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Settembre 2010
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VOLUME 4
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e-Health, uno strumento per la prevenzione cardiovascolare Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa ARTICOLAZIONI Riduce l’infiammazione articolare e stimola la rigenerazione della cartilagine
SISTEMA MUSCOLARE Risolve rapidamente la contrattura e produce un intenso effetto antalgico
SISTEMA CIRCOLATORIO E LINFATICO Favorisce l’apporto di nutrienti e il riassorbimento delle raccolte di liquido
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La pluridimensionalità in sessuologia clinica
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La sindrome ipocinetica o da immobilizzazione zzazione nell’anziano
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Norme per gli Autori Approccio Clinico Multidisciplinare, rivista dell’Associazione Interregionale Cardiologi e Specialisti Medici Ambulatoriali (ACSA), pubblica in lingua italiana articoli di vario orientamento specialistico, rassegne, editoriali, test di autovalutazione. Gli articoli vengono pubblicati su invito del Comitato di Redazione o su richiesta dell’Autore. La pubblicazione degli articoli è comunque sempre a discrezione del Comitato di Redazione. Gli articoli privilegiano argomenti relativi a diagnosi e terapia. Nell’articolo, l’Autore o gli Autori, risponderanno ad alcuni quesiti che saranno formulati in un Syllabus come messaggi chiave per offrire al lettore una sintesi del lavoro. PREPARAZIONE DELL’ARTICOLO L’articolo deve essere presentato nella seguente forma: Lunghezza massima 3 pagine di 25 righe ciascuna, interlinea doppia e numerazione pagine a partire dalla prima. Per il formato elettronico la lunghezza massima consentita è di 4800 caratteri (spazi inclusi), font “Courier New” corpo 11. Oltre al testo il file deve contenere: – titolo – nome e cognome degli Autori nell’ordine desiderato – specificazione, per ogni Autore, dell’Istituto o Ente presso il quale svolge l’attività professionale – recapito telefonico ed e‑mail di almeno uno degli Autori – evidenziazione dei punti chiave dell’articolo – bibliografia numerata progressivamente secondo l’ordine di citazione nel testo. Deve essere limitata a un massimo di cinque voci circa con il seguente formato (per articoli o riviste): Voci T.D. Terapia dello scompenso cardiaco cronico nell’anziano. Approccio Clinico Multidisciplinare 2006; 2: 55‑70 – eventuali grafici, tabelle o immagini in b/n o a colori, devono essere forniti in file separati, formato TIFF, JPEG o GIF, risoluzione 300 dpi, dimensione 100×150 mm., essere citati in ordine progressivo nel testo e corredati di didascalia – due foto tessera degli Autori in formato digitale. Gli articoli devono essere realizzati con MS‑Word e inviati via email al seguente indirizzo: acsamagazine@acsa‑onlus.it oppure memorizzati su CD‑ROM e inviati tramite posta al seguente indirizzo: ACSA onlus Comitato di Redazione Via Madama Cristina 9 10125 Torino Gli articoli devono essere corredati infine da una lettera di manleva da parte degli Autori dove viene indicata l’esclusività del lavoro e delle immagini fornite e la responsabilità delle affermazioni contenute nell’articolo stesso. A questo proposito la Segreteria di Redazione potrà fornire agli Autori un facsimile di tale dichiarazione.
La medicina è una scienza sempre più complessa, soggetta a continue innovazioni. Qualsiasi rivista medicoscientifica ha come primo obiettivo l’informazione aggiornata. Tuttavia, tutti gli articoli e le rubriche rispec‑ chiano le opinioni dei rispettivi autori che sono chiamati a controllare quanto affermato. Inoltre, il lettore è pregato di verificare con altre fonti se le indicazioni cliniche fornite siano corrette e aggiornate. Gli autori e l’editore e chiunque abbia partecipato alla realizzazione della rivista non possono essere ritenuti responsabili di imprecisioni nell’esporre il loro pensiero. Eventuali errori materiali di stampa non dovrebbero ingannare un bravo medico o qualsiasi operatore sanitario competente, capace di confrontare ciò che legge con la propria esperienza clinica e con il sostegno di più fonti qualificate. Ovviamente tutti i collaboratori di “Approccio Clinico Multidisciplinare” si impegnano a fornire una informazione medico-scientifica puntuale e precisa.
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VOLUME 4
Direttore Responsabile Scientifico Carmine Macchione Co‑Direttori Massimo Fazzari Giuseppe Luciano Direzione Consiglio Direttivo ACSA Onlus Associazione Interregionale Cardiologi e Specialisti Medici Ambulatoriali Via Madama Cristina, 9 – 10125 Torino Tel. 011.669.32.10 Fax 011.650.16.07 e.mail: presidenza@acsa‑onlus.it www.acsa‑onlus.it Segreteria di redazione, editing e impaginazione Divisione Editoriale – G. Canale & C. spa Via Liguria 24 – 10071 Borgaro Torinese (TO) Tel. 39 011 4078574 Fax 39 011 4078591 Contatti: bassano@canale.it Stampa Gruppo Grafico Editoriale G. Canale & C. spa Borgaro Torinese – TO Concessionaria esclusiva per la pubblicità Divisione Editoriale – G. Canale & C. spa Contatti: bassano@canale.it
Comitato scientifico Mario Barbagallo Franco Bernini Claudio Borghi Santo Branca Stefano Carugo Filippo Crea Domenico Cucinotta Livio Dei Cas Stefano De Servi Matteo Di Biase Antonio Gaddi Marco Laudi Antonio Liuzzi Elmo Mannarino Vittorio Nicita‑Mauro Maria Vittoria Pitzalis Andrea Poli Camillo Riccioni Claudio Rugarli Piero Scapicchio Comitato di redazione Tommaso Diego Voci Antonio Castello Arrigo Cicero Luciano Cocozzello Plinio Fabiani Pietro Lentini Maurizio Rodio Gaetano Senatore Felice Strollo Roberto Volpe
© 2010 ACSA Onlus Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica sono riservati, compresi quelli di traduzione. I manoscritti e le fotografie, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. È vietata la riproduzione anche parziale senza speciale autorizzazione dell’Editore. Autorizzazione Tribunale di Torino n. 5987 del 20/09/2006. Spedizione in abbonamento postale. ACSA Magazine viene omaggiata ai soci ACSA in regola con la quota associativa
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Consiglio Direttivo Nazionale (in carica fino a ottobre 2010)
Tommaso Diego Voci – Presidente – Provider ECM‑CME Massimo Fazzari – Vice‑Presidente Giuseppe Luciano – Vice‑Presidente Paola Fiammengo – Segretario Ermanno Voci – Tesoriere Francesco Brogna – Consigliere Maurizio Rodio – Consigliere Federico Conrotto – Consigliere Francesco Filice – Consigliere Claudio Rugarli – Referente Scientifico Professore emerito Medicina Interna – Università Vita e Salute San Raffaele, Milano Luciano Cocozzello – Delegato nazionale ai rapporti con Istituzioni e Società Scientifiche estere Silvia Maffei – Delegato nazionale per il coordinamento studi clinici e sperimentali Pietro Lentini – Delegato nazionale per l’organizzazione di eventi culturali
Collegio dei Revisori dei Conti Massimo Conti – Presidente Pierdomenico Bertello Massimo Mao
Collegio dei Probiviri Sergio Cabodi – Presidente Florindo Verdone Giovanni Poy
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sommario editoriale
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È solo questione di semantica? L’eresia della parola C. Macchione
FOCUS ON
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e-Health, uno strumento per la prevenzione cardiovascolare F. Corazza, G. Rinaldi, F. Bellia e A.V. Gaddi
terapia fisica e riabilitativa
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Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa
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La pluridimensionalità in sessuologia clinica
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La sindrome ipocinetica o da immobilizzazione nell’anziano
M. Corvasce
sessuologia L. Peirone
geriatria
I. Gonzatto e C. Macchione
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ACSA NEWS
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È solo questione di semantica? L’eresia della parola Carmine Macchione Direttore Scientifico ACSA‑Magazine
editoriale
C
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laude Olievenstein in La scoperta della vecchiaia scrive che “la vecchiaia non è solo una questione di data di nascita, ma innanzitutto una questione di mentalità”. E Moses I. Finney scrive che “il concetto di invecchia‑ mento è una nozione statistica”. La saggista recente sulla condizione anziana cerca di coprire di orpelli i termini relativi all’invecchiamento, rifiutando e rigettando il termine “vecchio”, come negativo e quasi offensivo per la persona. Stiamo assistendo a una sfrenata fantasia lessicale, mirata a sostituire il termine aborrito con eufemismi, neologismi e abbellimenti verbali, che rende felici solo chi li conia e li pubblicizza. La cultura occidentale è sempre più orientata verso un “juveni‑ lismo” esasperato e su tale argomento c’è oggi un vero overload mediatico, che coinvolge gli stessi anziani, molti dei quali, a detta di Simone de Beauvoir “prendono come un insulto qualsiasi allusione alla loro età: essi vogliono ad ogni costo credersi giovani, preferiscono ritenersi in cattiva salute piuttosto che vecchi”. La lingua francese, per esempio, non differenzia “l’aumento degli anni” e “il declino dell’età”: veillir signifie à la foi prendre de l’âge et decliner. Comme si l’âge et le déclin étaient parfaitement synomimes. Addirittura, in Francia il Ministro della Educazione Nazionale ha deciso di arricchire il vocabolario (!) con 42 nuove parole, pubblicate sul Journal officiel, rese obbligatorie in tutti i documenti amministrativi. Le parole “vieux”, “vielle”, “vieillard” sono state ufficialmente pro‑ scritte, perché “esse sono spesso connotazioni negative del declino e dell’incapacità”. La lingua italiana, in questo ambito, è più ricca e in tale tesoro semantico affondano le mani gli studiosi della mate‑ ria. Si preferisce allora scrivere “anziano”, “senior” “senex”, “pre‑ sbys”, “geronte”, “diversamente giovane”, “soggetto della terza o quarta età”, piuttosto che dire “vecchio”. La manipolazione di tale maquillage semantico talora è sufficiente a creare uno stato di pseudo ringiovanimento. Qualcuno ha affermato che la vecchiaia è un vero e proprio naufragio e così ci si aggrappa alla zattera dei termini, illudendoci di evitare quel naufragio o di trasportarne i con‑
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fini più in là. Sempre il già citato Claude Olievenstein scrive che “la vecchiaia, quindi, è un viaggio a due, di cui quella della solitudine è infinitamente più dolorosa di quella del rapporto con gli altri. Le cose, il modo di procedere, gli atti non rimangono a lungo gli stessi”. E allora, che importanza possono avere le definizioni di vecchio, anziano, senior e altre, quando gradino dopo gradino gli anni pesano per tutti e per qualcuno pesano ancor di più per i gravami delle malat‑ tie, della precarietà economica o delle privazioni sensoriali. Uscendo da metafora, è importante sottolineare che non esiste “il vecchio”, termine nell’immaginario collettivo carico di ambiguità, ma esistono “i vecchi” con la loro storia, il loro vissuto, così diverso e così irripetibile. Per non avere, quindi, un modello astratto di “vecchio”, nudo o travestito in modo carnevalesco, con altri abiti più accettati dall’ipo‑ crisia generale, lasciamo che l’uomo avanti negli anni sia eretico, nel senso etimologico del termine (Hairéo io scelgo) e sia lui a scegliere come chiamarsi o come non chiamarsi e rifiutare le trasformazioni semantiche, che nulla hanno a che fare con l’esistenza dell’individuo e che rappresentano solo un raro tartufismo della società attuale, che preferisce modificare il significato delle parole o le parole stesse, piuttosto che rimanere realisticamente legata all’essenza che esse rappresentano o dovrebbero rappresentare. L’articolo sulla “sindrome da immobilizzazione”, che viene presen‑ tato in questo numero, è un chiaro indicatore di come sia di scarso significato il nome che viene attribuito alla persona anziana, perché il tempo passa inesorabilmente per tutti noi e il vero spartiacque non è tanto il nome che ci viene attribuito, ma solo e sempre la nostra appartenenza, a paesi poveri o ricchi, alla categoria di persone sane o malate, a gruppi sociali con cui si hanno o non si hanno significativi rapporti. Soltanto pensando che la vecchiaia sia solo uno stadio della nostra esistenza, anche se più precario e temporaneamente limitato, comunque sempre da accettare perché nessuno vuole morire gio‑ vane, possiamo fare, nei limiti concessaci dalla nostra salute, quello che Jung consigliava: utilizzare il capitale accumulato nei vari campi dell’esistenza umana per godere la vita fino all’ultimo respiro. w
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FOCUS ON
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e-Health e prevenzione cardiovascolare
e-Health, uno strumento per la prevenzione cardiovascolare Francesco Corazza, G. Rinaldi, F. Bellia e Antonio Vittorino Gaddi F. Corazza
Centro per lo Studio delle Malattie Dismetaboliche e dell’Aterosclerosi GianCarlo Descovich, Policlinico S. Orsola Malpighi, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Quesiti: 1. Qual è la situazione riguardante le patologie cardiovascolari in Italia? 2. Quali sono le fasce di popolazione maggiormente colpite dall’incremento di queste patologie? 3. Quali rischi corre il sistema sanitario odierno? 4. Quali risposte può dare la medicina di oggi? 5. Che cos’è l’e-Health? 6. L’e-Health può risolvere, in parte, questo tipo di problemi?
