Fuori dalla Depressione

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Edward T. Welch

Fuori dalla depressione

Vivi in un mondo da cui ricevi delle forti pressioni e ti sembra di non aver retto la spinta, di aver fallito gli obiettivi e ora non rimane che ritirarsi in un angolo. Hai inseguito il mito della felicità che la nostra cultura propala a piene mani, hai vissuto come un bambino viziato, hai rincorso l’idolo del benessere e ora di fronte alle prime difficoltà e alla sofferenza, non rimane che il silenzio, l’isolamento e la passività. In tutto questo la presenza di Dio non è una variabile indipendente, una componente marginale, un’opzione secondaria e soggettiva, ma rappresenta la questione centrale. L’autore ci ricorda che la vita si risolve in una scelta: andare a Dio oppure evitarlo. La Parola si incarica di raddrizzare le traiettorie della nostra vita, proprio laddove la nostra esistenza sembra disallineata e il nostro cuore, come dice l’autore, appare “fuori squadra”. Si può riemergere da uno stato di depressione e dalle tenebre della solitudine, guardando fuori, verso Dio e in direzione degli altri.

EDWARD T. WELCH ha un Master in Teologia e un Dottorato in Filosofia. È uno psicologo, membro della Christian Counseling & Educational Foundation (CCEF). Svolge la sua professione secolare e il suo servizio cristiano da più di trent’anni e ha scritto numerosi libri sul tema delle dipendenze, in generale, e sulle relazioni umane in particolare.

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ISBN 978-88-3306-020-0

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Titolo originale: “Depression: Looking Up From e Stubborn Darkness” Copyright © 2011 by Edward T. Welch. Published by New Growth Press, Greensboro, NC 27429 - U.S.A. All rights reserved.

Edizione italiana: “Fuori dalla depressione” Dalla disperazione alla speranza. © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 06 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Ottobre 2017 - Tutti i Diritti Riservati Traduzione: a cura dell’Editore - A.W. Tutte le citazioni bibliche, salvo che non sia indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 2006 Società Biblica di Ginevra - Svizzera Stampa: Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

ISBN 978 88 3306 020 0


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Indice

Prefazione

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Introduzione 1. Il cammino davanti a noi 2. Come si sentono i depressi 3. Definizioni e cause

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Parte prima - La depressione è sofferenza 4. Sofferenza 5. Dio 6. Grida al Signore 7. Conflitto 8. Ricordare 9. Scopo 10. Perseverare

37 47 57 65 77 87 99

Parte seconda - Ascoltare la depressione 11. La depressione ha le sue ragioni: altre persone, Adamo e Satana 12. La depressione ha le sue ragioni: la cultura 13. Il cuore della depressione 14. Il cuore svelato

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15. 16. 17. 18. 19. 20.

Paura Ira Speranze infrante Fallimento e vergogna Senso di colpa e legalismo Morte

157 169 181 193 203 215

Parte terza - Altri aiuti e consigli 21. Cure mediche 22. Per le famiglie e gli amici 23. Le cose che sono state d’aiuto 24. Che cosa aspettarsi

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Parte quarta - Speranza e gioia: pensare i pensieri di Dio 25. Umiltà e speranza 26. Gratitudine e gioia

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L’ultima parola

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Prefazione

A

nche solamente dando uno sguardo sfuggente al titolo di questo libro, molti penseranno che si tratti di un testo che fondamentalmente non li riguarda, nella convinzione che affronterà il tema dei disturbi più conclamati, di pesanti scadimenti del tono dell’umore e di patologie a livello psichiatrico. La cosa è particolarmente vera per un credente: lo stato depressivo rappresenta, in qualche modo, l’antitesi della vita cristiana e quindi si tratta di un disturbo che si può al più riscontrare in altri ma che è difficile da riconoscere e da ammettere a livello personale. A dire il vero le cose stanno in termini un po’ diversi, infatti, in una misura o nell’altra, abbiamo i nostri momenti di depressione e forse, alla fine di questo libro, scopriremo che le dinamiche depressive affiorano in diverse condotte, stili di vita e abiti mentali, per quanto scorrano per lo più sotto traccia e si camuffino abilmente. L’autore ci spiega gli ingredienti di base della depressione che poi altro non sono che le componenti fondamentali della vita di un essere umano. Di che cosa è fatta la depressione? Di paura, vale a dire di una fiducia mal riposta e di un mondo che improvvisamente si rimpicciolisce. Di rabbia, risentimento, anche e soprattutto nei confronti del Signore, poiché le cose non sono andate come ci aspettavamo, nella convinzione che 5


