come principale centro di propul­sione creativa e innovativa, anche alla luce dell'attività di mediazione nei riguardi degli apporti bizantini di fonte soprattutto mediorientale. La matrice culturale pisana ebbe una vasta diffusione in tutta la regione e contribuì, per ondate successive d'influenza, alla deter­minazione dei linguaggi figurativi locali. II Crocifisso n. 432 degli Uffizi è l'esemplare qualitativa­mente più alto di questa cultura pisaneggiante dell'ul­timo quarto del XII secolo. Spunti pisani, derivanti in primis da Giunta, sono alla base degli sviluppi stilistici di due protagonisti della pittura fiorentina della prima metà del Duecento, il Maestro del Crocifisso n. 434 degli Uffizi e il Maestro del San Francesco Bardi. In essi tuttavia tali riflessi s'innestano in un contesto sensibilmente influenzato dalla pittura lucchese, come si rileva specialmente nella tavoletta con le Stimmate di San Francesco degli Uffizi, opera sicura dell'autore della grande pala posta sull'altare della Cappella Bardi nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Nel Crocifisso n. 434 si evidenzia invece un linguaggio caratterizzato da una minore eleganza formale e incisività disegnativa rispetto a quello del Maestro del San Francesco Bardi, che presenta tuttavia singolari analogie con l'autore della pala con Santa Caterina d'Alessandria e otto storie della sua vita del Museo di Pisa, databile presumibil­mente nel decennio 1235-1245. Rimandi alla fondamentale cultura pisana duecentesca si ravvisano anche nel dossale con Cristo benedicente tra la Vergine

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T

he thirteenth century remains one of the most enigmatic periods in Italian painting, and one of the least studied by scholars. The problems facing art historians today are compounded by the extremely small number of works that have survived, and by the fact that those few paintings that do exist have often been repainted or subjected to antiquated methods of “restoration.” Current interpretation of this period has finally dispensed with the belief that these works of art were primarily the result of a strong Byzantine influence, as past scholars had a priori claimed. Evidence now suggests that in the thirteenth century, in this singularly well developed area of the Italian peninsula, there must have been a rich and multifaceted artistic culture that anticipated the extraordinary flowering of the following century. In Tuscany, the principal critical literature of this tradition assigns an essential role to the pictorial tradition of Lucca, represented primarily by the work of Berlinghiero and his three sons, Bonaventura, Marco, and Barone. More recently, however, scholars have come to place greater emphasis on the role played for most of the thirteenth century by the city of Pisa, a principal center of creativity and innovation. This artistic impetus was nonetheless also influenced by the Byzantine tradition, especially with regard to its Middle Eastern foundations. The Pisan cultural matrix was widely disseminated and contributed, through successive waves of influence, to the establishment of local artistic languages within each region. The Crucifixion Number 432 in the Uffizi is the highest example of the Pisan artistic culture of the last quarter of the twelfth century. Pisan ideas derived primarily through Giunta Capitini, called Pisano, who formed the basis for the stylistic developments of two protagonists of Florentine painting in the first half of the thirteenth century: the Master of the Crucifixion Number 434 in the Uffizi and the Master of St. Francis Bardi. Such developments nonetheless took place within a context that was itself influenced by the Luccan painting tradition. This Luccan influence is evident in the magnificent Stigmata of St. Francis in the Uffizi, a work that is surely by the same hand as the great altarpiece of the Bardi chapel in the church of Santa Croce in Florence. The artistic language of the Crucifixion Number 434 is, by comparison, characterized by a minor formal elegance and incisiveness. This is true as well of the author of St. Catherine of Alexandria and Eight Stories from Her Life in the museum at Pisa, datable presumably to the decade between 1235 and 1245.

e i Santi Pietro, Giovanni Evangelista e Paolo, firmato e datato 1271 dal fiorentino Meliore, che nel 1260 è menzionato fra coloro che avrebbero dovuto combattere a Montaperti contro i Senesi. L'opera pre­senta anche un notevole interesse dal punto di vista tipologico, poiché risulta uno degli esemplari più antichi fra quelli a noi pervenuti di dossale rettangolare con la parte centrale cuspidata. La fiorente cultura senese duecentesca è rappresentata nelle Gallerie Fiorentine da due dipinti dei suoi mas­simi esponenti: Guido da Siena e Duccio di Bonin­segna. Il primo, pur essendo il rappresentante più tipico della tradizione locale, fu sensibilmente influenzato dalla cultura neoellenistica di matrice giuntesca nell'in­terpretazione del cosiddetto Maestro della Madonna dei Santi Cosma e Damiano, nonché dal fiorentino Coppo di Marcovaldo; il secondo è, com'è noto, uno dei padri fondatori della civiltà gotica italiana. Il recente restauro (1988-1990) della splendente Maestà di Duccio consente oggi di apprezzare appieno la straordinaria bellezza e la qualità di questo dipinto, mentre in termini storico-artistici appare ancora più limpida­mente l'altissima e libera interpretazione del linguaggio cimabuesco in esso esperita. E a proposito di Cimabue, occorre ribadire che la collocazione cronologica più probabile per l'imponente Maestà degli Uffizi, dipinta per i Vallombrosani di Santa Trinita a Firenze, è tuttora quella intorno al 1280. L'opera è stata recentemente sottoposta a un impor­tante intervento di restauro che, tra l'altro, ha contri­buito a sottolineare una volta di più il ruolo primario svolto da Cimabue negli sviluppi della pittura italiana del Duecento. Non meno rilevante fu, com'è ovvio, l'apporto della cultura cimabuesca nell'ambito della pittura fiorentina dell'ultimo quarto del secolo. Un riflesso cimabuesco preciso e determinante si coglie nell'attività del gradevolissimo anonimo noto con la denominazione convenzionale di Maestro della Mad­dalena, dal dipinto della Galleria dell'Accademia. Nel­l 'ambito di quest'ultimo artista si formò anche il Maestro di San Gaggio, così chiamato dalla tavola pro­veniente in origine dall'omonimo convento fiorentino (oggi all'Accademia), identificabile molto probabil­mente con il pittore fiorentino Grifo di Tancredi. Nel periodo centrale della sua attività questo notevole ar­tista fu sensibilmente influenzato da Cimabue, mentre nella fase finale del suo percorso s'impose come uno dei più attenti interpreti dell'operosità del giovane Giotto. Angelo Tartuferi

Typical characteristics of thirteenth-century Pisan culture can also be seen in the altarpiece with The Benediction of Christ with the Virgin and SS. Peter, John the Evangelist, and Paul, signed and dated 1271 by the Florentine Meliore, who is mentioned in 1260 as being among those who had to fight at Montaperti against the Sienese. This work is typologically notable for being one of the earliest known examples using a rectangular frame with a pointed, or cuspid, central part. The flourishing Sienese culture of the thirteenth century is represented in Florentine museums by two paintings by its greatest exponents: Guido da Siena and Duccio di Buoninsegna. The first of these, though the more typical example of the local tradition, was influenced by the neo-Hellenistic culture of the Giuntesque masters through the interpretation of the so-called Master of the Madonna of SS. Cosmas and Damian, as well as that of the Florentine Coppo di Marcovaldo. The second, Duccio, is considered to be one of the founding fathers of the Italian Gothic. The recent restoration (1988–1990) of Duccio’s splendid Maestà allows us to fully appreciate the painting’s extraordinary beauty and quality, while in art historical terms it clearly shows itself to be the most extensive and liberal interpretation of the Cimabuesque language up to that time. On the subject of Cimabue, it has been reaffirmed that his own powerful Maestà in the Uffizi, painted for the Vallombrosani monks in Santa Trinita in Florence, is datable to about 1280. This work has recently been restored and will undoubtedly contribute to further elucidation of the primary role played by its creator in the development of Italian painting in the thirteenth century. The introduction of Cimabuesque culture into the milieu of Florentine painting in the last quarter of the century was of no less relevance. A precise and determinate reflection of Cimabue’s influence can be seen in the work of the delightful unidentified painter who is usually referred to as the Master of the Magdalen, after a painting by him in the Florentine Accademia. The metier of the Master of the Magdalen also produced the work of the Master of San Gaggio, whose name is taken from a painting (today also in the Accademia) originally owned by the Florentine convent of San Gaggio. In all likelihood he was the Florentine painter Grifo di Tancredi. In the middle period of his career, this artist was much influenced by Cimabue, while the final phase of his artistic activity may be characterized as one of the earliest and most attentive interpretations of the work of the young Giotto. Angelo Tartuferi 35