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e morbilità nelle popolazioni occidentali. Enormi sforzi sono stati effettuati negli ultimi decenni in termini di prevenzione, ma il fenomeno continua ad aumentare soprattutto in due peculiari fasce di popolazione: gli anziani e i bambini. Per la popolazione geriatrica l’incremento dell’età media, della sopravvivenza, l’au‑ mento dell’incidenza del diabete, delle sue complicanze, della sindrome metabolica, della sedentarietà, dell’obesità-sovrappeso e dell’abitudine al fumo (soprattutto nella popolazione femminile) sono le ragioni di questo drammatico incremento del rischio cardiovascolare. Ancora più preoccupante, però, risulta essere il fenomeno nell’infanzia: a causa
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della sedentarietà, del sovrappeso, che ormai interessa il 23,6% dei bambini italiani, e dell’obesità che coinvolge il 12,3% di essi.1 L’aumento di questi parametri nella popola‑ zione infantile andrà a condizionare, in un futuro anche molto prossimo, l’incidenza di patologie come il diabete, la sindrome metabolica e tutte le malattie cardiovasco‑ lari. Per questo motivo, molti governi occi‑ dentali stanno iniziando a promuovere Piani Nazionali di Prevenzione incentrati sull’attività fisica, sulla dieta e sull’educazione dei citta‑ dini (empowerment) e di molteplici stake‑ holders (scuola, famiglia, palestre, mense, società sportive ecc.). L’assistenza dovrà prevedere, quindi, un cambiamento organizzativo per evitare che i costi assistenziali del monitoraggio e della cura di tali patologie croniche determinino un collasso del sistema economico sanita‑ rio (Fig. 1). La medicina si dovrà orientare verso un uso intelligente e pro‑attivo dell’ICT (information and communication technol‑ ogy), cioè l’insieme degli strumenti (sia sof‑ tware sia hardware) che la tecnologia ci offre per far fronte a problemi di raccolta e diffu‑ sione di parametri strumentali/di laboratorio, monitoraggio del paziente cronico, gestione delle cartelle e comunicazione tra strutture sanitarie, medico specialista, medico di medicina generale e paziente. L’e‑Health2 è infatti un campo emergente dell’informatica
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FOCUS ON
r Figura 1. Andamento ipotetico della spesa sanitaria annua procapite in funzione di fasce di età (da 0 a 89 anni): la spesa sanitaria procapite potrebbe aumentare dal 2010 (curva blu) al 2030 (curva rossa), con un forte aumento anche a carico delle fasce d’età inferiori; l’intervento dell’e-Health potrebbe invece invertire o ridurre questo trend (curva verde). Per la curva relativa al 2010 sono stati in parte utilizzati i dati dell’indagine Multiscopo Istat del 2005.
medica riguardante la fornitura di servizi tec‑ nologici utilizzando le nuove tecnologie cor‑ relate allo sviluppo dei servizi internet. Esso riguarda in maniera specifica le funzioni di cooperazione tra professionisti-ricercatoripazienti nella composizione dell’EHR (elec‑ tronic health record), EPR (electronic patient record), SCR (summary care record) e la pos‑ sibilità di coinvolgere direttamente i pazienti nell’educazione al trattamento della propria patologia. Sarà perciò non solo uno sviluppo tecnologico, ma soprattutto un nuovo modo di lavorare. Per attuare una simile evoluzione, dovrà essere necessario un serio intervento che parta da organi ministeriali, passando attraverso le aziende sanitarie locali e ospe‑ daliere, e che agisca a livello nazionale in modo omogeneo sul territorio. Le speri‑ mentazioni in questo campo sono molte e hanno coinvolto in progetti europei anche
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strutture sanitarie italiane. In Europa, nel 2007 è stato condotto un progetto finan‑ ziato dall’Unione Europea (Tele Medicine),3 cui hanno partecipato le città di Bologna e Genova. Il progetto ha coinvolto medici di medicina generale per il monitoraggio a domicilio del paziente cronico mediante la trasmissione dei parametri clinici (ECG, pressione arteriosa, saturazione, peso ecc.) al centro specialistico di riferimento per via telematica. Un altro progetto che è in via di realizzazione in nove Paesi europei, tra cui anche l’Italia con il Veneto, prevede il rinno‑ vamento del sistema organizzativo sanitario coinvolgendo 7900 pazienti cronici.4 I Paesi del Nord Europa sono sicuramen‑ te i principali fautori di queste nuove appli‑ cazioni: per esempio in Gran Bretagna il ser‑ vizio sanitario nazionale (NHS) ha condotto un progetto pilota nella città di Blackpool5
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FOCUS ON ottenendo risultati molto soddisfacenti anche in termini di risparmio di risorse diagnostiche e di ricoveri ospedalieri. La Gran Bretagna, aldilà delle sperimentazioni, ha introdotto la gestione della documentazione sanitaria tra‑ mite la “Summary Care Record”,6 cioè una cartella informatizzata aggiornabile e con‑ sultabile da qualunque struttura o profes‑ sionista sanitario impegnato nella cura del paziente. Ulteriore sviluppo dell’e‑Health è la possibilità sperimentata in Gran Bretagna7 della realizzazione di uno spazio gestito dall’utente, accanto al proprio EHR gestito invece solo da professionisti, comunque visi‑ bile dall’assistito. In esso l’assistito può man‑ tenere un proprio diario relativo alla gestio‑ ne della propria patologia. Anche se questa sperimentazione ha dato al momento risul‑ tati che dovranno essere analizzati più pre‑ cisamente, essa dimostra un’interessante
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apertura alla gestione coordinata della pato‑ logia e può promuovere importanti sviluppi riguardo alla prevenzione. La fondamenta‑ le sfida professionale sarà il mantenimen‑ to di una qualificata ed efficace relazione medico-paziente. I più recenti documen‑ ti del Ministero della Sanità Italiana raccol‑ gono e in parte risolvono questa sfida, sia prevedendo una modifica radicale del siste‑ ma organizzativo anche alla luce dell’avven‑ to dell’e‑Health,8 sia mantenendo viva l’at‑ tenzione sul ruolo centrale del paziente e sull’armonizzazione dell’interazione tra cli‑ nico e cittadino. Il problema della composi‑ zione dell’informazione clinica non solo per scopi amministrativi, ma anche diagnostici, e l’inevitabile modifica del rapporto medicopaziente sono le principali sfide dell’e‑Health che possono portare notevoli contributi alla pratica clinica e alla prevenzione. w
Bibliografia 1. Relazione sullo Stato del Paese 2008; www.salute.gov.it 2. Eysenbach G. What is e‑health? J Med Internet Res 2001;3(2):e20. 3. http://www.telemedicine-europe.net/ 4. http://www.telemeditalia.it/it/ej-tecsanitar/content/detail/0/179/1659/renewing-health-telemedicina-per-lassistenzaa-dom.html 5. http://www.telemeditalia.it/it/ej-tecsanitar/content/detail/0/185/1640/gb-un-successo-il-primo-esperimento-di-telesalute.aspx?edition=20102 6. http://www.nhscarerecords.nhs.uk/index.html 7. Greenhaigh T, Stramer K, Bratan T, et al. Summary Care Record Early Adopter Programme. An independent evaluation by University College London. 30 aprile 2008. 8. Ministero della Sanità. Quaderni della Salute, volume 1 (cfr. in particolare la prefazione del Ministro Prof. F. Fazio e l’introduzione del volume).
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TERAPIA FISICA E RIABILITATIVA
Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa Massimiliano Corvasce Direttore Assistenziale Casa di Cura Madonna dei Boschi, Buttigliera Alta (TO)
Introduzione L’attività di ricerca nel campo della terapia fisica-riabilitativa ha sempre perseguito l’obiettivo della massima efficacia con la minima invasività, che ha portato, nell’arco degli anni, allo sviluppo di una grande varietà di apparecchiature elettromedicali, molte delle quali, nel tempo, si sono rivelate, oggi, di poca o nulla utilità, sia per l’inadeguatezza degli strumenti di più vecchia concezione e costruzione, sia per la man‑ canza di una ricerca clinica su vasta scala, seria e approfondita. I pro‑ gressi della bio-ingegneria, dell’elettronica e dell’informatica hanno reso attualmente disponibili apparecchi, a costi accessibili, impie‑ gati nella medicina riabilitativa sia in diagnostica sia per trattamenti terapeutici. Di seguito verranno presentate le caratteristiche tecnologiche di cin‑ que apparecchiature elettromedicali, di nuova generazione, attualmente disponibili in ambito riabilitativo, che hanno dato nuovi impulsi alla fisioterapia strumentale, aprendo nuove frontiere a terapie e interventi non invasivi, fino a poco tempo addietro inimmaginabili e che hanno consentito un miglioramento dello stato generale di salute, la riduzione dell’handicap secondario a un impairment neurologico o neuromotorio con riduzione dello stato di dipendenza. Tecarterapia: trasferimento energetico capacitivo e resistivo La tecarterapia si basa su una tecnologia d’avanguardia, capace di riat‑ tivare i meccanismi di autoriparazione dell’organismo (Fig. 1). La tecar si avvale di un generatore di onde hertziane, con potenza variabile, con un massimo di 300 w, con un segnale di circa 0,485 Mhz che sfrutta una forma di interazione elettromagnetica che fa riferimento al condensatore, costituito da: • un elettrodo mobile (armatura metallica isolata), collegato a un gene‑ ratore ad alta frequenza (0,5 Mhz); • un conduttore elettrolitico (armatura costituita dal tessuto biolo‑ gico). Nella zona sottostante l’elettrodo mobile si sposteranno cor‑ renti di provenienza dalla periferia, caratterizzate da movimento e richiamo ionico con attivazione metabolica ed effetto termico endogeno.
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Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa
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r Figura 1. Apparecchiatura per tecarterapia.
