ed
ato eg el
am u ndi p er l’ital
ia
Mensile - Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1, DCB Milano
or at tr
anno XIV - n. 06 | giugno 2018 - 7 euro prima immissione sul mercato: 08/06/2018
cinz i
a ta gl iab ue am
mi ni s
solo partnership
d.o.c.
leaders 30
32
88
Andrea Ragaini
Paolo Di Grazia
Matteo Colafrancesco
Silvio Ruggiu
Alessandro Arrighi
Matteo Astolfi
89
91
96
Banca Generali
Deutsche Bank
FinecoBank
LFDE
BIM
M&G Investments
|3
sommario
58
COVERSTORY
08
Non esiste partnership senza qualità di Francesco D’Arco
12
Non basta il brand per trattenere i talenti di Massimo Morici
20
“Il mercato premia sempre i migliori” di Massimo Morici
22
regulars
CS
Cosa rende vincenti gli advisor high tech di Maurizio Primanni
Marilyn Watson BlackRock
26
L’Italia ha bisogno di un campione nazionale di Marcella Persola
61
AT
a cura della redazione
di Giuseppe G. Santorsola
A
Norme & intermediari
Strategie long/short per dare ulteriore slancio all’equity di Marcella Persola
59
di Davide Mosca
61
L’anno della maturità di Greta Bisello
70
CHEBANCA.IT
La finanza non sia più un Far West di Massimo Morici TRAGUARDI DA inCORniCiARE DUCCIO MARCONI DIRETTORE CENTRALE CONSULENTI FINANZIARI CHEBANCA!
82
Al Jackson Hole decise le sorti del reddito fisso di Andrea Delitala
34
Stacca e conserva l’inserto di CheBanca!
36
Agorà
Mondo advisory
Il dollaro resta “safa heaven”
IN OCCASIONE DELLA PRIMA CONVENTION DEI CONSULENTI FINANZIARI CHEBANCA! DAL TITOLO “SEMPRE DI PIÙ”, IN PROGRAMMA IL 13 GIUGNO, DUCCIO MARCONI RACCONTA I PRIMI TRAGUARDI RAGGIUNTI A MENO DI UN ANNO DALLA PARTENZA DEL PROGETTO E GLI OBIETTIVI PER IL NUOVO ANNO
di Luca Zitiello
Partner del Fintech
53
Strappa e conserva l’inserto
34
L’Opinione
di Nicola Ronchetti
asset
UBS AM
di Francesco D’Arco
advisorthink
45
Stephen Friel
07
Editoriale
84
La soglia della paura di Gloria Grigolon
38 39
di Luigi Gaffuri
40
L’aula del tribunale di Carlo Emilio Esini
41
The legal practice di Maddalena Fontana e Antonio Castellana Soldano
42
Fund revolution di Nunzia Melaccio
64
Radar fondi: azionari Giappone large cap di Max Malandra
26
Barometro ADVISOR a cura di Davide Mosca
88
Newsroom a cura di Greta Bisello
100
I numeri a cura della redazione
|5
Francesco D’Arco
e d i t o r i a l e
verso la maturità istituzionale
I
l via libera al nuovo Statuto e al nuovo Regolamento Interno generale di organizzazione e attività (RIO) dell’Organismo di Vigilanza e Tenuta dell’Albo Unico dei Consulenti Finanziari da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze è arrivato il 24 maggio 2018. In quella sono stati sciolti gli ultimi i dubbi intorno alla futura rappresentanza delle associazioni di categoria all’interno dei diversi organi dell’OCF. Se l’art. 3 del nuovo Statuto si limita a ribadire i requisiti di rappresentatività stabiliti dalla Consob, nell’art. 5 e 6 si chiariscono le modalità per far parte dell’Assemblea e per aggiudicarsi il diritto di voto, un diritto concesso alle associazioni che possono dimostrare di avere un numero significativo di deleghe da parte degli iscritti alla sezione di riferimento. E per gli altri organi? Anche su questo fronte lo Statuto si rivela chiaro e i punti più interessanti, ai