I

l Duecento è ancora oggi l'epoca dell'arte italiana più misteriosa e relativamente meno indagata dagli studi. Le perplessità di fondo sono derivate probabilmente dall'estrema esiguità del patrimonio figurativo super­stite, nonché dallo stato di conservazione dei dipinti, sovente ridipinti o soggetti a «restauri» più o meno antichi. La rinnovata interpretazione globale del periodo, che prescinda finalmente dalla condizionante componente bizantina evocata quasi sempre in maniera aprioristica, dovrebbe favorire - come già in parte avviene - la migliore comprensione delle singole aree culturali della penisola, che nel XIII secolo doveva presentare un pa­norama ricco e sfaccettato, tale da giustificare anche la straordinaria fioritura che si sarebbe verificata nel secolo seguente. In Toscana la letteratura critica al principio di questo secolo attribuiva un ruolo primario alla cultura pittorica lucchese, rappresentata in primo luogo dall'attività di Berlinghiero e dei suoi tre figli, Bonaventura, Marco e Barone. Oggi risulta invece in maniera inequivocabile l'importanza del ruolo occupato dalla cultura pisana per gran parte del secolo, come principale centro di propul­sione creativa e innovativa, anche alla luce dell'attività di mediazione nei riguardi degli apporti bizantini di fonte soprattutto mediorientale. La matrice culturale pisana ebbe una vasta diffusione in tutta la regione e contribuì, per ondate successive d'influenza, alla deter­minazione dei linguaggi figurativi locali. II Crocifisso n. 432 degli Uffizi è l'esemplare qualitativa­mente più alto di questa cultura pisaneggiante dell'ul­timo quarto del XII secolo. Spunti pisani, derivanti in primis da Giunta, sono alla base degli sviluppi stilistici di due protagonisti della pittura fiorentina della prima metà del Duecento, il Maestro del Crocifisso n. 434 degli Uffizi e il Maestro del San Francesco Bardi. In essi tuttavia tali riflessi s'innestano in un contesto sensibilmente influenzato dalla pittura lucchese, come si rileva specialmente nella tavoletta con le Stimmate di San Francesco degli Uffizi, opera sicura dell'autore della grande pala posta sull'altare della Cappella Bardi nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Nel Crocifisso n. 434 si evidenzia invece un linguaggio caratterizzato da una minore eleganza formale e incisività disegnativa rispetto a quello del Maestro del San Francesco Bardi, che presenta tuttavia singolari analogie con l'autore della pala con Santa Caterina d'Alessandria e otto storie della sua vita del Museo di Pisa, databile presumibil­mente nel decennio 1235-1245. Rimandi alla fondamentale cultura pisana duecentesca si ravvisano anche nel dossale con Cristo benedicente tra la Vergine

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T

he thirteenth century remains one of the most enigmatic periods in Italian painting, and one of the least studied by scholars. The problems facing art historians today are compounded by the extremely small number of works that have survived, and by the fact that those few paintings that do exist have often been repainted or subjected to antiquated methods of “restoration.” Current interpretation of this period has finally dispensed with the belief that these works of art were primarily the result of a strong Byzantine influence, as past scholars had a priori claimed. Evidence now suggests that in the thirteenth century, in this singularly well developed area of the Italian peninsula, there must have been a rich and multifaceted artistic culture that anticipated the extraordinary flowering of the following century. In Tuscany, the principal critical literature of this tradition assigns an essential role to the pictorial tradition of Lucca, represented primarily by the work of Berlinghiero and his three sons, Bonaventura, Marco, and Barone. More recently, however, scholars have come to place greater emphasis on the role played for most of the thirteenth century by the city of Pisa, a principal center of creativity and innovation. This artistic impetus was nonetheless also influenced by the Byzantine tradition, especially with regard to its Middle Eastern foundations. The Pisan cultural matrix was widely disseminated and contributed, through successive waves of influence, to the establishment of local artistic languages within each region. The Crucifixion Number 432 in the Uffizi is the highest example of the Pisan artistic culture of the last quarter of the twelfth century. Pisan ideas derived primarily through Giunta Capitini, called Pisano, who formed the basis for the stylistic developments of two protagonists of Florentine painting in the first half of the thirteenth century: the Master of the Crucifixion Number 434 in the Uffizi and the Master of St. Francis Bardi. Such developments nonetheless took place within a context that was itself influenced by the Luccan painting tradition. This Luccan influence is evident in the magnificent Stigmata of St. Francis in the Uffizi, a work that is surely by the same hand as the great altarpiece of the Bardi chapel in the church of Santa Croce in Florence. The artistic language of the Crucifixion Number 434 is, by comparison, characterized by a minor formal elegance and incisiveness. This is true as well of the author of St. Catherine of Alexandria and Eight Stories from Her Life in the museum at Pisa, datable presumably to the decade between 1235 and 1245.

e i Santi Pietro, Giovanni Evangelista e Paolo, firmato e datato 1271 dal fiorentino Meliore, che nel 1260 è menzionato fra coloro che avrebbero dovuto combattere a Montaperti contro i Senesi. L'opera pre­senta anche un notevole interesse dal punto di vista tipologico, poiché risulta uno degli esemplari più antichi fra quelli a noi pervenuti di dossale rettangolare con la parte centrale cuspidata. La fiorente cultura senese duecentesca è rappresentata nelle Gallerie Fiorentine da due dipinti dei suoi mas­simi esponenti: Guido da Siena e Duccio di Bonin­segna. Il primo, pur essendo il rappresentante più tipico della tradizione locale, fu sensibilmente influenzato dalla cultura neoellenistica di matrice giuntesca nell'in­terpretazione del cosiddetto Maestro della Madonna dei Santi Cosma e Damiano, nonché dal fiorentino Coppo di Marcovaldo; il secondo è, com'è noto, uno dei padri fondatori della civiltà gotica italiana. Il recente restauro (1988-1990) della splendente Maestà di Duccio consente oggi di apprezzare appieno la straordinaria bellezza e la qualità di questo dipinto, mentre in termini storico-artistici appare ancora più limpida­mente l'altissima e libera interpretazione del linguaggio cimabuesco in esso esperita. E a proposito di Cimabue, occorre ribadire che la collocazione cronologica più probabile per l'imponente Maestà degli Uffizi, dipinta per i Vallombrosani di Santa Trinita a Firenze, è tuttora quella intorno al 1280. L'opera è stata recentemente sottoposta a un impor­tante intervento di restauro che, tra l'altro, ha contri­buito a sottolineare una volta di più il ruolo primario svolto da Cimabue negli sviluppi della pittura italiana del Duecento. Non meno rilevante fu, com'è ovvio, l'apporto della cultura cimabuesca nell'ambito della pittura fiorentina dell'ultimo quarto del secolo. Un riflesso cimabuesco preciso e determinante si coglie nell'attività del gradevolissimo anonimo noto con la denominazione convenzionale di Maestro della Mad­dalena, dal dipinto della Galleria dell'Accademia. Nel­l 'ambito di quest'ultimo artista si formò anche il Maestro di San Gaggio, così chiamato dalla tavola pro­veniente in origine dall'omonimo convento fiorentino (oggi all'Accademia), identificabile molto probabil­mente con il pittore fiorentino Grifo di Tancredi. Nel periodo centrale della sua attività questo notevole ar­tista fu sensibilmente influenzato da Cimabue, mentre nella fase finale del suo percorso s'impose come uno dei più attenti interpreti dell'operosità del giovane Giotto. Angelo Tartuferi