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gli altri, a cominciare da Dio stesso, sono stati ingiusti nei nostri confronti. È fatta di speranze infrante, mancanza di futuro, frustrazione, delusione profonda. Vivi in un mondo da cui ricevi delle forti pressioni e ti sembra di non aver retto la spinta, di aver fallito gli obiettivi e ora non rimane che ritirarsi in un angolo. Hai inseguito il mito della felicità che la nostra cultura propala a piene mani, hai vissuto come un bambino viziato, hai rincorso l’idolo del benessere e ora di fronte alle prime difficoltà e alla sofferenza, non rimane che il silenzio, l’isolamento e la passività. In tutto questo la presenza di Dio non è una variabile indipendente, una componente marginale, un’opzione secondaria e soggettiva, ma rappresenta la questione centrale. L’autore ci ricorda che la vita si risolve in una scelta: conoscere Dio oppure evitarlo. La Parola si incarica di raddrizzare le traiettorie della nostra vita, proprio laddove la nostra esistenza sembra disallineata e il nostro cuore, come dice l’autore, appare “fuori squadra”. Si può riemergere da uno stato di torpore e dalle tenebre della solitudine, guardando fuori, verso Dio e in direzione degli altri. Giobbe si dibatteva nei dilemmi di una vita di cui gli stava sfuggendo completamente il significato, eppure a un certo momento deve smettere di porre domande a Dio ed è chiamato lui stesso a fornire delle risposte. È l’Eterno in persona che lo interpella e a quel punto la prospettiva cambia radicalmente. L’antidoto a questa sorta di paralisi e tristezza è la gioia che sopraggiunge quando le nostre speranze sono fisse su qualcosa di eternamente bello e straordinario. Questo mobilita le persone, ridona il piacere di ubbidire ai dettagli più minuti, rimette in moto delle vite compiendo anche solamente dei piccoli passi di ubbidienza. La sofferenza legata alla depressione, ci ricorda Edward Welch, non è un viaggio da affrontare da soli, dobbiamo chiedere aiuto ricordando che questi disturbi abbassano il nostro or6


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PREFAZIONE

goglio, e contrastano l’illusione di farcela con le nostre forze: queste sofferenze hanno lo scopo di insegnarci a fissare lo sguardo su Dio. Il ritorno al cuore del Vangelo ci restituisce la gioia, le parole del Signore distoglieranno gli occhi dal nostro dolore per indicarci il vero oggetto della speranza. Il nostro grande Consolatore è all’opera e ti invita a voltare le spalle alle tue fuorvianti letture della realtà, per essere leali all’interpretazione centrata su Cristo. Le promesse di Dio sono tutte “Sì” e “Amen” (II Corinzi 1:20). Tutte le Sue promesse sono dei fragorosi “Sì” che cambiano in modo radicale il presente. La Bibbia ci racconta l’inizio e la fine di ogni cosa e ora possiamo conoscere l’epilogo della nostra vita: Gesù vince, il meglio ci sta aspettando, non ha quindi senso imbarcarci in altri viaggi solitari o cercare di modificare autonomamente la narrazione biblica. Ogni sapienza, ci ricorda l’autore, inizia proprio da qui. Possiamo vivere sapendo che ci è stato fatto un grande dono e ora c’è posto soltanto per il ringraziamento e per una costante gratitudine. Soltanto Dio è autorizzato a indirizzare la nostra vita. Ecco dunque l’invito conclusivo: metti definitivamente da parte i tuoi “No”, e ricorda che la Parola di Dio ci allontana da noi stessi, ci porta via e ci dirige costantemente ai Suoi “Sì”. E.C.