La tecarterapia, a seconda dei tessuti trattati, si sviluppa con due moda‑ lità, utilizzando due differenti elettrodi mobili: 1) Modalità resistiva : l’elettrodo mobile utilizzato, elettricamente non isolato, determina una concentrazione di cariche nei tessuti a più alta resistenza (osso, strutture capsulo-legamentose), che diventano gli elementi isolanti del sistema. In questa modalità è possibile interagire con tecniche di kinesiterapia per il recupero dell’articolarità. 2) Modalità capacitiva: l’elettrodo mobile, elettricamente protetto e isolato con vetro ceramica, determina una concentrazione di cariche nei tessuti a bassa resistenza (muscoli, tendini). In questa modalità è possibile interagire con tecniche di massoterapia. A differenza di altre apparecchiature elettromedicali, i vantaggi della tecarterapia derivano dal fatto che la corrente non è presente per con‑ tatto diretto, ma come movimento di attrazione e repulsione delle cari‑ che elettriche. • Indicazioni: terapia del dolore, antiedema, distorsioni, lesioni ten‑ dinee, capsuliti, trattamenti post-artroprotesi, miositi, medicina sportiva. • Effetti biologici: aumento dell’attività metabolica per effetto termico con drenaggio veno-linfatico, vasodilatazione macro e microcircolato‑ ria e incremento del flusso, aumento degli scambi trans-membrana e aumento della produzione di ATP e conseguente aumento dei sistemi cellulari di difesa. Questi effetti determinano un aumento dell’ossi‑ genazione dei tessuti, una riduzione dell’acidosi e un riassorbimento dei liquidi e dei cataboliti negli spazi intracellulari. La tecarterapia può essere impiegata anche in associazione a laser, correnti antalgiche, crio ecc.
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APPROCCIO CLINICO MULTIDISCIPLINARE • Vol. 4 N. 3 2010
• Tempi di applicazione: 2-3 trattamenti settimanali per 20-30 minuti. • Criticità: l’apparecchiatura è operatore-dipendente ed è, pertanto, necessario seguire un corso di addestramento e di continuo aggior namento. Onde d’urto radiali Questa apparecchiatura, di ridotte dimensio‑ ni, ha rivoluzionato il trattamento del dolore in campo ortopedico (Fig. 2). Mediante onde d’urto, generate pneumaticamente e tra‑ smesse direttamente in modo balistico sulla zona trigger, si riesce a produrre un’energia cavitazionale capace di stimolare il metabo‑ lismo cellulare. La frequenza degli impulsi è variabile e ciò rende possibile un’otti‑ mizzazione del trattamento. Per esempio, un’applicazione di 2000 impulsi dura solo 5‑10 minuti. La modalità balistica delle onde d’urto radiali, a differenza dei principi fisici classici utilizzati (elettroidraulici, elettromagnetici, piezoelettrici), non genera onde d’urto foca‑ lizzate, per cui l’energia prodotta si propaga radialmente attraverso la cute e i tessuti molli, permettendo il trattamento della pato‑ logia a essi associato. In questa apparecchiatura, l’onda d’urto è generata da un manipolo a forma di pistola, con la canna chiusa da un tappo metallico, contro il quale, mediante aria compressa a 3-4-5 bar di pressione, viene lanciato un proiettile d’acciaio. Dall’urto si genera un’onda, che, attraverso il tappo metallico, si espande radialmente nella cute e nei tessuti sottostanti. Le onde d’urto possono essere impiegate anche in associazione ai vari tipi di laser, tecarterapia e trattamenti normali. In Italia, i sistemi balistici, a differenza di quelli focali, possono essere utilizzati anche da un operatore non medico. • Indicazioni: terapia del dolore e antiflogistica nelle tendinopatie acute o degenerative. Nelle tendinopatie calcifiche per ridurre le calcifica‑ zioni. Nei ritardi di consolidazione ossea e nelle pseudoartrosi, nelle patologie muscolari come contrattura, contusioni, elongazioni. • Tempi di applicazione: 1-2 sedute settimanali con almeno 3 giorni di distanza.
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r Figura 2. Apparecchiatura generante onde d’urto radiali.
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Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa
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• Criticità: l’apparecchiatura è operatore-dipendente ed è, pertanto, necessario seguire un corso di addestramento e di continuo aggior‑ namento, in quanto se le onde d’urto non vengono effettuate nella giusta dimensione possono essere istiolesive.
r Figura 3. Laser Nd:YAG a emissione pulsata.
Laser Nd:YAG a emissione pulsata Un Laser Nd:YAG è un laser a stato solido che utilizza come laser attivo un cristallo di ittrio e alluminio (YAG) misto a neodimio (Fig. 3). Le apparecchiature laser di ultima generazione, contrariamente a quanto avveniva con analoga tecnologia più antiquata, consentono di portare un impulso a elevate dosi energetiche, nei tessuti profondi, grazie alla lunghezza d’onda del fascio (1064 nm), senza danneggiarli (Fig. 4). Infatti, con i vecchi laser era impossibile trasferire a strutture profonde (muscoli, tendini, articolazioni) una quantità adeguata di energia attra‑ verso un fascio laser per stimolare e ottenere la guarigione. • Meccanismo d’azione della vecchia laserterapia: man mano che la radiazione luminosa attraversa i tessuti perde parte della sua intensità, per diffusione e per trasferimento della propria energia ai tessuti stessi. Ne consegue che per arrivare in modo ottimale ai tessuti profondi bisogna erogare energia a dosi molto elevate, anche se ciò comporta il rischio di cederne una parte agli strati superficiali. • Limiti: l’aumento dell’energia erogata determina anche un eccessivo riscaldamento della cute e del sottocutaneo con il rischio di lesionarli.
ARTICOLAZIONI Riduce l’infiammazione articolare e stimola la rigenerazione della cartilagine
SISTEMA MUSCOLARE Risolve rapidamente la contrattura e produce un intenso effetto antalgico
SISTEMA CIRCOLATORIO E LINFATICO Favorisce l’apporto di nutrienti e il riassorbimento delle raccolte di liquido
r Figura 4. Grazie alla lunghezza d’onda del fascio (1064 nm), le apparecchiature laser di ultima generazione consentono di portare un impulso a elevate dosi energetiche, nei tessuti profondi, senza danneggiarli.
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Tale rischio è stato superato dalla tecnologia HILT (Hilterapia con laser Nd:YAG), che eroga la luce laser non in modo continuo ma a impulsi, con la possibilità di trattare tessuti profondi senza ledere quelli superfi‑ ciali. Il trattamento consente, fin dalla prima applicazione, una signifi‑ cativa riduzione del dolore e una ripresa della motilità. • Meccanismo d’azione del Laser Nd:YAG: la terapia prevede l’appli‑ cazione di scansioni manuali veloci o lente, modulando in tal modo la trasmissione di energia per via luminosa o termica a seconda della fase di applicazione e dell’effetto che si desidera ottenere. È possibile anche un trattamento puntiforme di specifiche zone dolorose. • Effetti: l’interazione della laserterapia pulsata con i tessuti determina i seguenti effetti: ––fotodinamico ––fotomeccanico ––fototermico. • Indicazioni: terapia del dolore, strappi, stiramenti muscolari, contrat‑ ture e stimolazione della cartilagine articolare. È utilizzato anche per: terapia cataratta, glaucoma, retinopatia, in odontostomatologia e pneumologia. La laserterapia può essere utilizzata in associazione a tecar, correnti antalgiche, onde d’urto ecc. • Tempi di applicazione: 2‑3 sedute settimanali. • Criticità: l’apparecchiatura è operatore-dipendente ed è, pertanto, necessario seguire un corso di addestramento e di continuo aggiorna mento. Neurostimolatore interattivo Inter–x L’apparecchiatura di neurostimolazione interattiva (Fig. 5) rileva le loca‑ lizzazioni di aree cutanee ad alterata impedenza e, in seguito, invia impulsi bifasici, che tramite un processo continuo di feed‑back, ripri‑ stinano la normale impedenza, tramite la risoluzione dei legami ionici ed è efficace nella gestione di patologie dei tessuti molli e nel controllo del dolore acuto e cronico. • Meccanismo d’azione: stimolazione e attivazione di peptidi e attiva‑ zione di fibre nocicettive di piccolo diametro. • Effetti: risposta antalgica veloce. • Indicazioni: terapia del dolore acuto e cronico. • Criticità: l’apparecchiatura è operatore‑dipendente ed è, pertanto, necessario seguire un corso di addestramento e di continuo aggiorna mento.
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Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa
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Il nuovo InterX 5002 e l’InterX 1000 sono stati creati specificamente per la Riabilitazione
r Figura 5. Apparecchiatura di neurostimolazione interattiva.
Gameready La Gameready è un’apparecchiatura di recente produzione che, nel rispetto della regole RICE (Relax, Ice, Compression, Elevation), asso‑ cia una pressoterapia con compressione pneumatica e circonferenziale regolabile alla crioterapia (Fig. 6). La compressione pneumatica, rispetto alle tradizionali apparecchia‑ ture di crioterapia, riduce molto più velocemente l’edema negli esiti post‑traumatici o post‑chirurgici. • Indicazioni: antinfiammatoria, antiflogistica, antiedema, analgesica. w Figura 6. w Apparecchiatura Gameready.
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Bibliografia Carillo MR, Pezzullo V, Colucci M, et al. Combinazione delle onde d’urto associate a laser nella gestione della spalla dolorosa dovuta a tendinopatia del sovraspinoso: analisi cinematica ed elettromiografica pre e post terapia. Eur Med Phys 2009;45(Supp 1):3:1‑4. Catanese S, Causarano A, D’Urbano G, Kindt R. La valutazione degli effetti della applicazione Tecar sul miglioramento della prestazione fisica su atleti high level. Il medico sportivo 2009;9:3. Geusic JE, Marcos HM, Van Huiter LG. Laser oscillations ND‑doped yttrium aluminium, yttrium gallium and gadolium garnets. Appl Phys Lett 1964;4(10):182‑184. La Repubblica 9.02.2010. NO laser, si tecar e Game-Ready. Ecco le due fisioterapie olimpiche. Tranquilli C, Barnabei G. Applicazioni terapeutiche della tecar. Traumatologia dello sport. Vol. I. Torino, Ed. Minerva Medica, 2005. Trillo MA, De Bernardo S, Ubeda A, et al. Changes in the cell cycle of human cancer lines exposed to RF used in therapy with capacitive-resistive electric transfer (TECAR). III World Congr Electr Magnet Biol Med, 2000.