Typical characteristics of thirteenth-century Pisan culture can also be seen in the altarpiece with The Benediction of Christ with the Virgin and SS. Peter, John the Evangelist, and Paul, signed and dated 1271 by the Florentine Meliore, who is mentioned in 1260 as being among those who had to fight at Montaperti against the Sienese. This work is typologically notable for being one of the earliest known examples using a rectangular frame with a pointed, or cuspid, central part. The flourishing Sienese culture of the thirteenth century is represented in Florentine museums by two paintings by its greatest exponents: Guido da Siena and Duccio di Buoninsegna. The first of these, though the more typical example of the local tradition, was influenced by the neo-Hellenistic culture of the Giuntesque masters through the interpretation of the so-called Master of the Madonna of SS. Cosmas and Damian, as well as that of the Florentine Coppo di Marcovaldo. The second, Duccio, is considered to be one of the founding fathers of the Italian Gothic. The recent restoration (1988–1990) of Duccio’s splendid Maestà allows us to fully appreciate the painting’s extraordinary beauty and quality, while in art historical terms it clearly shows itself to be the most extensive and liberal interpretation of the Cimabuesque language up to that time. On the subject of Cimabue, it has been reaffirmed that his own powerful Maestà in the Uffizi, painted for the Vallombrosani monks in Santa Trinita in Florence, is datable to about 1280. This work has recently been restored and will undoubtedly contribute to further elucidation of the primary role played by its creator in the development of Italian painting in the thirteenth century. The introduction of Cimabuesque culture into the milieu of Florentine painting in the last quarter of the century was of no less relevance. A precise and determinate reflection of Cimabue’s influence can be seen in the work of the delightful unidentified painter who is usually referred to as the Master of the Magdalen, after a painting by him in the Florentine Accademia. The metier of the Master of the Magdalen also produced the work of the Master of San Gaggio, whose name is taken from a painting (today also in the Accademia) originally owned by the Florentine convent of San Gaggio. In all likelihood he was the Florentine painter Grifo di Tancredi. In the middle period of his career, this artist was much influenced by Cimabue, while the final phase of his artistic activity may be characterized as one of the earliest and most attentive interpretations of the work of the young Giotto. Angelo Tartuferi 35


7 CIMABUE Madonna col Bambino in trono fra due angeli e i Santi Francesco e Domenico Tempera su tavola, cm 133x82 Pitti, Meridiana (collocazione provvisoria); inv. Contini Bonacossi: n. 32. Già nella collezione Hutton a Londra. Opera generalmente riconosciuta a Cimabue, ne documenta lo stile tardo, non insensibile alle suggestioni derivanti dall'attività del giovane Giotto.

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6 CIMABUE Madonna col Bambino in trono fra otto angeli e quattro profeti Tempera su tavola, cm 385x223 Iscrizioni: creavit dominus novum super terram foemina circumdavit viro; in semine tuo benedicentur omnes gentes; de fructu ventris tui ponam super sedem tuam; ecce virgo concipiet et pariet Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 8343.

6 CIMABUE Madonna and Child Enthroned with Eight Angels and Four Prophets (Maestà) Tempera on panel, 1519/16 × 8713/16 in. (385 × 223 cm) Inscription: creavit dominus novum super terram foemina circumdavit viro; in semine tuo benedicentur omnes gentes; de fructu ventris tui ponam super sedem tuam; ecce virgo concipiet et pariet Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 8343.

Commissionato a Cimabue dai monaci Vallombrosani della chiesa di Santa Trinita a Firenze. Opera capitale del grande maestro f iorentino, da sempre riconosciuta assai prossima agli affreschi della chiesa superiore di San Francesco. in Assisi e databile verosimilmente intorno al 1280.

Commissioned by the Vallombrosani monks for the church of Santa Trinita in Florence, this major work by Cimabue has always been recognized as having stylistic affinities with the frescoes in the major church of St. Francis in Assisi; it is datable to around 1280.

7 CIMABUE Madonna and Child Enthroned with Two Angels and SS. Francis and Dominic Tempera on panel, 523/8 × 325/16 in. (133 × 82 cm) Pitti, Meridiana (provisional location); inv. Contini Bonacossi: no. 32. This panel was formerly in the Hutton collection in London and then passed into the Contini Bonacossi collection. Generally recognized as being by Cimabue, it may be an example of his later style, perhaps influenced in some measure by the work of the young Giotto.

8 MAESTRO DI SAN GAGGIO Madonna col Bambino in trono e i Santi Paolo, Pietro, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista Tempera su tavola, cm 200x112 Accademia, Galleria; inv. 1890: n. 6115. Pervenuto alle Gallerie nel 1867 dal Monastero di San Gaggio a Firenze. L'opera ha fornito la denominazione critica ad una delle più interessanti personalità del tardo Duecento a Firenze, forse identificabile con il pittore Grifo di Tancredi. La datazione più attendibile appare quella sullo scorcio del Duecento. 8 MASTER OF SAN GAGGIO Madonna and Child Enthroned with SS. Paul, Peter, John the Baptist, and John the Evangelist Tempera on panel, 783/4 × 441/8 in. (200 × 112 cm) Accademia, Gallery; inv. 1890: no. 6115. This panel came to the Accademia in 1867 from the monastery of San Gaggio in Florence and probably dates from the last years of the thirteenth century. It has given a name to one of the most interesting figures of late-thirteenth-century Florence, who may perhaps be identified as the painter Grifo di Tancredi.

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7 CIMABUE Madonna col Bambino in trono fra due angeli e i Santi Francesco e Domenico Tempera su tavola, cm 133x82 Pitti, Meridiana (collocazione provvisoria); inv. Contini Bonacossi: n. 32. Già nella collezione Hutton a Londra. Opera generalmente riconosciuta a Cimabue, ne documenta lo stile tardo, non insensibile alle suggestioni derivanti dall'attività del giovane Giotto.

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6 CIMABUE Madonna col Bambino in trono fra otto angeli e quattro profeti Tempera su tavola, cm 385x223 Iscrizioni: creavit dominus novum super terram foemina circumdavit viro; in semine tuo benedicentur omnes gentes; de fructu ventris tui ponam super sedem tuam; ecce virgo concipiet et pariet Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 8343.

6 CIMABUE Madonna and Child Enthroned with Eight Angels and Four Prophets (Maestà) Tempera on panel, 1519/16 × 8713/16 in. (385 × 223 cm) Inscription: creavit dominus novum super terram foemina circumdavit viro; in semine tuo benedicentur omnes gentes; de fructu ventris tui ponam super sedem tuam; ecce virgo concipiet et pariet Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 8343.