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Introduzione


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CAPITOLO 1

Il cammino davanti a noi

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ome puoi pensare di fare un solo passo, o addirittura intraprendere un viaggio quando sei depresso? Quando tutte le tue energie vitali sono impegnate a mantenerti in vita e a farti andare avanti, almeno per un’altra ora, come potresti aggiungere qualcos’altro alla tua giornata, come ad esempio la speranza? Ci sente come Dante Alighieri al primo verso della sua Commedia: Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Qui sorge la domanda per eccellenza vale a dire “come si fa ad andare avanti?”, interrogativo a cui sembra impossibile dare una risposta quando ci si trova a convivere con la depressione. Si potrebbero riempire pagine di regole a cui attenersi a casa e suggerimenti pratici, ma è improbabile che possano aiutarti a sentirti vivo. Ciò di cui ti devi preoccupare si trova più in profondità rispetto ai consigli pratici che puoi ricevere. Non hai bisogno di una serie di principi, di cui tu stesso potresti probabilmente compilare un elenco convincente. Sei già consapevole di tante cose che potresti fare e alcune sicuramente le hai già provate. 11


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La depressione, il groviglio di sentimenti e i concetti racchiusi in questa parola, inducono a rivolgere una serie di domande. Primo, perché questo accade proprio a me? A questo punto perché amare? Perché lavorare? Perché adorare? Perché credere? Perché vivere? Perché darsi la pena di fare quella determinata cosa? Il cuore depresso si trova in sintonia con “Vanità delle vanità, tutto è vanità” piuttosto che con “101 passi per combattere la depressione”. Un elenco di “come si fa” non può dare risposte ai problemi di senso, di speranza e alle questioni fondamentali riguardanti l’esistenza e la fede, che la depressione inevitabilmente suscita. Non c’è da meravigliarsi che mentre s’inneggia al farmaco Prozac, acclamato come la cura definitiva, anche i filosofi rivendichino uno spazio per elargire consigli ai depressi. Quindi, nel cammino che ti sta davanti sforzati di cercare un collegamento tra i “perché” e i “come si fa”. Quando compaiono i perché, si tratta di domande di ordine religioso, visto che tutti i “perché”; in fin dei conti, riguardano in qualche modo Dio. La depressione, naturalmente, rimanda alle questioni fondamentali della vita. Se dunque le accantonassi per concentrarti sulle domande “come si fa”, potresti anche trovare una scorciatoia che ti condurrebbe a un temporaneo sollievo, ma il tuo cuore rimarrebbe drammaticamente vuoto. IL CONCETTO DI BASE

La depressione è una forma di sofferenza che non può essere riconducibile a una causa universale, uguale per tutti. Questo significa che la famiglia e gli amici non possono accorrere con la risposta giusta. Tutti costoro non devono rincorrere immediatamente una teoria particolare ma piuttosto dedicare del tempo per conoscere la persona depressa e lavorare assieme a lei. 12


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IL CAMMINO DAVANTI A NOI

Sappiamo che la depressione è dolorosa e assai difficile da comprendere per chi non l’ha mai sperimentata. Come la maggior parte delle forme di sofferenza, sembra essere una questione privata, che isola dagli altri. Sappiamo, inoltre, che le persone che si sentono sopraffatte dalla depressione, si trovano ad affrontare i problemi tipici dell’esistenza umana: si scontrano con le medesime lotte e devono affrontare le malattie di tutti gli altri. Non permettere che la diagnosi clinica ti impedisca di vedere questi problemi ordinari che affliggono una qualsiasi persona depressa. Nel dubbio, aspettati di incontrare una condizione umana del tutto normale, sotto forma di paura, rabbia, senso di colpa, vergogna, gelosia, bisogni, disperazione per la perdita di una persona cara, debolezze fisiche e mille altri problemi con i quali ogni persona deve fare i conti. La depressione non sempre scaturisce da queste cose, ma sono comunque situazioni da prendere seriamente in considerazione. ESISTONO EMOZIONI GIUSTE?