fini del funzionamento del futuro OCF, riguardano gli articoli dedicati al Comitato Direttivo (art. 7 e 8) e quelli in merito al nuovo Comitato di Vigilanza (art. 13 e 14). Per il primo si specifica chiaramente che sarà “composto dal Presidente e da due Vicepresidenti, nonché da altri membri fino a un numero massimo di dodici, tutti eletti dall’Assemblea su designazione - eccezion fatta per il Presidente e i Vicepresidenti degli Associati”. Ma soprattutto si specifica che all’interno del Comitato Direttivo “deve risultare designato almeno un rappresentante per ciascuna sezione dell’Albo”. Insomma porte aperte anche per le associazioni rappresentative delle società di consulenza e dei consulenti autonomi. In che misura? Dipenderà dal diritto di voto in Assemblea e dal possesso dei requisiti stabiliti per i membri del Comitato Direttivo (art. 7 dello Statuto). Il tema requisiti diventa ancora più centrale quando si parla del Comitato di Vigilanza che sarà un nodo cruciale del nuovo OCF: per eliminare il rischio che il “controllore” sia anche il “controllato” lo Statuto dedica un intero articolo ai Requisiti dei futuri membri (art. 14). Siamo di fronte al miglior Statuto possibile? Lo scopriremo quando l’OCF potrà finalmente iniziare ad agire secondo queste regole, ma intanto si registrano commenti positivi da parte di tutti i futuri possibili Associati che hanno apprezzato soprattutto l’obbligo di rappresentanza di tutte le sezioni all’interno del Comitato direttivo. I lunghi dibattiti che ci hanno accompagnato nel corso di questi anni sulle “regole” degli organi sociali di OCF devono ora lasciare spazio al “buon senso istituzionale”. L’OCF, che il prossimo 19 giugno presenterà la Relazione Annuale, ha compiuto un altro importante passaggio verso quel salto di qualità che la legge impone. Fatte le regole, e nell’attesa che si completi l’iter normativo, spetta ora ai singoli Associati (presenti e futuri) concentrare energie e dibattiti verso la futura operatività dell’Organismo: quando arriverà la vigilanza non saranno possibili sviste. Si cambia ruolo, un ruolo che chiede una nuova maturità istituzionale.
|7
CS
n o n e s i s t e partnership senza
qualità Francesco D’Arco @darcofrancesco
I
l rapporto tra produttori e distributori si trova a un bivio. Per molti sarà sempre più stretto, per altri darà nuova forza ai distributori al punto da rendere secondario il brand delle singole SGR. La causa? La MiFID II. Qual è la realtà a circa 6 mesi dall’entrata in vigore della direttiva? Lo abbiamo chiesto a Cinzia Tagliabue, ceo per l’Italia di Amundi, che invita subito a non dimenticare che “stiamo parlando del risparmio, quindi di conquistare la fiducia del cliente che abbiamo di fronte. Se non partiamo da questo principio ogni riflessione sul futuro del settore rischia di non essere completa”. E proprio perché alla base di questa industria c’è la fiducia degli investitori Tagliabue è convinta che “il brand dei produttori continuerà a essere valorizzato. I distributori devono essere simbolo di qualità e fiducia. Ma per ottenere un tale risultato dovranno proporre ai clienti soluzioni di investimento gestite da brand di altrettanta qualità”.