Commissionato a Cimabue dai monaci Vallombrosani della chiesa di Santa Trinita a Firenze. Opera capitale del grande maestro f iorentino, da sempre riconosciuta assai prossima agli affreschi della chiesa superiore di San Francesco. in Assisi e databile verosimilmente intorno al 1280.

Commissioned by the Vallombrosani monks for the church of Santa Trinita in Florence, this major work by Cimabue has always been recognized as having stylistic affinities with the frescoes in the major church of St. Francis in Assisi; it is datable to around 1280.

7 CIMABUE Madonna and Child Enthroned with Two Angels and SS. Francis and Dominic Tempera on panel, 523/8 × 325/16 in. (133 × 82 cm) Pitti, Meridiana (provisional location); inv. Contini Bonacossi: no. 32. This panel was formerly in the Hutton collection in London and then passed into the Contini Bonacossi collection. Generally recognized as being by Cimabue, it may be an example of his later style, perhaps influenced in some measure by the work of the young Giotto.

8 MAESTRO DI SAN GAGGIO Madonna col Bambino in trono e i Santi Paolo, Pietro, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista Tempera su tavola, cm 200x112 Accademia, Galleria; inv. 1890: n. 6115. Pervenuto alle Gallerie nel 1867 dal Monastero di San Gaggio a Firenze. L'opera ha fornito la denominazione critica ad una delle più interessanti personalità del tardo Duecento a Firenze, forse identificabile con il pittore Grifo di Tancredi. La datazione più attendibile appare quella sullo scorcio del Duecento. 8 MASTER OF SAN GAGGIO Madonna and Child Enthroned with SS. Paul, Peter, John the Baptist, and John the Evangelist Tempera on panel, 783/4 × 441/8 in. (200 × 112 cm) Accademia, Gallery; inv. 1890: no. 6115. This panel came to the Accademia in 1867 from the monastery of San Gaggio in Florence and probably dates from the last years of the thirteenth century. It has given a name to one of the most interesting figures of late-thirteenth-century Florence, who may perhaps be identified as the painter Grifo di Tancredi.

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17 BERNARDO DADDI Madonna col Bambino fra i Santi Matteo e Nicola di Bari Tempera su tavola, cm 144x194 Firmato e datato: ano-dnimcccxxviii fr. nicholaus-demazinghis-de-canpi-me-fierifecit-pro-rimadio-anime-matriset-fratrum-bernardus de florentia me-pinxit Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 3073.

Presentazione al tempio Tempera su tavola, cm 48x43 Accademia, Galleria; inv. 1890: n. 8585.

The Presentation at the Temple Tempera on panel, 187/8 × 171/8 in. (48 × 43.5 cm.) Accademia, Gallery; inv. 1890; no. 8585.

Parte di un complesso che comprende due semilunette e dodici formelle con scene della vita di Cristo e dieci formelle con scene della vita di San Francesco; decorava l'armadio delle reliquie nella sacrestia di Santa Croce a Firenze. Databili alla prima maturità del Gaddi, posteriormente agli affreschi della Cappella Baroncelli (1327-1330 circa) in Santa Croce a Firenze.

These panels belong to a series comprising two half-lunettes and twelve panels with scenes from the life of Christ and ten panels with scenes from the life of St. Francis, all of which decorated the reliquary cupboard in the sacristy of Santa Croce in Florence. The series can be dated to Gaddi’s first period of maturity as a painter, somewhat later than the Baroncelli chapel frescoes (c. 1327–1330) in Santa Croce in Florence.

Il grande polittico, completato da cuspidi e quattro tondi, forse l'opera più complessa uscita dalla bottega del Daddi, fu dipinto per la chiesa di San Pancrazio a Firenze presumibilmente sul f inire del quarto decennio del secolo.

17 BERNARDO DADDI Madonna and Child with SS. Matthew and Nicholas of Bari Tempera on panel, 5611/16 × 763/8 in. (144 × 194 cm) Signed and dated: ano-dnimcccxxviii fr. nicholaus-demazinghis-de-canpi-me-fierifecit-pro-rimadio-anime-matriset-fratrum-bernardus de florentia me-pinxit Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 3073.

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18/19 TADDEO GADDI The Adoration of the Shepherds Tempera on panel, 187/8 × 1615/16 in. (48 × 43 cm) Accademia, Gallery; inv. 1890: no. 8583.

20 BERNARDO DADDI Madonna col Bambino in trono e angeli, fra i Santi Zanobi, Pancrazio, Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Miniato, Reparata; Nella predella: Sette storie della Vergine Tempera su tavola, cm 165x85 (elemento centrale); cm 127x42 (laterali); cm 31x17 (Apostoli e profeti); Ø cm 20 (tondi); cm 50x30 (ogni pannello della predella) Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 8345.

Proviene dal Convento fiorentino di Ognissanti. È la prima opera datata del pittore a noi nota, tuttavia appartiene al periodo della prima maturità, corrispondente agli affreschi della Cappella Pulci-Berardi in Santa Croce a Firenze.

The provenance of this painting is the Florentine monastery of Ognissanti. Although it is the earliest dated work by Daddi, it is likely to belong to the first period of his maturity as a painter, corresponding to the creation of the frescoes in the Pulci-Berardi chapel in Santa Croce in Florence.

18/19 TADDEO GADDI Adorazione dei pastori Tempera su tavola, cm 48x43 Accademia, Galleria; inv. 1890: n. 8583.

20 BERNARDO DADDI Madonna and Child Enthroned with Angels and SS. Zenobius, Pancras, John the Evangelist, John the Baptist, Miniato, and Reparata (predella) Seven Stories from the Life of the Virgin Tempera on panel, 6415/16 × 333/8 in. (165 × 85 cm) (central element); 50 × 169/16 in. (127 × 42 cm) (wings); 12 3/16 × 611/16 in. (31 × 17 cm) (apostles and prophets, in the cusps); 715/16 in. (20 cm) in diameter (roundels); 1911/16 × 1113/16 in. (50 × 30 cm) (each panel of the predella) Uffizi, Gallery; inv. 1890: nos. 8345, 6127–6128.

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This great polyptych, adorned with cusps and four roundels, was perhaps the most elaborate work ever to come out of Daddi’s workshop. It was painted for the church of San Pancrazio in Florence, presumably toward the end of the 1340s.

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17 BERNARDO DADDI Madonna col Bambino fra i Santi Matteo e Nicola di Bari Tempera su tavola, cm 144x194 Firmato e datato: ano-dnimcccxxviii fr. nicholaus-demazinghis-de-canpi-me-fierifecit-pro-rimadio-anime-matriset-fratrum-bernardus de florentia me-pinxit Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 3073.

Presentazione al tempio Tempera su tavola, cm 48x43 Accademia, Galleria; inv. 1890: n. 8585.

The Presentation at the Temple Tempera on panel, 187/8 × 171/8 in. (48 × 43.5 cm.) Accademia, Gallery; inv. 1890; no. 8585.

Parte di un complesso che comprende due semilunette e dodici formelle con scene della vita di Cristo e dieci formelle con scene della vita di San Francesco; decorava l'armadio delle reliquie nella sacrestia di Santa Croce a Firenze. Databili alla prima maturità del Gaddi, posteriormente agli affreschi della Cappella Baroncelli (1327-1330 circa) in Santa Croce a Firenze.

These panels belong to a series comprising two half-lunettes and twelve panels with scenes from the life of Christ and ten panels with scenes from the life of St. Francis, all of which decorated the reliquary cupboard in the sacristy of Santa Croce in Florence. The series can be dated to Gaddi’s first period of maturity as a painter, somewhat later than the Baroncelli chapel frescoes (c. 1327–1330) in Santa Croce in Florence.