Uomini e donne spiritualmente maturi, che si sentono depressi, hanno spesso l’impressione di fare qualcosa di sbagliato. Dopotutto, la Bibbia è piena di parole gioiose e di cuori felici e quando non realizzano questo, credono di essere mancanti, oppure si convincono che il Signore li stia punendo finché non avranno imparato qualche lezione nascosta. Sulla terra, però, il Signore non prescrive una vita felice. Considera come i Salmi, per quanto sia stati scritti da persone di grande fede, evidenzino tutta la gamma delle emozioni umane. Un salmo termina perfino con le parole “le tenebre sono la mia compagnia” (Salmo 88:18). Quando le tue emozioni sembrano spente, quando tutto sembra diventato assolutamente piatto, la domanda importante non è: “Come faccio a sapere dove ho sbagliato?”, ma piuttosto: “Dove, o a chi, mi 13


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posso rivolere quando mi accorgo di sentirmi depresso?”. Alcuni si dirigono direttamente verso il loro letto e si isolano da tutti, altri si rivolgono disperatamente a chi gli sta attorno. Alcuni si allontanano da Dio, altri si volgono a Lui. UN MODO PER PROCEDERE

Se sei una persona depressa, i prossimi capitoli ti potranno sembrare provocatori, almeno in qualche occasione. Se invece desideri aiutare una persona depressa, i capitoli mirano a orientarti e potranno essere usati come letture da condividere con la persona interessata. La mia speranza è che questo libro incoraggi la collaborazione tra le persone depresse e quanti le amano: La sofferenza non è un viaggio da affrontare da soli, ci sono troppi luoghi da cui cerchiamo di fuggire e troppe sono le volte in cui non vediamo chiaramente. Quindi, se sei depresso leggi questo libro assieme a un amico saggio, se invece vuoi aiutare una persona depressa chiedile di leggere il libro con te, o scegliete alcuni capitoli e leggeteli assieme. IL VIAGGIO DEL PELLEGRINO

Nei prossimi capitoli troverai alcune immagini ricorrenti, come tenebre o luce, torpore o vitalità, resa o battaglia; la più importante reputo comunque sia quella del viaggio e del pellegrino. Possiamo esserne consapevoli o meno, ma in ogni caso stiamo seguendo un sentiero che ci pone costantemente di fronte a delle scelte: ogni giorno ci troviamo a un crocevia e prendiamo delle decisioni che avranno delle conseguenze rilevanti. Quando si è depressi, l’idea di iniziare un lungo viaggio non è piacevole, ma almeno così ti troverai in buona compagnia, cosa che dovrebbe consolarti almeno un po’. A partire da Abraamo, Dio ha chiamato tante persone a lasciare un luogo 14


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IL CAMMINO DAVANTI A NOI

familiare, incoraggiandole a prendere una direzione nuova, lasciandosi indietro il passato, per affrontare pericoli sconosciuti, arrivando al punto di disperarsi, invocare aiuto e desiderare ardentemente qualcosa di meglio. Origene, un credente del II/III secolo, ci rivolge questa esortazione: “La mia anima è in pellegrinaggio da tanto tempo” (Salmo 119:54). Comprendi, dunque, se puoi, come sono i pellegrinaggi dell’anima, soprattutto quando si lamenta con gemiti e afflizione poiché il pellegrinaggio dura da tanto tempo. Comprendiamo questi pellegrinaggi soltanto in parte e in modo oscuro almeno, fintanto che non si arriva alla meta. Ma quando l’anima ritorna al suo riposo, cioè, nella patria celeste del paradiso, imparerà veramente e comprenderà in modo più completo qual era il significato del pellegrinaggio.1

Ha ragione. Prima di andare in Cielo, camminiamo per fede senza avere tutte le risposte di cui vorremmo disporre. Ma c’è motivo di credere che certe speranze saranno soddisfatte prima di arrivare al Cielo.

1

Origene, Homily XXVII on Numbers, sec. IV, CWS, 250, citato in omas Oden, Classical Pastoral Care, Crisis Ministries, vol. 4, Baker, Grand Rapids 1994, p. 6.