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SESSUOLOGIA
La pluridimensionalità in sessuologia clinica Luciano Peirone Psicologo e Psicoterapeuta ANTHROPOS – www.anthropos1987.org
L. Peirone
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La sessuologia clinica: luogo di incrocio e incontro Già da qualche decennio la “prospettiva pluralistica” si è affermata quale carta vincente (o quanto meno assai importante) nell’ottica dell’in‑ tervento clinico (cioè diagnosi e terapia): e ciò in più settori. Una delle aree dove maggiormente si riscontra un simile approccio è sicuramente quella della sessualità umana: essa si presta infatti a tante chiavi di lettura e di azione. A maggior ragione ciò avviene dove “il gioco si fa duro”, ovvero di fronte a malattia, disturbo, disfunzione, disagio, malessere. Importanti segnali sul “convergere e confrontarsi e collaborare” si possono riscontrare in quelli che sono considerati dei testi‑base nella storia della sessuologia clinica contemporanea: i lavori di Masters e Johnson1 (approccio behavioristico), di Kaplan2 (approccio combinato: comportamentale-psicoanalitico), di Paolino e McCrady3 (approccio psicologico multimodale) sono paradigmatici, in psicosessuologia, al fine di tracciare le linee-guida di una “integrative sexological science”. La sessuologia, se ben compresa e ben applicata, si può collocare sia quale “crossing point” (cioè incrocio) sia quale “meeting point” (cioè incontro, e non scontro). Proprio la capacità di dare vita a un approccio integrato può rendere dinamica e feconda un’operazione che mette in contatto una pluralità di punti di vista: è la differenza che fa progredire, mediante l’embricazione. Proprio in quanto la sessuologia svolge attività di intervento (e ricerca) su un oggetto particolarmente complesso in quanto varie‑ gato, si rende necessaria una strategia in grado di coinvolgere tanto le scienze mediche quanto le scienze psicologiche, che costituiscono le due “anime” della scienza sessuologica. Non si può non ricordare, a questo punto, il fondamentale contributo della psicoterapia ecletticointegrata di Prochaska e Di Clemente4 e di Norcross,5 metodologia nella quale l’approccio trans‑teoretico (cioè l’oltrepassare i confini, nonché l’inventare e rinnovare andando oltre le tradizioni) insegna sia l’attraversamento di certe frontiere sia la necessità di integrazione fra aree limitrofe. Come si può vedere, si tratta di contributi che nascono nell’area psicologica: e ciò non è casuale, essendo infatti la medicina assai più
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rigida nel suo “guardarsi attorno”. Il medico è più portato ad agire; lo psicologo è più portato a pensare e riflettere, ascoltare e parlare: in due parole, comunicare e inter‑agire. La sessuologia risulta una branca talmente vasta da rendere impos‑ sibile sia il “saper tutto” sia il “saper fare tutto”. Un’umile consa‑ pevolezza di ciò spinge inevitabilmente verso un lavoro di sinergica collaborazione. In definitiva, la sessuologia è una disciplina sì specialistica, ma di tipo particolare: invece di “tagliare e separare”, essa va a “cucire” fra loro altre specialità, ponendosi quale interfaccia (davvero esemplare) in un mondo (anche quello scientifico, il quale, al contrario di quello profano, dovrebbe sapersi aprire “a ventaglio”) che rischia la chiusura nell’ipertrofia tecnica sempre più focale, sempre più puntuale, sem‑ pre più isolata. Precisazioni di metodo Diamo ora alcune definizioni di base: è infatti doverosa una chiarifica‑ zione concettuale, relativa alle figure di seguito presentate. È indispensa‑ bile una metodologia (sorretta a sua volta da un’adeguata epistemologia) che permetta di capire (e farsi capire dai colleghi) laddove siano presenti condizioni richiedenti sia “movimenti” sia “sinergia”. Con “pluridimensionalità/plurimodalità” si intende una dimen‑ sione e un modus operandi di tipo, per l’appunto, plurale (anche poche voci, ma in ogni caso più di una). In dettaglio: con “interdisciplina‑ rità” si intende il lavoro di un solo operatore specialista che possiede competenze in più orientamenti della stessa area disciplinare; mentre con “multidisciplinarità” si intende il lavoro congiunto (contempo‑ raneo oppure sequenziale) di molti operatori specialisti provenienti da molte discipline. Lo psicosessuologo clinico pluridimensionale: interdisciplinarità e integrazione Forniamo ora uno schematico esempio di psicosessuologia clinica quale strategia terapeutica integrata.6,7 Se l’oggetto della scienza sessuologica è plurale, allora anche il singolo operatore deve essere capace di pluralità (e integrazione). La Figura 1 evidenzia quanto complesso e articolato possa teoricamente risultare un lavoro all’interno delle varie sub‑aree della psicoterapia, vale a dire nella sessuologia clinica pluridimensionaleinterdisciplinare di taglio psicologico. Dallo schema appaiono evidenti alcuni importanti aspetti. Di volta in volta si può essere obbligati a gestire uno o più di uno fra i quat‑ tro principali nodi problematici (comportamento, relazione, emozione,
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r Figura 1. Il modello sessuologico-clinico interdisciplinare (una sola area: psicologia; un solo operatore: psicoterapeuta).
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personalità); i quali, fra l’altro, possono vedere progressivi spostamenti dal problema più facile a problemi via via sempre più difficili (lungo la sequenza 1‑2‑3‑4). Per ovvie ragioni di opportunità tattico-strategica (fiducia di base, alleanza terapeutica, riservatezza ecc.), è importante che il paziente (individuo o coppia che sia) venga − nei limiti del possibile − gestito sì in modo plurale, ma sempre dallo stesso professionista: ciò comporta una notevole flessibilità da parte del tecnico, sia come forma mentis personale sia come training professionale (quello di base e quello connesso agli indispensabili aggiornamenti). Il tutto, ovviamente, senza perdere di efficacia negli esiti clinici.
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Il sessuologo clinico pluridimensionale: multidisciplinarità e interfaccia integrata fra psicologia e medicina Forniamo ora un altro schematico esempio. Se l’oggetto della scienza sessuologica è plurale, allora anche l’insieme dei vari operatori deve essere capace di pluralità (e integrazione). La Figura 2 evidenzia quante figure professionali possano teoricamente venire implicate nella sessuo‑ logia clinica pluridimensionale-multidisciplinare, in particolare nel punto di giunzione fra terapia organica e terapia funzionale.6 Dallo schema appaiono evidenti alcuni importanti aspetti. L’interfaccia sessuologica può diramarsi verso tante direzioni, vedendo il contatto fra “clinici” di varia estrazione e differente competenza. Alcune figure “centrali” vengono coinvolte più di altre, giungendo talvolta a confi‑ gurarsi quasi come una équipe (questa sarebbe una soluzione ottimale, ma ci sono ovvi ostacoli di ordine pratico). Certe forme patologiche richiedono talvolta un’autentica multidisciplinarità, all’interno della sessuologia clinica psico‑medica, proprio in quanto la gestione da parte dell’operatore unico è di fatto impossibile. A ogni modo, il percorso del paziente prevede alcuni punti nodali: il primo contatto, il filtro diagnostico (iniziale e successivo), il possibile corretto indirizza‑ mento in base alla suddivisione dei compiti fra gli operatori, l’even‑
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s Figura 2. Il modello sessuologico-clinico multidisciplinare (due aree: psicologia e medicina; pluralità di operatori: quelli standard e quelli aggiuntivi).
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tuale terapia combinata, l’auspicabile lavoro d’équipe. Di assoluta importanza (e delicatezza, per cui occorrono una grande sensibilità e una profonda preparazione-esperienza) sono l’operazione dell’invio e l’operazione del consulto, reciprocamente attivabili fra i vari specialisti potenzialmente coinvolti. Psicosessuologia gerontologica: alcune note Ora cambiamo registro, effettuando una veloce immersione in una particolare dimensione della sessualità e della sessuologia, a riprova di quanto finora svolto in termini di metodologia clinica. Dalla Figura 2 si nota che il professionista geriatra-gerontologo è un po’ in periferia; ma sarà poi così vero? Un esempio di “apertura mentale” (quindi: al di là dei pregiudizi della gente comune; e anche al di là di certe chiusure iper‑specialistiche), mediante la quale muoversi verso la pluridimensionalità, consisterebbe in un corretto atteggiamento nei riguardi della sessualità dell’anziano e del vecchio. Già, “nei riguardi”: è proprio il caso di evidenziare quello che non è solamente un gioco di parole. Anche solo per l’antico (e oggi quasi desueto) rispetto verso i capelli bianchi, si dovrebbe “aver riguardo” per la vitalità (per l’appunto bio‑logica e psico‑logica: le parole hanno un senso, un etimo che non andrebbe dimenticato) dell’Eros che ancor si muove pur in un corpo non più al meglio delle forze. Ma non è così… di riguardo-rispetto ce n’è assai poco. Ancor oggi, dopo la cosiddetta “rivoluzione sessuale” degli anni ’60, molte, troppe persone ignorano (più o meno consciamente, più o meno volontariamente) la vita sessuale nell’anziano/vecchio, denotando in tal modo la presenza di pregiudizi, di stereotipi, di valutazioni negative ed emarginanti. Fatte le debite eccezioni, vale una diffusa regola generale. Non la si conosce, non la si vuol vedere, non la si vuole ammettere, la sessua‑ lità dell’anziano/vecchio. Come se il “fare sesso” o anche il semplice “desiderio sessuale” fossero per forza (?!) vincolati all’età, all’età della sola capacità riproduttiva (?!), e quindi da non accettare negli anziani o, peggio ancora, nei vecchi, quasi che fosse un “peccato” (?!): il che è un paradosso, nella civiltà occidentale che invece “trasuda sesso ed erotismo da tutti i pori”, facendone anche un frequente uso improprio, dallo stupro alla mercificazione del corpo. L’anziano/vecchio viene considerato “asessuato”. È quanto meno strano lo stigma, abbastanza generalizzato, che colpisce l’anziano/vec‑ chio “ancora vivo e vitale nel provare piacere erotico-sessuale”. È quanto meno curiosa la vergogna così frequentemente provata da figli adulti
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verso i propri genitori anziani “sessuati”. È quanto meno curiosa la sorpresa talvolta provata da nipoti adolescenti-giovani verso i propri nonni anziani “sessuati”. E invece… la sessualità negli anziani, e persino nei vecchi, esiste, come stanno a dimostrare ricerche empiriche in campo psicosociale e clinico.8 Talvolta, questa sessualità non è differente (e neppure tanto defici‑ taria!) rispetto a quelle dell’età giovanile e dell’età adulta. Altre volte, invece, è sì diversa; diversa, ma esiste. Non più ossessionata dall’ansia da prestazione; non più egocentrica come certe forme adolescenziali; forse meno fisica ma sicuramente più affettiva; con minore irruenza ma con più rispetto per il partner; con minore attenzione alla penetrazione e all’orgasmo ma con più attenzione al sentimento, alla tenerezza, alla carezza, al gesto gentile e romantico (ma pur sempre intriso di “voglia”); con un allargamento del significato e tante sfumature in più, frutto ciò di decenni di vita vissuta; talvolta, purtroppo, condizionata da vedovanza e solitudine, condizionata da “amori” mercenari perché non c’è alterna‑ tiva (chi va con un vecchio? chi fa sesso con un malato? chi fa l’amore con un handicappato?), condizionata da degenerazioni psicopatologiche indotte dal decadimento neurologico/vascolare. Uscendo ora dall’area esistenziale per ritornare all’area scienti‑ fica, si tenga ben presente quanto in precedenza schematizzato nelle due figure. Nel geriatra e nel gerontologo la confluenza fra medicina e psicolo‑ gia è un fatto quotidiano. Ed è un fatto quasi sempre di ordine clinico (diretto o indiretto che sia). Ed è, a ben vedere, un fatto non raro imbattersi nel bisogno di competenze sessuologiche in psicogeriatria e psicogerontologia. Come si vede, numerose sfaccettature (più di una disciplina, più di una figura professionale) si affacciano nel lavoro clinico anche in questo settore, a torto considerato “marginale” (e quindi da emarginare! Forza della in‑cultura…). Così come quotidiana è − di fronte all’anziano, spesso così poco capito e poco aiutato in certi suoi aspetti profondamente “privati”, come la vita sessuale − la necessità di integrare punti di vista differenti. Si pensi soltanto, quale ovvio esempio, al quasi indissolubile intreccio fra medico, infermiere e fisioterapista. Il singolo operatore pertanto deve, sotto il profilo sia tecnico sia deontologico, saper “suonare più strumenti” (e più strumenti si sanno suonare, meglio è); e se non lo sa fare più di tanto, deve saper dialo‑ gare con i colleghi delle aree confinanti (e più musicisti ci sono, meglio è; purché si sappia suonare in armonia). Ma ciò comporta relazione e dialogo e comunicazione, che sono qualità non tecnico-strumentali bensì umano-sociali: tutte operazioni di “apertura e cucitura” di cui
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lo psicologo è la figura professionale più direttamente competente, per cui si comprende il senso di una certa centralità psicologica nel ruolo-funzione di mediatore per l’approccio pluridimensionale. E si comprende anche l’importanza di una formazione psicologica per l’ope‑ ratore non‑psicologo: proprio allo scopo di ampliare “il buco della ser‑ ratura” e vedere meglio “l’interno della stanza”, proprio con la finalità di rendere plurali le prospettive di osservazione e azione. Bisogna avere una “open mind”, anche in quel campo (quello cli‑ nico), dove il pragmatismo sembrerebbe restringere l’ottica a micro‑aree iper‑specializzate. Ogni eccessiva chiusura comporta un inevitabile impo‑ verimento (sia conoscitivo sia operativo). Solo il coraggio di uscire dal proprio “micro‑orticello di competenza” permette quell’apertura, quel confronto, quell’arricchimento che possono fecondare la quotidiana diagnosi e la quotidiana terapia. Per il bene dell’essere umano, per il bene del paziente, per il bene anche dell’anziano (malato o sano che sia), il “lavoro d’orchestra” è la metafora che più si attaglia alla sessuologia generale, alla sessuologia clinica, e quindi persino alla sessuologia clinica gerontologica. w
Bibliografia 1. Masters WH, & Johnson VE. Human sexual inadequacy. Boston: Little Brown, 1970 (trad. it. Patologia e terapia del rapporto coniugale. Le insufficienze sessuali nell’uomo e nella donna. Milano: Feltrinelli, 1970). 2. Kaplan HS. The new sex therapy: active treatment of sexual dysfunctions. New York: Brunner/ Mazel, 1974 (trad. it. Nuove terapie sessuali. Milano: Bompiani, 1976). 3. Paolino TJ, & Mc Crady J (Eds.). Marriage and the treatment of marital disorders: psychoanalytic, behavioral and system theory perspective. New York: Brunner/Mazel, 1979. 4. Prochaska JO, & Di Clemente CC. The transtheoretical approach: crossing the traditional boundaries of therapy. Homewood: Dow Jones‑Irvin, 1984. 5. Norcross JC (Ed.). Handbook of eclectic psychotherapy. New York: Brunner/Mazel, 1986. 6. Peirone L. L’approccio multidisciplinare-interdisciplinare in sessuologia clinica. Professione Psicologo 1985;2(1‑2):35‑47. 7. Peirone L. La terapia psicosessuale di coppia quale strategia multimodale integrata. In Benagiano G, & Pasini W (Eds.). Attualità in biosessuologia. Le psicoterapie sessuali. Atti del IX Congresso Nazionale della Società Italiana di Sessuologia Clinica (Roma, 6‑8 dicembre 1986). Milano: Masson Italia, 1988:183‑188. 8. Peirone L, & Gerardi E. Il sole della sera. La ricerca del benessere nella terza età e non solo… Torino: Antigone Edizioni, 2009.