Il grande polittico, completato da cuspidi e quattro tondi, forse l'opera più complessa uscita dalla bottega del Daddi, fu dipinto per la chiesa di San Pancrazio a Firenze presumibilmente sul f inire del quarto decennio del secolo.

17 BERNARDO DADDI Madonna and Child with SS. Matthew and Nicholas of Bari Tempera on panel, 5611/16 × 763/8 in. (144 × 194 cm) Signed and dated: ano-dnimcccxxviii fr. nicholaus-demazinghis-de-canpi-me-fierifecit-pro-rimadio-anime-matriset-fratrum-bernardus de florentia me-pinxit Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 3073.

50

18/19 TADDEO GADDI The Adoration of the Shepherds Tempera on panel, 187/8 × 1615/16 in. (48 × 43 cm) Accademia, Gallery; inv. 1890: no. 8583.

20 BERNARDO DADDI Madonna col Bambino in trono e angeli, fra i Santi Zanobi, Pancrazio, Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Miniato, Reparata; Nella predella: Sette storie della Vergine Tempera su tavola, cm 165x85 (elemento centrale); cm 127x42 (laterali); cm 31x17 (Apostoli e profeti); Ø cm 20 (tondi); cm 50x30 (ogni pannello della predella) Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 8345.

Proviene dal Convento fiorentino di Ognissanti. È la prima opera datata del pittore a noi nota, tuttavia appartiene al periodo della prima maturità, corrispondente agli affreschi della Cappella Pulci-Berardi in Santa Croce a Firenze.

The provenance of this painting is the Florentine monastery of Ognissanti. Although it is the earliest dated work by Daddi, it is likely to belong to the first period of his maturity as a painter, corresponding to the creation of the frescoes in the Pulci-Berardi chapel in Santa Croce in Florence.

18/19 TADDEO GADDI Adorazione dei pastori Tempera su tavola, cm 48x43 Accademia, Galleria; inv. 1890: n. 8583.

20 BERNARDO DADDI Madonna and Child Enthroned with Angels and SS. Zenobius, Pancras, John the Evangelist, John the Baptist, Miniato, and Reparata (predella) Seven Stories from the Life of the Virgin Tempera on panel, 6415/16 × 333/8 in. (165 × 85 cm) (central element); 50 × 169/16 in. (127 × 42 cm) (wings); 12 3/16 × 611/16 in. (31 × 17 cm) (apostles and prophets, in the cusps); 715/16 in. (20 cm) in diameter (roundels); 1911/16 × 1113/16 in. (50 × 30 cm) (each panel of the predella) Uffizi, Gallery; inv. 1890: nos. 8345, 6127–6128.

17.

This great polyptych, adorned with cusps and four roundels, was perhaps the most elaborate work ever to come out of Daddi’s workshop. It was painted for the church of San Pancrazio in Florence, presumably toward the end of the 1340s.

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Pisani e Senesi

Pisa and Siena

C

P

resciuta sulle basi di una cultura duecentesca straordi­ nariamente ricca e vitale, la pittura pisana del Trecento si avvalse nei suoi sviluppi soprattutto degli apporti fiorentini e senesi (Simone Martini, Bonamico Buffal­macco, Taddeo Gaddi, Stefano), riuscendo ad espri­mere, tuttavia, anche personalità autonome di alto rango, prima fra tutte quella di Francesco Traini. Le collusioni di gusto e le tangenze formali con la cultura senese sono già esplicite nell'attività del cosiddetto Maestro di San Torpè, operoso dalla fine del Duecento, con particolare riferimento ai modi di Memmo di Filippuccio. La presenza in Pisa sul finire del secondo decennio di Simone Martini - con Giotto il massimo pittore del Trecento italiano - fu decisiva per il decollo della cultura artistica locale, aprendo la strada ad altre pre­senze fiorentine di altissimo rilievo, convocate per la decorazione del Camposanto monumentale della città. La «scuola senese» di pittura, sviluppatasi tra lo scorcio del Duecento e i primi anni del Trecento, secondo un'opinione critica diffusa potrebbe identificarsi tout court con la cultura gotica. Ma quest'ultima, come ogni fenomeno storico complesso, conobbe in Italia una straordinaria articolazione di temi e modi. In ambito senese si realizzò in particolare un'armonica coesi­stenza e interazione fra tendenze formali assai diverse. L'arte nobilissima di Duccio di Boninsegna, ancora largamente debitrice della «maniera greca», mantenne inalterato gran parte del suo fascino e della sua forza d'irradiazione anche quando fu divulgata dalla folta schiera dei più diretti continuatori, fra i quali una posi­zione eminente fu occupata certamente da Ugolino di Neri, come documenta il bellissimo trittico della donazione Contini Bonacossi. Il massimo rappresentante della civiltà del gotico senese nonché autentico fondatore della tradizione artistica locale - fu Simone Martini, l'unico artista in grado di contendere a Giotto la leadership assoluta del Trecento pittorico italiano. L'aurea e abbacinante Annunciazione (Uffizi) dipinta per l'altare di Sant'An­sano del duomo senese è forse l'opera più programma­tica ed esemplare del gusto martiniano, che riuscì ad esercitare una fortissima suggestione perfino nei confronti degli artisti locali del Quattrocento. Ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti spetta il ruolo storico di aver intrattenuto precocemente un altissimo, dialettico rapporto privilegiato con la cultura giottesco­fiorentina. In Pietro esso culminerà proprio nella Maestà eseguita per San Francesco a Pistoia e nel complesso con le Storie della beata Umiltà degli Uffizi, frutti altissimi di una sintesi ine-

64

isa’s extraordinarily rich and vital thirteenth-century culture allowed Pisan painting in the fourteenth century to make special use of artists imported from Florence and Siena, among them Simone Martini, Bonamico Buffalmacco, Taddeo Gaddi, and Stefano. The city nonetheless also succeeded in expressing its own autonomous style with native artists of the first rank, including Francesco Traini. The mixture of tastes and the tangential contacts with Sienese culture are both expressed in the activity of the so-called Master of San Torpè, who was active at the end of the thirteenth century. His work exhibits traits that can be connected to the style of Memmo di Filippuccio. The presence in Pisa, at the end of the second decade of the fourteenth century, of Simone Martini—with Giotto, the greatest painter of the century in Italy—was decisive in launching the local artistic culture. Simone led the way, as well, for other artists of the highest caliber, who came together from Florence for the decoration of Pisa’s monumental Camposanto. The Sienese school of painting, which developed toward the end of the thirteenth century and into the first years of the fourteenth, has generally, and quite simply, been identified by critics with Gothic culture. But this latter phenomenon, like every other complex historical development, is recognized in Italy as having been an extraordinary and varied articulation of themes and styles. Within the artistic ambience of Siena, for example, there evolved a particularly harmonious coexistence and interrelationship between different formal tendencies. The most noble art of Duccio di Buoninsegna, still largely indebted to the “Greek style,” managed to retain, unaltered, a great deal of its fascination and its illuminating strength even in the work of that master’s most immediate successors. Among these latter artists was Ugolino di Neri, who held a position of eminence as is documented by the very beautiful triptych from the Contini Bonacossi collection. Simone Martini, at once the greatest representative of Sienese Gothic culture and the founder of the local artistic tradition, was the only artist of any rank who can be said to contend with Giotto for the role of absolute leadership of fourteenthcentury Italian painting. Of all of Simone’s works, the gilded and dazzling Annunciation in the Uffizi, painted for the altar of Sant’Ansano in the Duomo in Siena, is perhaps the most intentionally demonstrative of his artistic style; it bears its own distinctive stamp even when compared with the work of local artists from the following century.