8|
Mi sembra di capire che la MiFID II ha portato novità importanti? A mio avviso la MiFID II sta portando dei cambiamenti significativi nel panorama dell’asset management, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra produttore e distributore, e il maggiore impatto è determinato dall’implementazione della product governance, un insieme di norme che hanno l’obiettivo di tutelare l’investitore finale, non solo nella fase finale di acquisto del prodotto, ma anche nella fase di definizione dell’offerta e nell’attività di monitoraggio post-vendita. Siamo di fronte a un’evoluzione normativa che impone la nascita di un rapporto sempre più stretto tra produttore e distributore. Se in passato una SGR poteva creare un nuovo strumento sulla base di proprie considerazioni in merito ai trend di mercato e senza necessariamente pensare a uno specifico target di clientela di riferimento, oggi la dinamica dovrà essere differente. Oggi i produttori devono fare valutazioni sulla base di specifici bisogni di determinati segmenti di clientela e per far ciò necessitano della collaborazione dei distributori
Cinzia Tagliabue amundi
coverstory | 9
12 |
CS
n o n b a s ta i l
Brand per trattenere i
ta l e n t i Massimo Morici @maxmorici
I
n un momento di grandi mutamenti nel settore della consulenza finanziaria, quali sono le motivazioni che trattengono un consulente finanziario dal valutare nuove opportunità e quali, invece, quelle che lo spingono a cambiare casacca? A questa domanda ha provato a rispondere un recente sondaggio condotto da Start Up Italia, head hunter specializzato in consulenza per ricerca e selezione di consulenti finanziari e private banker, i cui risultati ADVISOR pubblica in esclusiva su questo numero. Lo studio è stato condotto nel primo quadrimestre del 2018 su un campione di 500 consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede sia del canale bancario (dall’indagine sono stati esclusi gli operatori di un’importante realtà bancaria notoriamente in crisi) sia delle reti di consulenti finanziari, focalizzandosi in particolare sulle differenze tra le risposte date dai liberi professionisti (gli ex promotori) e quelle dei dipendenti bancari. Negli ultimi cinque anni le reti di consulenti finanziari (banche specializzate in gestioni di patrimoni o SIM) hanno trovato un nuovo terreno di caccia dove scovare talenti e crescere in termini di masse in gestione: le banche. Complice la crisi del sistema creditizio italiano - ricordiamo il crac dei quattro istituti dell’Italia centrale nel 2015 e delle due popolari venete nel 2017 - e i piani per aumentare la redditività degli istituti (tra chiusure di filiali e pesanti tagli al personale), gli area manager, forti anche delle
ingenti risorse messe a disposizione dalle reti per le attività di ingaggio, hanno avuto gioco facile a strappare alle banche direttori di filiale, gestori affluent e private banker, pronti ad indossare lasciare un contratto da dipendente per indossare la casacca di consulente finanziario e portarsi dietro clienti e masse. Cosa differenzia, quindi, il consulente finanziario che proviene dalle banche dal consulente libero professionista? Con che tipo di professionisti si ha a che fare? Dai risultati si può senz’altro dire che i dipendenti bancari, rispetto agli agenti delle reti, hanno in genere meno esperienza nella gestione del risparmio. Anche la sensibilità verso gli strumenti di lavoro e l’offerta prodotti cambia (e di molto) tra i due canali: i liberi professionisti danno maggior valore alla piattaforma operativa (46% nelle reti dei CF contro il 20% dei dipendenti), alle caratteristiche dei prodotti offerti (54% vs. 36%), al servizio personalizzato al cliente (59% vs. 32%) e alla formazione (44% vs. il 26%). “I liberi professionisti evidenziano una maggior attenzione alle problematiche della clientela. Considerando gli strumenti di lavoro, si distinguono per l’importanza data al servizio personalizzato alla clientela e alla qualità dei prodotti: solo il 48% dei dipendenti attribuisce grande importanza a questo aspetto e lo considera un fattore di trattenimento nella realtà presso cui si lavora rispetto al 70% dei liberi professionisti. L’offerta prodotti vale anche come fattore di appeal per realtà dove si vorrebbe lavorare ed è considerato un fattore centrale per