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GERIATRIA
La sindrome ipocinetica o da immobilizzazione nell’anziano I. Gonzatto1 e Carmine Macchione2 1Specialista in Geriatra, Casa di cura
Madonna dei Boschi, Buttigliera Alta (Torino); Direttore Scientifico ACSA‑Magazine, già professore di Geriatria e Gerontologia dell’Università di Torino; 2Direttore Scientifico ACSA‑Magazine, già professore di Geriatria e Gerontologia dell’Università di Torino
Introduzione L’argomento di questo articolo è “la sindrome ipocinetica o da immobi‑ lizzazione nell’anziano”, situazione di disagio spesso identificata esclu‑ sivamente con l’allettamento prolungato, mentre in realtà quest’ultimo rappresenta solo una delle diverse fasi ipocinetiche, anche se verosimil‑ mente l’ultima e la più grave, per cui spesso nella letteratura corrente tale sindrome viene descritta sempre e solo nella sua forma estrema. Da ciò può discendere una serie di equivoci, di sotto‑ o super-valutazione, cui potrebbe seguire un approccio preventivo o terapeutico inadeguato. Cercheremo di dare chiarezza a un argomento apparentemente esau‑ stivo nella sua formulazione trattatistica ripetitiva, che, a nostro avviso, presenta ancora numerose stanze oscure, le cui porte sono rimaste chiuse e, stranamente, mai spalancate. L’immobilità è l’incapacità di un soggetto a muoversi in modo auto‑ nomo in un determinato ambiente con difficoltà o impossibilità a com‑ piere le comuni attività della vita quotidiana. Può essere temporanea, protratta o permanente. In relazione all’intensità della funzione, può risultare minima, parziale o totale e, quando è riferita al corpo del sog‑ getto, può essere segmentaria o globale. È importante sottolineare che, entro certi limiti di tempo circoscritto, essa, di norma, non determina alterazioni a carico dei vari organi e apparati e, qualora tali alterazioni dovessero verificarsi, esse sarebbero nella maggioranza dei casi di scarsa entità e, comunque, quasi sempre reversibili. Un individuo può essere incapace a muoversi per numerose cause: bio‑ logiche, sociali e psicologiche, indipendenti o dipendenti dalla sua volontà. Si pensi, per esempio, all’immobilità di un anziano, imposta dal personale di assistenza, quando vengono utilizzati mezzi di contenzione. Consideriamo una causa di immobilizzazione temporanea parziale o totale, che in questi ultimi tempi sta diventando sempre più frequente ed è in relazione alla medicina delle catastrofi. Un soggetto di qualun‑ que genere o età può rimanere intrappolato sotto le macerie di una casa crollata per un terremoto e restare più o meno immobile, fino a quando, per sua fortuna, non viene estratto dalle macerie. Un altro soggetto, per esempio, potrebbe restare fermo per qualche giorno in un
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La sindrome ipocinetica nell’anziano
s Figura 1. Paziente in decubito clinostatico.
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rifugio atomico, o essere rinchiuso in una cella di limitate dimensioni. In altri casi è possibile rimanere allettati per una malattia di breve durata, oppure ridurre il movimento per sedentarietà, situazione, quest’ultima, di frequente riscontro negli anziani. Un’immobilità segmentaria è quando un arto viene immobilizzato da un gesso o da un tutore, che può determinare modificazioni loco‑regionali (osteoporosi, modesta ipotrofia muscolare, rigidità articolare), con ripristino della situazione quo antea, dopo un adeguato periodo di riabilitazione. Tutte le varie ipotesi ipocinetiche sopra menzionate, nulla hanno a che fare con la vera sindrome da immo‑ bilizzazione, che è veramente tale, solo quando viene a instaurarsi una riduzione del movimento parziale (sindrome ipocinetica) o totale (sindrome acinetica), che, dopo un determinato periodo di tempo, causa uno scompenso multisistemico a cascata (Fig. 1). Definizione Fin dall’antichità, un paziente con malattia acuta o cronica è stato curato sempre con l’unica terapia a disposizione, cioè con il riposo assoluto a letto, malgrado fossero in molti ad affermare che l’allettamento fosse un “pessimo rimedio” e un fattore negativo per una guarigione pre‑ coce (bed is bad). Infatti, anche se il letto, entro limiti temporali di breve durata, ha effetti benefici ai fini della guarigione della malattie e anche per il recupero delle energie, l’allettamento prolungato, indipen‑ dentemente dalle ragioni che lo hanno determinato, può avere gravi conseguenze per la salute della persona. Esisteva un tempo, ed esiste ancora oggi in molti strati della popo‑ lazione e nella stessa coscienza medico-infermieristica, la convinzione dell’inscindibilità del binomio “malattia-riposo a letto” che, qualora fosse acriticamente attuato, risulterebbe l’ostacolo più resistente a qualsiasi programma riabilitativo. Numerosi studi hanno ormai definitivamente stabilito che una prolungata immobilizzazione è alla base di numerose modificazioni negative a carico di tutti gli organi e apparati e che tali alterazioni risultano molto più gravi quando il soggetto immobilizzato è un anziano (Tab. 1). Fattori predisponenti una sindrome da immobilizzazione sono l’età avanzata, la riduzione dell’attività fisica, i fattori socio-ambientali e psicologici. Numerose sono le definizioni della sindrome, anche se tutte concor‑ dano sulla ridotta motilità di chi ne è affetto. Antonini riporta una definizione di Caniggia che definiva la sindrome ipocinetica o da immobilizzazione una sindrome morbosa, che insorge in
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Tabella 1. Gli effetti deleteri dell’allettamento in una popolazione di persone anziane vivente in una comunità Mean Disability Scores at 18 Months According to the Number of Months with Bed Rest+ Number of Months with Bed Rest*
Overall
IADL disability None One Two or three Four or more p Value for trend Mobility disability None One Two or three Four or more p Value for trend
Physically Frail No
Yes
1.27 1.32 1.62 2.20 .001
0.78 0.95 1.21 2.16 .001
2.30 2.10 2.43 2.89 .044
2.15 2.34 2.60 2.73 .001
1.44 1.69 1.97 2.20 .001
3.54 3.52 3.76 4.10 .076
Notes: *Value represent the least square means, as calculated from the regression model, and are adjusted for the baseline value of the respective disability measure, age, sex, race/ethnicity, living situation, years of education, number of chronic conditions, physical frailty (for overall results only), cognitive impairment, and depressive symptoms. + Higher scores represent greater disability for each of the outcomes. IADL = instrumental activities of daily living. Tomason M. Gill et al. J of Gerontol, 2004.
un soggetto, fino allora indipendente, a seguito di prolungata inattività e, in specie, di prolungata degenza a letto, indipendentemente dalla malattia che l’ha provocata. Altre definizioni sono le seguenti: • Condizione caratterizzata da ridotta o assente autonomia nel movi‑ mento, a insorgenza acuta o cronicamente progressiva, cui conse‑ gue un complesso di alterazioni multisistemiche, più o meno gravi in rapporto al periodo di immobilizzazione e che risulta enfatizzata nell’allettamento. • Complesso di modificazioni cliniche per protratta inattività motoria, che interessa tutti gli organi e non dipende dalla malattia che ha con‑ dizionato l’inattività a letto. Tale sindrome è più grave nell’anziano e più rilevante nel paziente chirurgico. • Complesso di segni o sintomi a carico dei vari apparati e che si mani‑ festa quando una persona è costretta all’immobilità (a letto o altro tipo di decubito obbligato) per un lungo periodo. • Condizione caratterizzata da ridotta o assente autonomia nel movi‑ mento, a insorgenza acuta o cronicamente progressiva.
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La sindrome ipocinetica nell’anziano
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• Sindrome derivante dall’immobilizzazione o dall’allettamento prolun‑ gato i cui effetti si sommano con quelli della malattia originariamente presente. Qualche autore, soffermandosi sulla riduzione parziale o totale del movimento, ha suddiviso la sindrome in appropriata e inappropriata, intendendo con la prima una situazione in cui sono interessati diret‑ tamente gli organi di moto, mentre si realizza la forma inappropriata quando la compromissione della motilità è secondaria a una causa che, in un paziente anziano fragile, altera l’equilibrio e l’omeostasi, resi già precari sia da una riduzione della capacità funzionale degli organi preposti, sia dalla presenza di una comorbilità. L’immobilità, quindi, genera nell’anziano una difficoltà a spostarsi nell’ambiente e un’incapacità crescente a svolgere le comuni attività della vita quoti‑ diana, tali da renderlo sempre più dipendente dall’aiuto dei familiari o del personale di assistenza. Come si può rilevare, le diverse definizioni, sopra riportate, stigmatiz‑ zano come una riduzione del movimento, dopo un determinato periodo di tempo, causi una sindrome franca da immobilizzazione. Inoltre, si può affermare che, in relazione alla minore o maggiore durata dell’immobilità, esistono vari livelli di gravità che si manifestano in momenti differenti e che vanno dall’immobilizzazione senza effetti negativi, alla sindrome ipocinetica, con manifestazioni peggiorative su tutto l’organismo, per ter‑ minare nella fase più critica dell’allettamento protratto (sindrome acine‑ tica), nella quale si rileva un ulteriore peggioramento delle conseguenze osservate nella fase precedente. In relazione alla sua durata e alla gravità dei sintomi, la sindrome è stata suddivisa in tre fasi. • Fase I: perdita della normale sequenza motoria della capacità di alzarsi, dopo un allettamento della durata compresa entro dieci giorni. Le conseguenze sono reversibili. • Fase II: perdita del coordinamento e dell’iniziativa motoria. Anche in questa fase, della durata massima di 15 giorni, le conseguenze sono reversibili. • Fase III: grave decondizionamento dei meccanismi di controllo postu‑ rale e motorio, che insorge dopo un’immobilità prolungata di oltre 15 giorni. Le conseguenze sono questa volta irreversibili. Modificazioni funzionali È noto che la funzione dei vari organi e apparati tende gradualmente a ridursi con il passare degli anni, anche se in modo non sincronico e con ampie variazioni individuali per ogni singola funzione, in relazione anche al genere, allo stile di vita condotto, alla presenza o meno di patologie
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singole o associate. Tale riduzione è stata valutata intorno all’1% per anno dopo i 20‑30 anni. Apparato muscolare e invecchiamento In dettaglio descriveremo solo l’invecchiamento dell’apparato muscoloscheletrico, in quanto principale responsabile del movimento di un soggetto. L’apparato muscolare dell’anziano presenta alcune modificazioni anatomo-funzionali caratteristiche che lo rendono meno efficiente. Le fibrocellule del muscolo striato diminuiscono progressivamente per numero e dimensioni e risultano atrofiche, di colorito giallastro e più pallide rispetto a quelle dei muscoli di soggetti di età più giovane (Fig. 2). Numerose sono le alterazioni sarcoplasmatiche (vacuoli e degenerazione jalina). Aumenta il grasso intercellulare. Fra i 30 e i 75 anni, la massa magra dell’organismo si riduce in relazione alla perdita della massa muscolare scheletrica (sarcopenia). L’atrofia muscolare età‑correlata può non essere evidente, in quanto dissimulata dall’incremento della massa grassa e del connettivo. William J. Evans in un recente articolo apparso nel febbraio 2010 sull’American Journal of Clinical Nutrition, ha differenziato la riduzione della massa muscolare in: sarcopenia, quale espressione del parafisiologico invecchiamento; cachessia quando si verifica dopo malattie croniche invalidanti (tumori, scompensi d’organo a cascata ecc.); atrofia, quando la riduzione è secondaria all’attività muscolare. Ognuna di queste tre condizioni deriva dall’adattamento metabolico all’aumento della degradazione proteica nella cachessia, da una riduzione della sintesi proteica muscolare nell’inattività e dall’alte‑ razione di entrambe nella sarcopenia. La forza massima di contrazione sia isometrica sia dinamica (Fig. 3) si riduce del 20% entro i 60 anni di vita e del 50% entro gli 80 anni. Nell’uomo la forza muscolare diminuisce a 75 anni del 30% agli arti superiori e del 40% a quelli inferiori. La riduzione è molto più evi‑ dente nel muscolo sedentario rispetto a quello “allenato”. Queste modificazioni età‑correlate sono secondarie alla riduzione del numero di fibre muscolari, evidenti, in particolare, dopo i 60 anni. Le fibre rapide di tipo II, implicate nelle contra‑ zioni muscolari rapide di potenza, si riducono in misura maggiore rispetto alle fibre lente di tipo I, che svolgono la funzione di mantenere la postura e
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r Figura 2. Nell’anziano, le fibro cellule del muscolo striato diminuiscono progressivamente per numero e dimensioni.
