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P. 53 — 1 LA GIURIA FINALE TRA DIFFICILI EQUILIBRI E UN CAVALLO DI TROIA
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INTRODUZIONE DI ROBERTO GARGIANI
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Professore Emerito, École Polytechnique Fédérale de Lausanne, EPFL
La realizzazione del Centre national d’art et de culture Georges Pompidou nel centro di Parigi ha rappresentato da subito un evento della massima importanza internazionale, tra la fne degli anni sessanta e gli anni settanta, perché gli autori di quell’eccezionale capolavoro dell’architettura di tutti i tempi sono riusciti a fssare, nei dispositivi tecnici, negli spazi e nel funzionamento pubblico di quell’opera, le pulsioni radicali che animavano la società europea della contestazione andata in scena nelle strade di Parigi proprio quando prendeva avvio la vicenda del concorso per la costruzione di quel nuovo e sperimentale centro di arte e cultura. Concepito da una équipe internazionale di architetti, ingegneri e tecnici, riuniti in un asse culturale che traversava Inghilterra e Italia all’insegna di movimenti radicali e neo-avanguardistici e di pulsioni sperimentaliste per la scoperta dei potenziali creativi della tecnica, il Centre Pompidou, così come progettato dallo studio Ove Arup & Partners e da Richard Rogers, Renzo Piano e Gianfranco Franchini, sin dalle prime fasi di studio assume le sembianze di una macchina sociale rivoluzionaria, da impiantare nel centro di Parigi. Il progetto presentato al concorso celava, sotto la sua festosa veste pop, la propria natura di ordigno politico congegnato per essere non tanto un luogo di fruizione dell’arte contemporanea come richiesto dal bando, quanto piuttosto un’emittente di informazioni per la genesi di una coscienza collettiva e sociale alternativa, all’insegna di un pacifsmo planetario. L’architettura veniva portata a un grado tale di identifcazione con la struttura e gli impianti che fnalmente veniva dichiarata, senza veli e senza retorica, l’essenza della ragione ultima di una disciplina che in quel momento storico era chiamata a rivedere i propri fondamenti sociali e teorici nel farsi puro riparo tecnologico all’avanguardia di uno spazio vitale primordiale. Nessuna opera d’architettura ha più osato varcare quel limite. Il paradosso della storia vuole che proprio quell’ordigno fabbricato da un gruppo di cospiratori anglo-italiani sia stato accolto dalla giuria di concorso e insignito dal presidente francese Georges Pompidou del merito di essere costruito. La scabrosa bellezza del Centre Pompidou scaturisce proprio dalla contraddizione politica di un progetto rivoluzionario concepito in opposizione a un potere presidenziale il quale, con una mossa a sorpresa, decide di adottarlo proprio per celebrare se stesso. Ciò che accadde durante le discussioni della giuria del concorso è quindi decisivo per comprendere i mutamenti in atto nel signifcato del progetto anglo-italiano. Accolto secondo la tradizione francese delle grandiose opere destinate a segnare, in Parigi, un’epoca e un regime, il Centre Pompidou non sfuggirà al destino che aveva contraddistinto l’altro signifcativo monumento di quella capitale che con quel Centre ne condivide il ruolo di centro simbolico delle varie