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CAPITOLO 2

Come si sentono i depressi

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icorre spesso la parola “inferno”: “L’inferno mi fece visita a sorpresa”; “Se c’è l’inferno sulla terra, si trova nel cuore melanconico”, osservò Robert Burton nel XVII secolo, mentre il poeta Robert Lowell scrisse: “Io stesso sono l’inferno”. Una madre descrive l’esperienza di suo figlio come “la discesa di Danny all’inferno”, “una stanza nell’inferno”, “un inferno solitario, privato”. Il poeta spagnolo Giovanni della croce la chiamò “la notte oscura dell’anima”. “Tormenti d’inferno”, raccontò J.B. Phillips. “Le profondità nere dell’inferno”, disse William Styron, autore de La scelta di Sophie e altri romanzi popolari, non di rado piuttosto tetri.1

1

Le citazioni in questo paragrafo sono tratte dalle seguenti fonti: Andrew Solomon, Anatomy of Melancholy, in e New Yorker, 12 gennaio 1998, 61. Robert Burton, citato in John Green e James Jefferson, Depression and Its Treatment, Warner, New York 1992, p. 4. Robert Lowell, “Skunk Hour”. Sandra McCoy, Danny’s Descent into Hell, reprint di Reader’s Digest, p. 10. Martha Manning, Undercurrents: A erapist’s Reckoning with Depression, Harper, New York, 1995, p. 10. Lillian V. Grissen, A Path through the Sea, Eerdmans, Grand Rapids 1993, p. 9, J. B. Phillips, e Price of Success, Shaw, New York 1985, p.

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Dante comprese chiaramente che c’è un collegamento intimo tra l’inferno e la disperazione della depressione. All’entrata dell’inferno, secondo la visione dantesca, capeggiava una scritta: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. I discorsi dei depressi sono poetici. La prosa non cattura l’esperienza, quindi o si ricorre alla poesia oppure si preferisce il silenzio. Le persone depresse sono molto loquaci, anche quando il loro cuore è vuoto dal punto di vista emotivo e apparentemente privo di vita. Quando il dottore entrò nella mia stanza, mi disse: “Ti farò una domanda. Se non ti senti pronto a rispondere, per favore, non farlo”. Poi mi chiese: “Chi sei?”. Fui preso dal panico. “Che cosa intendi?”. “Quando ti guardi dentro, chi vedi?”. Fu spaventoso. Quando mi guardai dentro, non vidi nessuno. Vidi soltanto un buco nero. “Non sono nessuno”, dissi.

Le immagini sono cupe ed evocative: disperatamente solo, destino tragico, buchi neri, pozzi profondi, vuotezza. “Mi sembrava di camminare attraverso un campo di fiori morti e di trovare una bellissima rosa, ma quando mi chinai per sentirne il profumo, caddi in una buca invisibile”. “Sentivo come un urlo silenzioso che echeggiava nella mia anima vuota e la trapassava”. “Non c’è nulla che odio di più del nulla”. 2 “Il mio cuore è vuoto. Tutte le fonti da cui dovrebbero sgorgare dei desideri, si sono prosciugate dentro me”. 3 “È del tutto naturale pensare conti-

2 3

201. William Styron, Darkness Visible, Vintage, New York 1990, p. 84. Le citazioni senza fonti in questo capitolo derivano da conversazioni con individui. Edie Bricknell, Nothing. C. S. Lewis, e Naked Seed, in Poems by C. S. Lewis, Eerdmans, Grand Rapids 1964, p. 117.

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nuamente all’oblio”. “Mi sento come se fossi morto da qualche settimana ma che il mio corpo non l’avesse ancora scoperto”. 4 La depressione … comporta una completa assenza: assenza di affetto, assenza di sensazione, assenza di reazione, assenza di interesse. Il dolore che si prova durante la depressione clinica profonda è un tentativo da parte della natura … di riempire lo spazio vuoto. Ma a tutti gli effetti, le persone profondamente depresse sono soltanto morti che camminano ad occhi aperti.5

Il dolore mentale sembra insopportabile. Il tempo si ferma. “Non ce la faccio”, disse una dodicenne. “Piangevo per ore come un bambino, eppure non sapevo perché piangevo”, racconta Spurgeon a proposito di uno dei suoi molti episodi.6 “Una vera e propria tempesta ululante nel cervello”. 7 “Tristezza maligna”. 8 “Le mie ossa si consumavano, tra i lamenti che emettevo per tutto il giorno”. 9 “L’infelicità era come polvere che s’infiltrava in ogni cosa”. “Ora sono un uomo disperato, respinto, abbandonato, rinchiuso in questa gabbia di ferro da cui non c’è scampo”. 10 “Il catenaccio di ferro … chiude in modo oscuro la porta della speranza e confina il nostro spirito in una tetra prigione”. 11 4 5 6