s Figura 3. Comportamento della forza muscolare nell’uomo in rapporto all’età nel muscolo allenato e no.
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r Figura 4. Diversi tipi di andatura nella donna anziana.
s Figura 5. Anziano che corre.
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di svolgere esercizi ripetitivi e di resistenza. Nel muscolo invecchiato si evidenzia una riduzione del turnover glucidico e del fosfageno, la sintesi dell’ATP è ridotta ed è rallentata anche la biosintesi dell’acido adeni‑ lico, si osserva inoltre anche una riduzione del volume mitocondriale e dell’attività enzimatica. È stato evidenziato nel muscolo dell’anziano un processo progressivo di denervazione e reinnervazione con una riduzione complessiva, alla fine, di unità motorie funzionanti. Fra l’altro, il consumo massimo di ossigeno si riduce di circa il 60% dai 20 agli 80 anni, con conseguente diminuzione della capacità a eseguire lavoro utilizzando l’energia derivante dalla glicolisi aerobica. La fase di recupero dello sforzo risulta prolungata. Le modificazioni muscolo-scheletriche neurologiche determinano, fra l’altro, significative modificazioni dell’andatura, che risulta progressivamente sempre più precauzionale, specie nelle donne (Fig. 4). È importante, comunque, sottolineare che il decadimento delle pre‑ stazioni fisiche età‑correlato è decisamente inferiore in quegli anziani che continuano a praticare attività fisica, tant’è che un esercizio di tipo aero‑ bico svolto con regolarità e continuità (Fig. 5), anche se di breve durata giornaliera, ritarda la perdita funzionale e migliora, a livello cardiaco, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, a livello tessutale, la perfusione per un’attivazione del letto capillare e, a livello polmonare, il VO2. La forza muscolare nell’anziano può infatti migliorare con l’allena‑ mento dal 5 al 50%, secondo la tecnica impiegata (Fig. 6). Recenti studi condotti dal gruppo guidato da Irina Conboy presso l’Università di Berkeley hanno scoperto che nel muscolo delle persone anziane, i livelli della chinasi MAP (mitogen activated protein), un fattore di regolazione dei recettori Notch, essenziale anche per la riparazione del muscolo umano, viene resa inattiva nel muscolo invecchiato. Lo stesso gruppo aveva scoperto, in una precedente ricerca, che le cellule staminali sono dotate di un recettore (Notch), che ne innesca la crescita quando viene attivato.
Figura 6. w Alcuni record di atletica per categoria di età.
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Eziopatogenesi L’immobilità, secondaria a malattie mediche o chirurgiche, o a fattori socio-economici o psicologici riguarda soggetti di tutte le età, ma gli effetti, che da essa dipendono, risultano molto più gravi nelle persone di età avanzata, le cui riserve funzionali dei vari organi e apparati sono già ridotte in modo età‑correlato, anche se, come già precedentemente detto, non in modo sincronico e con la stessa severità. Nel soggetto anziano, in particolare se è fragile o affetto da comorbilità, un’immobi‑ lizzazione prolungata, se non viene adeguatamente contrastata, porta inesorabilmente a una compromissione poliorganica ingravescente, con scompensi multisistemici e può condurre anche alla morte. È bene sottolineare che un’immobilizzazione determina alterazioni significative a carico dei vari organi e apparati solo dopo un periodo di tempo congruo, stabilito, di solito in 2, 3 settimane, anche se, nel soggetto anziano la comparsa di iniziali fenomeni patologici può iniziare molto più precocemente, dopo appena 5 o 6 giorni. Principali cause di immobilizzazione Fattori biologici A. Medici I fattori medici sono oltre la metà delle cause facilitanti una sindrome da immobilizzazione, rappresentandone, secondo molti ricercatori, il 56% e riguardano tutti gli organi e apparati. • Patologie muscolo‑scheletriche: Artriti; osteoartrosi; osteoporosi; poli‑ mialgia reumatica; borsiti e tendiniti; conflitto femoro-acetabolare; patologie a carico del piede (ulcere, calli); fratture e interventi ortope‑ dici. I meccanismi dell’immobilità sono, in tal caso, secondari al dolore, a una ridotta ampiezza del movimento, a debolezza muscolare, alla sarcopenia e al decondizionamento. • Cardiopatie e malattie vascolari: Scompenso cardiaco NYHA III‑IV; cardiopatia ischemica; ipotensione ortostatica; trombosi venosa pro‑ fonda ed embolia polmonare; arteriopatie ostruttive periferiche al III e IV stadio di Lériche‑Fontaine. I meccanismi dell’immobilità sono secondari a dolore retrosternale (angina), alla dispnea da sforzo, all’in‑ capacità e instabilità a mantenere la stazione eretta per l’insorgenza di vertigine e capogiro, alla dispnea e a una minore capacità aerobica, alla claudicatio intermittens. • Pneumopatie: Broncopatia cronica ostruttiva (BPCO); pnenumopa‑ tie restrittive. I meccanismi dell’immobilità secondari a pneumopa‑ tie invalidanti dipendono dalla dispnea e da una minore capacità aerobica.
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• Malattie neurologiche: Demenza; morbo di Parkinson; sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e neuropatie demielinizzanti; esiti di ictus; stenosi del canale vertebrale; radicoliti. I meccanismi dell’immobilità sono la conseguenza del danno cerebrale centrale, del dolore, della debolezza muscolare, della perdita di input sensoriali propriocettivi. • Tumori: Cachessia, anemia, astenia. • Deficit sensoriali: Cecità; retinopatia, cataratta; labirintiti che deter‑ minano un ridotto visus con incapacità o riduzione del movimento e vertigini. • Effetti collaterali da farmaci e comorbilità: Il meccanismo del ridotto movimento è da attribuire alle reazioni avverse, alla sonnolenza, all’atassia, alla bradicinesia da neurolettici, alle conseguenze debili‑ tanti della pluripatologia (piede diabetico). B. Chirurgici Le cause chirurgiche rappresentano circa il 30% dei fattori biologici. • Interventi sull’addome, torace, bacino, arti inferiori. I meccanismi dell’ipocinesia dipendono dal dolore, dall’ipostenia. C. Psichiatrici I fattori psichiatrici, secondo i dati della letteratura, sono circa il 10% delle cause biologiche. • Depressione; post‑fall syndrome. I meccanismi del ridotto movimento, correlati a malattie psichiatriche, sono secondari a paura di cadere, a ipostima del sé, a panico. Fattori sociali I fattori sociali che, in varia misura, possono influire sulla riduzione del movimento rappresentano una parte minore, stimata nel 4% di tutte le cause di immobilizzazione, ma risultano fattori favorenti, facilitanti e aggravanti quando sono associati ai vari fattori biologici. • Inadeguatezza del supporto sociale: solitudine, indigenza, malnutri‑ zione, barriere architettoniche, isolamento, atteggiamenti iperprotettivi dei parenti. I meccanismi derivanti dai fattori sociali sono l’allettamento ritenuto utile dai familiari, l’impossibilità a uscire di casa per presenza di evidenti barriere architettoniche, come, per esempio, alloggi all’ultimo piano di case senza ascensore, con scale sconnesse, senza mancorrenti e abitati da anziani artrosici o con patologie debilitanti. Ne consegue che, in estrema sintesi, si può affermare che l’eziologia della sindrome da immobilizzazione è secondaria a: • mancato uso dell’apparato locomotore;
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• riduzione delle afferenze sensitive dall’ambiente; • negativismo psicologico; • presenza di barriere architettoniche limitanti. Conseguenze dell’immobilità L’immobilità protratta, come già detto, provoca significative alterazioni a carico di tutti gli organi e apparati, con diversi gradi di gravità e in rela‑ zione alla condizione fisiopatologica di partenza del soggetto (Fig. 7). Esamineremo, in dettaglio, gli organi maggiormente interessati.
v Figura 7. Conseguenze della sindrome ipocinetica.
Apparato muscolo-scheletrico L’immobilità aggrava e accentua le modificazioni “parafisiologiche” correlate all’invecchiamento. La complicanza più evidente del muscolo è l’atrofia e la conseguente debolezza, che, tautologicamente, accentua ulteriormente l’immobilizzazione per la difficoltà che il soggetto allettato o immobile presenta a muoversi. Il mancato movimento accentua il metabolismo catabolico con riduzione del glucogeno muscolare, della forza muscolare e comparsa di contratture spesso irreversibili. L’atrofia appare più evidente a livello dei muscoli degli arti inferiori. Insorgono con estrema frequenza anche delle contratture muscolari, di solito, in flessione per progressivo accorciamento delle fibre muscolari e per riduzione e compromissione della mobilità delle articolazioni, che, per il non uso, diventano rigide fino ai casi estremi di anchilosi. L’osso diventa prima osteopenico e in seguito, se perdura l’immobilizzazione, franca‑ mente osteoporotico (Fig. 8).
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Figura 8. w Colonna osteoporotica in donna anziana.