guagliabile del plasti­cismo e della spazialità giottesca con il gusto lineare e cromatico della tradizione senese. Ambrogio Loren­z etti approfondì invece in modo particolare alcune sperimentazioni spaziali che culminano giusto nella Presentazione al tempio (Uffizi) dipinta nel 1342 per l'al­tare di San Crescenzio nel Duomo di Siena, dov'è raggiunta un'inquadratura spaziale fino ad ora inedita. Variamente influenzato dai Lorenzetti appare il pittore e mìniatore Niccolò di Ser Sozzo, mentre Niccolò di Buonaccorso nella sua Presentazione della Vergine al tempio (Uffizi) sviluppa una poetica neo-martiniana che ormai inclina decisamente verso un gusto tardogotico. Angelo Tartuferi

The brothers Pietro and Ambrogio Lorenzetti secured a significant historical position through their sophisticated dialectic and privileged rapport with Giottesque Florentine culture. This intellectual exchange was expressed by Pietro in his Maestà, executed for San Francesco in Pistoia, and in his series of Stories of the Blessed Humility in the Uffizi. These works exhibit a matchless synthesis of plasticity and Giottesque space with a traditional Sienese linear and chromatic sense. Ambrogio Lorenzetti’s work, instead, approached spatial experiments in a very particular fashion, culminating in the Uffizi’s Presentation in the Temple, painted in 1342 for the altar of San Crescenzio in the Duomo in Siena. The influence of the Lorenzettis can also be seen in the paintings and miniatures of Niccolò di Ser Sozzo, while Niccolò di Buonaccorso, in his Presentation of the Virgin, followed Simone Martini’s model in developing a poetry that had a decisively late-Gothic sensibility. Angelo Tartuferi

37 PITTORE SENESE (primo quarto del secolo XIV ) Madonna col Bambino Tempera su tavola, cm 83x54 Pitti, Meridiana (collocazione provvisoria); inv. Contini Bonacossi: n. 26. Un tempo in collezione Boninsegni a Siena, fu poi nella raccolta TadiniBoninsegni a Pisa. Variamente giudicato nell'ambito del seguito più o meno diretto di Duccio, sembra di artista affine a Niccolò di Segna. 37 ANONYMOUS SIENESE ARTIST (first quarter of 14th C.) Madonna and Child Tempera on panel, 3211/16 × 2114 in. (83 × 54 cm) Pitti, Meridiana (temporary location); inv. Contini Bonacossi: no. 26. This panel was formerly in the Boninsegni collection in Siena and the Tadini-Boninsegni collection in Pisa. Variously attributed to the circle or followers of Duccio, it suggests the hand of an artist close to Niccolò di Segna.

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Pisani e Senesi

Pisa and Siena

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resciuta sulle basi di una cultura duecentesca straordi­ nariamente ricca e vitale, la pittura pisana del Trecento si avvalse nei suoi sviluppi soprattutto degli apporti fiorentini e senesi (Simone Martini, Bonamico Buffal­macco, Taddeo Gaddi, Stefano), riuscendo ad espri­mere, tuttavia, anche personalità autonome di alto rango, prima fra tutte quella di Francesco Traini. Le collusioni di gusto e le tangenze formali con la cultura senese sono già esplicite nell'attività del cosiddetto Maestro di San Torpè, operoso dalla fine del Duecento, con particolare riferimento ai modi di Memmo di Filippuccio. La presenza in Pisa sul finire del secondo decennio di Simone Martini - con Giotto il massimo pittore del Trecento italiano - fu decisiva per il decollo della cultura artistica locale, aprendo la strada ad altre pre­senze fiorentine di altissimo rilievo, convocate per la decorazione del Camposanto monumentale della città. La «scuola senese» di pittura, sviluppatasi tra lo scorcio del Duecento e i primi anni del Trecento, secondo un'opinione critica diffusa potrebbe identificarsi tout court con la cultura gotica. Ma quest'ultima, come ogni fenomeno storico complesso, conobbe in Italia una straordinaria articolazione di temi e modi. In ambito senese si realizzò in particolare un'armonica coesi­stenza e interazione fra tendenze formali assai diverse. L'arte nobilissima di Duccio di Boninsegna, ancora largamente debitrice della «maniera greca», mantenne inalterato gran parte del suo fascino e della sua forza d'irradiazione anche quando fu divulgata dalla folta schiera dei più diretti continuatori, fra i quali una posi­zione eminente fu occupata certamente da Ugolino di Neri, come documenta il bellissimo trittico della donazione Contini Bonacossi. Il massimo rappresentante della civiltà del gotico senese nonché autentico fondatore della tradizione artistica locale - fu Simone Martini, l'unico artista in grado di contendere a Giotto la leadership assoluta del Trecento pittorico italiano. L'aurea e abbacinante Annunciazione (Uffizi) dipinta per l'altare di Sant'An­sano del duomo senese è forse l'opera più programma­tica ed esemplare del gusto martiniano, che riuscì ad esercitare una fortissima suggestione perfino nei confronti degli artisti locali del Quattrocento. Ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti spetta il ruolo storico di aver intrattenuto precocemente un altissimo, dialettico rapporto privilegiato con la cultura giottesco­fiorentina. In Pietro esso culminerà proprio nella Maestà eseguita per San Francesco a Pistoia e nel complesso con le Storie della beata Umiltà degli Uffizi, frutti altissimi di una sintesi ine-

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isa’s extraordinarily rich and vital thirteenth-century culture allowed Pisan painting in the fourteenth century to make special use of artists imported from Florence and Siena, among them Simone Martini, Bonamico Buffalmacco, Taddeo Gaddi, and Stefano. The city nonetheless also succeeded in expressing its own autonomous style with native artists of the first rank, including Francesco Traini. The mixture of tastes and the tangential contacts with Sienese culture are both expressed in the activity of the so-called Master of San Torpè, who was active at the end of the thirteenth century. His work exhibits traits that can be connected to the style of Memmo di Filippuccio. The presence in Pisa, at the end of the second decade of the fourteenth century, of Simone Martini—with Giotto, the greatest painter of the century in Italy—was decisive in launching the local artistic culture. Simone led the way, as well, for other artists of the highest caliber, who came together from Florence for the decoration of Pisa’s monumental Camposanto. The Sienese school of painting, which developed toward the end of the thirteenth century and into the first years of the fourteenth, has generally, and quite simply, been identified by critics with Gothic culture. But this latter phenomenon, like every other complex historical development, is recognized in Italy as having been an extraordinary and varied articulation of themes and styles. Within the artistic ambience of Siena, for example, there evolved a particularly harmonious coexistence and interrelationship between different formal tendencies. The most noble art of Duccio di Buoninsegna, still largely indebted to the “Greek style,” managed to retain, unaltered, a great deal of its fascination and its illuminating strength even in the work of that master’s most immediate successors. Among these latter artists was Ugolino di Neri, who held a position of eminence as is documented by the very beautiful triptych from the Contini Bonacossi collection. Simone Martini, at once the greatest representative of Sienese Gothic culture and the founder of the local artistic tradition, was the only artist of any rank who can be said to contend with Giotto for the role of absolute leadership of fourteenthcentury Italian painting. Of all of Simone’s works, the gilded and dazzling Annunciation in the Uffizi, painted for the altar of Sant’Ansano in the Duomo in Siena, is perhaps the most intentionally demonstrative of his artistic style; it bears its own distinctive stamp even when compared with the work of local artists from the following century.