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Solomon, Anatomy of Melancholy, p. 54. Elizabeth Wurtzel, Prozac Nation, Riverhead, New York, p. 22. Darrel Amundsen, e Anguish and Agonies of Charles Spurgeon, in Christian History 10 (1991), p. 64. Styron, Darkness Visible, p. 38. Spirit of the Age, “e Economist”, 19 dicembre 1998, p. 113. Salmo 32:3. J. Bunyan, Pilgrim’s Progress, Moody, Chicago 1964, p. 33 (trad. it.: Il Pellegrinaggio del Cristiano, U.C.E.B., Fondi (LT) rist. 2012). Charles Spurgeon, Lectures to My Students, Zondervan, Grand Rapids 1972, p. 24.

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La melanconia profonda è un livello quasi arterioso di sofferenza, giorno dopo giorno, notte dopo notte. È un dolore impietoso e implacabile che non offre nessun momento di speranza, nessuna alternativa a un’esistenza fosca e salmastra e nessuna tregua dalle fredde correnti di pensiero e dalle sensazioni che dominano le notti di disperazione terribilmente insonni.12

Non si tratta soltanto di dolore: sembra un dolore senza senso. “Ecco tutto quello che vorrei dalla vita: che questo dolore sembrasse avere un senso”.13 Se il dolore conduce al parto è tollerabile, ma se porta soltanto all’oscurità o al nulla, minaccia la distruzione. Abraham Lincoln pensava che il dolore portasse alla morte; il corpo non lo poteva sopportare: Ora sono l’uomo più miserabile in vita. Se quello che provo fosse distribuito equamente a tutta la famiglia umana, non ci sarebbe una sola faccia sorridente sulla terra. Se mai starò meglio, non lo posso prevedere; temo tremendamente che non succederà. Rimanere come sono è impossibile. Come lo vedo io, devo o morire o guarire.14

Molte persone sono tormentate dal fatto che non muoiono. “La spossatezza unita all’insonnia è una tortura unica”; “Il dolore penetra ovunque”. Il pensiero di rimanere in una tale condizione è uno spettacolo troppo duro da contemplare. “Nessuno sa

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13 14

Kay Redfield Jamison, An Unquiet Mind, Random House, New York 1995, p. 114. Wurtzel, Prozac Nation, p. 50. Citato in John H. Grest e James W. Jefferson, Depression and Its Treatment, Warner, New York 1992, p. 8.

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quanto sia forte il desidero di morire”. Ma la morte ha i suoi orrori; sembra una via di fuga, il luogo in cui si cessa del tutto di esistere. E poi che dire dell’incertezza riguardo la vita dopo la morte? Si sparisce per sempre? Il giudizio divino si abbatterà su di me? Nessuno può rivaleggiare con il depresso quando si tratta di temere il peggio. “La mia mente era fuori controllo, i pensieri mi affliggevano, idee crude e brutali, ideali totalmente schiacciati, sentimenti incomprensibili”: la mente s’inceppa. Come si può pensare ad altro quando c’è quella cosa? “Sono in una camicia di forza”, “Sono completamente incatenato e legato; ho un bavaglio in bocca”. Senza le normali risorse mentali, il mondo è terrificante. Panico. Se non sono controllate, le allucinazioni e determinati stati d’animo possono dominare l’immaginazione con una tale forza da non poter più distinguere la realtà stessa. Sembra impossibile avere fiducia in sé stessi. L’unico modo per sopravvivere è la dipendenza infantile, e a questo punto l’idea di trovarsi da soli rappresenta una paura incessante: “Ho paura di tutti e di tutto”. Cercavo di dormire ma non ci riuscivo. Parte del problema era che avevo paura di risvegliarmi con una morsa di panico allo stomaco. L’ansia era sempre presente e, pur in assenza di un valido motivo, peggiorava costantemente. Volevo uscire di casa ma avevo paura di stare da solo. Non importava quello che stavo facendo, l’unica cosa su cui potevo concentrarmi erano domande del tipo: “Sto impazzendo? Che cosa ho fatto per meritare tutto ciò? Che tipo di punizione è questa?”.