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Deterioramento del supporto vertebrale
La perdita della forza muscolare è stata calcolata nell’1‑1,5% per giorno di allettamento, per cui nell’anziano basta una sola settimana di immobilità a letto per superare la soglia della disabilità. In Tabella 2 ven‑ gono riportate le principali modificazioni a carico del sistema osteo‑artromiologico. Tabella 2. Principali modificazioni a carico del sistema osteo‑artro‑miologico Modificazioni muscolari
Modificazioni articolari
Modificazioni ossee
Ipotrofia-atrofia
Fibrosi tendinee, legamentose e capsulari
Osteopenia
Ipostenia
Rigidità e perdita funzionale
Osteoporosi, contratture
Apparato cardiocircolatorio Un allettamento prolungato determina una marcata riduzione del con‑ sumo energetico dell’organismo in toto, con il rischio di un’inefficace perfusione tessutale periferica. Nella posizione supina, per una ridotta spinta gravitazionale, si instaurano significative modificazioni emodina‑ miche e funzionali che differiscono a seconda della durata dell’alletta‑ mento e che riportiamo in Tabella 3. Apparato respiratorio ––↓ Capacità vitale per il sollevamento del diaframma e modificazione dei volumi respiratori ––Ipossia e ipercapnia da modificazioni del rapporto V/P ––↓ Riflesso della tosse
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Tabella 3. Modificazioni emodinamiche e funzionali conseguenti all’allettamento prolungato Modificazioni emodinamiche – Ridistribuzione, al momento dell’allettamento, del volume ematico di circa il 10% dalla periferia al centro (particolarmente al tronco), per cui meno sangue affluisce agli arti inferiori – ↑ Flusso ematico polmonare del 20‑30% e pressione polmonare e atriale – ↑ Ritorno venoso e riempimento diastolico – ↓ Gittata cardiaca – Minore adeguamento del cuore a maggiori richieste di prestazioni – Rischio di scompenso cardiaco acuto (edema polmonare) Intolleranza ortostatica – Ipotensione ortostatica (incapacità di aggiustamento pressorio nel passaggio dal clino all’ortostatismo) – Tachicardia e nausea – Vertigine e rischio di caduta (Fig. 9) Bilancio idroelettrolitico – ↓ HO2 totale – ↓ Volume plasmatico – ↓ Bilancio del sodio – ↓ Globuli rossi (RBC) (dopo 2 settimane)
r Figura 9. Sindrome vertiginosa.
Sistema venoso periferico – ↓ Flusso venoso per deficit della pompa muscolare – Stasi venosa (fattore della triade di Wirkov più importante su versante venoso) – ↑ Aggregazione piastrinica – ↓ AT III e prostaciclina – Rischio di trombosi venosa profonda (TVP) e di embolia polmonare (EP) Sistema arterioso – ↑ Aggregazione piastrinica da ischemia tessutale – ↓ Produzione di prostaglandine – Rischio di trombosi (Fig. 10)
––↓ Profondità del respiro ––↑ Ristagno secreti ––↑ Complicanze infettive anche per compromissione immunitaria (↑ catabolismo IgG e ↓ anticorpi) ––↓ Efficienza clearance muco‑ciliare Apparato gastroenterico ––Anoressia ––Disfagia ––Turbe dispeptiche ––Stipsi e fecalomi, pseudodiarrea, per tempi di transito prolungati ––Malnutrizione e malassorbimento
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r Figura 10. Trombo arterioso.
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Apparato tegumentario ––Lesioni da decubito da pressione, stiramento o sfregamento sulle sedi di maggiore appoggio (Figg. 11, 12) ––Infezioni (osteomieliti, sepsi generalizzata) Apparato genito-urinario ––Incontinenza urinaria ––↑ Processi infettivi Sistema nervoso e psiche ––↑ Stati confusionali ––↓ Rapporti con il mondo esterno e con il gruppo di appartenenza ––↑ Isolamento ––Agitazione, depressione, delirio
Figura 11. w Sviluppo delle piaghe da decubito. Pelle Tessuto adiposo Fascia Tessuto muscolare Osso A. Quando viene applicata pressione, si forma un’ulcera nel tessuto molle sopra una protuberanza ossea.
B. Quando viene rilasciata la pressione, la pelle guarisce, ma rimane il danno nel tessuto residuo sottostante.
C. Per via del danno preesistente al tessuto, la zona appena ampliata del danno si allarga ben oltre il punto di pressione originario quando viene riapplicata pressione.
D. Pressione ripetuta può causare un’ulcera di terzo grado, una piaga aperta e necrosi fino al livello fasciale. Come sopra, la zona del danno al tessuto si amplia oltre il punto di pressione originario.
s Figura 12. Particolare di piaga da decubito.
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Prevenzione La prevenzione della sindrome da immobilizzazione non richiede par‑ ticolari e dispendiose strategie, ma solo semplici procedure idonee a ridurre al minimo il periodo di allettamento. Una linea guida semplice da attuare sia in ambito familiare sia residenziale (ospedale, RSA) è la seguente: 1) Alzare precocemente il paziente dal letto, anche dopo un intervento chirurgico. 2) Mettere seduto il paziente su una comoda con cuscino antidecubito, non appena le condizioni del paziente lo consentono. 3) Evitare la somministrazione di sedativi che accentuano l’ipocinesia. 4) Attuare un programma personalizzato di psico‑stimolazione sulla base delle condizioni del paziente e della sua capacità di reazione. 5) Utilizzare calze antitrombo. 6) Istituire il più precocemente possibile un programma di mobilizza‑ zione e di riabilitazione. 7) Somministrare una dieta adeguata ed equilibrata nei vari nutrienti. w
Bibliografia Bauco C, Mancinella M, Marigliano V. Piaghe da decubito. In: Marigliano V. Argomenti di geriatria. Roma: Cesi, 2002:675‑688. Durante F, Barbagallo Sangiorgi G. La sindrome da immobilizzazione. In: Nicita Mauro V, Squadrito G, Caruso D. (Eds). Geriatria oggi. Cosenza: Editoriale Bios, 1988:95‑102. Ferraio E, Visentin P, Cappa G. Significato e limiti dell’esercizio fisico nell’anziano. Giorn Gerontol 1983;31:881‑892. Fontana M. Immobilizzazione, sindromi e possibili complicanze. Assistenza anziani 2005:56‑57. Gill TG, Allore H, Guo Z. The deleterious effects of bed rest among community-living older persons. Gerontol Soc Amer 2004;59:755‑761. Neirotti M. La sindrome da immobilizzazione. In: Fabris F. Geriatria. Roma: Cesi, 2003;265‑286. Senin U. Paziente anziano e paziente geriatrico. Napoli: EdiSes, 1999. Toscani A, Zilli A. La sindrome da immobilizzazione. In: Antonini FM, Fumagalli C. (Eds). Gerontologia e Geriatria. Milano: Ed. A. Wasserman, 1973:363‑402.
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Lettera del Presidente Il IV Congresso Nazionale Multidisciplinare ACSA-onlus
T.D. Voci – Presidente ACSA Onlus
L’ACSA si avvia a celebrare nel prossimo settembre il suo IV Congresso Nazionale Multidisciplinare, importante occasione per i partecipanti di incontrarsi, conoscersi, scambiare esperienze e vivere tre giorni intensi di aggiornamento e di formazione. È stato scelto come sede il Crowne Plaza Hotel, adiacente lo storico parco romano di Villa Pamphili, che dispone di una sala con cinquecento posti, capace di ospitare i delegati convenuti da tutte le regioni di Italia. La nostra Associazione organizza questa importante assise con sca‑ denza biennale. Questa volta sono passati tre anni dal precedente incontro datato 2007, in considerazione della profonda crisi che ha investito i nostri naturali sponsor. In questo periodo, molte sono state le novità scientifiche e numerose di queste hanno avuto sviluppi nella pratica clinica. In questi tre anni, la nostra Associazione ha continuato la sua attività ECM a livello regionale, recependo via via le sopradette novità; si sono costituiti gruppi di studio sulle tematiche più varie; sono stati condotti studi osservazionali finalizzati alla valutazione di percorsi diagnostici e terapeutici. Tutta l’attività fin qui svolta (circa 160 eventi) si è sempre caratteriz‑ zata per l’interdisciplinarietà degli argomenti, spaziando dalle tematiche cardiovascolari (ipertensione, infarto, scompenso cardiaco, ictus ecc.) a quelle diabetologiche (piede diabetico, insulino-resistenza, danno d’organo ecc.), a quelle neurologiche (depressione, Alzheimer, Parkinson ecc.), non tralasciando le nuove classi di farmaci e le nuove strategie terapeutiche, nonché la prevenzione e il continuum cardiovascolare, i disturbi del ritmo cardiaco e la stadiazione del rischio di morte improv‑ visa, gli aspetti medico-legali del paziente anziano e l’integrazione tra ospedale e territorio. Tutta questa messe di argomenti e altro ancora, alla luce della loro evoluzione, caratterizzeranno i contenuti di questo importante appun‑ tamento, come da programma allegato. Ringrazio dell’attenzione e invio cordiali saluti dandoVi appunta‑ mento… a Roma. Tommaso Diego Voci Presidente nazionale ACSA-Onlus
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IV Congresso Nazionale Multidisciplinare ACSA‑onlus ROMA, 23–25 settembre 2010 Crowne Plaza Rome – St. Peter’s Hotel – Via Aurelia Antica, 415 L’evento è stato registrato al Ministero della Salute per i crediti formativi ECM con il numero 1107/10028119 PROGRAMMA Giovedì 23 settembre – pomeriggio Focus on: L’URGENZA IN MEDICINA 14.30 Apertura del Congresso – Tommaso Diego Voci, Presidente Nazionale ACSA-onlus Approccio clinico in team in un reparto di urgenza medica Moderatori: Massimo De Simone, Vincenzo Natale 15.00 Strategie di intervento per protocolli condivisi – Diego Paternosto 15.25 Medicina d’Urgenza: l’analisi dei flussi dal 2002 al 2009 di un reparto di degenza ad alta-media intensità di cure – Cinzia Barletta 15.50 Un soffio per la vita: utilizzo della NIV nello scompenso cardiaco acuto – Cinzia Sighieri I biomarkers in medicina d’urgenza Moderatori: Diego Paternosto, Cinzia Sighieri 16.15 Indicatori di danno precoce d’organo ed applicazioni pratiche – Nicolò Gentiloni 16.40 Nuove strategie per la diagnosi differenziale precoce delle malattie infettive in un reparto di emergenza medica: ruolo della procalcitonina – Francesco Pugliese Novità nell’organizzazione dipartimentale nell’emergenza urgenza Moderatori: Luciano Pagliari, Cinzia Barletta 17.05 Il percorso del dolore toracico in OBI (osservazione breve intensiva): una risposta assistenziale nuova in emergenza-urgenza – Enzo Natale 17.30 ECO FAST come approccio in acuto al paziente critico – Beniamino Susi 17.55 Tossicologia all’interno del dipartimento di emergenza urgenza – Luigi Zulli 18.20 Discussione 19.00‑19.30 Questionario ECM
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ACSA NEWS Venerdì 24 settembre – mattina Focus on: L’ANZIANO PLURIPATOLOGICO Moderatori: Giuseppe Luciano, Carmine Macchione 09.00 Alzheimer: ipotesi patogenetiche e nuovi approcci terapeutici – Sandra Fanfoni 09.30 Parkinson e parkinsonismi: dal tremor al terrore della “sedia a rotelle” – Santi Branca 10.00 Osteoporosi: dall’indice di fragilità alle terapie biotech più innovative – Maria Luisa Brandi 10.30 I disturbi del sonno nel paziente anziano – Mariangela Rondanelli Problematiche etiche e medico-legali nell’anziano Moderatori: Vittorio Nicita-Mauro, Sergio Cabodi 11.00 Polimialgia reumatica del paziente anziano – Claudio Rugarli 11.30 La contenzione tra costrizione e protezione – Carmine Macchione 12.00 La valutazione multidimensionale geriatrica ai fini medico-legali – Domenico Cucinotta 12.30‑13.00 Discussione