guagliabile del plasti­cismo e della spazialità giottesca con il gusto lineare e cromatico della tradizione senese. Ambrogio Loren­z etti approfondì invece in modo particolare alcune sperimentazioni spaziali che culminano giusto nella Presentazione al tempio (Uffizi) dipinta nel 1342 per l'al­tare di San Crescenzio nel Duomo di Siena, dov'è raggiunta un'inquadratura spaziale fino ad ora inedita. Variamente influenzato dai Lorenzetti appare il pittore e mìniatore Niccolò di Ser Sozzo, mentre Niccolò di Buonaccorso nella sua Presentazione della Vergine al tempio (Uffizi) sviluppa una poetica neo-martiniana che ormai inclina decisamente verso un gusto tardogotico. Angelo Tartuferi

The brothers Pietro and Ambrogio Lorenzetti secured a significant historical position through their sophisticated dialectic and privileged rapport with Giottesque Florentine culture. This intellectual exchange was expressed by Pietro in his Maestà, executed for San Francesco in Pistoia, and in his series of Stories of the Blessed Humility in the Uffizi. These works exhibit a matchless synthesis of plasticity and Giottesque space with a traditional Sienese linear and chromatic sense. Ambrogio Lorenzetti’s work, instead, approached spatial experiments in a very particular fashion, culminating in the Uffizi’s Presentation in the Temple, painted in 1342 for the altar of San Crescenzio in the Duomo in Siena. The influence of the Lorenzettis can also be seen in the paintings and miniatures of Niccolò di Ser Sozzo, while Niccolò di Buonaccorso, in his Presentation of the Virgin, followed Simone Martini’s model in developing a poetry that had a decisively late-Gothic sensibility. Angelo Tartuferi

37 PITTORE SENESE (primo quarto del secolo XIV ) Madonna col Bambino Tempera su tavola, cm 83x54 Pitti, Meridiana (collocazione provvisoria); inv. Contini Bonacossi: n. 26. Un tempo in collezione Boninsegni a Siena, fu poi nella raccolta TadiniBoninsegni a Pisa. Variamente giudicato nell'ambito del seguito più o meno diretto di Duccio, sembra di artista affine a Niccolò di Segna. 37 ANONYMOUS SIENESE ARTIST (first quarter of 14th C.) Madonna and Child Tempera on panel, 3211/16 × 2114 in. (83 × 54 cm) Pitti, Meridiana (temporary location); inv. Contini Bonacossi: no. 26. This panel was formerly in the Boninsegni collection in Siena and the Tadini-Boninsegni collection in Pisa. Variously attributed to the circle or followers of Duccio, it suggests the hand of an artist close to Niccolò di Segna.

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208/209 RAFFAELLO Ritratto di Agnolo Doni Olio su tavola, cm 65x45,7 Pitti, Galleria Palatina; inv. 1912: n. 61. Ritratto di Maddalena Strozzi Doni Olio su tavola, cm 65x45,8 Pitti, Galleria Palatina; inv. 1912: n. 59.

212

208/209 RAPHAEL Portrait of Agnolo Doni Oil on panel, 255/8 × 18 in. (65 × 45.7 cm) Pitti, Palatine Gallery; inv. 1912: no. 61. Portrait of Maddalena Strozzi Doni Oil on panel, 255/8 × 181/16 in. (65 × 45.8 cm) Pitti, Palatine Gallery; inv. 1912: no. 59.

Agnolo Doni, appartenente a una ricca famglia mercantile, sposò nel 1504 Maddalena Strozzi. I due ritratti, ricordati dal Vasari, sono databili verso il 1506. A tergo di entrambi sono due scene monocrome, recentemente attribuite al Maestro di Serumido: il Diluvio Universale, dietro al ritratto di Agnolo, e Deucalione e Pirra, dietro a quello di Maddalena, allusivo alla fertilità. Furono acquistati nel 1826 da Leopoldo II di Lorena presso gli eredi dei Doni.

Agnolo Doni, who belonged to a wealthy family of merchants, married Maddalena Strozzi in 1504; their portraits by Raphael, recorded by Vasari, date from around 1506. On the reverse are two scenes in monochrome that have recently been attributed to the Master of Serumido: the Flood backing the portrait of Agnolo and Deucalion and Pyrrha behind that of Maddalena, the latter alluding to fertility. The portraits were acquired in 1826 by Leopold II of Lorraine from the Doni estate.

A fronte: 210 RAFFAELLO Madonna del Baldacchino Olio su tavola, cm 279x217 Pitti, Galleria Palatina; inv. 1912: n. 165.

Opposite: 210 RAPHAEL Madonna of the Baldachino Oil on panel, 10913/16 × 857/16 in. (279 × 217 cm) Pitti, Palatine Gallery; inv. 1912: no. 165.

Raffaello iniziò il dipinto nel 1507 per la Cappella Dei in Santo Spirito ma, partendo l'anno seguente per Roma, lo lasciò incompiuto. Il dipinto costituì un modello importantissimo per lo sviluppo di questo tipo di composizione. Dopo vari passaggi, alla fine del Seicento fu acquistato dal Gran Principe Ferdinando de' Medici.

Raphael began this painting in 1507 for the Dei chapel in Santo Spirito but left it incomplete on his departure for Rome the following year. It is a very important model for the development of this type of composition. After being in various locations, the panel was acquired by the Grand Prince Ferdinand de’ Medici at the end of the seventeenth century.

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208/209 RAFFAELLO Ritratto di Agnolo Doni Olio su tavola, cm 65x45,7 Pitti, Galleria Palatina; inv. 1912: n. 61. Ritratto di Maddalena Strozzi Doni Olio su tavola, cm 65x45,8 Pitti, Galleria Palatina; inv. 1912: n. 59.

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208/209 RAPHAEL Portrait of Agnolo Doni Oil on panel, 255/8 × 18 in. (65 × 45.7 cm) Pitti, Palatine Gallery; inv. 1912: no. 61. Portrait of Maddalena Strozzi Doni Oil on panel, 255/8 × 181/16 in. (65 × 45.8 cm) Pitti, Palatine Gallery; inv. 1912: no. 59.

Agnolo Doni, appartenente a una ricca famglia mercantile, sposò nel 1504 Maddalena Strozzi. I due ritratti, ricordati dal Vasari, sono databili verso il 1506. A tergo di entrambi sono due scene monocrome, recentemente attribuite al Maestro di Serumido: il Diluvio Universale, dietro al ritratto di Agnolo, e Deucalione e Pirra, dietro a quello di Maddalena, allusivo alla fertilità. Furono acquistati nel 1826 da Leopoldo II di Lorena presso gli eredi dei Doni.

Agnolo Doni, who belonged to a wealthy family of merchants, married Maddalena Strozzi in 1504; their portraits by Raphael, recorded by Vasari, date from around 1506. On the reverse are two scenes in monochrome that have recently been attributed to the Master of Serumido: the Flood backing the portrait of Agnolo and Deucalion and Pyrrha behind that of Maddalena, the latter alluding to fertility. The portraits were acquired in 1826 by Leopold II of Lorraine from the Doni estate.

A fronte: 210 RAFFAELLO Madonna del Baldacchino Olio su tavola, cm 279x217 Pitti, Galleria Palatina; inv. 1912: n. 165.

Opposite: 210 RAPHAEL Madonna of the Baldachino Oil on panel, 10913/16 × 857/16 in. (279 × 217 cm) Pitti, Palatine Gallery; inv. 1912: no. 165.

Raffaello iniziò il dipinto nel 1507 per la Cappella Dei in Santo Spirito ma, partendo l'anno seguente per Roma, lo lasciò incompiuto. Il dipinto costituì un modello importantissimo per lo sviluppo di questo tipo di composizione. Dopo vari passaggi, alla fine del Seicento fu acquistato dal Gran Principe Ferdinando de' Medici.