Alle volte ti convinci che se le circostanze in cui ti trovi fossero diverse, potresti migliorare. Eppure la depressione ha una logica tutta sua: quando prende piede, non riesci a distinguere 21


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tra un abbraccio affettuoso, la morte di un caro amico e la notizia che l’erba del vicino è cresciuta. Prendere decisioni? Impossibile. La mente è bloccata, come si fa a scegliere? Non funziona nulla; il motore della mente gira al minimo e in modo stentato. E poi, la maggior parte delle decisioni non sono forse delle reazioni di tipo emotivo? Come puoi decifrarle quando non hai alcuna preferenza e le varie emozioni ti sono sostanzialmente indifferenti? E riguardo alle certezze? L’unica cosa certa è che la tristezza continuerà. Se è mai esistita la certezza di qualcosa di buono, e non sei neppure in grado di ricordare questa sensazione, è stata rimpiazzata dal dubbio costante. Dubiti che ci sia una sola persona che ti ami, dubiti delle intenzioni del tuo compagno, dubiti della fedeltà del tuo coniuge. Se sei credente in Gesù Cristo, dubiti della Sua presenza. Dubiti delle fondamenta stesse della tua fede. Dio abbia pietà dell’uomo Che dubita delle cose di cui è certo.15

L’unica cosa che sai è che sei colpevole, dominato dalla vergogna e inutile. Non è perché hai fatto degli sbagli nella tua vita, oppure perché hai peccato o raccolto solo insuccessi, tu sei uno sbaglio; tu sei peccato; tu sei vanità. “per certi versi, la depressione può essere una forma di autopunizione, per quanto applicata in modo inconscio o involontario”.16 Dio ti ha voltato le spalle. Perché sforzarsi di andare avanti in una condizione simile? Tanto vale fare come Lui e girare anche tu le spalle a te stesso. 15 16

Bruce Springsteen, Brilliant Disguise. W. Hulme and L. Hulme, Wrestling with Depression: A Spiritual Guide to Reclaiming Life, Augsburg, Minneapolis 1995, p. 22.

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COME SI SENTONO I DEPRESSI

Se proprio sei costretto a fare delle distinzioni, puoi affermare che ci sono dei momenti peggiori degli altri, ma chi può misurare i diversi gradi dell’inferno? Basta dire che ci può essere una certa cadenza: prendere sonno alle 23:00, alzarsi alle 2:00… angoscia, paure e un torrente di dolore ti assalgono mentre cerchi di sopravvivere fino alla mattina. Poi subentra la solita tristezza incontenibile e quella sorta di paralisi che dura fino a metà pomeriggio, seguite da uno stillicidio costante di paura, di dolore, di colpevolezza, panico, torpore e affaticamento e tutto questo fino alla sera. Non sempre raggiungi l’apice del malessere generale, del resto il corpo non può sopportare a lungo il dolore martellante. Così di tanto in tanto ci sono brevi momenti di sollievo dal peggio. Per alcune persone, l’intero processo può essere più silenzioso. Al posto dell’abisso senza fondo e dell’urlo nel cervello, per loro la vita è piatta, grigia e fredda. Niente è interessante. Sei uno zombie che cammina e basta. Tutto è scialbo, esanime e logoro. Perché lavorare? Perché alzarsi dal letto? Perché fare qualsiasi cosa? …Perché suicidarsi? Niente sembra importante. Hai paura che se dovesse morire uno dei tuoi figli, perfino allora non sentiresti niente. Ciononostante, in questo stato di passività, il dolore si fa comunque sentire; soprattutto quando ti ricordi di essere stato vivo, almeno un tempo. Si trattava forse di un’altra persona, o di un’altra vita? No, devi essere stato tu. Ti ricordi di aver voluto veramente una relazione sessuale con il tuo coniuge; c’è un libro sullo scaffale che una volta ti ha tenuto sveglio tutta la notte perché non riuscivi a smettere di leggerlo; sentendo quella musica, una volta ti saresti alzato a ballare… oggi, però, cerchi di dimenticare quei tempi perché il contrasto con le tue giornate di oggi è insopportabile. Preferisci il torpore. Ti senti sempre come se fossi malato. Nelle generazioni passate o in ambienti che hanno meno dimestichezza con la 23