coverstory | 13
CS
cosa Rende vincenti g l i a d v i s o r
high tech Maurizio Primanni*
N
ell’attuale scenario di mercato la leva tecnologica a supporto dell’attività del consulente finanziario è al contempo una meta cui tendere e una opportunità da gestire con accortezza. Metaforicamente, un po’ come quel farmaco che fa bene, ma che, se assunto in modo non appropriato, può determinare effetti negativi. Oggi la tecnologia pervade i comportamenti delle persone, l’economia e la società in genere. Solo nelle fasce della società che i sociologi definiscono “arcaiche” esiste ancora un più o meno diffuso analfabetismo digitale. È quindi inevitabile che la tecnologia anche nel mondo bancario sia sempre più pervasiva, diffusa, utilizzata, anche per migliorare il lavoro dei consulenti. Dall’altra parte non vi è dubbio che i clienti stessi siano sempre più esperti e avvezzi all’utilizzo delle tecnologie digitali. Ciò nel senso lato. Non mi riferisco alla diffusione di smartphone e tablet, ma al fatto che i clienti stanno diventando sempre più autonomi e indipendenti nel realizzare alcune operazioni bancarie attraverso delle piattaforme digitali, andando ben oltre l’utilizzo dell’internet banking. Si pensi alla crescente diffusione delle piattaforme di Robo Advisory anche in Italia; per citarne alcune: MoneyFarm, Yellow Advice, Saxo Select. ADVISOR HIGH TECH: RISULTATI MIGLIORI NEGLI USA La prova che la tecnologia sia un vantaggio competitivo per i consulenti finanziari è fornita in modo evidente dal mercato USA, paese dove gli advisor high tech - il 40% del totale - hanno risultati migliori rispetto ai loro colleghi che lavorano in modo tradizionale. Secondo l’ultima indagine condotta da Fidelity Investor Insights su 1.287 consulenti, gli advisor high tech registrano un +45% nella dimensione media del portafoglio gestito, +35% degli AuM medi per cliente, +22% in termini di prodotti/servizi collo-
22 |
cati per cliente, oltre che compensi superiori del 24%, maggiore clientela giovane (+30%) e maggiore clientela private (+15%). È come se la tecnologia diventi un acceleratore della strategia del consulente: viene utilizzata per segmentare il cliente su basi quantitative e sui loro comportamenti e bisogni, per supportarlo nel suo ciclo di vita ed educarlo finanziariamente, per analizzarne bisogni e obiettivi di vita, infine per gestire e guidare nel tempo una relazione efficace e che ottimizza il tempo dedicato al cliente da parte del consulente. Così si scopre che l’81% degli advisor high tech utilizza sistemi di CRM, il 67% la firma elettronica, il 53% offre servizi di alerting finanziario automatizzati e il 52% realizza incontri e conferenze da distanza attraverso strumenti di web collaboration.
Il successo degli Advisor High Tech rispetto ai consulenti con modelli di lavoro tradizionali delta Performance Dimensione media del portafoglio in gestione AUM medio per cliente Numero di prodotti/servizi per cliente (x-selling) Compensi Clientela giovane (Millennial) Clienti private Fonte: Indagine Fidelity Investor Insights su 1287 consulenti
+42% +35% +22% +24% +30% +15%
occorre realizzare strumenti digitali utili, che sappiano integrarsi nei modelli di lavoro dei consulenti, e non strumenti digitali all’avanguardia
coverstory | 23
advisor think
partner del fin tech advisothink | 45
Matteo Lenardon Legg Mason
equity:
parola d’ordine
flessibilitĂ
numbers
11
MILIARDI DI EURO, LA RACCOLTA NETTA DEI FONDI APERTI TRA GENNAIO E APRILE 2018 (fonte: Assogestioni)
41%
-
IL CALO REGISTRATO TRA IL 2016 E IL 2017 DEI CAMBI DI CASACCA DEI CF (fonte: OCF)
100 |
71%
LA PERCENTUALE DI INVESTITORI CHE VUOLE L’AIUTO DI UN PROFESSIONISTA (fonte: Anima/GfK)