Raphael began this painting in 1507 for the Dei chapel in Santo Spirito but left it incomplete on his departure for Rome the following year. It is a very important model for the development of this type of composition. After being in various locations, the panel was acquired by the Grand Prince Ferdinand de’ Medici at the end of the seventeenth century.

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352 TIZIANO Ritratto di Francesco Maria Della Rovere Olio su tela, cm 114x103 Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 926.

352 TITIAN Portrait of Francesco Maria della Rovere Oil on canvas, 447/8 × 49/16 in. (114 × 103 cm) Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 926.

353 TIZIANO Ritratto di Eleonora Gonzaga Della Rovere Olio su tela, cm 114x103 Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 919.

353 TITIAN Portrait of Eleonora Gonzaga della Rovere Oil on canvas, 447/8 × 40 9/16 in. (114 × 103 cm) Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 919.

Il Ritratto di Francesco Maria Della Rovere viene citato come praticamente finito in una lettera del duca del 1536. Giunse a Pesaro il 14 aprile 1538 e pervenne in Galleria nel 1631 con l'eredità dei Della Rovere.

This portrait of Francesco Maria della Rovere was said to be nearly finished in a letter of 1536 from the duke. It arrived in Pesaro on April 14, 1538, and came to the gallery in 1631 with the legacy of Vittoria della Rovere.

Una lettera di Pietro Aretino a Veronica Gambara del 1537, ci informa che questo ritratto, assieme a quello di Francesco Maria Della Rovere, è quasi terminato. Giunse a Pesaro il 14 aprile 1538 e pervenne in Galleria nel 1631 con l'eredità dei Della Rovere. Il ritratto di Eleonora fu iniziato probabilmente in occasione del viaggio a Venezia della duchessa nel 1536-1537.

A letter of 1537 from Pietro Aretino to Veronica Gambara announced that this portrait, along with that of Francesco Maria della Rovere, was almost done. Both pictures reached Pesaro on April 14, 1538, and entered the Florentine gallery in 1631 as part of Vittoria della Rovere’s inheritance. Eleonora’s portrait was probably begun during her journey to Venice in 1536–1537.

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352 TIZIANO Ritratto di Francesco Maria Della Rovere Olio su tela, cm 114x103 Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 926.

352 TITIAN Portrait of Francesco Maria della Rovere Oil on canvas, 447/8 × 49/16 in. (114 × 103 cm) Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 926.

353 TIZIANO Ritratto di Eleonora Gonzaga Della Rovere Olio su tela, cm 114x103 Uffizi, Galleria; inv. 1890: n. 919.

353 TITIAN Portrait of Eleonora Gonzaga della Rovere Oil on canvas, 447/8 × 40 9/16 in. (114 × 103 cm) Uffizi, Gallery; inv. 1890: no. 919.

Il Ritratto di Francesco Maria Della Rovere viene citato come praticamente finito in una lettera del duca del 1536. Giunse a Pesaro il 14 aprile 1538 e pervenne in Galleria nel 1631 con l'eredità dei Della Rovere.

This portrait of Francesco Maria della Rovere was said to be nearly finished in a letter of 1536 from the duke. It arrived in Pesaro on April 14, 1538, and came to the gallery in 1631 with the legacy of Vittoria della Rovere.

Una lettera di Pietro Aretino a Veronica Gambara del 1537, ci informa che questo ritratto, assieme a quello di Francesco Maria Della Rovere, è quasi terminato. Giunse a Pesaro il 14 aprile 1538 e pervenne in Galleria nel 1631 con l'eredità dei Della Rovere. Il ritratto di Eleonora fu iniziato probabilmente in occasione del viaggio a Venezia della duchessa nel 1536-1537.

A letter of 1537 from Pietro Aretino to Veronica Gambara announced that this portrait, along with that of Francesco Maria della Rovere, was almost done. Both pictures reached Pesaro on April 14, 1538, and entered the Florentine gallery in 1631 as part of Vittoria della Rovere’s inheritance. Eleonora’s portrait was probably begun during her journey to Venice in 1536–1537.

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St. Placid’s Rescue Bartolomeo di Giovanni, 125. St. Sebastian Sodoma, 386. St. Zenobius Raising a Boy from the Dead Ghirlandaio, Ridolfo, 232. SS. John the Evangelist and Francis El Greco, 428. SS. Mary Magdalen, Nicholas, John the Baptist, and George Gentile da Fabriano, 65. SS. Vincent, James, and Eustace Pollaiolo, Antonio e Piero, 96. Salome with the Head of John the Baptist Berruguete, Alonso, 427. Samaritan Woman at the Well, The Tintoretto, 370. Scene of a Game with a Fortune-teller Règnier, Nicolas, 455. Sick Man, The Titian, 343. Silver Age, The Zucchi, Jacopo, 306. Singing Lesson, The Giorgione, 327. Sir Richard Southwell, Portrait of Holbein, Hans the Younger, 418. Sleeping Cupid Caravaggio, 438. Stigmata of St. Francis, The Jacopo del Casentino, 21. Master of St. Francis Bardi, 4. Scorel, Jan van, 403. Stories from the Lives of Christ and the Virgin Mariotto di Cristofano, 70. Stories of Saints Pesellino, 86. Supper of Emmaus, The Catena, Vincenzo, 329. Pontormo, 264.

Supper with a Lute Player Honthorst, Gerrit van, 446. Susanna and the Elders Lotto, Lorenzo, 332. Sibyl Diana, Benedetto, 171. Tarquin the Bold Founds the Temple of Jove on the Campidoglio Perino del Vaga, 221. Temptation of St. Jerome, The Vasari, Giorgio, 280. Tobias and the Three Archangels Botticini, Francesco, 118. Domenico di Michelino, 91. Tommaso Inghirami, Portrait of (“Fedra Inghirami”) Raphael, 211. Tommaso Mosti Titian, 348. Tooth Puller, The Caravaggio, 440. Transfiguration, The Savoldo, Giovanni Gerolamo, 389. Tree of Life, The Pacino di Bonaguida, 14. Tribute to Caesar Manfredi, Bartolomeo, 443. Trinity and SS. Romuald and John the Evangelist, The Nardo di Cione, 24. Triumph of Battista Sforza, The Piero della Francesca, 146b. Triumph of Federico da Montefeltro, The Piero della Francesca, 147b. Two Dogs Bassano, Jacopo, 359. Universal Judgment Angelico, Fra, 71.

Stampato in Italia Printed in Italy

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Vallombrosiana Altarpiece Andrea del Sarto, 242. Velata, La Raphael, 214. Venus Credi, Lorenzo di, 136. Venus and Adonis Macchietti, Girolamo, 302. Venus and Mercury Present Eros and Anteros to Jupiter Veronese, Paolo, 373. Venus of Urbino Titian, 351. Virgin Annunciate, The Melozzo da Forlì, 153. Morone, Francesco, 182. Vision of St. Bernard, The Bartolomeo, Fra, 223. Visitation, The Albertinelli, Mariotto, 228. Warriors and Orientals Carpaccio, Vittore, 177. Wedding Supper, The Honthorst, Gerrit, van, 445. Witchcraft Dossi, Dosso, 315. Women Bathing Anonymous French Artist, 425. Woman Dressed as Mary Magdalen, Portrait of a Puligo, Domenico, 250. Young Englishman, The Titian, 350. Young Man with a Medallion, Portrait of a Botticelli, 107. Young St. John, The Andrea del Sarto, 241.


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