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FUORI DALLA DEPRESSIONE

psicologia, questo disturbo è descritto in termini meramente fisici. Per esempio, in Cina lo chiamano shenjing shuairo, un presunto problema fisico caratterizzato da vertigini, affaticamento e mal di testa. A te sembra che il tuo corpo non sia a posto; sei sempre stanco… Ci si rivolge più spesso ai medici che ai pastori o a un consigliere spirituale. Agli inizi del ‘900, un uomo di affari riferì al proprio medico questi sintomi: Non soltanto il mio corpo è stanco, ma anche il mio cervello. Mi sento costantemente come se una morsa di ferro stringesse il mio cranio. La mia testa sembra vuota. La mia mente non funziona. Ho le idee confuse e non riesco più a concentrarmi. La mia memoria è a pezzi. Quando leggo e arrivo in fondo a una facciata, non riesco più a ricordarmi che cosa ho letto all’inizio della pagina … Per quanto riguarda la volontà, non ho più energia. Non so più che cosa voglio o che cosa devo fare. Dubito, esito, non oso prendere una decisione. Inoltre, non ho appetito e dormo male. Non ho alcun desiderio sessuale.17

Egli sta pensando: Come può tutto questo essere soltanto nella mia mente? Si aspetta che il medico dica che si era sbagliato: “La buona notizia è che il problema non è circoscritto alla tua mente. Chiedo scusa per la diagnosi sbagliata. La cattiva notizia è che il cancro ti ucciderà tra circa dieci giorni”. Sei assolutamente certo che tutti starebbero meglio senza di te. C’è da meravigliarsi che il pensiero del suicidio sia così ricorrente?

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Citato in Edward Shorter, From the Mind to the Body: e Cultural Origins of Psychosomatic Symptoms, Free Press, New York 1994, p. 135.

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COME SI SENTONO I DEPRESSI

RISPOSTA

Forse queste descrizioni non sembrano portare con sé alcuna speranza, eppure servono a dimostrare che in molti sono passati attraverso esperienze simili. Non sei solo. Molte di queste citazioni, però, fanno parte di storie più ampie di speranza e di cambiamento, provengono da persone che hanno affrontato la depressione e che ora non ne sono più vittime. Questi brani raccontano quello che c’era, non quello che c’è. La maggior parte di queste persone aveva perfino l’energia e la lucidità per scrivere in modo commovente e utile. Da parte come ti esprimeresti? In che modo potresti descrivere l’indescrivibile?

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Edward T. Welch

Fuori dalla depressione

Vivi in un mondo da cui ricevi delle forti pressioni e ti sembra di non aver retto la spinta, di aver fallito gli obiettivi e ora non rimane che ritirarsi in un angolo. Hai inseguito il mito della felicità che la nostra cultura propala a piene mani, hai vissuto come un bambino viziato, hai rincorso l’idolo del benessere e ora di fronte alle prime difficoltà e alla sofferenza, non rimane che il silenzio, l’isolamento e la passività. In tutto questo la presenza di Dio non è una variabile indipendente, una componente marginale, un’opzione secondaria e soggettiva, ma rappresenta la questione centrale. L’autore ci ricorda che la vita si risolve in una scelta: andare a Dio oppure evitarlo. La Parola si incarica di raddrizzare le traiettorie della nostra vita, proprio laddove la nostra esistenza sembra disallineata e il nostro cuore, come dice l’autore, appare “fuori squadra”. Si può riemergere da uno stato di depressione e dalle tenebre della solitudine, guardando fuori, verso Dio e in direzione degli altri.

EDWARD T. WELCH ha un Master in Teologia e un Dottorato in Filosofia. È uno psicologo, membro della Christian Counseling & Educational Foundation (CCEF). Svolge la sua professione secolare e il suo servizio cristiano da più di trent’anni e ha scritto numerosi libri sul tema delle dipendenze, in generale, e sulle relazioni umane in particolare.

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ISBN 978-88-3306-020-0

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