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I branded video con una marcia in pi\u00F9
DigitalBees si definisce un ‘Video & Content Facilitator’: che cosa vuol dire esattamente?
La facilitazione parte da una piattaforma tecnologica in cui sono messi in relazione tre operatori: chi il contenuto lo produce, chi lo pubblica e l’investitore in comunicazione. In altre parole, DigitalBees è un marketplace con una marcia in più. La nostra Video Content Platform facilita, automatizzandolo, gran parte del percorso – sia tecnico sia legale – che permette il reperimento, l’erogazione e la rendicontazione del contenuto: lo snellimento di questa trafila consente anche di mettere a disposizione dei publisher, e quindi dei brand, una content experience vera e propria.
Sulla base di quali caratteristiche e requisiti scegliete i partner con cui collaborare, sia fra i publisher, sia fra i produttori di contenuti?
DigitalBees è un service editoriale e come tale deve, prima di tutto, tenere presente le aspettative del pubblico. Le scelte, siain termini di publisher sia di video-categorie, sono quindi sempre equilibrate tra le tendenze date dall’audience e le specifiche necessità dei publisher o dei brand. In questo senso, ad esempio, se c’è bisogno di rinforzare il palinsesto a target ‘Motori’, sarà per noi possibile tarare automaticamente l’erogazione, creando un’esperienza tematica coerente sui siti che si prestano meglio al target con i video che più rispondono alla categoria. Ricordiamo inoltre una cosa: la facilità di implementazione che caratterizza i nostri formati Video Native Widget permette di svincolarci dal tradizionale processo di ‘preselezione’. Tecnicamente, infatti, possiamo accendere e spegnere le playlist, su qualsiasi partner, quasi in tempo reale.
L’offerta di DigitalBees si pone esattamente all’incrocio fra mondo editoriale e pubblicitario. Attraverso quali strumenti e servizi potete soddisfare le differenti esigenze degli operatori: publisher (audience), produttori (monetizzazione) e investitori pubblicitari (ROI)?
La nostra Video Content Platform nasce proprio con l’obiettivo di triangolare le esigenze di tutti. Da un lato riduce lo sforzo operativo aumentando il potenziale commerciale del content provider e dell’editore digitale, dall’altro offre molteplici funzioni utili a soddisfare i KPI degli investimenti in marketing.DigitalBees coniuga per i brand soluzioni già consolidate, come il classico preroll in programmatico, con nuove opportunità: dalla branded video strategy al content planning, partendo, ad esempio, dall’amplificazione dei contenuti già realizzati per i social, che sarebbe un peccato non capitalizzare altrove.
Il video adv digitale è spesso nell’occhio del ciclone per questioni legate a contenuti non appropriati e ambienti poco ‘brand safe’. Qual è la posizione di DigitalBees da questo punto di vista e che ‘garanzie’ offrite sulle piattaforme attraverso le quali erogate i contenuti?
Per sua natura, la proposta DigitalBees è sempre brand safe, in quanto ‘verificata due volte’. Il content provider infatti non concederebbe le licenze se non assicurassimo un rendiconto d’uso e una contestualizzazione adeguata dei loro video. Allo stesso modo il publisher è garante dell’offerta al pubblico, cui deve erogare contenuti conformi alla morale e alle altre opportune regole, altrimenti non potrebbe ricevere i nostri Video Native Widget. Quindi non si scappa:entrambi richiedono che all’automatizzazione sia affiancato un lavoro di editorial management puntuale e specifico, che diventa una garanzia anche per l’investitore in comunicazione.
Nella filiera del Branded Content quali ‘ingredienti’ sono necessari per costruire progetti efficaci e integrati con le altre iniziative di marketing e comunicazione di un brand?
A volte, oltre a definire gli ingredienti fondamentali, è opportuno anche indicare cosa va evitato. Nel caso di una strategia di branded content, aggiungerei la coerenza e toglierei il formato. Per intenderci: una ricetta su una sezione di cucina è contestuale, una ricetta regionale su un sito di viaggi è coerente. Entrambe le soluzioni possono essere efficaci, basta sfruttarle nel modo giusto. Se poi la coerenza si abbina ad altre soluzioni di comunicazione – ad esempio Tv o eventi – l’efficacia è quasi assicurata. Parlare di formato è invece un retaggio del passato, da pubblicità cartacea. Per il contenuto – e in parte anche per lo spot preroll – quello che conta è quanto il video sia avvincente, non ‘quanto sia grande’ o in quale posizione sia inserito in pagina. Se un contenuto è interessante e appare nell’ambito giusto sarà visto, e si suppone ricordato,a prescindere da quanti pixel occupa, allo stesso modo di un bello spot o un bel programma, che restano impressi indifferentemente dal fatto che compaiano su un 16 o un 42 pollici.
Quali sono le caratteristiche indispensabili di una produzione legata al Branded Content? Quali le ‘regole’ per costruire programmi e piattaforme che funzionano, e quali i ‘limiti’ da non superare?
Una regola puntuale non esiste: dipende ovviamente dagli obiettivi, ma anche dal tipo stesso di brand. Ad esempio, un ‘lovemark’ avrà possibilità diverse di esprimersi rispetto a un brand altrettanto noto, ma che colpisce meno al cuore. C’è però una costante in tutti i casi di maggior successo: il marchio parla sempre al pubblico, non parla mai di sé in modo centralizzante. Si innesca uno scambio tra chi racconta e chi ascolta, evidente o meno che sia la voce dell’investitore, e questo scambio può prender vita da tantissimi spunti: dal fornire intrattenimento puro ottenendo brand equity, dall’erogare un utilissimo ‘how to’ ottenendo gratitudine, fino ai suggerimenti della nonna, che diventano la scusa per raccontare un servizio di food delivery.