Venerdì 24 settembre – pomeriggio Focus on: L’APPROCCIO CARDIOMETABOLICO Il rischio cardiometabolico: una proposta italiana di best practice Moderatori: Antonio Gaddi, Francesco Angelico 14.30 Il Framingham italiano: ancora dati dallo studio Brisighella – Arrigo Cicero 14.55 Un percorso di formazione ECM come strumento per una strategia diagnostica e terapeutica – Pietro Lentini 15.20 I primi risultati di un impegno globale dei medici del territorio – Massimo Moré Upgrade dalla letteratura sui percorsi diagnostici e le implicazioni terapeutiche del diabete Moderatori: Massimo Moré, Sergio Leotta 15.45 Diabete tipo II: tra linee guida e timore di effetti indesiderati – Pierdomenico Bertello 16.10 Ipercolesterolemia: c’è bisogno di aggiungere altro? HDL o LDL il target? Cosa si attende ancora nel cosmo delle lipoproteine? – Roberto Volpe 16.35 La scelta dell’insulina giusta per il paziente giusto. Linee guida ed esperienze pratiche – Giovanni De Pergola
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17.00 La frequenza cardiaca come nuovo fattore di rischio. Attualità e prospettive future di intervento terapeutico nelle principali patologie cardiovascolari – Marino Benvenuto Lettura Introduce Alfonso Galati 17.25 Attività motoria e prevenzione nell’ottica del Piano Nazionale di Prevenzione Cardiovascolare – Antonio Gaddi 17.55 Discussione 18.30‑19.15 Questionario ECM
Sabato 25 settembre – mattina Focus on: CONTINUUM CARDIOVASCOLARE Ipertensione arteriosa e rischio cardiovascolare Moderatori: Luciano Cocozzello, Massimo Fazzari 09.00 Iperaldosteronismo ed ipertensione arteriosa – Mauro Cignarelli, Ester Laudadio Lettura Introduce: Plinio Fabiani 09.30 Ruolo dell’inibitore diretto della renina nel trattamento plurifarmacologico dell’ipertensione resistente – Pietro Lentini Lettura Introduce: Gerardo Ansalone 10.00 La cardiopatia ischemica cronica: nuovi canali da seguire – Massimo Uguccioni Danno d’organo e continuum cardiovascolare Moderatori: Pietro Lentini, Antonio Granatelli 10.30 Sindrome coronarica acuta e PTCA primaria: a che punto siamo in Italia con l’H 24? Cosa fare? Più emodinamiche o più UTIC satelliti per Hub sempre più attrezzati? – Gerardo Ansalone 11.00 Gestione integrata dello scompenso cardiaco – Biagio Valente 11.30 Navigando fra le opzioni per la prevenzione del diabete – Plinio Fabiani 12.00 Ictus ischemico/TIA: possibile danno d’organo. Quali novità fisiopatologiche e terapeutiche? – Maurizio Rodio 12.30‑13.00 Discussione
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ACSA NEWS Sabato 25 settembre – pomeriggio Focus on: LE ARITMIE CARDIACHE: NUOVI ORIENTAMENTI MEDICI E CHIRURGICI Nuove soluzioni a vecchi problemi Moderatori: Paolo Loschiavo, Giuseppe Ferraiuolo 14.30 Fibrillazione atriale: stato dell’arte – Gaetano Senatore 14.55 Gravidanza e aritmie – Matteo Di Biase 15.20 Presente e futuro del trattamento anticoagulante orale – Carlo Rostagno Quando il gioco si fa duro: opinioni a confronto Moderatori: Matteo Di Biase, Massimo Fazzari 15.45 Approccio a coronaropatie complesse. Quale il confine tra cardiologia interventistica e cardiochirurgia? Esperienze a confronto – Ernesto Greco, Federico Conrotto 16.10 Infezioni delle ferite cardiochirurgiche – Claudio Santini 16.35 La stratificazione del rischio di morte improvvisa – Leonardo Calò 17.00 Discussione 17.45‑18.45 Questionario ECM
Assemblea straordinaria ACSA‑onlus ore 19.00
Segreteria Scientifica: Luciano Cocozzello – Pietro Lentini Provider ECM: Tommaso Diego Voci Via Madama Cristina, 9 – 10125 Torino Fax: 011/6501607 presidenza@acsa‑onlus.it
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Segreteria Organizzativa: Delphi Line Viale Campania, 31 – 20133 Milano Tel: 02/70006051 Fax 02/71090028 info@delphiline.com
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I° corso di BLS‑D ACSA SIMEU AHA per infermieri ROMA, 24 settembre 2010 Crowne Plaza Rome – St. Peter’s Hotel – Via Aurelia Antica, 415 L’evento è stato registrato al Ministero della Salute per i crediti formativi ECM con il numero 8820/8020132 – edizione 7 Coordinatori scientifici: Vincenzo Natale, Pietro Lentini IL SISTEMA DI EMERGENZA URGENZA 08.45‑09-00 Il servizio di emergenza 118 – M. Rodolico 09.00‑09:15 Il DEA di I e II livello – V. Natale 09.15‑09.30 Il malessere generico: I intervento – G. Ventrice
URGENZE-EMERGENZE CARDIORESPIRATORIE: IL BLSD 09.30‑10.00 Obiettivi, tecniche e sequenze bls, principi della DP – V. Natale 10.00‑10.30 Tecniche di BLS: apertura delle vie aeree – V. Natale 10.30‑11.30 Tecniche di BLS: ventilazione pallone maschera-ventilazione bocca maschera – M. Rodolico 11.30‑12.00 Apertura delle vie aeree – G. Ventrice 12.00‑12.30 Tecniche di BLS: posizione laterale di sicurezza, manovra di Heimlic – M. Rodolico 12.30‑13.30 Sequenza a due soccorritori (pallone-maschera) – V. Natale
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ACSA NEWS IL DEFIBRILLATORE SEMIAUTOMATICO ESTERNO (DAE) 14.00‑14.30 Fondamenti per la defibrillazione precoce – M. Rodolico 14.30‑15-30 Principali quadri ecgrafici dell’arresto e periarresto cardiorespiratorio – i defibrillatori automatici e semiautomatici – G. Ventrice 15.30‑16.00 La tecnica, l’algoritmo, ruoli dei soccorritori, sicurezza – M. Rodolico 16.00‑16.50 Addestramento pratico a gruppi:accensione del DAE, posizionamento piastre, analisi, DC shock-sequenza BLSD a 2 soccorritori con DAE immediatamente disponibile – sequenza con ritmo iniziale non defibrillabile – V. Natale 16.50‑19.05 Skilltest (a 2 soccorritori con DAE non immediatamente disponibile) valutazione teorica – Tutti gli istruttori 19.05‑19.35 Verifica dell’apprendimento da parte dei partecipanti a piccoli gruppi – Tutti i docenti e tutor
Segreteria Scientifica: SIMEU – Sezione Calabria Provider ECM: Associazione Sanitaria e Servizi Via Domenicoantonio Basile, 11 89900 Vibo Valentia Tel: 0963/93357 ‑ 349/8041174 - 329/109439 vincenzonatale@virgilio.it
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Segreteria Organizzativa: Delphi Line Viale Campania, 31 20133 Milano Tel: 02/70006051 Fax 02/71090028 info@delphiline.com
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Eventi ACSA 2010
Baveno (VB), 19‑20 marzo Rischio cardiovascolare globale: nuovi approcci diagnostici e terapeutici Corso di formazione per medici ECM n. 1107/10006481
Torino, 17 aprile (ECM n. 1107/1006481) Marino (RM), 24 aprile (ECM n. 1107/10012798) Avellino, 8 maggio (ECM n. 1107/10015335) Novara, 29 maggio (ECM n. 1107/10019232) Montalto Uffugo (CS), 12 giugno (ECM n. 1107/10021074) Nuove strategie di intervento per la modulazione del sistema immunitario Roma, 27‑28 maggio Tecniche di lavoro in equipe in emergenza-urgenza Corso di aggiornamento e formazione ECM n. 1107/10015331 (per infermieri) ECM n. 1107/10015330 (per medici)
Roma, 5 giugno Fattori di rischio o regolatori della vita?
Eventi
Policlinico Umberto I ECM n. 1107/10020301
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Roma, 23‑25 settembre IV Congresso Nazionale Multidisciplinare ACSA‑onlus Crowne Plaza Rome – St. Peter’s Hotel
Modena, 16 ottobre Nuove strategie di intervento nelle patologie dell’apparato uro‑genitale
P.S.: si rammenta che per la visione dei singoli programmi e la struttura dove si svolgerà l’evento ed eventuali altre variazioni, è opportuno collegarsi al sito dell’associazione: www.acsa‑onlus.it Gli eventi contrassegnati con il numero ECM di registrazione sono visibili sul sito.
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Delegazioni regionali
Calabria
Sardegna
Delegato Regionale: Corrado Piscopo – piscopo@tin.it
Delegato Regionale: Davide Piano – dvdpn@yahoo.it
Referente Scientifico: Prof. Carmine Zoccali Direttore Divisione di Nefrologia e del Centro di Fisiologia Clinica – Ospedali Riuniti di Reggio Calabria – Professore della Scuola di Nefrologia – Università di Palermo e Messina
Referente Scientifico: Prof. Giuseppe Mercuro Direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Neurologiche dell’Università di Cagliari
Campania
Sicilia
Delegato Regionale: Francesco Nappi – dottnappi@libero.it
Sicilia Orientale
Referente Scientifico: Prof. Francesco Rengo Ordinario di Medicina Interna e Geriatria – Università Federico II di Napoli – Direttore della Scuola di Specializzazione
Delegato Regionale: Giacomo Spallina – g.spallina@tiscali.it
Emilia Romagna
Referente Scientifico: Dott. Sante Branca Direttore Struttura Complessa di Geriatria e Lungodegenza – Presidio Ospedaliero di Acireale – ASL 3 Catania
Delegato Regionale: Roberto Manopulo – manopulo@alice.it
Sicilia Occidentale
Referente Scientifico: Prof. Antonio Gaddi Direttore Centro Aterosclerosi “Giancarlo Descovich” – Ospedale Sant’Orsola di Bologna
Delegato Regionale: Domenico Di Vincenzo domenico.divincenzo@aliceposta.it
Lazio
Referente Scientifico: Prof. Salvatore Di Rosa Direttore UO Complessa Medicina Interna – Ospedale Villa Sofia di Palermo
Delegato Regionale: Pietro Lentini – lentini@mclink.it Referente Scientifico: Prof. Massimo Fini Direttore scientifico IRCCS San Raffaele Pisana, Roma
Toscana
Lombardia
Referente Scientifico: Rita Mariotti Professore Associato Dipartimento Cardiotoracico – Università di Pisa
Delegato Regionale: Gian Paolo Leoncini gianpaolo.leoncini@virgilio.it
Delegato Regionale: Silvia Maffei – silvmaff@ifc.cnr.it
Referente Scientifico: Prof. Livio Dei Cas Direttore Cattedra e Divisione di Cardiologia – Università degli Studi di Brescia
Umbria
Marche
Referente Scientifico: Prof. Elmo Mannarino Professore Ordinario di Medicina Interna – Università di Perugia
Delegato Regionale: Giovanni Ciuffetti – gciuffe@unipg.it
Delegato Regionale: Tommaso Ursini – ursini@asl13.marche.it Referente Scientifico: Dott. Domenico Sabatini Primario di Geriatria Ospedale Civile – San Benedetto del Tronto (AP)
Valle D’Aosta
Piemonte
Referente Scientifico: Prof. Sergio Crotta Direttore Struttura Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva – Ospedale Umberto I di Aosta
(Consiglio Direttivo Nazionale)
Puglia Delegato Regionale: Michele Luciano Cocozzello lucianococozzello@virgilio.it Referente Scientifico: Prof. Matteo Di Biase Direttore UO di Cardiologia – Azienda Ospedaliera e Universitaria di Foggia
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Delegato Regionale: Hadri Abdulsattar – suheil@libero.it
Veneto Delegato Regionale: Marino Benvenuto – Benvenuto1@libero.it Referente Scientifico: Prof. Corrado Vassanelli Direttore Clinica Cardiologica – Ospedale Civile Maggiore di Verona
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e-Health, uno strumento per la prevenzione cardiovascolare Nuove tecnologie in terapia fisica riabilitativa ARTICOLAZIONI Riduce l’infiammazione articolare e stimola la rigenerazione della cartilagine
SISTEMA MUSCOLARE Risolve rapidamente la contrattura e produce un intenso effetto antalgico
SISTEMA CIRCOLATORIO E LINFATICO Favorisce l’apporto di nutrienti e il riassorbimento delle raccolte di liquido
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